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jeudi, 14 mars 2019

È morto Guillaume Faye. Il filosofo che ammise la stanchezza degli eroi

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È morto Guillaume Faye. Il filosofo che ammise la stanchezza degli eroi

In questo tempo di nevrosi applicata al nulla anche gli eroi diventano stanchi. Si isolano. Vivono nella nicchia di una saggezza che con quantifica il sapere, ma sa essere saggezza e  silenzio. Da questo silenzio il pensiero è una fortezza. Forse Bastiani. Il deserto accoglie non i Tartari ma i sapienti. Gli uomini che hanno ancora una “razza” da difendere contro il globalismo macchiato dai leopardi e coccodrilli e mai dai gattopardi. La morte si avvicina e avvicina la necrologia della mediocrità che occupa ormai la scena. Nella vita come nella cultura e in quel far ed essere politica. È morto Guillaume Faye.

Era nato a Angoulême il 7  novembre del 1949. Lo scrittore che seppe raccontare la colonizzazione dell’Europa e adottò il sistema di un futurismo del pensiero che sapeva e sa guardare anche oltre le arti.  Un futurismo dell’incipit, ovvero di una archeologia in cui il pensiero è primordiale e il saper fare distinzione è un sistema ancestrale. Inventò movimenti e cercò nella volontarietà dell’Occidente ad essere primato oltre le frustrazioni della stessa colonizzazione. Di filosofia parlò e i suoi maestri nascono nella mai abusata reticenza della potenza scavata nella volontà.

Nietzsche letto e studiato come il filosofo che non accolse mai la lacerazione del modernismo e trasferì il suo tragico vivere in un Heidegger che  non volle mai sciogliere l’enigma greco antico di essere e tempo. Forse anche per questo rimase nel tempo dell’essere come un faustiano principe che insegnò a leggere la contemporaneità con gli svelamenti del passato. Non mi è mai piaciuta l’idea di considerarlo come il fautore di una nuova destra. Non c’entra nulla. Cercò nel principio del tradizionalismo la forza per combattere il “mito” giudaico e occidentale attraverso alcune coordinate di fondo che trovano nella solitudine la universalità del pensiero non in trasparenza, ma vissuto e sacrificato oltre la Croce. Nella roccia che è metafisica proprio di quell’Essere e Tempo che domanda all’uomo di conoscere prioritariamente la libertà e non la contaminazione, la persona e non il gruppo, il personale come proprio immaginario e non l’immaginario come modello globale. Il globalismo ha ucciso l’archeologia del sapere.

Guillaume Faye ebbe il coraggio di scrivere spiegando il suo pensiero “radicale” e non relativo o relativista che: “Le intuizioni di Nietzsche, di Evola, di Heidegger, di Carl Schmitt, di Guy Debord o di Alain Lefebvre — tutte relative al rovesciamento dei valori — si dimostrano infine realizzabili, come la nietzscheana filosofia a colpi di martello. Il nostro ‘stato di civiltà’ e maturo per questo. Lo stesso non era nel recente passato, quando la coppia moderna XIX-XX secolo incubava la sua infezione virale senza ancora subirla. D’altra parte, conviene rigettare subito il pretesto secondo il quale un pensiero radicale sarebbe ‘perseguitato’ dal sistema. Il sistema è stupido. Le sue censure sono permeabili e maldestre. Esso è capace di colpire soltanto le provocazioni folkloristiche e le goffaggini ideologiche”.

Non si iscrisse ad una menzione filosofica ideologica perché forte delle lezioni della memoria scardinò l’omologazione ad un “sistema” perché era fortemente consapevole che il Sistema mira ad uccidere i Popoli, ad annientarli, a globalizzarli attraverso la pratica del globale occidentale “meticciato” con un islamismo di mercato insieme ad una nuova società voluta dal barbarismo cattolico.

Infatti cercò di trafiggere l’utopia con questi incisi: “Le società europee in crisi di oggi sono pronte a essere trapassate da pensieri radicali determinati, muniti da un progetto di valori rivoluzionari e portatori di una contestazione completa ma pragmatica e non utopica dell’attuale civiltà mondiale”. Certo, tra Nietzsche ed Heidigger insiste Carl Schmitt con un “romanticismo” della politica che lo condusse sino a Robert Brasillach e a Vintila Horia. Tra i suoi saggi sono da ricordare: “Gli eroi sono stanchi, in “L’uomo libero” numero 14 del 01/04/1983, “La Nuova Società dei Consumi in “L’uomo libero” numero 20 del 01/01/1985, Per l’indipendenza economica in “L’uomo libero” numero 13 del 01/01/1993, La colonizzazione dell’Europa: la soluzione di Prometeo e del Dottor Faust in “L’uomo libero” numero 58 del 01/11/2004, Il Sistema per uccidere i popoli, SEB, Milano 1997,, Archeofuturismo, SEB, Milano 2000, Per farla finita con il nichilismo. Heidegger e la questione della tecnica, SEB, Milano 2007. Una meta politica, la sua, che penetrò la filosofia come universo della filosofia che non può accettare il moderno se non grazie una “archeologia del sapere”  alla Michel Foucault. Non smise mai di sottolineare che “l’uomo europeo a un tempo come il deinatatos («il più audace»), il futurista, è l’essere di lunga memoria. Globalmente il futuro richiede il ritorno dei valori ancestrali, e questo per tutta la Terra”.

Giornalista Pubblicista – Direttore tecnico di agenzia di viaggi e turismo – Writer – Ghostwriter

Direttrice del Blog LitterArtour

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