mercredi, 11 janvier 2012
Julius Evola e la metafisica del sesso. Alcune osservazioni per una lettura attualizzata del pensiero del filosofo romano
Julius Evola e la metafisica del sesso. Alcune osservazioni per una lettura attualizzata del pensiero del filosofo romano
La mia intenzione non è quella di scrivere una recensione della Metafisica del Sesso di Julius Evola (peraltro ampiamente commentato e recensito nel susseguirsi delle varie edizioni), quanto piuttosto di mettere a fuoco alcuni aspetti salienti del suo pensiero in tema di sessualità e confrontarli con le esigenze ed i problemi dell’uomo del XXI secolo. Tale approccio si inserisce in un disegno più ampio, volto a confrontare il pensiero evoliano con la contemporaneità, per verificarne l’attualità.
Un primo aspetto da analizzare riguarda quella che il pensatore chiama la “Pandemìa del sesso” nell’epoca moderna. Evola evidenzia come – anche attraverso la pubblicità, l’influenza dei media e della televisione – il sesso sia divenuto una vera manìa, un’ossessione pervasiva, nel mentre se ne è perduto il significato profondo, realizzativo nel senso dell’“uomo integrale” nel quadro di quello che egli chiama il “mondo della Tradizione”. Tale fenomeno può leggersi come una reazione smodata al clima moralistico di estrazione cattolico-borghese, alla sessuofobia tipica di una certa educazione di matrice cattolica ma anche in opposizione al puritanesimo tipico di una certa cultura protestante. Dallo squilibrio di una educazione sessuofoba si passa all’eccesso di una manìa, entrambi i fenomeni avendo però in comune lo smarrimento del senso profondo del sesso e dell’amore, come superamento del senso dell’ego, integrazione delle complementarietà e riaccostamento a quel senso dell’unità primordiale adombrata nel mito dell’androgine riportato da Platone nel Simposio ed ampiamente citato da Evola nella sua opera. Peraltro tale ossessione banalizza il sesso ed attenua l’attrazione, poiché la fisicità femminile ed il nudo femminile divengono qualcosa di così ordinario ed abituale da perdere quella carica sottile di magnetismo, di fascinazione che sono fondamentali nell’attrazione fra i sessi.
Orbene, se confrontiamo questa analisi evoliana con la realtà contemporanea (ricordiamo che Metafisica del Sesso fu pubblicato, per la prima volta, nel 1957), notiamo che il fenomeno dell’ossessione del sesso si sia accentuato, anche per effetto della diffusione della telematica, della estrema libertà di pubblicazione che esiste su Internet e quindi della possibilità agevole per gli utenti di accedervi.
Peraltro si osserva nei rapporti fra i sessi una superficialità diffusa, una incapacità di comunicare su temi di fondo, una banalizzazione dei rapporti che coinvolge lo stesso momento sessuale, visto come una pratica scissa da qualsiasi aspetto profondo, di autentica comunione animica fra i sessi.
In ciò può cogliersi una vera e propria paura di fondo, la paura dell’uomo di entrare in contatto reale con se stesso e con gli altri, di doversi guardare dentro, di doversi magari mettere in discussione. L’uomo contemporaneo – come tendenza prevalente – rifugge dall’autoosservazione ed ha sempre più bisogno di “droghe” in senso lato, di evasioni, dal caos della metropoli a certe forme di musica che abbiano un effetto di stordimento, dal “rito”degli esodi di massa nei periodi di vacanza e nei fine-settimana alla dimensione di massa che hanno anche le villeggiature balneari, in una trasposizione automatica della dimensione della metropoli che risponde ad un bisogno di stordirsi e di perdersi comunque.
L’analisi evoliana, sotto questo aspetto, è pienamente attuale, presentandosi dunque come lungimirante nel momento in cui, oltre 50 anni orsono, veniva elaborata. La crisi dei rapporti fra i sessi e del senso stesso del sesso si inquadra così nel contesto generale della crisi del mondo moderno, del suo essere, rispetto ai significati ed ai valori della Tradizione, un processo involutivo, una vera e propria anomalìa. E qui veniamo ad un ulteriore aspetto fondamentale da considerare.
La metafisica del sesso evoliana può essere adeguatamente compresa solo nel quadro della morfologia delle civiltà e della filosofia complessiva della storia che il pensatore romano elaborò e sistematizzò nella sua opera principale, Rivolta contro il mondo moderno, peraltro preceduta e preparata con vari saggi di morfologia delle civiltà pubblicati, in età giovanile, su varie riviste, come, ad esempio, il famoso saggio Americanismo e bolscevismo, pubblicato sulla rivista Nuova Antologia nel 1929. Senza questo riferimento generale e complessivo, senza questa visione d’insieme, non si comprende il punto di vista evoliano nell’approccio alla tematica della sessualità, approccio lontano sia da impostazioni di tipo moralistico-borghese, sia da forme esasperate di “pandemìa del sesso”.
