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vendredi, 26 novembre 2010

Nazionalpopolari contro destra e sinistra

Nazionalpopolari contro destra e sinistra

LUCA LIONELLO RIMBOTTI

Ex: http://www.centroitalicum.it/

L’inutilità di stare a destra

pir12.jpgChiunque abbia a cuore il superamento del presente sistema liberaldemocratico, imperniato sul tradimento dei popoli a vantaggio del potere finanziario mondiale, e chiunque voglia agire nel nome di valori di socialità condivisa, di solidarismo anti-utilitario e di eredità bio-storica, non può seriamente prendere in considerazione l’opzione costituita dalle varie Destre oggi all’opera. Esse sono, senza eccezioni, colonne portanti del liberismo e dello sgretolamento identitario.


Chi si pone sul saliente della difesa della specificità della cultura di appartenenza, proponendosi di opporsi in qualche misura allo sfaldamento della società programmato dai signori della globalizzazione, non può vedere nelle Destre un alleato, ma un tenace oppositore. Al di là di scarne proposizioni di blanda, semimassonica e borghese “nazionalità” e al di là di un ottuso conservatorismo etico-religioso, il Centro-destra italiano ed europeo è un bacino di raccolta di tutto quanto è individualismo, frazionismo sociale, carrierismo, cosmopolitismo, idolatria finanziaria, conservatorismo sociale, identificazione con la peggiore idea di Occidente grande-capitalistico. Se c’è un concetto che appare estraneo a questo schieramento, è quello di popolo. All’interno della dittatura del pensiero unico mondiale – frutto della copula tra progressismo e liberalismo – le differenze e le peculiarità che rendono ogni popolo distinguibile dall’altro, e soprattutto lo rendono diverso dalla massa cosmopolita, vengono metodicamente smussate ed erose. Ma è proprio e soltanto il popolo che dovrebbe giustificare e condizionare ogni aspetto della politica intesa come gestione del benessere materiale e galvanizzazione dei giacimenti valoriali comunitari.


Il protagonismo dell’idea, dei bisogni e dei famosi “diritti” del popolo nei regimi liberaldemocratici è soltanto un’ingannevole perorazione di principio. Anzi, una confutazione. Poiché la sua presenza nelle carte costituzionali borghesi si rivela una truffa atroce, qualora si misurino questi attestati retorici con l’attacco quotidiano che viene portato proprio dalle Destre di ogni colorazione alle basi stesse del popolo e della sua esistenza come ceppo unitario e solidale. Persino la nozione di essenza identitaria popolare, persino l’esistenza biologica, antropologica, genetica dei popoli è messa in discussione non da ineluttabili moti tellurici o da imperscrutabili voleri divini, ma dalle scelte che vengono fatte giorno dopo giorno dai quei governi e partiti che antepongono gli interessi economici di cosche ristrette, di cerchie oligarchiche internazionaliste, al primario interesse di ogni popolo: che è, semplicemente e prima di tutto, quello di esistere.


Il diritto all’esistenza di ogni popolo sulla faccia della Terra è messo a repentaglio e minacciato sempre più da vicino proprio da quelle tali politiche di Destra che programmano e attuano con logica ferrea i flussi migratori, la dislocazione delle risorse nazionali, l’accaparramento delle energie e il dominio del mercato mondiale senza tenere in nessun conto la storia, la cultura, la geografia e la tradizione politica dei popoli: tutti elementi che rendono impossibile la vita di un popolo come comunità nazionale indipendente, in grado di aspettarsi un futuro.

 
La possibilità che qualche microcosmica Destra radicale, magari nominalmente nazionalpopolare e magari anche in buona fede, sia in grado di condizionare in qualche modo le Destre liberali ed economiche, limitando i danni da queste sistematicamente apportati ai residui di socialità e di tradizionalismo culturale, è risultata più volte nulla. L’inutilità di guardare a Destra, da un punto di vista nazionalpopolare, è evidente. È inutile aspettarsi qualcosa da chi lavora contro di noi. È inutile aspettarsi qualcosa da chi ha dimostrato di volere il contrario di ciò che noi vogliamo: l’esistenza dei popoli, la difesa delle loro differenze, la protezione delle culture, il predominio dei valori di legame su quelli di rapina economica.


