Anche se gli episodi di cronaca fanno grande impressione, la devianza giovanile perde, complessivamente, slancio e attrattiva. Come illustrato, naturalmente, dallo star system, dove tra i giovani vende, e vince premi, l’acqua e sapone Arisa, con i suoi occhialoni, cantando come ami sognare «una casa/con un balconcino con le piante/ e un angolo cottura bello grande». Aspirazione per nulla trasgressiva, o eversiva. A cosa dobbiamo questa imprevista mutazione nei sogni e stili giovanili?
Anche questa è una conseguenza di ciò che sta accadendo nel mondo. Quando le risorse diminuiscono bruscamente, a essere abbandonati (o almeno a ridursi notevolmente) sono innanzitutto i comportamenti estremi, quelli più lontani da dove scorre il flusso vitale. Come nelle piante: quando una rosa si ammala, il giardiniere comincia a tagliare le propaggini più lontane, per ridare vitalità al fusto.

Nel corpo sociale ciò avviene naturalmente: quando le energie diminuiscono, i comportamenti distruttivi, che nei periodi di abbondanza appaiono quasi irresistibili ai giovani non ancora entrati nel ciclo produttivo, diventano improvvisamente meno attraenti. Non si tratta di mode: quelle vi si costruiscono sopra, quando si scopre che il reggae casalingo di Elisa interessa (e vende) più di quello degli eroi della disperazione e dell’invettiva che spopolavano fino a ieri.
Sotto però c’è qualcosa di più profondo: per usare una parola un po’ grossa (ma non inappropriata) vediamo già qui in azione lo spirito del tempo (Zeitgeist). O, dal punto di vista psicologico, l’inconscio collettivo: insomma ciò che la maggior parte delle persone prova in un determinato momento storico.
L’inconscio collettivo di oggi è turbato dall’incubo della povertà, così come fino ad ieri era ipnotizzato dall’archetipo della ricchezza e della sua anche grossolana dimostrazione. Questo nuovo terrore degli adulti sposta, riposiziona, anche le aspirazioni e l’orizzonte giovanile.
Prima, quando il mondo dei «grandi» era affascinato dal grande lusso (dalle supervacanze ai «derivati» finanziari), i giovani protestavano teorizzando l’emarginazione creativa, l’opposizione politica, i costumi alternativi, la vita a rischio. Adesso, che gli adulti temono di non sapere più come andare avanti, e sembrano aver perso ogni sicurezza, i giovani (o almeno molti di loro) mettono le loro energie nel recupero dei sogni che una volta venivano definiti «piccolo borghesi».
Così mentre Arisa getta nel cestino l’immaginario delle «comuni» giovanili, cantando: «Sono stufa di vivere in una stanza in condivisione, ora quello che voglio è una casa tutta mia»; il giovane autore Christian Frascella racconta in «mia sorella è una foca monaca» un percorso di formazione di un ragazzo che invece di scolarsi una birra dopo l’altra, si trova un lavoro, una brava fidanzata e quasi è davvero felice.
È un fenomeno ricorrente nella storia umana: alla fase dello spreco succede quella della rigenerazione, del risanamento della pianta, della riattivazione delle radici. Gli interpreti più convinti di questa svolta sono sempre, per forza di cose, i giovani: quelli appunto la cui stessa vita dipende dal risanamento della pianta ammalata.
Ecco perché la trasgressione come sistema, i comportamenti a rischio, le distruzioni o imbrattamenti dei centri cittadini, sono destinati a diminuire, anche se non di colpo. Poiché infatti la vita deve continuare, proprio nell’interesse dei più giovani, che devono ancora viverla, l’attrattiva giovanile per gli immaginari distruttivi si sta riducendo rapidamente. Mentre tornano impegni e speranze.