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jeudi, 16 octobre 2014

Julius Evola e la donna crudele

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Julius Evola e la donna crudele

Ex: http://romeocastiglione.wordpress.com

Si annida il mistero tra le impalcature dell’imponente opera evoliana Metafisica del sesso. Nei capitoli ammalianti è celato un particolare erotismo evocativo; le tematiche affrontate nel volume brillano di un’immortale e remota luce. L’archetipo femminile è denso di sacralità e spiritualità arcana. La donna è inquadrata in un’ottica tradizionale, ancestrale: è sospesa nella perenne immutabilità ed è legata in modo preponderante alla terra, alla luna, ai ritmi ciclici del mondo. È un libro spiazzante, intrigante, coinvolgente. Le righe si sovrappongono nell’immaginario. Julius Evola esalta l’aspetto segreto della femmina, il lato nero, demoniaco. Secondo l’autore la donna riesce a far coesistere dentro di sé la disposizione alla pietà e quella alla crudeltà. In virtù di ciò egli rielabora alcune convinzioni di Lombroso e Ferreno. Particolarmente pone all’attenzione un prototipo di femmina violenta e spietata; tale modello si esalta nelle rivoluzioni e nei linciaggi. L’autore argomenta le supposizioni e riporta i passaggi più improntati del volume lombrosiano La donna delinquente. Credo che sia di ausilio il lungometraggio Malena: le donne del paese si accaniscono con perfida violenza sulla bellissima protagonista del film. La sfigurano pubblicamente. È un atto di giustizia sommaria. Malena abbatte i tabù. Di conseguenza provoca un’invidia assurda. È l’altra faccia della medaglia; rappresenta l’evasione. E deve essere distrutta.

Le donne crudeli di Tornatore sono simili alla perfida Emma Smael del lungometraggio Johnny Guitar di Nicholas Ray. Come il fuoco Emma Smael avvampa la nuda pelle. Ella sprigiona nell’atmosfera un aroma tragico intriso di dolore; ha un carisma esasperato, uno charme lugubre e impersonale. Porta i segni della rabbia oscura e antisolare. È vestita di nero, non cura il suo corpo. All’apparenza è un essere insignificante e indesiderabile. Ma sotto la scorza alberga un’anima inquieta, crudele, mesta. Luccica di cattiva luce quest’antieroina lunare. Emma fomenta il popolo, aizza le masse. Combatte la crociato contro i diversi, i forestieri, i fuorilegge. È puritana: disprezza le tentazioni dei sensi. Nello stesso tempo desidera ardentemente il bandito Ballerino Kid. Nel suo corpo si affrontano gli istinti contrastanti. Questa donna vorrebbe addirittura uccidere la sua segreta passione per far allontanare i bollenti spiriti. «Desideri Kid, ti vergogni e vorresti vederlo impiccato». Ribecca così Vienna, la nemica acerrima, la rivale assoluta.

Evola tenta di mettere insieme come un puzzle i richiami evocativi. In modo particolare è dedicato alla crudeltà della donna un intero capitolo. Così denocciola una carrellata di aneddoti storici: si sovrappongono le saghe della Tradizione. I persiani intravidero nell’universo femminile una particolare dualità. Fuoco e neve, durezze e dolcezza formano la donna. Ebbene sorge un collegamento tra crudeltà e sessualità: il tipo della baccante e della mènade è un esempio lampante. Nelle pieghe affiora un prototipo femminile afroditico ambiguo. La Dolores di Swinburne, la cosiddetta Nostra signora dello Spasimo è il vessillo del peccato, del piacere, della perdizione, della crudeltà latente. E il filosofo coglie alcune sottili sfumature. Ridisegna l’eroina Mimi della Boheme di Murger in un modo diverso; in sostanza inquadra la ragazza in una dimensione perfino “brutale e selvaggia”.

Ebbene il fascino muliebre è associato alla magia e alla stregoneria. Circe, Calipso e Brunhilde rappresentano l’esasperazione, l’estremizzazione, l’attrazione malefica. Tale tipologia di donna attrae l’uomo come una calamita famelica; la fascinazione è gravida di richiami alla negromanzia, all’occultismo. È la lagnanza della terra, lo spirito del peccato, la rottura. Perfino Ulisse è incantato dalle sirene: ascolta l’eco d’estasi legato a un palo. È una lotta tra il bene e il male. Anche il valoroso Gerardo Satriano nel romanzo L’eredità della priora è sedotto dalle fattucchiere lucane. Smarrisce la concezione del tempo e annulla la sua individualità. Così come perde la cognizione del tempo il giudice salentino protagonista del film Galantuomini di Winspeare. L’uomo prova una strana attrazione nei confronti di una donna legata al mondo della malavita. Per tale ragione perde tutte le certezze e confonde il bene e il male.

