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vendredi, 23 novembre 2018

Une belle figure d’Afrique australe

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Une belle figure d’Afrique australe

par Georges FELTIN-TRACOL

Piet-Meyer-194x300.jpgEntre le milieu des années 1980 et la première Coupe du Monde de rugby en 1995, l’Afrique du Sud faisait souvent l’ouverture des journaux de 20 h. Sur les ondes, le groupe britannique Simple Mindschantait « Mandela Day » tandis que le supposé « Zoulou blanc » Johnny Clegg braillait « Asimbonanga » ! Cette surexposition médiatique ne facilitait pas la compréhension précise des événements, ce qui favorisait la large désinformation de l’opinion européenne.

Les travaux historiques de Pierre-Olivier Sabalot s’inscrivent dans la longue durée. Sa première biographie portait en 2010 sur Verwoerd, le prophète assassiné, soit le Premier ministre sud-africain qui théorisa le « développement séparé des races ». Il s’intéresse maintenant à Piet Mayer. La voix de l’Afrikanerdom (Auda Isarn, 2018, 285 p., 24 €). Puisant dans les abondantes sources en afrikaans qu’il maîtrise parfaitement, l’auteur retrace la riche vie de Pieter Johannes « Piet » Meyer (1909 – 1984).

Journaliste, homme de médiats (il dirigea la chaîne nationale de radio-diffusion sud-africaine), lobbyiste en chef de la cause nationale afrikaner, Piet Meyer dédia sa vie au militantisme culturel et métapolitique. À travers cette figure majeure, Pierre-Olivier Sabalot évoque la vie politique mouvementée d’une Afrique du Sud dans laquelle les descendants des valeureux Boers affrontent à la fois les anglophones blancs plutôt libéraux et certaines populations noires enrégimentées par le terrorisme de l’ANC et d’autres groupes extrémistes.

L’auteur décrit les diverses mutations du parti dominant, le Parti national, dont l’existence se ponctue de scissions et d’exclusions régulières. Il traite de la Broederbond, la « Ligue des Frères », cette puissante société secrète nationaliste afrikaner créée en 1918 qui organisa la cité sud-africaine jusqu’en 1994. Piet Meyer en fut le président de 1960 à 1972 après y avoir adhéré en 1932. Sensible à la question sociale et attiré par le national-socialisme allemand, ce docteur en philosophie, admirateur de Martin Heidegger, soutenait avec conviction une troisième voie économique et sociale, un « socialisme ethnique » destinée aux seuls Afrikaners.

Si Pierre-Olivier Sabalot ne cache pas son estime pour Piet Meyer, il y montre aussi ses contradictions. Ce calviniste de stricte observance voyait dans la nation afrikaner une vocation particulière au sein d’un Occident blanc et chrétien. Or les concepts chrétiens compris et appliqués à l’aune de l’après – 1945 sapent à terme tout véritable « développement séparé ». Piet Meyer s’en doutait un peu puisqu’il prénomma son fils Izan et sa fille Dioné. Il ne prit malheureusement pas conscience de l’extrême dangerosité des valeurs chrétiennes devenues folles.

Pourvu d’un cahier photographique, d’annexes judicieuses, d’un glossaire indispensable et de 23 (oui, 23 !) pages bibliographiques, cet ouvrage est novateur : il n’existe à ce jour aucune étude complète tant en anglais qu’en afrikaans sur Piet Meyer. Il aura donc fallu attendre une belle initiative française ! Par cette très remarquable biographie, on découvre une personnalité engagée, fidèle et attachante qui savait que les idées justes ordonnent parfois un monde toujours chaotique.

Georges Feltin-Tracol

• « Chronique hebdomadaire du Village planétaire », n° 99, diffusée sur Radio-Libertés, le 16novembre 2018.

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jeudi, 21 avril 2011

Transvaalse Volkslied - Sarie Marais - Südwestlerlied

Transvaalse Volkslied

Sarie Marais

Südwestlerlied

mardi, 29 mars 2011

La guerra anglo-boera

La guerra anglo-boera

di Angelo Cani

Fonte: Conflitti e strategie [scheda fonte]


angloboera2.jpgDue guerre, quella degli Stati Uniti del 1898 contro la Spagna, per la conquista di Cuba e delle Filippine, e quella intrapresa dall’Inghilterra, contro le due piccole repubbliche boere: il Transvaal e lo Stato libero d’Orange, segnarono l’inizio di una nuova epoca, l’epoca dell’imperialismo e del dominio del capitale finanziario.

