samedi, 20 octobre 2007
Sull'euro
Robert Steuckers
"L'Euro non sarà una moneta credibile se non quando l'Europa sarà forte e sovrana!"
Intervento di Robert Steuckers in occasione di un colloquio sull'Euro a Paris-Saint-Germain il 13 dicembre 2001 e nel corso di una riunione di Renaissance Européenne a Bruxelles il 20 dicembre 2001
Cari amici,
A meno di tre settimane dall¹introduzione ufficiale dell¹Euro nell'UE, con
l'eccezione del Regno Unito, della Danimarca e della Svezia, vorrei ricordare tre
gruppi di fatti che devono inquadrare ogni pensiero sulla nuova moneta unica, sia
che questa riflessione le sia ostile sia che le sia favorevole.
Io non sono un
economista e il signor Chalumeau, qui tra noi, vi presenterà l'elemento economico
dell¹introduzione dell'Euro con molta più incisività di me. Il mio proposito è
dunque quello di dare qualche idea generale e di richiamare alcuni fatti storici.
1. Innanzi tutto, l'Euro non è la prima moneta a vocazione europea o
internazionale. L'Unione latina, dalla fine del XIX secolo al 1918, introdusse una
moneta sovranazionale condivisa da Francia, Belgio, Svizzera, Grecia, in seguito
da Spagna e da Portogallo, seguite da Russia e da alcuni paesi dell¹America
Latina. La prima guerra mondiale, creando enormi disparità, mise fine a questo
progetto di unificazione monetaria, il cui motore era la Francia con il suo
franco-oro. L'Euro, in questa prospettiva, non è dunque una novità.
2. Sulla base del ricordo dell¹Unione latina e sulla base di volontà, all¹epoca
antagoniste, di creare l¹Europa economica attorno alla nuova potenza industriale
tedesca, l¹idea di creare una moneta per l¹intero continente europeo non è
malvagia a priori, anzi. Il principio è buono e potrebbe favorire le transazioni
all¹interno dell¹area della civiltà europea. Ma se il principio è buono, la realtà
politica attuale rende l¹Europa inadatta, al momento, a garantire la solidità di una
tale moneta, contrariamente all¹epoca dell¹Unione latina, in cui la posizione
militare delle nazioni europee si trovava nel mondo in posizione preponderante.
3. L'Europa è incapace di garantire la moneta che essa oggi si dà, perché essa
subisce un terribile deficit di sovranità. Nel suo insieme, l¹Europa è un gigante
economico e un nano politico: questo paragone è stato ripetuto ad oltranza ed a
giusto titolo. Quanto agli Stati nazionali, anche i due principali Stati del
sub-continente europeo membri dell¹UE, la Francia e la Germania, non possono
pretendere di esercitare una sovranità in grado di resistere o di battere la sola
potenza veramente sovrana del mondo unipolare attuale, vale a dire gli Stati Uniti
d¹America. Le dimensioni territoriali dopotutto ridotte di questi paesi, il numero
limitato della loro popolazione, non permettono di elevare imposte sufficienti per
dotarsi di elementi tecnici, tali da assicurare una tale sovranità. Perché oggi, come
ieri, è sovrano chi può decidere sullo stato di urgenza e sulla guerra, come ci ha
insegnato Carl Schmitt. Ma per essere sovrano, c¹è sempre stato bisogno di
disporre di mezzi tecnici e militari superiori (o almeno eguali) ai propri potenziali
avversari. Al momento attuale, questi mezzi sono rappresentati da un sistema di
sorveglianza elettronica planetaria, come la rete ECHELON, nata dagli accordi
UKUSA (Regno Unito e Stati Uniti) che inglobano anche il Canada, l¹Australia e
la Nuova Zelanda, antichi dominions britannici. Il dominio dello spazio
circumterrestre da parte delle potenze navali anglosassoni decolla da una strategia
lungamente sperimentata: quella che mira a controllare le "res nullius" (i « territori »
che non appartengono e non possono appartenere a nessuno, perché essi non
sono tellurici, ma marittimi o spaziali).
