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mardi, 22 novembre 2011

Der tragische Mythos der Geheimgesellschaft Acéphale

Der tragische Mythos der Geheimgesellschaft Acéphale

Der von Georges Bataille am Vorabend des Zweiten Weltkriegs entworfene Mythos des »Acéphale« und die gleichnamige, auf ihm begründete Geheimgesellschaft, um die es in diesem Buch geht, reden nicht der Kopflosigkeit das Wort; sie fordern die Abschaffung aller sozialen Strukturen, die von einem einzigen Kopf, sei es ein Gott, traditioneller Souverän oder faschistischer Führer, beherrscht werden. »Acéphale«, der Mythos einer »führerlosen Gemeinschaft«, ist als ein
leidenschaftliches Plädoyer für den Pluralismus, die Vielköpfig- und Vielstimmigkeit zu verstehen.

Rita Bischof rekonstruiert einen Ausschnitt aus der Geschichte der französischen Intellektuellen der Zwischenkriegszeit, über die bislang
nur die wildesten Spekulationen in Umlauf waren. Dabei tritt ein dichtes Netz ans Licht, das die französische mit der deutschen Philosophie eng verknüpft.

Tragisches Lachen

Rita Bischof

Tragisches Lachen
Die Geschichte von Acéphale
368 Seiten, gebunden mit Schutzumschlag
ISBN 978-3-88221-689-9
€ 34,90 / CHF 49,90

Stimmen


»...eine sehr kundige Analyse … eine sehr ideenreiche und inspirierende Neuinterpretation der Philosophie Batailles und somit unentbehrlich für jeden philosophisch und historisch Interessierten: ein Meisterwerk. Der Verlag Matthes & Seitz hat das Buch, gewohnt hochwertig in einer bibliophil gestalteten Hardcover-Ausgabe besorgt...hier bleiben wirklich keine Wünsche offen.«
Patrick Kilian, IKONEN, 15. August 2011

»Rita Bischof ist mit Tragisches Lachen. Die Geschichte von Acéphale ein großer Wurf gelungen. Bei der Rekonstruktion von Georges Batailles Geheimgesellschaft Acéphale spürt sie die Baupläne eines linken Sakralen auf, mit dem der Kampf gegen den Faschismus auf spiritueller Ebene geführt werden sollte.«
Frank Raddatz, Theater der Zeit, März 2011

»Bischofs Buch „Tragisches Lachen“ ist nicht nur eine kleine Kulturgeschichte, sondern auch eine kluge Soziologie männlich dominierter Intellektuellenzirkel.«
Dresdner Kulturmagazin, Dezember 2010

»Ein wenig bekanntes und von Legenden umranktes Kapitel aus der französischen Philosophiegeschichte am Vorabend des Faschismus beleuchtet die ausgewiesene Bataille-Kennerin Rita Bischof in ihrem Buch über die Geheimgesellschaft Acéphale
Uwe Schütte, Wiener Zeitung, 4./5. Dezember 2010

Il culto della Dea Feronia, tra storia e mistero

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Il culto della Dea Feronia, tra storia e mistero

Divinità dai molteplici aspetti, posta a tutela dei boschi e degli animali selvaggi, i malati ed addirittura gli schiavi liberati

