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jeudi, 08 septembre 2011

Piet Tommissen o dell'ostinazione - In Memoriam

Piet Tommissen o dell'ostinazione 

In memoriam (1925-2011)

Günter Maschke

Si è spento lo scorso 21 agosto Piet Tommissen, sociologo ed economista belga, noto per i suoi studi su Vilfredo Pareto e Carl Schmitt, del quale fu amico e bibliografo e alla cui opera, a lungo negletta, ha dedicato una quantità di scritti che hanno contribuito a diffonderla su scala internazionale. Molto stretto fu anche il suo rapporto con Julien Freund. Tommissen – “il matto” come lo definiva amabilmente Gianfranco Miglio – è stato senz’altro uno degli esponenti più in vista della tradizione del realismo politico europeo e un punto di riferimento per tutti i giovani studiosi che a questa tradizione si sono richiamati nel corso degli anni. Lo ricordiamo pubblicando l’omaggio che in occasione dei suoi 75 anni, nel 2000, gli ha dedicato Günter Maschke, a sua volta amico ed editore di Schmitt, nonché curatore di alcune sue importanti raccolte di scritti.

Cicerone disse una volta: «Niente fa più impressione dell’ostinazione». Questa frase potrebbe applicarsi perfettamente alla vita e all’opera dell’economista politico fiammingo Piet Tommissen, che ha festeggiato lo scorso 20 marzo i suoi 75 anni conservando intatta la sua impressionante energia lavorativa.

Quanti cercano ancora la prova dell’evidenza che ogni cultura riposa sull’atto gratuito, sul lavoro prestato senza remunerazione, la troveranno nella persona di Piet Tommissen. Dopo la Seconda guerra mondiale, Carl Schmitt era il capro espiatorio favorito nella sfera delle scienze giuridiche e politiche tedesche, ma anche, occorre ripeterlo, la «quercia sotto cui i cinghiali venivano a cercare i loro tartufi» (Roman Schnur dixit). Durante questo buio periodo, il giovane Piet Tommissen ha dato la sua amicizia a Schmitt, insieme ad alcuni, rari fedeli amici tedeschi; ha presto redatto la prima bibliografia di Carl Schmitt in condizioni difficili (Versuch einer Carl-Schmitt-Bibliographie, Academia Moralis, Düsseldorf 1953). E quando dico «condizioni difficili», voglio ricordare ai miei contemporanei che Tommissen ha effettuato questo lavoro molto prima che esistessero ovunque, come oggi, delle fotocopiatrici in cui è possibile riprodurre testi a bizzeffe. Tommissen ritrascriveva a mano, con la sua penna a inchiostro, centinaia di articoli di Schmitt o li batteva su una vecchia macchia per scrivere da viaggio, con carta carbone, per aspera ad astra. Ha effettuato questo lavoro quand’era uno studente senza mezzi, nei duri anni del dopoguerra in cui ogni viaggio esplorativo verso Plettenberg (dove Schmitt si era ritirato) presentava continue difficoltà finanziarie. È dunque con inizi così difficili che Tommissen, nel corso degli anni, è divenuto il migliore esperto, e il più meticoloso, dell’opera di Carl Schmitt.

I frutti di questo lavoro così disinteressato si ritrovano oggi in innumerevoli articoli e studi, in nuove bibliografie e, a partire dal 1990, in una collana di libri battezzata «Schmittiana» che esce presso Duncker & Humblot a Berlino. Oggi noi riteniamo tutti che simili lavori siano facili da realizzare, ma fu lungi dall’essere così all’epoca eroica del giovane studente e del giovane economista Tommissen. Direi persino di più: senza la marea di contributi e di dettagli apportati e scoperti da Tommissen, l’impresa di diffamazione internazionale che ha orchestrato il boicottaggio e l’ostracismo contro Schmitt – e contribuito così alla sua gloria! – apparirebbe ancora più sciocca e pietosa perché non avrebbe alcun valido argomento, né saprebbe nulla delle tante sfaccettature delle sua persona.

Tommissen, che ha studiato le scienze economiche alla Haute Ecole économique Sint-Aloysius a Bruxelles e all’Université des Jésuites di Anversa, ha dovuto lavorare, accanto alle sue ricerche, per guadagnarsi il pane come procuratore industriale. Accede al titolo di dottore nel 1971 presentando una tesi su Vilfredo Pareto. Intitolata De economische epistemologie van Vilfredo Pareto (Sint-Aloysius Handelshogeschool, Bruxelles 1971), questa tesi può essere considerata come una delle più importanti e fondamentali opere mai redatte sul grande uomo. Ogni ricercatore che desiderasse dedicarsi seriamente all’italiano Pareto dovrebbe acquisire almeno una conoscenza passiva dell’olandese. Il che non mi impedisce di rimpiangere che Tommissen non abbia scritto il suo libro in tedesco o in francese: ma, ahimè, la gloria è ingiusta, mostruosa per le lingue minoritarie. In questo lavoro, noi incontriamo già tutto Tommissen: un osservatore interdisciplinare che si serve di questa interdisciplinarietà con la massima naturalezza, come se fosse evidente; un autore che possiede la grande arte di mettere in esergo i legami tra le cose più diverse. Alla lettura di questa tesi, non acquisiremo solo conoscenza dei problemi fondamentali dell’economia politica europea fino agli anni che hanno immediatamente seguito la Prima guerra mondiale, ma anche di tutto lo sfondo politico, filosofico e psicologico che animava il «solitario di Céligny». Tommissen ci restituisce con amore e espressività tutto questo sfondo, di solito ignorato da molti autori, troppo legati alla superficie dei testi. Nessun altro studio dettagliato renderà pertanto la tesi di Tommissen caduca.

Ma si capirebbe male il personaggio Tommissen se lo si considerasse solo come uno specialista di Schmitt e Pareto, lui che ha insegnato dal 1972 al 1990 alla Haute Ecole d’Economie Sint-Aloysius di Bruxelles in cui curava la collana «Eclectica» che contiene montagne di tesori, di aneddoti e dettagli sempre inaspettati su Schmitt. Pochi ricercatori sanno in Germania che conosce anche bene Georges Sorel, Julien Freund e il pensiero politico francese del XIX e del XX secolo. Tommissen ha sempre dichiarato, expressis verbis, che voleva praticare le «scienze umane nel senso più ampio del termine».

Un esempio particolarmente sorprendente di concretizzazione di questa volontà è il suo libro Economische Systemen (Uitgeverij N.V., Deurne, 1987). In poche pagine, Tommissen vi abbozza la storia delle idee economiche dall’antichità alla Cina post-maoista e le innumerevoli note e considerazioni fondate che ha aggiunto al testo ci aprono a quel dramma che è la storia economica dell’umanità e ci comunicano le radici e le fondamenta politiche, culturali e ideologiche dell’uomo lavoratore nel corso della storia. Un buon libro rende la lettura di cento altri superflua e ci incoraggia a leggerne ancora altre migliaia. Ecco! Straordinarie conoscenze in letteratura e storia dell’arte… Ma in tutti i lavori di economia e scienze politiche scritti da Tommissen il lettore è costantemente sorpreso dalle sue straordinarie conoscenze della letteratura e della storia dell’arte, poiché aveva a lungo accarezzato l’idea di studiare la filologia germanica e la storia dell’arte. Conosce ad esempio il dadaismo e il surrealismo europei in tutte le loro varianti. Non aveva ancora trent’anni quando invitava già nelle Fiandre per tenervi delle conferenze autori tedeschi come Heinz Piontek e Heinrich Böll (e sarei tentato di aggiungere: quando questi erano ancora degli scrittori interessanti!).

Solo quanti sono consapevoli dell’enorme lavoro prestato da Tommissen hanno il diritto di pronunciare una critica: questo maestro della nota a piè di pagina esagera talvolta nel suo zelo di voler dire tutto, poiché sottovaluta spesso le conoscenze dei suoi lettori. Ma in Tommissen non vi è alcun orgoglio a motivare la sua azione, né alcuna vanità, perché è il calore umano incarnato. Per lui, l’uomo è nato per aiutare il suo prossimo e per ricevere da questo un aiuto equivalente. Tanto che Tommissen, l’eminenza, non ha alcuna vergogna di imparare qualcosa, anche d’infima importanza, in uno scrittoretto appena uscito dalla pubertà e senza esperienza.

Una fedele dedizione a Pareto e Schmitt

Sempre felice di dare un’informazione, sempre alla ricerca di informazioni da altri con la più squisita amabilità, Tommissen ha permesso la nascita di molti lavori scientifici e ha seminato molto più di quanto i tanti ingrati lascino intendere al loro pubblico. Un uomo di questa natura così particolare e valida merita i nostri omaggi perché ha dedicato volontariamente e fedelmente una grande parte della sua vita a quelli che considera i suoi maestri: Vilfredo Pareto e Carl Schmitt. Viene in mente un brillante saggista e sovrano narratore come Adolf Frisé che per molti decenni non ha esitato a esplorare l’opera di Robert Musil e a diffonderla. Spesso la luce che brilla sotto il moggio è la più viva! Ad multos annos, Piet Tommissen!

Multikulti-Schock: Migranten wollen keine Roma-Kinder an Schulen

Multikulti-Schock: Migranten wollen keine Roma-Kinder an Schulen

Udo Ulfkotte

Die multikulturelle Schein-Idylle bricht immer schneller auseinander. Gerade erst haben wir darüber berichtet, dass amerikanische Indianer aus rein rassistischen Gründen Schwarze verjagen. Und schon kommt die nächste schockierende Nachricht: In Belgien wollen Migranten ihre Kinder nicht länger in Schulklassen mit anderen Migrantenkindern schicken. Vor allem Roma und christliche Osteuropäer lehnen sie strikt ab. Mitten in Europa bricht aus Sicht der Migranten nun auseinander, was ohnehin nicht zusammen gehört.

 

 

Die Belgier rieben sich in den vergangenen Tagen verwundert die Augen. Sie lasen Schlagzeilen in den Zeitungen wie »Ook allochtonen ontvluchten concentratiescholen«. Das bedeutet übersetzt, dass Ausländer keine Schulklassen mit vielen Ausländerkindern wollen. In solchen Artikeln heißt es dann, intelligente Migranten zögen überall ihre Kinder aus Schulklassen mit hohem Ausländeranteil ab und schickten diese lieber in »weiße Vorstädte« zum Unterricht, wo noch möglichst wenig Migrantenkinder seien. In einer Stadt wie Antwerpen findet man deshalb jetzt in der Innenstadt an den Schulen fast nur noch Ausländerkinder und in den Schulen der Vorstädte die Kinder der Einheimsichen und von intelligenteren Migranten.

Mehr: http://info.kopp-verlag.de/hintergruende/deutschland/udo-ulfkotte/multikulti-schock-migranten-wollen-keine-roma-kinder-an-schulen.html

mercredi, 07 septembre 2011

Krantenkoppen - September 2011 (1)

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Krantenkoppen
 
September 2011 (1)
 
HONGARIJE VOERT 'CHIPSBELASTING' IN:
"De nieuwe belasting (...) is in de eerste plaats gericht op gezouten of gesuikerde koekjes, energiedrankjes en voorverpakte taarten. De regering van wil met de taks iets doen aan de voedingsgewoonten van de Hongaren, die te veel vetstoffen, suiker en zout gebruiken":
http://www.standaard.be/artikel/detail.aspx?artikelid=DMF20110901_051
 
 
NORTH DAKOTA'S ECONOMIC 'MIRACLE' - IT'S NOT OIL:
"If its secret isn’t oil, what is so unique about the state? North Dakota has one thing that no other state has: its own state-owned bank":
http://www.yesmagazine.org/new-economy/the-north-dakota-miracle-not-all-about-oil
 
 
FAMILIES IN MODERN IRELAND SKIP FOOD TO PAY THE MORTGAGE:
"The fear of losing their home is causing many anguished families to go without enough to eat in order to ensure that they have sufficient money to pay their mortgage":
http://www.independent.ie/national-news/families-in-modern-ireland-skip-food-to-pay-the-mortgage-2859883.html
 
 
LIBYA - RESISTANCE TO US/NATO CONQUEST CONTINUES:
"The continued resistance exposes the lie of the so-called democratic 'rebel' forces that have been set up by Britain, France and the U.S. to facilitate the imperialist invasion of the oil-rich country. Meanwhile, arms have been distributed by the Libyan government to the whole population – something a hated dictator would never do":
 
 
SPECIAL OPERATIONS CLEAR PATH FOR REBEL FORCES:
"Defence sources have confirmed that British special forces have been on the ground in Libya for several weeks, along with special forces from Qatar, France and some eastern European states":
http://www.irishtimes.com/newspaper/world/2011/0826/1224303000900.html
 
 
DIE DEUTSCHE KARTE:
"Gerd-Helmut Komossa, Generalmajor der Bundeswehr a.D., war Chef des MAD. In diesem Buch gewährt er einen erhellenden Blick hinter die Kulissen der Geheimpolitik. Hier lesen Sie, was Sie eigentlich nicht wissen sollten. (...) Dass sich jeder deutsche Bundeskanzler vor seinem Amtsantritt in den USA Anweisungen abholen und diese unterzeichnen muss (Kanzlerakte), dass die deutschen Goldreserven größtenteils in den USA und England liegen und als Pfand für die Alliierten dienen, wurde bislang immer nur als Verschwörungstheorie abgetan. Dass Deutschland bis heute kein souveräner Staat ist, haben viele bislang nur geahnt":
http://xinos.wordpress.com/2010/12/27/die-deutsche-karte/
 
 
COLOR REVOLUTIONS: WASHINGTON FUNDS VENEZUELA'S "MADE IN USA OPPOSITION":
"Washington continues to seek new mechanisms to achieve its eternal objective of recovering control over Venezuela’s strategic resources – the largest oil reserves on the planet – and this means putting an end to Hugo Chavez":
http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=25984
 
 
LIBIE: NAVO-BOMMEN GAVEN DE DOORSLAG:
"NAVO-militairen zijn ook op het terrein aanwezig om de rebellen te leiden of te omkaderen en om de luchtmacht op te roepen wanneer Khaddafi’s troepen tegenstand bieden":
http://www.dewereldmorgen.be/artikels/2011/08/23/libi-navo-bommen-gaven-de-doorslag
 
 
ETIENNE DAVIGNON EN DE ROEP OM NEOLIBERALE LIEFDADIGHEID:
"Wat Davignon en de 'bekeerde' superrijken eigenlijk voorstellen, is een nieuwe vorm van liefdadigheid. (...) Tijdelijke liefdadigheid om het systeem te redden dat hen superrijk heeft gemaakt":
http://www.dewereldmorgen.be/artikels/2011/08/26/etienne-davignon-en-de-roep-om-neoliberale-liefdadigheid
 
 
POURQUOI LES LIBYENS AIMENT LE COLONEL KHADAFFI:
"Nombre d’observateurs en Occident totalement intoxiqués par la propagande anti-Kadhafi ne parviennent pas à comprendre comment le dirigeant libyen conserve toujours l’appui de sa population (...). Comment les Libyens ne soutiennent-ils pas plus les 'courageux' insurgés du CNT?":
http://www.lepost.fr/article/2011/08/23/2573981_pourquoi-les-libyens-aiment-le-colonel-kadhafi.html
 
 
ISRAEL ACTEUR IMPORTANT DANS LA CONFLIT LIBYEN:
"Un accord a été signé entre Israël et le Conseil National de Transition (CNT) libyen à Benghazi, concernant l’installation d’une base militaire sioniste dans la région de Djebel Akhdar, pour une durée de 30 années":
http://www.lislamiste.com/2011/08/27/israel-acteur-important-dans-la-conflit-libyen/
 
 
FRENCH WANT T.O.T.A.L. CONTROL OF LIBYAN OIL:
"One of the first members of the French team in Bengazhi in March was a representative of Total, the French oil company":
https://rt.com/news/french-total-oil-libya-013/
 
 
BEJAARD KOPPEL STUURT DEURWAARDER NAAR DE BANK:
"Ze stuurden een deurwaarder en een verhuiswagen naar hun bankkantoor, waar ze beslag wilden laten leggen op het gebouw en de inboedel. De zaak bleek plots in een uur tijd geregeld te kunnen worden":
http://www.standaard.be/artikel/detail.aspx?artikelid=DMF20110824_175
 
 
THE PARADIGM SHIFT:
"I'm not a good American, ... cause I like to form my own opinion! (...) Rule number 1: I don't believe anything the government says."
http://www.youtube.com/watch?v=jRWF1hgBVQ0
 
 
LEAK OF A 70 PAGE CRIMINAL NATO PLAN TO OCCUPY LIBYA:
"The plan includes keeping large portions of the Gadhafian apparatus intact, on condition of loyalty to the new, pro-West regime. There will be the 'Tripoli task force', a 15,000-man force operated by the United Arab Emirates which will occupy Tripoli and conduct mass arrests of Gadhafi’s supporters":
http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=25947#.TlP09ULMOHw.facebook
 
 
BONNEN KNIPPEN ALS NATIONALE HOBBY:
"In 2010 werden ruim driehonderd miljard bonnen verspreid over het land. Couponing – met bonnen zo veel mogelijk korting krijgen – is een bestaand werkwoord. De politie in Arkansas hield onlangs een vrouw aan die 185 exemplaren van een lokale zondagskrant had gestolen. Het was haar om de bonnen te doen. In Alabama is de diefstal van kranten dit jaar met 30% gestegen".

lundi, 05 septembre 2011

Adieu au Professeur Piet Tommissen (1925-2011)

 

Adieu au Professeur Piet Tommissen (1925-2011)

 

Quelques jours après avoir lu l’hommage publié par “Junge Freiheit” suite au décès du Professeur Helmut Quaritsch, l’ancien éditeur de la revue “Der Staat” (Berlin), j’apprenais, jeudi 1 septembre, en feuilletant sur le comptoir même du marchand de journaux mon “’t Pallieterke” hebdomadaire, dont je venais de prendre livraison, la mort du Professeur Piet Tommissen, qu’évoque avec une belle émotion le journal satirique anversois. Deux géants mondiaux des sciences politiques viennent donc de disparaître cet été, nous laissant encore plus orphelins depuis les disparitions successives de Panayotis Kondylis, de Julien Freund, de Gianfranco Miglio ou d’Armin Mohler.

 

A la recherche de Pareto et Schmitt

 

J’avais appris, tout au début de mon itinéraire personnel, où, forcément, les tâtonnements dominaient, qu’un certain Professeur Tommissen avait publié des ouvrages sur Vilfredo Pareto et Carl Schmitt. Nous savions confusément que ces auteurs étaient extrêmement importants pour tous ceux qui, comme nous, refusaient la pente de la décadence que l’Occident avait empruntée dès les années 60, immédiatement après les “technomanies” et les américanismes des années 50. Nous voulions une sociologie et, partant, une politologie offensives, contructrices de sociétés ayant réagi vigoureusement, “quiritairement” contre l’éventail d’injustices, de dysfonctionnements, d’enlisements, de déliquescences que le complexe bourgeoisisme/économicisme/libéralisme/parlementarisme avait induit depuis la moitié du 19ème siècle. Pareto démontrait (et Roberto Michels plus sûrement encore après lui...) quelles étaient les étapes de l’ascension et du déclin des élites politiques, destinées au bout de trois ou quatre générations à vasouiller ou à se “bonzifier” (Michels). Nous voulions être une nouvelle élite ascendante. Nous voulions bousculer les “bonzes”, leur indiquer la porte de sortie. Naïveté de jeunesse: ils sont toujours là; pire, ils ont coopté les laquais de leur laquais. Nous connaissions moins bien Schmitt à l’époque mais nous devinions que sa définition du “politique” impliquait d’aller à l’essentiel et permettait de trier le bon grain de l’ivraie dans le kaléidoscope des agitations politiques et politiciennes du 20ème siècle: que ce soit sous la république de Weimar, dans le marais politicard de la pauvre Belgique de l’entre-deux-guerres (le “gâchis des années 30” dira le Prof. Jean Vanwelkenhuyzen), dans les turpitudes des Troisième et Quatrième Républiques en France auxquelles De Gaulle, formé par René Capitant, disciple de Carl Schmitt, tentera de mettre un terme à partir de 1958.

 

Première rencontre avec Piet Tommissen dans la rue du Marais à Bruxelles

 

Il y avait donc sur la place de Bruxelles, un professeur d’université qui s’occupait assidûment de ces deux géants de la pensée politique européenne du 20ème siècle. Il fallait donc se procurer ses ouvrages et les lire. J’avais vu une photo du Professeur Tommissen dans un numéro d’ “Eléments” ou dans une autre publication du “Groupe de Recherches et d’Etudes sur la Civilisation Européenne”. Ce visage rond et serein m’avait frappé. J’avais retenu ces traits lisses et doux et voilà qu’en février ou en mars 1975, en sortant des bâtiments réservés aux romanistes et germanistes des Facultés Universitaires Saint-Louis, rue du Marais à Bruxelles, je vois tout à coup le Prof. Piet Tommissen, campé devant l’entrée du 113, à l’époque occupé par la “Sint-Aloysius Handelhogeschool”, où il dispensait ses cours. Il était impressionnant, non seulement par la taille mais aussi, faut-il le dire, par le joyeux embonpoint qu’il affichait, lui qui fut aussi un très fin gourmet et un bon amateur de ripailles estudiantines, ponctuées de force hanaps de blonde cervoise. Je suis allé vers lui et lui ai demandé, sans doute un peu emprunté: “Bent u Prof. Tommissen?”. Une certaine appréhension me tourmentait: allait-il envoyer sur les roses le freluquet que j’étais? Que nenni! Le visage rond et lisse de la photo, ancrée dans le recoin d’une de mes circonvolutions cérébrales, s’est aussitôt illuminé d’un sourire inoubliable, effet d’une sérénité intérieure, d’une modestie et d’une bonté naturelles (et sans pareilles...). Cette amabilité contrastait avec l’arrogance qu’affichaient jadis trop d’universitaires, souvent à fort mauvais escient. Le Prof. Tommissen était à l’évidence heureux qu’un quidam cherchait à se procurer ses ouvrages sur Pareto et Schmitt. Il m’a indiqué comment les obtenir et je les ai achetés.

 

Piet Tommissen et Marc. Eemans

 

Ensuite, plus aucune nouvelle de Tommissen pendant au moins trois longues années. Je le retrouve plus tard dans le sillage de son ami Marc. Eemans, avec qui il avait édité de 1973 à 1976 la revue “Espaces”. Je rencontre Eemans, comme j’ai déjà eu plusieurs fois l’occasion de le rappeler, à l’automne 1978, sans imaginer que le peintre surréaliste et évolien était lié d’une amitié étroite avec le spécialiste insigne de Pareto et Schmitt. L’histoire de cette belle amitié, ancienne, profonde, intense, n’a pas encore été explorée, n’a pas (encore) fait l’objet d’une étude systématique. De tous les numéros d’ “Espaces”, je n’en possède qu’un seul, depuis quelques semaines seulement, trouvé chez l’excellent bouquiniste ixellois “La Borgne Agasse”: ce numéro, c’est celui qui a été consacré par le binôme Tommissen/Eemans à l’avant-gardiste flamand Paul Van Ostaijen, dont on connait l’influence déterminante sur l’évolution future de Marc. Eemans, celui-là même qui deviendra, comme l’a souligné Tommissen lui-même, “un surréaliste pas comme les autres”. A signaler aussi dans les colonnes d’ “Espaces”: une étude de Tommissen sur la figure littéraire et politique que fut l’étonnant Pierre Hubermont (auquel un étudiant de l’UCL a consacré naguère plusieurs pages d’analyses, surtout sur son itinéraire de communiste dissident et sur son socialisme particulier dans un mémoire de licence centré sur l’histoire du “Nouveau Journal”; cf. Maximilien Piérard, “Le Nouveau Journal 1940-1944 - Conservation révolutionnaire et historisme politique – Grandeur et décadence d’une métapolitique quotidienne”; promoteur: Prof. Michel Dumoulin; Louvain-la-Neuve, 2002).

