samedi, 22 septembre 2007
Intervista con Putin
Putin boccia la politica imperialista americana
Tensione con gli Usa su armamenti, diritti umani, caso Litvinenko.
«Non uso un linguaggio da luna di miele»
Putin: pronto a puntare i missili sull’Europa
Intervista al presidente russo: le manifestazioni represse? Sciocchezze
NOVO-OGARYOVO (Russia) — Sono passate le otto di sera, Vladimir Putin
è in ritardo perché è andato a visitare la vedova di Eltsin. I
rappresentanti dei giornali invitati dal Cremlino, uno per ogni Paese
del G8 che si apre mercoledì in Germania, lo attendono nella dacia
presidenziale di Novo-Ogaryovo, immersa in un bosco stupendo oltre il
quale spuntano come funghi le seconde case dei nuovi miliardari
moscoviti. L’atmosfera è rilassata, funzionari e guardie del corpo
giocano a biliardo per ingannare il tempo. Ma quando il Presidente
arriva e comincia un incontro che poco dopo si trasferirà a tavola,
l’amichevole informalità che regna nella dacia diventa poca cosa
davanti alla rudezza delle parole. Sì, risponde Putin a una nostra
domanda, i missili nucleari russi torneranno a essere puntati contro
città e obiettivi militari europei se gli Usa insisteranno a
modificare l’equilibrio strategico con il coinvolgimento di Polonia e
Repubblica Ceca nella creazione di uno «scudo» anti- balistico. Il
messaggio è forte, ma conviene cominciare dall’antipasto.
Signor Presidente, non c’è più amore tra Russia e Occidente, lei parla
di imperialismo Usa come si faceva ai tempi dell’Urss; siamo già in un
clima da nuova guerra fredda?
«Nelle relazioni internazionali non si usa un linguaggio da luna di
miele. Vanno sempre difesi i propri interessi nazionali, e la
coesistenza consiste nel farlo insieme, in uno spirito di compromesso.
Qualcuno nella comunità internazionale crede che le sue idee e i suoi
interessi siano valori assoluti da affermare con ogni mezzo. Questo
non aiuta. Faccio un esempio: se avesse prevalso lo spirito di
compromesso, i nostri consigli sarebbero stati ascoltati e gli Usa non
avrebbero attaccato l’Iraq. Certo oggi la situazione sarebbe migliore
ma non voglio nemmeno drammatizzare i contrasti, non è proprio il caso
di parlare di guerra fredda».
Al centro dei dissensi con Washington c’è il sistema difensivo
anti-missile e la volontà di installare alcuni suoi componenti in
Polonia e nella Repubblica Ceca. Quando la Russia protesta, vuole che
l’America rinunci del tutto al progetto difensivo?
«Vorrei rispondere partendo dal Cfe, il trattato che limita le forze
convenzionali in Europa. Noi lo abbiamo applicato scrupolosamente, e
cosa abbiamo avuto in cambio? L’Europa si sta riempiendo di nuove
basi, di nuove truppe, di nuovi radar, di nuovi missili. Allora
dobbiamo chiederci: stiamo forse disarmando unilateralmente? Non
possiamo permetterci di non essere preoccupati, e per questo abbiamo
dichiarato una moratoria sul Cfe. Lo stesso ragionamento vale per il
cosiddetto scudo difensivo, esso fa parte dell’arsenale americano, è
un elemento del sistema nucleare che protegge il territorio degli Usa,
ed è la prima volta nella storia che elementi di questo sistema
vengono dislocati in Europa. Ci dicono che la difesa serve contro i
missili iraniani, ma non esistono missili iraniani con la gittata
necessaria. Allora diventa evidente che queste novità riguardano noi
russi.
È ben noto che l’equilibrio strategico può essere alterato con sistemi
difensivi, creando l’illusione teorica di non essere più vulnerabili e
dunque di poter attaccare senza conseguenze. Noi non intendiamo
inseguire questo sogno. Intendiamo invece riequilibrare gli strumenti
difensivi con più efficaci strumenti offensivi, senza tuttavia
aumentare le spese militari, ma sappiamo che questo rischia di
riaprire una corsa agli armamenti di cui non saremo comunque
responsabili. Non abbiamo cominciato noi ad alterare l’equilibrio
strategico, non siamo stati noi ad abbandonare unilateralmente il
trattato Abm».
Le viene mai la tentazione di restituire pan per focaccia all’America,
di collocare missili russi a Cuba o in Venezuela?
«No, non ci penso nemmeno, anche se oltre alla Polonia e alla
Repubblica Ceca vedo sorgere basi Usa anche in Romania e in Bulgaria».