La letteratura, la poesia e il cinema hanno esaltato diverse volte le donne crudeli, in altre parole quelle dotate di un fascino antisolare, demoniaco. Per alcune strane similitudini elogio Giulia Venere, la domestica del libro Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi. Leggo, annoto i passi del racconto. Ed elaboro il pensiero. Penso che sia un accostamento intrigante; tramite poche righe il lettore è catapultato in un anfratto antimoderno. «Giulia era una donna alta e formosa – scrive Levi – doveva aver avuto, nella gioventù una specie di barbara e solenne bellezza. Il viso era ormai rugoso per gli anni e giallo per la malaria, ma restavano i segni dell’antica venusità nella sua struttura severa, come nei muri di un tempio classico, che ha perso i marmi che l’adornavano, ma conserva intatta la forma e le proporzioni. […] Questo viso aveva un fortissimo carattere arcaico, non nel senso del classico greco, né nel romano, ma di una antichità misteriosa e crudele, cresciuta sempre sulla stessa terra senza rapporti e mistioni con gli uomini, ma legata alla zolla e alle eterne divinità animali. Vi si vedevano una fredda sensualità, una oscura ironia, una crudeltà naturale, una protervia impenetrabile e una passività piena di potenza che si legavano in un’espressione insieme severa, intelligente, malvagia». Con molta probabilità anche Levi ha subìto il fascino distruttivo della maga lucana. Emerge un ritratto sensuale, erotico, spietato.

Tale donna è un archetipo, un modello evoliano. Il filosofo della tradizione nella sua Metafisica del sesso rimarca gli oscuri aspetti. E appare con prepotenza la “dimensione fredda” evocata perfino da uno scrittore progressista come Carlo Levi. «È questa la dimensione fredda della donna – scrive Evola – quale incarnazione terrestre della Vergine, di Durgâ e in quanto essere yin. […] Che la donna sia connessa più dell’uomo alla terra, all’elemento cosmico – naturale è cosa dimostrata. […] Ma nell’antichità questa connessione si riferiva piuttosto all’aspetto yin della natura, dal dominio sovrasensibile notturno e inconscio, irrazionale e abissale, delle forze vitali. Di qui, nella donna certe disposizioni veggenti e magiche in senso stretto».

Nella rappresentazione cinematografica del libro Irene Papas veste i panni di Giulia. Avvertiamo nelle pieghe delle scene un velato erotismo colmo di allusioni estatiche. La donna nasconde il suo copro con le vesti. Soltanto i piedi sono scoperti: pertanto codesta forma di pudore primordiale si differenzia da quello delle donne orientali. Le cinesi considerano i piedi l’elemento primitivo da nascondere; le arabe, invece, coprono la bocca. E Giulia cammina scalza fra le macerie derelitte. In uno spezzone lascia intravedere una gamba nuda; la copre subito con un’aria sensuale. Magnetizza così l’uomo. Quest’ultimo è attratto dal gesto insolito della megera, dai movimenti furtivi, dal sensualismo impersonale. Proprio Evola dedica al pudore taluni passaggi coinvolgenti. «Si sa fin troppo bene quanto spesso la donna usa le vesti per produrre un maggior effetto eccitante allusivo alle promesse della sua nudità. Montaigne ebbe a scrivere che ci sono cose che si nascondono per meglio mostrarle».  Giulia Venere si è cristallizzata nelle sembianze di Irene Papas ed è difficile scindere le due figure. Il gesto insolito dell’attrice greca è un frammento penetrante e ipnotico. Con pochissime e calde movenze è riuscita a descrivere i sentieri tracciati nel libro evoliano.

Syrie : le piège de la zone tampon

Syrie : le piège de la zone tampon

Auteur : François d'Alançon
Ex: http://zejournal.mobi

En conditionnant son engagement militaire contre l'Etat islamique à la création d'une zone tampon, la Turquie tente d'entraîner les Etats-Unis dans un affrontement direct avec le régime syrien. Paris et Ankara partagent la même obsession : un changement de régime à Damas.

Une demande des généraux turcs

La création d'une zone tampon en territoire syrien fait partie des conditions mises par la Turquie à sa participation aux opérations militaires de la coalition contre les djihadistes de Daech, acronyme arabe de l'organisation État islamique (EI), de même que la création d'une zone d'exclusion aérienne ainsi que l'instruction et l'entraînement de combattants de l'opposition en Syrie et en Irak.

