Ok

En poursuivant votre navigation sur ce site, vous acceptez l'utilisation de cookies. Ces derniers assurent le bon fonctionnement de nos services. En savoir plus.

dimanche, 25 octobre 2009

Nobel a Obama

obama-general-patton-warmonger-afghanistan-war-commander-chief.jpgNobel a Obama:

vale la pena di ricordare la storia di sfruttamento e di sangue operato dagli Usa in America Latina

Ex: http://www.italiasociale.org/

La notizia che il presidente degli Stati Uniti, notoriamente una “nazione pacifica” e tutta votata al “bene dell’umanità”, sarebbe il prossimo candidato a riceve il Nobel per la pace, ha dell’incredibile se non del ridicolo, mentre i media Occidentali tacciono in modo connivente, chi parla invece è il presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, Hugo Chavez Frias, che si dice indignato perché Obana non ha alcun requisito per meritarlo. Rispetto a Bush cambia il colore della pelle ,ma non la sostanza è la medesima.
Come al solito Chavez non usa mezze parole per definire l’ennesima messa in scena mediatica, che accompagna oramai da anni il carrozzone legato al Nobel per la pace, che se nelle intenzioni del suo fondatore doveva essere un riconoscimento importante, frutto di scelte imparziali, oramai ha ben poco dello spirito originario ed oggi rappresenta solo l’ennesima presa in giro finalizzata a dare credito a coloro che sono strettamente funzionali al potere atlantico e mondialista.
“Hugo Chavez si chiede” che cosa abbia fatto Obana per meritare il Nobel”: ha forse operato per il disarmo nucleare? Ha per caso chiesto l’immediato ritiro delle truppe Usa dai teatri operativi iracheno( 124.000 soldati) e afghano(65.000 di cui 13.000 inviati in queste ore senza alcun annuncio da parte della Casa Bianca) ,e riguardo alle nuove basi Usa in territorio colombiano, una diretta minaccia al Venezuela e a tutta l’America Latina non allineata ai diktat di Washington, forse il presidente Usa si è detto contrario?” Nulla di tutto questo possiamo starne certi è avvenuto,l’establishment che lo ha eletto e che lo dirige a distanza è quello di sempre e gli obiettivi non sono mai cambiati fin dalla nascita degli Stati Uniti: il controllo e lo sfruttamento degli altri popoli.
Che la protesta giunga proprio dall’America Latina e da quello che attualmente rappresenta il suo uomo più rivoluzionario, non ci deve sorprendere,perché è proprio questo continente ad aver pagato il maggior tributo di sangue, miseria e sfruttamento negli ultimi cinquant’anni causato dalla “ politica di rapina” nei confronti delle proprie risorse naturali ad opera delle multinazionali statunitensi, che si sono sostituite a quelle britanniche . Un’opera di destabilizzazione continua, operata di concerto con le “oligarchie” locali che mai hanno smesso di intrecciare i propri interessi con quelli delle potenze di turno dominanti nell’area.
La presenza degli Stati Uniti in America Latina è dettata dalla sete di materie ,che l’industria della potenza capitalista necessita per il suo sviluppo e senza le quali non avrebbe potuto svilupparsi in modo poderoso dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, ma nel contempo queste ultime debbono essere a buon mercato, a prezzi quasi stracciati,perché solo così i profitti derivanti dalla trasformazione di esse in prodotti finiti possa essere massimizzato.
Seguendo l’esempio britannico ,l’altra potenza liberale, che considerava il Sud America solo un grande mercato dove esportare quello che la sua industria manifatturiera produceva dalla trasformazione delle ricchezze naturali sottratte a basso costo, gli Usa si diedero da fare per controllare con ogni mezzo il rame, l’oro, il ferro, il petrolio, il caffè ed il cacao, lo zucchero, il gas naturale ecc. di cui il terreno del continente posto a Sud del Rio Bravo abbonda con l’aggiunta di un clima favorevole che facilita ogni genere di coltivazione. Costrinsero così gli stati Sud Americani, retti da governi fantoccio e con l’onnipresente oligarchia parassitaria, alla “monocultura”, all’”abolizione di ogni forma di protezionismo economico”, alla “ totale liberalizzazione dell’economia”,così da essere più facilmente preda degli avvoltoi del cosiddetto libero mercato, alla “libera circolazione dei capitali a senso unico verso l’esterno”, a l’”imposizione