 

“De Tafelronde” et “Kultuurleven”

 

Tommissen, comme Schmitt d’ailleurs, n’était pas exclusivement cantonné dans les sciences politiques ou l’économie: il était un fin connaisseur des avant-gardes littéraires et artistiques, s’intéressait avec passion et acribie aux figures les plus originales qui ont animé les marges enivrantes de notre paysage intellectuel, des années 30 aux années 70. On devine aussi la présence de Tommissen en coulisses dans l’aventure de la fascinante petite revue d’Eemans et de Gaillard, “Fantasmagie”. “Espaces” fut une aventure francophone de notre professeur flamand, par ailleurs très soucieux de maintenir et d’embellir la langue de Vondel. Mais ses initiatives et ses activités dans les milieux d’avant-gardes ne se sont pas limitées au seul aréopage réduit (par les circonstances de notre après-guerre) qui entourait Marc. Eemans. En Flandre, Tommissen fut l’une des chevilles ouvrières d’une revue du même type qu’ “Espaces”: “De Tafelronde”, à laquelle il a donné des articles sur Ernst Jünger, Jean-Paul Sartre, Stefan George, Apollinaire, Edgard Tijtgat, Alfred Kubin, etc. Parallèlement à “Espaces” et à “De Tafelronde”, Piet Tommissen collaborait à “Kultuurleven”, qui a accueilli bon nombre de ses articles de sciences politiques, avec des contributions consacrées à Henri De Man, Carl Schmitt, Vilfredo Pareto et des notules pertinentes sur Thom et sa théorie des catastrophes, sur René Girard, Rawls et Baudrillard, sans oublier Heidegger, Theodor Lessing et Otto Weininger.

 

“Dietsland Europa”

 

Tommissen n’avait pas peur de “se mouiller” dans des entreprises plus audacieuses sur le plan politique comme “Dietsland-Europa”, la revue du “flamingant de choc”, un coeur d’or sous une carapace bourrue, je veux parler du regretté Bert Van Boghout qui, souvent, par ses aboiements cinglants, ramenait les ouailles égarées vers le centre du village. On sait le rôle joué par des personnalités comme Karel Dillen, futur fondateur du “Vlaams Blok”, et par le Dr. Roeland Raes, dans le devenir de cette publication qui a tenu le coup pendant plus de quarante années sans faiblir. Tommissen et moi, nous nous sommes ainsi retrouvés un jour, en l’an de grâce 1985, au sein de la rédaction d’un numéro spécial de la revue de Van Boghout sur Julius Evola, dossier qui sera repris partiellement par la revue évolienne française “Totalité” de Georges Gondinet. C’était au temps béni du meilleur adjoint que Van Boghout ait jamais eu: l’étonnant, l’inoubliable Frank Goovaerts, qui pratiquait les arts martiaux japonais jusque dans l’archipel nippon, traversait chaque été la France en moto, jouait au bridge comme un lord anglais et était ouvrier sur les docks d’Anvers; il fut assassiné dans la rue par un dément en 1991. Dans les colonnes de “Dietsland-Europa”, Tommissen a évoqué son cher Carl Schmitt, qui le méritait bien, le livre de Bertram sur Nietzsche, Hans Freyer (dont on ne connait que trop peu de choses dans l’espace linguistique francophone), Pareto, les courants de droite sous la République de Weimar, la théorie schmittienne des grands espaces et la notion évolienne de décadence.

 

L’appel de Carl Schmitt: devenir des “Gardiens des Sources”

 

Au cours de cette période —j’ai alors entre 18 et 24 ans— j’apprends, sans doute de la bouche d’Eemans, que la Flandre, et plus particulièrement l’Université de Louvain, avait connu pendant l’entre-deux-guerres, à l’initiative du Prof. Victor Leemans, une “Politieke Academie”, dynamique think tank focalisé sur tous les thèmes de la sociologie et de la politologie qui nous intéressaient. Tommissen s’est toujours voulu incarnation de l’héritage, réduit à sa seule personne s’il le fallait et s’il n’y avait pas d’autres volontaires, de cette “Politieke Academie”. Il a oeuvré dans ce sens, en laissant un maximum de traces écrites car, on le sait, “les paroles s’envolent, les écrits restent”. C’est la raison pour laquelle il est resté un “octogénaire hyperactif”, comme le soulignait très récemment Peter Wim Logghe, rédacteur en chef de “Teksten , Kommentaren en Studies”. Pourquoi? Parce que, dans ses “Verfassungsrechtlichen Aufsätze” et plus particulièrement dans la 5ème subdivision de la 17ème partie de ce recueil, intitulée “Savigny als Paradigma der ersten Abstandnahme von der gesetzesstaatlichen Legalität”, Carl Schmitt a réclamé, non pas expressis verbis mais indirectement, l’avènement d’une sorte de centrale intellectuelle et spirituelle, qu’il évoquait sous le nom poétique de “Hüter der Quellen”, “les Gardiens des Sources”. Voilà ce que Tommissen a voulu être: un “Gardien des Sources”, dût-il se maintenir à son poste comme le soldat de Pompéi ou d’Herculanum, en dépit des flots de lave qui s’avançaient avec fureur face à lui. Quand la lave refroidit et se durcit, on peut en faire de bons pavés de porphyre, comme celui de Quenast. Avec la boue “enchimiquifiée” et les eaux résiduaires de la société de consommation, on tuera jusqu’à la plus indécrottable des chienlits. Petite méditation spenglerienne et pessimiste...

 

La “Politieke Academie”

 

Nous aussi, nous interprétions, sans encore connaître ce texte fondamental de Schmitt, notre démarche métapolitique, au dedans ou en dehors de la “nouvelle droite”, peu importait, comme une démarche de “gardien des sources”. Alors qu’avons nous fait? Nous avons entamé une recherche de textes émanant de cette “Politieke Academie” et de ce fascinant Prof. Leemans. Nous avons trouvé son Sombart, son Marx, son Kierkegaard, que nous comparions aux textes sombartiens édités par Claudio Mutti et Giorgio Freda en Italie, aux rares livres de Sombart encore édités en Allemagne, notamment chez DTV; nous cherchions à redéfinir les textes marxiens à la lumière des dissidents de la IIème et de la IIIème Internationales (Lassalle, Dühring, De Man,...). Mais la “Politieke Academie” avait des successeurs indirects: nous plongions dans les trois volumes de monographies didactiques sur la vie et l’oeuvre des grands sociologues contemporains que la célèbre collection “Aula” offrait à la curiosité des étudiants néerlandais et flamands (“Hoofdfiguren uit de sociologie”); seul germaniste dans le groupe, j’ajoutais les magnifiques ouvrages de Helmut Schoeck (dont: “Geschichte der Soziologie – Ursprung und Aufstieg der Wissenschaft von der menschlichen Gesellschaft”). Tout cela constituait un complexe de sociologie et de sciences politiques tonifiant; avec cela, nous étions à des années-lumière des petits exercices insipides de statistiques étriquées et de meccano “organisationnel” à l’américaine, nappé de la sauce vomitive du “politiquement correct”, qu’on propose aujourd’hui aux étudiants, en empêchant du même coup l’avènement d’une nouvelle élite, prête à amorcer un nouveau cycle sociologique parétien, en coupant l’herbe sous les pieds d’avant-gardistes qui sont tout à la fois révolutionnaires et “gardiens des sources”.

 

A cette époque de grande effervescence intellectuelle et de maturation, nous avons rencontré le Professeur Tommissen à la tribune du “Centro Studi Evoliani” de Marc. Eemans, où il a animé une causerie sur Pareto et une autre sur Schmitt. Nous connaissions mieux Pareto grâce à l’excellent ouvrage de Julien Freund sur le sociologue et économiste italien, paru à l’époque chez Seghers. Notre rapport à Schmitt, à l’époque, était indirect: il passait invariablement par l’ouvrage de Freund: “Qu’est-ce que le politique?”. De Carl Schmitt lui-même, nous ne disposions que de “La notion du politique”, publié chez Calmann-Lévy, grâce à l’entremise de Julien Freund, sans que nous ne connaissions véritablement le contexte de l’oeuvre schmittienne. Celle-ci n’était accessible que via des travaux académiques allemands, difficilement trouvables à Bruxelles. Finalement, j’ai obtenu les références nécessaires pour aller commander les ouvrages-clefs du “solitaire de Plettenberg” chez ce cher librairie de la rue des Comédiens, au coeur de la vieille ville de Bruxelles. Résultat: une ardoise, alors considérable, de 5000 francs belges, que mon père est allé apurer, tout à la fois catastrophé et amusé. Une bêtise d’étudiant, à ses yeux... Nous étions au printemps de l’année 1980 et une partie de l’ardoise (il n’y avait pas seulement les 5000 francs résiduaires payés par mon géniteur...) avait été généreusement offerte par le Bureau de traduction de Mr. Singer, chez qui j’avais effectué mon stage pratique obligatoire de fin d’études. Singer, germanophone issu de la communauté israélite berlinoise, aimait les étudiants qui avaient choisi la langue allemande: il voulait toujours leur offrir des livres qui exprimaient la pensée nationale allemande, sinon des ouvrages qui communiquaient à leurs lecteurs l’esprit prussien de discipline. Quand je lui ai suggéré de me financer du Carl Schmitt, Singer, déjà octogénaire et toujours sur la brèche, était enchanté. Et voilà comment, de Tommissen à Singer, et de “Over en in zake Carl Schmitt” jusqu’à la pharamineuse commande au libraire de la rue des Comédiens, a commencé mon itinéraire personnel de schmittien en herbe. Inutile de préciser, que cet itinéraire est loin d’être achevé...

 

“Nouvelle école”: Tommissen à mon secours

 

En 1981, très exactement à la date du 15 mars, je débarque avec mes parents et mes bagages à Paris, où me reçoivent les amis Gibelin et Garrabos. J’étais devenu le secrétaire de rédaction de “Nouvelle école”, la très belle revue de l’inénarrable et fantasque de Benoist. Celui-ci, avec l’insouciance et l’impéritie de l’autodidacte parisien prétentieux, avait décidé de me faire fabriquer des numéros de “Nouvelle école” sur Pareto et sur Heidegger. C’est évidemment de la candeur de journaliste. Comment peut-on demander à un galopin de tout juste 25 ans, qui n’a pas étudié les sciences politiques ou la philosophie, de fabriquer de tels dossiers en un tourne-main? Tout simplement parce qu’on est un farfelu. Mais, moi, on ne m’a jamais appris à discuter, d’ailleurs Schmitt abhorrait la discussion à l’instar de Donoso Cortès. Il fallait obéir aux ordres et aux consignes: il fallait agir et produire ce qu’il fallait produire. Donc il a bien fallu que je m’exécute, sans trop gaffer. Comment? Eh bien, en m’adressant aux deux seules personnes, que je connaissais, qui avaient pratiqué Pareto à niveau universitaire: Bernard Marchand et Piet Tommissen! Bernard Marchand avait rédigé un mémoire à l’UCL sur les néo-machiavéliens, tels que James Burnham les avait présentés. Il nous a livré, à titre d’introduction, une version adaptée et complétée de son mémoire. Tommissen est ensuite venu à mon secours et m’a confié des textes de lui-même et d’un certain Torrisi. Guillaume Faye, plus branché sur les sciences politiques, a commis un excellent texte sur la notion de doxanalyse qu’il avait tiré de sa lecture très attentive des oeuvres de Jules Monnerot. D’où: première mission accomplie! Réaction grognone de de Benoist, dans l’affreux bouge dégueulasse de restaurant, qui se trouvait à côté des bureaux du GRECE, rue Charles-Lecocq dans le 15ème, et où il avait l’habitude de se “restaurer”: “C’est la colonisation belge... Je vais finir par m’appeler Van Benoist et, toi, Guillaume, tu t’appeleras Van Faye...”. Il ne manquait plus que “Van Vial” et “Van Valla” au tableau... Après cette parenthèse parisienne, où les anecdotes truculentes et burlesques ne manquent pas, il fallait que j’accomplisse mon service militaire et que je mette la  dernière main à mon mémoire de fin d’études, commencé en 1980.

 

La défense orale de mon mémoire: encore Tommissen à mon secours!

 

Vu la maladie puis le départ à la retraite de mon promoteur de mémoire, Albert Defrance, je ne présente mon pensum au jury qu’en septembre 1983. Ce n’est pas un mémoire transcendant. Ecole de traduction oblige, il s’agit d’une modeste traduction, annotée, justifiée et explicitée dans son contexte. Mais elle entrait dans le cadre des sciences politiques, telles que nous les concevions. Au début, j’avais souhaité traduire un des ouvrages de Helmut Schoeck mais ceux-ci étaient tous trop volumineux pour un simple mémoire dit de “licence” (selon le vocabulaire belge, avant l’introduction du vocabulaire de Bologne). Finalement, le seul ouvrage court brossant un tableau intéressant des pistes sociologiques et politologiques que nous aimions explorer était celui d’Ernst Topitsch et de Kurt Salamun sur la notion d’idéologie. Mais problème: Defrance s’intéressait à la question mais il n’était plus là. Mon cher professeur de grammaire allemande, Robert Potelle, reprend le flambeau mais avoue, avec la trop grande modestie qui le caractérise, qu’il n’est pas habitué à manier le vocabulaire propre à ces disciplines. Frau Costa, notre professeur d’histoire allemande, fait preuve de la même modestie exagérée (“Wie haben Sie einen solchen Wortschatz meistern können?”), alors que son cours sur le passage de Weimar au national-socialisme, avec la fameuse “Ermächtigungsgesetz” fut une excellente introduction à une problématique abordée par Schmitt. Que faire? Comment trouver un universitaire germanophone spécialisé dans la thématique? C’est simple: appeler Tommissen pour qu’il soit l’un de mes lecteurs extérieurs. Rendez-vous est pris à Grimbergen, dans le foyer, antre et bibliothèque de notre professeur. Tommissen accepte: il aime la clarté et la concision de Topitsch et Salamun. Lors de la défense orale, Tommissen aiguille le débat sur une note, que j’avais ajoutée, sur la notion wébérienne de “Wertfreiheit”. Ce terme est intraduisible en français. Seul Julien Freund avait forgé une traduction acceptable: “neutralité axiologique”. En effet, si je suis “libre”, donc “frei” donc en état de “liberté”, de “Freiheit”, et si je suis dépourvu de tout “jugement impromptu de valeur”, donc si je suis “neutre”, quand j’observe une réalité sociologique ou politique, qui, elle, véhicule des valeurs, je suis en bout de course “libre de toute valeur”, donc “axiologiquement neutre”, chaque fois que je pose un regard scientifique sur un phénomène social ou politique. Weber plaçait aussi cette notion de “Wertfreiheit” dans le contexte de sa distinction entre “éthique de la responsabilité” (“Verantwortungsethik”) et “éthique de la conviction” (“Gesinnungsethik”). Ni l’une ni l’autre ne sont dépourvues de “valeur” mais la responsabilité implique un recul, un usage parcimonieux et raisonnable des ressources axiologiques tandis que la conviction peut, le cas échéant, déboucher sur des confrontations et des blocages, des paralysies ou des déchaînements, justement par absence de recul et de parcimonie comportementale.

 

Voilà ce que j’ai pu répondre, en bon allemand, et ainsi obtenir une distinction. Je la dois indubitablement à l’ascendant de Tommissen et à sa manière habile de poser effectivement la question principale qu’il convenait de poser face à ce mémoire, modeste traduction.

 

La bibliothèque de Grimbergen

 

L’un des premiers textes de Piet Tommissen fut un récit de son voyage, avec son épouse Agnès, chez Carl Schmitt, à Plettenberg en Westphalie. Avec grande tendresse, Tommissen a décrit ce voyage, la réception profondément amicale que lui avait prodiguée Carl Schmitt. A mon tour de raconter aussi deux ou trois impressions de ma visite à Grimbergen, pendant l’été 1983: accueil chaleureux d’Agnès et Piet Tommissen, visite de la bibliothèque. Dans la pièce de séjour, il y avait ce fauteuil du maître des lieux, tout entouré d’étagères construites sur mesure, croulant sous le poids des livres du mois, potassés pour écrire le prochain article ou essai. Tout, dans la maison, était agencé pour faciliter la lecture. La bibliothèque de Grimbergen était fabuleuse: elle mérite bien la comparaison avec les autres grandes bibliothèques privées que j’ai eu l’occasion de visiter: celle d’Alain de Benoist évidemment; celle de Mohler, vue à Munich en plein été torride de 1984; celle, luxuriante et chaotique de Pierre-André Taguieff, véritable labyrinthe où évoluait un gros chat teigneux et espiègle; celle, somptueuse, dans la villa de Miglio, vue en mai 1995 à Côme et celle de Peter Bossdorf, la plus magnifiquement agencée, vue en automne 2010. Cette évocation des grandes bibliothèques est évidemment un clin d’oeil à Tommisen: celui-ci s’enquerrait toujours des livres achetés par ses hôtes et leur demandait d’évoquer leurs bibliothèques...

 

Pierre-André Taguieff à Bruxelles

 

Plus tard, début des années 90, quand Pierre-André Taguieff préparait son ouvrage “Sur la nouvelle droite”, paru en 1994 chez Descartes & Cie, il avait sollicité un rendez-vous avec Tommissen et avec moi-même: le soir de cette journée, nous avons dîné dans un restaurant minuscule, uniquement destiné aux gourmets, en compagnie de mon camarade Frédéric Beerens et d’un majestueux ami de Tommissen, affublé d’une énorme barbe rousse qui lui couvrait un poitrail de taureau. Discussion à bâtons rompus, surtout entre Taguieff et Tommissen sur la personnalité de Julien Freund. On reproche à Taguieff certains travaux jugés inquisitoriaux sur la “nouvelle droite” ou sur les mouvements populistes (l’ouvrage de Taguieff sur “L’illusion populiste” est d’ailleurs le plus faible de ses ouvrages: les chapitres concernant la Flandre et l’Autriche ne comportent aucune référence en langue néerlandaise ou allemande!). Mais il faut rendre hommage au philosophe qui a critiqué le “bougisme” contemporain et a assorti cette critique d’un appel à la résistance de toutes les forces politiques qui n’entendent pas s’aligner sur les poncifs dominants. Ensuite, l’oeuvre majeure de Pierre-André Taguieff, “L’effacement de l’avenir” deviendra indubitablement un grand classique: on y découvre un excellent constat de faillite du “progrès”, une critique extrêmement pointue du présentisme ainsi qu’une critique fort pertinente des nouvelles formes de fausse démocratie qui ne sont, explique Taguieff, que des “expertocraties”. On peut évoquer ici le “double langage” de Taguieff, non pas au sens orwellien du terme, où la “liberté” serait l’ “esclavage”, mais dans le sens où nous avons affaire à un théoricien en vue de la gauche mitterrandienne et post-mitterrandienne, obsédé par le joujou “racisme” comme il y avait un “joujou nationalisme” du temps de Rémy de Gourmont, un intellectuel post-mitterrandien qui a pondu une triclée de travaux sur cette notion-joujou qui n’a pas d’autre existence ou de statut que ceux de “bricolages médiatiques”; au fond: s’il existe à l’évidence des préjugés raciaux, cela n’empêchera nullement le pire des racistes de trouver un jour son bon “nègre”, son “bon arbi” ou son juif favori. Même le Troisième Reich recrutait Blancs, Blacks et Beurs, et Indiens bouddhistes, hindouistes, musulmans ou sikhs, pourvu qu’il s’agissait de lutter contre la ploutocratie britannique. Et le plus acharné des anti-racistes fulminera un jour contre un représentant quelconque d’une autre race que la sienne ou sera agité par un prurit antisémite; dans la vie quotidienne les exemples sont légion. Quant aux Blancs, ils sont tout aussi victimes de préjugés raciaux que les autres.

 

Taguieff situe ses propres travaux sur le racisme et l’anti-racisme dans le cadre d’un axe de recherches inauguré par l’Américain Gordon W. Allport (“The Nature of Prejudice”, 1ère éd., 1954): le danger que recèle ce genre de démarche, qui est propre à un certain libéralisme totalitaire, est d’amorcer une critique des “préjugés” qui amènera à un rejet puis à un arasement des “valeurs”, posées derechef comme des “irrationalités” à gommer, des  valeurs sans lesquelles aucune société ne peut toutefois fonctionner, sans lesquelles toute société devient, pour reprendre la terminologie du Prof. Marcel De Corte, principal collaborateur d’Eemans au temps de la revue “Hermès” (1933-1939), une “dissociété”. Taguieff est conscient de ce danger car son idéologie “républicaine” (certes plus nuancée que les insupportables vulgates que l’on entend ânonner à longueur de journées) n’est pas dépourvue de “valeurs”, notamment de “valeurs citoyennes”, qui risquent l’arasement au même titre que les valeurs catholiques, conservatrices ou “raciques” (dans la mesure où elles sont vernaculaires), pour le plus grand bénéfice de l’idéologie présentiste qui conçoit la société non pas comme une communauté de destin mais comme un supermarché. Taguieff est donc ce penseur post-mitterrandien, qui a partagé l’illusion de la grande foire multiraciale annoncée par les “saturnales de touche-pas-à-mon-pote” (dixit Louis Pauwels), et, simultanément, le penseur d’une “nouvelle révolution conservatrice” à la française, une “révolution conservatrice” qui critique de fond en comble la notion fétiche de progrès. C’est en ce sens que j’ai voulu présenter ses ouvrages lors d’une université d’été de “Synergies Européennes” en Basse-Saxe. Taguieff mérite maintenant plus que jamais ce titre de “théoricien révolutionnaire-conservateur” car il a oeuvré d’arrache-pied pour poursuivre, défendre et illustrer l’oeuvre de Julien Freund. Quant à la critique des préjugés, mieux vaut se plonger dans les écrits et les pamphlets de ceux qui luttent contre le festivisme (Philippe Muray), facteur d’un impolitisme total, ou contre les vrais préjugés et débilités du “politiquement correct” comme Elizabeth Lévy, Emmanuelle Duverger ou Robert Ménard. Ce sont là critiques bien plus tonifiantes.

 

Après le dîner avec Tommissen et son ami barbu, Beerens et moi avons ramené notre bon Taguieff à son hôtel: n’ayant pas le coffre et l’estomac breugheliens comme les nôtres, il est revenu de nos agapes en état de franche ébriété; sur la banquette arrière de la petite Volkswagen de Beerens, il émettait de joyeuses remarques: “je suis un être dédoublé, ha ha ha, un bon joueur d’échecs, hi hi hi, je parle avec tout le monde, hu hu hu, et je roule tout le monde, ha ha ha!”. Enfin un intellectuel parisien qui se comportait comme nos joyeux professeurs qui manient allègrement la chope de bière, comme Tommissen ou l’angliciste Heiderscheidt, ou comme l’heideggerien Gadamer, qui participait, presque centenaire, aux canti de ses étudiants et tenait à respecter les règles des festivités estudiantines. Dommage que Taguieff ne soit pas resté longtemps ou ne soit jamais revenu: on en aurait fait un bon disciple de Bacchus et du Roi Gambrinus! En réalité, c’est vrai, il est un “être dédoublé”, in vino veritas, mais il ne “roule” pas tout le monde, il séduit tout le monde, tant les tenants de la gôôôche de toujours que les innovateurs qui puisent dans le vrai corpus de la “révolution conservatrice”!

 

La Foire du Livre à Francfort

 

Mais où Tommissen était le plus présent, sans y être physiquement, c’était à la Foire du Livre de Francfort, que j’ai visitée de 1984 à 1999, ainsi qu’en 2003. Pour moi, la Foire du Livre de la métropole hessoise a toujours été “maschkinocentrée”, c’est-à-dire centrée autour de la truculente personnalité de Günter Maschke, cet ancien révolutionnaire de mai 68, devenu schmittien, un des plus grands schmittiens de la Planète Terre au fil du temps. Et qui dit Günter Maschke, dit Carl Schmitt et tout l’univers des schmittiens. Après avoir arpenté pendant toute la journée les énormes halls de la Foire, nous nous retrouvions fourbus le soir chez Maschke, pour discuter de tout, mais pas dans une ambiance compassée, faite de sérieux papal: nous avons sorti les pires énormités, en riant comme des collégiens ou des soudards qui venaient d’achever une bataille. A la table, outre le grand expert militaire suisse Jean-Jacques Langendorf, et le Dr. Peter Weiss, directeur de la maison d’édition “Karolinger Verlag”, nous avions très souvent le bonheur d’accueillir le grand philosophe grec Panayotis Kondylis et l’écrivain allemand Martin Mosebach. Dans ces joyeuses retrouvailles annuelles, Maschke évoquait toujours Tommissen avec le plus grand respect. En effet, de 1988 à 2003, Piet Tommissen a publié ses miniatures sur Carl Schmitt dans la série “Schmittiana”, chez le prestigieux éditeur berlinois Duncker & Humblot, acquerrant la célébrité dans l’univers restreint des bons politologues, qui sont tous, évidemment, des schmittiens, où qu’ils vivent sur le globe! Le système Tommissen, celui de la note pertinente, y a fait merveille: en quoi consiste l’excellence de ce système? Eh bien, il aiguille le train de la recherche vers des voies souvent insoupçonnées. Schmitt a rencontré telle personnalité, lu tel livre, participé à tel colloque: Tommissen explicitait en peu de mots l’intérêt de cette rencontre, de cette lecture ou de cette participation pour le reste ou la suite de l’oeuvre et ouvrait simultanément des perspectives nouvelles et inédites sur la personnalité rencontrée, l’auteur du livre lu par Schmitt ou les organisateurs du colloque qui avait bénéficié de sa participation. La même méthode vaut bien entendu pour Eemans et le champs énorme que celui-ci a couvert en tant que peintre avant-gardiste, éditeur de revues originales, historien de l’art. On a pu se moquer de cette méthode: à première vue et pour un esprit borné, elle peut paraître désuète mais, à l’analyse, elle porte des fruits insoupçonnés. Enfin, en 1997, nous avons pu célébrer la parution de “In Sachen Carl Schmitt” auprès de “Karolinger Verlag”, avec une analyse des textes satiriques de Carl Schmitt et une autre sur la correspondance Schmitt/Michels.

