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dimanche, 20 janvier 2013

Le radici culturali della decrescita: Meister Eckhart

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Le radici culturali della decrescita: Meister Eckhart

di Pier Luigi Tosi

Fonte: ilcambiamento


Meister Eckhart, vissuto tra il 1260 e il 1328, contemporaneo di Dante, domenicano, professore nell’università di Parigi, fu incriminato dal principe-vescovo di Colonia per eresia e probabilmente il processo, condotto presso la sede papale di Avignone, avrebbe avuto un’infausta conclusione se nel frattempo il protagonista non fosse morto, cosicché il papa potè limitarsi alla condanna solo di alcune proposizioni (con la bolla In agro dominico). Il frate filosofo e teologo espresse il suo pensiero sia con commenti alle sacre scritture, prevalentemente in latino, sia con predicazioni, prevalentemente in tedesco, che sono quelle che più ci interessano ai nostri fini.Per comprendere la forza di rottura dei suoi discorsi, dobbiamo tenere ben presente che operò nell’Europa a cavallo fra XIII e XIV secolo, totalmente dominata nella sua cultura dalla filosofia Scolastica e in particolare dalla Summa theologiae di Tommaso d’Aquino, come testimonia la Divina Commedia. Questa vera e propria opera omnia del pensiero filosofico e religioso presenta il cosmo e la creazione strutturati in maniera rigidamente gerarchica, con Dio al vertice, poi gli angeli, quindi gli uomini e al di sotto le creature animali e vegetali. L’essere umano si situa come cerniera fra mondo spirituale e mondo materiale, mentre il resto del creato è svilito in quanto considerato mera materia senz’anima e posto in sostanza alla mercé degli uomini.

Echkart reagisce, con suo notevole rischio personale, al sistema tomistico e propone un’inedita concezione di Divinità, spesso addirittura distinta e sovraordinata al Dio creatore, che deriva direttamente ed esplicitamente dall’idea di Uno -Tutto cui facevamo riferimento all’inizio. Nel sermone Unus deus et pater omnium si afferma: «Tutte le creature sono in Dio, e sono la sua Divinità, e questo significa la pienezza» e ancora «Dio è Uno, negazione della negazione». Con ciò si intende che distinguere il sé (con la minuscola) dalle altre creature, o un ordine di creature da un altro, significa compiere il più grave dei peccati e precludersi il cammino verso il Sé (con la maiuscola), che è la comprensione dell’unione intima con il Tutto. «Più Dio è riconosciuto come Uno, più è riconosciuto come Tutto» (in Unser herre underhuop und huop von unden uf siniu ougen).

Un altro esempio degno di nota di quanto diciamo è nel sermone Nolite timere eos: «Dio ama se stesso, la sua natura, il suo essere, la sua Divinità. Ma nell’amore in cui ama se stesso ama anche tutte le creature –non in quanto creature, ma in quanto Dio». In seguito: «Dove tutte le creature esprimono Dio, là Dio diviene» e «Perché le creature parlano di Dio e non della Divinità? Perché quello che è nella Divinità è Uno, e di ciò non si può parlare». Emerge con nettezza l’impossibilità di separare sé dagli altri, ma altresì l’uomo dal resto del creato: pensare nell’ottica di un «io« contrapposto alla realtà e agli altri viventi equivale alla negazione della Divinità e alla propria dannazione e disperazione. «Io solo porto tutte le creature nel mio intelletto, prendendole nella loro essenza spirituale, in modo che esse siano una cosa sola in me».

Così come nel sermone Surrexit autem Saulus: «Quando l’anima giunge all’Uno e vi penetra in un completo annullamento di se stessa, essa trova Dio come in un nulla».
Per il mistico tedesco Cristo, il Figlio, è assolutamente affine al Logos eracliteo. Ogni uomo è Cristo se è capace di annullarsi nel Logos, nell’Uno: «Alcuni, di animo non nobile, sono avidi di ricchezze. Altri, di natura più nobile, non fanno caso agli averi, ma cercano l’onore. Altri ancora risuscitano completamente, ma non con Cristo. Infine, si trovano delle persone che resuscitano completamente con Cristo» (da Si consurrexistis cum Christo).