Malgré le vote par le parlement turc, le 2 octobre dernier, d'une motion autorisant l'armée turque à intervenir « si nécessaire » en Syrie et en Irak pour lutter contre « les groupes terroristes », Ankara refuse d'aider les combattants kurdes syriens assiégés dans la ville de Kobané et redoute que les frappes de la coalition ne renforcent le régime du président syrien Bachar Al Assad.

Sur le site de la revue Foreign Affairs, Halil Karaveli, spécialiste de la Turquie, explique que la proposition du Président Recep Tayyip Erdogan répond à une demande explicite de Necdet Özel, chef d'état-major des armées turc, et des chefs des trois armées qui souhaitent « l'établissement rapide de zones tampons en quatre points sur le territoire syrien, – l'un d'entre eux incluant la ville kurde de Kobané –, dans le but de préserver les intérêts de sécurité turcs ».

Des objectifs très politiques

La création d'une « zone-tampon » a officiellement pour objectif l'accueil et la protection des réfugiés qui pèsent sur le budget turc, en particulier les 200 000 réfugiés kurdes syriens de la région de Kobané. Aux yeux d'Ankara, une telle zone, doublée d'une zone d'exclusion aérienne, aurait d'autres avantages  : éviter la création en Syrie d'une zone autonome kurde syrienne à sa frontière en contrôlant les territoires kurdes syriens  ; affaiblir durablement le Parti des travailleurs du Kurdistan (PKK), l'organisation combattante des Kurdes de Turquie, et ses alliés syriens, – le Parti de l'union démocratique (PYD) et sa branche armée, les Unités de protection du peuple kurde (YPG) –  ; protéger les zones tenues par les « rebelles modérés » et y mettre en place une structure de gouvernement alternative.

« Les dirigeants turcs considèrent l'Etat islamique comme un moindre mal par rapport à Bachar Al Assad et au PKK » affirme Semih Idiz, chroniqueur au quotidien turc Hurriyet. « Aux yeux d'Ankara, les combattants kurdes syriens de Kobané sont essentiellement des alliés du régime syrien » ajoute Sinan Ulgen, ancien diplomate turc et président du Center for Economics and Foreign Policy Studies (E.D.A.M.) à Istanbul. Pas dupe, le PKK s'oppose à la création de cette zone qui mettrait fin à l'administration autonome, mise en place par les Kurdes syriens dans leurs zones, depuis le retrait des forces gouvernementales syriennes à la mi-2012, et menace de rompre les pourparlers de paix engagés avec le gouvernement turc depuis janvier 2013.

Kobane (Kobani) se trouve dans la tâche jaune situé au milieu de la carte, au sommet de la bosse, sur la frontière nord. L'objectif de EI est de relier la ville à la zone (en jaune) qu'il contrôle à l'est. Kobane (Kobani) se trouve dans la tâche jaune situé au milieu de la carte, au sommet de la bosse, sur la frontière nord. L'objectif de EI est de relier la ville à la zone (en jaune) qu'il contrôle à l'est.

Tension entre Washington et Ankara

Relancer l'idée, en apparence légitime et déjà agitée par les autorités turques au printemps 2012, d'une zone tampon et d'une zone d'exclusion aérienne, permet également à Ankara de résister à la pression de Washington. Depuis des semaines, l'administration américaine demande aux autorités turques de permettre l'utilisation de la base aérienne d'Incirlik et de l'espace aérien turc par les avions de la coalition. « Des mesures urgentes et rapides sont nécessaires pour stopper les capacités militaires de l'EI » affirmait, jeudi 9 octobre, Jennifer Psaki, porte-parole du département d'Etat. « La Turquie est bien placée pour contribuer aux efforts de la coalition pour vaincre l'EI : coopération militaire, blocage des financements du terrorisme, juguler le flot de combattants étrangers, fournir une assistance humanitaire et délégitimer l'idéologie extrémiste de l'EI ». L'ensemble de ces questions figurait, jeudi 9 et vendredi 10 octobre, au menu des « consultations » du général John Allen, coordonnateur de la coalition, avec les autorités turques.

La question de la « zone-tampon » cristallise le désaccord stratégique entre la Turquie et les Etats-Unis. Les priorités d'Ankara – minimiser les gains politiques et territoriaux du PKK et des Kurdes en Syrie et promouvoir la cause sunnite dans la région en faisant tomber le régime de Bachar al Assad – divergent clairement de celles de Washington qui entend d'abord contenir et affaiblir la menace Daech en Irak et en Syrie.

