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samedi, 20 mars 2010

Een Turkse vijfde colonne?

Een Turkse vijfde colonne?

erdogan_tuerk2.jpgIn het bericht van gisteren had ik het reeds over de praktijken die Turkije erop nahoudt. Men kan nu zeggen dat de titel die ik hier gekozen heb zwaar overdreven is. Maar wanneer men naar de feiten kijkt, kan men niet anders dan zich toch ernstige vragen stellen. Het is ook heus niet zo dat het een nationalistische partij is die bepaalde feiten aan de kaak stelt, maar wel een christen-democratische.

DEN HAAG – Het CDA wil opheldering over berichten dat de Turkse regering Turkse politici in Europese landen probeert te beïnvloeden. Tweede Kamerlid Mirjam Sterk van die fractie vindt dergelijke inmenging ongewenst. Ongeveer 1500 Turkse politici zouden vorige maand op uitnodiging en kosten van de Turkse regering een conferentie in Istanbul hebben bijgewoond.

Bron: http://www.nu.nl/politiek/2207795/cda-wil-geen-turkse-inmenging-in-nederland.html

Wat zouden die politici daar gedaan hebben? De rest van het artikel geeft al een hint in die richting:

Volgens het Duitse weekblad Der Spiegel heeft de Turkse premier Recep Tayyip Erdogan hen daar opgeroepen niet te integreren in het land waar ze wonen, maar juist politiek actiever te worden. Het CDA wil van de demissionair ministers Eimert van Middelkoop (Integratie) en Maxime Verhagen (Buitenlandse Zaken) weten of er ook (Turks-)Nederlandse politici bij betrokken zijn geweest. Ook wil Sterk dat de bewindslieden een signaal aan de Turkse autoriteiten overbrengen dat inmenging niet wenselijk is.

Bron: http://www.nu.nl/politiek/2207795/cda-wil-geen-turkse-inmenging-in-nederland.html

Wat is er hier aan de hand? Wat is de agenda van Turkije m.b.t. de Europese landen en welke rol wensen de Turkse politici in Europa hierin te spelen? Het wordt toch wel eens dringend tijd dat de oogkleppen langs de linkerkant beginnen af te vallen, want veel duidelijker moet het mijn inziens allemaal niet meer worden… Dringend tijd voor een allesomvattend actief remigratiebeleid!

Ex: http://yvespernet.wordpress.com/

J'aime pas le téléphone portable

le téléphone portable

 

Oui, le téléphone portable a bouleversé notre quotidien, mais surtout pour le pire ! Otages des opérateurs, esclaves de la technologie, nous en sommes tous désormais des usagers incurables et pathétiques. Est-il opportun de déclarer sa flamme en moins de 15 lettres : " Tu E L RYON 2 ma vi "? Ou indispensable de se photographier en descendant l'Alpe d'Huez? À verser aussi à la magie du mobile : la note salée qu'engendre son usage compulsif avec en prime la paranoïa qu'il induit et, bien entendu, la terreur des effets des ondes électromagnétiques sur le cerveau... Le constat des auteurs est sans appel : en moins de dix ans, le portable nous a métamorphosés en demeurés, accros à ce gadget comme les fumeurs à leur tabac, les bébés à leur tétine et les déprimés à leurs anxiolytiques.

Ex: http://zentropa.splinder.com/

La CIA mato y enveneno a franceses en los anos 50

La CIA mató y envenenó a franceses en los años 50

Un investigador implica a la CIA en el misterio del “pan maldito”

Un investigador estadounidense afirma que la CIA está detrás del misterioso caso del “pan maldito”, aparente intoxicación alimentaria con síntomas de desorientación mental que afectó en agosto de 1951 a los vecinos de la localidad francesa Pont-Saint-Esprit, con un balance de cinco muertos y 300 afectados, 30 de los cuales fueron recluidos por largos años en centros psiquiátricos.

El periodista estadounidense Hank Albarelli publicó en 2009 un libro que recoge los resultados de su investigación sobre experimentos secretos que la CIA llevó a cabo en el período de la Guerra Fría. Según el periodista, ampliamente citado por la prensa francesa, el “pan maldito” de Pont-Saint-Esprit contenía dietilamida de ácido lisérgico, o LSD, que la CIA pretendía examinar sus efectos.