Umberto Bianchi

Ex: http://rinascita.eu/

Passando per l’Autostrada del Sole in direzione Firenze, poco prima di arrivare al casello di uscita per la cittadina di Fiano romano, potrete notare delle indicazioni che vi avvisano della presenza di “Lucus Feroniae”, un sito archeologico la cui silenziosa presenza sembra lì stonare vistosamente con l’andirivieni di automobili e con il coacervo di fabbrichette, depositi e centri residenziali che puntellano la campagna lì intorno. Un sito interamente dedicato ad una figura, quella della Dea Feronia, tra le meno conosciute e pubblicizzate tra quelle del pantheon delle divinità italico-romane, ma non per questo, meno importante.
A lei era dedicato un importante santuario sul Monte Soratte oltre a quello di Trebula Mutuesca, Terracina, Praeneste, nella regione dell’Etruria e presso l’area sacra di Largo Argentina, in Roma. Una figura di non poco conto, quindi. Cominciamo con il dire che Feronia appartiene a quelle figure divine di transizione, a mezza strada tra il mondo pre-indoeuropeo e quello indoeuropeo, propriamente detto. Dea dai molteplici aspetti, è posta a tutela di quella natura selvaggia, di cui protegge i boschi, gli animali selvaggi (da cui “ferae”-“feronia”), le messi, i malati ed addirittura gli schiavi liberati. Un aspetto, quest’ultimo, che inconsueto nella sua apparenza è invece strettamente legato alla sua natura di divinità preposta ai mutamenti di stato. Infatti a Roma ed in Etruria, Feronia è anche dea del fuoco e della fecondità sia del suolo, che degli animali, che dell’uomo. Quanto fuoriesce dalla terra alla luce del sole, è posto sotto la sua protezione, in primis le acque sorgive, simbolo di quel perenne e spontaneo scorrere della vita di cui la dea è protettrice. Una divinità della vita e della natura, intese nella loro accezione più selvaggia.
Feronia, ci riporta all’immagine della “potnia tòn teròn”, divinità la cui natura non è unicamente preposta alla generazione, ma ad altrettanti variegati significati e funzioni e fa per questo il pari con dee come Diana, Artemide, Fortuna Primigenia, Angerona, Ops, Muta ed Ancaru o figure semi divine come Circe, Stige, Acca Larentia, Anna Perenna ed altre ancora, provenienti dall’ambito pre-indoeuropeo, legate all’idea di matriarcato ed al culto della Dea-madre. In un contesto simile, l’elemento femminile assumeva una decisiva preponderanza anche all’interno dei vari pantheon divini, grazie al proprio ruolo di fecondità e perpetuazione della specie. Divinità come Madre Terra, Demetra, Ecate, Cerere e via dicendo, anche se ridimensionate o addirittura accantonate nel ruolo di “dee otiosae”, stanno a testimoniare quanto sin qui detto. Fecondità, tutela della natura nei suoi aspetti più selvaggi, ma anche passaggio di stato, accostano dee come Feronia alla realtà dello sciamanesimo, pratica questa sulla cui esistenza nel mondo classico, esistono pareri discordi, proprio a partire da autori come Mircea Eliade. La figura dello sciamano possiede la facoltà di muoversi tra la dimensione dei vivi e quella dei morti, di quegli spiriti della vita e della morte con cui a volte deve intraprendere dei serrati combattimenti per addivenire alla guarigione del proprio miste. Lo schiavo può, in tal senso, esser visto ed interpretato come un morto vivente a cui viene fatto dono di una nuova vita, attraverso il passaggio allo stato di libero. Feronia riesce ad attribuire al proprio mostruoso figlio Erilo tre anime e tre corpi, (per piegare le quali, il mitico re Evandro dovrà impegnarsi in una lotta estenuante) ricalcando in questo quella tripartizione costitutiva, alla natura sciamanica tanto cara. A Feronia viene anche attribuito il controllo sugli elementi naturali. A Terracina dove Feronia ricopre il ruolo di madre e nutrice di Juppiter Anxurus, il bosco antistante al complesso templare è costantemente rinverdito dalla Dea. Il saccheggio del tempio del Lucus