En conditionnant son engagement militaire dans la lutte contre Daech à l'établissement d'une « zone tampon », Ankara tente d'entrainer Washington dans une confrontation directe avec Damas. La Maison Blanche comme le Pentagone ont manifestement peu d'appétit pour se lancer dans une opération coûteuse et compliquée, encore moins pour se retrouver partie prenante dans une guerre régionale. Washington doute, par ailleurs, de la capacité de « l'opposition modérée » à jouer un rôle dans un règlement politique durable de la crise syrienne.

Le soutien français

A défaut de Barack Obama et Joe Biden , le président turc a trouvé un appui en la personne de François Hollande. Le président français a apporté, mercredi 8 octobre, son soutien à « l'idée avancée par le président Erdogan de créer une zone tampon entre la Syrie et la Turquie pour accueillir et protéger les personnes déplacées ». Seul, jusque-là, à partager avec Ankara, Riad et Doha, l'obsession du « regime change ».

Joseph Biden, vice-président des Etats-Unis, le 3 octobre 2014, répond à la question d'un étudiant, devant le Forum de la Kennedy School of Government à Harvard. « Notre plus grand problème dans la région, c'était nos alliés, les Turcs… Les Saoudiens, les Emirats, etc… Que faisaient-ils ? Ils étaient tellement déterminés à faire tomber Assad et, essentiellement, à faire une guerre sunnite-chiite par procuration. Qu'ont-ils faits ? Ils ont déversé des centaines de millions de dollars et des dizaines de milliers de tonnes d'armes à tous ceux qui voulaient se battre contre Assad, sauf que les gens qui les ont reçu, c'était al-Nusra et Al-Qaeda et les éléments extrémistes des djihadistes venus d'autres parties du monde ».

Anarquismo de Derecha

Anarquismo de Derecha

Karlheinz Weißman 

Ex: http://www.counter-currents.com

English version here [2]

Traducido por Francisco Albanese

celine_s.jpgEl concepto de anarquismo derechista parece paradójico, de hecho, oximorónico, partiendo desde la suposición de que todos los puntos de vista políticos “derechistas” incluyen una evaluación particularmente alta del principio de orden… En efecto, el anarquismo de derecha ocurre sólo en circunstancias excepcionales, cuando la hasta ahora velada afinidad entre el anarquismo y el conservadurismo puede hacerse aparente. 

Ernst Jünger ha caracterizado esta peculiar conexión en su libro Der Weltstaat (1960):

Der Anarchist in seiner reinen Form ist derjenige, dessen Erinnerung am weitesten zurückreicht: in vorgeschichtliche, ja vormythische Zeiten, und der glaubt, daß der Mensch damals seine eigentliche Bestimmung erfüllt habe. (…)

In diesem Sinne ist der Anarchist der Urkonservative, der Radikale, der Heil und Unheil der Gesellschaft an der Wurzel sucht.

El anarquista en su forma pura es aquél, cuya memoria se remonta más en el pasado: a lo prehistórico, incluso a lo mítico, y que cree que el hombre cumplió en ese momento con su verdadero propósito. (…)

En este sentido, el anarquista es el ur-conservador, el radical, que busca la salud y la enfermedad de la sociedad en sus raíces.

Jünger más tarde llamó “Anarca” a este tipo de anarquista “conservador” o “prusiano, y refirió su propia “désinvolture” como de acuerdo con la misma: un retraimiento extremo, el cuál se nutre y se arriesga en las situaciones límites, pero sólo permanece en una relación observacional con el mundo, ya que todas la instancias del orden verdadero se disuelven y una “construcción orgánica” no es aún, o no será jamás, posible.

Aunque el mismo Jünger fue influenciado inmediatamente por la lectura de Max Stirner, la afinidad de tales pensamientos complejo con el dandismo es particularmente clara. En el dandy, la cultura de la decadencia a finales del siglo XIX personificada, que por un lado era nihilista y ennuyé, por el otro ofrecía el culto de lo heroico y el  vitalismo como alternativa a los ideales progresistas.

index.jpegEl rechazo de las jerarquías éticas actuales, la preparación para ser “no apto, en el sentido más profundo de la palabra, para vivir” (Flaubert), revelan puntos comunes de referencia del dandy con el anarquismo; su estudiada frialdad emocional, su orgullo y su aprecio por la sastrería fina y los modales, así como la pretensión de constituir “un nuevo tipo de aristocracia” (Charles Baudelaire), representan la proximidad del dandy a la derecha política. A esto se suma la tendencia de los dandies políticamente inclinados a declarar simpatía a la Revolución Conservadora o a sus precursores, como por ejemplo Maurice Barrès en Francia, Gabriele d’Annunzio en Italia, Stefan George o Arthur Möller van den Bruck en Alemania. El autor japonés Yukio Mishima pertenece a los seguidores tardíos de esta tendencia.