Supuestamente, la CIA quiso primero esparcir el LSD sobre Pont-Saint-Esprit desde el aire, pero el método no funcionó, así que la sustancia fue agregada finalmente a la harina de pan. Ciertos colaboradores de la farmacéutica suiza Sandoz, que inventó el LSD en 1938, hacen referencia al “secreto de Pont-Saint-Esprit” y a “dietilamida” en una conversación con agentes de la CIA que Albarelli reproduce en su libro.


Los testigos describen como “apocalíptica” aquella noche de agosto de 1951. Además de náuseas, vómitos, diarreas y otros síntomas típicos de una intoxicación alimentaria, los afectados tenían comportamiento anormal, hasta violento.

Un niño de 11 años intentó estrangular a su abuela. Otro hombre gritaba: “Soy un avión”, poco antes de saltar por la ventana de un segundo piso, por lo que se rompió las piernas. Después, se levantó y continuó unos 50 metros. Otra persona vio a su corazón escapar por sus pies y le pidió a un médico que se lo colocara de nuevo. Muchos de los afectados fueron ingresados con camisas de fuerza.

Sin embargo, la versión de Albarelli no convence a todos. El historiador estadounidense Steven Kaplan la calificó de “clínicamente incoherente”. “El LSD empieza a surtir efecto en cuestión de horas contadas mientras que en Pont-Saint-Esprit los síntomas se manifestaron sólo 36 horas después o incluso más tarde”, declaró él en una entrevista con la cadena France 24.

Extraído de La Radio del Sur.

Le fragilità dell'impero americano

Le fragilità dell' impero americano

di Niall Ferguson

Fonte: Corriere della Sera [scheda fonte]