di tasse sui prodotti locali”, che così gravati da imposte risultavano meno concorrenziali di quelli esteri. General Motors, Uniteted Fruit Company, Ford, Exxon, Morgan Stanley,Bank of America,US Stell Company,Anglo-American,AT&T ed altre grandi corporation si gettarono così a capofitto su quello che tranquillamente si può definire il continente più ricco della terra. La terra dell’America Latina può sfamare senza problemi le sue popolazioni, i minerali sono in tale abbondanza che possono fornire la base per qualsiasi industria,il petrolio ed il gas naturale sono presenti quasi ovunque in abbondanza, sia in terra che in mare, così come sono cospicue le riserve d’acqua dolce, legname, flora e fauna.
L’Amazzonia rappresenta una fonte quasi inesauribile di acqua dolce , assieme alla Patagonia , e le sue biodiversità non temono rivali a livello globale, e infatti sono già entrate nel mirino degli Stati Uniti ( le recenti basi installate in Colombia sono vicine proprio al bacino del Rio delle Amazzoni), mentre i capitali di Gran Bretagna e Israele puntano al Sud del continente, lasciato sguarnito dalle Forze Armate Argentine dopo la sconfitta delle Malvinas e che l’attuale governo non pare intenzionato ad arginare sufficientemente. Cedere territori ricchi in cambio di denaro oggi, vuol dire perderne il controllo e sottrarne le possibili risorse alla nazione un domani.
Ma tutto questo non potrebbe, come già accennato, accadere senza la connivenza delle oligarchie presenti nei vari stati latino americani,che non hanno mai smesso di avere rapporti diretti con quelle anglosassoni, un rapporto che ha reso vane le varie rivoluzioni nazionaliste e socialiste, attraverso cruenti colpi di stato militari, dure repressioni di ogni forma di dissidenza , svendendo così la sovranità nazionale in cambio di effimeri vantaggi economici personali. Il presidente della Colombia Uribe può benissimo capeggiare l’attuale classifica, uomo del Dipartimento di Stato Usa, della Cia , legato al narcotraffico,si è arricchito sulla pelle del popolo colombiano, che è tra i più poveri della regione.
Oggi la situazione sia pur lentamente,si presenta in via di evoluzione in senso favorevole ai popoli del continente Sud Americano, che vedono intravvedere un luce nuova da ciò che sta avvenendo in Venezuela, Bolivia ed Ecuador, che aderiscono al progetto politico ALBA, un ‘ alleanza politica di contrasto all’ingerenza Usa e di ogni altra forma d’intromissione negli affari interni dei singoli Stati.
Anche il Brasile si sta avvicinando, sia pur con un approccio da possibile potenza continentale( interessanti i progetti di cooperazione militare sviluppati con la Francia che prevedono la costruzione di un sottomarino nucleare a difesa dei giacimenti petroliferi off shore), mentre l’Argentina pare ancora per certi aspetti ibernata in una specie di limbo a cui l’ha confinata la sconfitta nella campagna per le isole Malvinas, i lunghi anni di feroce dittatura militare e le privatizzazioni volute dal governo Menem. Tutto questo cozza con le migliori aspirazioni socialiste e nazionaliste dell’ala più squisitamente peronista dell’attuale governo, quella che vorrebbe attuare a tutto campo quelle riforme sociali e di politica nazionale che già Peron introdusse nei dieci anni di governo, e che furono sotto ogni punto di vista quanto di meglio l’Argentina abbia avuto dal 1945 ad oggi.
IL RUOLO DELLE OLIGARCHIE SUD AMERICANE E DELLA CHIESA CATTOLICA
Per capire appieno come è stato possibile da parte prima della Gran Bretagna( in precedenza anche Spagna e Portogallo) e poi dagli Stati Uniti penetrare in profondità nel tessuto economico e politico degli Stati dell’America Latina, è necessario analizzare il ruolo avuto in tutto questo processo da parte delle onnipresenti oligarchie locali, la vera quinta colonna di chi ancor oggi ha mire di dominio e di sfruttamento sui popoli del continente.