Nella storia del passato si erano combattute molte guerre, allo scopo di estendere il commercio e i possedimenti delle potenze imperialistiche, ma mai gli interessi del capitale monopolistico e finanziario avevano avuto un ruolo così decisivo e determinante.

La guerra anglo-boera, scoppiata nel 1899, è stata la prima guerra imperialistica.

La piccola repubblica del Transvaal, fondata nel 1837 dai discendenti dei contadini olandesi, che erano emigrati al Capo di Buona Speranza alla metà del XVII secolo, aveva goduto di una relativa pace fino al 1886, anno della scoperta dei giacimenti d’oro.

Dei 300 mila kg. d’oro, che a quei tempi si estraevano ogni mese in tutto il pianeta, 80 mila provenivano dalla piccola Repubblica. La sola Inghilterra, ogni mese, estraeva dalle proprie colonie 80 mila kg. e se si Fosse impadronita della repubblica boera, come era sua intenzione, sarebbe diventata padrona di più della metà della produzione mondiale di oro. Per questa ragione i dirigenti inglesi, subito dopo la scoperta del metallo prezioso, si attivarono per la conquista della Repubblica del Transvaal. L’impresa venne affidata a Cecil Rodes, fondatore e direttore della “Chartered Company”, capo del potente sindacato “de Beers”, che forniva il 90% della produzione diamantifera mondiale, primo ministro della Repubblica del Capo e padrone della Rhodesia. Egli preparò, molto accuratamente, un grandioso piano per creare un impero inglese che avrebbe dovuto estendersi da Città del Capo fino al Cairo. La conquista della Repubblica boera faceva parte di questo piano. I mezzi per raggiungere tale obiettivo furono i più svariati. In primo luogo, in base a un trattato imposto ai boeri nel 1884, l’Inghilterra aveva il diritto di esercitare il controllo sui rapporti di questa Repubblica con l’estero. In secondo luogo essi potevano esercitare una costante pressione sul governo boero agendo sugli immigrati inglesi che avevano ottenuto la cittadinanza della piccola Repubblica e speravano di prevalere sui boeri. In terzo luogo l’Inghilterra aveva cercato di accerchiare e isolare il Transvaal con i suoi possedimenti. Quest’ultimo tentativo fallì perché la Repubblica boera si era unita direttamente con una ferrovia con il porto portoghese Laurenco Marques situato sulla costa della baia di Delagoa. Il tentativo di conquistare, da parte del governo inglese, il controllo di questo porto e della ferrovia fallì per l’opposizione del governo portoghese dietro il quale agiva attivamente la diplomazia e il capitale tedesco che aveva già costruito la ferrovia che collegava Pretoria direttamente al mare. Inoltre per dimostrare il suo appoggio a Pretoria e per dissuadere gli inglesi il governo tedesco, nel gennaio del 1895, mandò dimostrativamente a Delagoa due navi da guerra. Sempre in questo periodo l’influenza economica, la penetrazione dei capitali e delle merci tedesche nella Repubblica boera si sviluppò considerevolmente. L’industria meccanica tedesca, i trusts elettrotecnici, le grandi ditte di costruzioni, la Società per l’industria dell’acciaio di Bochum, la fabbrica di vagoni Deutzer di Colonia, la Krupp e la Siemens trovarono in questo paese lo sbocco per la propria produzione.

angloboera1.jpgLe banche tedesche non si limitavano a partecipare alla banca del Transvaal, ma di fatto la controllavano. Nell’ottobre del 1895 la Dresdner Bank aprì a Pretoria una succursale e grande interesse mostrò anche la Deutsche Bank. Il capitale tedesco investito in Transvaal raggiungeva in questo periodo la somma di 500 milioni di marchi.

Attratti dai fantastici guadagni, accorsero nella Repubblica boera numerosi avventurieri, commercianti e industriali tedeschi. Solo nella città di Johannesburg i tedeschi immigrati erano 15000. Questi immigrati si consideravano il nucleo della nuova grande Germania nell’Africa meridionale. Il loro progetto era quello di instaurare sul Transvaal il protettorato della Germania e per questo era necessario eliminare il pericolo di un protettorato inglese. I circoli tedeschi dichiararono unanimi la loro disponibilità a difendere i boeri da un’eventuale attacco inglese.

Nell’aprile 1895 i tedeschi riuscirono, d’accordo con il Portogallo, a strappare agli inglesi il controllo sul servizio postale lungo la costa sudorientale dell’Africa. La reazione dell’Inghilterra non si fece attendere. Il 30 dicembre, con il benestare del governo, bande della “Chartered Company”, forti di oltre 800 uomini, armate di cannoni e mitragliatrici, al comando di Jamenson, stretto collaboratore di Rhodes, entrano nel territorio del Transvaal e marciano verso Johannesburg, dove si attendeva da un momento all’altro l’insurrezione organizzata da tempo sempre da Rhodes.