Tante altre notizie su www.ariannaeditrice.it

niall.jpgPer secoli gli storici, i teorici della politica, gli antropologi - ma anche la gente comune - hanno perlopiù pensato ai processi politici in termini ciclici. Le grandi potenze, come i grandi uomini, nascono, crescono, dominano e poi lentamente scompaiono. Il declino delle civiltà di solito si protrae per un lungo periodo. Anche le sfide che gli Stati Uniti si trovano ad affrontare sono spesso viste come processi graduali. È la tendenza costante del fattore demografico - che fa salire la quota dei pensionati rispetto ai lavoratori attivi -, non una cattiva politica a condannare la finanza pubblica degli Stati Uniti a sprofondare nei debiti. È l' inesorabile crescita dell' economia cinese, non la stagnazione americana, a far sì che il Pil della Repubblica Popolare supererà quello degli Stati Uniti entro il 2027. Che cosa succederebbe, però, se la storia non fosse ciclica né si muovesse solo lentamente, ma avesse un andamento irregolare - a tratti quasi immobile, ma anche capace di improvvise accelerazioni? E se il crollo non si verificasse dopo secoli, ma arrivasse all' improvviso? Le grandi potenze sono sistemi complessi, fatti di un gran numero di componenti che interagiscono tra di loro. Il loro modo di funzionare si colloca tra l' ordine e il disordine. Per un certo periodo di tempo sembrano procedere in maniera stabile, sembrano aver trovato un equilibrio, ma in realtà continuano ad adattarsi. Poi arriva un momento in cui i sistemi complessi entrano in crisi. Una spinta anche modesta può innescare il passaggio da uno stato di proficuo equilibrio a uno di crisi. Poco dopo il verificarsi di una crisi del genere entrano in scena gli storici. Che però, nel decodificare questi eventi, spesso ne valutano male la complessità. Sono addestrati a spiegare le calamità ricercando cause di lungo periodo, magari lontane decenni. In realtà la maggior parte dei fenomeni anomali che gli storici studiano non sono il culmine di un processo lungo e deterministico, ma piuttosto sconvolgimenti, a volte il crollo completo, di sistemi complessi. Tutti i sistemi complessi hanno alcune caratteristiche in comune. In un sistema del genere, ad esempio, una minima variazione, uno shock relativamente piccolo, possono produrre cambiamenti enormi, spesso imprevisti. Perciò, quando in un sistema complesso le cose vanno male, l' entità dello sconvolgimento è quasi impossibile da prevedere. Tutte le grandi entità politiche sono sistemi complessi. La maggior parte degli imperi hanno un' autorità centrale nominale - un imperatore ereditario o un presidente eletto -, ma in realtà il potere di ogni singolo governante è funzione di una rete di relazioni economiche, sociali e politiche sulle quali lui o lei esercita il suo controllo. Sotto questo profilo gli imperi mostrano molte delle caratteristiche di altri sistemi complessi e adattabili, tra cui la tendenza a passare molto rapidamente dalla stabilità all' instabilità. L' esempio più recente e noto di rapido declino è il crollo dell' Unione Sovietica. Col senno del poi, gli storici hanno individuato ogni genere di marciume nel sistema sovietico, fino all' era Breznev e oltre. Allora però non sembrava fosse così. L' arsenale nucleare dei sovietici era più grande di quello degli Stati Uniti, e i governi di quello che allora era chiamato il Terzo Mondo in quasi tutti i 20 anni precedenti si erano schierati dalla parte dei sovietici. Eppure, meno di cinque anni dopo l' ascesa al potere di Gorbaciov, l' impero sovietico nell' Europa centro-orientale si sgretolò, e poco dopo, nel 1991, fu la volta della stessa Unione Sovietica. Se gli imperi sono sistemi complessi che prima o poi soccombono a crisi improvvise e catastrofiche, quali conseguenze dobbiamo trarne per gli Stati Uniti di oggi? Anzitutto che discutere degli stadi del declino è probabilmente una perdita di tempo. Uomini politici e cittadini dovrebbero preoccuparsi piuttosto di una caduta improvvisa e inaspettata. Inoltre, il crollo di un impero quasi sempre avviene in seguito a una crisi finanziaria. Quindi i campanelli d' allarme dovrebbero suonare molto forte visto che gli Stati Uniti prevedono di avere un deficit di più di 1.500 miliardi di dollari nel 2010, il più alto dopo la Seconda guerra mondiale. Questi numeri non sono buoni, ma nel campo della politica sono altrettanto importanti le percezioni. Nei periodi di crisi degli imperi non sono tanto le reali basi del potere a contare, quanto le attese sugli sviluppi futuri. Le cifre che abbiamo citato non possono da sole erodere la forza degli Stati Uniti, ma possono indebolire la fiducia che per tanto tempo gli americani hanno avuto nella capacità del loro Paese di superare qualsiasi crisi. Un giorno o l' altro una brutta notizia apparentemente casuale - magari un rapporto negativo di un' agenzia di rating - comparirà sulle prime pagine dei giornali in un periodo altrimenti abbastanza tranquillo, e all' improvviso non saranno più solo pochi addetti ai lavori a preoccuparsi della sostenibilità della politica fiscale degli Stati Uniti, ma chiunque, compresi gli investitori all' estero. È questo passaggio a essere fondamentale: un sistema complesso e adattabile è seriamente nei guai quando i suoi componenti perdono la fiducia nella sua capacità di rigenerarsi. La prossima fase della crisi attuale potrebbe incominciare quando la gente inizierà a mettere in discussione la credibilità delle radicali misure finanziarie e fiscali prese per risanare l' economia. Nessun tasso a interesse zero o stimolo finanziario potrà produrre un risanamento sostenibile se la gente, negli Stati Uniti e all' estero, deciderà collettivamente, da un giorno all' altro, che queste misure alla fine porteranno a tassi di inflazione molto più alti o a un vero e proprio crollo. Combattere una battaglia perdente sulle montagne dell' Hindu Kush è già stato il segno premonitore della caduta dell' impero sovietico. Quel che è avvenuto 20 anni fa dovrebbe ricordarci che gli imperi non nascono, si sviluppano, dominano, entrano in declino e cadono secondo un ciclo ricorrente e prevedibile. Gli imperi si comportano piuttosto come tutti i sistemi complessi adattabili. Restano per un certo periodo in apparente equilibrio e poi, improvvisamente, crollano. Washington, sei avvertita. (traduzione di Maria Sepa)

 

Geheimtreffen in New York: Attacke auf den Euro, um den Dollar zu stärken

Geheimtreffen in New York:

