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lundi, 07 janvier 2013

Chi ha ucciso Slobodan Miloševic e perché

Chi ha ucciso Slobodan Miloševic e perché

Slobodan-MilosevicX

L’improvvisa morte sospetta del presidente jugoslavo e serbo Slobodan Miloševic in una cella del tribunale dell’Aja, continua a suscitare interrogativi tra i ricercatori e i media indipendenti sei anni dopo. Robin de Ruiter, pubblicista e storico olandese cresciuto in Spagna, ha scritto un libro affascinante (di prossima pubblicazione in Serbia, ma non ancora disponibile in italiano), che non mette in discussione se l’ex presidente della Serbia sia stato ucciso a L’Aia, ma si concentra sui mandanti e gli esecutori di questo crimine.

Demonizzazione brutale tesa all’omicidio premeditato
De Ruiter utilizza fatti verificabili per smantellare il mito occidentale del “macellaio dei Balcani”, ed esamina le ragioni dietro la brutale propaganda di demonizzazione volta a trasformare l’ex presidente serbo in un mostro, insieme all’intera nazione serba. Utilizzando un metodo semplice, mettendo insieme il ritratto di una persona reale e i fatti storici, andando oltre le caricature grottesche create dall’occidente, l’autore presenta una forte prova sulla ragione principale per cui la NATO e e le potenze occidentali guidate da Washington, hanno voluto far tacere per sempre Miloševic.
Contrariamente a quanto sostenuto in generale e alle premesse dell’imputazione del tribunale dell’Aja, “l’obiettivo politico di Miloševic era mantenere il Kosovo all’interno dei confini della Serbia e impedire alla maggioranza albanese di scacciare la minoranza serba dal Kosovo. Non vi era alcun incitamento all’odio nazionalista, né è stata effettuata una pulizia etnica. Al contrario, i membri del Partito socialista di Milosevic hanno sempre sottolineato i vantaggi della multietnicità per la Serbia“, scrive Robin de Ruiter. L’autore, che si sentiva obbligato a scrivere questo libro “per amore della verità”, cita una serie di giuristi, storici e giornalisti investigativi indipendenti che l’hanno aiutato nella sua ricerca approfondita, mettendo insieme il materiale presentato.

Un aspirina al giorno toglie il medico di torno
L’11 marzo 2006, alle 10:00, a 65 anni, Miloševic veniva trovato morto nella sua cella situata a  Scheveningen, all’Aja, Paesi Bassi, mentre il suo processo per presunti crimini di guerra era in pieno svolgimento, con la presentazione delle prove della difesa. Secondo i patologi olandesi, la causa della morte fu un arresto cardiaco. Oltre alla autopsia, un’analisi tossicologia venne richiesta. Secondo i funzionari dell’Aja, la salute di Miloševic aveva iniziato a peggiorare bruscamente e progressivamente quando era iniziato il processo, ed era sotto costante supervisione da parte di “personale medico altamente qualificato”.
L’autore, tuttavia, ha scoperto il fatto che solo un medico generico e un infermiere componevano l’intera squadra del centro di detenzione dell’Aja composto da ‘personale medico altamente qualificato’. De Ruiter rivela anche che la ‘terapia’ che Miloševic ricevette durante il primo anno di detenzione, consisteva in una singola aspirina al giorno, nonostante il fatto che fosse noto che soffrisse di problemi cardiaci e di pressione alta. L’avvocato di Miloševic, Zdenko Tomanovic, afferma che d’allora la salute del suo cliente venne sistematicamente erosa.

Quando il presidente Miloševic morì, lo specialista russo Dr. Leo Bokeria, del famoso Istituto Bakulev, rivelò ai media: “Negli ultimi tre anni abbiamo sempre insistito, senza successo, che Miloševic venisse ricoverato in un ospedale per essere correttamente diagnosticato. Se a Miloševic fosse stato consentito l’accesso a una qualsiasi clinica specialistica, avrebbe avuto un trattamento adeguato e avrebbe vissuto molti anni.”
All’inizio di maggio 2003, un gruppo di tredici medici tedeschi inviarono al tribunale un testo, esprimendo la loro preoccupazione per la salute di Miloševi? e l’assenza di un trattamento adeguato. Ma tutti i suggerimenti dei medici specialisti vennero scartati e una terapia adeguata rimase indisponibile. Inoltre, non vi fu alcuna risposta a questa e ad altre proteste scritte dallo stesso gruppo di medici.