 

Alberto Buela et Horacio Cagni à Bruxelles

 

J’ai eu aussi le bonheur de recevoir un jour à Bruxelles le Dr. Alberto Buela et le Dr. Horacio Cagni du CNRS argentin. Ils voulaient voir trois personnes: Tommissen, dont ils n’avaient pas l’adresse, Christopher Gérard, l’éditeur de la revue “Antaios”, et moi-même. Ce ne furent que joie et libations. D’abord en l’estaminet aujourd’hui disparu que fut “Le Père Faro” à Uccle, ensuite sur la terrasse de “chez Karim”, Place de l’Altitude Cent, où la faconde de Buela, philosophe, professeur d’université, sénateur et rancher argentin, fascinait les autres clients et même les passants qui s’arrêtaient et commandaient un verre de vin, pour avoir l’insigne plaisir de l’entendre discourir! Bref, comme me disait en juin dernier un animateur de la radio “Méridien Zéro” (Paris): la métapolitique par la joie ! “Metapolitik durch Freude”! Le lendemain: à quatre, Buela, Cagni, Gérard et moi, nous prenions le train vers Vilvorde, où nous attendait Tommissen pour nous véhiculer jusqu’à Grimbergen. Nouvelle visite de la bibliothèque où le maître des lieux me montre une collection complète de mes “Orientations”, magnifiquement reliée et placée dans la bibliothèque aux côtés d’autres revues du même acabit. Et toujours le fauteuil, entouré d’étagères sur mesure... Ensuite, libations dans une salle jouxtant l’Abbaye et la Collégiale Saint Servais de Grimbergen: les bières de l’Abbaye, généreusement offertes par Tommissen, ont coulé dans nos gosiers. Thème du fructueux débat entre Tommissen et Buela: Carl Schmitt et l’Amérique latine. On sait que Buela écrit inlassablement des articles philosophiques à dimensions véritablement politiques (au sens de Schmitt et de Freund),  et qui gardent une mesure grecque, au départ d’auteurs hispaniques, marqués par la tradition espagnole et par l’antilibéralisme de Donoso Cortès, qui ont tant fasciné Carl Schmitt.

 

Visite à Uccle

 

Après la mort prématurée de son épouse Agnès, Tommissen, au fond, était inconsolable. La grande maison de Grimbergen était devenue bien vide, sans la bonne fée du foyer. Notre professeur a pris alors la décision de s’établir à Uccle, dans un complexe résidentiel pour seniors, où il s’est acheté un studio, dans lequel il a empilé la quintessence de sa bibliothèque. Là il rédigera ses “Buitenissigheden”, ses “Extravagances”, et sans doute les dernières livraisons de ses “Schmittiana”. Je lui ai rendu visite deux fois, d’abord avec ma future épouse Ana, ensuite avec mon fils. Lors de notre première visite, il m’a offert ses “Nieuwe Buitenissigheden”, avec de la matière à traiter fort bientôt car, en effet, ce petit volume aux apparences fort modestes, contient trois thématiques qui m’intéressent: Wies Moens comme avant-gardiste et “révolutionnaire conservateur” flamand et nationaliste. Un auteur qui fascinait également Eemans et a sans doute contribué à déterminer ses choix, quand il entra en dissidence définitive et orageuse par rapport au groupe surréaliste bruxellois, autour de Magritte, Mariën, Scutenaire et les autres. Il me reste à travailler cette matière “Moens” et à l’exposer un jour au public francophone. Deuxième thématique: la “Politieke Academie”, dont il s’agira de réactiver les projets jusqu’à la consommation des siècles. Troisième thématique: la théorie de Brück, qui fascinait les rois Albert I et Léopold III, et qui sous-tend une variante du “suprématisme” anglo-saxon. Mais, infatigable, et porté par la ferme volonté d’écrire jusqu’à son dernier souffle, pour témoigner, révéler, arracher à l’oubli ce que ne méritait pas de l’être, Tommissen avait également sorti en 2005, “Driemaal Spengler”, un recueil de trois maîtres articles sur Oswald Spengler, parmi lesquels une étude sur la réception de l’auteur du “Déclin de l’Occident” en Flandre. La réception, lors de cette première visite à l’appartement d’Uccle, fut joviale. Notre professeur était au mieux de sa forme.

 

Juillet 2011: ultime visite

 

Notre dernière visite, début juillet 2011, cinq semaines avant sa disparition et sous une chaleur caniculaire, avait pour objet premier de lui communiquer, entre autres documents, une copie d’un entretien que l’on m’avait demandé sur Marc. Eemans et le “Centro Studi Evoliani”. Cet entretien se référait souvent à la monographie que Tommissen avait consacrée au “surréaliste pas comme les autres”. Cet entretien a plu à beaucoup de monde, y compris au nationaliste révolutionnaire évolien Christian Bouchet et à l’inclassable post-communiste Alain Soral qui l’ont immédiatement affiché sur leurs sites respectifs. Pour définir les positions d’Eemans dans cet univers avant-gardiste et surréaliste, je ne pouvais pas trouver de meilleur inspirateur que Tommissen. J’ai trouvé notre Professeur assez fatigué mais il faut dire aussi que l’après-midi de notre visite était particulièrement chaud, lourd et malsain. La conversation s’est déroulée en trois volets: Eemans et les cercles politico-littéraires ou politico-philosophiques des années 30 en Belgique, avec surtout la présence à Pontigny de Raymond De Becker qui y évoqua le néo-socialisme de De Man et Déat, un thème récurrent dans les recherches de Tommissen; le cercle “Communauté” fondé par Henry Bauchau et De Becker; leur “académie” à laquelle participait Marcel De Corte, également collaborateur de la revue “Hermès” d’Eemans; l’évolution de Bauchau et De Becker vers la psychanalyse jungienne (et les retombées de cet engouement sur Hergé) et la participation de De Becker à la revue “Planète” de Louis Pauwels. Sans compter l’impasse dans laquelle s’est retrouvée l’intelligentsia “conservatrice” ou “révolutionnaire-conservatrice” ou “non-conformiste des années 30” en Belgique, à partir du moment où l’Action Française de Maurras est condamnée par le Vatican en 1926; pour remplacer l’idole Maurras, désormais à l’index, une partie de cette intelligentsia va changer de gourou et adopter Jacques Maritain. Les vicissitudes de cette transition, que n’a pas vécu l’intelligentsia flamande, expliquent sans doute le peu de rapports entre les intellectuels des deux communautés linguistiques, ou le caractère très ténu de leurs références communes. Enfin, l’étude de Tommissen sur le rapport entre Francis Parker Yockey et la chorégraphe flamande Elsa Darciel (cf. euro-synergies.hautetfort.com/ ). Au cours de l ‘entretien, mon fiston et moi-même fûmes gâtés: deux volumes autobiographiques de Tommissen (“Een leven vol buitenissigheden”) et un volume avec la bibliographie complète des oeuvres de notre professeur. Deuxième volet: Tommissen n’a cessé d’interroger mon fils sur les innovations à la KUL, sur l’état d’esprit qui y règne, sur les matières qui y sont enseignées, etc. Troisième volet, avec mon épouse; Tommissen n’importunait jamais les dames avec ses engouements politiques ou philosophiques, il passait aux thèmes de la vie quotidienne et de la famille. Il nous a dit: “Aimez-vous et profitez des bons côtés de la vie”. Ce fut notre dernière rencontre.

 

Nous avions promis de nous revoir en septembre pour poursuivre nos conversations: cette année les voies du dépaysement estival nous ont menés tour à tour en Zélande, dans l’Eifel et les Fagnes, au Cap Blanc-Nez et sur la côte d’Opale, dans la Baie de la Somme, à Oslo, dans les Vosges et en Franche-Comté, sur le Chasseral suisse et sur les bords du Lac de Neuchâtel. Le 21 août, deux jours après notre retour de cette escapade dans le Jura, Piet Tommissen s’éteignait à Uccle. Une magnifique et émouvante cérémonie a eu lieu à Grimbergen le 26 août, ponctuée par le “Gebed aan ’t Vaderland”.

 

Avec la disparition de Piet Tommissen, ce sont des pans entiers de souvenirs, de la mémoire intellectuelle de la Flandre, qui disparaissent. Mais, avec lui, une chose est sûre: nous savons ce que nous devons faire jusqu’à notre dernier souffle de vie. Nous devons témoigner, lire, recenser, repérer des anecdotes en apparence futiles mais qui expliquent les transitions, notamment les transitions qui partent de la gauche officielle pour aboutir à des gauches non conformistes comme celles que parcoururent Pierre Hubermont ou Walter Dauge en Wallonie, celles qu’empruntèrent Eemans ou Moens qui, tous deux, mêlent étroitement avant-gardes, militantisme flamand et engouements philosophiques traditionnels. Nous devons aussi rester des schmittiens, attentifs à tous les aspects de l’oeuvre du “catholique prussien du Sauerland”. Car il s’agit de demeurer, envers et contre toutes les déchéances, tous les impolitismes et tous les festivismes, des “Gardiens des sources”.

 

En attendant, nous devons encore dire “Merci! Mille mercis!” à Piet Tommissen, pour sa gentillesse et pour son érudition.

 

Robert STEUCKERS.

Rédigé, grande tristesse au coeur, à Forest-Flotzenberg, le 4 septembre 2011.

mardi, 30 août 2011

Krantenkoppen - Augustus 2011 (4)

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Krantenkoppen
 
Augustus 2011 (4)
 
SOMALIE: MERCI, MAIS NOUS AVONS DEJA AMPLEMENT DONNE ...:
"Au moment où une intense campagne vise à préparer les esprits à une intervention, il est impératif de donner les clés du problème somalien":
http://bernardlugan.blogspot.com/2011/07/somalie-merci-mais-nous-avons-deja.html
 
 
NON A UNE PENSEE UNIQUE NEOCONSERVATRICE ET PRO-ISRAELIENNE!
"Le pluralisme de la presse et la liberté d’expression sont certainement plus grands ici a Beyrouth qu’à Paris": http://www.geostrategie.com/990/richard-labeviere-non-a-une-pensee-unique-neoconservatrice-et-pro-israelienne/
 
 
MON CHEMIN DE DAMAS (PAR CHRISTIAN BOUCHET):
"Du 3 au 12 août dernier, j’ai séjourné en Syrie. Alors que les agences de presse occidentales présentent ce pays comme en proie à une répression féroce et à une guerre civile larvée, je n’y ai rien vu de tel":
http://www.voxnr.com/cc/a_la_une/EFEFulAAFplzsmppaQ.shtml
 
 
NOAM CHOMSKY:"ACADEMISCHE VRIJHEID IN LEVENSGEVAAR  DOOR AGRESSIE VAN DE GROTE BEDRIJVEN":
"Als de VS hetzelfde systeem voor gezondheidszorg zou hebben als andere geïndustrialiseerde landen, dan zou er niet alleen geen deficit zijn, er zou zelfs een overschot zijn":
http://www.dewereldmorgen.be/artikels/2011/08/10/noam-chomsky-academische-vrijheid-in-levensgevaar-door-agressie-van-de-grote-bed
 
 
WAAR IS HET BANKENDEBAT?
"Met dank aan een toezichthouder die de eigen status liet afhangen van het mondiale marktaandeel van haar kampioenen en in ruil voor groei veel door de vingers zag (...), heeft de crisis ons pakweg 27% van ons jaarinkomen gekost":
http://www.ftm.nl/followleader/waar-is-het-bankendebat.aspx
 
 
DE 6 CRISISEN VAN ONZE TIJD:
"Eigenlijk moeten we spreken van meerdere crisissen, die allemaal samen nog lang zullen doorwegen":
http://www.demorgen.be/dm/nl/2461/De-Gedachte/article/detail/1307247/2011/08/20/De-zes-crisissen-van-onze-tijd.dhtml
 
 
CHAVEZ WITHDRAWS GOLD RESERVE FROM TROUBLED AMERICAN AND EUROPEAN BANKS:
 
 
GEVANGEN IN JE WOONKREDIET:
"Als klant heb je eigenlijk geen keuze meer. Het is voorwaarden aanvaarden of geen betaalbare lening krijgen":
http://www.standaard.be/artikel/detail.aspx?artikelid=MH3E8K8U
 

lundi, 29 août 2011

Krantenkoppen - Augustus 2011 (3)

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Krantenkoppen
 
Augustus 2011 - 3
 
LA BIELORUSSIE ASSIEGIEE:
"Des camps de formation informatique financés par les USA accueillent des militants dits de la “société civile” – c’est-à-dire, de l’opposition – en provenance de pays dont les gouvernements ne sont pas appréciés des USA. Le but affiché en est la 'démocratique', ou plus exactement, les révolutions de couleur et le changement de régime":
http://www.mondialisation.ca/index.php?context=va&aid=25959
 
 
COLORED REVOLUTIONS AND 'REGIME CHANGE': WASHINGTON ATTEMPTS TO DESTABILIZE BELARUS:
"Belarus has developped gradually into a strong socially-oriented market economy with the highest growth rate in the CIS even during its current financial troubles (according to the CIS Interstate Statistical Committee, between January and... April 2011 Belarusian industry grew 12.9% year-on-year), while still maintaining its free health care, job protection, social services, retirement programs, low unemployment, state-subsidized housing and utilities, and high level of education. This is one reason why the country is naturally in the line of fire of the West, whose bankrupt governments are now obsessively telling their citizens that “there is no alternative”: we must drastically decrease or kill pensions and other social programs, fire government employees, flexibilize the work force, privatize education, health care, infrastructure and everything possible, etc. etc.

Located just next door to crisis-stricken Europe, Belarus is more than a thorn in its side; it is living proof that European and American neoliberal propaganda is only lies."
 
 
IRAN READY TO SEND PEACEKEEPERS TO UK:
“If the UN General Assembly approves, the Basij Organization is ready to send Ashura and al-Zahra brigades to Liverpool and Birmingham as peacekeepers to monitor observation of human rights laws and deter use of force”:
http://www.presstv.ir/detail/193467.html
 
 
AHMADINEDJAD ROEPT VN-VEILIGHEIDSRAAD OP TE HANDELEN TEGEN ENGELSE RELLEN:
"De Iraanse president Mahmud Ahmadinejad veroordeelt het brute gedrag van de Britse politie tegen de relschoppers. (...) Ahmadinejad vraagt de Veiligheidsraad van de Verenigde Naties om in te grijpen. Libië eist dan weer het ontslag van de Britse premier Cameron":
http://www.standaard.be/artikel/detail.aspx?artikelid=DMF20110810_085
 
 
WIE WORDT HIER EIGENLIJK GERED?
"In de tijd der subprimehypotheken werden ratingbureaus betaald door de bedrijven waarover zij hun beoordelingen gaven. Nu dat marktsegment verdwenen was, begonnen ratingbureaus obligaties van nationale staten, en daarmee ook de nationale staten zelf, te beoordelen. Interessant was dat de beoordeelde entiteiten zelf geen opdracht hadden gegeven ... ":
http://www.ftm.nl/followleader/wie-wordt-hier-eigenlijk-gered.aspx
 
 
HET WESTEN BESTAAT NIET MEER:
"Amerika is niet langer een westerse natie. Het is omgevormd tot een land waarin het overheidsapparaat onherroepelijk in handen is van de elite":
http://www.express.be/joker/nl/brainflame/het-westen-bestaat-niet-meer/150529.htm
 
 
TSCHECHISCHER PRASIDENT: DIE HOMOS HABEN KEIN RECHT AUF BEWUNDERUNG:
"Die Botschafter einiger EU-Staaten und der USA haben den am Samstag in Prag beginnenden Homo-Greuel „Prague Pride“ öffentlich unterstützt. Das führte beim tschechischen Präsidenten Václav Klaus und Außenminister Karel von Schwarzenberg zu Irritationen":
http://www.kreuz.net/article.13689.html
 
 
THE FORECLOSER:
"Bank of America wilde het stel uit dat huis zetten tijdens alle foreclosures, maar (...) dat was raar, want het stel had 't huis indertijd zonder hypotheek gewoon met cash betaald":
http://www.thedailyshow.com/watch/mon-august-8-2011/the-forecloser
 
 
GADDAFI SPEECH II (1th July 2011):
Moammar Gaddafi: "Compare your European demonstrations to the demonstrations of Libya. Your people don't carry your pictures, they are against you."
http://www.youtube.com/watch?v=F4AR54BZWwU
 
 
HET MORELE EN POLITIEKE DILEMMA VAN WILDERS EN ZIJN POLITIEKE PARTIJ:
"Wilders het voortdurend heeft over massa-immigratie en de islamisering van Europa, die op geen enkele manier zijn te bewijzen. Wilders weet dit dondersgoed. Het gaat Wilders ook niet om de feiten of statistische aantallen, maar om het in stand houden van een spook dat niet bestaat":
http://www.wijblijvenhier.nl/6902/het-morele-en-politieke-dilemma-van-wilders-en-zijn-politieke-partij/
 
 
IJSLAND STAP DICHTER BIJ EERSTE INTERNET-GRONDWET VAN WERELD:
"Een groep burgers heeft aan de IJslandse parlementsvoorzitter een blauwdruk voor een nieuwe grondwet voorgelegd. De blauwdruk werd uitgetekend met de hulp van honderden andere burgers":
http://www.express.be/sectors/nl/interactive/ijsland-stap-dichter-bij-eerste-internet-grondwet-van-wereld/150173.htm
 
 
AMERIKAANS PLATTELAND WORDT GROOT SPOOKGEBIED:
"Door een gebrek aan investeringen die voor nieuwe tewerkstelling zouden kunnen zorgen, dreigen grote gebieden van de Great Plains en Appalachia, samen met regio's van Arkansas, Mississippi en het noorden van Texas met een gigantische ontvolking geconfronteerd te worden":
http://www.express.be/business/nl/economy/amerikaans-platteland-wordt-groot-spookgebied/150181.htm
 
 
NACH OSLO-ANSCHLAGEN: INNEMINISTER FRIEDRICH WILL ANONYMITAT IM NETZ VERBIETEN:
 

jeudi, 11 août 2011

Krantenkoppen - Augustus 2011 (2)

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Krantenkoppen

Augustus 2011 (2)

THE NORWEGIAN MASSACRE, THE STATE, THE MEDIA AND ISRAEL:
Professor James Petras: "The Oslo attacks raise fundamental questions about the growing links between the legal Far-Right, the ‘mainstream media’, the Norwegian police, Israel and rightwing terrorism":
http://www.voltairenet.org/The ​-Norwegian-Massacre-the-State
 
 
SYRIE: SOMMES-NOUS VICTIMES DE LA DESINFORMATION?
"Cette image d’une Syrie en pleine révolution et d’un parti Baath au bord du gouffre ne correspond en aucun cas à la réalité du terrain, où le pouvoir contrôle la situation et où la contestation s’est considérablement réduite."
 
 
WIJS DE STAAT ISRAEL TERECHT:
"Laat het voldoende zijn te verwijzen naar het Kairos-document, in 2009 uitgebracht door de gezamenlijke Palestijnse christenen en door de katholieke patriarch van Jeruzalem mede ondertekend. Dat document benoemt de voortdurende bezetting door Israël tot het grootste kwaad voor allen, christen of niet. Het doet een beroep op alle christenen in de wereld om door desinvestering en economische boycot de Israëlische regering te noodzaken aan de bezetting een eind te maken."
 
 
ERKENNING VAN PALESTINA OF OORLOG MET IRAN?
"De mogelijke erkenning van Palestina als staat door de VN brengt het koloniale project van Israël op de westelijke Jordaanoever in gevaar en zal bovendien de apartheidswetgeving binnen de staat Israël zelf meer op de voorgrond brengen":
http://www.dewereldmorgen.be/a ​rtikels/2011/07/17/erkenning-v ​an-palestina-oorlog-met-iran
 
 
DUITSE OORLOGSSCHEPEN VOOR ANGOLA:
""De bedoeling daarvan is Angola op interventies in Afrika voor te bereiden, verklaarde kanselier Angela Merkel. (...) Dat plan ligt in de lijn van de sinds jaren toegepaste strategie van de Duitse regering om militaire structuren in Afrika op te bouwen. Die moeten oorlogsoperaties mogelijk maken, uitgevoerd door lokale strijdkrachten, met de bedoelding een pro-westerse orde op het continent te handhaven zonder dat Europese troepen moeten worden ingezet":
 
ILAN PAPPE: DE KNORRIGE DIPLOMATEN VAN DE SCHURKENSTAAT ISRAËL:
"De strijd voor ondersteuning van de Palestijnse rechten in cruciale Europese landen is succesvol geweest. Met nauwelijks werkingsmiddelen, soms afhankelijk van kleine groepen geëngageerde enkelingen heeft deze campagne het leven voor elke diplomaat van Israël waar ook ter wereld tot een hel gemaakt":
http://www.dewereldmorgen.be/a ​rtikels/2011/07/25/ilan-papp-d ​e-knorrige-diplomaten-van-de-s ​churkenstaat-isra-l
 
 
OSLO: VRAIE TUERIE SOUS FAUSSE BANIERE?
"Il semble en tous les cas tout à fait possible qu’on soit en face d’une opération complexe de type «false flag» (fausse bannière)":
http://www.nation.be/web/oslo- ​vraie-tuerie-sous-fausse-banni ​ere/
 
 
UN PAYSAN SE SUICIDE CHAQUE JOUR:
"Les agri­culteurs se suicident plus que les autres professions. Le taux de suicide des agriculteurs exploitants est le plus élevé des catégories socio­professionnelles".
 
 
POETIN WIL WIT-RUSLAND ERBIJ:
"De Russische premier Vladimir Poetin ziet het wel zitten om Rusland en Wit-Rusland om te vormen tot één land":
http://www.powned.tv/nieuws/bu ​itenland/2011/08/poetin_wil_wi ​trusland_erbij.html
 
 
SERBIA AND THE NEW WORLD ORDER:
"The Serbian people are being sold out by their own politicians":
http://english.pravda.ru/world ​/europe/31-07-2011/118623-serb ​ia_world_order-0/
 
 
BRAZILIAANSE MUNT OP HOOGSTE NIVEAU OOIT:
"In Brazilië voltrekt zich een economisch mirakel. Zuid-Amerika's grootste economie liet vorig jaar een groei van 7% noteren en mag nu de Mundial van 2014 en de Olympische Spelen van 2016 organiseren. Tijdens het presidentschap van Lula da Silva ontsnapte 10,4% van de Braziliaanse bevolking uit de armoede":
http://www.express.be/business ​/nl/economy/brazilaanse-munt-o ​p-hoogste-niveau-ooit/149882.h ​tm
 
 
WAT DOET DE DOLLAR ALS AMERIKA STRAKS FAILLIET GAAT?
"Wat weinigen weten is dat de VS al 2 maal failliet gingen: ze slaagden er niet in hun schulden terug te betalen aan de Fransen na de Amerikaanse Onafhankelijkheidsoorlog (1775–1783) en ook in 1979 verzaakten ze aan de tijdige terugbetaling van hun schuldeisers":
http://www.express.be/business ​/nl/economy/wat-doet-de-dollar ​-als-amerika-straks-failliet-g ​aat/149912.htm
 
 
PEROU: OU LE CARDINAL DE LIMA PARLE DE PATRIE, D'IDEOLOGIE DU GENRE ET DE CIVILISATION CHRETIENNE!
"L’homélie prononcée par le cardinal Juan Luis Cipriani en sa cathédrale de Lima, à l’occasion du 190e anniversaire de l’indépendance du Pérou et en présence de toutes les autorités de l’Etat, du pouvoir judiciaire, des élus politiques, de Mme le Maire, des autorités militaires et du Corps diplomatique. Elle est remarquable, insolite. Où l’on reparle de « patrie »…"
http://leblogdejeannesmits.blo ​gspot.com/2011/07/ou-le-cardin ​al-de-lima-parle-de-patrie.htm ​l
 
BREIVIK: EIN LEIDENSCHAFTLICHER VERTEIDIGER DES STAATES ISRAEL:
"Breiviks Aussagen über das Judentum erinnern an die anglo-israelitische Ideologie, die im 19. Jahrhundert in Großbritannien entstand. Sie ist in Skandinavien – vor allem in Freimaurerkreisen – verbreitet."
http://www.kreuz.net/article.1 ​3616.html
 

mardi, 09 août 2011

Aanslagen in Noorwegen, Populisme en het N-SA

Aanslagen in Noorwegen, Populisme en het N-SA

Over de hele wereld is met afschuw gereageerd op eenzame wolf Anders Behring Breivik zijn onmenselijke slachting. Inderdaad, niemand zal ontkennen dat de man aan een extreme vorm van megalomane psychose leidt. En inderdaad, dat betekent niet dat de man zijn motieven aan veralgemeende associaties te wijten zijn. Breivik was geen fundamentalistische christen met religieuze motieven (net zo min als zijn moslimequivalenten dat voor de islam zijn). Evenmin was hij door nationale motieven begeesterd, of toch niet in de zin dat wij dat zijn (juist het tegenovergestelde daarvan, waarover later meer).

