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vendredi, 13 décembre 2013

Tra europeismo e populismo euroscettico, quali prospettive?

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Tra europeismo e populismo euroscettico, quali prospettive?

Marco Zenoni

Ex: http://www.statopotenza.eu

L’euroscetticismo è un fenomeno che va ormai allargandosi con una certa costanza in tutta l’Europa occidentale, dove le popolazioni strette nella morsa del ricatto del debito cominciano inevitabilmente, ed a volte in maniera confusionaria e poco lucida, ad attribuire tutte le colpe all’Euro ed all’Unione Europea. Non vi è infatti alcun dubbio che la struttura dell’Unione Europea sia alle origini del male del Vecchio Continente, anche se non certo da ieri e anche se non certo autonomamente ed esclusivamente, come mira a far credere una certa visione economicista e riduzionista, bensì con un preciso regista alle spalle. Tuttavia non si può certo accogliere acriticamente ogni movimento che contrasti l’europeismo tecnocratico, con la sola pregiudiziale appunto della contestazione, indipendentemente dal grado d’intensità e dall’analisi a supporto.


Vi è infatti una differenza notevole fra il Front National di Marine Le Pen, l’Alternative für Deutschland e il Movimento 5 Stelle da una parte e Alba Dorata, Forza Nuova e il Partito Liberale per Libertà e Democrazia dall’altra. Un’analisi politica costruita in modo critico e dialettico, dunque, non può prescindere da un’attenta focalizzazione su questi movimenti/partiti, rischiando altrimenti di scadere in una critica politica di tipo meramente estetico incentrata su movimenti nati e cresciuti facendo leva prevalentemente sull’odio cieco e sulla strumentalizzazione delle drammatiche situazioni dei contesti sociali più colpiti dalla tremenda stretta di Bruxelles.


Se infatti una critica ai meccanismi comunitari è più che mai necessaria in questo momento, e con una certa rapidità, d’altro canto movimenti poco strutturati politicamente che mirano a semplificare la realtà in schemi (peraltro già utilizzati in passato) tutt’altro che complessi e spesso scadenti nel “complottismo da bar” risultano estremamente fuorvianti e mistificanti, ponendo un velo al di sopra dei reali rapporti intercorrenti all’interno dell’Europa e dello scacchiere internazionale, e limitando così fortemente l’aspetto costruttivo di una critica al sistema economico/politico attuale.


Per quanto riguarda Alba Dorata, si tratta di un partito già in circolazione dagli anni Novanta, pur fra alti e bassi ed una breve confluenza nell’Alleanza Patriottica. Guidato da Nikólaos Michaloliákos, ottenne un risultato sorprendente alle elezioni amministrative del 2010, in cui raggiunse il 5,3% ad Atene, con punte del 20% in alcuni comuni minori. Il successo più grande arrivò alle elezioni parlamentari dell’anno scorso, col 7%, grazie ad una campagna elettorale che seppe cavalcare la reazione popolare all’insostenibile situazione economica che tutt’ora attanaglia ferocemente la Grecia. Sebbene appaiano abbastanza fuorvianti le grida al fantomatico “fantasma nazista” che aleggerebbe sull’Europa, è evidente che un partito come Alba Dorata miri, più o meno consapevolmente, a surriscaldare il clima di tensione sociale in una situazione già di per se drammatica. In occasione delle numerose uscite pubbliche dei suoi rappresentanti, sempre caratterizzate da un certo folklorismo, sono quasi onnipresenti i richiami al razzismo, all’odio verso gli immigrati e all’anticomunismo. È chiaro che il problema dell’immigrazione vada affrontato in tutta Europa, ed è un argomento che non va assolutamente affrontato con i parametri finora utilizzati da una certa sinistra “filantropica”, ma è altrettanto lampante come dichiarazioni aberranti, quali “riapriremo i forni per voi” o “degli immigrati faremo saponette”, non abbiano nulla della critica politica che ci si aspetta da un partito che vuole affrontare la questione in maniera dialettica. Questo tipo di movimenti occultano il problema, dando risposte semplicistiche a domande che richiedono in realtà proposte politiche ben più complesse. Un esempio chiarissimo della mistificazione messa in atto sono le parole pronunciate da un candidato di Alba Dorata, Plomaritis, il quale dichiara personalmente: “Il problema finanziario verrà risolto una volta che ci saremo liberati dai 3 milioni di immigrati. Questi parassiti bevono la nostra acqua, mangiano il nostro cibo e respirano l’aria greca […] una volta che se ne saranno andati avremo i soldi sufficienti per aumentare i salari ed eliminare la disoccupazione”. Non l’Euro dunque, non il Meccanismo Europeo di Stabilità , non la sudditanza dell’Unione Europea agli interessi militari statunitensi, ma solo gli immigrati.


Nel complesso, dunque, prevale una visione che tende a semplificare le cose, come anche i numerosi i richiami alle “plutocrazie”, termine vetusto che non significa nulla nell’attuale sistema internazionale[1]. Ma la tensione viene alzata anche attraverso l’esaltazione dello scontro fisico e della vendetta. Recente l’uccisione del rapper Pavlos Fyassas, omicidio confessato poi da un militante di Alba Dorata e che ha condotto ad una successiva rappresaglia, richiamando drammaticamente alla mente un contesto quale quello degli anni di piombo in Italia. Oltre all’anticomunismo e alla xenofobia, vi è anche un richiamo ad un certo interclassismo liberista attraverso intenti quali la repressione dei sindacati[2], e ad un certo programma autarchico e agrario che prevede il ripopolamento delle zone rurali[3]. Tutto è naturalmente condito e legato da una critica qualunquista all’Euro. “Usciamo dall’Euro”, insomma, ma per andare dove? Isolarsi autarchicamente in un XXI secolo dominato dal ritorno imponente del primato della diplomazia e delle relazioni internazionali? Solo folklore politico dunque, un folklore spesso violento che sfocia in azioni di vero e proprio teppismo e nell’alimentazione dell’odio e della tensione in una nazione già pesantemente dilaniata dalla crisi.