La prima "res nullius" dominata dall¹Impero britannico è stato il mare, dal quale
furono impietosamente eliminati i Francesi, i Russi, i Tedeschi e i Giapponesi.
Sotto l¹impulso ideologico dell¹Ammiraglio Mahan e della "Navy League"
americana, gli Stati Uniti ricevettero la staffetta. Nel 1922, il Trattato di
Washington consacra la supremazia navale anglosassone e giapponese (il
Giappone non sarà eliminato che nel 1945), riducendo al nulla la flotta tedesca
costruita da Tirpitz e ridimensionando le flotte francese e italiana. La Francia
subisce qui uno schiaffo particolarmente umiliante e scandaloso, nel senso che ha
sacrificato un milione e mezzo di soldati in una guerra dalla quale le due potenze
navali anglosassoni vanno a trarre tutti i benefici, con sacrifici in proporzione
minori. La dominazione del mare, prima res nullius, comporterà il controllo di un
altro spazio inglobante, cosa che permetterà di soffocare i continenti, secondo la
"strategia dell'anaconda" (Karl Haushofer).
Quest¹altro spazio inglobante, egualmente una res nullius, è lo spazio
circumterrestre, conquistato dalla NASA e ormai pieno di satelliti di
telecomunicazioni e di osservazione, i quali danno alle potenze che li schierano e li
pilotano una superiorità in materia di informazione e di indirizzo di tiri balistici. Le
potenze che non sono né marittime né spaziali sono allora letteralmente soffocate
e schiacciate dall¹anaconda navale e da quello satellitare. Francesi e Tedeschi
hanno sempre mal compresa l¹utilità delle « res nullius » marittima e
circumterrestre, malgrado gli avvertimenti di un Ratzel, di un Tirpitz o di un
Castex. I popoli fissi sulla terra, che badano a vivere secondo le regole di un
diritto ben solido e preciso evitando ogni ambiguità, difficilmente ammettono che
uno spazio, impalpabile come l¹acqua o come l¹etere atmosferico o stratosferico,
appartenga a qualcuno. Questa qualità contadina, questa preoccupazione del
tangibile che è fondamentalmente onesta, retaggi di Roma, si rivelano delle tare
davanti ad un approccio contrario che privilegia la mobilità incessante, la
conquista delle linee di comunicazione invisibili e non quantificabili da un geometra
o da un agrimensore.
Ecco dunque i tre gruppi di considerazioni che vorrei voi prendeste questa sera in
considerazione.
Spazio circumterrestre e sovranità militare reale
Prima di concludere, mi permetto di sottoporvi alcune considerazioni, questa voltadi ordine storico e monetario. L'Euro ci è stato presentato come la moneta che
farà concorrenza al dollaro ed eventualmente lo eclisserà. Di fronte a questo
gioco di concorrenza, l'Euro parte perdente, perché il dollaro americano dispone
di una copertura militare evidente, come è stato dimostrato dagli ultimi tre conflitti,
del Golfo, dei Balcani e dell¹Afghanistan. L'incontestabile sovranità militare
americana si vede consolidata da un apparato diplomatico ben rodato, in cui non
si tergiversa e non si discute inutilmente e si dispone di un sapere storico ben
strutturato, di una memoria viva del tempo e dello spazio, contrariamente
all¹anarchia concettuale che regna in tutti i paesi d¹Europa, vittime di istrioni
politici scervellati, nella misura in cui non si sentono più di tanto responsabili di una
continuità storica che sia nazionale-statale o continentale ; questa irresponsabilità
sfocia in tutte le fantasie di bilancio, in tutte le capitolazioni, in tutte le svendite.
