Per risolvere la crisi economica in atto i nostri politici suggeriscono di aumentare i consumi, rimedio pericoloso per l’ecosistema e per il senso morale poiché suggerisce di comprare e discaricare oggetti con maggiore frequenza. Questo, poi, in un sistema globalizzato rischia di far aumentare le importazioni di prodotti finiti da altre nazioni che, sfruttando oltre ogni limite la loro manodopera, possono permettersi una concorrenza sleale. Diversamente, cioè comprando prodotti italiani, si aumenterebbe comunque l’importazione di materie prime generando ugualmente più forti passivi di bilancio con conseguente pericoloso esborso di interessi passivi sul debito. In ultima analisi si avvantaggerebbe solo il sistema bancario. Gli economisti, invece, suggeriscono di fare investimenti per aumentare la produttività rischiando di far sprecare risorse in quanto la recessione generale mette in forse la possibilità di vendita sia all’interno che all’estero. […]
Si deve evitare di perpetuare il potere delle banche internazionali che si basa su di un grave sfruttamento del lavoro e dei consumatori.
L’economia classica è funzionale al potere parassitario degli attuali signori del denaro e non può portare soluzioni positive ai problemi perché ha già fallito con disastri ancora non del tutto calcolabili. Economisti e politici, con una modestia che purtroppo non hanno mai dimostrato, studino con attenzione come si fece in Italia ad attenuare la crisi economica del 1929, anche allora iniziata negli Stati Uniti. L’Italia era stata oggetto di sanzioni gravissime da parte degli stati aderenti alla Società delle Nazioni, angloamericani e francesi in primis. Era stata costretta a ricorrere ad una autarchia dispendiosa e di complessa realizzazione. Certo allora eravamo governati da un dittatore che in realtà tale non era potendo solo legiferare, come anche ora spesso avviene, per decreti. Questi dovevano essere poi approvati dai due rami del parlamento, Camera della Corporazioni che rappresentava il mondo del lavoro, della cultura e delle arti, e Senato del Regno, di nomina regia e quindi non controllabile dal cosiddetto dittatore. Comunque il sistema era basato su di un consenso popolare di gran lunga superiore a quello dei governi attuali che sono oggetto di grande dissenso e critiche perché non prendono in nessuna considerazione i bisogni delle famiglie. Il successo fu dovuto alla scelta di leggi e di uomini. Vediamo che cosa dovrebbero recepire gli studiosi dall’esame del passato per trovare le cause e i rimedi ai guasti di oggi: 1) Innanzitutto lo studio del passato dimostra che un sistema globalizzato non è utile al miglioramento della condizione dei popoli ma è solo un meccanismo favorevole all’accentramento del dominio politico planetario da parte della finanza. Se mai, invece, la globalizzazione porta in sé i germi di mali incontrollabili, come inflazione, stagflazione, deflazione. il libero mercato non è che una formula ipocrita per favorire i gruppi commerciali più forti e non certo per aumentare il benessere e la libertà di tutti. In un sistema caratterizzato dal gigantismo e dalla liberalizzazione dei monopoli statali, la concorrenza non può verificarsi per gli incroci di possesso di azioni fra gruppi che dovrebbero confrontarsi sfidandosi con l’abbassamento dei prezzi, ma che non lo fanno perché avvantaggerebbero un’azienda e ne danneggerebbero un’altra, sempre di loro proprietà. In conclusione gli incentivi alla produzione ed al consumo possono avere effetti solo in mercati circoscritti e che si possano proteggere con sistemi doganali efficaci, cosa che viene demonizzata in ogni modo dal pensiero unico democratico. Nelle recenti riunioni del “G8” e del “G20” si è stabilito che i rimedi devono essere uguali e concordati in tutto il pianeta ma si attende quanto proporrà il neopresidente Obama non appena sarà integrato nelle sue funzioni. In sostanza si aspetta il verbo del presidente del paese che ha generato la crisi, che ha tutte le intenzioni di farla pagare agli altri, che continuerà sulla strada del liberismo che ha creato questa devastazione per i risparmiatori di tutto il mondo. Egli ha condotto la campagna elettorale (come del resto pure il suo avversario Mac Cain) con i soldi dei banchieri che ora controllano il suo operare. Si parla di una nuova Bretton Wood per mantenere, attraverso una moneta unica di riferimento a livello planetario, ancora il dollaro, il potere finanziario nelle mani di coloro che da queste devastazioni hanno sicuramente ottenuto arricchimenti ancora più veloci. Gli Stati Uniti, attraverso gli enti finanziari in loro potere, come Banca dei Regolamenti Internazionali, Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale ed altri ancora, cercano con le buone come aperture di credito. sorvolando sui conseguenti interessi, o con le cattive (guerre, ritorsioni economiche, sanzioni, minacce) di evitare decisioni autonome degli altri paesi mentre stanno strangolandoli e appropriandosi delle loro ricchezze più rapidamente che mai. Sanno benissimo che la prima nazione che si sgancerà dal sistema monetario internazionale ne avrà grandi vantaggi ma sfuggirà alla loro presa. Studiando la storia si dovrebbe notare che l’Italia, in un breve ventennio, nonostante una crisi economica internazionale di gran lunga superiore a quella che fino ad ora si sta presentando e nonostante una chiusura autarchica imposta dal resto del mondo con le sanzioni, ebbe momenti di una certa prosperità: si studino quali provvedimenti furono presi e li si adattino ai nostri tempi. E più ancora si studi la Germania Nazionalsocialista che dal 1933 al 1939, cioè in soli sei anni, in un sistema economicamente chiuso, cioè senza sfruttare colonie o mercati altrui, trovò lavoro per quattordici milioni di disoccupati e portò alle famiglie un benessere prima sconosciuto. Non si vuole studiare quali