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mardi, 30 janvier 2007

Ideologia delle tre funzione nei miti del Giappone

Un nostro lettore, Castrese Cacciapuoti, attualmente in Giappone per motivi di studio, venuto a conoscenza della pubblicazione in lingua italiana del libro di J. Haudry 'Gli Indoeuropei', ci ha inviato queste note sulla corrispondenza analogica tra la ideologia tripartita indoeuropea e la struttura tripartita della simbologia shintoista.

 

 

L’ideologia delle tre funzioni nei miti del Giappone

 

 

C. Cacciapuoti,

in 'Margini' n. 35 luglio 2001

 

 

Che i miti nazionali del Giappone rivelino un gran numero di sorprendenti simiglianze con i miti

 

dei Greci, degli Sciti, oltre che con l’epopea degli Osseti era noto già da tempo agli studiosi. Tuttavia è solo dagli anni settanta che, grazie al lavoro di comparazione strutturale compiuto da Ohayashi Taro e Yoshida Atsuhiko, si è riusciti a dimostrare che elementi simbolici appartenenti all’area culturale indoiranica si propagarono da occidente verso l’estremo oriente fino a influenzare anche popoli di diversa stirpe, come è dimostrato dai miti dell’antico regno coreano di Koguryo e dai miti shintoisti. Secondo la teoria avanzata dai due studiosi giapponesi, i nomadi di ceppo altaico che, passando per la penisola coreana, si stanziarono in epoca preistorica nell’arcipelago nipponico, e gettarono le basi della nazione Yamato, erano precedentemente entrati in contatto nelle steppe dell’Asia centrale con i popoli Sciti di stirpe iranica, da cui avrebbero ricevuto una sorta di investitura rappresentata dalla consegna dei tre tesori sacri, che sono tuttora i simboli della podestà suprema del Tennô.

 

Nel confronto tra i miti giapponesi e quelli dei popoli di stirpe indoeuropea non solo riscontriamo chiarissime affinità negli elementi narrativi, ma vediamo precisi accordi anche e soprattutto in termini di Weltanschauung. Per tale ragione Ohayashi e Yoshida ritengono che benché i miti giapponesi siano composti da strati di diversa origine, essi formino un sistema coerente con il sistema mitologico-simbolico indoeuropeo. A titolo di esempio, citiamo la coincidenza simbolica dei tre tesori celesti della famiglia reale degli Sciti con i tre tesori sacri imperiali del Giappone (lo specchio di Amaterasu Yataka no kagami, la spada di Susanowo Ame no Murakumo no Kurugi, e il gioiello ricurvo di Okuninishi Yasakani no Magatama), che, come viene dimostrato dall’interpretazione di Yoshida e Ohayashi, rappresentano rispettivamente le tre funzioni - magico-religiose, guerriere, produttive- del Potere. Nei miti giapponesi la società risulta coerentemente organizzata sulla base dei concetti ideologici simbolizzati dai tre tesori. Infatti il racconto mitico riconosce sin dai primordi una struttura di rapporti che si sviluppano dalla connessione fra i tre strati: i sacerdoti, gli specialisti delle funzioni militari, il popolo comune -composto dai produttori di derrate alimentari, i quali risultano subordinati ai primi due.

 

Nel ciclo di miti riguardanti la discesa dal Cielo dei discendenti della dea Amaterasu, antenata della famiglia imperiale, è presentato l’archetipo mitico della comunità giapponese organizzata sotto l’Augusto Governo Imperiale. Secondo questi miti, nel momento in cui l’Antenato Celeste Ninigi no mikoto scende in veste di sovrano sulla “Terra dalle vigorose spighe di riso” (antonomasia poetica per Giappone), egli è accompagnato da un gruppo di divinità celesti fondatrici dei casati che in epoca storica avranno un importante ruolo nell’esercizio del potere regale. Chiaramente, a questo modello mitico si conforma la struttura sociale data da uno strato dominante aristocratico di ceppo altaico che con a capo il Tennô esercitava il proprio dominio sul territorio dell’arcipelago e sulle popolazioni autoctone di ceppo australe.