La natura, umana e no, per il nostro autore è libera e indivisa; per comprendere ciò (la mistica eckhartiana fa dichiaratamente riferimento all’intelletto e, benché sia stata riscoperta in età romantica, è lontanissima da ogni irrazionalismo), occorre annullare la propria anima, cioè l’individualità, l’Ego, e renderla completamente partecipe del Tutto. Scrive il commentatore Vannini che «è l’io stesso a scomparire in quanto centro di volontà, centro di forza e di appropriazione (eigenschaft)». Non ci risulterà allora difficile capire perché l’inedita elaborazione di Meister Eckhart sia stata accostata alla mistica orientale (R. Otto) e in particolare al buddismo zen (D.T. Suzuki). Né ci parrà strano annoverare un frate domenicano medievale tra i maestri del pensiero che possono aiutarci a vedere il mondo in termini olistici e non come una riserva di oggetti e di risorse da sfruttare a nostro piacimento, uso e consumo. Ci rammaricherà invece constatare che, a sette secoli di distanza, l’uomo continui a perdersi, insista ad attrezzare tecnologicamente, in modo ognora più sofisticato, le smisurate ambizioni egoiche e il desiderio illimitato di appropriazione.

Tra le straordinarie intuizioni del teologo, vorrei segnalarne una, tratta dalla predica Ein meister sprichet: alliu glichiu dinc minnent sich under einander, ovvero «Un maestro dice: tutte le cose simili si amano reciprocamente«, che così recita: «Ma se il mio occhio, che è uno e semplice in se stesso, si apre e proietta la sua vista sul legno, ciascuno dei due resta quello che è, e tuttavia, nel compiersi della visione, diventano una cosa sola, tanto che si potrebbe chiamare davvero “occhio-legno”, e il legno è il mio occhio«. In qualche modo prefigura l’inestricabile unità, si potrebbe dire complicità, di osservatore e osservato, caratteristica della più avanzata fisica teorica, quella quantistica. Aristotele, fedelmente ripreso da Tommaso, nel De anima aveva affermato: «Nelle realtà immateriali sono lo stesso pensante e pensato«; qui però cade finalmente questa barriera tra immateriale e materiale, per cui in questa stretta comunione possono incontrarsi l’occhio e il legno, l’uomo e l’albero, mentre il pensiero catalogatore è un pernicioso freno alla comprensione della Divinità, che in termini platonici potremmo allora chiamare Anima Mundi.
Concludiamo il breve discorso dedicato a Meister Eckhart con due massime che assumono senso particolare nel contesto di un dibattito sulla decrescita:

«Ascoltate una parola vera! Se un uomo donasse mille marchi d’oro per costruire chiese e conventi, sarebbe grande cosa. Ma molto di più avrebbe donato chi stimasse un nulla mille marchi: questi avrebbe fatto molto più del primo»; «Dimentica ciò che è tuo e acquisirai la virtù».
«Quando l’anima giunge all’Uno e vi penetra in un completo annullamento
di se stessa, essa trova Dio come in un nulla». «Dimentica ciò che è tuo e acquisirai la virtù».

 


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mercredi, 09 mars 2011

Maître Eckehart et la mystique néerlandaise

Maitre Eckehart et la mystique néerlandaise

conseils72k.jpgSi l’on en juge par les nombreux témoignages parvenus jusqu’à nous, les doctrines de Maitre Eckehart ont eu une grande répercussion dans les Pays-Bas. Cette influence s’expliquera notamment par le fait que ces contrées ont entretenu durant tout le moyen âge un commerce spirituel des plus intense avec Cologne et les provinces rhénanes.

Cependant, si l’histoire du mysticisme occidental nous apprend que les mystiques néerlandais ont fréquenté les foyers spirituels de la Rhénanie, il est certain, d’autre part, que les mystiques allemands sont venus de leur côté s’initier aux sources de la spiritualité néerlandaise. Mais si les voyages d’un Tauler ou d’un Suso en Néerlande sont chose généralement admise, l’influence de la mystique néerlandaise du XIIIe siècle sur un maître Eckehart, par exemple, semble encore relever du domaine des thèses hardies et peu défendables. L’analyse philologique de certains teImes eckehardiens à laquelle s’est livrée le R.P. Van Mierlo nous conduira cependant à admettre que l’infuence de la mystique néerlandaise sur Eckehart est possible, voire même certaine.

