vendredi, 03 octobre 2014
Gog, Papini e il libro nero della modernità
Gog, Papini e il libro nero della modernità
di Valerio Alberto Menga
Ex: http://www.lintelletualedissidente.it
Gog, peregrino del mondo malato di nervi sparito nel nulla, dopo aver letto in edizione inglese il precedente racconto in cui il suo nome diede il titolo all’opera, fa recapitare un nuovo manoscritto a Papini che, per la seconda volta, decide di pubblicare. Ora, dopo la pubblicazione del precedente libro (“Gog” è del 1931, un anno prima del “Viaggio al termine della notte” di Céline) fa seguito questo romanzo alla quale Papini ha voluto dare il titolo de “Il libro nero. Nuovo diario di Gog” perché, come egli stesso afferma nell’avvertenza introduttiva, “i fogli di questo nuovo diario appartengono quasi tutti a una delle più nere età della storia umana, cioè degli anni dell’ultima guerra e del dopoguerra”.
In questo nuovo diario, oltre a nuovi incontri eccellenti – una sorta di “interviste impossibili” che Papini, attraverso la maschera di Gog, finge di aver fatto ad alcuni degli uomini più influenti della cultura, dell’arte, della scienza e della politica del tempo – con uomini del calibro di Dali, Picasso, Molotov, Hitler, Marconi, Huxley e Paul Valery, vi è anche una carrellata di una serie di (immaginari) manoscritti inediti e autografi, raccolti con zelante mania da Gog, di alcuni grandi della letteratura come Walt Whitman, Cervantes, Victor Hugo, Stendhal, Kafka, Tolstoj, Goethe e William Blake. In questo nuovo diario di Gog, migliore addirittura del primo, l’impressione che si era avuta dell’immaginario protagonista del romanzo che incarna il malato uomo moderno – quasi un demone si era detto in precedenza– muta radicalmente, quasi smentendola, con la lettura di questo nuovo lavoro.
Papini ci mostra un Gog sempre più mosso da umana pietà, che addirittura si commuove e si spaventa, mentre l’umanità pare sempre più demoniaca e priva di senno. Se nel primo romanzo Gog pareva schernire l’umanità, ora pare invece averne pena. Sempre schivo, diffidente e riservato, questo magnate giramondo, spettatore attonito delle vicende umane, non prende mai parte a nessuno dei progetti che nuovamente gli vengono proposti dagli uomini che incontra, folli o straordinari che siano. Il massimo che gli riesce di fare è finanziare, o semplicemente dare promessa di tale intento, a qualche inventore o rivoluzionario in cerca di contributi economici per portare a termine il proprio progetto innovativo. Il romanzo si apre, non per niente, con l’incontro con Ernest O. Lawrence, fisico e Premio Nobel per essere stato l’inventore e il perfezionatore del ciclotrone, il primo acceleratore circolare di particelle atomiche. L’era atomica è quella profetizzata da Papini, e la paura di una guerra nucleare il nuovo spettro che si aggira per il mondo. Ma la profezia più grande contenuta nel romanzo è quella che il nostro Gog/Papini riceve da Lin Youtang – il capitolo è infatti intitolato “Visita a Lin Youtang (o del pericolo giallo)”- di cui vale la pena riportare qualche passaggio:
“- Il popolo cinese, mi ha detto, è il popolo più pericoloso che sia al mondo e perciò è destinato a dominare la terra. Per secoli e secoli è rimasto chiuso nei confini dell’immenso impero perché credeva che il resto del pianeta non avesse alcuna importanza. Ma gli Europei e poi i Giapponesi gli hanno aperto gli occhi, gli orecchi e la mente. Hanno voluto stanarci per forza e pagheranno cara la loro cupidigia e la loro curiosità. Da un secolo i cinesi aspettano di vendicarsi e si vendicheranno.” “Il popolo cinese è astuto e paziente…In realtà i cinesi non sono né conservatori né democratici né comunisti. Sono semplicemente cinesi, cioè una specie umana a parte che vuol vivere e sopravvivere, che si moltiplica e deve espandersi per necessità biologica più che per ideologia politica.”“Il popolo cinese è immortale, sempre eguale a se stesso sotto tutte le dominazioni.” “Nessun altro popolo può sperare di sopraffarlo e di respingerlo. È un popolo scaltro e crudele, popolo di mercanti e d’imbroglioni, di briganti e di carnefici, che sa usare ai suoi fini ora l’inganno ora la ferocia. È destinato, perciò, a diventar padrone del mondo perché gli altri popoli sono più ingenui e più buoni di lui. Ci metterà il tempo che sarà necessario ma il futuro gli appartiene.”
Gog verrà ci porta a conoscenza delle conseguenze della Tecnica, del dominio della Macchina sull’Uomo, come avviene nel capitolo intitolato “Il tribunale elettronico” in cui è una macchina e non un giudice in carne e ossa a emettere le (sbrigative) sentenze; o come nel poema “Il Primo e l’Ultimo” che Gog ritrova a firma di Miguel de Unamuno, in cui il primo e l’ultimo uomo della terra (Adamo e W. S. 347926) si confrontano trovandosi in antitesi: Adamo è un uomo in carne ed ossa, pieno di emozioni, di paure e di tabù, mentre W.S. 347926 (questo è il suo nome) è una sorta di cyborg che, guardando in faccia il suo avo pronuncia le seguenti parole: “Tutto ciò che voi andate balbettando è una fila di non sensi, espressi con un gergo selvaggio, sorpassato, incomprensibile e vuoto. Per noi le parole Dio, colpa, redenzione, peccato, bene e male, non hanno più, da secoli e secoli, alcun significato.” Profetico è anche il racconto dal titolo significativo “Il nemico della natura” dove un uomo distrugge tutta la fauna che si trova davanti perché infastidito da essa, dandoci le sue insensate ragioni. Illuminante il capitolo “Ascenzia” dove viene riprodotta la commedia della democrazia; significativo il racconto “Il transvolatore solitario”, un solitario indiano che odia gli uomini e si rifugia nei cieli azzurri dell’Immenso per sfuggire alla loro mediocrità. Il capitolo “Visita a Otorikuma”, che piacerebbe tanto a Massimo Fini, sottolinea invece i paradossi della guerra moderna:
“In atlri tempi e in altre civiltà le azioni sconfitte erano obbligate a cedere territori e a pagare indennità…Ora, invece, i cpai politici e quelli militari dei paesi vinti, vengono ritenuti delinquenti e come tali processati e puniti. È questo un fatto nuovo nella storia moderna”. È da segnalare, infine, il racconto più nostalgico contenuto nel romanzo/diario intitolato “L’imbruttimento dell’Italia”, che piacerebbe tanto a un Vittorio Sgarbi, in cui viene riprodotta l’immagine di un Paese di cui, per dirla con Longanesi, non riconosciamo più né il volto né l’anima. Un romanzo da leggere, indispensabile per comprendere i mali del nostro tempo.
00:05 Publié dans Littérature, Philosophie | Lien permanent | Commentaires (0) | Tags : lettres, lettres italiennes, littérature, littérature italienne, italie, giovanni papini, philosophie | | del.icio.us | | Digg | Facebook
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