Attacke auf den Euro, um den Dollar zu stärken

F. William Engdahl / Ex: http://info.kopp-verlag.de/

euro_dollar_070920_ms.jpgDie Ursache für die dramatische Krise, die seit Anfang Januar den Euro auf Talfahrt geschickt und dem Dollar in gleichem Maße Aufwind verschafft hat, ist nicht einfach das Finanzproblem Griechenlands. Die Krise ist vielmehr das Resultat eines Komplotts und geheimer Absprachen zwischen einigen der mächtigsten Spekulanten an der Wall Street – zweifellos mit stillschweigender Rückendeckung durch das US-Finanzministerium. Das Ziel ist, den Dollar in dieser schwierigen Zeit dadurch zu retten, dass der Euro, die einzige Währung, die als alternative Reservewährung in Frage käme, geschwächt wird.

Die mächtigsten und einflussreichsten Hedge-Fonds- und Finanzplayer der Welt haben sich zu Beginn der gegenwärtigen »Griechenland-Krise« in New York hinter verschlossenen Türen versammelt, um über massive spekulative Angriffe auf den Euro zu beraten. Die mächtigsten Finanzfirmen haben sich offenbar darauf geeinigt, Finanzderivate wie die berüchtigten Credit Default Swaps (Kreditausfallversicherungen für Anleihen) einzusetzen, um den spekulativen Druck auf den Euro zu richten bzw. den Druck zu verstärken.

Im Dezember wurde der Euro noch mit 1,51 Dollar gehandelt, heute steht er bei ungefähr 1,35 Dollar. Mit einem täglichen Handelsvolumen von mindestens 1,2 Billionen Dollar stellt der Euro einen sehr großen Markt dar. Die New Yorker Hedge-Fonds haben in einem sehr verwundbaren Moment zugeschlagen, als die Nachrichten über das griechische Haushaltsdefizit die Finanzmärkte schockierten. Der Angriff auf den Euro ging mit einer Flut höchst willkommener Berichte in den amerikanischen und britischen Medien über das unmittelbar bevorstehende Auseinanderbrechen der EU und des Euro einher. Die Hedge-Fonds setzten Fremdkapital in enormer Höhe ein – oftmals das 20-Fache des eigenen Einsatzes gegen den Euro. Dabei haben sie auch ein Vielfaches verdient: manchmal Gewinne in Höhe von 100 Prozent innerhalb weniger Tage, mit geborgtem Geld.

 

Wall-Street-Insider George Soros begann seinen Propaganda-Angriff auf den Euro in Davos, nur Tage nach einem Geheimtreffen in New York.

 

An dem New Yorker Geheimtreffen, über das das Wall Street Journal in der Ausgabe vom 26. Februar berichtet, nahmen neben dem Milliardär und Hedge-Fonds-Spekulanten George Soros vom 27 Milliarden Dollar schweren Soros-Fund-Management auch Vertreter von SAC Capital Advisors LP, Greenlight Capital und andere nicht namentlich Genannte teil. Sie einigten sich auf ein konzertiertes Vorgehen gegen den Euro, wobei die griechische Finanzkrise als Hebel benutzt wurde, um dem Ganzen Glaubwürdigkeit zu verleihen.

Am 3. Februar habe ich meinem Artikel »Washingtons Währungskrieg gegen den Euro« (erschienen in KOPP Exklusiv, Ausgabe 06/2010) dargelegt, wie sich derselbe George Soros beim Weltwirtschaftsforum in Davos für die geplante Zusammenarbeit bei dem Angriff auf den Euro ausgesprochen hat. Gegenüber der Presse erklärte er damals, es gebe keine »attraktive Alternative« zum Dollar – de facto ein Signal für eine Attacke auf den Euro, den viele noch vor einem halben Jahr als Alternative zum Dollar als Weltwährung betrachtet hatten. Soros unterstrich, die »Probleme« des Euro machten ihn als Ersatz-Reservewährung untauglich.

