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dimanche, 25 décembre 2011

Jünger, una vita vissuta come esperienza primordiale

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Jünger, una vita vissuta come esperienza primordiale

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Ex: http://www.centrostudilaruna.it/

Quando nelle conversazioni con il vecchio Jünger si toccava l’immancabile motivo della Grande Guerra, sul suo volto imperturbabile si disegnava una leggera espressione di insofferenza. Con gli interlocutori più giovani, digiuni di esperienze militari, essa volgeva rapidamente in benevola comprensione.

Perché ­ ecco la domanda che la mimica del volto bastava a esplicitare ­ ridurre l’opera di una vita al suo primo episodio? Perché, nonostante egli avesse continuato a pensare e a scrivere per oltre mezzo secolo, la critica incollava così pervicacemente la sua immagine all’attivismo eroico degli inizi?

La fama precoce ottenuta con i diari di guerra lo ha effettivamente inseguito come un’ombra. E se in origine essa contribuì a dare la massima visibilità alla sua intera produzione, letteraria e saggistica, in seguito ne ha pesantemente condizionato la ricezione, ostacolando una più attenta considerazione delle profonde trasformazioni, di contenuto e di stile, avvenute nel corso degli anni. Perfino il raffinato Borges ricordava di lui soltanto Bajo la tormenta de acero, e nient’altro. Il tenente Sturm, un racconto in gran parte autobiografico, pubblicato a puntate nel 1923 e ora tradotto da Alessandra Iadicicco per Guanda, ci riporta a quel primo Jünger, offrendo uno splendido condensato dei motivi che resero così incisiva la sua elaborazione letteraria della guerra. Di nuovo ammiriamo il talento con cui il giovane scrittore avvince anche il lettore più distratto e, con la sola forza della descrizione, lo porta a toccare quell’esperienza limite. Di nuovo la sua prosa, così scandalosamente indifferente a carneficine e distruzioni, evoca le “battaglie di materiali” in cui il valore del combattente è ridotto a zero e ciò che conta è solo la potenza di fuoco “per metro quadro”. La prospettiva di Jünger scardina le tradizionali interpretazioni della guerra per esibirci il fenomeno allo stato puro. Dove altri vedevano allora la lotta per la patria, gli interessi del capitalismo o le rivendicazioni dello chauvinismo, egli coglie l’esperienza primordiale in cui la vita scopre le sue carte, in cui, nel suo pericoloso sporgersi verso l’insensato nulla, essa manifesta la sua essenza più profonda e contraddittoria. Fino all’assurdo caso, evocato nel racconto, del “camerata” che viene spinto dal terrore della morte a suicidarsi. Dal suo lungo stare in tali situazioni limite la letteratura di Jünger trae indubbiamente la sua forza: da inchiostro, si fa vita. Ma sarebbe riduttivo costringerla lì. Sulle scogliere di marmo, per esempio, per lo scenario fantastico, il timbro stilistico e la tensione narrativa va ben oltre la diaristica di guerra. E così pure altri testi, primo fra tutti lo stupendo Visita a Godenholm del 1952, che attende ancora di essere tradotto.

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Tratto da Repubblica del 2 novembre 2000.

 

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