Oggi una Destra popolare, identitaria, sociale, non esiste. Oggi la Destra si identifica con il conservatorismo borghese liberale più arrogante e aggressivo. Dice: ma i Poli sono due, o di qua o di là, nel mezzo non c’è spazio…la Sinistra non ci vuole, la Destra, almeno, qualche briciola la lascia cadere…Qui si tratta di capirsi: fare una politica servile senza un partito serio, senza classe dirigente, senza uomini, senza una base, senza uno straccio di programma alternativo, senza organizzazione e senza volontà antagonista, non è forse pretendere troppo? E in quali mani andrebbero le briciole lasciate generosamente cadere dagli oligarchi liberali? Un assessore qui? Un deputato là? È questa la via per l’affermazione dei significati nazionalpopolari? Una politica di Destra radicale, al momento, non esiste da nessuna parte, perché non esistono in maniera presentabile le organizzazioni, gli uomini, le idee e i seguaci…ce n’è abbastanza, perché si smetta di coltivare un miraggio nefasto. Devono ancora nascere il movimento, il clima storico, l’avanguardia, la strategia, le occasioni, affinché qualcosa di nazionalpopolare che respira e si muove sia riconoscibile ad occhio nudo, senza bisogno di lenti di ingrandimento…Al momento esistono protoplasmi, amebe, al più insetti di Destra radicale, non ancora strutture biologiche evolute, mancano gli organi sviluppati, manca una volontà antropologica che disponga di geni attivi, in grado di lottare per la sopravvivenza, per la crescita e magari per l’affermazione e il dominio nel bio-spazio del proprio habitat…nel frattempo…qualcuno potrebbe dire…forse basterebbe anche il solo porre mano alle idee, rinnovando, rilanciando, ripotenziando…Si è mai vista una rivoluzione senza un minimo di progetto e di retroterra ideologico? Ma, anche qui, sul terreno della formulazione teorica, non si colgono segnali di un’onda di ritorno, in forza della quale i valori rivoluzionario-conservatori di solito attribuiti alla Destra radicale mostrino di poter godere di un contesto credibile e di aggregazioni più vaste di quella dell’ambiente di nicchia. Mettersi sotto l’etichetta della Destra oggi può solo significare abdicare al ruolo storico che determinati ideali sociali e politici hanno svolto e ancora potrebbero svolgere, se diversamente veicolati e presentati a masse rese impolitiche a forza di bastonate liberali. L’etichetta di Destra porta alla sudditanza ai poteri forti della conservazione, dell’economicismo e dell’individualismo liberista. Che, poi, in ambienti circoscritti, all’esile ombra di questo o quel piccolo leader di provincia, si dica che continuino ad esser veicolati in qualche modo relazioni comunitarie, valori di legame, tradizionalismi nazionalpopolari, può interessare forse l’antropologia o la sociologia della Destra contemporanea, non può riguardare invece la rilevanza politica del fenomeno. Che, essendo sottotraccia, mimetico, iperminoritario, e dovendo usufruire per forza di linguaggi e comportamenti in codice, non ha veste pubblica, non ha rilevanza immaginale né tantomeno mediatica. In sostanza, non conta nulla, se non al livello di una ricreazione circoscritta, e tutta privata, di miti destituiti di visibilità e di forza politica.

La pericolosità di stare a destra


Per un movimento nazionalpopolare, che abbia qualche pretesa di radicalismo nazionale e sociale, mettersi sotto l’ombrello di un potere di Destra liberale sperando di cavarne qualche beneficio, è come per un condannato mettere la testa tra le mani del boia sperando in un salutare massaggio alla cervicale: pessima idea. Le recenti elezioni francesi, se ancora ce ne fosse stato bisogno, hanno dimostrato quello che sapevamo già: un buon dinamismo liberal-conservatore è sufficiente per prosciugare le velleità radicali. Proprio de Benoist ci ha recentemente ricordato che la batosta di Le Pen è stata figlia della strategia facile facile di Sarkozy. È bastato che un qualunque elemento partorito dal sistema, senza carisma, senza particolari programmi, senza alcuna idea innovatrice, con la faccia anonima del funzionario liberale – Sarkozy non è nulla di più di questo -, ma ben inserito nei poteri forti e ben garantito dalle centrali mondialiste appostate dietro di lui, è bastato che questo liquidatore della Destra radicale in nome della Destra moderata dicesse qualche parolina sulla Francia e sull’orgoglio di essere francesi, perché si vedesse il bacino elettorale di Le Pen prosciugarsi di brutto: «Storicamente parlando – ha scritto de Benoist -, in effetti, la destra dura non è mai stata battuta dalla sinistra, ma sempre dalla destra moderata, più abile a captare la sua eredità. Il grande errore di Le Pen è stato di non aver compreso in pieno questa minaccia e di non aver denunciato Sarkozy come suo avversario principale sin dall’inizio del gioco». Semplice, no?