Atteggiamenti che interdicono lo sbocciare di una sovranità, dunque anche il
diritto regale di battere moneta. La conquista da parte dell¹America dello spazio
circumterrestre dà un enorme vantaggio nella corsa all¹intelligence, come vedremo
tra poco. Ora, dall¹antichità cinese di Sun Tzu, qualsiasi principiante di studi
strategici, dunque di studi politici, sa che la potenza proviene dall¹abbondanza e
dalla precisione dell¹informazione: 1) Sun Tzu: "Se tu conosci il nemico e conosci
te stesso, tu non conoscerai alcun pericolo in cento battaglie". 2) Machiavelli:
"Quali sono le risorse fisiche e psichiche che io controllo, quali sono quelle che
controlla il mio concorrente?". 3) Helmuth von Moltke: "Raccogliere in modo
continuo e sfruttare tutte le informazioni disponibili su tutti gli avversari potenziali".
4) Liddell-Hart: "Osservare e verificare in maniera durevole, per sapere dove,
come e quando potrò squilibrare il mio avversario". Da 2500 anni, il pensiero
strategico è unanime; le centrali strategiche britanniche e americane ne applicano
gli assiomi; il personale politico europeo, istrionico, non ne tiene conto. Dunque
l'Euro resterà debole, fragile davanti ad un dollaro, forse economicamente meno
forte in assoluto o in linea di pura teoria economica, ma coperto da un esercito e
da un sistema di informazioni terribilmente efficace.
Il solo vantaggio dell'Euro è la quantità di scambi interni dell¹UE: 72%. Magnifica
performance economica, ma che nega i principi di autarchia o di autosufficienza,
opta dunque per un tipo di economia « penetrata » (Grjébine) e non protegge il
mercato con strumenti statali o imperiali efficaci. Tali incoerenze portano al
fallimento, al declino e alla caduta di una civiltà.
Altro aspetto della storia monetaria del dollaro: contrariamente ai paesi europei, i
cui spazi sono ridotti e densamente popolati ed esigono dunque una stretta
organizzazione razionale che implica una dose più forte di Stato, il territorio
americano, ancora largamente vergine nel XIX secolo, costituiva in sè, con la sua
semplice presenza, un capitale fondiario non trascurabile, potenzialmente
colossale. Quelle terre erano da dissodare e da organizzare: esse formavano
dunque un capitale potenziale e costituivano un richiamo naturale a degli
investimenti destinati a diventare redditizi. Per di più, con l¹afflusso di immigranti e
di nuove forze-lavoro, le esportazioni americane di tabacco, cotone e cereali non
cessarono di crescere e consolidare la moneta. Il mondo del XIX secolo non era
chiuso come quello del XX secolo e a fortiori del XXI, e consentiva del tutto
naturalmente delle continue crescite esponenziali, senza grossi rischi di riflusso.
Oggi il mondo chiuso non consente più una simile aspettativa, anche se i prodotti
europei sono perfettamente vendibili su tutti i mercati del globo. Il patrimonio
industriale europeo e la produzione che ne deriva sono indubbiamente i vantaggi
maggiori per l'Euro, ma, contrariamente agli Stati Uniti, l'Europa soffre di
un¹assenza di autarchia alimentare (solo la Francia, la Svezia e l¹Ungheria
beneficiano di una relativa autarchia alimentare). Essa è dunque estremamente
fragile a questo livello, tanto più che il suo antico « polmone cerealicolo » ucraino
è stato rovinato dalla gestione disastrosa del comunismo sovietico. Gli Americani
sono assai consapevoli di questa debolezza e l¹ex ministro Eagleburger constatava
con la soddisfazione del potente che “le derrate alimentari erano la migliore arma
dell¹arsenale americano”.
Le due truffe che hanno « fatto » il dollaro
Il dollaro, appoggiato su riserve d¹oro provenienti parzialmente dalla corsa del1848 verso i filoni della California o dell¹Alaska, si è consolidato per un
clamoroso imbroglio che non poteva essere commesso che in un mondo dove
sussistevano degli steccati. Questa truffa ebbe per vittima il Giappone. Verso la
metà del XIX secolo, desiderando aumentare le loro riserve d¹oro per avere una
copertura sufficiente per avviare il processo di investimenti nel territorio
americano dal Mid-West alla California, da poco sottratti al Messico, gli Stati
Uniti si accorgono che il Giappone, volontariamente isolato dal resto del mondo,
pratica un tasso di conversione dei metalli preziosi diverso dal resto del mondo: in
Giappone, in effetti, si cambia un lingotto d¹oro per tre lingotti d¹argento, mentre
dappertutto la regola vuole che si cambi un lingotto d¹oro per quindici d¹argento.