Feroniae, operato dalle truppe cartaginesi al seguito di Annibale, è ostacolato da piogge e fulmini. Non solo. Feronia è alter ego di quella Fortuna a cui è dedicato il tempio a Praeneste, fondata da Ceculo, concepito nel ventre di una vergine da una favilla di fuoco, elemento sacro anche a Vulcano, il dio-fabbro, ma del quale la stessa Feronia/Fortuna possiede una assoluta padronanza. Quello stesso fuoco che, sotto forma di fallo, feconderà Ocrisia, serva in casa di Tarquinio Prisco, e porterà alla nascita del penultimo re di Roma: Servio Tullio. Dunque il fuoco distruttore, sotto l’auspicio degli dei, figura anche come elemento portatore di fecondità nel caso di natali illustri, come per Ceculo e Servio Tullio ed il suo dominio rientra anche tra i poteri sciamanici, in un impressionante parallelismo con quanto si verifica nelle relazioni tra fabbri e sciamani nei mitologemi dell’Asia centrale. Ceculo nasce con un difetto agli occhi, è semi cieco al pari di Fortuna-Feronia che elargisce indifferentemente agli umani fato positivo e negativo, riportandoci in tal modo alla cecità (molte volte simbolica!) degli sciamani, riguardo alla lettura ed all’assegnazione della sorte. Ma quella di Feronia è anche la figura di una dea i cui poteri sono ai più sconosciuti e manifesti unicamente attraverso i propri paredri o gli animali sacri a lei dedicati. Primo paredro della dea è Marte, dio del primo mese dell’antico anno romuleo. Il Marte romano è un dio principalmente legato al ciclo delle messi; egli è difatti dio dei campi e del raccolto (exercitus) ed in quanto tale dio del cibo, oltrechè divinità guerriera, garante di quel ciclo di vita, morte e rinascita, impetuoso ed irruento come la forza degli elementi a cui sovrintende. Secondo paredro di Feronia è Apollo Sorano, dal santuario di questa divinità sul monte Soratte ed i cui sacerdoti, gli Hirpi Sorani erano i particolari rappresentanti. Vestiti di pelli di lupo, costoro correvano sul fuoco a piedi nudi, per simboleggiare la corsa dietro al sole dispensatore di vita e di calore. Apollo è qui inteso quindi nel suo lato solare, espressione di un ciclo tutto imperniato sulla ciclica ascesa e discesa del Sole verso le tenebre. Di conseguenza tutte le varie confraternite guerriere uomo-lupo/cane, presenti in gran numero nell’antichità italica e romana, sono legate alla solarità. Ritorna quindi con prepotenza il motivo di una ciclicità legata all’uno o all’altro fenomeno della natura, l’alternanza tra luce e tebre o tra le stagioni, per ribadire l’apparentamento tra Feronia/Fortuna a Diana, Ana Hita, Anna Perenna, sino alla cristiana Befana, tutte figure accomunate dalla desinenza “ana/cibo”, di cui la divinità italica si fa garante attraverso legami ed apparentamenti mitologici e linguistici inusitati. Una ciclicità, il cui doppio volto si evince da simboli archetipi come la “labrys” o ascia bipenne o attraverso festività come il Carnevale, legate al capovolgimento delle stagioni.
La vicenda di Feronia dea dai mille volti, ci riporta al tema fondamentale, cioè quello della natura di una religiosità le cui figure tendevano “motu proprio” ad un’intercambiabilità e ad un’interconnessione di ruoli e figure, quanto mai inusitate per la quadratura mentale di un contemporaneo occidentale. L’idea di un politeismo strettamente legato ad una rigida classificazione e suddivisione di ruoli è, in molti casi, fuorviante ed errata, poiché risente dell’impostazione classificatoria tipica di una scienza, molte volte attaccata a quanto mai ammuffiti parametri evoluzionistici. Il politeismo riuscì invece ad essere un sistema di rappresentazione concettuale “elastico”, cioè in grado di garantire e contemperare la molteplicità degli aspetti della realtà nella loro interconnessione ed il richiamo con il sovrannaturale. Qui la sostanza delle cose si manifesta nella propria immediatezza in miti, immagini e rituali, sottolineando la propria misteriosa complessità attraverso continui rimandi tra divinità o tra immagini mitiche a loro volta connesse con l’uomo. Le divinità più antiche sovente lasciavano spazio a quelle più recenti, rimanendo inattive/”otiosae”, senza però perdere la propria specificità divina. E’ il caso di Saturno, Gea, Quirino, solo per citare alcune tra le innumerevoli figure divine accomunate da questo singolare status.
