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vendredi, 13 avril 2012

Intervista al Dr. Viaceslav Chirikba, Ministro degli Affari Esteri della Repubblica di Abkhazia

invIntervista al Dr. Viaceslav Chirikba, Ministro degli Affari Esteri della Repubblica di Abkhazia

Intervista al Dr. Viaceslav Chirikba,  Ministro degli Affari Esteri della Repubblica di Abkhazia

A cura di Filippo Pederzini

Ex: http://www.eurasia-rivista.org/

“Nella sostanza come secondo previsione l’incontro tra noi e i georgiani si è risolto con un nulla di fatto. Nella pratica però qualcosa abbiamo ottenuto, poco ma ugualmente importante: a livello internazionale si continua a parlare di Abkhazia, l’attenzione nei nostri confronti è elevata e questo oggi è fondamentale”. Nessun giro di parole, va subito al sodo il Dr. Viaceslav Chirikba, Ministro degli Esteri della Repubblica di Abkhazia, il 27-28 marzo scorsi protagonista a Ginevra, presso le Nazioni Unite per un nuovo incontro con i rappresentanti della Georgia riguardo l’indipendenza del suo Paese (indipendenza che i georgiani continuano a negare), mentre il 30 marzo e il 3 aprile è stato a Roma, per presentare il paese di cui è rappresentante agli organi di informazione italiani.

Il nuovo ‘round’ ha visto di fronte nuovamente abkhazi e russi da una parte e georgiani e statunitensi dall’altra. Sul piatto, il riconoscimento all’indipendenza dello stato caucasico che si affaccia sul Mar Nero, che di fatto lo è – dal momento della sua auto proclamazione risalente al 1992, e ribadita per altro nel 2008, dopo il tentativo di aggressione georgiana, sventata celermente dall’intervento russo, col conseguente riconoscimento di Russia, Venezuela, Nicaragua, Nauru, Vanuatu e Tovalu – nonostante l’ambigua posizione di Nazioni Unite ed Unione Europea. Nei panni queste ultime, ancora una volta e per chissà quanto tempo, di un arbitro sulla cui imparzialità si potrebbe discutere, considerando la propensione – è avvenuto in più di un’occasione – alla politica dei due pesi e delle due misure. È stato così per il Kosovo dal riconoscimento ‘indispensabile’, lo è oggi per quei territori definiti a status conteso come appunto l’Abkhazia, l’Ossezia del Sud, il Nagorno Karabagh, la Transnistria, sui quali si preferisce diplomaticamente sottrarsi alla considerazione della realtà attuale, o rimandare eventualmente il tutto a data da destinarsi. Senza dimenticare poi, utile ricordarlo, che nel caso specifico dell’Abkhazia ogni volta in cui sono in programma incontri presso le Nazioni Unite i georgiani non mancano mai di avanzare la richiesta di evitare di invitare al tavolo delle trattative i rappresentanti abkhazi.

Innanzitutto, signor Ministro, la ringraziamo per averci concesso questa intervista. È stato così anche questa volta, i georgiani non vi volevano come controparte? Quale è stato l’esito dei colloqui di Ginevra?

Negli incontri del 27-28 marzo con la Georgia, avvenuti alla presenza di Stati Uniti, Russia ed Unione Europea, non si è giunti ad alcuna soluzione. Con i Georgiani non siamo riusciti assolutamente a dialogare. L’impedimento è sorto anche dalla presenza a Ginevra dei rappresentanti dei Paesi Baltici e della Polonia che hanno esercitato una sorta di ostruzionismo nei nostri confronti come sempre. È noto che questi Paesi hanno sostituito l’anticomunismo con la russofobia, e tutto ciò come nel nostro caso rappresenta amicizia e rapporti di buon vicinato con la Russia, si trasforma in blocco, a prescindere dai contenuti. Come già le volte precedenti tengo a ribadire che è molto difficile arrivare ad un tipo di risoluzione che vada incontro alle esigenze di entrambi. Le posizioni sono diametralmente opposte. C’è comunque da parte dei georgiani ancora oggi, nonostante la figura del presidente georgiano si stia incrinando sempre di più anche in merito a questa vicenda, nessuna volontà di riconoscere l’indipendenza del nostro paese. Siamo due realtà completamente differenti. Questo però non esclude di istaurare, e ci stiamo impegnando ormai da anni a tal senso, un dialogo costruttivo finalizzato al riconoscimento dell’indipendenza dell’Abkhazia. Passo a cui seguirebbe una ripresa dei rapporti tra i due stati e di conseguenza alla riapertura del confine. Non siamo noi però a non volere il dialogo con i georgiani, tengo a sottolineare, ma loro, fermi su posizioni assolutamente controproducenti e condizionati da terzi.

Ma quali sono oggi appunto, le posizioni georgiane in merito alla vicenda abkhaza?