Soros’ abfälligen Bemerkungen schloss sich der prominente New Yorker Wirtschaftswissenschaftler Nouriel Roubini an, der behauptete, die Haushaltsschwierigkeiten in Europa führten zu dem »wachsenden Risiko« der Aufspaltung der Einheitswährung: »Nicht in diesem oder in den nächsten zwei Jahren, aber irgendwann könnte die Währungsunion zerbrechen.« Bezeichnenderweise unterhalten sowohl Roubini als auch Soros enge Verbindungen zur Regierung Obama. Soros gehörte zu den ersten Spendern für Obamas Wahlkampf und Roubini ist mit Finanzminister Timothy Geithner gut befreundet.

 

Konzertierte Finanzattacken auf den Euro haben dem Dollar in einem kritischen Moment Aufwind verschafft.

 

Um den Druck auf den Euro aufrechtzuerhalten, schrieb Soros am 22. Februar einen Kommentar in der Londoner Financial Times, der bekanntesten Finanzzeitung der Welt. Dort erklärte er: »Auch wenn Griechenland überlebt, die Zukunft des Euro ist nach wie vor unsicher.«

Die nun enthüllten Einzelheiten über das New Yorker Geheimtreffen der Hedge-Fonds, bei dem die Attacke auf den Euro geplant wurde, bestätigen erneut, was ich bereits in meinem Buch Der Untergang des Dollar-Imperiums beschrieben habe: die Kräfte des Money Trust von der Wall Street greifen zu jedem nur erdenklichen Mittel, um ihre Macht zu verteidigen. Die Höhe der Verschuldung der USA und das Ausmaß der Krise sind so gewaltig, dass es für die Regierung Obama immer schwerer wird, den Mythos der »Green Shoots«, des Aufschwungs, aufrechtzuerhalten.

 

Auch Goldman Sachs maßgeblich beteiligt

Die politisch einflussreiche Wall-Street-Bank Goldman Sachs, die seit dem Beitritt Griechenlands zum Euro im Jahr 2001 an den dortigen Finanzmanipulationen beteiligt war, hat bei der jüngsten Krise ebenfalls die Hand im Spiel. Am 29. Januar trafen sich Vertreter von Goldman Sachs zusammen mit einigen anderen führenden Wall-Street-Firmen in Griechenland mit dem stellvertretenden Finanzminister und Vertretern der griechischen Nationalbank. Soros’ Hedge-Fonds-Attacke begann nur wenige Tage später.

Laut dem Bericht im Wall Street Journal haben Goldman Sachs, die Bank of America und die Londoner Barcley’s Bank gemeinsam mit Soros und den Hedge-Fonds Wetten gegen den Euro abgeschlossen, während Goldman Sachs gleichzeitig als Berater für die Regierung Papandreou tätig ist, ein offensichtlicher Interessenkonflikt.

 

Die Asien-Krise und die Krise um das britische Pfund und die EWU

Das Vorgehen der Hedge-Fonds beim Angriff auf den Euro folgt der Strategie finanzieller Kriegsführung, die Soros und andere Hedge-Fonds bereits in der Vergangenheit verfolgt haben. Soros hat 1992 mit Spekulationen gegen das britische Pfund Sterling nach eigenen Angaben eine Milliarde Dollar Gewinn gemacht – wobei Marktkenner überzeugt sind, dass damals Insider-Informationen eine Rolle gespielt haben – und die britische Regierung gezwungen, Pläne für einen Beitritt zum damals entstehenden Euro fallenzulassen. Wären Großbritannien und die mächtigen Finanzquellen der Londoner City der neuen Eurozone beigetreten, hätte das, wie viele an der Wall Street und in Washington insgeheim befürchteten, möglicherweise das Ende des Dollar als Weltreservewährung bedeutet. Die Tatsache, dass der Dollar als Weltreservewährung agiert, bildet neben dem Pentagon eine der beiden Säulen der amerikanischen Vormachtstellung in der Welt. Verlöre der Dollar diese Position, dann stünde die Zukunft des Amerikanischen Jahrhunderts, die Rolle als alleinige Supermacht, auf dem Spiel.