Il sistema politeista tende quindi all’adorazione del divino, attraverso le sue trasfigurazioni o “ierofanie” negli infiniti aspetti di una realtà spesso ambivalente e contraddittoria, arrivando di conseguenza all’adorazione della realtà stessa. Alla base di questo stato di cose, sta l’immediatezza della percezione dell’essenza della realtà e della propria totale osmosi con essa che caratterizzava l’uomo dell’antichità, grazie al continuo dialogo con la dimensione del sovrannaturale, garantito dall’impostazione di pensiero tradizionale.
Tale percezione aumenta con il retrocedere nel tempo, come testimoniato da quelle forme di religiosità chiamate “animiste” e caratterizzate da una spontanea e multiforme presenza di spiriti o “anime”che, coincidenti con i vari aspetti della realtà presi in esame, finiscono con il conferire vita autonoma e divina a tali aspetti. Il mito stesso, con il proprio atemporale districarsi di vicende, ricopre la funzione di ricordare tale immediatezza nei rapporti uomo-sovrannaturale. La vetusta prospettiva evoluzionista che vedeva nelle forme di religiosità tribali e più arcaiche il frutto di involute modalità di pensiero, così come prospettato da Tylor, Frazer e con lo stesso tema freudiano del totemismo, risulta oggi per lo più superata. A partire dall’irrompere della prospettiva “culturalista” di Frobenius per l’antropologia, da una parte, della psicologia analitica junghiana e della filosofia esistenzialista degli Heidegger e degli Jaspers, dall’altra, vi è stato un autentico rivolgimento delle prospettive. La pretesa arcaicità di talune culture potrebbe invece esser rivelatrice di quella immediatezza di relazioni di cui abbiamo poc’anzi parlato, espressa da quel sentimento estatico di oceanica appartenenza ad un tutto. Potremmo addirittura affermare che lo stadio di primigenia animalità della razza umana nei suoi stadi precedenti all’ ominazione, sia invece il momento più completo di quanto sin qui descritto. E qui arriviamo al punto focale dell’intera questione.
Con l’andare del tempo, con lo svilupparsi della coscienza, si va perdendo quella immediatezza di rapporti con il divino e quindi con il senso più recondito della realtà. La cristallizzazione in un rituale, la rappresentazione mitica, prima orale poi scritta, rappresentano un primo, tangibile segnale di questa inarrestabile china. Se gli antichi avevano una maggior possibilità di relazionarsi direttamente con il sovrannaturale, tale prospettiva va completamente perduta con l’arrivo delle religioni rivelate e del monoteismo. Qui la manifestazione del divino è mediata da un uomo, la cui presenza sta lì a ricordare, rammemorare, l’esistenza di un dimensione “altra” attraverso la propria parola e sinanche azione, volta a rievocare ciò che è da secoli divenuto oramai invisibile e, per ciò stesso, opinabile e soggetto quindi alla corrosiva azione della “doxa/opinione”.
Una sola realtà un solo dio, ma anche un solo modello di sviluppo politico prima, economico dopo. E’ l’asfissiante globalizzazione che oggi tutto svilisce ed appiattisce, nel proprio impeto di universale mercificazione di uomini, cose e valori.
Ma la nostra splendida penisola, sebbene vilipesa da alluvioni, mondezza e cementificazioni, è ancora lì, con la sua natura, i suoi santuari, i suoi resti senza tempo, le sue dee, ad illuminarci ancora una volta la strada ed a mostrarci quelle radici, quell’eterno Archetipo da cui poter far ripartire il motore di una Storia, che non ha mai smesso e mai smetterà di stupire.