Centrale è quindi il significato che Evola conferisce a quello che chiama “mondo della Tradizione”, intendendo con questo termine un insieme di civiltà orientate “dall’alto e verso l’alto”, per citare una tipica espressione evoliana; si tratta di tutte quelle civiltà che, pur nella varietà delle loro forme non solo religiose ma soprattutto misteriche (cioé iniziatiche), hanno in comune una orientazione sacrale, nel senso che esse sono ispirate dal sacro e tendono verso il sacro, inteso e vissuto come dimensione trascendente e, al tempo stesso, immanente, ossia una sacralità che entra nella storia e nell’umano, che permea di sé i vari aspetti della vita individuale e sociale di una determinata civiltà. Ogni aspetto della vita, dall’amore al sesso alle arti ed ai mestieri, diviene, in questo particolare “tono” una occasione, una possibilità di aprire la comunicazione con il Divino, quindi una opportunità di elevazione e miglioramento personale.
In questo senso il mondo moderno, come mondo desacralizzato e materialistico, rappresenta un’anomalìa, peraltro denunciata da René Guénon ancor prima di Evola (illuminanti sono, al riguardo, le pagine di apertura del libro Simboli della Scienza Sacra, ripubblicato da Adelphi) , come anche da altri Maestri della Tradizione, come Arturo Reghini in Italia e da Rudolf Steiner nella Mitteleuropa del primo Novecento.
Il concetto di un tipo di società orientata dal terreno e verso il terreno, relegante alla fede privata individuale tutto ciò che possa avere il vago sentore di un anelito spirituale, è qualcosa che appartiene esclusivamente all’epoca moderna più recente, pressappoco da Cartesio in poi e soprattutto dall’illuminismo e dalla rivoluzione francese in avanti. Fino al Medio Evo l’orientazione sacrale della vita e della società era un dato centrale e normale, mentre ora prevale la secolarizzazione, l’essere immersi in modo esclusivo nel terreno e nella storia.
Sotto questo aspetto il conflitto fra mondo islamico e mondo occidentale, al di là di certe forme esasperate e terroristiche di antagonismo culminate con l’attacco dell’11 settembre 2001– che sono soltanto un aspetto del mondo islamico – è emblematico di un diverso modo di concepire la vita e il mondo e rappresenta la piena conferma del carattere anomalo del mondo moderno laico e secolarizzato.
In questo contesto “tradizionale” si colloca la concezione evoliana del sesso e dell’amore. Centrale è il riferimento al Simposio di Platone, quindi alla visione della polarità fra i sessi – maschile e femminile – come anelito, spesso inconsapevole, alla reintegrazione dell’unità primordiale dell’androgino, poi scissa nella dualità dei sessi. In origine, secondo il mito, esisteva una specie di essere che riassumeva in sé i due sessi, che poi si scinde nelle due sessualità che noi conosciamo come distinte e separate. L’amore e l’incontro sessuale è visto quindi come superamento dei limiti individuali, come completamento e superamento del senso dell’ego, come capacità di dono di sé, di apertura all’altro, di integrazione con l’altro e nell’altro.
Fondamentale è anche il riferimento all’archetipo di Afrodite, vista nei suoi vari aspetti e nei suoi vari gradi; L’Afrodite Celeste e l’Afrodite Pandémia simboleggiano due stati e gradi dell’amore, quello spirituale e quello sensuale, quest’ultimo essendo visto come un primo grado di approssimazione esperienziale all’amore in senso alto, come Amore per il divino, come slancio fervido e raccolto verso la nostra origine spirituale. E’ importante notare come, nella visione evoliana, non vi sia scissione fra i due piani, ma come essi rappresentino, in realtà, due fasi di un unico iter ascensionale, poiché il divino non è un quid lontano dal mondo, ma si manifesta nel mondo, pur non riducendosi ad esso. A tale riguardo, si può ricordare la concezione indiana della Shakti, ossia l’aspetto “potenza” e manifestazione del divino, cioé il suo aspetto femminile, dinamico che, non a caso, è definito nei test tantrici la “splendente veste di potenza del divino” su cui l’orientalista Filippani-Ronconi ha scritto pagine illuminanti nella sua opera Le Vie del Buddhismo. Non è marginale osservare che nello shivaismo del Kashmir, ossia nelle forme del culto di Shiva tipiche di quella regione dell’India nord-occidentale, la considerazione dell’aspetto shaktico del divino si riflette nella valorizzazione sociale della donna concepita come l’incarnazione terrena di quest’aspetto shaktico e, come tale, degna di rispetto e dotata di una sua dignità spirituale secondo le vedute delle scuole shivaite kashmire. Su questo punto si rinvia il lettore alle pagine molto illuminanti di Filippani Ronconi nel suo libro VAK. La parola primordiale dove l’Autore illustra un aspetto poco noto di alcune civiltà tradizionali, che Evola descrive sempre in chiave virile-solare e patriarcale.
