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mardi, 05 mai 2015

La Turchia presidia il mar di Levante e costruisce una portaerei

A distanza di quarant’anni l’isola di Cipro rimane spezzata tra due mondi, quello greco del sud e quello turco del nord. Tra le due repubbliche (la prima riconosciuta dalla comunità internazionale, la seconda solo da Ankara) corre una zona cuscinetto lunga 180 chilometri che separa il territorio. Una separazione che non può colmare o risolvere decenni d’odio, diffidenza e rancori.

A Cipro tutto rimane sospeso. In una tregua precaria. Ciclicamente le due parti annunciano negoziati e incontri, ma regolarmente tutto finisce in baruffa e l’ingarbugliata situazione isolana resta ancor più intricata. A peggiorare, se possibile, vi è poi, da qualche anno, la questione degli immensi giacimenti offshore — subito dai greci ribattezzati Afrodite, mentre gli israeliani hanno preferito nomi più crudi come Leviathan e Karish (squalo)… — scoperti nel mar di Levante, tra l’isola e la costa asiatica. Una partita complicata quanto strategica che vede coinvolti più attori: Israele, l’Egitto, il Libano, la Siria, i palestinesi di Gaza e le due entità cipriote.

Lo scorso autunno Erdogan — grande protettore dei ciprioti del Nord — ha spedito una propria nave di ricerca davanti alle coste settentrionali dell’isola. Immediata la reazione di Atene — custode, ormai scalcinata ma attenta, dei diritti della repubblica ufficiale — che ha immediatamente protestato in tutte le sedi europee. Indifferente ai turbamenti ellenici, il governo neo ottomano di Ankara ha rilanciato inviando nelle acque contestate le proprie navi da guerra per un’esercitazione militare che ha sfiorato a più riprese la nave di perforazione italiana Saipem 10000.

Alcun risultato è sortito neppure dalla risoluzione di condanna dell’Unione Europea (effetto Mogherini?) dello scorso 13 novembre: la Turchia ha annunciato che proseguirà le sue ricerche e ha rivendicato per se e il satellite cipriota un ampliamento deciso delle reciproche zone economiche marine.

A confermare ulteriormente le ambizioni marittime di Ankara (e le mire energetiche), il consiglio di sicurezza nazionale turco ha deciso di trasformare radicalmente il progetto della nave anfibia in costruzione nei cantieri Sedef: l’unità diverrà una vera e propria portaerei (sviluppando il concetto dell’ammiraglia spagnola Juan Carlos, nella foto) e verrà equipaggiata per imbarcare velivoli F35b. La consegna è prevista per il 2019. Il mar di Levante si fa burrascoso.

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