Non è difficile immaginarsi ogni volta l’esito mortale, per uno schieramento di Destra radicale, che ha un abbraccio con la Destra borghese. Sono un centinaio d’anni che i movimenti nazional-rivoluzionari europei vengono regolarmente giocati dai loro finti patrocinatori liberal-moderati…eppure c’è ancora chi, nello sparuto campo della Destra radicale, si ostina a sperare che reggere la coda del liberista di turno porti fortuna…no, porta sfiga, molta sfiga…Ogni movimento nazionalpopolare europeo del secolo XX ha sempre trovato il proprio giustiziere tra le file non della Sinistra socialdemocratica o comunista, ma proprio del Centro-Destra liberale e conservatore: dal Falangismo alla Guardia di Ferro alle Croci Frecciate ai partiti collaborazionisti di Vichy…E anche il Fascismo e il Nazionalsocialismo, come sappiamo, trovarono gli ossi più duri e infidi proprio tra i liberali…e oggi, incredibilmente, si vogliono ancora e sempre replicare quelle storiche tragedie europee in forma di commedia o, più spesso, di farsa. Come è nel caso italiano.


Qui, d’altronde, oltre al vuoto politico, si registra nel campo della Destra “sociale” un deserto di idee che continua a non promettere nulla di buono. In assenza di una possibilità politica qualsivoglia, ci si aspetterebbe che i residui di intellettualità nazionalpopolare intagliassero almeno solide tavole dei valori, sfrondando i rami secchi qui, coltivando nuovi ributti là, cercando per quanto possibile di dar vita a un quadro di valori a forti tinte che all’alternativa aggiunga magari l’antagonismo, rafforzando i patrimoni, armando i dispersi retaggi, spendendo parole di fuoco, rianimando, tratteggiando scenari futuri, chiamando a raccolta con tutte le forze e attraverso tutti i canali disponibili…Nulla di tutto questo. Quei pochi libri che escono sulla “cultura di destra” fanno rimpiangere il “Manifesto dei conservatori” di prezzoliniana memoria. Al confronto, certe summae teoriche di recente impostazione rendono il conservatorismo di Prezzolini - intelligente ma trapassato da decenni, e comunque di inaccettabile individualismo - una travolgente valanga di futuristiche novità.

 
Cercare di fondere le due anime della Destra, quella borghese e liberale e quella antiborghese e rivoluzionaria, è un lavoro di cucitura che appartiene alla più retriva retroguardia ideologica…un lavoro nel quale dispiace che si sia azzardato ad esempio un Marcello Veneziani, il quale (capiamo il restyling, capiamo la casa editrice di regime, capiamo il momentaccio storico, ma è un po’ troppo…) sotto la voce “cultura di destra” usa fare un grande uso di Montesquieu, Vico e Gramsci…, ma inspiegabilmente non osa nominare neppure una volta, che so, per dire un nome, Mussolini pudore?...ritrosia?...imbarazzo?...cattiva gestione delle opportunità? Ma forse è vero…molti storici l’hanno già detto e ripetuto, Mussolini era più di Sinistra che di Destra…o forse tutte e due le cose insieme, o nessuna delle due, ma qualcosa di più della loro somma…eppure nel giro de “La Voce”, che è stato il nerbo della cultura politica italiana del Novecento, c’era anche lui, no? Perché censurarlo? Perché auto-censurarsi? La Destra borghese non cambia mai…la Destra borghese è questa, è anche paura, è anche e soprattutto nascondersi dietro le persiane…La borghesissima codardia della Destra è il motivo principale per cui alla conservazione e alla divulgazione dei patrimoni culturali rivoluzionario-conservatori vediamo provvedere la sfiatata “Sinistra-intelligente”, quella che, grazie ai suoi potentati economici e agli spazi lasciati liberi, è ancora capace di catturare, edulcorare, liftare, insinuandosi nei meandri più intimi dei nostri retaggi: è così che oggi la Sinistra sta cercando di ricostruire se stessa – un attimo prima di morire e sperando di far sopravvivere il proprio cadavere - dichiarandosi ora “reazionaria”, ora “antiegualitaria”, ora “tradizionalista”. È qualcosa di più di un gioco al massacro intellettuale. È il sintomo che la Sinistra, dopo il suo fallimento politico, e una volta constatata l’incapacità della Destra di difendere i suoi patrimoni culturali, annusa da vicino anche il proprio fallimento ideologico e culturale e, come tutti i disperati, si aggrappa a tutto quello che ancora mostra di esser saldo…Tanto per dire: il rilancio dei vari Jünger, Schmitt, Drieu, Céline…non è opera della Destra, ma della Sinistra; i migliori libri sulla rivoluzione fascista e sulla socialità nazionalsocialista non sono scritti da storici di Destra, ma di Sinistra; le pensate più originali su comunitarismo, reciprocità, antiutilitarismo, ancora una volta nascono sempre a Sinistra e solo dopo, a volte molto dopo, diventano pane per denti di Destra, e così via…


