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dimanche, 12 février 2012

Mata Hari, la fabbricazione di una spia

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Mata Hari, la fabbricazione di una spia

La danzatrice fu vittima di una “intossicazione” tedesca e di una volontà politica francese

Cristina Bardella

Alain Decaux, Accademico di Francia, è l’autore di uno dei libri più venduti negli ultimi mesi Oltralpe. L’illustre saggista ha dato alle stampe un’altra opera dedicata ai “Grandi misteri della Storia”, di cui è specialista, dove spicca un capitolo riservato a Mata Hari (“Fu davvero colpevole?”), la danzatrice dal fascino fatale, la spia per eccellenza, colei che durante la Grande Guerra carpiva i segreti militari ammaliando alti ufficiali con le sue doti, artistiche o strettamente personali.


Ma perché Mata Hari è divenuta una leggenda? Perché, in mancanza di notizie certe, si è sempre accettata la versione ufficiale impossibile da verificare, in quanto il dossier relativo all’”Agente H21” è segretato negli archivi militari custoditi nel castello di Vincennes, lo stesso luogo, per inciso, dove fu giustiziata la danzatrice; ed una versione ufficiale d’altronde arricchita, al tempo, da particolari “ufficiosi” fatti filtrare ad arte ed evocanti scenari ad alto quanto infallibile impatto - sesso estremo e spionaggio consumati in alcove grevi di fumi d’incenso e rimandanti a misteriosi riti orientali -, forgiati per colpire, attraverso la stampa, l’opinione pubblica francese (e quella degli alleati) duramente provata dalla guerra in corso. Solo che Decaux non è stato il primo a porsi il problema. Agli inizi degli Anni Ottanta il giornalista inglese Russell Warren Howe fu portavoce a Washington di Claude Cheysson, allora Commissario agli Affari esteri Ue (e poi Ministro degli Esteri francese); questi, nel 1985, concesse a Howe l’inusitato favore – sempre e comunque negato anche ai nomi più eminenti della storiografia, transalpina e non solo – di consultare il dossier segreto relativo a Mata Hari, fatta eccezione per due fascicoli. Come si può comprendere agevolmente, il gesto di Cheysson, elargito con ogni evidenza a titolo personale, oltrepassando la legge in vigore, ad un inglese nemmeno storico di professione, ma solo cultore della materia, suscitò vaste polemiche; alle quali, forse, non era estranea la circostanza che, ancora nella fortezza di Vincennes, nel 1422 morì l’Enrico V di scespiriana memoria, il re d’Inghilterra che sconfisse i francesi nell’epica battaglia di Azincourt ed il cui figlio unì le due corone.


In ogni caso è grazie alla pubblicazione nel 1986 di “Mata Hari. The True Story” (edito in Italia dieci anni dopo) dello stesso Warren Howe, che si è conosciuta la verità, sia pure non integrale, sulla spia più famosa del mondo; ciò non toglie che, nonostante tale ricostruzione su basi documentarie, ed in verità assai ben condotta da un autore che comunque ha dato alle stampe altre opere non trascurabili, permanga tuttora il cliché della maliarda dall’irresistibile seduzione entrato nell’immaginario collettivo. Malauguratamente per la leggenda la Mata Hari, quella vera, che emerge dallo studio di Warren Howe è completamente differente dal mito alimentato da una vasta letteratura a sensazione e da due celebri film. Nulla a che vedere dunque né con Greta Garbo né con Jeanne Moreau, visto che pure in gioventù la (presunta) spia, al secolo Margaretha Zelle, non era dotata di particolare avvenenza; e particolare intelligenza non ne ebbe mai.


Margaretha era nata nel 1876 nel villaggio olandese di Leeuwarden: e dunque non – come avrebbe sostenuto al tempo della sua effimera notorietà – sulle rive del Gange, allevata come danzatrice sacra in un tempio indù. A diciotto anni rispose ad un annuncio matrimoniale pubblicato da un giornale locale: l’annuncio era uno scherzo, architettato da un redattore, ai danni di un ufficiale reduce dalle colonie, un quarantenne di lontane origini scozzesi afflitto dalla malaria e dalla depressione; ma finì davvero in uno sposalizio.