Il giorno dopo la notizia arriva a Berlino. Il governo reagisce: rompe le relazioni diplomatiche con l’Inghilterra, invia una unità militare a Pretoria, ordina al comandante dell’incrociatore “Seeadler”, dislocato nelle acque della baia di Delagoa, di sbarcare un reparto di fanteria marina e di inviarlo nel Transvaal. Ma quando la tensione tra Londra e Berlino sta ormai per raggiungere un punto di non ritorno sono gli avvenimenti del giorno dopo a far allentare la tensione.

Le bande di Jamenson vengono circondate dai boeri e catturate assieme al loro capo. Anche il complotto organizzato a Johannesburg Fallisce miseramente. L’incursione delle bande inglesi smascherano Rhodes di fronte alla popolazione e al governo del Transvaal che, pur contando sull’aiuto tedesco, comincia ad armarsi per potersi difendere autonomamente. Buona parte delle armi vengono acquistate in Germania. La ditta Krupp riceve, proprio in questo periodo, grandi ordinazioni di cannoni e la ditta berlinese Lewe trae grandi guadagni dalla vendita di un gran numero di fucili Mauser.

I boeri, con l’acquisto di armi belghe, fecero guadagnare molto denaro anche ad alcune ditte commerciali inglesi, le quali erano a conoscenza che tali armi sarebbero state usate contro i soldati inglesi. Ma furono soprattutto le ditte tedesche a trarre i massimi guadagni fornendo ai boeri armi per la guerra contro l’Inghilterra e contemporaneamente fornendo all’esercito inglese armi e munizioni per la guerra contro i boeri. Interesse di queste ditte era quindi quello di mantenere il più a lungo possibile lo stato di tensione nei rapporti tra inglesi e boeri.

Dopo la crisi del 1895-96 possiamo notare un graduale cambiamento del governo tedesco per quanto riguarda i rapporti anglo- boeri. Le ragioni del mutamento politico vanno ricercate nei diversi interessi del capitale tedesco.

Nella Repubblica boera oltre ai circoli della Deutsche Bank e della Darmstadt Bank, che deteneva un grosso pacco di azioni delle ferrovie del Transvaal, avevano grossi interessi anche le acciaierie Krupp, gli armatori di Amburgo e altri esportatori. Un ruolo importantissimo veniva svolto da uno dei più grandi gruppi del capitale finanziario tedesco: la Disconto – Gesellschaft. Soprattutto il capo di questa banca, il banchiere Hansemann, s’interessava proprio in questo momento della costruzione di una ferrovia che doveva collegare l’Africa orientale tedesca con l’Africa sud – occidentale tedesca. Il progetto prevedeva che la ferrovia attraversasse ilterritorio del Transvaal.

La Lega pangermanica, appoggiata dalla Disconto, si affrettò, attraverso la stampa, a sostenere tale progetto. Era però chiaro, fin dall’inizio, che questa banca da sola non avrebbe potuto assicurare il finanziamento di un’impresa così grandiosa. Il tentativo di avere l’appoggio della Deutsche Bank fallì, lo stesso avvenne con la City di Londra che era interessata alla realizzazione della linea ferroviaria, che da Città del Capo arrivava al Cairo, progettata da Rhodes.

Hansemann assieme ad una parte dei commercianti anseatici, della compagnia navale Werman e altri grandi circoli finanziari chiedeva al governo tedesco di svolgere una politica più attiva nell’Africa del sud e una lotta più incisiva per avere un peso più determinate nel Transvaal. Ma per quanto questo gruppo fosse influente, il governo tedesco doveva tener conto anche degli interessi di un altro gruppo finanziario alla cui testa si trovava la Deutsche Bank: anche questo gruppo chiedeva al governo un impegno maggiore e una politica più attiva nella Repubblica boera, ma i suoi dirigenti, molto informati sugli interessi dell’imperialismo inglese e sull’atteggiamento dei boeri, avevano cominciato ad elaborare vasti piani verso l’Impero ottomano, l’Asia sud-occidentale e la Cina. Al centro di questo grandioso piano espansionistico stava il progetto della costruzione della ferrovia, che partendo dal Bosforo passava per Bagdad e giungeva fino al Golfo Persico.