De wijze waarop Breivik zijn terreur uitvoerde was typerend voor psychopaten: minutieus en lang op voorhand gepland, in koele bloede uitgevoerd en zonder enige vorm van medeleven. De psychotische factor hoeft niemand dus te ontkennen. Timothy McVeigh (1995), het Columbine drama (2002), Hans van Themsche (2006), Winnenden (2009), Kim de Gelder (2009)... zij vallen allemaal onder deze categorie.

Toch verschilt Breivik van dergelijke thuislandterroristen. Zij hadden allemaal wel wat omstandigheden om hun een zware psychose aan te wijten. Timothy McVeigh was een in de marginaliteit gevallen en getraumatiseerde oorlogsveteraan. Voornoemde jongeren hadden allemaal wel een geschiedenis van antisociaal gedrag, pesterijen, aanpassingsmoeilijkheden etc. wat hun menselijke ontwikkeling scheef deed groeien. Bij deze gevallen kunnen wij een lijn trekken.

Maar niet in dit geval. Breivik was van bevoorrechte afkomst, genoot een goede opleiding, was directeur van een niet klein bedrijf (Geofarm) en was zelfs lid van een vrijmetselaarsloge. Ja, de man had een zeer actief internetleven, wat zijn narcisme en paranoïa kan verklaren. En sommigen zijn al wat meer ontvankelijk dan anderen voor de virtuele realiteit van het Facebook-ego en gewelddadige computerspelletjes.

 

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De bloemen van de Duitse Bondsregering, Oslo, 5 augustus 2011 (foto: RS)

Dit kan echter onmogelijk alles verklaren. Zonder de ideologische kant is het verhaal van Breivik dan ook niet compleet. Hoezeer zij die nu aangeschoten wild zijn voor de massamedia en -opinie dit alles ook willen relativeren, Breivik zijn motieven niet in de correcte context plaatsen zou hetzelfde zijn als (bijvoorbeeld) elke moslimterrorist relativeren. Dat zal je het Vlaams Belang en Wilders dan weer niet zo snel zien doen, dus neen, zo eenvoudig is het niet.

Breivik maakte zich vrolijk over multicultuur, marxisme, islam en immigratie. Hij heeft zich de afgelopen jaren genoeg bewezen als aanhanger van een opkomende stroming van "extreemrechts", namelijk het populisme. Breivik valt welzeker te categoriseren onder de stroming van Dewinter, Wilders, Bossi, Freysinger, Brinkmann... Kortom, een burgerlijk "extreemrechts" dat zich in dienst stelt van liberalisme, pro-zionisme, anti-islam, (gepolitiseerd) identitarisme, atlanticisme, ja zelfs antifascisme (de islam geldt in hun ogen als "fascistisch"). De ironie is dat, ondanks alle gefulmineer tegen het "islamo-socialisme" en het "cultuurmarxisme", de ideologen van dit neoconservatisme (o.a. Irving Kristol, Norman Podhoretz, Richard Perle, Paul Wolfowitz) vanwege hun linkse en/of trotskistische verleden zélf de grootste cultuurmarxisten van de laatste decennia zijn. De dader blijkt dus ook geen bewonderaar te zijn van een Vidkun Quisling of Knut Hamsun, maar wel van Winston Churchill en (Noorse verzetsstrijder) Max Mannus. Zijn wereldbeeld laat zich dan ook goed samenvatten in de badge van de "Justiciar Knight" (zie hier voor een afbeelding en bijbehorende uitleg).

Breivik is een karakteristieke 'bekeerling' van de middenklasse tot de Shock of Civilizations. Niet voor niets is de België-connectie van Breivik te herleiden tot pro-Westerse networkers zoals Paul Beliën. Of Breivik ook werkelijk onder het pseudoniem 'Fjordman' voor Beliën zijn blog The Brussels Journal (een weblog die bij het Vlaams Belang aanleunt) heeft geschreven wordt opmerkelijk genoeg bevestigd noch ontkend door de blog zelf. Maar het hoeft ook niet te verbazen mocht dit werkelijk zo zijn, de overeenkomsten zijn zo al treffend genoeg.

Aan de basis van Breiviks ideologische motivatie ligt immers een gebrek aan vertrouwen in en een haat voor de onmacht van de overheid. Dit soort van Europese neocons (neoconservatieven) vallen systematisch belastingen aan, geven hun kinderen 'christelijke' thuisscholing, willen de wapenwetten afschaffen, nemen deel aan schaduworganisaties zoals de vrijmetselaars... Zogezegd om hun autarkie te vrijwaren, maar de politieke implicaties zijn anders.

Dit extreemrechts baseert zich op een uit de lucht gegrepen identitair idee van een raciaal/historisch/... Hollywoodconcept van Europa, wat onvermijdelijk tot een anti-islam en pro-internationaal kapitalistische agenda leidt. Het is ook de basis voor hun steun aan de militaire 'strijd tegen het terrorisme'. Niet toevallig is deze 'strijd' zich in toenemende mate inwaarts gaan keren met allerhande 'veiligheidsmaatregelen' (Patriot Act, militairen, camera's, nultolerantie, avondklokken...).

En niet toevallig zijn het deze middenklassers die in het aanzicht van de proletarisering, de druk op de sociale zekerheid, de gettoïsering etc. een oproep tot interne sociale orde en stabiliteit combineren met een pathologische minachting voor hun eigen electoraat (zie in deze zin ook de anti-vakbond vakbond van het Vlaams Belang). Zij vertalen hun belangenbehartiging met de nodige minachting in een genre populistische opzweperij. Zo schreef Bruno Valkeniers in zijn repliek op de heksenjacht:

"Het zou een ongelooflijke vergissing zijn om de vaak terechte zorgen van de 'Bange Blanke Man' (opnieuw) als gevaarlijk en onwenselijk onder de mat te borstelen. Het zijn niet allemaal gekken die zich ongerust maken over de massale inwijking van niet-Europese vreemdelingen, de criminaliteit, de opmars van een intolerante islamitische ideologie."

Ware het echter niet dat die 'Bange Blanke Man' een uitvinding is van Valkeniers' partij en diens soortgenoten om de eigenlijke oorzaken met de gevolgen te verwisselen. Nu zijn er stemmen uit 'radikaalnationalistische' kringen te horen die deze geconstrueerde, gepolitiseerde identiteiten zelf aanhalen als argument tegen Breivik, maar het is ons onduidelijk hoe dit te vertalen valt in deze kringen die nota bene zelf de meest fanatieke aanhangers van deze leugen zijn! Wij gunnen iedereen het ontwaken uit deze naïeve strijd van nuttige idioten, maar voorlopig is het nog wachten tot dit zich vertaalt in consequent handelen, om nog niet te spreken van een partijpolitieke koers.

Ondertussen is het Nieuw-Solidaristisch Alternatief (N-SA) de enige nationalistische oganisatie in Vlaanderen die voortdurend waarschuwt voor (en afstand neemt van) de dwaalsporen van 'islamofobie' (Bang) en de mythe van 'Europa' (Blank). Onze vrees is dat deze 'Bange Blanke Man' uiteindelijk de revolutie van een nieuw fascisme ontketent. Terwijl het kapitalisme onze sociale verworvendheden vernietigt, terwijl de euroglobalisering een hypotheek op de kleinkinderen van onze kleinkinderen neemt, terwijl de dictatuur van de banken ongestraft over/voorbij alle democratische structuren walst... Terwijl de wereld instort, worden wij door Führer Dewinter en zijn schare pseudo-intellectuele opportunisten wijsgemaakt dat de moslims en sociaaldemocraten onder een hoedje spelen voor de superieure Vlaming, Europeaan en Westerling uit te roeien.

Moet het met zo'n an sich reeds psychotisch vijandsbeeld verbazen dat het vigilantes zoals Breivik voortbrengt? Moet het verbazen dat de illusie van de Clash of Civilizations tot Big Brother leidt? En dat dit elke vorm van echte politieke oppositie onmogelijk maakt, zoals de onze? Elke vorm van polarisering tussen de slachtoffers van kapitalisme en globalisering is er een dat het onderdrukkende systeem dat wij bevechten enkel zal bestendigen. Het is dan ook contraproductief en (bij deze wederom bewezen) gevaarlijk groepen op basis van hun afkomst, religie of overtuiging te viseren. Nochtans de reden dat onze hoofdcoördinator Eddy Hermy op dit moment voor de rechter gedaagd wordt! Is er een beter voorbeeld mogelijk van hoe dit populisme de weg opent naar draconische repressie tegen elke vorm van echte oppositie?

Ja, Breivik was een psychopaat. Maar zijn ideologische motieven zijn in hetzelfde bedje ziek als marxistische terroristen gisteren en de moslimterroristen vandaag. Of wacht, dat marxistisch terrorisme is toch niet zo zeer yesterday's news als wij dachten:

"De aanval brengt de vraag naar voren hoe de arbeidersbeweging en haar jongerenorganisaties te verdedigen tegen fascisten. Alle linkse jongerenorganisaties, zoals Animo en Comac, zouden onmiddellijk samen zelfverdedigingscommissies moeten vormen, gekoppeld aan de vakbonden en de commissies van winkelbewakingsagenten. Elke openbare activiteit moet worden bewaakt en verdedigd, en elke daad van agressie bestreden."

Hetgeen ons terugbrengt naar de ideëenwereld van The Brussels Journal, die eenzelfde Redneckautarkie nastreven. Er zit iets fundamenteel psychotisch in een verwrongen denkbeeld waarin haat en leugen samengaan voor de polarisering van de maatschappij tot een burgeroorlog te drijven. Zeker wanneer elke zinnige mens zou moeten beseffen dat dit onvermijdelijk tot een versteviging van het huidige kapitalistische regime zal leiden, desnoods manu militari. Enkel zij die danig doorspekt zijn van ideologisch dogma, zoals de marxisten van Vonk, de populisten van het Vlaams Belang, Al-Qaeda en Breivik, kunnen blind blijven voor de gevolgen van hun acties.

Voor het N-SA is het dan ook kristalhelder, zowel in het verleden, nu als in de toekomst: immigratie is een economisch fenomeen, het financieelkapitalisme en al zijn exponenten zijn onze vijand. De allochtoon is geen imperialistische moslim en de arbeider is geen luie cultuurmarxist.

Wij zullen blijven strijden voor de nationale en sociale strijd, tegen asociaal kapitalisme, tegen asociaal populisme.

Wij geloven niet in de strijd tussen de Bange Blanke Man en de slachtoffers van het Imperium. Wij verdedigen de slachtoffers, de Blanke Arbeider in de eerste plaats, tegen een amorfe macht die land, God, noch gebod kent. Wij voelen ons niet aangesproken, maar de populisten waar wij te vaak onterecht mee geassocieerd worden kunnen beter beginnen nadenken!

 

dimanche, 24 juillet 2011

Krantenkoppen - Juli 2011 (8)

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Krantenkoppen
Juli 2011 (8)
NEDERLANDER KRIJGT GEEN IDENTITEITSKAART ZONDER VINGERAFDRUKKEN:
 
 
PROFESSOR VERLAAT ULB UIT PROTEST WEGENS ANTISEMITISCHE INCIDENTEN:
De joodse professor Jacques Brotchi beschuldigt de vrijmetselaarsuniversiteit ULB van 'antisemitisme' voor een paar onbenulligheden:
http://www.standaard.be/artike ​l/detail.aspx?artikelid=DMF201 ​10719_007
 
 
THE OLD IMPERIALIST PROJECT TO DIVIDE LIBYA IN THREE HAS BEEN EXECUTED:
Interesting article about the huge lies of the Western media on Libya, the structure of the Libyan society, the NATO war on Libya as an effort to 'remodel' Africa and the strong resistance of the Libyan people against NATO:
 
 
BAAS IN EIGEN BUIK:
"U verkoopt uw huis en trekt u bescheiden terug in een uiterst eenvoudige huurwoning om maar eens wat te noemen. U bouwt uw verdere verplichtingen af tot een kinderlijk niveau waarbij uw huisbankier u zal vragen of alles nog wel goed met u gaat.
Op die manier loopt u vooraan in de keiharde internationale sanering die ons allen nog te wachten staat. Een betere wereld begint bij u zelf, is daarbij het motto. Verder regeert u vanuit belegd vermogen, hoe bescheiden dat ook mag zijn. ...Uw leven is verworden tot een ‘debt free environment’. U bent onderweg van uw krantenwijk naar uw villawijk op deze manier, zonder dat u het beseft. U bent geen slaaf meer van onbetrouwbare regeringspartners of duistere financiële instellingen die u van alles proberen aan te smeren. U bent baas in eigen buik":
 http://www.ftm.nl/followleader ​/baas-in-eigen-buik.aspx
 
 
DE SCHULDENKWESTIE: AMERIKA SPEELT RUSSISCHE ROULETTE:
‎"Toen Bill Clinton zijn presidentschap in 2001 overdroeg aan George Bush was het budget min of meer in evenwicht. Maar 2 dure oorlogen, belastingsverminderingen voor de rijken en de recessie maakten daar snel een eind aan":
http://www.express.be/business ​/nl/economy/de-schuldenkwestie ​-amerika-speelt-russische-roul ​ette/149341.htm
 
 
LA HONGRIE MET EN PLACE DES CAMPS DE TRAVAIL OBLIGATOIRES:
"Des policiers pourraient surveiller ces salariés regroupés dans des camps et affectés à de gros projets d’infrastructure. Principale cible de ce programme : les Roms dont le taux de chômage avoisine les 50 %":
http://fr.myeurop.info/2011/07 ​/13/la-hongrie-met-en-place-de ​s-camps-de-travail-obligatoire ​-2956
 
 
NIEUWE WET OP KERKEN GOEDGEKEURD IN HONGARIJE:
Hongarije snoeit drastisch in het aantal erkende godsdiensten: "De nieuwe wet bepaalt dat maar 14 godsdiensten een officiële erkenning kunnen krijgen van de Staat, maar laat de deur echter open voor andere religieuze gemeenschappen. Tevoren waren er meer dan 300 religieuze gemeenschappen erkend":
http://www.rorate.com/nieuws/n ​ws.php?id=67203
 
 
LA RE-COLONISATION DE L'AFRIQUE A DEJA COMMENCE:
Interesting interview with French journalist Thierry Meyssan about the US war on 2 fronts in Libya and Syria:
 
 
BISSCHOP PRIESTERFRATERNITEIT ST.-PIUS X VEROORDEELD TOT BOETE VAN 6.500 EURO:
De boete van Mgr. Williamson voor negationisme werd in beroep verlaagd van 10.000 euro naar 6.500 euro.
http://www.rorate.com/nieuws/n ​ws.php?id=67174
 
 
DSK A-T-IL ETE VICTIME DE LA GUERRE D' INFLUENCE ENTRE WASPS ET JUIFS?
"DSK aurait eu la preuve que le stock d'or de fort Knox est manquant et qu'il ne pouvait donc plus l'utiliser pour venir soutenir une monnaie mondiale basée sur les DTS (Droits de Tirage Spéciaux) voulus par le FMI pour répondre à la crise":
http://www.cameroonvoice.com/n ​ews/article-news-3906.html#.Th ​qg2oXiiQl.facebook
 
 
VLADIMIR PUTIN'S 2012 DILEMMA:
"Putin, Russia's most powerful politician, will have the decisive say in determining who will serve as president for the next 6 years. Once his choice is made sometime this year, the ruling elite will support the chosen candidate. The outcome of his informal choice will most likely be formalized in the March election":
http://www.themoscowtimes.com/ ​news/article/news-analysis-vla ​dimir-putins-2012-dilemma/4403 ​76.html
 
 
RUSSIE-BIELORUSSIE-KAZAKHSTAN: UN NOUVEAU POLE MONDIAL:
"Nous envisageons de créer une association puissante qui pourrait et devrait devenir l'un des pôles de l'économie mondiale":
http://fr.rian.ru/economic_new ​s/20110712/190126199.html
 
 
L'OTAN FACE A L' INGRATITUDE DES LIBYENS:
"La Coalition des volontaires était venue en Libye pour sauver la population civile de la répression du tyran Kadhafi. Quatre mois plus tard, les foules libyennes ont déserté le territoire libéré de Benghazi et se massent dans de gigantesques manifestations anti-OTAN":
http://www.voltairenet.org/L-O ​TAN-face-a-l-ingratitude-des

jeudi, 14 juillet 2011

Krantenkoppen - JUli 2011 (7)

Credits: ShironekoEuro, Flickr

Krantenkoppen
Juli 2011 (7)
LA REVOLTE DES INTELLECTUELS CONTRE LE SYSTEME:
"Aujourd’hui beaucoup de philosophes sont des critiques acerbes de la modernité et portent souvent la parole d’un retour à la tradition. (...)
‎Frappant dans ce nouveau paysage intellectuel, c’est la diversité de ceux qui le composent.  Il y a ceux qui viennent des rives de la gauche et du marxisme et ceux qui s’assument réactionnaires. Il y a des libéraux lucides. Il y a des catholiques, des laïcs et des panthéistes.":
http://www.ndf.fr/poing-de-vue ​/06-07-2011/la-revolte-des-int ​ellectuels-contre-le-systeme
 
 
FOREBODING OF STORM:
Analyse of the current Russian political situation:
http://www.israelshamir.net/En ​glish/Tandem1.htm
 
 
IMMENSE 1st OF JULY DEMONSTRATION IN TRIPOLI:
"Some 1.700.000 people demonstrated to defend their country and to repudiate NATO’s aggression":
http://www.voltairenet.org/Imm ​ense-1st-of-July-demonstration
 
 
LIBYA'S NEIGHBORHOODS PREPARE FOR NATO BOOTS:
"Libyans are protecting the family, homes and neighborhoods from foreign invaders. A majority does support the Qaddafi leadership which is what they received with their mother’s milk, but nearly all emphasize that for them and their friends it is very much about defending their revolution and country first":
http://www.voltairenet.org/Lib ​ya-s-neighborhoods-prepare-for
 
 
DE VERGETEN CHRISTENEN:
"De negatieve houding van veel Israëliërs tegen christenen uit zich in vele 'kleine' plagerijen zoals bespugen van priesters en religieuzen. (...) Het meest dramatische effect is dat het aantal christenen in het Heilig Land sterk afneemt, van 53% in 1922 tot minder dan 2% in 2011":
http://www.katholieknieuwsblad ​.nl/opinie/item/766-de-vergete ​n-christenen.html
 
 
DEVENTER 'GEERT GROTE UNIVERSITEIT': katholiek, kleinschalig en Nederlandstalig:
“We richten ons op de traditie van de vroege, ongedeelde kerk en zien het christendom als een bron van de Europese beschaving. Ook atheïsten hebben een basiskennis van het christendom nodig, niet alleen om onze cultuur te begrijpen, maar ook haar desoriëntatie en ontwrichting.(...)
We kiezen resoluut voor het Nederlands en weigeren toe te geven aan de onverantwoorde en totale verengelsing van het onderwijs. (...)
Wij richten onze blik niet op Amerika, maar kijken naar het Europese continent. Alleen focussen op het Westen leidt tot kortzichtigheid. Het Oosten verdient meer aandacht. Ons wapenschild met de dubbele adelaar verwijst naar die continentale, Europese verbondenheid."

http://www.rorate.com/nieuws/n ​ws.php?id=67143

mercredi, 13 juillet 2011

Krantenkoppen - Juli 2011 (6)

France-Kiosque-Journaux-2-2.jpg

Krantenkoppen
 
Juli 2011 (6)
 
ICELAND, A COUNTRY THAT WANTS TO PUNISH THE BANKERS RESPONSIBLE FOR THE CRISIS:
"The coalition government had launched an investigation to determine legal responsibilities for the fatal economic crisis and had already arrested several bankers and top executives closely linked to high risk operations.
Interpol, meanwhile, had issued an international arrest warrant against Sigurdur Einarsson, former president of one of the banks. This situation led scared bankers and executives to leave the country en masse."
 
 
EEN LANDSCHAP VAN VOEDSEL:
‎"Het eten dat we aan de straatstenen niet meer kwijtraakten, werd dan maar tot veevoer verwerkt, begraven of verbrand":
http://www.standaard.be/artike ​l/detail.aspx?artikelid=DMF201 ​10705_091
 
 
SLECHTS 8,5% VAN JONGEREN WENST HET EINDE VAN BELGIE:
"De enquête, die tussen maart en juli is uitgevoerd bij 3.033 jongeren van 21 jaar oud, geeft aan dat jongeren aan beide kanten van de taalgrens weinig voelen voor het einde van België":
http://www.standaard.be/artike ​l/detail.aspx?artikelid=DMF201 ​10705_126

mardi, 12 juillet 2011

M.I.D.: Belgique, situationde plus en plus figée

 

Communiqué du "Mouvement Identitaire Démocratique" - Namur - 11 juillet 2011

Belgique : situation toujours plus figée

 

Le lundi 20 juin, coup de théâtre dans le petit monde de la politique politicienne belge : après quelques timides tentatives de négociations entre la NVA de Bart de Wever et les libéraux de Charles Michel (le fils de l’autre), voilà que l’inénarrable Olivier Maingain se met allègrement à torpiller ce rapprochement, en refusant de participer à tout gouvernement ou même à tous pourparlers en vue d’un former un, s’il faut composer avec De Wever, pourtant incontournable en Flandre. Les propos de Maingain ont bien entendu été reproduits par l’organe très politiquement correct de Bruxelles, le Soir, que l’on peut considérer comme la seule et véritable tumeur cancéreuse de la Belgique, celle qui, si elle se développe et sévit encore, occira à coup sûr le patient. Le Soir prétend sauver le royaume de la flamandisation, du fascisme, de la myxomatose et du phylloxéra mais voilà tout d’un coup qu’il torpille les seules négociations qui pouvaient vaille que vaille aboutir à un accord boiteux, pour lui donner encore une petite bouffée d’air vivifiant. Cette foucade du compère Maingain survient dans le Soir peu de temps après la démission de la rédactrice en chef Delvaux, surnommée la « femme delvaux » (avec une minuscule dépréciative) ; cette figure de bas bleu, moquée dans le microcosme journalistique bruxellois parce qu’un peu souillon, a été, pendant de trop nombreuses années, l’organisatrice en chef du formatage des esprits selon les injonctions et les directives du soft power social-démocrate, soixante-huitard (qui confond permissivité et liberté) et néo-philosophique (Saint Bazar Henri Lévy et votre relais ULBiste Haarscher, priez pour nous, pauvres pécheurs fascistoïdes). Or tout cerveau lucide et dûment informé sait que ces ingrédients idéologiques et pseudo-philosophiques servent à disloquer les « alien countries », les « alien audiences », pour les maintenir dans un état de faiblesse permanent, rendant toute renaissance nationale, étatique ou impériale impossible. On ne m’ôtera pas de la tête l’idée que l’actuelle crise belge, envenimée par le Soir, sert d’expérimentation pour les disciples de Sun Tzu, installés dans les « services » : comment entretenir une crise sans recourir à la dictature et en escamotant ou en contournant le fonctionnement démocratique ? Comment trouver un nouveau moyen de neutraliser un pays européen sans faire usage des expédients appliqués jadis en Amérique latine ou, aujourd’hui encore, en Afrique ? L’avenir nous dira si cette hypothèse est plausible ou non. Il existe bien entendu des façons différentes de procéder à la dislocation des Etats européens, en maniant ces ingrédients de l’idéologie dominante et établie : en France, on vous dira que tout sérieux politique, tout esprit de décision, est « ringard », fors le menu officiel, seul autorisé ; avec une nuance bien subtile, car en France, la mentalité révolutionnaire banalisée par le discours dominant depuis 1789 —par le grand récit révolutionnaire— veut que l’on conteste derechef la machine étatique, même en ses aspects les moins contestables. L’Etat va donc chaque fois s’adapter aux « ingrédients », énoncés en marge de la machine qu’il constitue, pour satisfaire ce révolutionisme banalisé : ce fut le cas successif du giscardisme et du sarközisme. Sous Giscard, l’Etat s’adaptait en incluant dans son fonctionnement (ou plutôt son dysfonctionnement) des revendications soixante-huitardes, par crainte de ne pas « être dans le vent » ou de provoquer un nouveau mai 68. C’est à cette capitulation permanente des droites post-gaulliennes au pouvoir qu’a voulu remédier un mouvement comme la nouvelle droite métapolitique, tant dans ses cénacles propres que dans ses opérations d’entrisme dans la presse (par exemple le Figaro Magazine de Louis Pauwels). Sarközy, lui, inclut le néolibéralisme, le retour à l’OTAN dans une ambiance générale de décadence et d’amnésie, tissée de festivisme narcissique permanent, en dépit des promesses de « kärchériser » certaines banlieues. En Allemagne, on continue à faire jouer les ressorts de la fameuse « Vergangenheitsbewältigung », où l’on va systématiquement diaboliser le passé, trouver, de la protohistoire au moyen âge et de celui-ci à l’ère Biedermeier, les racines de la peste brune en tablant sur un sentiment de culpabilité bien ancré dans le protestantisme. En Italie, on procèdera par une neutralisation générale de tous les discours politiques alternatifs, parce que la culpabilité joue un rôle moindre dans les pays catholiques : c’est une fibre qu’on ne peut pas aussi aisément faire vibrer qu’en terres réformées. En Russie, Soljénitsyne a parfaitement expliqué à ses lecteurs comment fonctionnaient la russophobie, distillée par les « pluralistes », et la fameuse « idéologie de la convergence » qui ne voyait de salut qu’en une économie homogénéisée à l’échelle planétaire et entendait, dans la foulée, liquider tous les atavismes (toutes les racines, chez un Bazar-Henri Lévy).

