Lorenzo Disogra, L’Europa come rivoluzione. Pensiero e azione di Jean Thiriart, Edizioni all’insegna del Veltro, Parma 2020, 116 pp., € 15,00
Il titolo di questa recensione della tesi di laurea di Lorenzo Disogra, pubblicata dalle Edizioni all’insegna del Veltro con una prefazione del Professor Franco Cardini, potrebbe sembrare inutilmente altisonante. La qualità del testo è indubbia: un lavoro rigoroso e documentato come si addice ad una tesi di laurea, impreziosito dal dono della sintesi e da una prosa scorrevole. L’autore riesce in un centinaio di pagine a ricostruire, percorrendo in parallelo la vicenda militante e la produzione teorica di Jean Thiriart, il “pensiero e l’azione” di una delle figure più incomprese e trascurate della Politica europea. Politica con l’iniziale maiuscola, a significare quel raro connubio di idee e di azione, di cultura e prassi, di lucidità e passione che caratterizzano la figura del militante belga.
E allora, che bisogno c’è di definire questa biografia politica e intellettuale un “breviario per i patrioti europei”?
L’opera di Disogra ha un pregio rarissimo: unisce alla lucidità del rigore le vibrazioni di una passione politica autentica. Restituisce la genuinità e l’entusiasmo di un figlio del Novecento ricostruendo la passione e lo slancio che dalla militanza nell’estrema sinistra belga lo portarono a schierarsi con i Tedeschi durante il secondo conflitto mondiale, quindi a solidarizzare coi coloni europei in Africa per approdare infine a sostenere la causa palestinese ed antimperialista, in un percorso che solo superficialmente può essere etichettato come incoerente.
Jean Thiriart una stella polare la ebbe sempre: l’Europa. Egli si distanziò nettamente dalle idee e dalla prassi dell’estrema destra postbellica, disprezzando ogni nostalgismo e condannando come antieuropea ogni forma di sciovinismo, nel nome di una “più grande patria”, quella continentale. Senza curarci di quello che possano pensare di un pensatore simile le tribù dei “progressisti” e dei “sovranisti” (due facce della medesima medaglia americanista), crediamo che sbagli anche chi confonde il pensiero di Thiriart come una forma di grande-europeismo neo-destrista. Il pensiero di Thiriart è genuinamente geopolitico e autenticamente antimperialista, e il suo grande-europeismo è da un lato difensivo nei confronti dell’imperialismo americano e del messianismo anglosassone, ma è anche lealmente proattivo e solidale nei confronti di Asia, Russia e Africa: su questo le opere e le azioni del Thiriart più maturo non lasciano spazio ad errori interpretativi, e il lavoro di Disogra lo chiarisce in modo inequivocabile.
Di fronte all’elaborazione thiriartiana – che lungi dall’essere ingenua e sognante è invece lucida, pragmatica e disincantata – le obiezioni antieuropeiste sull’impossibilità di “fare l’Europa unita” per le mille incompatibilità culturali tra Europei ereditate dal passato diventano deboli balbettii che evaporano dinanzi ad una constatazione: la politica è volontà, i popoli non sono prigionieri del passato ma autori del futuro. Ecco dunque che l’Europa è e deve essere Azione e soprattutto Rivoluzione: il pensiero di Jean Thiriart non è una fumosa filosofia spiritualista, ma un attivismo rivoluzionario vero e proprio. Non è filosofico, non è solo metapolitico: è politico, convintamente.
Non è del resto un maestro del pensiero conservatore europeo, Ortega y Gasset, a spiegarci che è lo Stato a creare la Nazione e non viceversa? E ciò sia detto con buona pace di sciovinismi, razzismi e micronazionalismi vari, oggi spacciati per sovranismi, i quali, frantumando gli Stati e le integrazioni tra Stati, finiscono per agevolare una e una sola vera sovranità: quella del più forte, quella dell’imperialista di Oltreoceano. Il pensiero di Thiriart è presentato dunque per ciò che è: l’ultimo dei grandi volontarismi rivoluzionari del XX secolo, pregno di sapienza politica. Thiriart detestava l’Europa dei trattatelli, dei mercantucoli e dei burocrati eretta a Bruxelles da politicanti, finanzieri e bottegai; eppure non solo la considerava coraggiosamente e generosamente un “meglio di nulla”, ma prevedeva anche che essa avrebbe liberato capacità economiche e comunanze di intenti tali da superare in forza la miopia dei suoi creatori: così è stato, la libertà di movimento e commercio nell’Europa di oggi sono un dato di fatto.
Non è stato privo di impatto per l’autore di questa recensione leggere il libro di Lorenzo Disogra nelle stesse ore in cui ne divorava un altro: Essere e Rivoluzione. Ontologia heideggeriana e politica di liberazione di Daniele Perra per i tipi di Nova Europa. In quelle pagine si ricorda infatti la risposta degli intellettuali tedeschi della Rivoluzione Conservatrice al lamento spengleriano sul “tramonto dell’Occidente”, al quale si indicava l’alternativa di una grande alleanza dei popoli “bianchi” contro quelli “di colore” (quasi un preludio ad Huntington). Il concetto di Occidente non solo non riguarda i rivoluzionari – che si interessano a cose ben più profonde come la Nazione (europea) o la Classe (lavoratrice e antiusuraia); ma se proprio un Occidente esiste, il suo tramonto è un’ottima notizia. Se infatti i popoli sono autori e non vittime della propria storia, essi potranno approfittare della fine dell’Occidente capitalista, positivista e antitradizionale, realizzando la Nazione Europea oppure la lotta dei lavoratori e degli sfruttati. È proprio al tramonto dell’Occidente americanista e liberista, protestante e imperialista, individualista e mercantile che i rivoluzionari del pianeta devono farsi trovare pronti, da Lisbona a Vladivostok, da Teheran a L’Avana.
L’opera di Lorenzo Disogra segna un momento importante in un percorso che parte dagli alunni di Thiriart come Claudio Mutti a Franco Cardini: il thiriartismo italiano è stato prolifico ed ha figliato una rivista – “Eurasia” – attorno alla quale molti giovani sotto i 35 e i 30 anni si raccolgono o dalla quale hanno mosso i primi passi. L’eco del pensiero di un “geopolitico militante” nato nel 1922 continua a risuonare ad un secolo esatto di distanza, e il livre de chevet di Disogra ne è la prova.
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