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samedi, 11 octobre 2014

LA RUSSIA PONTE TRA EUROPA E ASIA

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“RUSSIAN EURASIATISM”

LA RUSSIA PONTE TRA EUROPA E ASIA

Luca Siniscalco

Ex: http://news.russia.it

Una analisi del nostro collaboratore Luca Siniscalco del complesso fenomeno culturale dell'Eurasiatismo, una delle correnti che ha attraversato la storia recente della Russia superando le barriere crono-ideologiche poste dal 1917 e dal 1989 

Per comprendere la Russia contemporanea è necessario affrontare le componenti principali del dibattito culturale, politico e ideologico che attraversa il Paese, senza trascurare le correnti minoritarie sotto un profilo esclusivamente elettorale. E questo non soltanto in virtù di una consapevolezza critica del dato  delle urne, ma soprattutto considerando le potenzialità di influenza effettiva che alcuni circoli intellettuali possono esercitare sugli organismi governativi

 Lo mostra efficacemente un saggio di Marlène Laruelle, Russian Eurasianism: an ideology of empire, pubblicato per i tipi della Woodrow Wilson Center Press, “emanazione” editoriale del Woodrow Wilson International Center for Scholars, prestigioso centro di ricerca statunitense. Il testo, scritto fra il 2005 e il 2006, non è pubblicato in lingua italiana, tuttavia Laruelle viene citata nel volume di recente pubblicazione Eurasia. Vladimir Putin e la Grande Politica (Controcorrente, Napoli 2014) come una delle principali studiose dell'Eurasiatismo.

Il valore del saggio conferma l'indicazione di De Benoist: si tratta indubbiamente di uno degli studi più approfonditi sull'argomento. Laruelle ricostruisce con precisione scientifica un percorso ideologico lungo, stratificato e proteiforme, avvalendosi di una lettura puntuale delle fonti originali e insieme delineando un'ermeneutica del fenomeno, che viene inserito in uno studio di storia delle idee. Russian Eurasianism diviene quindi un utile strumento di demistificazione intellettuale, in quanto chiarisce il nucleo ideologico, il contesto culturale e le diverse – talvolta persino antitetiche – evoluzioni di un concetto, quello di Eurasia, spesso abusato o mal compreso dalla pubblicistica estera. L'autrice cerca di offrire un punto di vista critico ma il più possibile oggettivo, rilevando nell'Eurasiatismo contraddizioni e pericoli teorici, senza tuttavia esprimere preferenze politiche o giudizi morali. Il parere critico di Laruelle traspare inevitabilmente tra le righe del testo, il cui merito maggiore è tuttavia a nostro avviso riposto nella presentazione di una preziosissima e ingente quantità di dati perlopiù obliati al lettore non russo, nonché di un'ottima sintesi del pensiero e delle opere dei principali teorici eurasiatisti.

Il saggio prende le mosse da una descrizione delle radici del pensiero eurasiatista, di cui una versione ante litteram è parzialmente rappresentata dalla corrente slavofila, per passare a considerare l'Eurasiatismo degli anni '20/'30 del secolo scorso. Peculiarità teorica essenziale del movimento è la visione della Russia come centro di un vasto spazio politico e culturale, un ponte fra l'Europa e l'Asia proiettato come comunità di destino verso l'Est, la cui stimata superiorità è fondata su un terzomondismo avant la lettre. La speculazione eurasiatista, sorta in un contesto di esilio durante il periodo bolscevico e di fede nella natura di “grande potenza” (derzhava) della Russia, risulta in palese contrasto rispetto alla profonda influenza della speculazione occidentale –  nelle espressioni del Neoplatonismo, del Romanticismo tedesco, della Naturphilosophie, della filosofia della storia hegeliana, della Rivoluzione Conservatrice, della filosofia politica moderna, insieme pragmatica e utopista – esercitata sul loro stesso pensiero. Tale aporia risulta paradossalmente l'elemento più interessante del primo Eurasiatismo, la cui indubbia levatura culturale pone questo movimento nel novero delle avanguardie intellettuali dell'epoca. Savitsky, Trubetzkoy, Jakobson e Vernadsky sono solo alcuni dei principali esponenti di un movimento vitale, attivo con numerose pubblicazioni, indirizzato verso la creazione di un'ideologia totale, capace di abbracciare geografia, economia, etnografia, linguistica, filosofia, storia, religione e studi orientali. Ambiguità verso il regime comunista dell'Urrs, “culturalismo” quale unione mistica fra territorio e cultura, attenzione per il mondo slavo e turanico, culto del nomadismo e dell'Impero Mongolo di Gengis Khan, adesione al cristianesimo ortodosso, tensione fra idealismo e realismo: queste le principali caratteristiche di un movimento articolato e plurale, pertanto destinato a sfaldarsi di fronte alla radicalizzazione dello scontro politico degli anni '30.