In primo luogo l’irrinunciabilità e la rivendicazione dell’intero territorio abkhazo, come parte integrante dello stato georgiano. Sono forti di questa posizione, sostenuta per altro dagli Stati Uniti, grazie al mancato riconoscimento dell’indipendenza dell’Abkhazia sia parte delle Nazioni Unite, come della stessa Unione Europea. La Georgia come ribadito in passato l’unica concessione che sarebbe eventualmente disposta a fare sarebbe quella di una sorta di autonomia culturale dell’Abkhazia. Una formalità semplicemente irrisoria priva di valore; molto meno di quanto è concesso per fare un paragone, dallo stato italiano, alle provincie autonome di Trento e Bolzano. Il sostegno degli Stati Uniti alla Georgia fa sì poi che molti paesi a livello internazionale evitando di analizzare ed approfondire le questioni inerenti alla situazione abkhaza, si allineano su posizioni filo georgiane. Posizione per altro che trovano schierati anche tanti media occidentali: nel 2008 ad esempio alla stregua degli osseti del sud siamo finiti da ‘aggrediti’ ad aggressori, quando è vero l’esatto contrario. Nemmeno il web a tal senso ci viene incontro. Nonostante l’impegno profuso da parte nostra, dei russi e di altri che contribuiscono alla circolazione di notizie vere relative alla realtà abkhaza, come pure l’attività condotta da Mauro Murgia e recentemente la rivista Eurasia, che intervistandolo ha fatto sì che si parlasse di Abkhazia in un trimestrale di studi geopolitici così autorevole e soprattutto degli abkhazi, molte informazioni veicolate su internet non solo non sono veritiere, ma rasentano il falso. Su wikipedia la libera enciclopedia multimediale ad esempio è riportato che l’indipendenza dell’Abkhazia va contro il diritto internazionale. Curioso vero? E quella del Kosovo, senza aver nulla contro i kosovari sia chiaro, invece no? È stato smembrato uno stato, la culla della Serbia, oltretutto per crearne uno, privo di radici storiche, culturali, senza tradizione alcuna, che non ha avuto particolari difficoltà ad essere riconosciuto dalla comunità internazionale…

L’indipendenza del Kosovo però, non avrebbe potuto costituire un precedente su cui fare leva, in sede delle Nazioni Unite?

Diciamo che non ci siamo mai fatti illusioni: nei nostri confronti, ci si è mossi e questo appare abbastanza evidente oggi, quasi esclusivamente in funzione antirussa. Come antirussa, col beneplacito dell’occidente continua ad essere la politica estera georgiana: l’ultima novità giusto perché gli esempi non mancano mai e sono sempre di varia natura è che a maggio prossimo la Georgia inaugurerà un monumento sul confine della Circassia a ricordo dei circassi che hanno resistito all’occupazione sovietica. Come la si vuol definire questo tipo di azione? Sono pronto a scommettere che non mancherà di trovare spazio su qualche organo di informazione europeo o statunitense di rilievo, con ovviamente il giusto risalto. Non trova però spazio se non in termini a noi avversi la nostra vicenda. Tornando al Kosovo e scusandomi per questa parentesi, tengo però a chiarire una cosa: rispetto alla ‘neo nazione europea’, l’Abkhazia, oltre a vantare due millenni di storia ha sempre goduto di uno statuto speciale già dai tempi dello Zar, rinnovato anche nel 1931 quando è entrata a far parte dell’Unione Sovietica (solo l’avvento di Stalin ha cambiato le cose: con la deportazione di migliaia di abkhazi e l’accorpamento del territorio alla Georgia). Se non altro storicamente e a livello di diritto internazionale qualche ragione in più pensiamo di averla e cerchiamo di farla valere. Già il fatto comunque che oggi, lo ribadisco si parli di Abkhazia a Ginevra, presso le Nazioni Unite, come è avvenuto a Roma nei giorni scorsi è un importante passo in avanti.

Queste resistenze a livello internazionale nei vostri confronti, paiono celare però anche altri argomenti al momento sottaciuti, sia dalla Georgia che dal loro primo sponsor, gli Stati Uniti. Ecco, non è che ci siano ragioni di natura economica alla base della ferma volontà di non riconoscere la vostra indipendenza, da parte dei georgiani come dei loro ‘alleati’?