Gli Americani comprano la riserva d¹oro del Giappone pagandola secondo il
cambio giapponese, cioè un quinto del suo valore! L'Europa non avrà la
possibilità di commettere una tale truffa per consolidare l¹Euro. Secondo
imbroglio: la valorizzazione dell’Ovest passa attraverso la creazione di una
colossale rete ferroviaria, tra cui le famose transcontinentali. In mancanza di
abbondanti investimenti americani, ci si appella ad investitori europei,
promettendo loro dei dividendi straordinari. Una volta che le vie e le opere sono
installate, le compagnie ferroviarie si dichiarano fallite, senza rimborsare da quel
momento né dividendi né capitali. Il collegamento ferroviario Est-Ovest non è
costato niente all¹America; essa ha rovinato degli ingenui Europei ed ha fatto la
fortuna di coloro che l¹avrebbero immediatamente utilizzato.
Gli Stati Uniti hanno sempre mirato al controllo della principale fonte di energia, il
petrolio, in particolare concludendo ben presto degli accordi con l¹Arabia
Saudita. La guerra che oggi si svolge in Afghanistan non è che l¹ultimo elemento di
una guerra che dura da lungo tempo e che ha per oggetto l¹oro nero. Non mi
dilungherò sulle vicissitudini di questo annoso conflitto, ma mi limiterò a ricordare
che gli Stati Uniti possiedono sufficienti riserve petrolifere sul proprio territorio e
che il controllo dell¹Arabia Saudita non serve che a impedire alle altre potenze di
sfruttare questi giacimenti di idrocarburi. Gli Stati europei e il Giappone non
possono quasi acquistare petrolio che tramite l¹intermediazione di società
americane, americano-saudite o saudite. Questo stato di cose indica o dovrebbe
indicare la necessità assoluta di possedere un¹autonomia energetica, come voleva
De Gaulle, che scommise sul nucleare (al pari di Guillaume Faye), ma non
esclusivamente; i progetti gaulliani in materia energetica miravano alla massima
autarchia della nazione e prevedevano la diversificazione delle fonti di energia,
puntando anche su quelle eoliche, sulle installazioni maremotrici, sui pannelli solari,
sulle dighe idroelettriche, etc. Se simili progetti fossero di nuovo elaborati in
Europa su vasta scala, essi consoliderebbero l¹Euro, che, ipso facto, non sarebbe
reso fragile da costi energetici troppo elevati.
Altro vantaggio che favorisce il dollaro: l'esistenza del complesso
militare-industriale. Immediatamente prima della guerra del 1914, gli Stati Uniti
erano in debito verso gli Stati europei. Essi fornirono enormi quantità di materiali
diversi, di conserve alimentari, di camion, di cotone, di munizioni agli alleati
occidentali e costoro cedettero le loro riserve passando dallo stato di creditori a
quello di debitori. Era nata l¹industria di guerra americana. Essa dimostrerà la sua
formidabile efficacia dal 1940 al 1945 armando non solo le proprie truppe, ma
anche quelle dell¹Impero britannico, dell¹esercito mobilitato da De Gaulle in
Africa del Nord e dell¹armata sovietica. Le guerre di Corea e del Vietnam furono
delle nuove « iniezioni di congiuntura » negli anni 50, 60 e 70. La NATO, se non
è servita a sbarrare la strada all¹ipotetico invasore sovietico, è almeno servita a
vendere del materiale agli Stati europei vassalli, alla Turchia, all¹Iran e al Pakistan.