Farmaci sconosciuti nel sangue di Miloševic
Dopo un anno di trattamento della miracolosa aspirina quotidiana come panacea per malattie cardiovascolari, un gruppo di medici messo su dai burocrati del tribunale emise la seguente diagnosi: danni secondari a vari organi e pressione estremamente alta che in determinate condizioni potrebbe portare a ictus, arresto cardiaco e coronarico o morte prematura. In contrasto con questi risultati, il procuratore generale dell’Aja Carla del Ponte, che sembrava saperne di più, affermò che secondo lei Miloševic “stava eccezionalmente bene”.
L’analisi medica nel 2005 aveva mostrato la presenza di sostanze chimiche “sconosciute” presenti nei sangue di Miloševic, che annullavano gli effetti dei farmaci per la pressione alta. A causa di questa scoperta, Miloševic chiese di essere curato da specialisti russi. Anche se il governo russo il 18 gennaio 2006 offrì la garanzia che Miloševic sarebbe stato messo a disposizione del tribunale, dopo le cure, la richiesta di Miloševic venne negata a febbraio. Poche settimane dopo era già troppo tardi: Miloševic subì l’annunciato e atteso infarto. Tra gli altri, De Ruiter cita la conclusione della rivista olandese Obiettivi:Il fatto stesso che i giudici [Robinson, Kwon e Bonomy] si rifiutassero di dar seguito alla sua richiesta di cure, è sufficiente motivo per sporgere denuncia contro il Tribunale per omicidio premeditato.”
Ulteriori sospetti vennero sollevati dal fatto che le ripetute richieste della famiglia di Miloševic, di un’autopsia indipendente al di fuori dei Paesi Bassi, vennero negate e ignorate. Robin de Ruiter cita anche la dichiarazione di Hikeline Verine Stewart di Amnesty International, che ha sottolineato che la morte prematura di Miloševic era stata conseguenza diretta dei farmaci controindicati trovati nel suo sangue. “Siamo certi che siano la causa della morte. La morte per cause naturali è assolutamente fuori questione“, disse.

Purè di patate con rifampicina
L’autore prende in esame una serie di speculazioni circa l’avvelenamento prolungato dell’ex presidente, nel centro di detenzione di Scheveningen, e conclude che sono tutt’altro che infondate. Nel 2002 si scoprì che a Miloševic venivano somministrati farmaci sbagliati che alzavano la pressione già alta. De Ruiter cita il quotidiano olandese NRC Hadelsblad dal 23 novembre 2002: “Slobodan Miloševic assumeva farmaci sbagliati nel centro di detenzione di Scheveningen, che  aumentavano la sua pressione sanguigna. Questo fu il motivo per cui il processo all’ex presidente jugoslavo dovette essere sospeso all’inizio di novembre. Uno dei commentatori del tribunale sosteneva questo non era un errore. Rifiutò ulteriori commenti.”
Una delle prove che dimostra che Miloševic è stato probabilmente avvelenato durante il suo processo, fu un incidente alla fine di agosto 2004, quando il personale di Scheveningen fu assai  allarmato dopo aver scoperto che un altro detenuto aveva ricevuto la cena di Miloševic. Nel settembre 2004, durante il processo, Miloševic citò questo episodio: “Per tre anni i medici di qui mi hanno considerato in salute e in grado di condurre la mia difesa. E poi qualcosa di veramente strano ha avuto luogo: tutto ad un tratto un ‘medico indipendente’ arrivato dal Belgio, paese in cui ha sede la NATO, annunciava che la mia salute non era abbastanza buona perché continuassi la mia difesa. E tutti i medici qui furono improvvisamente d’accordo in modo unanime su ciò [...] Sentitevi liberi di raggiungere le vostre conclusioni, ma vi prego di tenere presente che sto usando farmaci che i medici hanno prescritto. Io non sono molto sicuro di quello che sta succedendo qui, ma potrei chiamare il personale di guardia a testimoniare su tutto ciò che è accaduto quando mi è stato dato un pasto preparato per una persona dell’altro lato del corridoio. Ci fu un grande clamore per darmi del cibo che era stato preparato specificatamente per me, anche se tutti i pasti sembrano esattamente uguali. Non ne ho fatto un problema, non avevo idea di ciò che stava accadendo. Ma ho alcune ipotesi che possono essere giustificate o meno, ma non vi è una chiara prova… ” A quel punto, il giudice Robinson fece tacere Miloševic chiudendo il suo microfono.
Questo incidente allarmante non è mai stato discusso o indagato. Nel frattempo, la salute di Miloševic continuava a deteriorarsi rapidamente e quotidianamente. Aveva riferito un malessere quotidiano, una terribile pressione dietro gli occhi e nelle orecchie. L’ex ambasciatore canadese James Bissett testimoniò, dopo aver visitato il presidente serbo Milosevic a Scheveningen, che improvvisamente era diventato terribilmente rosso in faccia e che si prese la testa fra le mani. Miloševic disse che la testa riecheggiava quando parlava, come una pentola di metallo.
Nel marzo 2006, Miloševic espresse le sue preoccupazioni per l’ennesima volta: “Nel corso di cinque anni di detenzione non ho preso un solo antibiotico, non ho avuto infezioni, tranne un’influenza e ancora, nel referto medico del 12 gennaio 2006 [che ricevette due mesi dopo] diceva che vi era un farmaco nel mio sangue, usato per trattare la tubercolosi e la lebbra, la Rifampicina.” Commentando questi risultati dei test che avevano rilevato la rifampicina, altamente tossica, nel sangue di Miloševic, Verine Stewart disse: “E’ un mistero inspiegabile perché dessero a Miloševic e ai suoi avvocati i risultati dei suoi test medici del 12 gennaio, solo due mesi dopo, il 7 marzo.”
Un’altra domanda rimasta senza risposta era perché la morte di Milosevic venne scoperta così tardi, nel più sicuro centro di detenzione, il più tecnologicamente avanzato e dotato di telecamere in ogni cellula, e con controlli ogni mezz’ora. Alla conferenza stampa seguente Carla del Ponte sostenne che non vi furono controlli ogni mezz’ora, durante la notte in cui Miloševic morì. Inoltre, per qualche ragione, tutte le telecamere erano spente quella notte. Quando gli chiesero perché, Del Ponte semplicemente rispose che “non era responsabile delle cose che accadono in prigione“.

