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lundi, 08 juin 2009

Mal di Bruxelles

Mal di Bruxelles

Lo spettro dell’euroscetticismo si aggira per l’Europa. In realtà, è sempre così a ogni turno di elezioni Europee: un po’ perché, di voto in voto, l’assoluta mancanza di poteri del Parlamento Europeo si fa più manifesta, proprio in raffronto al modo in cui da quando c’è l’Euro l’Europa è diventata invece più importante nella vita dell’europeo della strada; un po’, perché proprio perché questa consultazione conta pochissimo può essere un modo eccellente per sfogare la propria voglia di protestare, senza esporre il proprio Paese a troppi rischi. Infatti, è tradizionale il fenomeno di quei partiti anti-Europa che prendono voti solo alle elezioni Europee: dal quel Movimento Popolare anti-Cee che nel 1979 e 1984 fu la lista più votata alle Europee danesi, anche se nel 2004 si era ridotta a un solo eletto; a quel Partito per l’Indipendenza del Regno Unito (Ukip) che apparso senza risultati nel 1994 ebbe tre eletti nel 1999 e addirittura 12 nel 2004, rivelandosi il terzo partito. Stando ai sondaggi l’Ukip dovrebbe crescere ancora: dal 16,1 al 19%, che potrebbe portarlo addirittura al secondo posto, davanti allo stesso partito di governo laburista. Il dato è tanto più significativo se si pensa che nel contempo è accreditato un 7% al Partito Nazionale Britannico (Bnp): un partito di destra dura, non solo anti-europea, che potrebbe valere un paio di seggi. Nel 2004 aveva ottenuto un 4,9, che per un’incollatura lo aveva lasciato sotto la soglia si sbarramento.

L’Olanda di Wilders

Il risultato più clamoroso dovrebbe però essere quello dei Paesi Bassi, dove arriverebbe addirittura primo col 30% il Partito per la Libertà (Pvv) di Geert Wilders. Già deputato per partito liberale di destra Vvd (in Olanda c’è pure quello liberale di sinistra dei Democratici 66), Wilders se n’è andato sbattendo la porta, ed ha creato un nuovo movimento che fa la media tra il tradizionale liberismo del Vvd; la linea anti-immigrazione selvaggia di Pim Fortuyn, i resti del cui movimento è assorbito; una nuova sensibilità di allarme verso l’Islam, iniziata in particolare con l’omicidio di Theo Van Gogh; e in più anche una nuova sensibilità euroscettica, emersa in particolare con referendum che nel 2005 bocciò il Trattato costituzionale.

No all’ingresso della Turchia, esclusione degli appena ammessi Romania e Bulgaria, riduzione dell’esecutivo al solo Commissario per gli Affari Economici e abolizione del Parlamento Europeo sono gli slogan del Pvv. Curiosamente Wilders appare prendere voti anche alla sinistra anti-europea del Partito Socialista (da non confondere con quello Laburista, al governo): terzo partito alle ultime politiche col 17,3% dei voti, potrebbe perderne la metà.

L’Irlanda di Libertas

Un altro referendum sui cui il tratto di Lisbona è inciampato è stato quello irlandese. Declan Ganley, il miliardario che guidò la campagna per il no, da quell’esperienza ha sviluppato un partito anti-europeo che paradossalmente non solo si presenta solo alle Europee, ma è pure organizzato come partito paneuropeo: una struttura con cui Ganley dice di voler raggiungere i 100 seggi che gli permetterebbero di raggiungere i liberali come terzo gruppo al Parlamento Europeo. Presumibilmente, è un obiettivo irraggiungibile. Libertas è però accreditata dai sondaggi del 12% in Irlanda, del 9% in Polonia, del 6% in Germania e del 5% nella Repubblica Ceca. Nell’Europa dell’Est il movimento di Ganley finisce però in qualche modo per danneggiare le intenzioni di voto per gli euroscettici locali. Nel 2004, ad esempio, la Lega delle Famiglie Polacche ebbe il 15,2% dei voti, mentre il gruppo Legge e Giustizia dei gemelli Kaczynski arrivò al 12,7. Alle politiche del 2005 i gemelli erano arrivati al 27, riducendo la Lega all’8. E nel 2007 erano saliti al 32,11, ulteriormente asciugando la Lega all’1,3. Adesso i sondaggi li danno tra il 17 e il 25. A parte Libertas, una parte del voto da loro perso dovrebbe andare al partito di protesta contadina Autodifesa della Repubblica di Polonia, che dall’1,53% delle politiche arriverebbe all’11. Come i socialisti olandesi, quello è però un partito che utilizza tematiche di estrema destra all’interno di un discorso soprattutto di estrema sinistra. Nella Repubblica Ceca soffre della concorrenza di Libertas il Partito Democratico Ceco del presidente Václav Klaus: una formazione piuttosto assimilabile ai conservatori britannici, ma un bel po’ più euroscettici. Dal 30% delle scorse Europee, adesso starebbe al 20.