Questi circoli legati alla Deutsche Bank, dopo aver ottenuto la concessione dal governo turco per la costruzione della ferrovia, avevano incominciato, per l’impossibilità di fermare la crescente pressione dei capitalisti inglesi, a disinteressarsi degli affari del Transvaal. Infatti Siemens e gli altri dirigenti della Deutsche Bank si erano resi conto che sarebbe stato più conveniente, per il capitale tedesco, rinunciare alle mire

espansionistiche nel sud Africa e sfruttare le posizioni politiche ed economiche di cui disponevano in quella zona, per costringere l’Inghilterra a scendere a patti. Essi rivendicavano, in cambio di un loro disinteresse sulla piccola Repubblica del Transvaal, grossi compensi finanziari e coloniali. Fu così che in questi gruppi del capitale finanziario cominciò a prendere forma una linea di ritirata invece di una linea di politica attiva nella Repubblica boera. Questa politica coincideva con gli interessi delle classi dominanti: borghesia e junker.

Nella lotta tra i due gruppi del capitale finanziario tedesco, uno capeggiato dalla Deutsche e l’altro dalla Disconto, prevalse, grazie all’appoggio del governo, la tendenza che considerava più conveniente alimentare e accentuare la tensione nei rapporti tra l’imperialismo inglese e i boeri. Da un lato i circoli della lega pangermanica facevano credere ai boeri che la Germania non gli avrebbe mai abbandonati. Dall’altro lato, il Kaiser, il capo del governo von Bulow e l’ambasciatore tedesco a Londra, non rinunciavano a sondare il terreno presso il ministro inglese Salisbury , sui compensi per l’amicizia che la Germania avrebbe potuto concedere, a determinate condizioni, all’Inghilterra.

angloboera3.pngNell’estate del 1898, la diplomazia tedesca venuta a conoscenza che il governo inglese si accingeva ad approfittare della difficile situazione finanziaria in cui era venuto a trovarsi il Portogallo per mettere le mani sui suoi possedimenti coloniali, pretese dall’Inghilterra la propria parte, cioè avere libero accesso alla spartizione delle colonie portoghesi. Per rendere più convincente la sua richiesta il governo tedesco minacciò di intervenire a fianco dei boeri, di allearsi con la Russia e altre potenze rivali dell’Inghilterra, ma in realtà questo era solo un ricatto per poter aumentare le proprie pretese.

Alla fine, dopo lunghi contrasti e mercanteggiamenti, arrivano ad un accordo per la spartizione delle colonie portoghesi. Tutti i partiti dominanti accettarono tale accordo, eccezion fatta per la lega pangermanica, che aveva a cuore gli interessi della Disconto, che lo qualificò come tradimento a danno dei boeri.

Nel marzo 1899 Cecil Rhodes, per assicurarsi della neutralità dei circoli tedeschi in caso di guerra contro il Transvaal, si recò a Berlino e si impegnò: ad esercitare pressioni sulle alte sfere inglesi per strappare concessioni coloniali, particolarmente nelle isole Samoa, che i circoli della marina tedesca consideravano una importante base strategica nell’Oceania, favorire la Germania nella costruzione della linea telegrafica e della ferrovia transafricana e appoggiare la Deutsche Bank nell’Asia sud – occidentale.

La linea politica, del non intervento, del governo tedesco poggiava sul sostegno della Deutsche Bank perché vi vedeva la condizione per il successo per la sua espansione sia verso l’Asia sud-occidentale, sia verso la Cina. I circoli collegati con la Disconto -Gesellschaft non erano entusiasti, ma aspettavano anche loro i grossi vantaggi, promessi da Rhodes, per la costruzione della ferrovia africana. I Krupp e gli altri grandi magnati dell’industria bellica avevano già ottenuto grossi profitti prima della guerra e se ne aspettavano altri ancora maggiori in caso di inizio guerra .

Il 22 settembre il governo inglese, dopo essersi assicurato la neutralità della Germania, proclamò la mobilitazione di un corpo d’armata. Alcuni giorni dopo una parte considerevole venne mandata in Africa del sud.

Il 9 ottobre il presidente del Transvaal, Kruger, presentò l’ultimatum al governo inglese chiedendo di ritirare le truppe a ridosso della frontiera. Il governo inglese le respinse. Kruger, dopo aver avuto l’appoggio del presidente della Repubblica d’Orange, prese l’iniziativa e occupò il Natal. La guerra era cominciata.

La guerra inizialmente fù sfavorevole per gli inglesi. I boeri in tre distinte battaglie sconfissero le truppe britanniche. E per tre anni, prima di essere sconfitti dal potente esercito inglese nel 1902, inflissero dure perdite alle forze britanniche.