11 Novembre 2011 12:00:00 - http://rinascita.eu/index.php?action=news&id=11458

lundi, 21 novembre 2011

Un affront fait à Hergé!

Un affront fait à Hergé

Lu dans “La Tribune de Genève”, le 3 novembre 2011:

TINTIN-affiche-film-spielberg.jpg“Neuchâtel, 26 octobre.

A propos des aventures de Tintin au cinéma

Ce Tintin version Hollywood contredit la technique de la ligne claire des albums. On est bien loin de la bande dessinée. Tintin, Haddock, les Dupond/t n’ont aucune ressemblance avec les personnages originaux. C’est un affront à Hergé. Ce Tintin, c’est une version à l’américaine, faite par un Américain, ça n’a rien à voir avec des bandes dessinées. C’est une question d’argent pour Spielberg, un point c’est tout! Pauvre Tintin”.

Michel Roy.

La chute de Berlusconi annonce la liquidation de l’ENI

 

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Filippo GHIRA:

La chute de Berlusconi annonce la liquidation de l’ENI

Washington et Londres veulent que l’Italie n’ait plus ni politique énergétique propre ni souveraineté nationale

(...) Notre pays est un pays frontière, un pont entre l’Europe et l’Afrique du Nord: depuis 1945, il a cherché, sans vraiment réussir, à reprendre pied en Afrique et à se tailler un espace autonome dans toute l’aire méditerranéenne. Bettino Craxi, par exemple, avait réussi à renouer des contacts assez étroits avec les pays du Maghreb et avec la Palestine de Yasser Arafat. Même si l’Italie est restée fidèle à l’Alliance atlantique —elle ne pouvait pas faire autrement— elle a tout de même défié les Etats-Unis à l’occasion de la prise du navire Achille Lauro et lors de l’affaire Sigonella, revendiquant fièrement sa souveraineté nationale (...). Berlusconi a accueilli dans son parti bon nombre de cadres de l’ancien PSI de Craxi, ce qui avait fini par générer une approche similiaire des rapports italo-arabes. Berlusconi avait ainsi réussi à restabiliser les rapports entre l’Italie et la Libye de Khadafi, mais si on peut juger ridicule ou embarrassante la performance de l’an passé sur la Piazza di Siena. L’Italie avait récemment pris acte du fait que la Libye, qui fut une colonie italienne, est un pays voisin avec lequel il faut avoir —quasi physiologiquement— des rapports très amicaux, qui vont bien au-delà de simples fournitures de gaz ou de pétrole. Ce n’est donc pas un hasard si ce furent nos propres services militaires (le SID) qui aidèrent Khadafi à prendre le pouvoir en 1969; ce n’est pas un hasard non plus si ce sont d’autres services italiens (le SISMI) qui ont plusieurs fois sauvé le Colonel de plusieurs tentatives de coup d’Etat, successivement soutenus par l’Egypte, les Etats-Unis ou Israël.

La récente révolution libyenne a été, en réalité une révolte financée par Washington, Londres et Paris. La fin de Khadafi, qui en a été la conséquence, a certainement été pour Berlusconi une sorte d’avertissement. Depuis la chute du Tunisien Ben Ali, que le SISMI avait aidé à monter au pouvoir, à la suite d’une intrigue de palais, le message est donc bien clair: l’italie n’a plus aucun appui sur son flanc méridional; il ne lui reste plus que la seule Russie. Et ce n’est donc pas un hasard non plus si Poutine lui-même et Gazprom, à la remorque de l’ENI, sont entrés en force en Libye pour y développer la production de gaz et de pétrole. Les tandems italo-libyen et italo-russe, consolidés par Berlusconi, ont permis de forger des liens qui risquent d’être réduits à néant, avec le nouveau gouvernement technocratique de l’Italie qui sera plus orienté dans un sens “atlantiste” et “nord-européen”.