In Olanda, invece, il Partito popolare per la Libertà e la Democrazia, guidato da Geert Wilders, ha invece altra caratura. Pur collocandosi infatti all’estrema destra, almeno per quanto riguarda la xenofobia e l’islamofobia, l’impianto economico fa decisamente riferimento ad un neppure troppo velato liberismo. Si tratta di un partito micronazionalista che punta all’uscita dell’Olanda dall’UE, cercando una diversa cooperazione economica a livello europeo, proposta che in parte l’accomuna con l’AfD tedesco.


Anche in questo caso la semplificazione della realtà è piuttosto frequente, sebbene il partito sfoggi un profilo più istituzionale e “salottiero” rispetto ad Alba Dorata. La foggia esteriore ovviamente non deve ingannare. Negli ultimi anni, infatti, Geert Wilders si è fatto alfiere del più feroce anti-islamismo sino a sostenere la necessità di proibire la diffusione del Corano (paragonato al Mein Kampf di Adolf Hitler) e a girare il controverso “Fitna”, pellicola blasfema nei confronti della religione musulmana. La facilità con cui Wilders ha fatto breccia in Olanda (terzo partito nel 2010, poi fortemente ridimensionato nel 2012) è però dettata da motivazioni ben differenti da quelle di Alba Dorata. A differenza della Grecia, l’Olanda risente in maniera minore della crisi economia ma affronta come difficoltà prevalente la questione dell’integrazione multietnica, un problema sempre crescente dovuto ad un’immigrazione praticamente incontrollata da molti anni, promossa da un governo ultraliberista esageratamente tollerante, tanto che nelle città maggiori, come Amsterdam e Rotterdam, la situazione è diventata profondamente critica e l’odio interetnico ha prodotto una spirale spaventosa di violenze che ha portato anche un elettorato più moderato e conservatore verso l’estremismo di Wilders.


Si tratta dunque di un partito che, a differenza di Alba Dorata, sembra avere le idee più chiare sull’uscita dall’Euro e sul futuro dell’Europa, seppure anche in questo caso non emerga altro che una critica al potere tecnocratico di Bruxelles, senza alcun riferimento al contesto geopolitico ed economico internazionale e soprattutto all’egemonia statunitense o all’emersione dei BRICS. La tutela della piccola reindustrializzazione del Paese (fra i punti del programma: “proteggere la produzione industriale, come Nedcar”) si scontrano con l’assenza pressoché completa di un’adeguata teoria economica alternativo al neoliberismo e di proposte nella direzione dello smarcamento strategico rispetto agli Stati Uniti.
Forza Nuova, infine, merita meno righe per una conoscenza già piuttosto acclarata nel panorama italiano, grazie soprattutto ad un certo allarmismo giornalistico che lascia il tempo che trova. Vista anche l’insignificanza elettorale del partito, l’unica cassa di risonanza a livello mediatico sembra essere proprio il conclamato ruolo di “minaccia nera”, secondo le logiche di quello spauracchio “fascista” che, nel nostro Paese, resta sempre un leitmotiv per orientare emotivamente le masse. Ad un livello di analisi un po’ più serio, invece, emergono confusione e contraddizioni anche in questo caso. Basti ricordare che il partito guidato da Roberto Fiore riesce in modo del tutto fantasioso a proclamare la sua presunta vicinanza alla Russia di Vladimir Putin e la cooperazione politica con il partito nazionalista ucraino antirusso Svoboda o con i nazionalisti polacchi di Rinascita Nazionale Polacca, recentemente impegnati a Varsavia in un assalto teppistico all’ambasciata russa.


Indubbiamente antieuropeista, votato ad un nazionalismo autarchico, profondamente legato al tradizionalismo cattolico, risente di una critica piuttosto semplicistica al sistema di Maasstricht, come se l’uscita dall’Euro e il ritorno alla Lira fossero condizioni sufficienti per la risoluzione di tutti i problemi dell’Europa “dei popoli”, opposta – secondo Fiore – a quella “delle banche”. In questo insieme ideologico vengono nettamente ridimensionate, dunque, la proposta dell’uscita dalla NATO o l’opposizione alla guerra in Siria, prese di posizione senz’altro lodevoli in sé ma prive di un mosaico analitico coerente e di ampio respiro in cui poter incasellarle.


È perciò pericoloso scadere nell’appoggio o nella vicinanza a determinati movimenti e decisamente fuorviante nella misura in cui sarebbe conseguente prestare il fianco a facili e legittime critiche da parte degli alfieri dello status quo.


Ad una critica distruttiva dell’attuale assetto europeo deve seguire un’idea ben precisa, seppur soggetta ai mutamenti e ai rinnovamenti del tempo, di un futuro percorso che non sia certo incentrato sugli insignificanti egoismi nazionali, bensì incentrato sui binari di un progetto comune di un nuovo Concerto Europeo a carattere popolare e socialista, di un grande spazio che sappia ritagliarsi il proprio ruolo nell’assetto geopolitico in mutamento in un dialogo rispettoso con la Russia e il mondo arabo, che ci circondano.

Note:
1. http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/03/07/atene-alba-dorata-choc-faremo-saponette-con-immigrati-in-grecia/522311/
2. http://www.termometropolitico.it/15676_ad-atene-sorge-alba-dorata-tra-pogrom-e-intimidazioni-con-laiuto-dei-colonnelli.html
3. http://www.linkiesta.it/alba-dorata-italia

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