Posso risponderle che l’Abkhazia oggi è tra i primi paesi al mondo per l’elevata quantità in suo possesso e qualità, di acqua dolce. Difficile pensarlo per uno stato di così piccole dimensioni, ma è così. Lo sfruttamento di questa ricchezza naturale, senza inquinamento alcuno ci permette di produrre energia di tipo idroelettrico in abbondanza. A parte quella utile al fabbisogno del nostro paese, il resto lo vendiamo alla Russia: una quantità tale che permette di soddisfare le esigenze di una larga fetta del territorio russo meridionale. È chiaro dunque che una risorsa naturale come l’acqua, guardando anche alle condizioni in cui cominciano a versare molti paesi causa siccità, mutamenti atmosferici e altro e per usare la nota frase “Che la prossima guerra si combatterà per l’acqua”, già adesso si rileva oltre che importante per la sopravvivenza, strategica per i paesi che ne possiedono in grandi quantità. Ma non è l’unico fattore. Ci sono ben altre risorse naturali su cui si concentra l’attenzione. A poche miglia nautiche dalla costa, in acque territoriali abkhaze a tutti gli effetti sono stati individuati nel sottosuolo marino enormi giacimenti di gas naturale e di petrolio. Sgombrando il campo da ogni sorta di equivoco e cioè che sono dell’Abkhazia e del suo popolo, il Governo non è attualmente e non lo sarà nemmeno in futuro interessato a sfruttare questo tipo di risorse. Puntiamo per altro invece ad uno sfruttamento maggiore dell’acqua come delle tante bellezze naturali di cui è ricco il paese. Il mare, i laghi, le montagne i parchi. Il fatto che ora già oltre 2 milioni di russi ogni anno trascorrono le vacanze presso di noi, indica che la via che siamo intenzionati a percorrere è quella dello sviluppo turistico, prima che industriale, dato che il territorio va preservato. Le Olimpiadi Invernali di Soci nel 2014 rappresentano anche per noi una seria e concreta opportunità di crescita. Molto a livello di riqualificazione e valorizzazione si sta già facendo, ma tanto ancora ci sarà da fare soprattutto a livello infrastrutturale. Per questo ci rivolgiamo agli investitori stranieri, italiani compresi, offrendo loro un regime fiscale molto agevolato per imprendere in Abkhazia.

Diceva dei russi. Che rapporto c’è attualmente con loro, al di là del fatto che molti media occidentali parlano espressamente di sudditanza?

Con l’avvento di Vladimir Putin, il rapporto è stato fin da subito costruttivo e di estrema collaborazione. Sono lontani ormai i tempi di Eltsin quando le relazioni con la Russia erano ridotte al lumicino. Basti pensare che dal suo primo insediamento al Cremlino Putin ha iniziato a guardare all’Abkhazia con occhi diversi. O meglio ha capito subito e trasmesso che il nostro stato non è parte integrante della Georgia, ma indipendente e come tale deve avere vita propria. La Federazione Russa inoltre dopo la crisi diplomatica coi georgiani non ha esitato solo un attimo a riconoscerci, contribuendo ad elevarci a nazione tra le nazioni. È venuta incontro alle esigenze della popolazione, in primo luogo mediante la concessione del passaporto russo, che consente ai cittadini abkhazi la libera circolazione al di fuori dei confini del proprio Stato, come avviene per i cittadini delle altre nazioni. Gli Abkhazi possono entrare liberamente nel territorio russo, così come in tutti quei Paesi che hanno riconosciuto l’Abkhazia. Non va dimenticato poi il sostegno in termini economici sociali e tecnici offerto dalla Federazione Russa all’Abkhazia, teso allo sviluppo dello Stato, come pure quello militare. Come potrebbe fare altrimenti la nazione abkhaza a difendere e monitorare le proprie acque territoriali, in mancanza di una marina propria? Non è passato molto tempo, è utile ricordarlo, da quando unità navali georgiane si frapponevano e bloccavano tutte le imbarcazioni che volevano approdare nei nostri porti, arrestandone addirittura gli equipaggi. Inoltre è sicuramente meglio che siano le unità russe a controllare il confine con la Georgia, al fine di evitare ulteriori tensioni. Soprattutto il supporto offertoci dalla Federazione Russa ha contribuito a far parlare gli abkhazi del loro paese e non altri, come purtroppo continua in larga parte ad avvenire.

Da ultimo, che bilancio trae da questa sua visita in Italia?

Mi sento di dire che si è trattato di un viaggio, il primo nel vostro paese, di assoluta importanza e che ha determinato un passo anche seppur piccolo, in avanti con l’Unione Europea. Sta passando, in Europa, la giusta logica del ‘Fare parlare l’Abkhazia’, iniziando ad emarginare il cosiddetto ‘Parlare dell’Abkhazia’, senza minimamente conoscere il Paese e più in generale i problemi del Caucaso. A Pesaro, San Marino e Roma, gli incontri effettuati, sia politici che economici, sono stati seguiti con estrema attenzione da molti soprattutto esponenti del mondo economico. A Roma poi in particolar modo: in occasione della conferenza presso la stampa estera con i giornalisti italiani e quando, accompagnato dal Senatore del Partito Radicale Marco Perduca, ho incontrato privatamente il Senatore Lamberto Dini, presidente della Commissione Esteri del Senato. Il piacere dell’affermazione da lui pronunciata, “L’Abkhazia ha diritto alla sua autodeterminazione, senza se e senza ma”, dimostra che il nostro lavoro inizia a dare frutti concreti, impensabili ed impossibili solo poco tempo fa.

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