interventi legislativi e quali modalità di scelte di uomini si attuarono e non si vuole applicare oggi quanto vi era di positivo, con le opportune modifiche imposte dai tempi. Questo implicherebbe, infatti, una drastica riduzione del libero mercato, cioè a dire della libera speculazione, che i signori del denaro non vogliono accettare. Concludendo la rovina attuale è generata dai seguenti fattori. La globalizzazione che ha tolto ogni freno alla esagerata cupidigia delle banche e delle multinazionali del commercio. Basti un esempio: il petrolio è salito da 30 a 150 dollari al barile non per la tanto decantata legge della domanda e dell’offerta (non è mai mancato o scarseggiato) e non per aumenti dei costi di produzione ma solo per lo spostamento dell’attenzione e degli investimenti dalle borse, in crisi, al mercato delle materie prime da parte di chi non voleva diminuire i propri usuali enormi guadagni. Tali operazioni sono state pagate dagli automobilisti, oltre cha da tutto il sistema economico, con un tremendo aumento dei prezzi. Questa è una delle concause della attuale crisi. Le liberalizzazioni. Le aziende nazionalizzate talvolta funzionavano egregiamente come le Poste Italiane, le Ferrovie dello Stato, E.N.I., E.N.E.L, A.G.I.P., S.A.I.P.E.M. e molte altre. Alcune invece avevano un forte passivo. La colpa gravissima della burocrazia politico-amministrativa statale, è che, invece di sistemarle le ha fatte andare peggio per poi svenderle al capitale nazionale o straniero. Non si può ignorare l’evidente corredo di conflitti di interessi e tangenti date a quei politici che hanno deciso l’operazione e che precedentemente erano stati consulenti delle grandi banche acquirenti (sic!). Il signoraggio della moneta concesso a banche private crea un artificioso debito pubblico perché i governi, invece di stampare in proprio moneta in biglietti di stato, si indebitano con le banche che creano denaro dal nulla (biglietti di banca), senza alcuna copertura o garanzia aurea o in beni immobiliari e lo imprestano agli stati contro interesse. Gli stupidi pensano che se battesse moneta lo stato creerebbe, esagerando nell’emissione, una grave inflazione ed hanno più fiducia nelle banche private. Santa ingenuità! I risultati delle sovranità monetaria ceduta ai privati si vedono nella crisi spaventosa che incombe su di noi tutti. I privati hanno come scopo unico del loro agire il guadagno e siccome non vi è alcun controllo popolare, democratico o di enti appositi, superano ogni limite immaginabile di ingordigia. Il disordine, l’incapacità, di una classe dirigente inetta, corrotta e meschina non controllata in nessun modo da governo o da enti costituiti al proposito. Il sistema politico che crea irresponsabilità dei vertici e della gerarchia esponendola al ricatto ed alla corruzione di un sistema finanziario strapotente ed incontrollato che vive sull’equivoco di un potere che salirebbe dal basso, con le elezioni. Il potere invece, da qualche secolo, discende dai poteri forti finanziari internazionali. Prova ne sia che tutti indistintamente i nostri politici della maggioranza ma anche dell’opposizione, si recano negli Stati Uniti, evidentemente per la conferma della investitura nelle loro funzioni. Questo sistema crea poi un’inversione dei valori veramente immorale; si pensi solo al fatto che un qualsiasi maneggione di una cooperativa di prestazioni d’opera può in pratica scegliere chi mandare a lavorare e chi no mentre al datore di lavoro, che paga le tasse, supera la rete di disposizioni paralizzanti, crea lavoro, investe e rischia il proprio denaro, la legge non da questa possibilità! […] Gli economisti ed i politici, già declassati nella stima generale per non aver previsto questa crisi e per non saper quali provvedimenti prendere per superarla, devono snebbiarsi il cervello dai pregiudizi indotti da un pressione fortissima a favore della globalizzazione: è stata questa a portare la rovina e la porterà sempre più in futuro. Che si debba abbandonare il sistema economico attuale lo prova il fatto che, dopo che gli Stati Uniti hanno immesso in circolazione 700 e più miliardi di dollari, creando le premesse per una grave svalutazione della moneta e quindi della retribuzione del lavoro, l’Europa ed il Giappone sono state costrette a fare altrettanto perché diversamente ci sarebbero state ripercussioni negative sull’equilibrio dell’import-export. […] Per evitare la iattura dell’abbassamento del nostro tenore di vita senza nemmeno vantaggio per i paesi emergenti ma solo per le multinazionali commerciali, dunque, la soluzione è quella di dimenticare, almeno parzialmente e provvisoriamente, il libero mercato selvaggio. I paesi emergenti devono, in altre parole, consumare la loro superproduzione all’interno, considerato anche che le loro popolazioni hanno bassissimi consumi e sfruttano i loro concittadini creando un danno a loro ed a noi.
E poi, chi andrà a raccontare ai disoccupati che il libero mercato è indispensabile al miglioramento generale dell’economia quando oggi appare evidente che esso serve solo allo sfrenato arricchimento della compagnie commerciali? Il libero scambio dei prodotti è solo funzionale ai poteri forti internazionali che non vogliono mollare la presa per quanto riguarda il loro dominio sul pianeta attraverso il denaro. Studiando il passato si deve ricordare che una cosa sono i sistemi politici, discutibili finché si vuole, altro sono i risultati economici ottenuti con la socializzazione delle imprese e la compartecipazione dei lavoratori agli utili. In questo modo i lavoratori sono innalzati a sentirsi parte attiva e responsabile di un progetto generale con risultati socio-economici inimmaginabili dagli economisti di maniera. L’ideologia liberista ha già dato rovinosa prova della sua applicazione. Occorre un cambiamento radicale. |
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