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mardi, 09 juin 2020

Le nouveau visage de l'Empire américain

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Le nouveau visage de l'Empire américain

par Jean-Paul Baquiast

Ex: http://www.europesolidaire.eu

Aux Etats-Unis les manifestations violentes contre les autorités se multiplient actuellement à la suite de la mort de George Floyd, étouffé sous le genou d'un officier de police. Y participent de plus en plus de « white americans ».

S'y ajoutent de multiples revendications sociales et économiques. Aussi de nombreux commentateurs, après avoir parlé d'un « american trauma » parlent désormais de « civil war ». Serait-ce la fin de ce qui a été nommé depuis plus d'un siècle l ' « American Empire »  ?

On pourrait le penser, d'autant plus que sur les fronts extérieurs impliquant l'armée américaine, un des plus importants atouts de l'Empire, celle-ci n'a pas réussi à s'imposer. C'est notamment le cas en Syrie ou dans le Pacifique sud vis-à-vis de la Chine. S'ajoutent à cela les accusations, bien ou mal fondées, portées contre Donald Trump de n'avoir pas réagi convenablement face à l'épidémie de coronavirus qui continue à s'étendre sur le territoire américain.

Cependant, à l'analyse, cette crise paraît temporaire. Il semblerait qu'elle corresponde en partie à des manœuvres des Démocrates visant à mettre en difficulté Trump qu'ils haïssent afin d'exercer à sa place le pouvoir à la Maison Blanche, non pas par l'intermédiaire de l'incapable Jo Biden mais par un vice-président et une équipe sous leur contrôle. Le bruit a d'ailleurs couru qu'un certain nombre des « anti-fas » étaient directement financés par des dollars provenant des fonds électoraux du parti Démocrate.

Par ailleurs, le pouvoir réel est détenu aux Etats-Unis par un certain nombre de milliardaires dirigeant les plate-formes Internet dites des Gafas. Le plus connu de ces milliardaires est le jeune Marc Zuckerberg, président de Facebook. Ils peuvent craindre que si les Etats-Unis s'enfonçaient dans la guerre civile et les destructions d'infrastructures de communication qui en résulteraient inévitablement, les millions d'échanges sur Internet et les recettes de publicité dont ils vivent soient inévitablement perturbés.

Donald Trump l'a bien compris puisqu'il aurait selon certaines informations demandé à Marc Zuckerberg de le seconder lors de la campagne présidentielle. Seconder peut vouloir dire notamment supprimer certains échanges qui lui sont hostiles et mettre en valeur ceux qui lui sont favorables. Les techniques pour ce faire sont multiples, y compris générer de faux messages susceptibles d'influencer les électeurs.

Un autre élément favorable à Trump doit être pris en considération. Il semble avoir également compris que l'opinion était particulièrement sensible aux succès américains dans le domaine spatial. Il a mis en place une « space force » qui vise à conserver au profit des Etats-Unis son actuelle « spatial dominance ». On a d'ailleurs pu remarquer que sur les réseaux sociaux américains le récent succès de la société privée SpaceX appartenant au milliardaire Elon Musk ayant envoyé deux astronautes de la Nasa vers la Station Spatiale Internationale a éclipsé le bruit fait autour des manifestations anti-policières.

Dans les prochains mois, la concurrence avec la Chine pour la course à l'espace ne fera que s'intensifier, avec comme objectif la mise en place sur la Lune d'une station habitable. Si Donald Trump a l'habileté d'évoquer ces enjeux, White Americans et Black Americans réunis lui apporteront certainement leurs soutiens. 

L'Empire semble avoir encore de beaux jours devant lui. 

dimanche, 21 septembre 2014

Oncle Sam djihadiste

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jeudi, 17 juin 2010

Il vizio oscuro dell'Occidente

Massimo Fini     

[28 apr 2003] :

Il vizio oscuro dell’Occidente

Ex: http://www2.unicatt.it/unicatt/

 

onclesam575757.jpgE se l’11 settembre fosse colpa nostra? Non, come farneticato da qualche fanatico in preda a convulsioni anti-americane, che siano stati gli statunitensi ad abbattere le Twin Towers, magari con la complicità degli ebrei, in una riedizione un po’ stantia del complotto dei «Savi di Sion». No, in altro senso. E cioè nel senso che l’11 settembre sarebbe la «conseguenza logica, e prevedibile, della pretesa dell’Occidente di ridurre a sé l’intero esistente».