 

Le spaakisme confisque toute autonomie en politique internationale

 

Dans ce concert européen, la Belgique, parce qu’elle ne représentait pas grand chose, est devenue le centre de l’UE, de l’OTAN et du SHAPE. En acceptant ces instances sur son territoire, elle acceptait ipso facto que sa sphère politique devait demeurer molle. Pour la mollifier définitivement, on avait fait en sorte que le pouvoir royal, après l’élimination de Léopold III, soit réduit au minimum ou du moins craigne en permanence de s’opposer aux camarillas politiciennes. Sur cette sphère politique rendue ainsi molle, s’est imposé le « spaakisme », soit l’inféodation à l’OTAN et aux Etats-Unis. Le « spaakisme » doit son nom au social-démocrate Paul-Henri Spaak, premier secrétaire général de l’OTAN. Malgré la résistance des démocrates chrétiens sous Pierre Harmel, le spaakisme est passé de la social-démocratie à la démocratie chrétienne : De Crem, actuel ministre de la défense dans le gouvernement démissionnaire chargé des affaires courantes, est le  prototype du démocrate chrétien spaakiste, bien soucieux et zélé de plaire aux chefs militaires du Pentagone. Au moment où le spaakisme s’imposait dans les années 50 au détriment de toute autonomie nationale sur le plan de la politique internationale, la Belgique était encore une puissance industrielle, forte de ses colonies africaines : aujourd’hui, les ravages du néolibéralisme et des délocalisations qu’il entraine ont fait leurs effets, comme en beaucoup de régions européennes, mais, cette fois sans le ballast moral et financier du colonialisme, les seuls atouts qui restent de ce passé sont les balances commerciales positives face à ses deux plus grands voisins, l’Allemagne surtout et la France dans une moindre mesure. Toute diminution de la dette allemande envers la Belgique donc toute diminution du flux financier venu de l’Est risque de fragiliser les finances du pays, d’éliminer ou d’entamer sérieusement une plus-value utile au maintien de la machine en son état actuel, ce qui risque de faire disparaître, dans l’amertume de ses bénéficiaires, un système corrompu et onéreux, qui bétonne les adhésions bien plus sûrement que tous les discours idéologiques (surtout en Wallonie). C’est ainsi qu’on pourrait voir apparaître le chaos du dissensus. Espoir : l’Allemagne investit en Russie et le royaume d’Albert II, malgré la crise politique qui le tenaille, profite de cette dynamique eurasienne. Le pays est bel et bien un « carrefour », tous en sont conscients, mais ce statut de « carrefour » implique une nécessaire faiblesse politique, assortie d’un tropisme vers tout étranger qui importe biens et services.

 

Le fonctionnement démocratique remplacé par un « rien »

 

En fait, l’implosion politique ne date pas des élections du 13 juin 2010. Elle est antérieure. Dès les élections de 2007, le royaume a été virtuellement dépourvu de direction politique élue, clairement profilée. De surcroît, la crise de l’automne 2008 a démontré que ce pouvoir, ridicule et pantelant, capitulait devant les banques et investissait dans leur faillite des sommes qui auraient pu s’avérer plus bénéfiques en d’autres domaines. Le gouvernement des affaires courantes fonctionne vaille que vaille, mais sans prendre de décisions nouvelles de grande portée. Seule entorse au fonctionnement normal des règles de la démocratie belge : le budget a été voté en début d’année pour satisfaire les exigences de l’UE (pour qui les Etats n’existent plus que pour voter un budget annuel ; ils ne semblent plus avoir d’autres fonctions). Avant 1940, quand les partitocraties, dites « démocratiques », cessaient de bien fonctionner ou engendraient le chaos politique, on recourait à la dictature salvatrice de type romain (dont Carl Schmitt avait brillamment analysé l’origine et le fonctionnement, tout en en dressant la typologie) ; aujourd’hui, dans le cas belge, on n’a recours à un beau « rien », astuce commode qui permet d’éviter un autre type de dictature, comme celui qu’on a parfois imposé en Amérique latine ou en Afrique, c’est-à-dire la forme de dictature qui a pour mission de maintenir aussi longtemps que possible un état de faiblesse au bon gré des instances mondialistes, qui en profitent.

 

Si les commandes allemandes diminuent, si aucune décision importante n’est prise et si la dette publique demeure trop élevée, la Belgique est évidemment candidate à la faillite étatique, au cas où certains groupes, dans les milieux ploutocratiques américains, auraient tout d’un coup l’idée de spéculer à ses dépens comme ce fut le cas pour la Grèce, le Portugal ou l’Irlande. Pour ces groupes, qui visent l’affaiblissement de l’Europe et de la zone euro dans son ensemble, ce serait une belle aubaine car ils ne frapperaient plus à la périphérie de l’Union cette fois, mais en son centre. On peut énoncer dès lors l’hypothèse que la mondialisation voulue par Roosevelt, son épouse et les cartels américains des années 30 et 40 permet certes la paix, une pax americana, mais quelle paix ? Une paix où divers « soft powers » peuvent neutraliser n’importe quel pays de la planète sans recours à la chose militaire. Nombreux sont donc ceux qui ont intérêt à perpétuer le blocage des institutions belges. Ainsi, chaque fois que l’on peut entrevoir des accords pointer à l’horizon, tout à coup, hop, l’un ou l’autre greluchon politicien soulève une nouvelle polémique et enraye à nouveau la machine. Olivier Maingain appartient à cette catégorie de politiciens bateleurs et irresponsables : nous avions déjà eu l’occasion de souligner l’incongruité de sa personne et celle de son parti. Dans le cas présent, depuis ses foucades dans le Soir des 20 et 22 juin 2011, il prend le deuxième parti francophone du royaume en otage. Au sein de l’architecture politique belge, les libéraux, avec qui Maingain et son FDF (« Front des Francophones ») forment un cartel à Bruxelles, font toujours face à un impératif majeur pour contrer les majorités absolues que détiennent les socialistes (alliés au CdH démocrate-chrétien dans le cadre du pôle de l’Olivier) : dégager une minorité suffisamment forte et chalengeuse dans le cadre de l’ex-Communauté française (et nouvelle Communauté Wallonie-Bruxelles).  Sinon, ils sont condamnés à une opposition stérile et de longue durée. L’apport en voix du FDF est donc nécessaire pour que le bloc libéral puisse faire face, en Wallonie et à Bruxelles, au puissant bloc socialiste ou au « pôle de l’Olivier ». La NVA de Bart de Wever est incontournable en Flandre : les libéraux, depuis la foucade de Maingain, sont dans l’impossibilité désormais de négocier avec la NVA et de contourner ainsi la majorité socialiste à Bruxelles et en Wallonie, en formant une majorité fédérale sans les socialistes. Et si de nouvelles élections avaient lieu, nous aurions grosso modo les mêmes scores pour la NVA en Flandre ou alors une légère baisse mais au profit des radicaux du Vlaams Belang, personae non gratae dans les hémicycles en vertu du fameux « cordon sanitaire » qui leur a été imposé depuis leurs premières percées électorales des années 90 du siècle dernier.

 

(Nouvelle donne depuis la rédaction de cet article : après l’échec des pourparlers entre De Wever, maître du jeu, et les libéraux de Charles Michel, suite au sabotage de Maingain, les négociations avec Elio di Rupo, chef de file des socialistes wallons ont à leur tour capoté, les 7 et 8 juillet 2011 : on ne pourra former ni une majorité de centre-droit ni une majorité de centre-gauche. En attendant, en Flandre, De Wever atteint 40% des intentions de vote dans les sondages).

 

Un Bruxelles islamo-socialiste ?

 

L’incident déclenché par Maingain aux dépens du Président Charles Michel du MR libéral, que prouve-t-il ? 1) qu’un blocage surgira toujours en cours de négociations, pour faire capoter celle-ci parce que, quelque part, il y aura à l’œuvre des forces étrangères et/ou occultes qui voudront maintenir cet échec qui arrange leurs calculs ; 2) que le Soir est bel et bien l’instance métapolitique qui orchestre toutes les faiblesses qui affectent le royaume et que son anti-flamandisme (quasi pathologique comme le dénonce la presse flamande) sert plusieurs maîtres extérieurs, dont le citoyen lambda ne soupçonne pas l’existence, car on ne l’a jamais éclairé : a) d’abord les instances américaines, téléguidées par de très efficaces services secrets faisant usage de toutes les roueries imaginées par le soft power, et prêtes à faire feu de tout bois pour affaiblir l’Europe, pourquoi pas en frappant le pays qui abrite ses principales institutions. Le Soir, rappelons-le, est le principal porte-voix en Belgique de la russophobie, de l’hostilité à l’Autriche ou à Poutine, du lobby pro-tchétchène, alors que nos approvisionnements énergétiques dépendent actuellement du bon fonctionnement du tandem gazier germano-russe, qui hérisse les atlantistes donc préoccupe les services spéciaux américains ; b) certains rêveurs parisiens, souverainistes ou autres, qui veulent avancer leurs pions imaginaires en direction de la Meuse et de la Moselle luxembourgeoise et palatine, en croyant ressusciter la « politique des réunions » de Louis XIV, réfutée en son temps par Pierre Paul Rubens et le Chanoine Pieter Stockmans. Dans un tel contexte, le FDF de Maingain, qui n’a d’électeurs qu’à Bruxelles et que dans les communes de la périphérie (arrondissement de Bruxelles-Hal-Vilvorde/BHV), fait de la capitale du royaume un boulet pour toutes les autres régions du pays, qu’elles soient flamandes ou wallonnes. Un tel destin de boulet n’est guère enviable pour une capitale. Celle-ci dégénère ainsi en un abcès inguérissable fiché dans le flanc des deux régions principales du pays, dans un contexte général et ancien où, déjà, la capitale n’a jamais été fort aimée.  A fortiori quand son idéologie dominante devient, par la masse migratoire installée en ses murs, une sorte d’ « islamo-socialisme », véhiculé par Philippe Moureaux, bourgmestre de Molenbeek-Saint-Jean et ponte prépondérant au sein du PS de la région de Bruxelles-Capitale. Cette nouvelle forme de socialisme, à connotations exotiques, est évidemment peu compatible avec les réflexes socialistes autochtones habituels que l’on retrouve surtout en Wallonie mais aussi en Flandre (à Gand notamment).

 

Pour bon nombre d’observateurs, la scission —ou l’implosion— est dès lors inévitable. Mais, alors, que faire de Bruxelles, des dix-neuf communes urbaines qui composent cette région ? La laisser tomber ? Impossible. En faire un district européen ? Mais l’Europe paiera-t-elle pour la masse immigrée sans emploi ou la refoulera-t-elle hypocritement vers les autres régions, par exemple en rendant, dans l’agglomération, le prix de la vie si cher que ces familles ne pourront plus y survivre ? La capitale du royaume, en l’état où elle se trouve, constitue déjà une gène pour la Flandre qui ne pourra la financer qu’au détriment d’investissements en Flandre même, notamment dans le domaine de l’emploi, à la traine depuis quelques années. En Wallonie aussi, tenir les communes bruxelloises budgétivores à bout de bras ruinerait tout projet raisonnable de maintenir le Hainaut à flot et de développer l’axe Namur/Arlon, pourtant très prometteur. La Wallonie, qui a vécu la tragédie de l’effondrement d’une identité industrielle originale, exprimée par l’art sculptural d’un Wasterlain ou d’un Meunier, a bien entendu intérêt à sortir le plus vite possible de l’impasse, en ne tablant que sur ses seules forces. Autres questions pendantes : le bloc des dix-neuf communes de la Région de Bruxelles Capitale se maintiendra-t-il ? Que vont décider à terme les communes à majorité autochtone où il fait encore bon vivre ? Vont-elles demander à être débarrassées des communes où règnent l’insécurité et le chaos ethnique ? Pour éventuellement être rattachées à la Flandre ou à la Wallonie ? 

 

La nouvelle donne linguistique

 

Pour réaliser ces projets d’investissements flamands ou wallons, le confédéralisme très avancé voire la scission se présentent aujourd’hui comme seules alternatives viables, alors que le contexte linguistique s’est légèrement transformé : 1) le français recule partout en Flandre au profit de l’anglais ; ce n’est pas dû à de la mauvaise volonté, c’est, à notre sens, la disparition générale du latin dans les curricula scolaires qui fait reculer le français partout en Europe (aux Pays-Bas, en Allemagne et en Grande-Bretagne) ; jadis, seuls les bons latinistes acquerraient une maîtrise exemplaire du français en sortant de leurs études secondaires. 2) Le néerlandais n’est pas en recul en Wallonie, contrairement à ce que l’on croit généralement en milieux nationalistes flamands. L’immersion linguistique dès la première année du secondaire est très populaire en Wallonie, surtout le long de la frontière linguistique dans les bourgades disposant de bons collèges ou dans les petites villes. Cette immersion est fort bien organisée par les directions et les pouvoirs organisateurs des écoles : ils recrutent très souvent des Flamands ou des citoyens néerlandais pour assurer en langue néerlandaise les cours d’histoire, de sciences et de géographie, outre le cours de néerlandais proprement dit, ce qui permet aux jeunes d’être immergés pendant dix heures par semaine dans la langue néerlandaise à un âge où la réceptivité linguistique et surtout lexicale est optimale. 177 écoles wallonnes pratiquent cette politique pour le néerlandais, 36 pour l’anglais et 6 pour l’allemand (le long des frontières allemande et luxembourgeoise). Les nationalistes flamands devraient avoir une oreille attentive, voire un regard fraternel pour ceux qui oeuvrent véritablement à la diffusion de la langue néerlandaise et à déconstruire tous les préjugés négatifs que des générations de sots ont attachés à la langue du nord du pays. 3) Beaucoup plus de Wallons qu’auparavant travaillent désormais en Flandre, dans de bons boulots. Les Flamands sont certes moins nombreux à travailler en Wallonie mais ceux qui y ont déniché un boulot, comme cette dame d’un restaurant populaire de notre bonne ville de Namur, s’y sentent bien « parce qu’on y est moins stressé »  (« minder stress »).

 

Ces trois remarques sur la nouvelle donne linguistique ne doivent pas servir à nos yeux, à justifier un néo-belgicisme, ou un « nouvel ordre de marche » à la Joris Van Severen, mais à éveiller un sentiment d’équité : l’autre n’est plus forcément perçu comme un « dangereux alien » mais comme un « partenaire différent, riche de sa différence ». Dans une telle perspective, Maingain, son parti et leurs obsessions apparaissent comme de pénibles anachronismes, portés par un électorat âgé et déphasé. Lors d’une fête du FDF, tenue sur une péniche amarrée le long du Canal à Bruxelles, un de nos observateurs discrets avait pu remarquer une majorité de vieux bavouilleux, devant qui se pavanait le Maingain. Le problème majeur est donc celui de Bruxelles, qui n’est plus en phase avec les autres régions du royaume, qui déguise ses anachronismes mentaux en « défense de la liberté des francophones ». En Wallonie, les régionalistes, qui ne veulent plus de la Communauté Wallonie/Bruxelles (ex Communauté française), sont en somme les représentants d’une certain raison politique et les alliés potentiels de la NVA, tout en ne niant pas les spécificités wallonnes au profit d’un compromis à la belge ou d’un belgicisme d’ancienne ou de nouvelle mouture.

 

Quel rayonnement possible pour la Wallonie ?

 

Reste à aborder la question du rayonnement de la Wallonie, moins repérable que celui de la Flandre à l’étranger. La Flandre a une identité suffisamment forte, surtout grâce à son incomparable patrimoine architectural et pictural, pour rayonner en tant que Flandre dans son environnement européen. La Wallonie possède aussi un patrimoine architectural et pictural incomparable mais il semble plus largement ignoré de nos voisins, rebutés par les chancres industriels, résidus d’une révolution industrielle qui appartient bel et bien au passé. La réponse que les régionalistes wallons conscients du boulet que représente désormais Bruxelles pour les deux autres régions du pays pourraient être de donner une dimension proprement wallonne à la romanité francophone de l’aire nord-est du parler d’oïl. Les pistes sont nombreuses : coupler la réalité historique (et donc nécessairement impériale/bourguignonne et sociale/syndicaliste) de la Wallonie aux espaces contigus du « Nord/Pas-de-Calais », de la Lorraine, voire au-delà même de l’espace d’oïl, en direction de la Suisse romande, de la Savoie et de la Franche-Comté de parlers franco-provençaux. Beaucoup de régions de France en ont assez de l’oblitération exagérée que leur imposent Paris et le centralisme. L’espace aujourd’hui hexagonal recèle de multiples identités en acte ou en jachère et, dès le début du 15ème siècle, en pleine épilogue de la guerre de Cent Ans, Armagnacs et Bourguignons suggéraient déjà des possibles différents pour ce que l’on appelle désormais l’ « espace gaulois ». L’historien Schnerb a magnifiquement mis en exergue l’idée bourguignonne. La personnalité de Louis XI, premier centraliste, a été analysée de manières différentes au cours de ces dernières décennies : après une hagiographie qui a fait date, celle de Murray, qui voyait en Louis XI le vrai fondateur de la France moderne, nous avons eu celle de Jacques Heers, peu flatteuse pour celui que les Bourguignons et nos ancêtres appelaient l’ « Universelle Aragne ».  En Wallonie, la littérature contemporaine possède deux joyaux sur le sujet : les ouvrages où Gaston Compère fait parler d’abord Charles le Téméraire (le « Hardi ») ensuite Louis XI. Dans le témoignage d’outre-tombe qu’énonce le Téméraire, nous décelons la nostalgie d’un projet inachevé. Dans le témoignage de Louis XI, nous décelons la satisfaction de la tâche accomplie. Mais cette tâche accomplie a légué un centralisme politique, sans la dimension culturelle et musicale des fastes de Bourgogne, un centralisme qui déçoit aujourd’hui et qui incite à découvrir, par une travail d’archéologie mentale, ce qui a été refoulé depuis l’œuvre d’unification et d’homogénéisation de l’ « Universelle Aragne ».

 

Reverdir la langue française

 

Ce travail d’archéologie s’accompagne, comme jadis chez les Félibriges provençaux, d’une volonté de retrouver des parlers vernaculaires et les idiotismes régionaux, non pas pour exalter le particulier en tant que tel, mais pour étoffer les langues d’oïl et d’oc par recours aux lexiques vernaculaires. Cet exercice s’avère particulièrement utile à une époque où le français recule, où les emprunts ne se font plus que par l’intermédiaire du franglais ou ne relèvent que de fabrications modernes biscornues. Dans son ouvrage remarquable sur les « linguicides », Jacques Olivier Grandjouan dénonce justement les journalistes, médiacrates ou traducteurs peu scrupuleux qui empruntent indûment à l’anglais, à l’américain ou au franglais, des tournures (syntaxiques et lexicales) ou des vocables qui ont pourtant des équivalents romans, stylistiquement plus corrects. Calques et emprunts défigurent la langue et le recours aux multiples formes de vernaculaire pourrait y remédier avec élégance. Ce serait là un projet identitaire formidable : recourir au vernaculaire pour transcender le vernaculaire pur et simple.

 

Le 19ème siècle avait connu des projets similaires en Belgique, où la langue romane devait se démarquer de Paris en optant pour des « éléments raciques » propres qui étaient souvent des calques malhabiles de germanismes issus des langues néerlandaises et allemande. On ne va pas troquer des calques franglais pour des calques « fralmands » ou « néerlançais ». On trouve de tels néerlandismes chez De Coster, où leur usage confine exceptionnellement au génie, ou encore chez Emile Verhaeren, où ils donnent à sa poésie une dimension charnelle et quasiment plastique qui demeure étonnante. Mais on ne saurait multiplier à l’infini cette technique littéraire. Les recours au vernaculaire ne peuvent se faire, à notre sens, qu’au sein d’un seul espace linguistique, celui de la germanité ou celui de la romanité.  Les locuteurs de langues ou de dialectes romans doivent emprunter aux autres langues ou dialectes romans, quitte, s’il le faut, à retrouver des germanismes romanisés remontant aux Francs, aux Alamans ou aux Burgondes, comme il en existe d’ailleurs dans notre français officiel (haïr, héraut, heaume, thorpe, maréchal, bedot, esquif, etc.).

 

Le projet bourguignon, plus ouvert sur l’Europe centrale et sur l’espace de la Mer du Nord (Angleterre et Scandinavie) au 15ème siècle que le projet armagnac, se concrétisera en une idée européenne avant la lettre par la « Grande Alliance » entre Habsbourg et Bourgogne (le mariage de Marie de Bourgogne avec Maximilien de Habsbourg) puis par la « Grande Alianza » entre Habsbourg/Bourgogne et Castille/Aragon (le mariage de Philippe le Beau et Juana la Loca). Le projet bourguignon débouche sur l’idée européenne traditionnelle (et non moderne). Le projet armagnac débouche sur le repli sur l’Etat-Nation. Le projet bourguignon fédère les identités locales ; le projet armagnac les oblitère. C’est pourquoi nous trouvons en France, aujourd’hui plus encore qu’hier, un mouvement sous-jacent d’adhésion et d’engouement pour les terroirs charnels, notamment chez des auteurs comme Jean Giono, Henri Vincenot, Marcel Pagnol, René Thomasset, Marc Augier dit « Saint-Loup » ou Jean Mabire, sans compter les innombrables auteurs qui écrivent des romans ou retranscrivent des récits propres à leur région. Les œuvres de Giono et de Pagnol ont été transposées en films de grande qualité. On songe surtout au « Hussard sur le toit » de Giono ou à « Manon des sources » de Pagnol, avec Emmanuelle Béart dans le rôle de Manon, où, un moment, elle danse nue en pleine nature, avec une grâce sans pareil. La littérature ruraliste est abondante en France aujourd’hui, bien qu’il faille, dans cette abondance, trier le bon grain de l’ivraie. Le cinéma wallon s’est fait une spécialité de croquer les drames sociaux depuis les années 30. Cela a donné des œuvres de génie mais il serait bientôt utile d’exploiter d’autres filons.

