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samedi, 08 mai 2010

San Giorgio: Il Santo uccisor del Drago

Tableau_StGeorge.gifSan Giorgio: Il Santo uccisor del Drago

di Andrea Sciffo

Fonte: Arianna Editrice [scheda fonte]



Un tempo, dal 22 al 25 di aprile nelle terre della cristianità europea, si celebravano grandi feste in onore dei Santi Teodoro, Giorgio, Giorgino, Marco Evangelista: un inno di genti che salutavano l’arrivo del tempo, suddividendo nei trionfi in giorni consecutivi a uomini la cui storia (personale) si intreccia con il momento (cosmico) in cui la stagione della primavera veste il verde più bello e inneggia alla propria Sagra.
Giorgio è una figura talmente incarnata nelle tradizioni agiografiche dei primi secoli dopo Cristo, da dilatarsi ben oltre i confini che di lui abbiamo: un giovane, militare, convertito al cristianesimo e martire per la fede sotto le persecuzioni di Diocleziano. E l’uccisione del drago? E la liberazione della fanciulla?
Se si cercano le tracce di San Giorgio si deve entrare nella grotta dell’Europa premoderna, dalla Palestina alla Cappadocia, dalla Grecia alla Catalogna all’Inghilterra dei Re Crociati, ai Balcani, dove gli ortodossi vedevano in lui Giorgio-il-verde ricoperto di fogliame novello al tornare della bella stagione dell’anno: non c’è liturgia che non lo veneri, nelle innumerevoli chiese a lui dedicate, nelle centinaia di Croci sventolanti nei cieli del passati, rosse in campo bianco. Nella grotta del tempo faremmo incontri arcani, ma liberatorii, fin tanto che l’ossigeno a nostra disposizione ci permette la discesa nel profondo, là dove il buio splende (come nella lanterna di Novalis…). Feste di contadini, giovani mascherati di foglie, vescovi che battezzano antichi rituali pagani, mercati, fiere del bestiame e banchetti: c’è qualcosa che arriva perché deve arrivare, in questa sequenza di giorni verdeggianti. Chiamare Folklore tutto questo è un errore di prospettiva.
Basti dire che il luogo mitico del combattimento di San Giorgio contro il Drago è collocato, tra gli altri, a Lydda-Lod a nord ovest di Gerusalemme; e che per i musulmani Giorgio è riverito sotto le spoglie misteriose di Al-Khidr (con moschea a Beirut), mentre i Crociati nel 1098 giuravano di averlo visto redivivo scalare le mura dell’assedio e porre il vessillo di vittoria contro i nemici. Dal sud della Francia attraverso la Padania esiste poi una “fascia della croce di s.Giorgio” sino alla Slovenia, per cui il biancorosso delle insegne araldiche giorgiane fanno di lui un archetipo dell’animo europeo che volutamente ci si rifiuta di studiare e contemplare. Si scoprirebbero legami intimi e duplicità/molteplicità feconde, che l’impero malvagio di questa Postmodernità teme (giustamente, perché esse ne sancirebbero la fine!) il con terrore… Sono fuori strada anche quanti ritengono che qui si svela l’inimicizia tra evangelizzazione medievale (la Chiesa) e persistenze pagane (il Rito ancestrale).
Giorgio, Zorzo, Gorge o Georg, Jürgen, Yorick, Joris o Jörg, Jorge e Jordi, Jerzy e Juri, Girgis. La toponomastica è il suo trionfo occulto, perché è il suo nome a presiedere nazioni e regioni storiche, e persino il famoso Banco Genovese che anticipò la finanza “corporativa” prima del trionfo del capitalismo dell’usura moderna.
Nel libro di Oneto c’è quindi un piccolo manuale per combattere il Drago, rilegato in rosso porpora, un atlante per snidare i nemici della “vita della vita”, un arsenale in attesa, un disegno da restituire alla vista. E infatti tutti i maggiori pittori (Pisanello, Mantegna, Cosmé Tura, Paolo Uccello, Bellini, Memling, Dürer, Carpaccio, Raffaello, Giorgine, Cranach, Tintoretto, Paolo Veronese, Rubens, Gericault, Kandinsky, Dalì) hanno offerto personali interpretazioni visive della scena della lotta dei loro Giorgi contro il mutevole mostro, forse intuendo inconsciamente che la parola SANTI deriva dal Sanscrito, dove è la terza persona plurale del verbo “essere”, tempo presente, modo indicativo e dunque significa: “ESSI SONO”.

spunti da Gilberto Oneto Il Santo uccisor del Drago (Il Cerchio, 2009  pp.122 €16)

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