I Veri Finlandesi

Un dato clamoroso è quello del Partito Pirata, che in Svezia arriverebbe terzo col 7,9% dei voti, dallo 0,6% delle politiche. Ma la sua è una battaglia molto settoriale: libertà di scaricare da Internet e privacy assoluta per gli internauti sono i due punti che in pratica esauriscono tutto il suo programma. Sempre in Scandinavia, prenderebbe più del doppio rispetto al 2004 il Partito del Popolo, formazione più o meno assimilabile a quella di Haider in Austria, meno i sospetti di neo-nazismo: dal 6,8 al 15%. Meno impressionante è però la progressione rispetto alle politiche del 2007, dove stava già al 13,8. Col 5% delle intenzioni di voto, anche nella delegazione finlandese dovrebbe fare la sua comparsa una lista di protesta di destra: i Perussuomalaiset, “Veri Finlandesi”, eredi di una Lega Rurale che peraltro in passato partecipò pure al governo. Anche qui il dato è però in linea tra il 4,1 alle politiche del 2007 e il 5,4% alle amministrative del 2008.

Appare un po’ in ribasso il partito nazionalista fiammingo Vlaams Belang in Belgio: dal 14 al 12%. E anche il Fronte Nazionale in Francia: dal 9,81 al 7. Nel primo caso, per il modo in cui i democristiani fiamminghi hanno fatto proprie le istanze locali in modo sempre più aggressivo. Nel secondo caso, per la presenza di forti liste di protesta anti-Sarkozy e anti-socialisti sia a sinistra, col Nuovo Partito Anticapitalista del postino Olivier Besancenot al 6%; sia al centro, col MoDem di François Bayrou al 14%. In fortissima ripresa invece rispetto al 2004 la destra austriaca: con l’Fpö di Heinz-Christian Strache che dal 6,31% arriva al 15 e la Bzö degli eredi di Haider al 5. È invece giù rispetto alle ultime politiche, dove l’Fpö aveva passato il 17 e la Bzö il 10. Ma in Austria alle Europee c’è la lista di protesta dell’ex-socialdemocratico Hans-Peter Martin, che nel 2004 prese il 14% ed ora dovrebbe bissarlo.

Lo Jobbik ungherese

In lieve ascesa la destra nazionalista del Partito Nazionale Sloveno: dal 5% del 2004 al 6, comunque insufficiente ad avere un eletto. Col 10% dovrebbe invece entrare al Parlamento Europeo il Partito Nazionale Slovacco, anche se sta un po’ sotto rispetto al dato delle politiche. E sul 10% sono anche altre tre formazioni di destra dura: il Movimento per una Migliore Ungheria (Jobbik), che alle politiche del 2006 aveva avuto appena lo 0,01%; la bulgara Unione Nazionale Attacco (Ataka), che già aveva un eurodeputato e che alle politiche stava sull’8%; e il Partito della Grande Romania, che dopo i 5 eletti delle scorse europee alle politiche era rimasto fuori dal Parlamento, ma che ora dovrebbe riportare due eletti. Tra di loro, forse, il miliardario e presidente dello Steaua Gigi Becali: in passato nemico del leader del partito Corneliu Vadim Tudor, ma che ora lo stesso Tudor ha candidato per liberarlo dal carcere dove è rinchiuso dopo un raid di sue guardie del corpo contro ladri di auto. 

(http://www.libero-news.it/articles/view/548501)

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