 

 

Significato di Dei del Cielo (Tenshin) e Dei della Terra (Chigi)

 

 

Anche il pantheon shintoista riflette l’idea per cui l’assetto sociale viene considerato tripartito in sovrani-sacerdoti, detentori della sovranità, militari e popolo addetto alle mansioni economiche. Sin dalla più remota antichità gli dèi del Giappone erano suddivisi in Divinità del Cielo (in giapp. Ama tsu Kami, in cinese Tenshin) e Divinità della Terra (Kuni tsu Kami in giapp., Chigi in cinese). Appartenenti alla classe degli dèi Celesti menzioniamo Amaterasu, Takamimusubi, Kamimusubi che costituiscono gli dèi sovrani dominanti il mondo dall’alto del Takamagahara. Chiaramente distinte da questi, le altre Divinità del Cielo, detentrici delle armi e in possesso delle arti guerriere, che precedono le divinità sovrane nella loro discesa sulla terra. Pertanto Yoshida conclude che le Divinità Celesti pur formando un unico gruppo, sono distinte da una parte dagli dèi regali e, strettamente legati a questi, da dèi della funzione sacerdotale, oltre che da dèi guerrieri costituenti un diverso ceppo divino. Decisamente contrapposte alle Divinità del Cielo, le divinità note sotto il nome di Dèi della Terra (Kuni tsu Kami), dalla precisa indole comportamentale di “Signori della terra”. Il ruolo principale di queste divinità consiste nel produrre alimenti e ricchezza dalla terra, definita significativamente nei miti Osukuni, cioè “Terra che dà il nutrimento”. Come è noto, i miti nazionali del popolo giapponese sono riportati in massima parte nel Kojiki, testo sacro dello Shintô, e nel Nihongi o Nihonshoki, cronaca storico-mitica scritta in gran parte in cinese. Da una analisi delle strutture narrative di questi testi emerge che sono esplicitamente tre le divinità principali a cui è tributato un carattere divino superiore: Amaterasu, Antenata della stirpe imperiale, sacerdotessa celeste, che possiede la sovranità del Cielo, e che dopo avere sottomesso Okuninushi, riesce ad estendere la sua potestà cosmica fino al mondo degli umani; segue Susanowo, divinità guerriera dal carattere impetuoso e violento; infine Okuninushi, divinità tutelare dei lavori agricoli e della felicità coniugale, che tutt’oggi per queste sue caratteristiche di dio della fecondità, è la divinità che riceve il maggiore favore popolare. Queste tre divinità supreme detengono su scala cosmica rispettivamente la funzione regale-sacerdotale, la forza guerriera e la fecondità. Esse sono l’esatto corrispondente delle divinità sovrane del mondo indoeuropeo descritte nei lavori di Dumézil. Gli oggetti simboleggianti queste funzioni rappresentano tuttora il potere sacro del Tennô. Essi sono, lo ricordiamo ancora una volta: lo specchio di Yata, simbolo della prima funzione, la spada di Amenomurakumo, simbolo della seconda funzione, e il gioiello ricurvo di Yasakani, simbolo della terza funzione. Tutti e tre questi oggetti, secondo le teorie di Yoshida e Ohayashi, derivano direttamente dai simboli del potere dei re Sciti.

 

 

 

Bibliografia indicativa:

 

Ohayashi Taro, Nihon shinwa no kozo (Struttura dei miti giapponesi), Kobundo 1975.

 

Ohayashi Taro, Higashi Ajia no oken shinwa (I miti della sovranità in Asia orientale), Kobundo 1984.

 

Yoshida Atsuhiko, Nihon shinwa to In-o shinwa (I miti del Giappone e i miti indoeuropei), Kobundo 1974.

 

Yoshida Atsuhiko, Nihon shinwa no naritachi (La struttura dei miti del Giappone), Seidosha 1992.

 

Hirafuji Hisako, Kuni-yuzuri ni miru Sankino-taikei (Il sistema delle tre funzioni visto nel mito dell’affidamento del Paese), Rivista dell’Associazione di studi di lingua e lett. nazionali dell’Università Gakushuin 1996.

 

 

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