Les liens, y compris les liens personnels, que Berlusconi avait réussi à tisser avec Poutine, ne doivent pas être simplement banalisés sous prétexte qu’ils concernent la vie privée des deux hommes d’Etat. En réalité, Berlusconi favorisait la pénétration d’ENI et d’ENEL en Russie car il se rendait parfaitement compte qu’il fallait à tout prix renforcer des liens avec le premier pays au monde disposant encore de gisements jusqu’ici inexploités de gaz et de pétrole. Cette position économico-politique était partagée par Prodi qui avait accompagné à Moscou les dirigeants de l’ENI pour aller y signer des contrats de fourniture de gaz, valables jusqu’en 2040. On y avait également signé un contrat ENEL visant l’acquisition de l’OGK-5, une des premiers groupes énergétiques nationaux.

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Autre initiative de Berlusconi et de l’ENI, qui fut très peu appréciée par Londres et par Washington: celle de torpiller la réalisation du fameux gazoduc “atlantiste”, Nabucco, que cherchaient à nous imposer les Etats-Unis pour pouvoir encercler la Russie par le Sud. Ce gazoduc, incroyable mais vrai, recevait de solides financements de l’UE. Cette initiative, patronnée par les Américains, entendait faire transiter par la Turquie et la Géorgie le gaz de l’Azerbaïdjan, pour l’acheminer ensuite vers la bifurcation de Baumgarten en Autriche, où arrivent plusieurs gazoducs russes. Berlusconi et l’ENI, au contraire, soutenaient le gazoduc “South Stream” qui part de la Russie, traverse la Mer Noire pour arriver en Bulgarie et passer par la Grèce et se diriger ensuite vers l’Italie et l’Autriche. Cette entreprise peut franchement être qualifiée d’ “eurasiatique”, d’autant plus qu’elle bénéficie d’une forte participation allemande. Mais elle est peu appréciée par les Britanniques et les Américains. Ces deux pays ne peuvent accepter qu’une nation européenne, quelle qu’elle soit, puisse normaliser des rapports trop étroits avec la Russie sur le plan énergétique, alors qu’un rapport énergétique avec la Russie est assurément plus “physiologique” que tous ceux que veulent nous imposer les Etats-Unis avec les pays arabes producteurs de pétrole qui sont leurs satellites.

La Grande-Bretagne, elle, a toujours voulu se maintenir en Méditerranée. Elle profite aujourd’hui de l’attaque de l’OTAN contre la Libye pour y revenir en force. Pour s’y asseoir encore plus solidement, elle oeuvre contre Berlusconi et contre l’ENI via les gnomes de la City. Les spéculations financières auxquelles celle-ci s’adonne, en parfaite syntonie avec Wall Street, ont fait le siège de notre pays dans le but de jeter le doute sur sa solvabilité et obliger ainsi le gouvernement en place à revoir complètement ses programmes financiers futurs. Simultanément, ces spéculations ont pour objectif de faire passer l’idée que le gouvernement en place est trop faible, s’est disqualifié, et s’avère dès lors incapable d’assainir les comptes publics et de redonner confiance au monde de la finance. Tout cela n’est que la raison apparente de la crise italienne. En réalité, nous faisons face à la tentative  —qui réussira probablement vu que c’est Mario Monti qui remplacera sans doute Berlusconi— de parachever le processus commencé en 1992 avec la fameuse Croisière du Britannia.