Se lo «scudo» andrà avanti, i missili russi torneranno ad essere
puntati contro le città e gli obiettivi militari americani come
accadeva ai tempi della guerra fredda?
«Naturalmente sì. Se il potenziale nucleare americano si allarga al
territorio europeo noi dovremo darci nuovi bersagli in Europa. Spetta
ai nostri militari la definizione di questi bersagli così come la
scelta tra missili balistici e missili da crociera. Ma questo è
soltanto un aspetto tecnico».
Dopo il Cfe sulle forze convenzionali anche il trattato Inf sugli
euromissili è in pericolo?
«La questione del trattato Inf non è direttamente collegata alle
difese antibalistiche americane. Il problema è che in base a quel
trattato Usa-Urss del 1987, soltanto la Russia e gli Stati Uniti non
possono avere missili con gittata da 500 a 5.500 chilometri, mentre
molti altri Paesi se ne stanno dotando. Così non va. Noi non vogliamo
complicare ulteriormente le cose, ma stiamo seriamente considerando
l’impatto dell’Inf sulla nostra sicurezza».
Come reagirebbe se l’Ucraina entrasse nella Ue e nella Nato?
«Al primo processo, quello che riguarda la Ue siamo sempre stati
favorevoli. Al secondo no, perché la Nato è un’alleanza militare e
nessuno ha bisogno, nemmeno in Ucraina, di ulteriori motivi di
contrasto. La politica dei blocchi è fuori dai tempi, e del resto la
maggioranza degli ucraini non è favorevole a entrare nella Nato».
Se lo «scudo» Usa fosse multilaterale e gestito dalla Nato, la Russia
accetterebbe di parteciparvi?
«Non credo che cambierebbe molto, noi che abbiamo conosciuto il Patto
di Varsavia sappiamo come vengono prese le decisioni nella Nato. La
sapete la barzelletta sul telefono speciale di Honecker? Era un
telefono fatto di un pezzo soltanto, la cornetta di ascolto. Anche la
Nato oggi funziona così. Quanto alla collaborazione russa, eravamo
stati noi a proporla e ad ottenere un rifiuto. Oggi l’idea riaffiora.
Ma cosa ci viene offerto? Di usare i nostri missili come bersaglio nei
test. Viene da ridere. Se invece ci fossero proposte serie, noi
saremmo pronti a lavorare insieme».
In quale modo si può risolvere il contrasto nucleare con l’Iran?
«Come è stato fatto con la Corea del Nord: con la pazienza e il
negoziato».
Lei è d’accordo con George Bush quando dice che un Iran con la bomba
atomica è inaccettabile?
«Sono assolutamente d’accordo con lui».
La vostra posizione sul Kosovo non rischia di accelerare una
dichiarazione di indipendenza unilaterale?
«La Russia si limita ad affermare le norme del diritto internazionale
sancite peraltro anche nella risoluzione 1294 dell’Onu. Se si ritiene
che l’autodeterminazione debba prevalere sul diritto, allora questo
deve essere valido ovunque. Anche in Ossezia, in Abkhazia o in
Transdnistria, e anche in regioni europee che vanno dalla Scozia alla
Catalogna e a tante altre. Un dialogo con la Serbia può favorire
l’evoluzione della loro posizione sul Kosovo, perché avere tanta
fretta a umiliarli come nazione?».
Vladimir Vladimirovich, qualcuno chiede che la Russia sia esclusa dal
G8 perché la sua democrazia è troppo imperfetta. Cosa risponde?
«È una cosa che non ha senso. Siamo nel G8 perché ci hanno invitati. E
per quanto riguarda la nostra democrazia non siamo gli unici ad avere
difetti. Con la differenza che gli altri non attraversano un periodo
di trasformazioni epocali come noi. Del resto alcune libertà sono
garantite da noi meglio che altrove. Per esempio noi non abbiamo la
pena di morte e nemmeno i senza casa, Guantánamo, la tortura, la
violenza contro i dimostranti».
Eppure piccole manifestazioni sono state represse con molta durezza di
recente…
«Sciocchezze. Altrove vengono usati i gas, le scariche elettriche, i
proiettili di gomma. Perché dobbiamo essere sempre noi i più cattivi,
perché tanto scandalo? Si può dimostrare, ma non si possono bloccare i
trasporti o creare rischi per gli altri, e in questi casi le autorità
hanno il dovere di intervenire. Noi usiamo metodi meno duri di quelli
in vigore in Occidente. Ho detto ad Angela Merkel che ero sorpreso per
le perquisizioni e per i raid preventivi effettuati in Germania in
vista del G8, ma in realtà so che bisogna garantire la sicurezza prima
dei grandi eventi. E poi con Angela ho un buon rapporto. Ma la si
smetta di considerarci degli orchi cattivi».