 

Les novlangues n’ont pas d’arrière-fond vernaculaire

 

Mais quel pourrait bien être l’utilité de ce recours au vernaculaire pour étoffer le français, langue en recul dans les établissement d’enseignement, partout en Europe ? Tout centralisme culturel facilite les opérations des soft powers étrangers. La sphère médiatique est plus aisément investie, si elle a été au préalable homogénéisée par une langue fermée sur elle-même, ne recourant plus à son fond vernaculaire. Un projet de subversion fondamental comme celui de la « nouvelle philosophie » n’aurait pas été possible dans un espace culturel plus pluriel et plus vivant : les novlangues, pour se maintenir et imposer leurs répétitions inlassables, ont besoin d’un espace qui a été au préalable balisé, épuré, sans plus aucun recours possible à un « reverdissement » par la langue spontanée du peuple, qui se gausse de la langue figée des clercs et la brocarde (cf. Mikhail Baktine, spécialiste russe de Rabelais). En Belgique, le Soir, qui ne s’ouvre jamais au vernaculaire et abhorre ce qui relève d’une Flandre jugée telle, est précisément la gazette qui reproduit tous les poncifs de la langue des clercs, du « politiquement correct » et de la novlangue actuelle (fabriquée par les agences médiatiques américaines et relayée par les officines de la « nouvelle philosophie » à Paris). Heureusement, son lectorat fond comme neige au soleil : des 329.000 lecteurs qu’il comptait pendant la seconde guerre mondiale, quand Hergé y publiait les aventures de Tintin, il ne lui en reste plus que 80.000 disent les statistiques (et 62.000 disent les « méchantes langues », heureuses de voir disparaître ce chancre, cette tumeur, dans le désintérêt général).

 

Grande Néerlande ou rapports normaux avec les Pays-Bas ?

 

Le projet bourguignon n’a jamais séduit les Flamands. Il n’a jamais été inclus dans leur mythologie nationale. L’écrivain condrusien Gaston Compère, et avant lui d’autres auteurs wallons séduits par Philippe le Bon et Charles le Téméraire, reprochent aux Flamands d’avoir fait le jeu de la France, de Louis XI et de François I en se révoltant contre les Ducs ou contre Charles-Quint. Compère adresse les mêmes reproches aux villes d’Alsace : d’avoir cultivé un particularisme urbain sans vision d’envergure contre un grand projet lotharingien qui aurait pu consolider l’Europe. Par ailleurs, l’histoire récente du mouvement flamand a été tiraillée entre partisans d’un projet grand néerlandais et partisans d’une Flandre indépendante seule, sans fusion avec le voisin du Nord. Les frères De Wever, aujourd’hui, critiquent les projets grands néerlandais, dérivés des idées lancées par Joris van Severen dans les années 20 et 30 du 20ème siècle, en les posant comme « irréalistes » et « fascisants » (on ne voit quel « fascisme », pourtant, transparaîtrait dans les réalisations du projet Benelux). La querelle des historiographies n’est donc pas simple à mettre en cartes dans l’espace belge. Quoi qu’il en soit, des liens privilégiés avec les Pays-Bas sont nécessaires pour les raisons suivantes : 1) les liens culturels et littéraires entre la Flandre et les Pays-Bas ne peuvent plus être niés, de même que les acquis historiques, économiques et politiques du Benelux ; 2) les provinces néerlandaises du Brabant septentrional, du Limbourg  et de la Zélande sont géographiquement, sentimentalement, religieusement (forte dominante catholique) très proches des provinces flamandes limitrophes, tandis que les zones d’urbanisation très dense du Randstad hollandais déplaisent, car il y règne une culture calviniste ou post-calviniste permissive que ne connaît guère la Flandre. 3) La Wallonie est liée aux Pays-Bas par l’artère mosane ; Liège est effectivement un port de mer via le Canal Albert qui mène à Anvers et via la Meuse qui mène à Rotterdam. 4) La Flandre, les Pays-Bas dans leur ensemble et la Wallonie sont liées étroitement, sur le plan économique surtout, à la Rhénanie du Nord/Westphalie. La Wallonie, surtout sa part ardennaise et luxembourgeoise est, de surcroît, liée à la Rhénanie/Palatinat. Cette dynamique féconde, qui a même permis de parler d’une adhésion future de la Rhénanie du Nord/Westphalie au Benelux, pourrait à terme englober la Lorraine et l’Alsace. Il serait fondamentalement idiot de nier ces dynamiques et de ne pas y participer ou de développer des archaïsmes qui empêcheraient une adhésion pleine et entière des âmes, des cœurs et des intelligences pragmatiques aux projets qui naîtraient au sein de cette synergie transfrontalière, où se télescopent trois langues. 5) Les querelles belgo-belges masquent généralement le seul projet qui a fonctionné dans la région au-delà des clivages linguistiques : l’Euro-Région, qui regroupe la province néerlandaise du Limbourg (autour de Maastricht), la province flamande du Limbourg, la province wallonne de Liège, la Communauté germanophone de Belgique, le Grand-Duché du Luxembourg et les Kreise d’Aix-la-Chapelle et de Düren en Rhénanie du Nord/Palatinat.

 

De Frédéric III au Zollverein

 

Certains patriotes allemands s’inquiètent de cette évolution : ils craignent de voir les provinces occidentales de l’ensemble allemand actuel se fondre dans une entité sans substance identitaire, de type eurocratique. On peut comprendre cette inquiétude. Il convient toutefois de leur rappeler que l’idée d’un « Zollverein », d’une union douanière, a précédé le nationalisme proprement dit en Allemagne. Il s’agissait de reconstituer un « baldaquin » économique pour remplacer le baldaquin impérial, après l’autodissolution du Saint Empire à l’époque des grandes victoires napoléoniennes. La province belge du Luxembourg, le Grand-Duché et les deux provinces du Limbourg ont fait partie, à un moment ou à un autre, du Zollverein, tant et si bien que l’hymne national allemand parle d’unité de la Meuse au Memel. On ne peut parler de Meuse que si ce fleuve a formé une frontière occidentale : c’était celle du Zollverein quand le Limbourg actuellement néerlandais en faisait partie. Ensuite, il y aurait lieu de reconstituer une Mitteleuropa tout entière sur base d’une sorte de nouveau Zollverein. L’historien se souviendra d’un mémoire rédigé pour l’Empereur Frédéric III au 15ème siècle. Il avait été rédigé par Aeneas Silvius Piccolomini, futur pape Pie II,  érudit italien qui avait retrouvé le manuscrit de Tacite sur la Germania antique. Pour l’Empereur Frédéric III, le futur Pie II rappelait que le Saint Empire devait sa solidité à la Bohème (l’héritage des Bohème/Luxembourg) et à l’espace brabançon (le bassin de l’Escaut à l’est de ce fleuve flamand, jusqu’à la Meuse, avec pour pièce centrale la riche « Hasbania » des Carolingiens, la Hesbaye, le Haspengouw). Ce rapport a été rédigé à l’époque du grand projet bourguignon et a probablement induit le vieil Empereur méfiant à consentir au mariage de son fils Maximilien I avec la Duchesse Marie de Bourgogne, assaillie par le Roi de France. Frédéric III, déjà maître des terres de Bohème, se dotait de cet espace brabançon, s’offrant du même coup une fenêtre sur la Mer du Nord et un accès au commerce maritime par cabotage avec l’Espagne et le Portugal. Le projet avait reçu l’aval de Marguerite d’York, veuve de Charles le Téméraire et belle-mère de la jeune Marie. A méditer en nos jours, où les fleurons de l’industrie automobile britannique, comme Bentley et la fameuse Mini, sont passés en des mains bavaroises, en l’occurrence BMW, qui loue les services d’un « designer » flamand, celui-là même qui avait dessiné les carrosseries de Skoda pour le compte de Volkswagen. Ce concurrent des grands Italiens que furent Ghia et Pininfarina a notamment dessiné la belle carrosserie de la Bentley, empruntée par Elizabeth II pour se rendre au mariage de Kate et William.

 

Quelques suggestions pour le nouveau rédacteur en chef du « Soir »

 

L’espace scaldien-mosan a donc un avenir, indépendamment d’un personnel politique wallon ou flamand qui ne vaut rien, qui ne représente que l’écume du peuple. Les hommes et les femmes de valeur oeuvrent ici et partout mais dans des espaces non politisés. Mis à part quelques figures un peu grotesques du showbiz ou quelques artistes déjantés, le Soir ne parle jamais des réussites réelles. La clique à Maingain ne s’intéresse pas davantage à ces réalisations substantielles, tout occupée qu’elle est à ses intrigues clochemerlesques. Les chancres bruxellois que sont le Soir et le FDF ne nous permettent pas de nous ouvrir avec enthousiasme et passion à toutes ces nouveautés potentielles, auxquelles pourraient participer les jeunes Wallons qui ont fait, pendant toutes leurs études secondaires, l’expérience de l’immersion. Le temps des crétins et des zozos, des crapules et des pourris, pourrait bien prendre fin dès l’avènement sur la scène politique de jeunes loups, « ex immergés ». Mais leur laissera-t-on la bride sur le cou ou les forcera-t-on à émigrer pour perpétuer ad infinitum le glauque marais de notre politique politicienne ? L’espace scaldien et mosan produit d’innombrables sagas personnelles, des « vitae » pour paraphraser Hannah Arendt, lectrice plus qu’attentive du philosophe de l’authenticité existentielle, Martin Heidegger. Pour échapper à l’inexorable faillite qui le guette, le Soir pourrait, par exemple, publier des entretiens avec nos grands universitaires qui oeuvrent en médecine notamment ou avec le « designer » flamand qui dessine les carrosseries des Bentley ou avec les Muvrini corses (pour faire découvrir un fleuron de la plus belle musique vernaculaire), avec des juristes de Suisse romande pour apprendre comment fonctionne un véritable fédéralisme, avec les producteurs jurassiens de ce délicieux fromage local qu’est la cancoillotte, avec les animateurs de l’Euro-Regio ou du carnaval de Malmédy, avec les protagonistes de l’affaire Sarrazin en Allemagne ou du débat lancé sur l’islam par les auteurs flamand Sam et Wim van Rooy. Les thèmes intéressants sont légion. Ils n’appartiennent cependant pas au « politically correct », du moins au sens très restrictif où l’entendent les sycophantes du Soir. Mais leur exploitation rédactionnelle serait de l’air frais. Enfin.

 

Car ce n’est pas tant d’un gouvernement dont nous avons besoin. Ce serait de toutes les façons un gouvernement de loques, de corrompus, de crapules et d’idiots. Nous avons besoin d’air frais pour dissiper les miasmes dont nous crevons.

 

lundi, 11 juillet 2011

Krantenkoppen - Juli 2011 (5)

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Krantenkoppen
 
Juli 2011 (5)
 
POLAND TO VOTE ON HISTORIC BILL BANNING ALL ABORTIONS AFTER MASSIVE GRASSROOTS CAMPAIGN:
"To bring the abortion ban before Parliament under Poland’s political system, the sponsors needed to collect 100,000 signatures within 3 months. They got 600,000 in 2 weeks":
http://www.lifesitenews.com/news/breaking-poland-to-vote-on-historic-bill-banning-all-abortions-after-massiv
 
 
SREBRENICA PLANNED IN WASHINGTON AND SARAJEVO:
 
 
'SREBRENICA MASSACRE' IS A WESTERN MYTH:
"Independent research shows some 2,000 Bosnian Muslim fighters were killed in battle for Srebrenica and that is the number of bodies Hague investigators were able to find”, said Swiss researcher Alexander Dorin, who has been investigating Srebrenica for the past 14 years":
http://dijaspora.wordpress.com/2009/06/16/alexander-dorin-%E2%80%9Csrebrenica-massacre%E2%80%9D-is-a-western-myth/
 
 
SREBRENICA PR HELPS JUSTIFY US BOMBINGS POLICY:
 
 
LES NOUVELLES REPUBLIQUES BANANIERES SONT EN EUROPE:
"L’Europe ne produit pas de bananes, mais a déjà ses républiques bananières. Remplacé United Fruit par banques et marchés financiers ; amendement Platt par Pacte pour l’euro ; la troïka ambassadeur américain, marines et contrôleur des douanes par la troïka Commission européenne, Banque centrale européenne et Fonds monétaire international":
http://www.michelcollon.info/Les-nouvelles-republiques.html
 
 
REYNDERS: "MAAK VAN BRUSSEL EEN GEWEST DAT HEEL BRABANT OMVAT":
"Reynders opperde er een oplossing voor Brussel en B-H-V. Hij hield een pleidooi voor een België met 3gewesten: een Vlaams, een Waals én een gewest met 2 miljoen inwoners dat Brussel en het oude Brabant omvat":
http://www.hln.be/hln/nl/1274/De-formatie/article/detail/1285091/2011/06/28/Reynders-Maak-van-Brussel-een-gewest-dat-heel-Brabant-omvat.dhtml#.TgpEuICrGhM.facebook
 
 
DE ZAAK-VAN BELLINGEN:
"In 2007 kwam hij in het internationale nieuws toen bleek dat een drietal koppels omwille van zijn 'zwart' zijn door niet door hem in de echt verbonden wilden worden. Van Bellingen besloot toen om een breed uitgesmeerde massatrouw te organiseren. Tot hier de prachtig georkestreerde mediastunt, maar er blijven vragen die nooit opgehelderd zijn":
http://www.clint.be/actua/politiek/de-zaak-van-bellingen-update
 
 
PVV LAAT JODENDOM VALLEN IN STRIJD TEGEN ISLAM:
"Wilders' onvoorwaardelijke steun voor Israël is niet ingegeven door een diepe interesse in het jodendom of respect voor de joodse religieuze traditie. Israël en het joodse volk zijn voor de PVV vooral mooie metaforen":
http://www.volkskrant.nl/vk/nl/3184/opinie/article/detail/2458007/2011/06/27/PVV-laat-Jodendom-vallen-in-de-strijd-tegen-de-Islam.dhtml#.Tg1p07ZX_E0.facebook
 
 
WHY IS CONGRESS A BILLIONAIRE'S CLUB?
"Congress is a club that consists of 245 millionaires. There are currently 66 in the Senate and 179 in the House. So while just 1% of Americans are millionaires, 66% of Senators are millionaires, as are 41% of House members":
http://www.cbsnews.com/8301-503544_162-20075586-503544.html
 
 
HOW THE LEFT AND RIGHT CAN UNITE:
"2 events following the 2008 financial meltdown focused attention on the power and dysfunction of the Wall Street-Washington axis that the establishment propaganda machine that keeps us divided came near losing control":
http://www.yesmagazine.org/blogs/david-korten/how-the-left-and-right-can-unite?utm_source=wkly20110624&utm_medium=yesemail&utm_campaign=mrKorten
 
 
NATO DESTROYS CIVILIAN INSTALLATIONS TO STOP THIERRY MEYSSAN FROM ADRESSING THE LIBYAN PEOPLE:
"Four years ago, the United States declared that [French journalist] Thierry Meyssan represented a threat to their national security and it requested its NATO allies to 'neutralize' him":
http://www.voltairenet.org/NATO-destroys-civilian
 
 
EGYPTE/AFFRONDEMENTS: UN HAUT RESPONSABLE ACCUSE USA ET ISRAËL:
"Les Etats-Unis et Israël sont à l'origine des heurts interreligieux en Egypte, car ils comprennent que c'est le seul moyen de faire plier notre pays. La raison principale de ces agissements est la peur israélienne de l'Egypte en tant que force influente et respectée dans la région":
http://fr.rian.ru/world/20110627/189969242.html
 
 
HET ABSURDE EN MEGALOMANE HST-PROJECT VAN DE SPAANSE POLITICI:
"Elke politicus in dit land wilde een HST-verbinding om te scoren bij de verkiezingen. Maar deze HST is een spooktrein met lege wagons en meer personeel dan passagiers":
http://www.express.be/business/nl/economy/het-absurde-en-megalomane-hst-project-van-de-spaanse-politici/148434.htm
 

dimanche, 10 juillet 2011

Krantenkoppen - Juli 2011 (4)

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Krantenkoppen
 
Juli 2011 (4)
 
THE ATTACK ON THE EURO AND THE DISMANTLING OF THE EUROPEAN UNION:
"This is drive to dismantle the EU to the advantage of an economic union spanning the 2 continents: a project to create a grand transatlantic market. (...) The attack against the euro and the dismantling of the EU is also the result of an offensive launched by the US and is equally transmitted by Germany, as well as by Brussels. The Commission and the Council thus confirm their involvement i...n the breakup of the EU and in its integration into a new transatlantic political and economic system under US direction, a model already at work in the negotiations on agreements to transfer personal data on European citizens to the US and negotiations around the creation of a market merging the 2 continents":
http://www.voltairenet.org/The-attack-on-the-Euro-and-the
 
 
SCO STEPS OUT OF CENTRAL ASIA:
"SCO may well become the leading integration process over the entire Eurasian landmass, (...) an organization that aims at keeping the US and NATO from establishing a permanent military presence in the region:"
http://www.voltairenet.org/SCO-steps-out-of-Central-Asia
 
 
FACEBOOK APPARTIENT-IL A LA CIA?
"L’investissement de capital-risque de plus de 40 millions de dollars est effectué par la CIA pour développer Facebook ...":
http://www.michelcollon.info/Facebook-appartient-il-a-la-CIA.html?lang=fr
 
 
6 OP 10 KANSARMEN KOPEN HUN ETEN OP KREDIET:
"58,3% van de financieel zwakkeren die bij een warenhuis een winkelkrediet aangaat, spendeert het geld aan basismiddelen als voeding en kleren":
http://www.nieuwsblad.be/Article/Detail.aspx?articleID=GDE3BR5KM
 
 
U PAY YOUR TAX 2:
"U2 verhuisde in 2006 zijn bedrijfszetel van Ierland naar Nederland, waar vrijwel geen belastingen worden betaaald op royalties verkregen uit muziek. Bono en de andere bandleden van U2 behoren tot Ierlands rijkste burgers":
http://www.express.be/business/nl/economy/u-pay-your-tax-2/148214.htm
 
 
HUNGARY: EU-FUNDED PRO-LIFE POSTER BANNED BY THE COMMISSION:
 
 
GEEN BEWIJZEN VOOR VIAGRA- EN GENOCIDEVERHALEN OVER KHADAFFI:
"Een onderzoek door Amnesty International leverde geen bewijs van mensenrechtenschendingen op. In vele gevallen bleken de beschuldigingen zelfs uiterst twijfelachtig. We hebben (in Libië) geen enkel bewijs gevonden van ook maar één verkrachtingsslachtoffer, stelt Amnesty":
http://www.standaard.be/artikel/detail.aspx?artikelid=DMF20110624_008
 
 
UNE GUERRE CONTRE IRAN AVANT SEPTEMBRE 2011?
Former Director of the Mossad Meir Dagan criticises an attack against Iran:
http://www.mecanopolis.org/?p=23533
 
 
PORTRET VAN EEN DEUGDELIJKE BANK:
"Bonussen zijn taboe, zaken doen volgens het kerktoren-principe en geen targets voor de werknemers. En toch succesvol: de Zweedse bank Handelsbanken":
http://www.ftm.nl/video/portret-van-een-deugdelijke-bank.aspx
 
 
3 REDENEN WAAROM KHADAFFI NOG STEEDS NIET VAN DE MACHT VERDREVEN IS:
"De Libische saga demonstreert dat een beperkte interventie met lage risico’s geen snelle oplossing garandeert:"
http://www.express.be/joker/nl/brainflame/3-redenen-die-aangeven-waarom-muammar-gaddafi-nog-steeds-niet-van-de-macht-is-verdreven/148059.htm
 
 
VENEZUELA HEEFT GROTERE OLIERESERVES DAN SAOEDI-ARABIË:
"Midden 2010 al maakte de US Geological Survey een nieuwe schatting bekend en werden de Venezolaanse oliereserves in de zogenaamde Orinoco-regio bijgesteld tot dubbel der tot dan geschatte hoeveelheden":
http://www.express.be/sectors/nl/energy/venezuela-heeft-grotere-oliereserves-dan-saoedi-arabie/138906.htm
 
 
EUROPARLEMENTSLEDEN ZETTEN ZICH SCHRAP: HOF VAN JUSTITIE BEVEELT OPENBAARMAKING ONKOSTENDECLARATIES:
"Verwacht wordt dat het rapport veel stof zal doen opwaaien, want het EP doet sinds 2008 zijn uiterste best om dit geheim te houden":
http://www.express.be/business/nl/economy/europarlementsleden-zetten-zich-schrap-hof-van-justitie-beveelt-openbaarmaking-onkostendeclaraties/148136.htm
 
 
MOTHER RUSSIA'S OPPORTUNITY:
"The Cold War is now over and America dominates and parasites Europe economically, through command of NATO and use of its armed forces as a tool of American foreign policy. America has bases in every European country, makes financial payments to politicians and political parties and interferes in European political matters generally."
 
 
THE PLAN TO DESTABILIZE SYRIA:
"The military operation to destabilize Syria and the propaganda campaign that came with it have been orchestrated by a coalition of states under US coordination, in exactly the same way that NATO coordinates its member and non-member states to bombard and stigmatize Libya. The mercenary forces have been provided with the compliments of Prince Bandar bin Sultan. (...)
Far from arousing the population against the 'regime', this blood bath triggered a national outpouring for President Bashar al-Assad. Aware that they are being drawn into a civil war by design, the Syrians are standing shoulder to shoulder":
http://www.voltairenet.org/The-plan-to-destabilize-Syria
 
 
DE WAL-MART-ECONOMIE:
"De onmeedogenloze jacht naar de laagste prijs jaagt vele Amerikaanse producenten het faillissement in, waarna die productie naar lagelonenlanden verhuist en de omstandigheden waarin goederen ginds worden gemaakt allesbehalve transparant zijn":
http://www.express.be/joker/nl/americanmatters/de-wal-marteconomie/139183.htm

Links van de arbeid, rechts van de moraal: manifest voor een alternatief nationalisme

Links van de arbeid, rechts van de moraal: manifest voor een alternatief nationalisme

Thierry Vanroy

Ex: http://watjezegtbenjezelf.wordpress.com/

dyn001_original_282_355_jpeg__2bbd80e3096f479d032d92af1e846011.jpgZoals beloofd zou ik een artikel schrijven over ‘mijn’ nationalisme. Flink wat denkwerk is hier overheen gegaan en de ambities zijn enigszins verlegd naar een persoonlijk manifest. Met excuses voor de lengte en op het risico af mijzelf onherroepelijk controversieel te maken, hoop ik hier desalniettemin een lans mee te breken. Geen betere plaats dan WJZBJZ voor een dergelijke tekst te lanceren, lijkt mij alleszins.

***

“But, if constructing the future and settling everything for all times are not our affair, it is all the more clear what we have to accomplish at present: I am referring to ruthless criticism of all that exists, ruthless both in the sense of not being afraid of the results it arrives at and in the sense of being just as little afraid of conflict with the powers that be.”

Karl Marx – Deutsch-Französische Jahrbücher, 1943

I. Het mondialisme

Laat ons het verhaal beginnen bij de alombekende links/rechts tegenstelling. Aan de rechterzijde vinden we twee groepen, ‘rechts’ van de moraliteit van waarden (traditioneel, integralistisch…) en ‘rechts’ van de immoraliteit van liberalisme (winst boven alles, asociaal, decadent…). Wat daar zo potsierlijk aan is, is dat zij een monsterverbond sluiten tegen ‘links’. En wat al even potsierlijk is, ‘links’ sluit exact hetzelfde monsterverbond tegen ‘rechts’. Potsierlijk, omdat het resultaat hoe dan ook de overwinning is voor het onderliggend verbond van financieel en supranationaal rechts (supranationale instellingen, dictatuur van het geld) en liberaal en supranationaal links (‘antifascisme’, ‘antiracisme’, dictatuur van de moraal). Dit verbond is een systeem, dat een agenda genaamd ‘mondialisme’ vervult. (Niet mondialisering overigens, dat is een materiële en immateriële uitwisseling als gevolg van technologische vooruitgang, het is niet mogelijk en zeker niet wenselijk daar tegenin te gaan.)

De enige manier om uit dit mondialisme te stappen, is door een nieuw systeem, een nationaal verbond van links van de arbeid en rechts van de waarden. Dit nationalisme (in de zin van niet-mondialisme), is dus gelanceerd vanuit een objectieve systeemanalyse, in tegenstelling tot de meer courante emotionele dwaalsporen. Men kan het ook patriottisme noemen, of gewoon revolutionair, maar dat is semantiek. Daarmee begrijpt men mondialisme nog niet, noch de concrete invulling van dat nationalisme (de maatschappijvisie). Daarom moet eerst de psychologie van het mondialisme duidelijk worden.