Altro mito platonico cui il filosofo romano si richiama è quello di Poros e Penia, che spiega l’amore come perenne insufficienza, come continua privazione. E’ l’amore inteso come “sete inesausta”, come desiderio mai del tutto soddisfatto, come continuo anelito verso un completamento di sé mai del tutto realizzato e quindi fonte di perenne e nuovo desiderio. Qui si può cogliere il nesso fra lo stato esistenziale cui questo mito allude e l’amore sensuale, come tale sempre bramoso e sempre insoddisfatto.
L’insegnamento che la sacerdotessa Diotima (iniziata ai Misteri di Eleusi) tramanda a Socrate nel Simposio, in alcune pagine che sono fra le più belle del testo – l’essere cioé l’amore sensuale solo un primo grado per poi ascendere a forme più alte di amore secondo una scala ascensionale che ha una sua continuità di gradi di perfezionamento – ci offre la cognizione di un mondo che non demonizza il sesso ma lo valorizza nel quadro di una visione ascendente della vita umana in cui la sensualità ha una sua funzione ed un suo valore, perché è il primo momento di accostamento al bello, colto nelle sue manifestazioni fisiche più agevolmente percepibili per poi ascendere, gradualmente, al bello ideale e spirituale, all’idea del bello in sé secondo la filosofia platonica che, in realtà, riprende e sistematizza, sul piano speculativo, più antichi insegnamenti misterici, com’è dimostrato dalla connotazione sacerdotale e misterica di Diotima, non a caso introdotta ai Misteri di Demetra e Persefone-Kore, che sono i misteri della femminilità e della terra, della fecondità fisica e spirituale insieme.
Possono allora comprendersi certe forme cultuali del mondo antico inconcepibili secondo la visuale cristiana, quali, ad esempio, la prostituzione sacra, presente nel culto di Venus Erycina ed in quello di Venere Cupria. La sacerdotessa, quale incarnazione di una potenza sacra, si univa sessualmente con l’uomo devoto a quel culto, perché così il fedele entrava in contatto con la sacralità della dea Venus. L’atto sessuale era quindi un veicolo di comunicazione con il divino, un sentiero di contatto e di unione con la trascendenza. Si comprende allora anche la sacralizzazione del fallo, testimoniato dall’iconografia e dal culto del dio Priapo e dalle processioni in onore di Dioniso (le falloforie), dove si portavano in mostra le rappresentazioni falliche quali epifanie del dio, presenti del resto nella religione egizia, quali ierofanie di Osiride, nel quadro dei Misteri egizi isiaci ed osiridei. Ancora oggi, in Giappone, si celebra annualmente una ricorrenza religiosa in cui le rappresentazioni falliche come oggetti sacri sono portate in processione.
La sessualità era quindi vista come una manifestazione della potenza del divino, una irruzione della trascendenza nell’immanenza della vita terrena, un segno delle possibilità più alte presenti nell’uomo. Non è certo un caso che il neoplatonismo rinascimentale e, in particolare, Marsilio Ficino (nel suo Commento al Simposio di Platone), si sia richiamato a questa visione sacrale dell’amore, sebbene rimarcando un più netto iato fra materia e spirito, per effetto dell’influenza cristiana, ma comunque accogliendo l’idea generale di un accostamento per gradi al Bello, da quello fisico a quello spirituale.
Particolare attenzione è data dal pensatore romano alla sessualità nei Misteri antichi e, in particolare, in quelli di Eleusi, alle forme rituali di ierogamìa, di unione sessuale sacra fra un uomo e una donna nel quadro sacerdotale misterico così come molta attenzione è data alle forme ed alle procedure della magia sesssuale, soprattutto con riferimento alle scuole tantriche induiste e buddhiste, nelle quali la sessualità viene utilizzata, con diversità di metodiche fra una scuola e l’altra, per attivare una superiore integrazione della coscienza e quindi uno stato di illuminazione interiore che si desta nel momento in cui si ha il contatto reale con il Sacro. Evola avverte anche sui pericoli insiti in alcune metodiche tantriche e mette in guardia il lettore da certi atteggiamenti superficiali di imitazione di pratiche che si collocavano in un contesto ambientale e culturale molto diverso, anche sotto il profilo della carica energetica presente in certe confraternite antiche.