Ähnlich war die Lage 1997, als ein konzertierter Angriff von Hedge-Fonds, erneut unter Führung von George Soros, einen Angriff auf die Währungen und die Wirtschaft der asiatischen »Tigerstaaten« lancierte. Korea, Indonesien, die Philippinen und Malaysia, damals nachhaltige, von amerikanischer Einmischung unabhängige Volkswirtschaften, wurden durch die Attacke de facto zu Käufern amerikanischer Schulden, weil die Länder in Asien verzweifelt versuchten, sich gegen weitere Angriffe zu schützen. Wie die Sterling-Krise von 1992, so hat auch die Asienkrise von 1997–1998 den schwächelnden Dollar einige Jahre länger am Leben erhalten.

Angesichts der sich verschärfenden Depression in den USA und des Ausmaßes der Bankenprobleme, die von Tag zu Tag schwerer werden, ist die Zukunft des Dollars mehr bedroht denn je. Aus diesem Grund dramatisieren einflussreiche Kreise an der Wall Street, der Federal Reserve und im US-Finanzministerium die relativ überschaubare Krise in Griechenland zum übertriebenen Bild eines »Zusammenbruchs der EU«, weil sie hoffen, damit für ausländische Zentralbanken den Euro als Alternative zum Dollar unattraktiv zu machen. Damit soll nicht gesagt sein, der Euro und der Vertrag von Maastricht seien ein Modell einer gesunden Alternative zu den Problemen der Dollar-Zone. Sie sind alles andere als das. Es soll nur gezeigt werden, welcher geopolitische Machtkampf hinter den Kulissen tobt, um das Sinken der Dollar-Titanic zu verhindern.

 

Dienstag, 09.03.2010

Kategorie: Geostrategie, Enthüllungen, Wirtschaft & Finanzen, Politik

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L'ombre de la CIA sur Kiev

Archives de SYNERGIES EUROPEENNES - 2004

Siro ASINELLI:
L’ombre de la CIA sur Kiev

Les Fondations Soros et Ford, la Freedom House et la CIA financent les “révolutions démocratiques” dans le monde

or1.jpgLe sort de la “révolution orange” en Ukraine, Monsieur James Woolsey y tient. Il ne peut en être autrement, puisqu’il est le directeur de la “Freedom House”, une organisation non gouvernementale américaine qui possède des sièges à Washington, New York, Budapest, Bucarest, Belgrade, Kiev et Varsovie. Elle se définit comme “une voix claire et forte qui veut la démocratie et la liberté pour le monde” et qui s’active “pour promouvoir les valeurs démocratiques et pour s’opposer aux dictatures”. Ce Monsieur James Woolsey dirige une brochette de politiciens, d’universitaires, d’industriels et d’intellectuels “transversaux”. Ce Monsieur James Woolsey a été, il y a quelques années, en 1995, le directeur de la CIA avant de s’occuper à “exporter la démocratie et la liberté dans le monde”. Grâce aux efforts d’innombrables activistes, issus de la “Freedom House”, et grâce à l’assistance économique, si charitable, d’autres organismes, comme ceux, bien connus, que sont les Fondations Soros et Ford, ce Monsieur James Woolsey  —dont les “honnêtes activités” s’étendent maintenant sur plus de soixante années—  peut désormais concentrer ses efforts dans “la lutte pour la liberté”, dans des pays meurtris et abrutis par une quelconque mélasse dictatoriale. Le palmarès de Woolsey et de ses amis est impressionnant : ils ont soutenu le “Plan Marshall” en Europe, favorisé la création de l’OTAN dans les années 40 et 50, multiplié leurs activités au Vietnam  pendant et après la guerre menée par ce peuple contre les Américains; ils ont financé Solidarnosc en Pologne et l’opposition “démocratique” aux Philippines dans les années 80.