Wat volgt zijn enkele verklarende fundamenten, bewust essayistisch om een vermoeiende aaneenschakeling aan becijferde feiten en bevleugelde citaten te vermijden. Dit betekent echter niet dat de auteur een einzelgänger is die denkt het warme water uitgevonden te hebben, vanzelfsprekend kan hier de nodige ruchtbaarheid aan gegeven worden en vindt dit de nodige raakvlakken met de stromingen in de onderbuik van de maatschappij.

Schizofrenie van links

De schizofrenie van links is tweeledig. Ten eerste, een trotskistisch misprijzen van de autochtoon, anderzijds de immigrant hooguit stiefmoederlijk behandelen (racisme van links) omwille van diezelfde ideologie. Ten tweede, enerzijds ‘solidariteit’, anderzijds pro-immigratie, terwijl immigratie een antisolidair economisch fenomeen is. Belangrijk is dan ook een onderscheid te maken tussen immigratie en diversiteit, een nefaste verwarring vandaag de dag.

Immigratie bijt in de hand die hem voedt. Het door immigratie gecreëerde arbeiderssurplus en de welvaartstaat sluiten elkander uit. Dit niet omwille van een (nietbestaande) islamisering of gettoïsering, maar vanwege de eenvoudige logica dat immigratie een druk op de lonen en sociale zekerheid legt en de concurrentie op de arbeidsmarkt verhoogt. Dit is de agenda van economische immigratie (is er een andere vorm?) en dit raakt dus óók de ‘oude’ immigrant. Daarom dat diversiteit (komt later aan bod) hier los van staat.

Deze schizofrenie heeft van links de nuttige idioten van het mondialisme gemaakt. Zij verdelen de gemeenschappen, ook de allochtone, in dienst van sociale fragmentering. Zo zal je hen moslima’s zien recupereren via een reactionair feminisme in de naam van emancipatie, wat de uitgesloten moslims dan weer aanzet tot een al even reactionair machogedrag.

Stelling: Het antwoord van links strookt niet met de economische en maatschappelijke realiteit.

Het individu en de illusie van verdraagzamen tegen onverdraagzamen

Maken we twee veralgemeniseringen, je hebt enerzijds de burgerlijke wereldverbeteraar, een vriendelijk, verdraagzaam schepsel, maar een dat tegelijk zelfbevredigend is, met een onuitstaanbare pretentie. Anderzijds heb je diens alterego, die prat gaat op welk logo waar hangt en wat welk kleurtje draagt. Die zich openlijk – met wisselende subtiliteit – ergert aan k*tmarokkanen & theedoeken of (respectievelijk) blonde hoeren & haakneuzen. En zich zo de rol van ambassadeur der ‘Nederlandse identiteit’ of (respectievelijk) de ‘Marokkaanse/… identiteit’ aanmeet.

Hoewel twee individuen elkanders beste vriend kunnen zijn, zullen zij op communautaristisch (‘hokjes’) niveau elkaar verraden. Dat is de schizofrene situatie waar we toe aangezet worden. En men zal het niet snel van zichzelf willen toegeven, maar ondanks dat Henk en Fatima als werkcollega’s een goede synergie maken, behoren zij als individuen tot twee gemeenschappen (‘netwerken’) die tegenover elkander gepolariseerd worden, ook als Henk wereldverbeteraar is.

En daarmee wordt meteen aangetoond dat ‘tegen hokjesdenken zijn’, identiteit ontkennen en met ‘verdraagzaamheid’ te koop lopen mooie intenties zijn, maar het individu atomiseren en hem zo de kracht ontnemen te denken, te voelen en te reageren.

Stelling: De enige twee officieel erkende gemeenschappen, de natie en het individu, zijn tegelijk de enige die vandaag niet bestaan. De natie omdat het niet een verbond van nationale netwerken is, het individu omdat het zonder banden, zonder netwerk, geneutraliseerd is.

Communautarisme: infantilisering van de identiteit

Communautarisme (in de Franstalige zin, zie verder) is typerend voor de infantilisering van de massa, die via deze praktijken verder in het mondialisme geduwd wordt. Wij fragmenteren ons immers steeds verder in uitgekristalliseerde identiteiten op basis van symbolen en uiterlijkheden. Dit zijn oppervlakkigheden zonder diepgang, op basis van urbane/exotische/historische/… (schrappen wat niet past) folklore, verhuld onder het mom van (een beeld van) wereldburgerschap/traditie/uniek zijn… (opnieuw, schrappen wat niet past).

Het mondialisme heeft dit nodig. Identiteiten moeten oppervlakkig zijn, fragiel, en zeker niet integralistisch (lees: jezelf serieus nemen). En zo is er eigenlijk weinig verschil tussen de nostalgische impulsen van de identitair en de progressieve impulsen van de wereldburger. Zoals pornografische impulsen staan tegenover het geslacht voortzetten, zo staat couscous tegenover wereldburgers, zo staat varkensvlees tegenover identitairen.

Zo staat populisme tegenover (antimondialistisch) nationalisme.

Stelling: De oppervlakkige fragmentering van gemeenschappen leidt tot het inruilen van de wil door impulsieve verlangens, wat voornamelijk het consumentisme in de hand werkt. Geen enkel product van het mondialisme kan zo ingaan tegen haar schepper.

Antifascisme: indoctrinatie en chantage

Antifascisme zonder fascisten, dat op de spoken van de Tweede Wereldoorlog teert en in feite het monsterverbond tussen communisten (thans politiek geliquideerd en overgenomen door manisch trotskisme) en liberalen bestendigt. Reductio ad hitlerum, waarbij de gaskamers de plaats van Jezus Christus moeten innemen. Dat er een zekere bescherming mag zijn voor een groep die historisch onderdrukt is geweest, akkoord. Maar dat zij de Holocaust als voorwendsel misbruiken voor zelf een pertinent racistisch beleid te voeren, dat is het summum van perversie. En deze perversie is endemisch geworden, daar het ons chanteert tot een keuze te maken tussen mondialisme en Auschwitz. Een keuze die niet in vraag mag worden gesteld, maar evenwel geen steek houdt.

Stelling: Antifascisme is een instrument van de mondialistische indoctrinatie die, ondanks dat de economische feiten op tafel liggen, de electorale macht in handen van supranationale belangen gegijzeld houdt. Dit is de dictatuur van het kapitaal door valse moraliteit, dat de ware exploitatie en proletarisatie van de bevolking betekent in de 21ste eeuw.

Antiracisme: de diversiteitsleugen

Antiracisme zonder racisten en populisme zonder populus (volk), zij zwengelen de etno-religieuze spanningen aan door de maatschappelijke problemen te etniciseren. Blank tegen bruin, zelfs al zitten zij beiden onderaan de sociale ladder. Een antiracistische haat die tot racistische haat leidt, daar de ‘blanke’ zich onrecht aangedaan voelt en de ‘kleurling’ in de ‘blanke’ de eeuwige onderdrukker ziet. De strijd van de nationale arbeid tegen het mondiale kapitaal gaat in deze constructie verloren aan beide kanten.

Hieruit ontspringt dan ook een nieuwe vorm van racialisme, de mixologie. Dit is geen vermenging van het beste van twee werelden, dit is de vernietiging van alle culturele barrières door een geforceerde melting pot, opnieuw een product van het mondialisme. Dit is het echte kolonialisme, het mondialisme koloniseert iedereen. Wie nu overigens denkt dat men racist is door anti-antiracistisch te zijn, die heeft niet goed gelezen. Antiracisme is niet tegen racisme zijn, het is een autoritaire visie van wat racisme is en hoe we het zouden moeten bestrijden, ten koste van onszelf. Antiracisme is racistisch!

Ditzelfde antiracisme ligt ook aan de basis van het bovenvermelde communautarisme, het is de verantwoording voor een beleid waarin zichtbare ‘minderheden’ gepromoot worden (vrouwen, jongeren, holebi’s…), maar enkel om ze compatibel aan het mondialisme te maken. Is er immers een reden dat financiële en politieke steun uit moet gaan naar groepen die zich als ‘emanciperend’ neerzetten, terwijl zij overduidelijk niét als legitieme vertegenwoordigers kunnen worden beschouwd? Bijvoorbeeld, zijn de deelnemers aan de Gay Pride parades representatief voor de gewone, geïsoleerde holebi’s van middelbare leeftijd met vaak financiële en psychologische problemen omwille van hun geaardheid?

Stelling: Het antiracisme en het populisme creëren identiteiten compatibel aan het mondialisme, dienstnegers (van alle rassen en overtuigingen) om etnoreligieuze spanningen in tijden van crisis aan te zwengelen en zo te verbergen dat wij allemaal gelijk zijn in de miserie! Diversiteit is een constructie die valse identiteiten voortbrengt, opdat er een morele dwang ontstaat deze te erkennen en goed te keuren. Het is kortzichtig ons te laten misleiden in de naam van zowel verdraagzaamheid als onverdraagzaamheid, men moet de zaken kunnen zien zoals ze zijn.

Anti-islamisme

Uit het antiracisme is ook het anti-islamisme ontstaan. De politieke agenda van de islamofobie, het is een georchestreerde stigmatisering van moslims voor al onze sociale problemen aan te wijten. De legitieme sociale frustraties, die niets met religie te maken hebben, worden zo door de islamitische bliksemafleider ontladen. Tegelijk wordt de immigrant met de islam vereenzelvigd (en vice versa), daar standpunten tegen de islam gedoogd worden, maar niet zo tegen immigratie (opnieuw, aan de basis een economisch fenomeen). Islamofobie is de nieuwe politieke correctheid.

Stelling: Men zegt moslim, men denkt jood.

II. Nationalisme

Links van de arbeid, de sociale strijd, komt op dit moment niet overeen met het nationaal project. Rechts van de waarden, de moraal, evenmin. Het is echter een objectieve vaststelling dat de twee altijd samen zijn gegaan met nationale soevereiniteit. Dit is een historisch feit, de enige Internationale die ooit duurzaam heeft gewerkt, is die van het mondialisme.

Als er echter over nationalisme gesproken wordt, dan komen we in de eerste plaats zaken als ‘identiteit’, ‘cultuur’ en ‘geschiedenis’ tegen. En dan nog vooral het bekende adagium “nationalisme sluit uit”. De vraag is echter, wie sluit uit? Een makkelijk antwoord is dat nationalisme alleen kan bestaan door liefde voor de natie, niet door haat en wantrouwen vanuit de natie.

Maar toch moet ook hier een achterliggende psychologie opgehelderd worden, waarmee we abstractie maken van de natie in haar huidige (illusionaire) vorm.

Het bevrijden van het individu

Zonder in de eerste plaats de rol van het mondialisme te erkennen, blijven wij verdeeld en overheerst worden. Dan blijven wij trappen in de bovenbeschreven vallen, de valse debatten en uiteindelijk zullen wij allemaal vertrappeld worden onder de financiële voet van het mondialisme. Het geatomiseerde individu moet in de eerste plaats ontsnappen aan het mondialisme door te herbronnen in zijn banden, in netwerken die niet te integreren zijn in het mondialisme. Hij moet zijn authenticiteit terugvinden, want het zijn de authentieke netwerken die de natie kunnen (!) uitmaken. Door vrijwillig te verwortelen in de natie, aanvaardt men een zeker determinisme, namelijk dat er een collectief is, een idee waarbinnen de opeenvolgende generaties vorm geven aan de natie door het meedragen van de nationale totaliteit.

De natie is een levende traditie en een sociale organisatie. Geen atomisering in het mondialisme, geen romantische droom van een (polemische) volkscultuur, maar een interne differentiatie met nationale eenheid en continuïteit.

Het volk, het collectief dat de natie constitueert, zijn de productieve klassen (links) die zich met de natie identificeren (rechts), de synthese van links van de arbeid en rechts van de moraal. De nationalist is dan ook hij die in het aanzicht van het mondialisme de slagkracht terugvindt door herbronning. Door de bewuste verworteling van zijn authenticiteit met wat de totaliteit van de natie is, inclusief het verleden, kan hij zich als de legitieme (constant evoluerende) voortzetting van elke generatie beschouwen.

Trekken we dit door naar de politiek, dan is de voorwaarde om aan mondialisme te ontsnappen een sociale beweging, die vandaag enkel nationalistisch kan zijn. Een nationalisme, waarin elk aspect van de natie als vertakking moet worden gezien en beperkt door grenzen. Beperkt, om niet misleid te worden tot schatplichtig te zijn aan de fictie van een ‘humaan’ (bedrieglijk) mondialisme, aan het voorwendsel van een ‘christelijk’ (blank) Europa, aan de leugen van een ‘beschaafd’ (veramerikaniseerd) Westen. Zelfs al zitten hier louter goede bedoelingen achter, misleiding is altijd gebouwd geweest op goede bedoelingen.

Wat voor concrete vorm het toekomstig maatschappelijk project krijgt, dat is nu alleszins niet aan de orde. Een nationale identiteit moet uit de nationale netwerken ontstaan, vanwege identitaire pretentie (= geloven dat dit collectief vandaag nog zou bestaan) omgekeerd redeneren is inderdaad een nationalisme dat uitsluit. Het volk moet terug materialiseren en mobiliseren voor de verzoening tussen links van de arbeid en rechts van de moraal, daar volgt uiteindelijk vanzelf een eigenheid uit. Maar dit determinisme aanvaarden, betekent ook dat de deelnemers handelen in de geest van de totaliteit van de natie. Het is geen assimilatie, maar ook geen biologische oorlogsvoering tegen ‘de anderen’. Deze angstbeelden moeten juist overstegen worden.

Stelling: Nationalisme is het geatomiseerde individu via diens geneutraliseerde netwerken terug kracht geven, inclusief politieke slagkracht, door de integratie in het collectief, de natie. Politiek staat hier een nieuwe sociale en economische logica centraal, maar de eerste stap zal liggen in de verzoening met authentieke netwerken.

Het bevrijden van de allochtoon

Het is een spijtige zaak dat de massale immigratie ons met grote allochtone gemeenschappen (ook netwerken) heeft opgezadeld, waarbij we moeten erkennen dat er niet de wil, de mogelijkheid of zelfs maar de wenselijkheid bestaat om deze integraal op te nemen in een nationaal project. En hoewel diversiteit een illusie is en “aanpassen of opkrassen” een vernederende en polariserende stellingname, valt de bijzondere situatie niet te ontkennen. Een alternatieve aanpak dringt zich op.

Een begin zou zijn de multiculturele realiteit zoals deze nu is te erkennen, maar niet te aanvaarden. Maar al te vaak veinst men de verontwaardiging, alsof getto’s zoals Slotervaart en Borgerhout uit het niets ontstaan. Veel allochtone gemeenschappen hebben zich vrijwillig in wijken gesegregeerd, vanwege socio-economische achterstelling, maar ook om de eigenheid tegen het mondialisme te beschermen door hun eigen sociale controle op te kunnen leggen. Hoewel natuurlijk niet in zoveel woorden.

Of het voor hen werkt, dat is een andere zaak. Laten we de Marokkaanse moslimgemeenschap als voorbeeld nemen. Je had in de eerste plaats de oude generaties, maatschappelijk gemarginaliseerd in een derderangspositie, een ingesteldheid die zij op de huidige generaties hebben doorgegeven. De nieuwe generaties hebben het nu moeilijk met dit slachtoffercomplex, aangezwengeld door humanisme aan de ene kant en anti-islamitische provocaties aan de andere kant. Deze zijn bovendien op te splitsen in twee groepen. Zij die zich productief opgesteld hebben, naar school gaan en zelfs ondernemen. En die daarbij een uitweg voor dit complex in hun geloof zoeken. En dan zijn er diegenen die hier linea recta tegenover staan, die ofwel de Amerikaanse gettocultuur uitdragen, ofwel in het reactionaire salafisme duiken. Beiden ontstaan uit wraakgevoelens tegenover de onderdrukkende autochtoon, die thans nooit in hun leven onderdrukkend is geweest.

Een doorsnee autochtoon zal het niet graag erkennen (daar ofwel tegen links ofwel tegen rechts), maar de eerste groep behelst het concept van links van de arbeid en rechts van de moraal. Enerzijds beklimmen zij op eigen kracht de sociale ladder, anderzijds zijn zij aan Mei’68 ontsnapt en dus onaangepast aan het mondialisme. De tweede groep, vaak onterecht “moslimtuig” genoemd, zijn juist het product van het mondialisme. Het is de 16-jarige möchtegern-gangster met Tony Montana shirt en blingbling. Op zijn 26ste eindigt dit geval steevast als putjesschepper met een jong gezin ten laste omwille van een keer te veel onbeschermde seks. Wat heeft deze identiteit hem opgeleverd, behalve de designatie ‘k*tmarokkaan’ of ‘k*nkermoslim’, terwijl hij bezwaarlijk Marokkaans of islamitisch geleefd heeft? En er is een grote kans dat deze vervolgens nogmaals in de verkeerde kringen terecht komt.

Nu kunnen autochtonen oneindig lange discussies starten over de mogelijkheid een deel van die eerste groep allochtonen op te nemen in het nationale collectief. De discussie is echter relatief zinloos, gezien de huidige ‘nationale waarden’ (die men dan zou moeten onderschrijven), gepolitiseerd zijn. Beïnvloed door politieke correctheid, dan wel incorrectheid, ze zijn sowieso contraproductief voor een nationaal project, daar nooit authentiek. In de plaats van door de mensen zelf ingegeven, liggen hier supranationale invloeden aan de basis, economische (kapitalisme), maar ook ideologische (liberalisme).

Om nationaal herstel te laten primeren, zullen de netwerken hun kracht moeten terugvinden. Of hier dan ook nieuwe zuilen uit kunnen ontstaan, die oprecht meewerken aan nieuw nationaal project, bijvoorbeeld een nationale islam, is daarom niet aan de autochtoon (of niet-moslim) om te bewijzen. Zeker niet via de contraproductieve en denigrerende integratieprojecten van het mondialisme, dat enkel de verdere sociale fragmentering en de castratie van de allochtone netwerken tot doel heeft. Maar ook niet door elk beleid af te wijzen, zoals nu in Nederland, wat tot de neutralisering (humanisme) van hun identiteit zal leiden door buitenpolitieke invloeden. Het resultaat is in weze hetzelfde.

Hier ligt dan ook een compromisloze mentaliteit aan de basis: de weg vrijmaken voor het herstel van authentieke netwerken, welke dan ook, door ze te erkennen en te ondersteunen in hun eigenheid.

Er zijn genoeg bedenkingen bij te maken in welke mate netwerken compatibel zijn, maar dat het debat begint bij een intentieverklaring van allochtonen zelf, dat zou een correcte reactie zijn op de politiek van een Wilders, Dewinter… én de andere grote politieke partijen. Er zijn onder allochtonen (vooral moslims) immers meer collaborateurs dan fundamentalisten. Het wordt tijd dat men zich niet meer voor de kar laat spannen.

Alleszins verandert het antwoord niets aan de oplossing, ongeacht of men nu vrijwillig kiest mee te gaan in een antimondialistisch nationalisme of vrijwillig kiest bij een antimondialistische allochtone identiteit te blijven. En ongeacht welk percentage wat kiest. Als we niet willen verdrinken in de etnoculturele polarisering, moeten we de objectieve deneutralisering van het individu en de strijd tegen het mondialisme centraal stellen.

Willen allochtone gemeenschappen geen deel uitmaken van de natie, dat er dan een concessie gemaakt wordt. Dat deze op vrijwillige basis gemeenschapsautonomie mogen opnemen (de gemeenschappen zijn er al, een kwestie van erkennen dus) en dat zij niet meer misbruikt worden voor de agenda van het mondialisme. Dat er verder begrip voor deze keuze (deze eigenheid) is, zodat we de geconstrueerde tegenstellingen kunnen overstijgen. En dat de deur opengehouden wordt voor uiteindelijk een vrijwillige terugkeer in samenspraak met alle betrokkenen, inclusief de landen van herkomst, inclusief zij die vrijwillig blijven.

Daar zit tevens een belangrijke economische logica achter, maar dat zou de hier uitgeschreven visie van een vrijwillige ‘Choice of Civilizations’ in de plaats van een ‘Clash of Civilizations’ overschaduwen. De economische analyse moet niet de compromisloze steun aan het sociale herstel verhinderen.

Laten we de boodschap positief houden. Laten we de multiculturele realiteit erkennen, maar laten we haar incalculeren in het antimondialisme. Onder dwang assimileren (of deporteren) is een product van het mondialisme, pestwetten tegen de culturele beleving van de islam bijvoorbeeld, blokkeren elke weg die moslims mogelijk zelf willen nemen, maar hierdoor niet kunnen.

Daarom moeten wij er in de eerste plaats samen aan werken om de valse debatten en wederzijdse beschuldigingen van discriminatie, deportatie, Joodse getto’s en apartheid te overstijgen. Wij zijn samen onderdrukt, wij maken samen een vuist om te kunnen zijn zoals wij zelf willen zijn.

Stelling: De uiteenlopende integratie-experimenten zijn contraproductief. Zij verdiepen de fragmentering, zij werken het mondialisme in de hand en zij negeren de realiteit. Het vertrekpunt is niet aanpassen of opkrassen (de Clash of Civilizations), het is kiezen (de Choice of Civilizations). De opdracht is simpel: een overstijgende mentaliteit waarin de kracht door authenticiteit erkend wordt (rechts van de moraal) en waarin samen voor eenzelfde economische analyse geijverd kan worden (links van de arbeid).

Conclusie

Mondialisme is een ideologie, een seculiere religie die alles wil oplossen in een wereldorde, waarin slechts een concept van de mens getolereerd wordt en alles daartoe eenvormig moet assimileren onder de financiële orde van markten en consumentisme. Mondialisme wil niet alleen onze portefeuille, het wil onze ziel. De bovenbeschreven instrumenten van het mondialisme, zijn de dwaalsporen die wij moeten overstijgen. Door de verzoening van links van de arbeid en rechts van de moraal, wat enkel mogelijk is door nationalisme, wordt een politiek project aan dit verzet gegeven.

Maar daarvoor moet de atomisering tegengegaan worden, het herstel van de natie als collectief individu, als combinatie van nationale netwerken voor een alternatief op mondialisme. Daarvoor moeten de valse debatten dan ook overstegen worden. Dit kan enkel door een compromisloze mentaliteit met aan de basis een integrale systeemanalyse, die subjectieve sentimenten overstijgt om zo de valse debatten in te wisselen voor eensgezindheid en echt debat. Overstijgen wij dit niet, dan zijn wij uiteindelijk allemaal het slachtoffer.

Wat voor een toekomst willen wij? De totale onderwerping aan een mondialistische oligarchie, dat ons denken en handelen neutraliseert en ons gehele zijn onderwerpt aan het consumentisme en de dictatuur van het geld? Of de revolte van de onderworpenen, dewelke zich bevrijd hebben door en voor hun netwerken, om een vuist te maken tegen deze supranationale oligarchie?

