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vendredi, 08 janvier 2010

La Russia sbarra il passo allo scudo antimissile USA

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La Russia sbarra il passo allo scudo antimissile Usa

 

Gli stati canaglia-terroristi e i nemici della globalizzazione

 

di Federico Dal Cortivo / Ex: http://www.italiasociale.org/

La Russia è decisa a creare le misure adatte per contrastare il tentativo neppure tanto nascosto degli Stati uniti di accerchiarla, mediante stati “vassalli” e uno scudo antimissile, che nelle intenzioni di Washington, dovrebbe essere costituito in funzione anti-terrorismo. Se il primo motivo è quello più temuto dai Russi, il secondo ,sia pur non più così in voga come ai tempi di Bush , resta pur tuttavia una reale possibilità.
Ma per la politica globale Usa, vi sono anche altri obiettivi, i cosiddetti” terroristi”, che sono tutti coloro che si oppongono alla politica egemone della globalizzazione, dal Venezuela di Hugo Chavez, alla Corea del Nord, dall’Iran alla Russia. Nel recente passato vi erano inclusi anche la Serbia di Milosevic, rea di interpretare una via autonoma in politica interna ed estera, e l’Iraq di Saddam, vecchio alleato degli Stati Uniti ai tempi della guerra contro l’Iran di Khomeini, trasferito poi nella lista dei cattivi quando c’era da impossessarsi delle immense riserve petrolifere di cui abbonda il sottosuolo iracheno.

E di queste giorni la notizia proveniente da Vladivostok ,nell’Estremo Oriente, per bocca del Primo Ministro Putin, che la Russia svilupperà nuove armi offensive per contrastare le batterie antimissile statunitensi, questo a salvaguardia dell’equilibrio internazionale che si regge sulla reciproca dissuasione. Nulla di nuovo quindi da parte della Russia, che negli ultimi anni ha ripreso in mano il proprio destino grazie all’accorta politica di Putin e di Medvedev. Russia che ha già dato prova della propria fermezza durante le operazioni militari condotte in Georgia, sbaragliando in poco tempo le forze locali appoggiate dai consiglieri israeliani e dell’Us Army.Ma non è solo la Russia ad impensierire la politica estera di Washington, proprio nel cosiddetto cortile di casa si stanno materializzando “nuovi nemici” . L’America Latina sembra aver imboccato una strada a senso unico che va a cozzare contro gli equilibri che gli Stati Uniti avevano sapientemente costruito per meglio depredare il continente delle sue immense ricchezze naturali, fondamentali per l’industria statunitense,per non dire vitali. La Bolivia di Evo Morales, l’Ecuador di Rafael Correa e il Venezuela di Chavez stanno creando un fronte unico incentrato sull’alleanza politica Alba, che a fatto proprie le idee rivoluzionarie di Simon Bolivar e del migliore socialismo nazionale. E se il Brasile di Lula ancora indugia su dove posizionarsi apertamente e l’Argentina della presidente Kirckner potrebbe fare la differenza in un prossimo futuro tra chi ha scelto la via nazionale e socialista e chi è ancora vassallo Nord Americano come Cile ,Perù e Colombia ; qualcosa sta finalmente cambiando negli equilibri di questa parte del mondo. Un nuovo asse di speranza sta nascendo e ha gettato le proprie basi , lo si potrebbe chiamare Sud-Sud oppure America Latina - Eurasia, sta di fatto che il recentissimo viaggio del presidente iraniano Ahmadinejad che ha toccato Brasile, Venezuela e Bolivia, è doppiamente significativo: sotto il profilo geopolitico è volto a creare quell’alleanza che permetterà all’Iran di uscire da una sorta d’isolamento in cui l’Occidente lo vorrebbe relegare( la Russia al momento è troppo impegnata nel delicato scacchiere dei rapporti con Washington e si è per il momento defilata dal prendere una posizione più netta nei confronti di Teheran)e al tempo stesso darà la possibilità alle nazioni Latino Americane di avere un alternativa all’Occidente con cui relazionarsi, da affiancare ai buoni rapporti con Russia , Cina e India. Sul versante economico invece gli accordi bilaterali che sono stati stipulati durante la visita del presidente iraniano, rappresentano un qualcosa di assolutamente nuovo perché non sono più basati sul rapporto sfruttatore e sfruttato, con tutto quello che ne consegue in termini di intromissione negli affari interni del continente Sud Americano, ma su base paritaria, volta al reciproco sviluppo.

Tutto ciò non poteva non provocare apprensione al Dipartimento di Stato, che come al solito ha scatenato la ben oliata macchina mediatica tesa a criminalizzare tutti coloro che si oppongono alla globalizzazione o al cosiddetto “ volere di Washington”. E così come da copione non passa giorno che dalle colonne del Financial Times, New York Times, fino ad arrivare agli allineati Le Monde e Corriere della Sera, non si faccia l’esame di democrazia agli Stati canaglia, non si enfatizzi marginali episodi di piazza, come di recente in Iran, che riguardano sparuti gruppi di protesta, su una popolazione che sfiora i settanta milioni di persone. Inflazionato è poi l’uso del termine “regime”, per designare tutti gli Stati sulla lista nera Usa,così come dare del dittatore anche a chi come Chavez o lo stesso Ahmadinejad sono stati regolarmente eletti in libere elezioni. Ma questi sono dettagli e fanno parte del copione recitato da oltre un secolo dalle plutocrazie occidentali ogni qualvolta volevano scatenare una guerra d’aggressione,oggi anche affiancate dal “cane da guarda sionista”, che per sopravvivere in un mondo sempre più arabo, e dopo essersi macchiato ripetutamente di “crimini di guerra”, ha l’estrema necessità delle inarrestabili forniture di armi a fondo perduto che la potenza Nord Americana elargisce a piene mani.