Además de esta tradición de anarquismo de derecha, ha existido otra tendencia, más antigua y en gran medida independiente, conectada con circunstancias específicamente francesas. Aquí, al final del siglo XVIII, en las etapas posteriores del ancien régime, se formó un anarchisme de droite, cuyos protagonistas reclamaron para sí una posición “más allá del bien y del mal,” una voluntad de vivir “como a los dioses”, y que no reconocieron valores morales más allá del honor personal y el coraje. La cosmovisión de estos libertinos se hallaba íntimamente unida con un ateísmo agresivo y una filosofía pesimista de la historia. Hombres como Brantôme, Montluc, Béroalde de Verville, y Vauquelin de La Fresnaye sostuvieron al absolutismo para ser una materia prima que lamentablemente se opuso a los principios del antiguo sistema feudal, y que sólo sirvió a deseo de bienestar económico de la gente. Actitudes, que en el siglo XIX volvieron a encontrarse con Arthur de Gobineau y Léon Bloy y también en el siglo XX con Georges Bernanos, Henry de Montherlant y Louis-Ferdinand Céline. Esta posición también apareció en una versión específicamente “tradicionalista” con Julius Evola, cuyo pensamiento giraba en torno al “individuo absoluto”.

En cualquier forma en que el anarquismo de derecha aparezca, siempre es conducido por un sentimiento de decadencia, por el desprecio a la era de las masas y por el conformismo intelectual. La relación con la política no es uniforme; sin embargo, no pocas veces el retraimiento se torna en activismo. Cualquier unidad más allá está ya negada por el individualismo altamente deseado de los anarquistas de derecha. Nota bene, el término es a veces adoptado por hombres –por ejemplo, George Orwell (anarquista Tory) o Philippe Ariès– que no exhiben signos relevantes de una ideología anarquista de derecha; mientras que otros, que exhiben objetivamente estos criterios –por ejemplo, Nicolás Gómez Dávila o Günter Maschke– no hacen uso del concepto.

Bibliography

Gruenter, Rainer. “Formen des Dandysmus: Eine problemgeschichtliche Studie über Ernst Jünger.” Euphorion 46 (1952) 3, pp. 170-201.
Kaltenbrunner, Gerd-Klaus, ed. Antichristliche Konservative: Religionskritik von rechts. Freiburg: Herder, 1982.
Kunnas, Tarmo. “Literatur und Faschismus.” Criticón 3 (1972) 14, pp. 269-74.
Mann, Otto. “Dandysmus als konservative Lebensform.” In Gerd-Klaus Kaltenbrunner, ed., Konservatismus international, Stuttgart, 1973, pp. 156-70.
Mohler, Armin. “Autorenporträt in memoriam: Henry de Montherlant und Lucien Rebatet.”Criticón 3 (1972) 14, pp. 240-42.
Richard, François. L’anarchisme de droite dans la littérature contemporaine. Paris: PUF, 1988.
______. Les anarchistes de droite. Paris: Presses universitaires de France, 1997.
Schwarz, Hans Peter. Der konservative Anarchist: Politik und Zeitkritik Ernst Jüngers. Freiburg im Breisgan, 1962.
Sydow, Eckart von. Die Kultur der Dekadenz. Dresden, 1921.

 


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Célébration des maudits

Célébration des maudits

 

 

Le trimestriel de la droite radicale, Réfléchir & agir, se présente comme une « revue autonome de désintoxication idéologique ». Pas moins. Cette publication militante offre à ses abonnés un « hors-série », bouquet d’hommages à une quinzaine d’écrivains ayant comme point commun d’avoir pris des risques conséquents pour leurs idées. Drieu La Rochelle, Brasillach, Saint-Loup, Bardèche, Venner, Evola, Rebatet et… Céline. Heureuse surprise : l’hommage rendu à celui-ci est signé par le professeur Jean Bastier, auteur du Cuirassier blessé (1999) que tout célinien se doit d’avoir dans sa bibliothèque. En consultant au Service historique de l’Armée de Terre  le Journal [manuscrit] des marches et opérations du 12e Cuirassiers, on se souvient que Jean Bastier avait reconstitué avec précision la guerre de Louis Destouches et l’avait comparé avec ce qu’il en dit dans Voyage au bout de la nuit. Somme malheureusement épuisée qu’il conviendrait de rééditer à l’occasion du centenaire, d’autant que c’est précisément en 1914 que Céline fut grièvement blessé.