L’ambasciatore tedesco: le accuse a Miloševic non valgono la carta su cui sono scritte
Nel frattempo, secondo De Ruiter, emerse una serie di dichiarazioni ufficiali dal mondo del diritto internazionale e degli esperti di crimini di guerra, che sottolineava che il processo a Miloševic, in un primo momento annunciato come il ‘processo del secolo’, si era trasformato in un processo segreto. Secondo l’ex ambasciatore tedesco Ralph Hartmann, “già nel suo discorso di apertura, Miloševic ha rivelato fatti sensazionali, dimostrando il ruolo attivo di Stati Uniti, Germania ed altri paesi della NATO giocato nello smembramento e nelle guerre della ex-Jugoslavia. Si può ignorare la verità, ma non la si può sconfiggere“. Mentre il processo progrediva divenne evidente che l’accusa del tribunale dell’Aja valeva solo la carta su cui era scritta.

Meglio … se muore nella sentenza
Molti giuristi, in tutto il mondo, criticarono la sciarada dell’Aja, sottolineando pubblicamente che il  tribunale dell’Aja chiaramente non aveva alcuna prova reale contro Miloševic e che le accuse contro di lui sfumavano senza tanti complimenti. Un certo numero di commentatori, alcuni dei quali citati da De Ruiter, in realtà avevano sottolineato che l’unico modo per l’Aja di uscire da quella situazione era che Miloševic morisse.
Sarebbe meglio se Miloševic muore mentre si è ancora in ballo, disse James Gaw, esperto e consulente del tribunale per i crimini di guerra dell’Aja. Perché, se il processo continua fino alla fine l’unica cosa che può eventualmente essere condannata è una violazione secondaria della legge”, disse Gaw. L’autore conclude che il tribunale può senza dubbio essere accusato di omicidio colposo, e forse anche di omicidio premeditato per cui, come alcuni resoconti dei media hanno affermato, dovrebbe rispondere. Non vi è alcun dubbio che la responsabilità per la morte di Miloševic ricada in pieno sul Tribunale dell’Aja e su Washington, scrive de Ruiter.