 

È quello che cerca di dimostrare Massimo Fini nel suo pamphlet «Il vizio oscuro dell’Occidente», dove sferra un attacco violento alla nostra certezza, manifesta, inconscia, o ipocriticamente celata nel politically correct, di appartenere ad una civiltà superiore. L’accusa all’Occidente è di totalitarismo, di reductio ad unum, ossia di voler cancellare tutto ciò che è «altro da sé», fagocitandolo. «All’occupazione dell’intero pianeta», afferma Fini, avevano già aspirato in passato «il cristianesimo, il colonialismo classico, il marxismo-leninismo». Oggi il tentativo sta riuscendo al modello di sviluppo economico e industriale egemone, di cui gli Stati Uniti incarnano l’essenza ed esprimono la potenza.

 

La matrice di questo impulso totalitario è la convinzione, sincera ma nefasta, di vivere nel «migliore dei mondi possibili», e quindi di «credersi il Bene» senza rendersi conto «di operare eternamente il Male». Perché nel mondo della democrazia, delle libertà, del benessere materiale, ossia nel presunto migliore dei mondi possibili, il luccichio è illusorio. Sentiamo, secondo Fini, la frustrazione «di non essere né felici né sereni, ma divorati dall’angoscia, dalla nevrosi, dalla depressione, dall’anonimia, in misura maggiore del più disperato abitante di un tugurio terzomondista». La causa va ricercata in un sistema incardinato sull’insoddisfazione, sulla competizione e l’invidia, in cui l’uomo è costantemente lanciato verso obiettivi, raggiunti i quali se ne daranno di ulteriori, in una corsa senza fine. Solo in questo modo il sistema economico può mantenere quel dinamismo indispensabile alla sua conservazione. «Come al cinodromo i cani levrieri…inseguono la lepre di stoffa che, per definizione, non possono raggiungere», così l’uomo insegue la felicità, parola senza corrispettivo reale: l’appagamento e l’armonia interiore sono preclusi.

 

All’origine di questo andamento schizofrenico la centralità, nel sistema di valori occidentale, dell’economia rispetto ai legami affettivi, emotivi, esistenziali. Il prodotto di questa civiltà è il «Consumatore», un essere vivente omologato e privato di un’identità autentica, terminale acefalo di tutto quello che il mercato propina, narcotizzato grazie all’induzione di nuovi bisogni.

 

Questa è per Fini la civiltà «made in West» che, in forza della nostra potenza militare ed economica, andiamo esportando nel mondo, nel tentativo di assimilarlo al nostro sistema di valori, al «migliore dei mondi possibili». Con le buone o le cattive, per ragioni che di volta in volta sono economiche o etiche o umanitarie, ma sempre, alla fine, perché non tolleriamo la diversità. E quale arma, si chiede Fini, è opponibile all’assoluta egemonia militare occidentale (o meglio statunitense), ai tribunali speciali, costituiti ad hoc dai vincitori per processare gli sconfitti, ad un «modello economico pervasivo», il sistema capitalista, in continua espansione? «Di fronte ad un blocco di potere di questa portata, inattaccabile direttamente e frontalmente, quale altra risposta se non il terrorismo, per chi voglia combatterlo con le armi?». Perché quando tale modello avrà inglobato il mondo intero, lo scontro si sposterà al suo interno: «fra i fautori della modernità e le folle deluse, frustrate ed esasperate, che avranno smesso di crederci».

 

Bastano poco più di sessanta pagine a Fini per fustigare con gelida lucidità l’Occidente, i suoi valori e il suo attualizzarsi. Illuminante, eccessivo, provocatorio, inquinato da un relativismo livellante, «Il vizio oscuro dell’Occidente», comunque lo si voglia considerare, è un libricino sferzante e acuto che si può condividere o meno, ma che ha il pregio di non lasciare indifferenti e attizzare il dibattito. Stimolando quel «pensiero che pensi la modernità», la cui assenza è per Fini una delle carenze più gravi del nostro tempo.

Paolo Algisi