La fine della guerra anglo-boera non pose fine ai contrasti coloniali tra le potenze europee e la Germania, anzi, dopo l’accordo tra Francia e Inghilterra, firmato nel 1904, per la spartizione dell’Africa settentrionale, divennero irreversibili. Con questo accordo la Francia rinunciò alle pretese egemoniche nei confronti dell’Egitto e ne riconobbe l’influenza Inglese. l’Inghilterra si dichiarò a sua volta favorevole ad un ampliamento del dominio francese in Tunisia, Algeria e Marocco. Ma proprio in quest’ultimo paese le banche e le grosse imprese tedesche, già da tempo, avevano intrapreso una intensa e redditizia attività commerciale e non erano per niente disposte a farsi da parte. La Germania per superare i contrasti e far valere le proprie ragioni promosse una conferenza internazionale che si tenne nella città spagnola di Algesiras nel 1906.

L’incontro non eliminò nessun contrasto, anzi l’unico effetto che sortì fu l’isolamento politico e l’indebolimento economico dell’Impero tedesco. Ad esasperare ulteriormente i contrasti fu la crisi di sovrapproduzione industriale, incominciata 1907, che interessò tutti i paesi capitalistici, in particolar modo la Germania.

Nel luglio del 1911 le speranze tedesche di sfruttare i giacimenti di ferro, di piombo e manganese, in Marocco, vennero cancellate definitivamente con l’occupazione militare da parte della Francia. Venuta meno questa possibilità le industrie e le banche tedesche rivolsero l’attenzione all’area balcanica e al Medio Oriente. La Disconto fornì alla Romania, Grecia e Bulgaria prestiti per completare le loro reti ferroviarie ed elettriche mediante acquisti di materiale dalle industrie tedesche. Sempre la Disconto riescì ad ottenere la concessione per lo sfruttamento dei giacimenti di petrolio di Ploesti, vendendo in Germania tutto il petrolio estratto.

La Deutsche Bank portò avanti lo sfruttamento dei giacimenti di cromonell’Asia Minore e il collegamento ferroviario tra Istambul e Bagdad. L’ascesa al potere in Turchia dei “giovani Turchi” nel 1908 accentuò il legame con la Germania e le banche concessero grossi prestiti per rinnovare il suo armamentario con acquisti di materiale bellico dall’industria tedesca e in particolar modo dalla Krupp. Negli ambienti capitalistici tedeschi si fece strada l’idea di poter superare la crisi economica facendo di tutta l’area balcanica e medio-orientale un vasto mercato in grado di dare uno sbocco all’industria pesante tedesca e al contempo fornirle a basso costo le materie prime necessarie. Questo disegno del capitalismo tedesco creò però sempre più gravi tensioni internazionali.

L’Inghilterra premeva sul governo persiano per non permettere il passaggio della ferrovia nel suo territorio. La Francia cercava con tutti i mezzi di ridurre l’influenza tedesca in Serbia, Grecia, Bulgaria e Romania.

Le due guerre combattute nel 1912/13 che hanno interessato i paesi dell’area balcanica (passate alla storia come guerra balcaniche) avevano portato sull’orlo della bancarotta le nazioni che vi avevano partecipato.

Alla fine del conflitto la Serbia si rivolse per un grosso prestito alle banche tedesche, che non disponevano, per ragioni storiche, di capitali liquidi e quindi non erano in grado di concedere alcun prestito. La Serbia si rivolse allora alla Francia che, grazie alla disponibilità di capitali liquidi, non aveva difficoltà a concedere il prestito, ponendo, però, come condizione l’acquisto di merci francesi.

Anche la Romania chiese un prestito alle banche tedesche ottenendo, come la Serbia, lo stesso risultato negativo. L’unica strada percorribile, per la grande disponibilità di liquidità, era quella francese, che concesse il prestito, ma ponendo come condizione il controllo dei pozzi petroliferi già controllati dai tedeschi.

La stessa dinamica si svolse in Turchia che prima chiese alle banche tedesche il denaro per riarmare il proprio esercito e costruire le fortificazioni nei Dardanelli, ma non avendolo ottenuto si rivolse alla Francia che pone anche in questo caso come condizione l’acquisto di armi dalle proprie industrie. A questo punto l’unico sbocco alle incessanti

contraddizioni che la crisi capitalistica aveva generato, coinvolgendo tutte le potenze industrializzate, e in particolar modo la Germania che aveva l’esercito più potente del mondo, non poteva essere che la guerra.

 


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