Il problema di fondo che si pone è se e come tale visione sacrale del sesso possa essere praticata e realizzata nel quadro del mondo moderno e post-moderno, nell’era della rivoluzione tecnologica, informatica e telematica, in un ambiente desacralizzato e laicizzato. Certe forme cultuali e rituali (ierogamie, procedure tantriche) presupponevano l’esistenza dei Misteri, dei collegi misterici, dei sacerdoti e dei maestri spirituali, che sono del tutto assenti nell’età oscura, nel kali-yuga dei testi indù.
Si ripropone quindi, in tema di sessualità, lo stesso problema che si presenta in linea generale per le possibilità di realizzazione spirituale che sono offerte nel mondo moderno ed in quello contemporaneo (distinguiamo i due termini perché il post-moderno si presenta come un’epoca con caratteri già diversi da quelli della modernità industriale dell’800 e del ’900), alla luce del processo di solidificazione materialistica che si è svolto , con ritmi sempre più accelerati, nell’uomo e nel mondo e di cui Guénon ci ha parlato nella sua opera Il regno della quantità ed i segni dei tempi.
Credo che occorra partire da un dato: venuti meno i supporti rituali e misterici delle civiltà antiche, con l’affermazione del cristianesimo in una chiave di esclusivismo fideistico, e con lo sviluppo scientifico e tecnico che parte da una visione materialistica del mondo, si sono avute tre conseguenze che così possiamo brevemente schematizzare:
- l’uomo è rimesso a sé stesso perché non ha più supporti per la sua realizzazione in senso esoterico;
- l’uomo percepisce se stesso come coscienza individuale e non più come parte di un tutto. L’uomo di una gens antica, per intenderci, o il giurista del diritto romano ancora in età imperiale, percepiva se stesso come parte integrante di una gens o di una tradizione religiosa e culturale; la sua percezione di sé era allargata ad un insieme sovraindividuale. Oggi prevale invece una autopercezione atomistica dell’uomo;
- il “mentale” dell’uomo moderno è molto più forte rispetto a quello dell’uomo delle civiltà tradizionali, in cui prevaleva uno stile di pensiero sintetico-intuitivo che si rifletteva anche nella maggiore concisione linguistica, come è il caso del latino, lingua celebre per la sua efficace capacità di sintesi. Ciò vuol dire che l’uomo tradizionale, col suo “astrale”, cioé col mondo delle emozioni, entrava in contatto col dominio spirituale senza la mediazione del mentale, o almeno tale mediazione era molto più attenuata, essendo la mente una mente immaginativa, cioé sintetico-intutiva.
In questo contesto e con tali condizioni, l’iniziazione, oggi, può essere solo una iniziazione moderna, ossia praticabile in forme adatte alle condizioni dell’epoca.
Una realizzazione spirituale può essere attualmente solo un percorso di consapevolezza, una via dell’anima cosciente, imperniata sulla disciplina e la semplificazione della mente e sull’armonia mente-cuore.
Un approccio di tipo ritualistico non sembra adatto alle condizioni del nostro tempo, o quantomeno quell’approccio può avere un senso solo se preceduto e seguito da un continuum di operatività interiore consapevole, di azione modificatrice su se stessi e in se stessi.
Il campo della sessualità si colloca nel medesimo ordine di idee. Al sesso banalizzato e brutalizzato o alla sessuofobia di certe tendenze religiose va posta come alternativa la sessualità vissuta come consapevolezza del suo senso pieno e profondo, quindi preparata, propiziata e integrata da determinate pratiche meditative di cui ci parla ampiamente l’esoterista Massimo Scaligero nella sua opera Manuale pratico di meditazione e che risentono chiaramente dell’influenza di certe forme meditative indiane e yogiche adattate alla mentalità occidentale, sulla base degli insegnamenti della “scienza dello spirito” tramandata e rielaborata da Rudolf Steiner.
La lezione evoliana apre orizzonti profondi sulla sessualità nel mondo della Tradizione e consente di prendere coscienza delle regressioni e dei limiti che, anche in questo campo, si sono verificati nel mondo moderno. Crediamo, però, che tale lezione vada affiancata e integrata dagli interventi di altri Maestri, per maturare in sé la prospettiva pragmatica e concreta di una via dell’anima cosciente.
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Tratto, col gentile consenso dell’Autore, dal mensile Fenix, n°38, dicembre 2011, pagg. 86-90.
Stefano Arcella
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