samedi, 16 juillet 2011
Cioran: scrivere per non morire
Emil Cioran:
scrivere per non morire
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di: Claudio Cabona |
Ex: http://rinascita.eu/
Solitario. Schifato dalla realtà e da molti aspetti incerti e fallaci della vita. Unico. Spietato nell’analisi, tagliente come un coltello che squarcia le credenze di tutti i giorni. Dimenticato. La descrizione corrisponde ad uno dei più grandi filosofi del 1900, un “maestro” saggista e nichilista, che ha avuto una sola colpa: ritrovare quel vitalismo, scomparso in molti momenti della sua vita, in un’ideologia che non può avere intellettuali compiacenti, perché rappresenta “il male assoluto”. Emil Cioran, lasciato chiuso nell’armadio ingombrante degli artisti maledetti, da cancellare dalle scuole, da non far conoscere. È retorica, ma, come si sa, sono i vincitori che decidono ciò che è degno di memoria. Decidono “loro”.
Cioran nacque nel 1911 in Transilvania, Romania. Tessuto sociale difficile e molto chiuso. Figlio di un prete ortodosso, visse un’ infanzia, ma verrebbe da dire un’intera vita, solitaria. Durante la prima guerra mondiale i genitori di Emil, come una parte degli intellettuali di origine rumena, erano stati confinati; il padre a Sopron, la madre a Cluj, lasciando i figli alle cure della nonna a Rasina. Durante il periodo universitario riuscì a legare con Samuel Beckett che ricorderà sempre con profonda amicizia. Conoscendo egregiamente il tedesco, i suoi primi studi si incentrarono su Immanuel Kant, Arthur Schopenhauer e specialmente Friedrich Nietzsche, suo filosofo di riferimento. Ma prima di pubblicare la sua prima opera, avendo vinto una borsa di studio, nel 1933, si trasferì a Berlino, poi a Dresda e a Monaco. Assistette all’insediamento di Hitler e rimase profondamente ammaliato dall’ideologia nazional-socialista che, in vecchiaia, criticò. Al suo rientro in Romania venne a contatto con il locale movimento fascista delle “guardie di ferro” che abbandonò solo alla vigilia della seconda guerra mondiale. Il fascismo, nella sua vita, fu l’unica ideologia che lo entusiasmò realmente, lui che odiava i pensieri realizzati perché “inseguitore di utopie”. All’utopia dedicò un famoso saggio del 1960 ,“Storia e utopia”, in cui sottolinea come da qualsiasi sogno utopico basato su un presunto ritorno o sua una futura realizzazione dell’età dell’oro, si scatenino sempre forze liberticide. Intanto si era laureato all’Università di filosofia di Bucarest e, successivamente, iniziò ad insegnare presso i licei di Brasov e Sibiu. La cattedra non faceva per lui, si sentiva come un lupo in gabbia. Gli mancava il respiro. E così iniziò a scrivere non solo come valvola di sfogo filosofico poetica, ma anche per rimanere in vita. Cioran, infatti, soffriva di insonnia e, più di una volta, scrisse che se non ci fosse stata la scrittura a tenergli compagnia durante la notte, si sarebbe ucciso. Molto incline al suicidio, l’intellettuale rumeno sopravvisse solo grazie alla sua penna. Pessimista cronico, schiacciato dall’incompiutezza dell’essere e fortemente critico perfino della “venuta al mondo”, dedicò tutta la sua vita, anche quando si trasferì in Francia, alla stesura di saggi profondissimi: nel 1952 uscì “Sillogismi dell’amarezza” raccolta di aforismi corrosivi e nel 1956 “La tentazione di esistere”. Nel 1964 elaborò “La caduta nel tempo”; in “Il funesto demiurgo” del 1969, fece un viaggio nel mondo dello gnosticismo; nell’“L’inconveniente di essere nati” del 1973 cercò, attraverso la positività e la negatività delle emozioni, di raggiungere i panorami più alti. Dalla sua grande mente presero vita svariatissimi libri, tantissimi altri rispetto a quelli citati in breve. Ma le opere che fotografano nel migliore dei modi Cioran sono l’ultima, “Confessioni e anatemi”, testamento pessimista che condanna la felicità fondata sul nulla; e la prima “Al Culmine della disperazione” del 1933 ove per la prima volta, lo scrittore rumeno capì che senza scrittura non avrebbe potuto vivere.
“L’insonnia è una vertiginosa lucidità che riuscirebbe a trasformare il Paradiso stesso in un luogo di tortura. Qualsiasi cosa è preferibile a questo allerta permanente, a questa criminale assenza di oblio. È durante quelle notti infernali che ho capito la futilità della filosofia. Le ore di veglia sono, in sostanza, un’interminabile ripulsa del pensiero attraverso il pensiero, è la coscienza esasperata da se stessa, una dichiarazione di guerra, un infernale ultimatum della mente a se medesima. Camminare vi impedisce di lambiccarvi con interrogativi senza risposta, mentre a letto si rimugina l’insolubile fino alla vertigine. Se non lo avessi scritto (“Al culmine della disperazione”, ndr) certamente avrei messo fine alle mie notti”. Questa l’introduzione al libro, quest’altro, invece, uno dei ragionamenti più celebri dell’opera: “Se non c’è salvezza attraverso la follia, è perché non c’è nessuno che non ne tema gli sprazzi di lucidità. Si desidererebbe il caos, ma si ha paura delle sue luci”.
Emil Cioran morì a Parigi il 20 giugno 1995. Finalmente riuscì ad addormentarsi, ma per sempre. E così venne dimenticato dai più. Già, perché decidono “loro” ciò che è degno di memoria oppure no. Ma non per tutti. Perché Cioran nelle librerie e, soprattutto, nella mente di qualche “bastardo”, è ancora vivo e da lì, rincrescerà all’“intellighenzia” del 2000, non si può esiliare.
00:17 Publié dans Philosophie | Lien permanent | Commentaires (1) | Tags : cioran, philosophie, france, pessimisme, roumanie | | del.icio.us | | Digg | Facebook
Commentaires
Os adrezco el compartir con todos nosotros toda esta interesante información. Con estos granitos de arena hacemos màs grande la montaña Internet. Enhorabuena por este post.
Saludos
Écrit par : Eficiencia energetica | lundi, 12 août 2013
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