Le 2 juin 1992, jour de la Fête de la République, alors que la campagne “Mani pulite” (= “Mains propres”) battait son plein et donnait d’ores et déjà l’impression que la Démocratie Chrétienne (DC) et le PSI, piliers du système politique en place à l’époque, seraient bientôt balayés, une impressionnante brochette de managers des entreprises à participation étatique accepte de s’embarquer sur le yacht royal britannique pour une croisière d’un seul jour. Au cours de cette croisière, organisée par “British Invisible”, une société qui promeut les produits “made in Britain”, on explique aux managers des entreprises d’Etat  italiennes qu’il est nécessaire de privatiser. A bord, nous trouvions Mario Draghi, à l’époque directeur général du Trésor: ce fut lui qui géra par la suite les privatisations; entretemps, il prononça un discours d’introduction et fut le premier à partir. La suite des événements prouva qu’il ne s’est pas agi d’une simple conférence sur les privatisations, qui n’avait d’autres but que d’être prononcée: en automne de la même année, la City spécule contre la lire italienne qui doit être dévaluée de 30%, ce qui permettait de vendre plus aisément diverses entreprises publiques. Par la suite, avec les gouvernements Prodi, D’Alema et Amato, 70% des parts de l’ENI et de l’ENEL sont jetés sur le marché, prévoyant du même coup que 30% de la masse restante, c’est-à-dire 21% du total, seraient offerts aux investisseurs internationaux, c’est-à-dire anglo-américains, ceux-là mêmes qui cherchent aujourd’hui à mettre la main sur les 30% restants de l’ENI. Le gouvernement Monti sera très probablement fort heureux de les vendre, en prétextant de pouvoir ainsi diminuer la dette publique. On peut aussi imaginer que le gouvernement Monti bénéficiera de l’appui de Fini, le postfasciste devenu philo-atlantiste, ainsi que de celui de Casini, qui représente l’héritage de la DC au sein du monde politique italien d’aujourd’hui. Cette démocratie chrétienne s’était toujours opposée à la politique autonome de l’ENI au temps d’Enrico Mattei qui, lui, voulait assurer l’indépendance énergétique et préserver la souveraineté nationale de l’Italie.

Filippo GHIRA.

( f.ghira@rinascita.eu ).

(article paru dans “Rinascita”, Rome, 12 novembre 2011; http://rinascita.eu ).

16 cose che la Libia non vedrà mai più

16 cose che la Libia non vedrà mai più

1. Non esiste bolletta dell’energia elettrica in Libia; la fornitura di elettricità è gratuita per tutti i suoi cittadini.
2. Non si applicano tassi di interesse sui prestiti, le banche in Libia sono nazionalizzate e i prestiti vengono erogati a tutti i suoi cittadini ad interessi zero per legge.
3. Avere una casa è considerato in Libia un diritto umano.
4. Tutte le nuove coppie in Libia ricevono 60.000 Dinari (50.000 dollari statunitensi) dal governo per l’acquisto della prima casa, in modo da aiutare le nuove famiglie.
5. Educazione e cure mediche sono gratuite in Libia. Prima di Gheddafi solo il 25% dei Libici risultava istruito. Oggi la percentuale è pari all’83%.
6. Per i Libici interessati ad avviare una attività agricola, il governo fornisce a titolo gratuito terreno agricolo, un fabbricato rurale, macchinari, sementi e scorte animali.
7. Se i Libici non riescono a trovare in patria le strutture educative o le cure mediche di cui necessitano, il governo mette loro a disposizione una somma per soddisfare questi bisogni all’estero, non solo pagando le spese, ma donando ulteriori 2.300 dollari al mese per le spese di alloggio e l’uso di un’automobile.
8. Se un cittadino libico deve acquistare un’automobile, il governo interviene coprendo il 50% del costo.
9. Il prezzo della benzina in Libia è pari a 0,14 dollari al litro.
10. La Libia non ha debito estero e le sue riserve, pari a 150 miliardi di dollari, sono oggi interamente congelate.
11. Se un cittadino libico non riesce a trovare lavoro dopo la laurea, lo Stato gli/le paga un salario pari al valore medio del salario relativo alla professione esercitabile, fino a che il disoccupato non trova lavoro.
12. Una quota di ogni vendita petrolifera viene accreditata direttamente sui conti bancari di tutti i cittadini libici.
13. Una madre che mette al mondo un figlio riceve dal governo una somma pari a 5.000 dollari.
14. 40 pagnotte di pane in Libia costano 0,15 dollari.
15. Il 25% dei Libici è in possesso di un diploma universitario.
16. Gheddafi ha portato a compimento il maggiore progetto di irrigazione al mondo, noto come progetto del “Grande Fiume Artificiale”, per rendere l’acqua disponibile anche nei territori desertici.

Fonte: disinfo

[Traduzione di L. Bionda]