Effetto boomerang
Il 25 agosto del 2005 il procuratore dell’Aja Geoffrey Nice, annunciava che Miloševic non era più accusato del tentativo di creare la mitologica ‘Grande Serbia’. La rimozione di un elemento importante dell’accusa contro il presidente serbo aveva leso radicalmente l’intera costruzione. In effetti, le fondamenta su cui tutte le accuse dell’Aja contro Slobodan Miloševic riposavano e si reggevano tutti insieme, era la premessa che tutto ciò che aveva fatto Miloševic avrebbe avuto un unico obiettivo: creare la ‘Grande Serbia’.
Dolorosamente, il Tribunale comprese che la possibilità di ottenere una condanna anche nominalmente credibile, stava diventando sempre più esigua. L’avvocato olandese NMP Steijnen disse: “Il caos è sempre più evidente. Le accuse cominciano a rivoltarsi contro i pubblici ministeri, come un boomerang. Il tribunale teme che Miloševic e i suoi testimoni riveleranno il ruolo svolto dall’occidente nello smembramento della Jugoslavia, e come l’occidente ha sistematicamente diffuso bugie sulla presunta unità serba per la ‘Grande Serbia’, ed i crimini commessi dalla NATO nella guerra di aggressione contro la Jugoslavia e la Serbia e, quindi, che Miloševic e i suoi testimoni avrebbero in conclusione dimostrato chi doveva essere trascinato davanti ai giudici. Miloševic presentò più e più volte, e con l’aiuto di testimoni occidentali, le prove patenti che il Kosovo non affrontava una ‘catastrofe umanitaria’, alla vigilia del bombardamento NATO della Jugoslavia nel 1999. Non era Miloševi? che stava perdendo il processo, ma il tribunale“.
In un articolo, il signor Steijnen scrisse: “Nel corso degli anni del processo, in 466 sessioni, i pubblici ministeri portarono centinaia di testimoni contro Milosevic, accumulando più di 5.000 documenti su di lui, e non hanno dimostrato nulla. Questa assenza di dati reali, la condiscendente  contrattazione dell’azione penale verso sospetti che si rifiutarono di testimoniare contro Miloševic per ottenere riduzioni di pena in cambio, tutto ciò poteva solo danneggiare il tribunale. Gli adoratori del tribunale, nel loro ruolo di reporter, fecero attentamente di tutto per impedire al pubblico di sapere che Miloševic, con i suoi testimoni, aveva inflitto colpi mortali ai ciò che restava delle accuse.”

Seri motivi per un omicidio a sangue freddo
De Ruiter prende atto che il tribunale dell’Aja era già in guai seri, ma le cose sarebbero di molto peggiorate quando sarebbe stato finalmente il turno di Miloševic per la sua difesa. I testimoni che avrebbero testimoniato in difesa di Miloševic, senza eccezione, erano eminenti, autorevoli e credibili, e avrebbero causato gravi mal di testa al tribunale, soprattutto se si tiene presente il fatto che diverse testimonianze dell’accusa ‘erano state smontate e dimostrate delle falsità, a volte fino al punto di diventare ridicole e grottesche.
La situazione era diventata estremamente tesa quando, alla fine di febbraio 2006, Miloševic aveva annunciato che avrebbe chiamato Wesley Clark e Bill Clinton alla sbarra. Aveva intenzione di dimostrare, al di là di ogni dubbio, che gli Stati Uniti avevano condotto una guerra illegale contro la Jugoslavia, e consapevolmente e volutamente bombardato obiettivi civili, presentando in tal modo il vero crimine contro l’umanità. Secondo De Ruiter, l’intenzione di Miloševic non era solo inaccettabile per la NATO, ma anche per il tribunale, che sarebbe stato completamente distrutto se tali prove venivano presentate.
James Bissett, ambasciatore del Canada nell’ex Jugoslavia dal 1990-1992, disse: “Sono sempre stato scettico nei confronti di tribunale, perché sono convinto che è uno strumento utilizzato dagli Stati Uniti e dai loro alleati per mascherare i propri errori nella tragedia dei Balcani. Il tribunale serve per presentare Miloševic e la nazione serba come i responsabili di tutti i mali che colpirono quello sfortunato paese.” Il Generale russo Leonid Ivashov disse: “Slobodan Miloševic era l’unico che potesse testimoniare  nettamente e in modo chiaro sul ruolo che gli Stati Uniti hanno svolto nel sanguinoso smembramento della Jugoslavia degli anni novanta, e che potrebbe farlo completamente e fino al più piccolo dettaglio. Questo è esattamente ciò per cui aveva combattuto mentre era sotto processo.” Secondo il Generale Ivashov, se Miloševic veniva dichiarato innocente, tale sentenza avrebbe avuto conseguenze di vasta portata sia per il tribunale che per la NATO. Il Generale Ivashov ritiene che fu questo il motivo dell’omicidio di Miloševic. “Si tratta di un assassinio politico su mandato”, disse Ivashov.
Slobodan Miloševic è morto nella sua cella proprio nel momento in cui la sua difesa era in pieno svolgimento. Era preoccupato per la sua salute, ma bruciava dal desiderio di esporre la verità su ciò che era realmente avvenuto nei Balcani. Non aveva motivo di suicidarsi. D’altra parte, il tribunale dell’Aja aveva un motivo evidente e considerevole per l’omicidio. La NATO, creatrice e finanziatrice del tribunale, stava perdendo il controllo del caso Miloševic. Miloševic doveva essere messo a tacere prima di poter esercitare il proprio diritto di parlare?”, si chiede Ruiter.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

lundi, 31 octobre 2011

Warum schweigt der Internationale Strafgerichtshof zum Tode Gaddafis?