D’après le témoignage de Lamprecht von Regensburg (1) toute une littérature mystique du plus haut intérêt aurait fleuri dans les Pays-Bas avant l’année 1250. jusqu’ici deux noms à peine ont survécu à la perte des écrits de cette époque: Hadewych (2) et Béatrice de Nazareth. Mais à eux deux, ces noms suffisent pour situer la beauté de cette efflorescence mystique. Tout ce qui caractérisera un j~ur l’ori~inalité de la Mystique germanique se trouve déjà lllscrlt dans 1 oeuvre de ces femmes exceptionnelles. Et l’apparition de Eckehart au lieu de les inaugurer ne fera que confirmer les tendances spéculatives de cette mystique germanique, née dans les Pays-Bas près de la mer … Mais son génie créateur conduira ces tendances à leur suprême accomplissement, de telle manière que le maître de Hochheim peut être considéré à juste titre comme le véritable père de la «Deutschen Speculation». C’est chez lui que pour la première fois se dessine en toute sa magnificence ce grandiose édifice de la mystique germanique, et des matériaux épars dans les écrits spirituels de la Néerlande et de la Rhénanie il construira cette somme mystique qui domine encore le mysticisme allemand.

Nous n’entrerons pas ici dans les détails qui caractérisent le message du maître de Hochheim, mais nous essayerons de déceler son importance quant à l’orientation définitive de la mystique néerlandaise du XIVe siécle, telle qu’elle se précisera dans l’oeuvre de Ruusbroec l’Admirable et de ses disciples.

Ici encore nous pouvons dire, sans peur d’être contredit, que l’influence de Eckehart sur le sage de Groenendael est beaucoup moins évidente que l’on ne se plait généralement à l’affirmer. L’ignorance de la plupart des historiens du mysticisme occidental quant au développement parallèle des mystiques rhénane et néerlandaise a ainsi conduit à des conclusions par trop hâtives qui nous ont longtemps fait croire que les doctrines de Ruusbroec devaient tout à celles de Eckehart. N’a-t-on pas été jusqu’à affirmer que la terminologie de Ruusbroec était en grande partie tributaire de celle du grand créateur de «néologismes mystiques», quand la plupart de ces « néologismes» étaient depuis près d’un demi siècle le bien commun des mystiques Néerlandais et rhénans?

Comme nous le montrerons plus loin, ce n’est que dans les dernières oeuvres de Ruusbroec que l’on peut déceler d’une manière certaine que le mystique brabançon a pris connaissance de certaines thèses de Eckehart, mais alors encore pour les refuser et les attaquer comme les· pires des hérésies, cela après leur condamnation à Rome. Il est donc vraisemblable que seul le grand bruit fait autour des 17 thèses hérétiques du fougueux dominicain ait attiré l’attention du solitaire de Groenendaal sur l’oeuvre de Eckebart. Dès lors, l’affirmation d’un Van Olterloo, selon laquelle Ruusbroec aurait suivi pendant un certain temps l’enseignement de Eckehart à Cologne nous semble devenir peu défendable.

Quoique lui-mêine ait été soupçonné d ‘hérésie par certains maîtres en théologi.è, l’on peut dire qu’une importante partie de l’activité de Ruusbroec a été consacrée à combattre les hérésies de son temps (3), Selon le témoignage de son biographe Pomerius, Ruusbroec aurait même entrepris cette sainte croisade dès les premières années de sa prêtrise en s’attaquant à J’une des plus célèbres et des plus mystérieuses hérétiques de son temps: la Bloemardinne (4).