Lei è indubbiamente popolare in Russia, ma ha il vantaggio di non
subire la minima critica in televisione…
«Anche questo è sbagliato. Abbiamo 19 mila media elettronici. Anche se
volessi, non potrei controllarli tutti. E poi non è vero che non vengo
mai criticato.
Quando sbaglio le critiche arrivano. E per giunta la presenza dello
Stato in tv non è da noi diversa da quella che c’è in Francia o in
altri Paesi europei».
La Gran Bretagna ha chiesto alla Russia l’estradizione di Andrej
Lugovoj per l’omicidio Litvinenko. Perché non viene accordata?
« Intanto perché bisognerebbe emendare la Costituzione. Ma se anche si
facesse questo, il Procuratore generale mi dice che non sono state
fornite motivazioni sufficienti. Anche in Russia c’è un’indagine su
Lugovoj, e noi procederemmo se trovassimo materiale d’accusa. A questo
punto mi chiedo: coloro che vogliono l’estradizione, ignorano le
nostre leggi oppure non sono in grado di fornire elementi di accusa
validi? Viene il sospetto che si tratti di una mossa politica, proprio
da parte di chi nasconde sul suo territorio terroristi e ladri».
Il suo mandato scade nel marzo 2008. Come vorrebbe che fosse il suo
successore?
«Saranno gli elettori a decidere. È troppo presto e sarebbe
inopportuno fare speculazioni sui candidati. Per quanto mi riguarda
non ho l’età della pensione. Lavorerò, ma non so dire dove».
Che ne pensa sua moglie?
«Lyudmila ha i suoi interessi, è filologa, ha la sua vita
professionale. La mia presidenza è stata per lei causa di limitazioni
più che di lustro. Non ha mai protestato, ma non credo che le
dispiaccia la mia uscita dal Cremlino».
La Shell e ora forse la Bp perderanno le loro licenze di estrazione.
Ma in questo modo la Russia non scoraggia gli investimenti che pure
desidera?
«Qualcuno ha letto l’accordo originale per Sakhalin-2? Era un testo
coloniale, non rispondeva in alcun modo agli interessi della Russia.
Posso soltanto rammaricarmi che negli anni ‘90 qualcuno l’abbia
firmato. E anche così, se i nostri partner avessero rispettato gli
impegni, noi avremmo fatto lo stesso. Ma è andata diversamente e le
decisioni prese erano inevitabili. Anche per il giacimento di Kovykta
in cui è impegnata la Bp, vanno protetti tutti gli azionisti, i
traguardi produttivi non sono stati rispettati e chi ha concluso
l’accordo conosceva gli ostacoli sin dal primo momento. Pure in
materia energetica noi russi passiamo per cattivi. Veniamo accusati se
applichiamo regole di mercato all’Ucraina dopo averla sovvenzionata
per 15 anni; lo stesso è accaduto con i Paesi baltici, e persino con
la Bielorussia. Insomma, qualsiasi cosa facciamo non va bene.
Parliamo delle società europee: perché dovrebbero avere paura della
partecipazione russa? Se fossimo stati nel consorzio Airbus avremmo
salvato molti posti di lavoro. Noi non puntiamo a conquistare,
applichiamo le regole di mercato».
Ciò vale anche per Aeroflot e Alitalia?
«Naturalmente. Faciliteremo un accordo se le parti lo vorranno, ma di
sicuro non forniremo aiuti pubblici».
A Parigi è diventato Presidente un amico dell’America che tiene molto
ai diritti umani. Andrà d’accordo con Sarkozy?
« Guardi che anche noi ci sentiamo amici dell’America. Forse le
sembrerà strano per le critiche che rivolgo a Washington, ma tra noi
non esiste più inimicizia, il problema è non compromettere la
sicurezza collettiva che ci riguarda entrambi. Quanto a Sarkozy, che
incontrerò tra pochi giorni, lui ha detto di essere amico dell’America
ma di conservare gelosamente anche il diritto di dissentire
dall’America. Ecco, io la penso esattamente allo stesso modo».
Fabrizio Dragosei / Franco Venturini
L’incontro con il presidente russo ha avuto luogo venerdì sera. Dal
momento che il settimanale tedesco Der Spiegel ha parzialmente violato
l’embargo concordato per domani, il
Corriere della Sera, che ha intervistato Putin in esclusiva italiana,
si ritiene libero di pubblicare oggi il suo articolo
Fonte: Corriere della Sera
Article printed from Altermedia Italia: http://it.altermedia.info
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