Intitulé « Le rire de Céline », cet hommage célèbre la vis comica de l’écrivain. Texte d’autant plus attachant qu’il est très personnel : « Avec mon père, nous nous récitions de mémoire des paragraphes, et c’étaient de grands rires qui ponctuaient nos phrases  de  Céline.  Ma mère  survenait  pour  clamer  son  indignation : “ Comment ! Rire en citant du Céline ! Cet écrivain grossier, absolument illisible, qui parle dans ses livres de la merde et du vomi ! ” Cette indignation nous faisait redoubler de rire, et d’évoquer la chasse d’eau bouchée au château de Sigmaringen. ». Il ajoute : « J’étais devenu un célinien inconditionnel, un dévot, et je faisais du prosélytisme. L’on m’avait pourtant mis en garde : si j’avais l’ambition de devenir professeur des facultés de Droit, je devais plutôt me comporter en bien pensant et éviter de dire que je lisais Céline et Drieu La Rochelle, Ernst Jünger et autres auteurs maudits par la société française. »  Ayant vécu son enfance en Algérie auprès de familles juives traditionalistes, Jean Bastier confie, en revanche, n’avoir jamais compris l’antisémitisme de Céline tout en estimant qu’il ressemble à celui de Jouhandeau, ce qui peut paraître curieux car celui-ci s’apparente plutôt à l’antisémitisme d’État de l’Action Française dont l’auteur de Chaminadour était alors proche. Se référant à une réédition anastatique (et posthume) du Péril juif, Bastier ne précise pas que ce recueil parut en fait la même année que Bagatelles.  Ses digressions  sur  l’onomastique célinienne sont davantage pertinentes. Ainsi que celles sur l’argot et l’oralité. On estimera, en revanche, superfétatoires ses observations moralisantes sur la personnalité de Céline, d’autant qu’elles se fondent parfois sur des interprétations abusives ou erronées.  Il arrive qu’une morale confessionnelle fausse le jugement. Par ailleurs, s’il s’était moins fié à ses souvenirs de lecture, notre ami Bastier n’aurait pas confondu Yves et Yvon Morandat, Serge et Gilles Perrault, ou, ce qui est plus fâcheux, Doriot et Degrelle (à propos d’un discours prononcé à Sigmaringen). Vétilles. Son témoignage est précieux car il met l’accent, on l’a dit, sur le rire célinien, « au centre de la personnalité de Céline comme un noyau incandescent ».

 

Marc LAUDELOUT

 

Réfléchir & Agir, hors-série n° 1, 2014, 74 p. (textes de Éric Delcroix, Daniel Leskens, Philippe d’Hugues, Pierre Gillieth, Jean Bastier, Bruno Favrit, Georges Feltin-Tracol, Patrick Canet, Eugène Krampon, Pierre Vial). Ce numéro n’est pas vendu séparément. Il est offert aux abonnés. Abonnement simple : 26 € ; abonnement de soutien : plus de 35 € ; abonnement étranger : 40 €). Chèque à adresser à CREA, B.P. 80432, 31004 Toulouse Cedex 6.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Ezra Pound on Endless Trial

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Ezra Pound on Endless Trial

By Alex Fontana casillo

Ex: http://www.counter-currents.com

Robert Casillo
The Genealogy of Demons: Anti-Semitism, Fascism, and the Myths of Ezra Pound [2]
Evanston, Ill: Northwestern University Press, 1988.

Robert Casillo’s The Genealogy of Demons is unique in Pound studies because the explicit purpose of it is to give critical insight into Pound’s anti-Semitism, and it accomplishes this by way of multiple techniques, which it must employ, because Pound’s anti-Semitism is prismatic. A great many games are played herein to discredit Pound’s views on the Jews, although this is sophistic liberal revisionism and intellectual masturbation at a very high level. For example: “One might view Pound’s anti-Semitism as in part a revolt against the punitive parental rival and superego, a conflict between the religion of the forbidding father Jehovah and that of the messianic son” (Casillo, p. 287).

Casillo often relies on Freudian psycho-babble. Advanced Frankfurt School techniques are not the limit of his probing deconstruction, but they are the preferred method. Nevertheless one can learn much from Casillo’s efforts — specifically his work on detailing the thought of French fellow travelers Charles Maurras and Maurice Bardèche. The earlier chapters are especially rewarding as they are the prologue to the trial, thus they are concerned with establishing the relevant background information, the intellectual anti-Semitic precedents and proto-fascistic streams of thought that foreshadowed and shaped Pound’s thinking. The later chapters then seek to wrap the a priori guilty verdict — of Pound’s insistent ‘demonological’ anti-Semitism — in a nice bow.