Dès sa première oeuvre, «LE LIVRE DU ROYAUME DES AMANTS DE DIEU», Ruusbroec fait allusion aux hérésies si «pernicieuses pour: la vraie foi» et dans son énumération de ceu?, qui sont incapables de suivre le chemin surnaturel vers Dieu, il citera dans le même chapitre les mécréants et les hérétiques, Plus loin il citera les quatre principales raisons d’hérésie en indiquant les moyens de les éviter. Dans tous ses autres écrits également Ruusbroec trouvera moyen de faire allusion aux divers aspects d’hérésie. Il en va ainsi dans «L’ANNEAU OU LA PIERRE BRILLANTE» au chapitre des «cinq sortes de Pécheurs» ; dans son «LIVRE DES QUATRE TENTATIONS» qui toutes sont évidemment à l’origine des errements de la foi : dans son «LIVRE DU TABERNACLE SPIRITUEL», où l’hérésie est cependant moins explicitement attaquée: dans son «LIVRE DES SEPT CLOTURES» où la cinquiè me clôture, celle de la fausse vacuité est décrite avec force détails qui nous montrent combien proche celle-ci se trouve du panthéïsme.

Dans «LES SEPT DEGRES DE L’ECHELLE D’AMOUR SPIRITUEL» nous trouvons également au chapitre XI une description de ceux qui se croient grands et élevés devant Dieu. Dans «LE MIROIR DU SALUT ETERNEL» Ruusbroec parle longuement de cette sorte de gens qui ne peuvent approcher de la Sainte Table et parmi lesquels les hérétiques prennent une place d ‘exception, parce qu’ils ne croient pas que le Christ se trouve en chair et en sang dans le Saint Sacrement, ou parce qu’ils affirment qu’ils sont -eux-mêmes Dieu et le Christ, leur main ayant créé le ciel et la terre, etc. etc… En d’autres endroits encore du même livre,Ruusbroec s’attaque à ces mêmes hérétiques en les vouant aux pires supplices.

Quant à son « LIVRE DE LA PLUS HAUTE VERITE» il y résume au chapitre IV tout ce qu’il a dit précédemment contre l’hérésie; nous y trouvons ainsi une véritable synthèse de la croisade idéologique de Ruusbroec contre les errements de son temps, synthèse qu’il lui suffira de reprendre dans son « LIVRE DES DOUZE BEGUINES» pour y dresser un réquisitoire définitif contre toutes les hérésies qui portent atteinte à la vraie foi.

Les hérésies que Ruusbroec combat dans ses premiers livres sont manifestement celles des Beggards et des Béguines, telles qu’elles f”rent condamnées par le Concile de Vienne de 1311, et dont il suffirait de reprendre. les différentes thèses latines pour en retrouver un écho direct, en langue populaire! dans les divers ouvrages de Ruusbroec.

Ce n’est qu’à partir des « SEPT CLOTURES» et des «DOUZE BEGUINES» que Ruusbroec s’attaque directement aux tendances de l’hérésie panthéïstique, et c’est ici que l’on retrouve clairement et pour la première fois certaines alluSions aux thèses condamnées de Eckehart et de ses disciples.

Sans que le nom d’Eckehart soit cité une seule fois dans les «DOUZE BEGUINES» plusieurs errements eckehardiens y sont explicitement réfutés. Ici encore l’on peut se demander si Ruusbroec: s’en est bien référé directement aux oeuvres du savant dominicain, ca’r il est plus vraisemblable de croire que Ruusbroec s’en est tenu aux «Errores Eckardi » telles qu’elles sont relatées dans la Bulle «In Agro Dominico » de Jean XXII, du 27 mars 1329 (5).

Certaines tournures de phrase du texte de Ruusbroec font cependant croire que celui-ci a également eu connaissance de quelque rédaction allemande des thèses hérétiques de Eckehart, mais alors encore a-t-il pu les trouver dans certaines variantes respectant plus ou moins fidèlement la pensée du maitre. C’est ce qui pourrait expliquer le gauchissement imprimé à certaines phrases citées par Ruusbroec, pour être immédiatement passées au crible. Après une analyse minutieuse des textes ruusbroeciens l’on en arrive à conclure que l’information de Ruusbroec quant aux doctrines eckehardiennes. Ne semblerait être que de seconde main, ce qui nous conduit en définitive bien loin d’une dépendance immédiate du solitaire de Groenendael à l’égard du Père de la « Deutschen Speculation » (6).