Esse hanno da sempre cercato di massimizzare i profitti attraverso l’esportazione delle materie prime di cui abbonda il suolo latino americano, oro, argento, ferro , rame, a cui in varie epoche si aggiunsero il caffè, il cacao, lo zucchero, il salnitro, il guano e poi il petrolio. Tutto questo produceva immense fortune a chi ne possedeva il controllo, ma al tempo stesso non era controbilanciata dalla crescita di una adeguata industria manifatturiera che potesse utilizzare le ricchezze locali, . La ricchezza così prodotta veniva dilapidata rapidamente, creando nei secoli una totale dipendenza dall’estero, che ha letteralmente inondato con i propri prodotti finiti i mercati Sud Americani, mentre nel contempo la popolazione non riceveva che le briciole dagli enormi profitti ed era costretta a subire l’ingresso delle multinazionali, delle banche dei capitali stranieri e di forme di sfruttamento sul lavoro che perdurano tutt’ora in molte realtà. I grandi proprietari terrieri, l’alta borghesia non seppero e non vollero fare quello che invece altrove , come negli Stati Uniti era avvenuto: trasformarsi da colonie in Stati indipendenti con un ‘economia protetta, con industria e agricoltura capaci di competere con le ex potenze coloniali, reinvestendo al proprio interno i capitali guadagnati per accrescere il livello industriale ed agricolo. In questo modo mentre una ristretta cerchia di persone si arricchiva sempre più, e tesseva legami sempre più stretti con i ricchi delle potenze dominanti in cambio di un effimero potere sui propri Stati, si continuava a vivere come se nulla fosse cambiato in una sorta di rassegnazione che vedeva sempre i medesimi soggetti comandare, sperperare immense fortune ed impertare anche il superfluo; e gli altri, il popolo, subire, arrivando al paradosso che per sedare le rivolte che alla fine scoppiavano, erano chiamati gli stessi “compatrioti in divisa” da tempo sul libro paga degli sfruttatori anglosassoni. Come non ricordare la rivolta scoppiata in Cile contro gli inglesi ,rei di sfruttare a loro uso e consumo l’ingente disponibilità di salnitro, importante concime , ebbene la ribellione venne schiacciata nel sangue grazie proprio all’intervento dell’esercito cileno, la stessa cosa si ripeté nella Patagonia argentina, dove i generali repressero duramente la popolazione locale che si opponeva alla penetrazione economica britannica, e da questi ultimi ringraziati…fino ad arrivare a tempi più recenti con il golpe contro Peron e Allende , con quest’ultimo che aveva osato nazionalizzare le miniere di rame, vitali per l’economia Usa, questa volta il servo di turno si chiamava Pinochet, per finire poi con le varie varie giunte militari in Argentina,macchiatesi di crimini di massa, ma sempre funzionali al grande capitali straniero che controlla ancor oggi larghe fette di questa economia.
Non va dimenticata infine l’opera di appoggio e connivenza operato dalla chiesa cattolica, che nei suoi vertici ha da sempre appoggiato ogni forma di oppressione, stringendo uno stretto legame con il tiranno di turno. Il recente golpe in Honduras ne è la riprova, con l’immediato riconoscimento operato dalla locale chiesa al burattino di Washington Micheletti. In passato mai una volta il Vaticano è intervento per condannare gli omicidi compiuti in Argentina dai vari Lanusse e Videla, così come un ruolo di primo piano ricoprì la chiesa argentina nell’abbattimento di Peron.
Oggi assistiamo ad una nuova fase della storia di questo continente, in un mondo fino a ieri unipolare, con la potenza egemone Nord Americana costretta sulla difensiva in Medio Oriente nell’impasse afghana e irachena. Il cosiddetto “cortile di casa degli Usa” ,l’America Latina,si sta destando, anche grazie alle nuove alleanze con le potenze Euroasiatiche come la Russia di Putin e Medvedev , la Cina , l’India e l’Iran, che stanno stringendo accordi economici di importanza strategica, ed al tempo stesso disinteressate ad ogni possibile intromissione politica nel continente Sud Americano. Si sta probabilmente andando verso un mondo multipolare, strada facilitata anche dalla attuale crisi economica, che ha investito le economia liberiste. La strada non sarà facile né breve perché gli Usa non accetteranno facilmente un loro ridimensionamento globale,anche a costa di una guerra dalle conseguenze incalcolabili, ma la storia insegna che per ogni potenza c’è dopo il momento della crescita e della stabilità, quello del declino, così fu per le grandi civiltà del passato, così sarà anche per chi, come gli Stati Uniti, non lasceranno che un pessimo ricordo di se stessi.


Federico Dal Cortivo


Buenos Aires 16-10-09


16/10/2009

Les commentaires sont fermés.