Ok

En poursuivant votre navigation sur ce site, vous acceptez l'utilisation de cookies. Ces derniers assurent le bon fonctionnement de nos services. En savoir plus.

jeudi, 14 mars 2019

Guillaume Faye e quell’incontro in un lontano pomeriggio d’estate a Parigi

faye-tod.jpg

Guillaume Faye e quell’incontro in un lontano pomeriggio d’estate a Parigi

da Manlio Triggiani
Ex: http://www.barbadillo.it 
 
 

Guillaume Faye, uno dei maggiori intellettuali del panorama culturale francese, morto nella notte fra il 6 e il 7 marzo scorsi, aveva lottato a lungo contro un male aggressivo, con coraggio, senza trascurare la scrittura e gli interventi nel dibattito culturale. Diplomato all’Institut d’études politiques di Parigi, aveva conseguito un dottorato in Scienze politiche e fu uno dei maggiori teorici del Groupement de recherches et etudes pour la Civilisation européenne (Grece), e dell’ambiente più tardi noto come Nuova Destra francese, nel periodo compreso fra il 1970 al 1986. In seguito si allontanò per divergenze ideologiche dal laboratorio politico di de Benoist. Era nato ad Angouleme nel 1949 (nella regione Nuova Aquitania) e proveniva da una famiglia dell’alta borghesia parigina. Pubblichiamo il ricordo di un nostro collaboratore.

Quando si aprì la porta della sede del Grece, in un arrondissement popolare di Parigi, mi trovai davanti Guillaume Faye, in camicia e cravatta. “Monsieur Guillaume Faye?” dissi, avendolo riconosciuto. Mi presentai, spiegai che venivo dall’Italia, che ero interessato al laboratorio di idee della Nuova Destra francese e alla loro produzione culturale. Mi fece accomodare ed entrai in un grande ufficio, con un paio di scrivanie al centro, un grosso computer e due signore che stavano lavorando su degli elenchi. Faye fu molto gentile, parlammo un po’ e poi mi condusse in un’altra grande stanza dove c’erano, su tavoli ed espositori, riviste, libri, dépliant, poster.  Parlammo un po’ della situazione culturale e politica in Francia e in Italia. Mi chiese di seguirlo e andammo in una delle stanze meno grandi dell’appartamento, lo studio di Alain de Benoist. Mi presentò il “capo” riconosciuto della Nuova Destra. Lo studio era stretto e lungo, con la scrivania di spalle a una grande finestra e di fronte all’ingresso della stanza. De Benoist era seduto alla scrivania, stava leggendo un quotidiano tedesco. Sul tavolo da lavoro, una pila di libri e giornali francesi, italiani, britannici. Sulla sinistra entrando mi colpì, in una sobria cornice scura appoggiata su un mobile basso, addossato alla parete, una foto in bianco e nero di Alain de Benoist in compagnia di Ernst Jünger e una dedica in tedesco dell’autore delle Tempeste d’acciaio. Faye mi presentò de Benoist e dopo alcuni convenevoli con de Benoist, Faye mi disse che doveva assentarsi per un impegno. Prima di andar via mi dette appuntamento per il giorno successivo, per l’ora di pranzo. Così avremmo avuto modo di parlare.

Il giorno dopo andammo in una brasserie lì vicino, insieme con un suo amico, un certo Michel, probabilmente dell’amministrazione (non si trattava né di Michel Marmin né di Michel Mourlet). Ci sedemmo a un tavolo e Faye cominciò a parlare in maniera fluente in un ottimo italiano, con poche inflessioni. In seguito avrei saputo che la sua amicizia con Giorgio Locchi lo aveva spinto a imparare la lingua di Dante.

Rimanemmo al tavolo per una parte del pomeriggio, dopo la fine del pranzo, e discutemmo quasi sempre della Nuova Destra e di scrittori e di libri. Faye aveva un modo di esprimersi che colpiva, aveva grandi capacità oratorie e discorsive: parlava della strategia della Nuova Destra, del gramscismo di destra, della conquista delle coscienze attraverso il cinema, l’arte, la letteratura, il pensiero politico e citava di volta in volta Nietzsche, Benn, Drieu, Evola, Machiavelli, Hobbes, facendo seguire ragionamenti interessanti, con riferimenti alla filosofia e all’economia. Era accattivante quella forza discorsiva, resa più incisiva da esempi, riferimenti, spiegazioni con paragoni mutuati dalla realtà contemporanea. A esempio, parlava della necessità che l’Europa lottasse contro gli Usa (anni dopo cambiò parere) e mi anticipò che il Grece stava studiando al proprio interno il tema della convergenza teorica fra Europa e Terzo mondo, con riferimenti espliciti al mondo arabo (l’anno successivo, il 1986, uscì il libro di de Benoist, Europe-Tiers monde, meme combat e io pensai a quell’anticipazione di Faye). Alle mie perplessità rispose che si trattava di una alleanza momentanea, “come nei tornei internazionali di calcio – disse – quando si affrontano le varie squadre in ogni girone e qualcuno, di volta in volta, viene eliminato”.

Feci alcune domande sulla sua opera che avevo letto l’anno precedente, Il sistema per uccidere i popoli (Edizioni L’Uomo libero), attacco preciso e ben argomentato contro la globalizzazione, e mi parlò di una nuova edizione che avrebbe preparato arricchendola di ulteriori analisi prevedendo che allora il multiculturalismo era solo all’inizio nell’opera di distruzione svolta contro l’Europa. Mi indicò le riviste italiane che riportavano in traduzione i suoi scritti. Le conoscevo. Parlammo di amici italiani comuni e, quando tornammo nella sede del Grece, mi consigliò due numeri di Nouvelle Ecole, un libro di geopolitica di Jordis von Lohausen, uno di Louis Rougier. Estroso, un diluvio di parole, citazioni, molto colto, mostrava sempre grande energia e partecipazione in quello che diceva, come se ci mettesse un supplemento d’anima nelle cose che asseriva, con uno spirito militante determinato, frutto di un pensiero faustiano, evidentemente nietzscheano, con un sottofondo neopagano, rafforzato da continui richiami alla mitologia greca e romana che amava citare. Amava la tecnoscienza europea che considerava importante se sposata con una visione volontaristica e di destra. Insomma, radici più futuro. Non esitava a utilizzare espressioni polemiche e provocatorie. Era ottimista, nonostante tutto, sul futuro dell’Europa, si considerava un “nazionalista europeo”, in questo forse richiamandosi agli scritti di Drieu che tanto apprezzava.

Ci salutammo e in quell’ormai tardo pomeriggio d’estate uscii dalla brasserie, con il mio pacco di riviste e di libri sotto il braccio. Faye in quell’incontro mi era sembrato differente dal resto degli autori del Grece, certi suoi riferimenti teorici non erano sempre in linea con la Nuova Destra. Almeno quella presentata in Italia dalla Nuova Destra di Marco Tarchi che pure spesso presentava traduzioni dei maggiori teorici della Nd francese. L’anno dopo, infatti, Faye abbandonò il Grece a seguito di polemiche e divergenze su temi di fondo. Una personalità forte, una volontà faustiana, un uomo libero.

Che riposi in pace.

 
 

Les commentaires sont fermés.