Un disciple de Ruusbroec, Jan Van Leeuw, reprenant les arguments de son maitre contre les doctrines de Eckehart, s’élève dans un de ses livres avec une rare violence contre les erreurs qu’elles comportent (7), Ne ménageant point ses mots, le bonus cocus reprochera à Eckehart d’être un homme diabolique, plein de morgue, qui ne songerait qu’à entrainer ses semblables en Enfer, Le feu de la polémique entraina cependant trop loin le brave cuisinier mystique qui, dans un écrit ultérieur, a dû faire amende honorable (8), Dans deux chapitres de ce manuscrit il justifie ses attaques, en se défendant à son tour d’avoir écrit des choses hérétiques: «Si j’ai pu écrire faussement, dira-t-il fort humblement, j’en demande pardon auprès de Dieu et de mes lecteurs». Cela n’empêche qu’il essayera de prouver son innocence en reconnaissant que Eckehart a abjuré toutes les hérésies qu’il lui reprochait. Il va même jusqu’à dire que « si Eckehart se trouve actuellement au Ciel – comme il l’espère – celui-ci doit non seulement approuver la chaleur avec laquelle lui, Jan van Leeuw, a pu l’attaquer dans ses hérésies, mais que si cela était en son pouvoir, celui-ci les attaquerait lui-même avec plus de violence encore … ».

Les répliques de Ruusbroec et de son disciple aux thèses hérétiques de Eckehart laissent supposer que, quoi que condamnées en haut lieu, celles .. ci devaient avoir une répercussion certaine, en séduisant les âmes pieuses, pout les entrainer dans les voies du panthéisme.

Les très nombreux manuscrits thiois de Maître Eckehart retrouvés dans les principales bibliothèques d’Europe laissent supposer que ses doctrines doivent avoir eu un grand retentissement dans les Pays-Bas. Si l’on songe qu’un manuscrit devait passer de main en main et faire J’objet de lectures à haute voix devant ‘un auditoire choisi, l’on peut dire que c’est par centaines, si pas par milliers que devaient s’y recruter les amis de Eckehart.

Un des plus curieux témoignages de l’influence de Eckehart est ce dialogue entre «Meester Eggaert» et de laïc anonyme (9), Ce texte se compose de 80 pages in-folio, de quatre colonnes chacune. Il est un véritable essai de vulgarisation de la doctrine eckehardienne. Il se présente sous forme de questions et réponses et fut probablement écrit dans le courant du XIVe siècle, bien que le seul manuscrit que nous connaissions soit du XVIe siècle.

Dans l’ensemble, ce texte ne nous apprend rien de nouveau sur Eckehart, mais le fait d’avoir été écrit sous forme de questions ~t de réponses lui confère la valeur d’un véritable catéchisme mystique à l’usage des âmes simples qui « ne connaissent assez de latin que pour dire « Pater»

Que ce manuscrit ait encore été recopié au XVIe siècle nous prouvera d’autre part la persistance de J’influence eckehardienne dans les Pays-Bas.

Sans doute est-ce parce que la pensée de Eckehart se prêtait facilement à une interprétation panthéistique qu’elle joue un rôle si prépondérant dans J’évolution de certaines sectes dont la plus célèbre est celle des frères du «Libre Esprit».

Très réputée en Rhénanie, cette secte était dirigée au XIVe siècle par le néerlandais Walter de Hollande, dont les relations avec les Pays-Bas furent fréquentes et fécondes. C’est surtout par J’entremise de son école que les «hérésies panthéistes» de Eckehart furent anonymement répandues dans ces contrées.

Ruusbroec et ses disciples immédiats ne furent d’ailleurs pas les seuls à combattre tes hérésies; d’autres auteurs mystiques de son école, tel ce Gerhard Zerbold de Zutphen, auquel on attribue le «DE LIBRIS TEUTONICALIBUS». L’interprête autorisé de la doctrine des «Frères de la Vie Commune» s’y élève avec violence contre les «hérésies» sous prétexte qu’elles sont «valde nocipi et periculosi».

Cependant, l’interprétation hérétique du message eckehardien était trop séduisante pour que les anathèmes des esprits orthodoxes l’atteignent profondément. Durant le XIVe et jusque fort avant dans le XVe siècJe les sectes hérétiques connurent un rayonnement prodigieux et cela malgré Jes persécutions les plus tragiques.