Warum schweigt der Internationale Strafgerichtshof zum Tode Gaddafis?

Alexander Mezyaev

Die Tötung des libyschen Machthabers Muammar al-Gaddafi rückt entscheidende Fragen des Völkerrechts ins Zentrum der Aufmerksamkeit. Der russische Außenminister Sergej Lawrow forderte eine genaue Untersuchung der Umstände des Todes Gaddafis. Auch die weltweit führende Menschenrechtsorganisation Amnesty International hat zu der Angelegenheit Stellung genommen. Aber der Internationale Strafgerichtshof (ICC) in Den Haag schweigt. Warum?...

Als Gaddafi gefangengenommen wurde, lebte er noch. Wenig später war er tot – die Videoaufzeichnungen zeigen ein Einschussloch in seiner linken Schläfe. Allein das reicht schon aus, seinen Tod als Kriegsverbrechen einzustufen.

Mehr: http://info.kopp-verlag.de/hintergruende/geostrategie/alexander-mezyaev/warum-schweigt-der-internationale-strafgerichtshof-zum-tode-gaddafis-.html

vendredi, 09 janvier 2009

La Suisse renvoie Carla del Ponte en Argentine

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LA SUISSE RENVOIE CARLA DEL PONTE EN ARGENTINE

Par Andreï FEDIACHINE

RIA Novosti, 10 avril 2008 (Un article ancien, que nous avions omis de publier, mais qui mérite lecture et esbaudissement)

L'ancienne procureure du Tribunal pénal international pour l'ex-Yougoslavie (TPIY) Carla del Ponte a tout de même été réprimandée. Elle a été tellement habituée à faire tout ce qu'elle voulait qu'elle a même réussi à mettre en colère le toujours pondéré département fédéral des Affaires étrangères (diplomatie suisse), pour lequel elle travaille à présent. Un télégramme spécial adressé à Carla del Ponte lui prescrit de retourner immédiatement à Buenos Aires, où elle assume le poste d'ambassadrice de la Confédération helvétique en Argentine, et lui interdit de participer à la présentation de son nouveau livre “La Caccia. Io e i criminali di guerra” (La Chasse. Moi et les criminels de guerre), qui devait avoir lieu début avril à Milan. Le porte-parole du DFAE Jean-Philippe Jeannerat a fait savoir le 8 avril dans une déclaration spéciale à la presse que la présentation publique de cet ouvrage était incompatible avec le poste d'ambassadrice, car “il comporte des déclarations inadmissibles pour un représentant de la Suisse”.

Cette réprimande publique aurait mis pour longtemps sur la touche n'importe quel autre diplomate. Mais, puisque la “Suissesse de fer” en a vu d'autres, elle a tranquillement quitté l'Italie pour regagner son lieu de travail. En effet, cette petite piqûre du DFAE n'est rien par rapport à la fierté étrange qu'elle tire de l'énumération des nombreux sobriquets, pas toujours flatteurs, que lui ont attribués ceux qui ont eu affaire à l'ancienne procureure générale de Suisse et ancienne procureure du TPIY (entre 1999 et 2007). Ce dernier poste lui a valu le surnom de “nouvelle Gestapo”. La Cosa Nostra italienne, quant à elle, l'appelle “La Puttana” (un mot qu'il est superflu de traduire), alors que les banquiers helvètes ont affublé cette femme originaire de la Suisse italienne du doux sobriquet de “missile non guidé”.

Carla affirme que ces étiquettes ne la troublent nullement, car elles ne font que témoigner du bon travail qu'elle a accompli. Même le fait que feu son ancien collègue, le juge Falcone, l'ait qualifiée “d'obstination incarnée” la laisse impassible. Cette approche des appréciations qui sont portées sur elle est certainement étrange, mais il suffit de voir Carla del Ponte, ne serait-ce qu'une seule fois en chair et en os, pour que ces nombreuses interrogations tombent d'elles-mêmes.