Il saggio prosegue presentando la figura e il pensiero di Lev Gumilëv, studioso di etnologia celeberrimo nella Russia contemporanea, prossimo all'Eurasiatismo più per l'interesse nutrito verso la storiografia delle steppe che per una integrale adesione ideologica al movimento. I testi principali di Gumilëv, pubblicati negli anni '70 ed ispirati a un radicale determinismo etnico, in sintonia con il meccanicismo sovietico, costituiscono la cerniera – peraltro dubbia e controversa – fra il primo Eurasiatismo e la sua rinascita negli anni '90, in seguito al crollo dell'Urss.

Marlène Laruelle dedica quindi due capitoli del proprio saggio ai principali teorici contemporanei del Neoeurasiatismo: Aleksandr Panarin – ingiustamente sconosciuto in Europa, e a cui ci ripromettiamo di dare spazio in un successivo articolo – e Aleksandr Dugin, che, successivamente alla morte di Panarin, è diventato il leader senza rivali del movimento. Laruelle ricostruisce attentamente la speculazione dei due teorici, non limitandosi soltanto al pensiero strettamente geopolitico, bensì approfondendo la loro Weltanschauung con riferimenti puntuali alla totalità delle loro pubblicazioni. Un grande merito, questo, se si considera che in Italia Dugin è notissimo per i suoi interventi in ambito geopolitico, ma è pressoché sconosciuto quale studioso di filosofia ed esoterismo, campi nei quali ha svolto riflessioni di grande interesse, soprattutto, a nostro avviso, per quanto concerne il tentativo di superare la modernità conciliando tradizionalismo e postmodernismo.

Chiudono il volume due sezioni dedicate all'Eurasiatismo non russo, specialmente in relazione alla tradizione islamica e alle esperienze politiche governative – in Kazakhistan – e movimentistiche – in Turchia. Il rapporto contrastato fra Islam, Ortodossia e governo diventa centrale nel dispiegarsi dell'Eurasiatismo contemporaneo.

Dalla genealogia del concetto si passa quindi all'attualità di un'idea capace di influenzare radicalmente la cultura di massa e l'immaginario russi, al di là dell'effettiva adesione all'Eurasiatismo quale movimento: un segno concreto che l'unipolarismo, prim'ancora che politicamente, ha fallito culturalmente. Le civiltà rinascono, la ricerca spirituale si staglia innanzi all'annuncio della morte di Dio e il “culturalismo” emerge fra i rami secchi dell'internazionalismo marxista e del mondialismo capitalista: in Russia si prospetta così un nazionalismo nuovo, pluralista, comunitarista e organicista, “illuminato” per dirla con Dugin. L'ideologia eurasiatista non coincide con le politiche di governo, più moderate su multi punti e molto attive nel contesto europeo, ma costituisce un'utopia – talora molto profonda, talora più ingenua – adeguata a offrire un orizzonte “altro”, aperto a contaminazioni teoriche e spirituali che arricchiscono l'edificazione dell'autocoscienza russa.

 

Luca Siniscalco

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