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samedi, 02 février 2013

Il Kurdistan vende petrolio alla Turchia e beffa Baghdad

Il Kurdistan vende petrolio alla Turchia e beffa Baghdad

Un deputato turco denuncia un accordo segreto, mentre i curdi annunciano apertamente quello che il governo centrale considera “contrabbando”

Ferdinando Calda

kurdish_oil_fields.gifUn accordo segreto tra la Turchia e il governo della regione autonoma del Kurdistan iracheno per il commercio di gas e petrolio all’insaputa del governo centrale di Baghdad. È quanto denuncia un deputato turco del Partito repubblicano del popolo (Chp), Aytun Ciray, secondo il quale nell’ambito di questo accordo – firmato lo scorso anno – è stata fondata anche una società offshore controllata da persone vicine al governo di Ankara. Come riporta il quotidiano turco Hurriyet, Ciray ha presentato un’interrogazione parlamentare al ministro degli Esteri, Ahmet Davutoglu, sottolineando come “se questo accordo entrasse in vigore, lo scioglimento di fatto dell’Iraq sarebbe inevitabile”.
Attualmente tra Baghad e Irbil (capitale del Kurdistan) è in atto un’accesa disputa per la distribuzione dei proventi del petrolio e il controllo dell’area settentrionale intorno a Kirkuk, ricca di giacimenti. In teoria tutti i proventi della vendita all’estero di greggio dovrebbero essere versati nelle casse del governo centrale, che provvede poi a ridistribuirli anche in Kurdistan. L’accordo denunciato da Ciray, invece, lascerebbe a Irbil tutti i proventi derivanti dalla vendita del petrolio che si trova in territorio curdo, che verrebbe trasportato e venduto nei mercati internazionali attraverso la Turchia.
Già un paio di settimane fa il governo del Kurdistan aveva riconosciuto pubblicamente di aver iniziato – dall’ottobre scorso – a esportare il proprio greggio in Turchia con le autobotti (per bypassare gli oleodotti controllati dal governo centrale) al ritmo di 15mila barili al giorno, in cambio di prodotti petroliferi raffinati e carburanti. Un commercio che a Baghdad definiscono senza mezzi termini “contrabbando”. “Siamo stati costretti ad agire in questo modo a causa della decisione del governo di Baghdad, il quale non ha mantenuto la sua promessa di pagare le compagnie petrolifere”, ha ribattuto il sottosegretario del ministero del Petrolio e del Gas naturale del Kurdistan, Ali Hussain Belu, annunciando l’intenzione di portare il volume delle importazioni a 20 mila barili “il più presto possibile”.
Nel frattempo a Irbil continuano a stringere accordi con le compagnie petrolifere straniere senza passare per Baghdad. Una mossa che fa infuriare il governo centrale, che ha già minacciato più volte di escludere dai ricchi giacimenti nell’Iraq meridionale le società che trattano direttamente con le autorità curde. L’ultimo ultimatum in questo senso è stato lanciato alla statunitense Exxon Mobil, “colpevole” di aver firmato di recente un accordo con Irbil per lo sfruttamento di alcuni giacimenti nel nord. “Exxon Mobil non può lavorare in entrambi i giacimenti (nel nord e nel sud ndr) allo stesso tempo”, ha avvertito lunedì scorso il ministro del Petrolio iracheno, Abdul Kareem Luaibi, in seguito a un incontro tra il numero uno di Exxon, Rex Tillerson, e il primo ministro iracheno Nuri al-Maliki.
Nel mezzo di questa controversia, la Turchia del premier Recep Tayyip Erdogan sta da tempo appoggiando il governo del Kurdistan, sia perché interessata al petrolio curdo, ma anche perché vuole approfittare della collaborazione dei curdi iracheni nella lotta contro i separatisti curdi del Pkk, avversari politici della leadership curda irachena vicina al presidente del Kurdistan Massoud Barzani.
 


29 Gennaio 2013 12:00:00 - http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=18767

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