Son ouvrage de 416 pages édité par la maison italienne Feltrinelli relate son travail au poste de procureure du Tribunal de la Haye. Pour l'instant, il a paru en italien, mais des versions anglaise et française sont déjà prêtes. Pour 20 euros, on peut plonger dans l'univers de la procureure. Le livre est ennuyeux et il l'aurait été encore plus si Carla n'avait pas recouru aux services de Chuck Sudetic, reporter du New York Times, coauteur de l'ouvrage, pour l'aider à s'écarter un tant soit peu du style procédurier.

En fait, Carla del Ponte n'a dévoilé aucun secret. Ce qu'elle écrit, y compris ses “confidences” à propos des prélèvements d'organes sur des Serbes prisonniers des Albanais du Kosovo, organes par la suite envoyés en Occident, était déjà plus ou moins connu. Des réfugiés serbes en avaient parlé. Seulement, dans les années 90, il ne “fallait” pas croire les Serbes, alors que cette révélation faite par une ex-procureure de la Confédération helvétique est bien plus crédible. Cependant, on ne peut s'empêcher de se poser la question suivante : pourquoi Carla del Ponte n'a-t-elle alors rien fait pour retrouver les coupables et les traduire en justice ?

Elle affirme qu'elle ne pouvait rien faire, car il était très difficile de recueillir des preuves au Kosovo, littéralement truffé “de bandits et de criminels”, où les témoins avaient été intimidés et parce que même les juges de La Haye avaient peur des Albanais kosovars. Elle écrit : “J'estime que certains juges du Tribunal pour l'ex-Yougoslavie avaient peur que les Albanais viennent eux-mêmes s'occuper d'eux”. Cela semble aujourd'hui beaucoup affliger Carla del Ponte.

Elena Gouskova, experte spécialisée dans les Balkans, chef du Centre d'étude de la crise balkanique contemporaine de l'Institut d'études slaves de l'Académie russe des sciences, n'est pas la seule à estimer que le TPIY est un établissement très étrange. Elle y a travaillé en qualité d'expert scientifique en 2003, au cours du procès du général serbe Stanislav Galic. “Le tribunal a été spécialement créé pour justifier les actions de l'OTAN en Yougoslavie, estime Elena Gouskova. Les chefs du tribunal n'examinent pas l'essence du procès, ils ne font que manipuler les faits en les adaptant au schéma de la culpabilité d'une des parties. En général, j'avais l'impression que l'accusation avait une mauvaise connaissance des dossiers. Certains juges n'avaient aucune notion des Balkans avant d'arriver à La Haye. Au Tribunal de La Haye, le résultat est connu d'avance, du moins concernant les Serbes: ils seront tous reconnus coupables.”

Le fait que Carla del Ponte ait été choisie pour le dossier yougoslave en vue de compromettre définitivement la réputation des Serbes n'a rien d'étonnant. En Suisse, à la fin des années 90, le “missile non guidé” se sentait déjà à l'étroit. En fait, malgré sa petite taille, ses ambitions et son énergie sont comparables aux Alpes. Elle a toujours atteint ses objectifs en agissant implacablement, et a tellement porté jusqu'à l'absurde son application de la loi que même ses collègues, étonnés, se demandaient: comment peut-on parvenir à faire en sorte qu'il ne reste pas de place pour le bon sens et la justice entre la loi et la réalité ?

Sa carrière abonde en affaires retentissantes, entre autres, des affaires politiques à scandale. Les mauvaises langues disent que Carla del Ponte les acceptait avec un plaisir non dissimulé, car elle savait qu'elles lui donneraient un nom. D'autres n'hésitent pas même à affirmer que toutes ces affaires avaient été commandées (il fallait justifier la démonisation des Serbes), ou bien qu'elles étaient fondées sur des jugements préconçus (Carla del Ponte ne cache pas son hostilité pour la Serbie et la Russie), alors que les affaires vraiment importantes ont été véritablement jugées par d'autres, et non pas par Carla.

Carla del Ponte voulait également juger dans les années 90 l'affaire Mabetex, dans le cadre de laquelle ont été accusés Boris Eltsine et ses filles, dont les importantes dépenses auraient été couvertes par cette société. Elle avait aussi “gelé” les comptes en Suisse de l'ex-première ministre du Pakistan, feue Benazir Bhutto. Il serait intéressant de se pencher à nouveau sur ces deux histoires, mais personne ne veut s'en occuper.