L'industria di guerra europea, senza dubbio in grado di fabbricare materiali in
teoria concorrenziali, manca di coordinazione e un buon numero di tentativi iniziati
per collegare gli sforzi europei vengono puramente e semplicemente silurati: io
ricordo che il "pool" europeo dell¹elicottero, che doveva unire la MBB
(Germania), la Dassault e la Westland (Regno Unito) è stato sabotato da Lord
Brittan.
Nel 1944, la situazione è talmente favorevole agli Stati Uniti, grandi vincitori del
conflitto, che viene stabilito un tasso fisso di cambio tra il dollaro e l¹oro: 35 $ per
un¹oncia d¹oro. Nixon metterà fine a questa parità nel 1971, provocando la
fluttuazione del dollaro, il quale, tra lui e Reagan, varierà da 28 a 70 franchi belgi
(4,80 e 11,5 franchi francesi al cambio attuale). Ma queste fluttuazioni, che alcuni
fingevano di avvertire come calamità, hanno sempre servito la politica americana,
hanno sempre creato delle situazioni favorevoli: il dollaro basso facilitava le
esportazioni e quello elevato permetteva talvolta di raddoppiare il prezzo delle
fatture emesse in dollari e di aumentare così i capitali senza colpo ferire. Si può
dubitare che l'Euro sia in grado di dedicarsi alle stesse pratiche.
Ritorniamo all¹attualità: nel 1999, all¹inizio dell¹anno tutto sembrava andare nel
miglior modo per l'Euro. L'inflazione diminuiva negli Stati membri dell¹Unione. I
deficit di bilancio nazionali si riassorbivano. La congiuntura era buona. Gli Stati
dell¹Asia annunciavano che si sarebbero serviti dell¹Euro. Con lo scoppio della
guerra dei Balcani, l'Euro passerà dal cambio di 1 Euro per 1,18 dollari, del 4
gennaio 1999, a 1 Euro per 1,05 dollari di fine aprile, in piena guerra nei cieli
serbi, e a 1 Euro per 1,04 dollari di giugno, nel momento in cui cessano i
bombardamenti sulla Yugoslavia. In tutto, l'Euro avrà perduto l¹11% del suo
valore (il 18% dicono i più pessimisti), a causa dell¹operazione contro Milosevic,
demonizzato dalle attenzioni della CNN.
La guerra del Kosovo ha reso pericolosamente fragile l'Euro
Dopo la guerra del Kosovo, l'Euro, indebolito, acquista la nomea di essere unamoneta da perdenti. L'Europa diviene un teatro di guerra, cosa che diminuisce la
fiducia nelle sue istituzioni, specialmente in Asia. Lo stop dei bombardamenti non
significa la fine delle ostilità nei Balcani e da ciò deriverà una UE impotente a
mantenere l¹ordine nella propria area geopolitica. L'economista tedesco Paul J. J.
Welfens enuncia sei ragioni concrete per spiegare la svalutazione dell¹Euro:
1. Non ci sarà più ripartenza nel Sud-Est del continente se non dopo lungo
tempo. Lo spazio balcanico, aggiungerei, è uno ³spazio di sviluppo
complementare² (Ergänzungsraum) per l'Europa occidentale e centrale, come lo
era d¹altronde già prima del 1914. Una delle ragioni principali della prima guerra
mondiale fu quella di impedire lo sviluppo di questa regione, al fine che la potenza
tedesca e sussidiariamente la potenza russa, non potessero avere « finestre » sul
Mediterraneo orientale, dove si trova il Canale di Suez, da dove i francesi erano
stati cacciati nel 1882. Nel 1934, quando Goering, senza tenere conto del
disinteresse di Hitler, giunge a creare un modus vivendi attraverso degli accordi
con i dirigenti ungheresi e rumeni e soprattutto tramite l¹intesa con il brillante
economista e ministro serbo Stojadinovic, i servizi americani evocano la creazione
de facto (e non de jure) di un "German Informal Empire" nel Sud-Est europeo,
cosa che costituisce un "casus belli". Nel 1944, Churchill perviene a frammentare i
Balcani proteggendo la Grecia, « neutralizzando » la Yugoslavia a beneficio
dell¹Occidente e lasciando tutti i paesi senza sbocco sul Mediterraneo a Stalin e ai
Sovietici, che vengono così totalmente messi nel sacco nonostante il ruolo di
³grandi spauracchi² loro affibbiato. La fine della Cortina di Ferro avrebbe potuto
permettere, a termine, di rifare dei Balcani quello « spazio di sviluppo
complementare » nell¹area europea. Costanti nella loro volontà di balcanizzare
sempre i Balcani, perché essi non divengano mai l¹appendice della Germania o
della Russia, gli Americani sono riusciti a congelare ogni sviluppo potenziale nella
regione per numerosi decenni. L'Europa non beneficerà dunque dello spazio di
sviluppo sud-orientale. Di conseguenza, questo stato di cose rallenterà la
congiuntura e le prime vittime della paralisi delle attività nei Balcani sono la
Germania (guarda caso), l¹Italia, l¹Austria (che aveva triplicato le sue esportazioni
dal 1989) e la Finlandia. L'Euro ne risentirà.
