samedi, 26 mars 2011
Fürs Vaterland. L'epopea dei Corpi Franchi
Fürs Vaterland. L’epopea dei Corpi Franchi
Autore: Luca Leonello Rimbotti
Ex: http://www.centrostudilaruna.it/
Nella Germania devastata del primo dopoguerra, travolta dalla crisi economica, dalla guerra civile, dallo sfascio dello Stato, ci fu un nucleo di uomini che non rimasero a guardare: la Repubblica di Weimar, nata dal crollo del 1918 e scossa da una serie di insurrezioni comuniste, che dettero vita alle effimere “repubbliche dei consigli”, era anche attraversata da tentativi di contro-rivoluzione: un putsch dietro l’altro, ma nessuno di essi riuscì a rovesciare il pur fragile governo socialdemocratico. Questo, infatti, si resse praticamente soltanto grazie al paradossale aiuto che gli fornirono i Corpi Franchi, cioè quei gruppi nati spontaneamente fra giovani e soldati appena smobilitati, che si raccoglievano attorno a capi militari carismatici ed efficienti: una specie di compagnie di ventura, che sorsero qua e là in tutta la Germania.
Non difendevano la Repubblica, che anzi disprezzavano. Difendevano la Germania. Contro le sollevazioni dei “rossi” e contro le infiltrazioni che, a Est come a Ovest, minacciavano i labili confini, non ancora stabiliti dalla pace di Versailles e completamente aperti. A Occidente, la Francia sobillava il separatismo renano; a Oriente la Polonia appena risorta voleva accaparrarsi più terra tedesca che poteva; e intanto l’Armata Rossa di Trotzkij spingeva verso la Germania. Lenin lo aveva detto: per fare la rivoluzione mondiale bisogna prendere in tutti i modi la Germania. Contro questa folla di nemici sorse un pugno di combattenti: bande irregolari, civili armati alla meglio, oltre a veterani delle trincee della Grande Guerra.
Nella zona baltica, in Curlandia, nella Pomerania e nell’Alta Slesia contese alla Polonia, nella Ruhr occupata dai Francesi, nella Renania, a Berlino: ovunque ci fosse da contrastare la sovversione si trovavano uomini disposti a morire. Questi “lanzichenecchi”, come li chiamò Jünger, erano nazionalisti radicali, alcuni rimpiangevano la Germania imperiale del Kaiser, ma molti altri vedevano invece in quella lotta l’occasione per fare una rivoluzione nazionale. Ma, ben più che ideologi, erano uomini d’azione. Con una sola idea in testa: difendere il Reich in ogni modo e in ogni luogo. Questo mondo di ribelli, di straordinari guerrieri moderni, trovò il suo realistico epos nel famoso romanzo I proscritti di Ernst von Salomon, pubblicato nel 1929 e presto divenuto il testo di riferimento per comprendere un’epoca e una serie di intricate vicende, che altrimenti – specialmente fuori dalla Germania – sarebbero state del tutto ignorate.
Oggi le Edizioni Ritter ci propongono un eccezionale documento in materia: la prima traduzione italiana di un altro testo di von Salomon, Freikorps. Lo spirito dei Corpi Franchi, uscito in Germania nel 1936 col titolo Storia recente, un documento che si raccomanda sia per la scarsità della bibliografia sull’argomento, sia per la statura dell’autore. Von Salomon, coinvolto nell’omicidio politico del ministro degli Esteri Walther Rathenau, per il quale venne condannato nel 1922 a cinque anni, in precedenza, negli anni caldi dell’immediato primo dopoguerra, fu presente in molti teatri guerreschi, dalla repressione dei moti comunisti a Berlino alla lotta antibolscevica nelle regioni baltiche, a quella anti-polacca nella Slesia settentrionale.
