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vendredi, 19 janvier 2007

Bertrand de Jouvenel (italiano)

Betrand de Jouvenel:
analisi del potere, superamento del sistema

di Laurent Schang

Singolare destino, quello di Bertrand de Jouvenel des Ursins, aristocratico repubblicano non-conformista degli anni fra le due guerre mondiali, e federalista europeo co-fondatore del Club di Roma, titolare di cattedre universitarie a Parigi, Oxford, Manchester, Cambridge, Yale e Berkeley, autore di una trentina di trattati teorici di politologia e scienze economiche e sociali, testimone e attore di 50 anni di alta diplomazia mondiale nonché personaggio di spicco nella vita culturale e accademica di Francia. Tutte queste benemerenze non gli impediranno di essere indicato come una "figura di primo piano del filo-fascismo francese" dallo storico Zeev Sternhell (nel suo saggio Né destra né sinistra. L¹ideologia fascista in Francia), che de Jouvenel trascinerà in tribunale.

La vita (cenni)
Bertrand de Jouvenel nasce il 31 ottobre 1903 da Henry de Jouvenel (senatore e ambasciatore francese radical-socialista ma di tradizione familiare cattolica e monarchica) e da Sarah Claire Boas (figlia di un ricco industriale ebreo e massone).
Dopo aver condotto brillantemente studi di diritto e scienze sociali all¹Università di Parigi, il giovane Bertrand de Jouvenel si appassiona alla politica internazionale e diviene corrispondente presso la Società delle Nazioni, mentre si dedica all¹individuazione e alla teorizzazione dell¹essenza del potere nelle sue molteplici espressioni, cominciando ad elaborare il suo personale sistema di pensiero.
Pacifista, ardente promotore della riconciliazione franco-tedesca e consapevole della limitatezza della dicotomia "destra-sinistra", fonda il settimanale non-conformista "La lutte des jeunes".
Attirato per qualche tempo dall¹esperienza proletar-fascista del Parti Populaire Français di Doriot, ben presto se ne allontana e confluisce nella resistenza; nel 1943, perseguitato dalla Gestapo, si rifugia in Svizzera.
Nel dopoguerra riprende la sua attività di analista, docente e pensatore; dottore honoris causa all¹Università di Glasgow, fra il 1954 e il 1974 fonda due periodici ‹ "Analyse et Prévision" e "Chroniques d¹Actualité"; muore nel 1987.

Il pensiero e le opere (in breve)
Non è esagerato definire "monumentale" il lavoro di Bertrand de Jouvenel. Il suo pensiero ingloba la totalità delle conoscenze contemplate dalle scienze umane, e pertanto va affrontato da un punto di vista politologico: esso va considerato come un tentativo di messa in relazione gerarchica delle tre componenti imprescindibili di ogni evento sociale:

* l¹individuo
* la società
* lo Stato-Nazione,

il tutto integrato nella vasta prospettiva d¹insieme dell¹eterno divenire della civiltà.
Nel 1947 BdJ pubblica il libro "Quelle Europe". Filo conduttore del suo saggio è la domanda: "Quale Europa vogliamo?".
Guidato dalla sua volontà di potenza, l¹uomo europeo ha conquistato il pianeta, e la storia dell¹Occidente è diventata la storia del mondo. Come è dunque possibile spiegare la "balcanizzazione" dell¹Europa post-1945? La sua lacerazione fra la potenza asiatica e quella americana? La degenerazione del cittadino libero sulla base della filosofia europea in mero produttore-consumatore? E, infine, come misurare la degenerescenza delle strutture sociali organicamente articolate in un Tutto meccanico parassitato dallo Stato, divenuto una sorta di "Minotauro" assolutista al quale viene dato in pasto l¹individuo-cittadino, divenuto a sua volta una semplice cellula impotente di fronte alla megamacchina statocratica?
Per BdJ la risposta sta nella medesima volontà di potenza. Per mobilitare le energie e razionalizzare il suo appetito insaziabile, la civiltà si è dotata dell¹arma ideologica: tutto il lavorìo dei tempi moderni consiste nel rafforzare la sovranità nazionale e l¹autorità illimitata del sovrano a detrimento del cittadino. La maggioranza costituita dalla nazione deve sottomettersi al volere della minoranza rappresentata dal Potere. Al centro di questo sistema sta la democrazia: essa, indissolubile dal principio nazionale, consacra non già il regno della persona e della comunità (espressione più diretta del genio europeo), bensì quello di un "self-government" autocratico, che pretende di esprimere la volontà della maggioranza e plasmare il tipo di vita di tutti i suoi sudditi. Il diritto si sostituisce allo spirito, la libertà diventa un assioma. Con l¹ipertrofizzarsi dello Stato, si è affermato il Potere: diritto illimitato di comandare in nome del Tutto sociale attraverso la distruzione progressiva di ogni corpo intermedio.
Il passaggio dalla monarchia alla democrazia, considerato come un progresso nelle forme di governo, è peraltro un progresso nello sviluppo degli strumenti di coercizione: la centralizzazione, la regolamentazione, l¹assolutismo.
Con la democrazia, il serpente si morde la coda: da potente che era, la civiltà diviene impotente, privata delle sue risorse legittime che sono la spiritualità, lo spirito d¹iniziativa (la libera impresa) e la libera associazione.
Secondo BdJ, non v¹è alcun dubbio che il Potere sia sempre uguale a se stesso, indipendentemente dalle espressioni ideologiche di cui si munisce, guidato soltanto dal proprio egoismo ontologico e sfruttando a tal fine le forze della nazione.
Per restaurare la civiltà e conferirle nuova dignità, BdJ indica cinque fronti sui quali è necessario battersi:
lavorare per lo smantellamento dello Stato nazional-unitario, mostruosa concentrazione di potere e unica molla di tutte le forze e le forme di vita della società;
sopprimere la dicotomia "produttore-cittadino", e recuperare l¹antica concezione di "uomo libero" ‹ l¹abitante, il cittadino realizzato nella sua capacità di affermarsi come persona, come Essere e come Divenire;
procedere a uno studio critico dei pensatori che stanno all¹origine della Civiltà di Potenza: Hobbes, Rousseau, Kant, Bentham, Helvétius e Destutt de Tracy, promotori di concezioni della società false e mortali;
riprendere coscienza del fatto che la nazione non è semplice "sentimento associativo" bensì senso dell¹appartenenza comune a una fede e una morale unanimemente rispettate: un diritto inviolabile perché fuori dalla portata del Potere;
instaurare una nuova carta dei popoli, fondata sui particolarismi linguistici, culturali, tradizionali e consuetudinari (nelle parole di BdJ, bisogna recuperare "uno spirito conservatore delle glorie e dei costumi del gruppo di appartenenza; uno spirito di corpo che preferisce comportamenti differenziati, propri al gruppo di appartenenza, ad altri estranei e proposti come "più razionali"; un¹adesione sentita alla località piuttosto che un astratto votarsi all¹ideologia, che trascende i quadri geografici e non se ne cura").

Conclusione
Ecco, in sintesi, i tratti caratteristici di una posizione non conformista che pone l¹accento sulla persona umana, sulla libertà d¹associazione spontanea, sull¹appartenenza alla comunità ‹ contro l¹onnipotenza del Potere. Sta qui l¹importanza del messaggio di Bertrand de Jouvenel: perché possa (ri)vivere l¹Uomo Europeo, responsabile, cittadino, libero.

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