Jean Parvulesco nacque in Valachia, Romania, nel 1929. Nel 1948, non ancora ventenne, questo grande ammiratore di Codreanu sfuggì il comunismo attraversando il Danubio a nuoto. Fu catturato in Jugolsavia dove rimase prigioniero per due anni in un campo di lavoro prima di raggiungere Parigi nel 1950. Si legò ad alcune componenti golliste ma sostenne l’Oas e collaborò con la Nouvelle Droite del Grece. Amico di Raymond Abélio, di Aurora Cornu, di Louis Powell, questo guenoniano che conobbe Ava Gardner, Carole Bouquet e tante altre belle donne, dialogò con Martin Heidegger, Ezra Pound, Julius Evola e fu amico di cuore di Guido Giannettini. Giornalista, politico, metafisico, mistico, Parvulesco ha lasciato un’impressionante mole di romanzi intrisi di mistero – esistenziale ma anche cosmico e simbolico – i cui personaggi oscillano tra il meraviglioso e l’autobiografico. Tanto che fu notato e ammirato da registi francesi di primo piano quali Eric Rohmer, Jean-Luc Godard o Barbet Schroeder. In “A bout de souffle” Goddard fece impersonare il vero Parvulesco dall’attore Jean-Pierre Melville. Per l’occasione, Parvulesco, alla domanda su quali fossero le sue ambizioni, replicò: “diventare immortale e poi morire”. Nell’ultima uscita pubblica, in studio televisivo lo scorso giugno, ostentò invece uno straordinario silenzio. Era evidentemente pronto all’ultimo passaggio e all’immortalità e decise di lasciarci il segnale più rumoroso e incisivo: il silenzio appunto. Nel suo ultimo libro, Un retour en Colchide, appena pubblicato dalla Guy Trédaniel, scrisse “non siamo noi che decidiamo l’ora. Io faccio quel che posso ma non so se sarò presto costretto ad abdicare. D’altronde ho l’impressione che il momento della fine stia sopraggiungendo”. E’ asceso ai cieli la sera di domenica nella sua Parigi.
|
Les commentaires sont fermés.