As a Ph.D. in literature, you might expect Casillo to shy away from social-historical analysis of the validity of anti-Semitism and instead rely upon highly creative abstract devices to explain away this “irrational phenomenon” — and you would be right. For that is exactly the type of analysis that Casillo employs. Never does Casillo ask it it is possible that Pound blamed usury first and those who monopolized the mechanism secondly, or if, by way of studying the Social Credit economic system of Major C. H. Douglas, Pound was led to what Jonathan Bowden delightfully called the opposite of philo-Semitism. For Casillo, as for those who refuse to awaken to the reality of Jewish subversion and usury, there is a missing link.

By way of illustration, take a brief snapshot of the current situation in Argentina, which I plan on detailing in a forthcoming essay for Counter-Currents. While Argentina defaulted on $81 billion in 2001, as a result of President Menem’s neoliberal (laissez-faire) reforms, which allowed for the IMF and World Bank to secure short-term investments with the accompanying liberalizing policies of privatizing state enterprises, and constriction of government monetary policy. All this really means is that by breaking down the autarky of the nationalist-socialist strain of Argentina — most fully expressed in Peronism — the IMF and the World Bank enabled the country to slide $155 billion dollars in debt through securing short-term loans which artificially inflated the value of the Peso and simultaneously disabled government control on how the loans could be withdrawn. Essentially, foreign investors poured their money into Argentina only to pull the rug out when the dividends reached a certain level of profitability. This left bonds on the market at heavily discounted prices, which the vulture capitalists (economic terrorists) then acquired.

When we observe the facts, that the debt holders came forward to claim their pound of prime triple A Argentinian flesh, it was none other than the usual suspects: Paul Elliott Singer, a real New York Jew and CEO of Elliott Management Corp, who is described by Argentinian President Cristina Fernandez as a “vulture capitalist” and whose “principal investment strategy is buying distressed debt cheaply and selling it at a profit or suing for full payment,”[1] and another tribesman Mark Brodsky of Aureilus Capital. Fellow tribesman George Soros has emerged as another of the bond buyers who is suing BNY Mellon for withholding funds from the initial settlement with Argentina. Of course calling the whole thing a criminal enterprise, which will negatively impact millions of Argentinians for generations and enrich a few investors like Soros and Singer, is beyond the pale. But not to worry, because the tribe has one of their own inside: Axel Kicillof, the economic minister of Argentina, overseeing the whole transaction of a nation’s wealth into the pockets of some Jewish hedge fund types. It is hard to avoid conclusion that the facts are anti-Semitic.

Unsurprisingly, israelnationalnews.com is quick to join a growing cacophony blaming the victim, Argentina, for the country’s woes.[2] This is not unlike the NSDAP’s post-WWI claim that Germany was stabbed in the back by Jewish financiers, who sought to gain economic leverage over the nation by plundering it into debt and destabilizing the Second Reich. But the Jewish-Bolshevik conspiracy is, according to the Frankfurt School analysis, the result of projection and scapegoating by the German people because of their loss in the war. Never mind that Bavaria fell to the Reds in 1919, first under a Jewish socialist in Kurt Eisner then into a bloody regime of Bolsheviks under the Jew Eugen Levine, with fellow tribesmen Ernst Toller and Gustav Landaver filling out the vanguard, murdering Countess Heila von Westarp [3] and Prince Gustav of Thurn and Taxis [4], among others. The strategy detailed in the Protocols of the Elders of Zion, which many commentators have suggested that despite being a “forgery” conforms to reality. But then the facts are anti-Semitic!

Now the Casillo types would point to these assertions of a Jewish strategy of domination as fanatical delusions, processes of psychological projection and scapegoating for failed artistic types (Pound and a certain Austrian corporal come to mind). Liberals (I use the term broadly) like to play the individualist card and don’t employ notions of groups or peoples or essences (stereotypes), which to them seems a highly barbaric and unenlightened form of thinking. Singer, Brodsky, and Soros are individuals who conform to negative stereotypes and not representatives of the Jewish people as a whole — while the Jews refuse to hold their own to the fire. Pound, however, understood the distinction between the “big Kikes” and the “little Yids” but still managed to see the forest as well as the trees.