John Mac Leod condusse la giovane moglie, che gli avrebbe dato presto due figli, tra Giava, Bali e Sumatra; il militare era alcolizzato e di temperamento irascibile, ed il male assortito connubio fu presto segnato da violente crisi, culminate con la tragedia, mai appurata nonostante un’inchiesta delle autorità coloniali olandesi, della morte di uno dei bambini (si disse che fu avvelenato da un domestico giavanese per vendetta nei confronti di Mac Leod).


Di ritorno in Europa, la coppia si divise e Margaretha si diresse a Parigi, dove trovò lavoro come modella di un pittore, a cui riferì di essere una nobildonna inglese decaduta; ma l’idea di farsi largo sui palcoscenici parigini come interprete di misteriose danze rituali d’Oriente fu di un diplomatico suo amante. La sedicente “Lady Mac Leod” esordì in una esibizione dove appariva in una sorta di trance, strappandosi i veli che la avvolgevano in un irresistibile moto di attrazione per il dio Shiva, scossa da palpiti, per poi crollare a terra ormai sazia di voluttà.


La consacrazione venne poi dal ricchissimo uomo d’affari e collezionista d’arte orientale Guimet, che la invitò nel palazzo in Place de Iéna – l’attuale Museo Guimet – dove aveva aperto al pubblico la sua favolosa collezione; Margaretha assunse il nome esotico di Mata Hari ed intraprese tournée che la portarono in teatri europei prestigiosi.


Il successo durò qualche anno. Sulla cresta dell’onda Margaretha non aveva mai cessato di unirsi ad agiati signori, ma presto le sue esibizioni vennero a noia; così diventò quello che si definiva un’avventuriera. Con la Grande Guerra, sfiorita rapidamente e quasi quarantenne, era difficile reperire amicizie cospicue, almeno in Francia. Fu così che la ex-danzatrice, tentando la sorte a Madrid, sull’annuario diplomatico scelse il nome di un ufficiale tedesco a cui proporsi. Lei non poteva saperlo, ma il maggiore Kalle era il numero due dei servizi segreti militari tedeschi in Spagna, Paese neutrale e, come tale, crocevia dello spionaggio in tempo di guerra.


Divenuta l’amante di Kalle, non gli fece rivelazioni (che non poteva detenere), riferendo solo innocui pettegolezzi parigini, ma il maggiore si servì di lei, attribuendole il codice di agente H21 in dispacci fasulli redatti, a scopo di “intossicazione”, per essere intercettati dal controspionaggio francese, che nel febbraio 1917 arrestò la donna, tornata in Francia per incontrare vicino al fronte l’uomo che amava, il ventunenne ufficiale russo Vadim de Maslov.


Per le autorità militari e per il governo francesi il falso agente H21 fu una manna insperata. Il 1917 era l’annus terribilis della guerra, contando milioni di morti in battaglia: così si diede in pasto all’opinione pubblica una “spia” perfetta per il ruolo. L’ex-ballerina, avventuriera, olandese sradicata senza parentele o amicizie influenti divenne un eccezionale capro espiatorio per gli errori degli alti comandi. Come detto, i giornali fecero il resto, sfruttando particolari ghiotti gettati loro scientemente in pasto, vedi il flacone contenente inchiostro simpatico per messaggi segreti, in realtà un ben noto liquido contraccettivo di uso comune nelle case di tolleranza. “H21” fu giustiziata il 15 ottobre dello stesso anno.


Svelato il mistero di Mata Hari, a nostro parere ne rimane un altro, non altrettanto suggestivo ma forse non meno intrigante. Warren Howe, nato nel 1925, è scomparso nel 2008; così rimarranno enigmatiche le ragioni per cui Cheysson abbia elargito un simile favore – facendo senza dubbio pressioni sul Ministro della Difesa, a cui fanno capo gli archivi militari – ad un semplice portavoce, oltretutto inglese. Ma forse Howe era più di un semplice portavoce.


Pilota della RAF durante il secondo conflitto mondiale, il giornalista inglese nella sua prefazione al libro su Mata Hari evoca Somerset Maugham definendolo curiosamente “maestro”.


Considerato che Maugham univa all’eccellente attività di scrittore quella di agente dei servizi segreti militari britannici; considerato che Cheysson (classe 1920), già combattente agli ordini del generale Leclerc nel territorio della Francia Libera in Africa, fu poi a capo dei servizi di collegamento con le autorità di occupazione della Germania Ovest…


07 Febbraio 2012 12:00:00 - http://rinascita.eu/index.php?action=news&id=12976