Stando così le cose, è evidente che, di questa Destra, un nazionalpopolare appena decente non sa che farsene. Meglio sarebbe tagliare i cordoni ombelicali che portano alla sicura e dimostrata asfissìa e guadagnare il campo aperto. Abbandonando il peso morto di un’etichetta che non ci appartiene, può essere che si ritrovino le coordinate per scrivere, dire, pensare, comunicare qualcosa di rivoluzionario dal punto di vista della tradizione.


Eppure, non dovrebbe essere impossibile: ci sono molti uomini con le mani su consistenti brandelli di potere e sottopotere che sanno di cosa stiamo parlando, ma, ogni volta, quando li si interroga su quale sia alla fin fine questa benedetta Destra, su dove stia di casa questa sfingea cultura di Destra, non riescono a tirar fuori altro che Croce, Gramsci o Gentile…questo è troppo, è davvero troppo anche per chi ha già da un pezzo capito che da quella parte non verrà mai nulla di buono.


Occorre dunque seppellire la Destra, la settaria, invidiosa, provinciale Destra dei nostri giorni, quella Destra dove formicolano il furbo, l’accattone delle idee altrui, il faccendiere, l’approfittatore, l’inetto velleitario, l’incolto nemico della cultura e dell’innovazione, il tanghero portaborse, il frazionista che non capisce nulla di politica e crea mortali trombosi nella circolazione degli ideali…seppelliamo questa infame Destra moderata…che, intanto, la Sinistra si sta già seppellendo da sola…Non più dunque il vecchio “al di là della Destra e della Sinistra”, ma un nuovissimo e risolutissimo contro: contro la Destra e contro la Sinistra…Quando non ci fossero più queste due cariatidi tubercolotiche a bloccare ogni possibilità di rimescolamento delle carte politiche, l’aria tornerebbe a farsi tersa, le idee tornerebbero a farsi nitide e leggibili e…hai visto mai…con un colpo di fortuna, i giochi potrebbero anche improvvisamente riaprirsi…


Le nuove sintesi? Le contaminazioni? La trasversalità? Tutti ottimi slogan, tutte parole non seguite dai fatti, tutte buone intenzioni atte a lastricare struggenti viali del tramonto: ma il meccanismo ha già da tempo dimostrato di non saper funzionare, neppure tra ristrettissime cerchie di opinionisti politici…
A sommesso parere di chi scrive, alla base di tutto c’è la parola popolo. Questa parola, già di per sé e senza nulla aggiungere, nasconde un programma, un’ideologia, un metodo politico, un potenziale di enorme aggregazione e un fine sociale sufficientemente chiari. E sufficientemente in grado, se opportunamente agitati con coraggio radicale e capacità innovativa, di smuovere l’immobile montagna della società narcotizzata dai controvalori liberali. Quando si troverà un capo politico in grado di parlare di popolo al popolo, quando si formerà un pugno di buoni divulgatori di questo concetto partendo dai bisogni reali e da quelli immaginali, si sarà trovata la chiave: allora non ci sarà più alcun bisogno di dirsi di Destra o di Sinistra. Una rivoluzione, oppure un cambio di sistema, o anche solo un semplice ma profondo ridisegno della geografia politica, che sia appena accettabile e in grado di incidere lasciando il segno, non hanno mai bisogno di darsi etichette da parlamento liberale anglosassone. Il nuovo non nasce da miserabili contrattazioni di corridoio o da avvilenti apparentamenti ad alto costo e a incasso zero. Il nuovo, quando è rivendicazione di arcaici diritti all’identità e alla vita, ha spalle grosse perché poggianti sull’eterno, avanza con la forza dell’ineluttabile, vive del sangue vivo della gente, si nutre di entusiasmo e di passione concreti, mobilitabili, che si possono toccare. Tutto questo è una potenza in senso letterale. Questa potenza aspetta solo che qualcuno coraggiosamente la evochi e la scateni al di sopra e contro tutti i mercanteggiamenti e i tradimenti liberali, quelli di Destra come quelli di Sinistra, così da dar vita all’ultima possibilità per il nostro destino europeo.