Il libro, breve ma denso e trascinante, è un formidabile ritratto dell’epoca e degli uomini che si mossero in quegli scenari mutevoli e irti di incognite. Idealismo combattentistico, fedeltà al capo del proprio corpo e alla terra tedesca, coscienza di essere circondati dall’odio dei nemici e dall’incomprensione del governo centrale; il quale molto spesso, sotto le minacce dell’Intesa (Francia e Inghilterra), si piegava a intimare sgomberi di zone già riconquistate dai Freikorps dopo sanguinosi combattimenti. Ma la frustrante situazione non era tale da ingenerare scoramento in quegli uomini dall’eccezionale temperamento. Scrive von Salomon che «il “lanzichenecco” del dopoguerra tedesco non si vendeva. Si donava». I giovani che accorrevano in quelle file fondevano i loro ideali in un’unica forma: «i vari aspetti ideologici di ogni orientamento, in voga a quell’epoca, agirono insieme e non è un caso che molti concetti sorti dai movimenti giovanili si siano precipitati a trovare nei Corpi Franchi una nuova patria spirituale». Aggregazioni rapide sul campo, mobilità, capacità di impegnare anche battaglie con armi pesanti fornite di straforo dall’esercito, slancio e senso del sacrificio. Queste doti permisero a formazioni, come ad es. quella del Reggimento Reinhard, il primo a costituirsi a Berlino, o il Corpo Franco Rossbach, o la Brigata Ehrhardt, di fronteggiare situazioni catastrofiche, come quella orientale, dove si profilava «lo spaventoso pericolo dell’insurrezione dell’Asia alle porte dell’Europa», come scrive von Salomon.
Un’etica rigida, ma guidata da un «forte valore affettivo» per quelle terre tedesche da riconquistare al germanesimo e sulle quali non pochi combattenti speravano un giorno di radicarsi: l’ideale di acquisire una tenuta agricola nella Pomerania o nella Prussia Orientale redente, come asserisce von Salomon, era diffuso, al fine di «rafforzare l’elemento tedesco e conquistare così per il Reich un nuovo baluardo, se non una nuova provincia». L’universo dei Freikorps, destinato a scomparire all’improvviso così come era sorto, al momento della stabilizzazione dei confini e della situazione politica interna, rappresentò in ogni caso un momento alto della tenuta nazionale, in un momento tragico della storia tedesca. Qualcosa che, in Italia, può essere paragonato al legionarismo fiumano, ugualmente mobilitatosi per proteggere un fronte compromesso dai trattati di pace, e non a caso ricordato di passata da von Salomon come «prima espressione dello spirito fascista». Ed anche nella memoria storica tedesca la vicenda rimase esemplare del volontarismo spontaneo, tanto che – come ricorda nell’introduzione Maurizio Rossi, che svolge un’esauriente ricostruzione del quadro storico entro cui operarono i Freikorps - il Nazionalsocialismo si disse erede di quelle vicende e di quegli uomini, ben rappresentati dalla figura di Schlageter, l’ex-combattente dei Corpi Franchi e poi iscritto alla NSDAP: finendo fucilato dai Francesi nel 1923 per terrorismo nella zona della Ruhr, divenne una delle icone più celebrate dell’eroismo post-bellico.
Difatti: «Il Nazionalsocialismo – sottolinea Rossi – aveva comprensibilmente tutto l’interesse di esaltare la logica continuità ideale tra lo spirito dei volontari dei Freikorps, rimarcandone l’immagine di comunità combattente rivoluzionaria e interclassista mobilitata contro i nemici esterni e interni del Reich, e il combattentismo delle SA, ponendo così in evidenza il ruolo svolto dal movimento nazionalsocialista come risolutore della questione nazionale e sociale ed unico artefice della rinascita spirituale della Germania».
Estranei agli intrighi e ai compromessi con i quali il governo di Weimar si screditava davanti all’opinione pubblica, i membri dei reparti volontari accorrevano là, dove c’era un pericolo immediato: badando alla concretezza, e non alle convenienze politiche del momento, essi contribuirono spesso a creare dei fatti compiuti, per cui molte zone poterono rimanere al Reich (ad es. Memel) solo perché c’erano stati uomini disposti a morire per mantenerle tedesche: «Il soldato di quell’epoca – commentava von Salomon – non capiva più le tortuosità misteriose della strategia governativa, agiva secondo un impulso guerriero». Poi venne la smobilitazione: «I Corpi Franchi si difendevano isolatamente con battaglie sempre nuove contro l’avversario, che li inseguiva senza tregua. Fortemente decimati, laceri, mezzi morti di fame, vacillanti per la stanchezza, ma con una disciplina incrollabile, giunsero infine […] alla frontiera tedesca, dove le truppe del Reichswehr dovevano accoglierli e smistarli rapidamente in quartieri di riposo qua e là nel Reich, fino al loro completo smembramento».
Diversi di loro finiranno oppositori del Terzo Reich (come Edgar Jung), alcuni si defilarono ma vi convissero (come von Salomon). Molti altri confluirono nel Nazionalsocialismo, come ad es. Erich Koch, che divenne Gauleiter della Prussia Orientale.
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Tratto da Linea del 5 febbraio 2011.
Luca Leonello Rimbotti
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