Individualism vs. collectivism is the great divide between the Semitic Freud and the European Jung. Jung was able to image a collective unconscious that is a social-historical aspect of the psyche, while Freud could only imagine the isolated individual struggling with his neurosis. Jung was social, while Freud was anti-social. Pound sides with Jung, who, like Pound, would likely look upon individual Jewish usurers — Rothschilds, Soros, Kuhn, Warburgs, Sachs, etc. — and see not only individuals but archetypes or mythologized symbols of Jewish subversion of Western civilization as it has morphed into different forms through the centuries. The essence is the constant, or as Jung would write: “Because the behavior of a race takes on its specific character from its underlying images, we can speak of an archetype.”[3]

But Pound was not an individualist thinker. He did not see himself or others as isolated individuals concerned only with their own morality and conscience. Pound was a European thinker, whose thought worked in the poetic language of myth and tradition: “The Pound-Eliot ‘revolution’ was a return to the past in order to renew the links connecting past and present.”[4] Pound was a holistic thinker who entertained a certain amount of essentialism. He concerned himself with European civilization as a living, breathing entity entirely connected to the smallest of its parts, and thus objected to forces undermining its coherence. Thus, his identification of the Jews as bacillus and related imagery is a “natural” thought within the processes of racial and cultural consciousness. Correspondingly, Pound followed “Douglas’s idea that the basis of credit is social and not private.”[5]

The trick of the liberal education/indoctrination establishment today is to isolate the individual from these modes of thinking, to atomize him as a neurotic member of a diffused society – to put him on Freud’s chaise-lounge (or in a psychiatric ward in St. Elizabeths mental hospital) while the Schiffs, Warburgs, Soros, et al. plunder the public purse. Pound sought to bring the diffusion and subsequent confusion together under a fascism which Europe would be reborn (experience a renaissance) under a more unified and pagan directive.

Casillo classifies Pound’s anti-Semitism as a result of personal “pressures” and as a “poetic strategy.” This discards all of Pound’s factual, historical, social, cultural, and spiritual reasons. Pound’s anti-Semitism is thus divorced from any real manifestation of Jewish misconduct and instead grafted onto Pound’s deficient personality complex. Pound is engaged in projecting his own short-coming onto the Jews.

Pound’s anti-Semitism was multifaceted and not just limited to economic exploitation. Pound was a man of the West. He felt not just an identity with the West but a moral responsibility for its preservation. This is “totalitarianism” as viewed by a Confucian: “having a sense of responsibility” and “thinking of the whole social order” and “creating a balanced system” (Casillo, p. 128). He saw our civilization through a fascist lens as “a supra individual spiritual entity capable of infusing with heroism and purpose the lives of those who fight for it.”[6] It is essential to understand these traditional holistic foundations of Pound’s anti-Semitism.

As a general rule, whenever Casillo presents us with a “paradox” of Pound’s or fascist thinking it only appears paradoxical upon willful under-examination of their underlying principles. The Genealogy of Demons represents the most “rigorous” — i.e., niggling — attempt to deconstruct Ezra Pound’s fact-based political philosophy into “thoroughly arbitrary construct” and a psychological malfunction. But it has to be. Because the facts are anti-Semitic.

Notes

1. Michael Sheehan, “Vulture funds – the key players,” [5] The Guardian [6] (London).

2. Gil Ronen, “Argentina’s President Sees Jewish Conspiracy?”http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/185676 [7].

3. http://www.american-buddha.com/nazi.wotancarljung.htm [8]

4. Stock, Poet in Exile, p. 30. Quoted in Kerry Bolton’s Artists of the Right: Resisting Decadence (San Francisco: Counter-Currents Pub, 2012), p. 98.

5. Tim Redman, Ezra Pound and Italian Fascism (Cambridge: Cambridge University Press, 2009), p. 69.

6. Roger Griffin, Fascism (Oxford: Oxford University Press, 1995), p. 43.

 


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[2] The Genealogy of Demons: Anti-Semitism, Fascism, and the Myths of Ezra Pound: http://www.amazon.com/gp/product/0810107104/ref=as_li_tl?ie=UTF8&camp=1789&creative=390957&creativeASIN=0810107104&linkCode=as2&tag=countecurrenp-20&linkId=NNXI2W5SHHID6ATP

[3] Heila von Westarp: http://en.wikipedia.org/w/index.php?title=Heila_von_Westarp&action=edit&redlink=1

[4] Prince Gustav of Thurn and Taxis: http://en.wikipedia.org/wiki/Prince_Gustav_of_Thurn_and_Taxis

[5] “Vulture funds – the key players,”: http://www.guardian.co.uk/global-development/2011/nov/15/vulture-funds-key-players?intcmp=122

[6] The Guardian: http://en.wikipedia.org/wiki/The_Guardian

[7] http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/185676: http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/185676

[8] http://www.american-buddha.com/nazi.wotancarljung.htm: http://www.american-buddha.com/nazi.wotancarljung.htm