Dire l’histoire de ces sectes, établir leurs doctrines et leurs filiations serait chose bien tentante; hélas. nous ne sommes renseignés à leur sujet que par le témoignage indirect de ceux-là mêmes qui les combattirent et qui ont du facilement fausser leur pensée exacte. Quant aux écrits mêmes des hérétiques. ils furent la proie des bûchers.

Il est impossible, dans de telles conditions d’établir l’influence réelle des doctrines de Eckehart sur ces hérésies, tout comme il est malaisé de déceler l’influence de celles-ci sur son système. Quant à la mystique orthodoxe, c’est surtout par les voies de ses disciples Tauler et Suso que Eckehart a pu avoir une influence positive et indirecte sur les mystiques néerlandais. Mais chez ces auteurs également il est bien difficile de déceler ce qui appartient en propre à la mystique rhénance, ces deux auteurs ayant séjournés également dans les centres spirituels des Pays-Bas.

Pour suivre les thèses du R. P. Van Mierlo quant aux relations entre la mystique des Pays-Bas et celle de la Rhénanie, nous dirons qu’en vérité il ne peut être question que d’interférences dont l’état actuel de la science ne peut établir les courbes exactes. Trop de documents perdus nous empêchent de retrouver les chaînons qui nous permettraient de parler valablement de cet aspect complexe de la spiritualité occidentale.

Dès maintenant une: conclusions s’impose cependant, c’est que mystiques néerlandaise et rhénane se confondent constamment et bien souvent ne font qu’une.

Marc. EEMANS

(1) Lamprecht von Regensburg : « DIE TOCHTER SIONS ».

(2) Les affinités évidentes entre la mystique de Hadewych et les doctrines de Eckehart ont conduit A. E. Bouman, dans une étude parue dans la revue Néo-Philgus (8e année) a affirmer non sans quelque légèreté que Hadewych était tributaire de Eckehart… La gratuité de cette thèse apparaîtra immédiatement si l’on songe que les oeuvres de Hadewych ont été écrites près d’un demi siècle avant celles de Eckehart. Nous n’en concluons cependant point que c’est Eckehart qui est tributaire de Hadewych, nous pourrons affirmer tout au plus que l’un

et l’autre ont puisé à une tradition commune et que l’interaction des mystiques néerlandaise et rhénane donnent à ces deux écoles de spiritualité une évidente parenté. Notons également en passant qu’une Sainte Hildegarde que l’on situe généralement à l’origine de 1a mystique germanique ne présente encore aucune des caractéristiques de cette école, mais participe encore entièrement de la tradition des Pères de l’Eglise.

(3) Voir notamment le R. P. Van Mierlo: « RUUSBROEC’S BESTRIJDING DER KETTERIJ « Ons Geeslelijk Erf. Oct. 1932. (N° Ruusbroec).

(4) Le R. P. Van Mierlo a analysé av,ec son érudition coutumière le cas de la Bloemardinne dans son étude

« OVER DE KETTERIN BLOEMARDINNE » dans Verslagen en Mededeelingen der Kon. VI. Académie, 1927.

(5) Voir p. 70 de ce numéro. Pour de plus amples détails consulter également G. Théry O. P. « EDITION CRITIQUE DES PIECES RELATIVES AU PROOES D’ECKHART CONTENUES DANS LE MANUSCRIT 33b DE LA BIBLIOTHEQUE DE SOEST », l. c. Paris, 1929.

(6) Ruusbroec et son entourage devaient cependant connaître les textes des Sermons XV et LXXXVII. Voir la traduction de ces deux sermons dans le présent numêro. Voir aussi Walther Dolch : DIE VERBREITUNG OBERLANDISCHER MYSTIKERWERKE IM NIEDERLANDISCHEN, Teil I. Diss, Leipzig 1909,

(7) Voir notre traduction page 91.

(8) Ms. 667 de la Bibliothèque Royale de Belgique, à Bruxelles.

(9) Ms. Biblio, Royale de Belgique, N° 888.890.