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vendredi, 03 juillet 2009

Le mire espansionistiche di Mehmed II

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Arrigo PETACCO

Le mire espansionistiche di Mehmed II

tratto da: Arrigo PETACCO, La croce e la mezzaluna. Lepanto 7 ottobre 1571: quando la Cristianità respinse l'Islam, Mondadori, Milano 2005, p. 7-10.

Murad II morì nel 1451 e gli successe il figlio Mehmed II. Il nuovo sultano aveva appena diciannove anni e l'impero che aveva ereditato dal padre era già potente e temuto: dominava infatti buona parte della penisola balcanica oltre una grossa fetta dell'Asia Minore. Soltanto Costantinopoli era ancora indipendente, ma come può esserlo un castello assediato. Murad l'aveva rispettata, forse perché intimorito più dal suo leggendario prestigio che dalla sua potenza militare. D'altronde, alla grandezza di Roma Costantinopoli assommava la magia della sua storia: sulla "regina delle città" avevano regnato novantadue imperatori e nessun altro luogo del mondo, tranne Roma, poteva vantare una storia tanto lunga ed ininterrotta. Mehmed era invece di tutt'altro avviso e voleva conquistarla per realizzare l'ambizioso disegno di ricostituire l'antico Impero romano, il cui mito era giunto anche fra le aride montagne dell'Anatolia.

Mehmed era un uomo del suo tempo e la guerra era il suo sport preferito. Continuò le campagne iniziate dal genitore e mise a segno una serie di successi che ne ingigantirono l'immagine. Per le sue fulminanti vitorie, i soldati lo avevano ribattezzato Al Fàtih, il conquistatore, e l'eco delle sue imprese non aveva tardato a giungere anche nell'Occidente cristiano. Malgrado la giovane età, Mehmed era rispettato e temuto. Possedeva una forte personalità e un'ambizione illimitata: "Un solo Dio in cielo e un solo re sulla terra" era il suo motto, e lui naturalmente voleva essere quel "re". I suoi biografi sottolineano la sua intelligenza, la sua naturale crudeltà, nonché l'immancabile fanatismo religioso che lo animava: lui stesso era convinto di essere la "Spada dell'Islam". Ma non trascurano di metterne in rilievo anche la sorprendente cultura umanistica, l'interesse per il mondo greco e latino e l'ammirazione per i grandi condottieri dell'antichità.

Avido lettore di testi classici, il giovane sultano, che aveva scelto quali modelli Alessandro Magno e Giulio Cesare, quando conquistò la Grecia (destinata a rimanere per tre secoli e mezzo sotto il dominio turco) si mostrò meno feroce del solito e manifestò una sorta di venerazione per Atene, da lui definita la "città dei saggi". Ne onorò le antiche vestigia, le tradizioni e accolse nella sua corte artisti e filosofi ellenici.

Ma la conquista della Grecia non aveva appagato le ambizioni di Al Fàtih: egli guardava molto più lontano. Si raccontava che già all'età di quindici anni, al padre che gli suggeriva di rispettare Costantinopoli, avesse risposto: "Appena tu sarai spirato io farò la guerra contro l'imperatore romano perché, se lo sconfiggerò, diventerò padrone di tutto il mondo".

Il mito di Roma affascinava Mehmed fin dalla più tenera età. Nei suoi sogni di conquista non figurava soltanto la "seconda Roma", ossia quella bizantina, ma la "prima", quella vera, quella latina: la più antica e più bramata dai guerrieri musulmani incoraggiati dalla profezia secondo cui Roma era la "mela rossa" che un giorno il sultano avrebbe staccato dal'albero. Non a caso il nome dell'agognata "mela rossa" era evocato anche dal grido di guerra dell'esercito otomano, che suonava all'incirca così: "Làilahà, Allah! Roma! Roma!".

Per nobilitare il proprio lignaggio e per dare una sorta di legittimità alle sue mire espansionistiche, Mehmed II aveva accreditato e perfezionato una teoria piuttosto bizzarra che già era presente nell'immaginario islamico e che ora cercheremo di riassumere. Poiché, secondo la leggenda, i turchi discendevano da un mitico re Teucro - e "teucri" per qualche tempo i turchi erano stati chiamati (teucro significa infatti troiano) - il fantasioso sultano ne aveva ricavato la prova, si fa per dire, che il suo popolo discendeva direttamente dai troiani e che Priamo era il capostipite della sua dinastia. [...] Poiché, come "testimoniava" Virgilio nell'Eneide, Roma era stata fondata dalla progenie di Enea, ed Enea era un profugo troiano, di conseguenza il "vendicatore di Troia" poteva vantare dei diritti anche sulla città dei Cesari.

Questa ricostruzione impapocchiata dell'albero genealogico del popolo turco oggi potrà far sorridere, ma all'epoca fu presa molto sul serio dai sudditi del sultano e non soltanto da loro. Il papa Niccolò V, per esempio, molto addolorato per la caduta di Costantinopoli, non sorrise affatto quando gli giunse una missiva risentita di Mehmed nella quale il sultano esprimeva la propria meraviglia per il fatto che i romani odiassero tanto i turchi visto che tutto sommato erano... "cugini".

00:10 Publié dans Histoire | Lien permanent | Commentaires (0) | Tags : turquie, empire ottoman, méditerranée, rome, islam | |  del.icio.us | | Digg! Digg |  Facebook

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