E proprio l’entità sionista, dotata di armi nucleari, rappresenta il pericolo più grave per la pace del Vicino Oriente e non certamente la Repubblica Islamica dell’Iran, che cerca solamente di dotarsi di centrali nucleari in prospettiva futura, quando anche l’abbondante petrolio della regione comincerà a scarseggiare.
Israele ha manifestato più volta la precisa volontà di un attacco preventivo volto a distruggere gli impianti nucleari iraniani, la sua aviazione avrebbe già pronti i piani operativi, ma su tutto necessita sempre il disco verde degli Usa e la collaborazione dell’intelligence statunitense ed eventualmente delle sue aereo cisterne strategiche, le sole che possano garantire la riuscita di un attacco ad una distanza maggiore di quello già effettuato dalla Israeli Air Force nel 1981 contro il reattore nucleare di Tammuz in Iraq.
Per funzionare il piano israeliano deve essere pressoché perfetto ed anche per l’allenata macchina bellica sionista la cosa potrebbe presentare qualche problema di troppo, sempre che non ci metta lo zampino il potente alleato di sempre che ha tutt’oggi un interesse primario nel vedere scomparire l’attuale governo iraniano . “Dopo aver distrutto i centri nevralgici della sua economia, ecco pronto qualche doppiogiochista alla Karzai, che consegnerebbe il Paese alle grandi Corporation statunitensi, libere di mettere le mani sulle grandi riserve petrolifere iraniane”. Ma il grande incubo degli Stati Uniti è la possibilità neppure tanto remota, che le future transazioni del petrolio possano essere fatte non più in dollari ma in euro,e la costruenda borsa di Kish potrebbe segnare la svolta.

In questo progetto monetario,l’Iran ha incontrato il favorevole appoggio di Caracas e un domani vicino potrebbe trovare l’assenso della Russia e della Cina, trascinandosi dietro l’India ed altri Stati Latino Americani.” Nel 2003 Giampaolo Caselli esperto di economia politica scriveva:Tutti i contratti petroliferi sono fatturati in dollari, qualora alcuni Stati produttori dovessero preferire l’euro, il tasso di cambio fra le due valute sarebbe sottoposto a ulteriore tensione, e si comincerebbe ad assistere alla sostituzione del dollaro con l’euro come moneta di riserva di molti Paesi produttori di petrolio, ed eventualmente da parte della Cina ,che ha già annunciato un tale movimento di fronte alla perdita di valore del dollaro.”(1)
Nel 2000 fu proprio la decisione di Saddam Hussein di adottare l’euro come moneta per i pagamenti delle forniture del piano Oil for food ad innescare il processo che portò poi alla guerra del 2003. Ora gran parte degli scambi di idrocarburi avviene sulle borse di Londra e New York, in pratica gli angloamericani controllano le maggiori transazioni a livello mondiale, la borsa di Kish, sarebbe un’azione ostile verso gli interessi vitali degli Stati Uniti e il fatto che il dollaro sia l’unica moneta finora utilizzata permette alla sofferente economia Usa di finanziare gran parte del proprio enorme passivo. Nel vertice degli Stati dell’Opec nel 2007 affiorò una linea di pensiero che sinteticamente così recitava:L’Impero del dollaro deve finire”, dissero all’unisono Chavez e Ahmadinejad .
La sfida per i futuri assetti economici non è mai cessata, ma ora stanno entrando in campo diverse variabili a livello geopolitico che potrebbero riservare non poche sorprese nei prossimi anni, con un mondo che potrebbe non essere più unipolare, con la potenza egemone attuale costretta sulla difensiva su vari teatri, anche se i rischi di pericolosi colpi di coda ed annesse guerre di aggressione sono sempre possibili…Ma intanto Mosca ha deciso di giocare da subito la carta del riarmo. Come dicevano i Romani,che di queste cose se ne intendevano “Si vis pacem para bellum”.


Federico Dal Cortivo


1)”I predatori dell’oro nero e della finanza globale”.
Benito Livigni

SISTEMA DI DIFESA ANTIMISSILE IN EUROPA


Il Progetto dell’Amministrazione Bush


L’Amministrazione Bush e la MDA (Missile Defense Agency, Agenzia per la Difesa Antimissile) presentano il sistema di difesa antimissile americano, inclusa la sua componente da basare in Europa, come uno strumento urgente ed essenziale per garantire la protezione del territorio statunitense ed europeo da un attacco missilistico da parte di quelli che essi chiamano “stati canaglia”, quali la Corea del Nord e l’Iran ( eventualità alquanto improbabile).
Il sistema europeo di difesa antimissile, GMD (Ground-based Midcourse Defense, Difesa basata a terra contro i missili in fase intermedia di volo), sarebbe uno degli elementi del più vasto BMDS (Ballistic Missile Defense System, Sistema di difesa contro i missili balistici), analogo alla componente già basata in Alaska e in California. Quest’ultima è costituita, oggi, da una ventina di missili intercettori a tre stadi (diventeranno più di quaranta entro tempi brevi) per proteggere il territorio statunitense da un attacco missilistico da parte di stati come la Corea del Nord.
 

02/01/2010