2. I "danni collaterali" della guerra aerea hanno provocato dei flussi di rifugiati in
Europa, cosa che costerà all¹UE 40 miliardi di Euro.
3. L'Europa sarà costretta a sviluppare un "Piano Marshall" per i Balcani, il che
rappresenterà un semestre del budget dell'UE!
4. Le migrazioni interne, provocate da questa guerra e dal deteriorarsi della
situazione, specialmente in Macedonia e in una Serbia privata di un buon numero
delle sue possibilità industriali, porranno un problema sul mercato del lavoro e
aumenteranno il tasso di disoccupazione nell¹UE, mentre proprio questo tasso
elevato di disoccupazione costituisce l¹inconveniente maggiore dell¹economia
dell¹UE.
4. La guerra permanente nei Balcani mobilita gli spiriti, ricorda Welfens, che non
meditano più di mettere a punto le riforme strutturali necessarie all¹insieme del
continente (riforme strutturali che vedono d¹altronde i loro budget potenziali
considerevolmente tagliati).
5. La guerra in Europa innescherà una nuova corsa agli armamenti che poterà
beneficio agli Stati Uniti, detentori del migliore complesso militare-industriale.
6. Noi vediamo dunque che la solidità di una moneta non dipende tanto da fattori
economici, come si tenta di farci credere per meglio rimbecillirci, ma dipende
essenzialmente dalla politica, dalla sovranità reale e non da quella teorica.
Questa sovranità, come ho già detto all¹inizio di questa esposizione, si
fonderebbe, se essa esistesse nella testa dell¹Europa, su un sistema per lo meno
equivalente a quello di ECHELON. Perché ECHELON non serve a guidare i
missili, come una sorta di super-AWACS, ma serve soprattutto a spiare il settore
civile. Nell¹indagine che il Parlamento europeo ha recentemente ordinato sulla rete
di ECHELON, si è potuto constatare decine di casi in cui dei grandi progetti
tecnologici europei (specialmente presso la Thomson in France o presso un
centro di ricerche eoliche in Germania) sono stati curiosamente sorpassati dai loro
concorrenti americani, grazie a ECHELON. L'eliminazione di ditte europee ha
comportato dei fallimenti, delle perdite occupazionali e dunque un arretramento
congiunturale. Come può l¹Europa in queste condizioni consolidare la sua
moneta? Peggio: il vantaggio europeo, questo famoso 72% delle transazioni
interne alla UE, rischia di essere intaccato se delle ditte americane forniscono
prodotti di alta tecnologia a prezzo basso (perché esse non ne hanno finanziato la
ricerca!).
L'Euro è una buona idea. Ma l'UE non è un¹istituzione politica in grado di
decidere. Il personale politico che la incarna è istrionico, si rivela incapace di dare
il giusto ordine alle priorità. In tali condizioni, noi corriamo verso la catastrofe.
12 dicembre 2001
Synergies Europèennes
Ufficio di Bruxelles, 3 febbraio 2002
Tratto dal sito "SYNERGON ON LINE".
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