Ce sont là les activités les plus médiatisées de cette “bonne” ONG et c’est sans compter les actions de “vigoureuse opposition aux dictatures” en Amérique centrale, au Chili, en Afrique du Sud ou durant le “Printemps de Prague”. Elle a aussi favorisé l’opposition à la présence soviétique en Afghanistan. Elle a excité les conflits inter-ethniques en Bosnie et au Rwanda. Elle s’est opposée à la “violation des droits de l’homme” à Cuba, au Myanmar, en Chine et en Irak. Elle s’est ensuite montrée hyper-active dans l’exportation de la “démocratie et de la liberté” dans les républiques de l’ex-URSS et dans l’ex-Yougoslavie post-titiste. C’est précisément dans cette ex-Yougoslavie, où le “mal” était personnifié par le Président Slobodan Milosevic, que notre ONG a peaufiné ses stratégies d’intervention, afin de les exporter ensuite en d’autres contrées, où le contexte est plus ou moins analogue. Notre bon Monsieur Woolsey a donc accueilli au sein de son organisation Stanko Lazendic et Aleksandar Maric, deux activistes serbes, peu connus de nos médias, mais qui ont joué un rôle-clef dans la chute de Milosevic. Ces deux personnages figurent parmi les fondateurs du mouvement étudiant “Optor” (= “Résistance”), aujourd’hui dissous, mais absorbé par le “Centre pour la révolution non violente” de Belgrade. Peu de temps avant la chute de Milosevic, le 5 octobre 2000, les militants d’Optor ont été invités en Hongrie, dans les salons de l’Hôtel Hilton de Budapest, où un certain Monsieur Robert Helvy leur a prodigué des cours intensifs sur les méthodes du combat non violent. Ce Monsieur Robert Helvy est un colonel à la retraite de l’armée américaine, vétéran du Vietnam. Robert Helvy a admis, face à la presse étrangère, avoir été, en son temps, engagé par l’Institut International Républicain, l’IRI, basé à Washington, afin de former les jeunes cadres militants d’Optor. Stanko Lazendic a révélé que le colonel était présent lors des séminaires : “Mais quand nous sommes allés là-bas, jamais nous n’avions pensé qu’il pouvait travailler pour la CIA. Ce qu’il a enseigné, nous l’avons appris d’autres personnes”.

Aujourd’hui, les méthodes qui ont été enseignées au tandem “Lazendic & Maric” pour le compte de la “Freedom House” sont en train d’être appliquées en Ukraine. Elles consistent à “exporter le Verbe démocratique” de maison en maison, d’université en université, de place publique en place publique. Un travail analogue s’effectue en Biélorussie, mais, dans ce pays, la mayonnaise ne semble pas prendre. En Ukraine, en revanche, les deux Serbes sont particulièrement actifs dans la formation et l’encadrement des militants et des cadres du mouvement “Pora” (= “C’est l’heure”), qui est inféodé à Iouchtchenko et a reçu la bénédiction de Madeleine Albright et de Richard Holbrooke, les deux stratèges de l’exportation de la “démocratie atlantiste”. La CIA, entre-temps, aide la “révolution orange” en marche depuis 2002 déjà, dès qu’elle a libéré 50.000 dollars pour créer la plate-forme internet de l’ONG qui s’oppose au duumvirat Kouchma-Yanoukovitch. Ensuite, elle a libéré 150.000 dollars pour créer un groupe de pression à l’intérieur du Parlement. Et encore 400.000 autres dollars pour former des candidats aux élections locales et des cadres syndicaux. Cette stratégie ressemble très fort à celle qui vient d’être appliquée en Géorgie, lors de la “révolution des roses”, où Washington à soutenu Saakashvili. Maric est arrivé mardi 30 novembre à l’aéroport de Kiev, sans donner d’explication quant à sa présence dans la capitale ukrainienne. Lazendic vient de confirmer, dans un interview, “que son compagnon n’avait pas été autorisé à entrer sur le territoire ukrainien”, “tant que ses papiers ne seraient pas tous en ordre”. La carrière ukrainienne de ce Monsieur Maric a donc été interrompue, en dépit de sa grande expérience de commis voyageur à la solde de Washington en Géorgie et en Biélorussie. Lazendic, lui, se vante d’avoir “fait des séjours démocratiques” en Bosnie et en Ukraine. Le mouvement “Pora”, “actif dans la diffusion des valeurs démocratiques et dans l’opposition aux dictatures”, est désormais privé des lumières du sieur Maric. Mais que l’on soit sans crainte, les “démocrates” peuvent toujours envoyer leur contribution financière au “mouvement orange”, via un compte de la “JP Morgan Bank” de Brooklyn, New York.

Siro ASINELLI,
Article paru dans “Rinascita”, Rome, 2 décembre 2004.