Dat wij ons allemaal deze vragen beginnen stellen. En dat wij samen precedenten scheppen, zoals een debat rond de punten waar deze tekst een lans voor wil breken.

samedi, 09 juillet 2011

Krantenkoppen - Juli 2011 (3)

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Krantenkoppen
 
Juli 2011 (3)
 
VLAAMS BELANG HAKT ZICH VOOR HET OOG VAN DE CAMERA VERDER IN MOOTJES:
De partijraad wordt bevolkt door mensen die hun inkomen en hun levensstandaard te danken hebben aan de partij en de almacht van Filip Dewinter.
Dat 1/3 van die partijraad desondanks niet instemde met het ontslag van Van den Eynde en zijn Belfortploeg is dan ook bijzonder veelzeggend":
http://www.express.be/joker/nl/brainflame/vlaams-belang-hakt-zich-voor-het-oog-van-de-camera-verder-in-mootjes/147935.htm
 
 
GRIEKENLAND VERVALSTE ZIJN BEGROTING, REYNDERS EN DE ANDEREN KEKEN ER NAAR EN DEDEN NIETS:
"Griekenland loog van bij het begin over zijn statistieken en iedereen wist dat! Ik was voorzitter van de EU op dat moment. Gans Europa is dus mee schuldig aan de situatie":
http://www.express.be/business/nl/economy/griekenland-vervalste-zijn-begroting-reynders-en-de-anderen-keken-ernaar-en-deden-niets/147945.htm
 
 
DE WALMARTECONOMIE:
"De onmeedogenloze jacht naar de laagste prijs jaagt vele Amerikaanse producenten het faillissement in, waarna die productie naar lagelonenlanden verhuist en de omstandigheden waarin goederen ginds worden gemaakt allesbehalve transparant zijn. (...) Het vernietigende effect van Wal-Mart op de lokale samenleving is:
* Overal waar Wal-Mart neerstrijkt gaan de prijzen ook in andere winkels omlaag.
* Overal waar Wal-Mart neerstrijkt verdwijnen al snel de traditionele middenstandswinkels.
* Overal waar Wal-Mart neerstrijkt dalen de lonen.
* Overal waar Wal-Mart neerstrijkt gaat de werkloosheid de hoogte in.
* Overal waar Wal-Mart neerstrijkt neemt de vervuiling toe.
* Overal waar Wal-Mart neerstrijkt gaat de kindersterfte omhoog."

http://www.express.be/joker/nl/americanmatters/de-wal-marteconomie/139183.htm
 
 
EUROPA SMIJT MET (UW) GELD:
"Terwijl Europese burgers de ene besparingsmaatregel na de andere door de strot geduwd krijgen, reizen de Europese Comissarissen per privé-jet en delen ze juwelen van Tiffany’s uit aan hun gasten":
http://www.express.be/business/nl/economy/europa-smijt-met-geld/147926.htm
 
 
NICHT DIE ISLAMISIERUNG - DIE JUDAISIERUNG IST DAS PROBLEM:
"Im sogenannten Krieg gegen den Terror muß die ganze Welt die US-israelischen Hegemoniebestrebungen stützen. Auch die sich heute durchsetzende Globalisierung und NATO-isierung erweist sich als Teilaspekte eines geschichtlichen Prozesses, der auf die Judaisierung der Welt hinausläuft."
http://www.kreuz.net/article.13393.html

jeudi, 07 juillet 2011

Krantenkoppen - Juli 2011 (2)

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Juli 2011 (2)
 
BYE BYE BELGIUM, HELLO BENELUX:
"Quand je regarde notre territoire sur une carte de l'époque des Bourguignons ou de Charles- Quint, je découvre une région-frontière qui n'appartenait ni à la France, ni à l'Angleterre, ni à l'espace allemand. Une région de villes-Etats et... de démocraties urbaines, sans vocation impérialiste, au croisement des cultures romane, germanique et anglo-saxonne.

Une puissance de 25 millions d'habitants. Si nous unissions nos potentiels économiques actuels, ces « Lage Landen » seraient à la table du G 8 en lieu et place de l'Italie et du Canada. Anvers, Rotterdam : cet espace possède les plus grands ports d'Europe, une véritable porte d'entrée ouverte sur l'Asie ou le Brésil. Avec la Wallonie comme hinterland."
 
 
ENGELBERT DOLFUSS:
 
 
DE MARTELAREN ALS SLACHTOFFERS VAN DE STAAT:
"Zo probeerde paus Leo XIII te redden wat er te redden viel met zijn encycliek Rerum Novarum (1893), waarin hij het solidarisme benadrukt, de leer die de onderlinge betrokkenheid van de mensen en de volkeren centraal stelt":
http://www.catholica.nl/archief/14657/de-martelaren-als-slachtoffers-van-de-staat
 
LAMPEDUSA REFUGEE CRISIS:
 
 
HET UITEENVALLEN VAN DE EUROZONE IS ONVERMIJDELIJK:
"De Amerikaanse econoom Nouriel Roubini waarschuwt nogmaals voor het uiteenspatten van de eurozone. Roubini werd wereldberoemd door als een van de enigen de financiële crisis te voorspellen. Hij schat de kans dat de eurozone binnen 5 jaar niet meer bestaat 1 tegen 3":
http://www.express.be/business/nl/economy/het-uiteenvallen-van-de-eurozone-is-onvermijdelijk/147681.htm
 
 
DEMOCRATIE DIRECTE EN ISLANDE:
"Le gouvernement Islandais a mis en place un site sur lequel les islandais peuvent consulter l’ancienne constitution, et le brouillon de la nouvelle. Ils peuvent ainsi apporter leurs idées via les réseaux sociaux, et grâce au travail des m...embres de l’Assemblée qui prennent en compte toutes ces idées, c’est une Constitution proche des attentes du peuple qui est en train de se former en live sur le net.
Une fois finalisée, cette Constitution sera votée par les Islandais lors d’un referundum et si elle est votée, plus personne ne pourra y toucher, pas même le parlement Islandais."
 
 
NEDERLAND MOET UIT DE EURO:
"Met naderende drama's in Spanje, Portugal en Italië pleit Van Winden voor het beëindigen van wat hij de ‘Europese monetaire utopie’ noemt. (...) Het opbreken van de euro werkt helend":
http://www.ftm.nl/copypaste/nederland-moet-uit-de-euro.aspx
 
 
HUIZENCRISIS TEISTERT FLORIDA:
"Florida. Staat van (...) de duizenden dichtgespijkerde ramen, de koopborden die al maanden in de tuinen staan en wanhopige huizeneigenaren":
http://www.ftm.nl/followleader/huizencrisis-teistert-florida.aspx
 
 
US PLANNING TO GRAB VENEZUELA'S OIL:
"Venezuela with its oil riches is the next country on the US hit list. Venezuela’s fuel reserves should last for 100-150 years under the conditions of strenuous exploitation":
http://www.voltairenet.org/US-Planning-to-Grab-Venezuela-s
 
 
NOAM CHOMSKY: 'THE US AND ITS ALLIES WILL DO ANYTHING TO PREVENT DEMOCRACY IN THE ARAB WORLD':
"Across the Middle East, an overwhelming majority of the population regards the US as the main threat to their interests. The reason is very simple: the US and its allies are not going to want governments which are responsive to the will of the people. If that happens, not only will the US not control the region, but it will be thrown out":
http://www.democracynow.org/2011/5/11/noam_chomsky_the_us_and_its
 
 
LINING THE CHESSBOARD AGAINST THE RESISTANCE BLOC: WAR WITH SYRIA, LEBANON AND IRAN IN THE WORKS?
The US/Israeli/Saudi troika is out to destabilize the countries in the region that refuse to abandon their national sovereignty":
http://www.voltairenet.org/Lining-the-chessboard-against-the
 
 
LE MANQUE DE SOLEIL DANS LES PAYS NORDIQUE EST MAUVAIS POUR LA SANTE DES IMMIGRES:
"En Suède, les nouvelles populations immigrées arrivées d’Afrique ou du Moyen-Orient dans les années 90 souffrent beaucoup de carences en vitamine D, du fait de leurs peaux plus sombres":
http://www.contre-info.com/le-manque-de-soleil-dans-les-pays-nordique-est-mauvais-pour-la-sante-des-immigres
 
 
THE FORTY-YEAR QUAGMIRE: AN EXIT STRATEGY FOR THE WAR ON DRUGS:
"The war on drugs has cost roughly $1 trillion. It has resulted in tens of millions of arrests, put millions behind bars and driven the growth of a massive prison-industrial complex that now lobbies for the perpetuation of this failed war.... And it has legitimized gross violations of civil liberties and human rights; generated a global illicit drug market worth roughly $300 billion annually and produced crime, violence and corruption."
 
 
63 YEARS OF NAKBA:
 
 
GUNS N' ROSES: CIVIL WAR:
War only feeds the capitalist industry:
http://www.youtube.com/watch?v=E9VhD4SccSE
 
 
SURPRISE! IRAQ WAR DEATHS EXCEED VIETNAM WAR:
"The actual figures have been hidden from the American public just like the returning, flag draped coffins were censored from the press. But the figures are now available and we can only hope that the American people will be outraged when they learn how they have been misled.

Total U.S. Military Gulf War Deaths: 73,846":
http://www.viewzone.com/wardeaths.html
 
 
US NEEDS TO COMPLETELY WITHDRAW FROM IRAQ:
"Congress authorized to increase US embassy staff in Iraq to 17,000: by far the largest contingency of American embassy personnel in the world. The embassy compound is actually an enclosed and fully functioning city within Baghdad. Embassy staff will also be placed at 5 additional locations across Iraq and the embassy will operate 24 helicopters and 19 planes":
http://www.progressive.org/mpshamoo061311.html
 
 
SUD-SOUDAN: 'MAIS OU EST LA COMMUNUATE INTERNATIONALE?':
"Plus de 60.000 personnes ont été contraintes à fuir les combats au Sud Kordofan alors que la situation humanitaire est grave du fait du manque de nourriture, d'eau et de médicaments".
http://belgicatho.hautetfort.com/archive/2011/06/16/sud-soudan-mais-ou-est-la-communaute-internationale.html
 
 
MARINE LE PEN VEUT DU PROTECTIONNISME:
"Il faut sortir de ce système, que ceux qui ont créé l'euro admettent qu'ils se sont trompés. La zone euro est morte, elle va s'effondrer. Et il faut l'anticiper sinon ça sera le chaos":
http://www.europe1.fr/Politique/Marine-Le-Pen-veut-du-protectionnisme-588407/
 
 
UN RAPPORT INDEPENDANT BROSSE UN PORTRAIT CONTRASTE DE LA REBELLION LIBYENNE:
"La coalition militaire sous l’égide de l’Otan soutient une rébellion comprenant des terroristes islamiques. Nul ne peut nier que des rebelles libyens aujourd’hui soutenus par Washington étaient, hier encore, des jihadistes qui tuaient des GI’s américains en Irak".
 
 
AMERICAN MILITARISM IS NOT A FAIRY TALE:
"The US is now involved in no less than 6 wars: Iraq, Afghanistan, Pakistan, Yemen, Libya, and what used to be called the Global War on Terror."
http://www.tomdispatch.com/post/175404/tomgram:_william_astore,_american_militarism_is_not_a_fairy_tale/
 
 
HOW TO TURN REPUBLICANS AND DEMOCRATS INTO AMERICANS?
"American voters went to the polls in November 2010 to “take back” their country. Just as they had done in 2008. And 2006. And repeatedly for decades, whether it was Republicans or Democrats from whom they were taking the country back. No matter who was put in charge, things didn’t get better."
 

mercredi, 06 juillet 2011

Krantenkoppen - Juli 2011 (1)

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Krantenkoppen
 
Juli 2011 (1)
 
GOD BLESS AMERICA. AND ITS BOMBS:
"We never see the smoke and the fire, we never smell the blood, we never see the terror in the eyes of the children, whose nightmares will now feature screaming missiles from unseen terrorists, known only as Americans."
The fall of the American Empire would offer a new beginning for the long-suffering American people and the long-suffering world.
 
 
DONATIES VOOR MLADIC:
"Uit alle delen van de wereld sturen geëmigreerde Serviërs geld voor de verdediging van de Bosnisch-Servische oud-generaal Ratko Mladic."
http://www.powned.tv/nieuws/politiek/2011/06/donaties_voor_mladic.html
 
 
RABBI GETS PROBATION IN NJ CORRUPTION CASE:
"The spiritual leader of the Syrian Jewish community in the United States was sentenced Wednesday to two years of unsupervised probation for using a charity he controlled to illegally funnel money to Israel":
http://www.nypost.com/p/news/local/rabbi_gets_probation_in_nj_corruption_M7CfHs7OxDnjdTAMO9a8IK
 
 
GROENE MOSLIMS BRENGEN DE BOERDERIJ DICHTERBIJ:
"Om te laten zien dat het ook anders kan en ook om mensen weer in contact te brengen met de grond waar ons voedsel vandaan komt, organiseerde de stichting Groene Moslims een picknick bij de boer. Boer Konijn uit Driehuizen heeft ca. 70 koeien en werkt volgens de biologisch-dynamische (BD) methode."
 
 
BOOTS ON THE GROUND: SARKOZY AND CAMERON PREPARE TO LAND IN LIBYA:
"Everything is ready, then, for a “humanitarian” landing in Libya. The Europeans will have the honor of landing first, under the protective wings of the aircraft carrier Bush":
http://www.voltairenet.org/article170186.html
 
 
SPANIEN: HOLOCAUST-MAULKORB ADE:
"Der Oberste Spanische Gerichtshof in Madrid hat am 3. Juni festgestellt, daß das Verbreiten der antichristlichen NS-Ideologie und die Kritik an der offiziellen Version des sogenannten Holocaust, keine Straftaten sind."
 
 
WAAROM FRANKRIJK ABSOLUUT HET VOORZITTERSCHAP VAN HET IMF WIL:
"Frankrijk wil de beslissingsneming bij het IMF beïnvloeden om zo Amerikaans, Japans en ander geld te gebruiken opdat de eigen kiezers de werkelijkheid niet zouden zien: namelijk dat de structuur van de eurozone alle lidstaten in een riskante situatie heeft doen belanden."
http://www.express.be/business/nl/economy/waarom-frankrijk-absoluut-het-voorzitterschap-van-het-mfi-wil/147190.htm
 
 
EN WAT ALS DE ECB ZELF FAILLIET GAAT?
"De ECB heeft voor 444 miljard euro aan leningen aan zwakke landen in de boeken staan en haar schulden overtreffen 23 tot 24 keer haar activa".
http://www.express.be/business/nl/economy/en-wat-als-de-europese-centrale-bank-ecb-zelf-failliet-gaat/147208.htm
 
 
MÊME LES ARABES DEVIENNENT MEMBRES DU FRONT NATIONAL:
"Le Front national, le parti des «Français d’abord», est-il en train de gagner à sa cause un pan non négligeable des «immigrés»? Les statistiques font défaut. En France, des sondages réalisés lors de la présidentielle de 2002 indiquaient que 5% des Français musulmans, proportion équivalente chez les Français juifs, avaient voté pour Jean-Marie Le Pen.
François Vial, membre de la Fédération parisienne du Front national, affirme que son parti recrute parmi les Français arabes et noirs, en particulier des Franco-Ivoiriens pro-Gbagbo, déçus du soutien apporté par Nicolas Sarkozy à Alassane... Ouattara. C’est le cas de Sonia, 39 ans, mère de 2 enfants, habitant un quartier pavillonnaire aux Noues, en grande banlieue parisienne. «J’aime pas Sarko», dit-elle. Elle trouve Marine Le Pen «plus cool, plus relax» que son père sur la question de l’immigration. «Elle met l’accent sur les inégalités sociales, c’est ce qui me plaît.»"
 
 
MEDITATIONS EVENEMENTS ACTUELS PAR LES JESUITES SYRIENS:
"La véritable paix nationale ne peut pas se construire par le rejet d'une partie de la population contre une autre ; elle suppose tout au contraire une véritable vie en commun."
http://www.jesuites.com/actu/2011/syrie.htm
 
 
HOW REAL IS CHINA'S ECONOMIC GROWTH?
"There are large structural problems in the economy that will begin to bite as China exhausts its potential for rapid catch-up growth. And what then?"
http://www.economist.com/blogs/freeexchange/2011/05/chinas_economy_1
 
 
PROFESSEUR JEAN BRICMONT DEMONTRE POURQUOI IL EST RIDICULE DE MINIMISER LE ROLE DU LOBBY SIONISTE AUX ETATS-UNIS:
"Il y a beaucoup de démocraties dans le monde qui sont nettement plus laïques que les États-Unis (la Suède, la France.) et beaucoup de pays qui veulent acheter le pétrole au meilleur prix (la Chine) sans créer une haine particulière au Proche-Orient.
Bien sûr, il est vrai que, dans l'ensemble du Tiers-Monde, les Américains et les Européens sont souvent considérés comme arrogants et ne sont pas particulièrement aimés. Mais le niveau de haine qui conduit un grand nombre de gens à se réjouir d'un événement tel que le 11 septembre est particulier au Proche-Orient."
 
 
WHAT THE MEDIA FORGETS ABOUT ISRAEL:
"Christians in Palestine are Palestinian nationalists, we believe in Palestine, not in Israel".
http://ourfreeminds.wordpress.com/2011/03/11/s-karam-what-the-media-forgets-about-israel/
 
 
PAUS WAARSCHUWT VOOR VERLIES FAMILIEWAARDEN:
"De nieuwste aanval van de 84-jarige kerkvorst in een reeks tegen het groeiende anti-katholicisme in Europa. Benedictus XVI verzette zich eerder tegen een Britse wet die de kerk zou verplichten om ook homo's en transseksuelen aan te nemen":
http://www.trouw.nl/tr/nl/5091/Religie/article/detail/2441656/2011/06/05/Paus-waarschuwt-voor-verlies-familiewaarden.dhtml?sms_ss=facebook&at_xt=4debe959070629fb%2C0
 
 
ISRAELIS RUSH FOR SECOND PASSPORTS:
"Europe that is increasingly being viewed by a large number of the illegal occupiers of Palestinian land as the much desired haven for returning Middle Eastern Jews. (...) Every year, Israel loses more Jewish population to Europe and to the US than it gains".
 

vendredi, 10 juin 2011

Krantenkoppen - Juni 2011 (2)

 
Krantenkoppen
 
Juni 2011 (2)
 
BOOTS ON THE GROUND: SARKOZY AND CAMERON PREPARE TO LAND IN LIBYA:
"Everything is ready, then, for a “humanitarian” landing in Libya. The Europeans will have the honor of landing first, under the protective wings of the aircraft carrier Bush":
http://www.voltairenet.org/article170186.html
 
 
ISRAELIS RUSH FOR SECOND PASSPORTS:
Europe that is increasingly being viewed by a large number of the illegal occupiers of Palestinian land as the much desired haven for returning Middle Eastern Jews. (...) Every year, Israel loses more Jewish population to Europe and to the US than it gains:
 
 
HARRY HUIZINGA OVER DE NOODZAAK VAN GROTE BANKEN:
Professor Harry Huizinga (Tilburg University) wijst op het gevaar van relatief grote banken: ze kunnen too big to save zijn; de nationale economie zou bezwijken onder de lasten van een reddingsoperatie:
http://www.youtube.com/watch?v=IBaphuFIX_0&feature=player_embedded
 
 
GROTE BEDRIJVEN HEBBEN TEVEEL INVLOED OP POLITIEKE BELEID:
"Volgens 88% van de Amerikanen hebben de grote bedrijven teveel greep op de Amerikaanse regering. Datzelfde wordt ook gezegd van politieke actiegroepen (87%), financiële instellingen (85%), politieke lobbyisten (84%) en de nieuwsmedia (72%)":
http://www.express.be/business/nl/economy/grote-bedrijven-hebben-teveel-invloed-op-politieke-beleid/147095.htm
 
 
BISSCHOP TRIPOLI: BOMMEN OP KERK:
"Bisschop Giovanni Innocenzo Martinelli van Tripoli zei tegen het persbureau AsiaNews dat bombardementen verschillende gebouwen hebben verwoest, inclusief een koptische kerk":
http://www.rknieuws.net/nieuws/nws.php?id=66624
 
 
DER WESTEN WOLLTE DEN KRIEG, NICHT RATKO MLADIC:
‎"Gotovina gehörte im Bürgerkrieg zu den erbittertsten Gegnern der Serben. Im Jahr 1995 kommandierte er die Vertreibung in der Krajina.
Doch als Slobodan Milosevic im Jahr 2003 im Haager Gefängnis starb, unterzeichnete er eine Kondolenzanze...ige für seinen einstigen Erzfeind. Sie trug die Überschrift: „Wir gedenken des Helden.“
Gotovina hatte begriffen, daß er selbst nur eine Schachfigur gewesen war – in einem großen Spiel, in dem schließlich alle Balkanvölker verloren haben.“

mercredi, 08 juin 2011

Krantenkoppen - Juni 2011 (1)

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Krantenkoppen
 
Juni 2011 (1)
 
BOOTS ON THE GROUND: SARKOZY AND CAMERON PREPARE TO LAND IN LIBYA:
"Everything is ready, then, for a “humanitarian” landing in Libya. The Europeans will have the honor of landing first, under the protective wings of the aircraft carrier Bush":
http://www.voltairenet.org/article170186.html
 
 
ISRAELIS RUSH FOR SECOND PASSPORTS:
Europe that is increasingly being viewed by a large number of the illegal occupiers of Palestinian land as the much desired haven for returning Middle Eastern Jews. (...) Every year, Israel loses more Jewish population to Europe and to the US than it gains:
 
 
HARRY HUIZINGA OVER DE NOODZAAK VAN GROTE BANKEN:
Professor Harry Huizinga (Tilburg University) wijst op het gevaar van relatief grote banken: ze kunnen too big to save zijn; de nationale economie zou bezwijken onder de lasten van een reddingsoperatie:
http://www.youtube.com/watch?v=IBaphuFIX_0&feature=player_embedded
 
 
GROTE BEDRIJVEN HEBBEN TEVEEL INVLOED OP POLITIEKE BELEID:
"Volgens 88% van de Amerikanen hebben de grote bedrijven teveel greep op de Amerikaanse regering. Datzelfde wordt ook gezegd van politieke actiegroepen (87%), financiële instellingen (85%), politieke lobbyisten (84%) en de nieuwsmedia (72%)":
http://www.express.be/business/nl/economy/grote-bedrijven-hebben-teveel-invloed-op-politieke-beleid/147095.htm
 
 
BISSCHOP TRIPOLI: BOMMEN OP KERK:
"Bisschop Giovanni Innocenzo Martinelli van Tripoli zei tegen het persbureau AsiaNews dat bombardementen verschillende gebouwen hebben verwoest, inclusief een koptische kerk":
http://www.rknieuws.net/nieuws/nws.php?id=66624
 
 
DER WESTEN WOLLTE DEN KRIEG, NICHT RATKO MLADIC:
"Gotovina gehörte im Bürgerkrieg zu den erbittertsten Gegnern der Serben. Im Jahr 1995 kommandierte er die Vertreibung in der Krajina.
Doch als Slobodan Milosevic im Jahr 2003 im Haager Gefängnis starb, unterzeichnete er eine Kondolenzanze...ige für seinen einstigen Erzfeind. Sie trug die Überschrift: „Wir gedenken des Helden.“
Gotovina hatte begriffen, daß er selbst nur eine Schachfigur gewesen war – in einem großen Spiel, in dem schließlich alle Balkanvölker verloren haben.“
 
DE CRISIS IN DE MEDIA: VAN KWAAD NAAR ERGER:
"De Franstalige kranten in ons land kregen weer een klap van – 3,4%. In 10 jaar tijd verloren ze zo al 21% van hun lezers. Le Soir zag de verkoop zelfs dalen met een derde in 10 jaar tijd.
Ook in de VS daalde de verkoop van de 10 nationale kranten met bijna 20% tussen 2000 en 2009. In 2010 ging daar nog eens 5% van af. In Frankrijk worden elke dag nog maar 1,6 miljoen nationale kranten verkocht. In 1974 waren dat er nog 3,8 miljoen. Ook in Duitsland – een land met gretige krantenlezers – zakte de verkoop met 17% tussen 1997 en 2007. (...)
En dan hebben we het hier alleen nog maar gehad over de economische problemen van kranten en media. Veel belangrijker is hun krimpende geloofwaardigheid."
 
 
VS-CONGRES STELT STEMMING OVER LIBIË UIT:
"In het Amerikaanse Huis van Afgevaardigden is gisteren de stemming over een resolutie om de militaire VS-betrokkenheid bij de oorlog in Libië te beëindigen uitgesteld. HET GEVAAR WAS TE GROOT DAT DE MOTIE ZOU GOEDGEKEURD WORDEN":
http://www.demorgen.be/dm/nl/990/Buitenland/article/detail/1273436/2011/06/02/VS-congres-stelt-stemming-over-Libie-uit.dhtml#
 
 
HOW GOLDMAN SACHS CREATED THE FOOD CRISIS:
"In 1999, the Commodities Futures Trading Commission deregulated futures markets. All of a sudden, bankers could take as large a position in grains as they liked, an opportunity that had, since the Great Depression, only been available to those who actually had something to do with the production of our food."
 
 
1% VAN DE WERELDBEVOLKING BEZIT 39% VAN DE GLOBALE RIJKDOM:
"Het aantal miljonairs steeg in 2010 met 12% en verhoogde zijn deel in de globale rijkdom van 37 tot 39%."
http://www.express.be/money/nl/wealthrepublic/een-procent-van-de-wereldbevolking-bezit-39-procent-van-de-globale-rijkdom/146963.htm
 
WE STAAN VOOR EEN GROTE, GROTE DEPRESSIE:
"We krijgen een situatie waarbij investeerders ei zo na in paniek raken. Ze vinden geen investeringen waarop ze geld kunnen terugverdienen en ze durven hun centen niet in grondstoffen te steken omdat die totaal afhankelijk zijn van wat er met de economie gebeurt":
http://www.express.be/business/nl/economy/we-staan-voor-een-grote-grote-depressie/146983.htm
 
 
C'EST MAINTENANT L'HEURE DE LA DEBACLE POUR LA ZONE EURO:
"Un euro dans une banque grecque aujourd’hui n’a plus la même valeur que le même euro dans une banque allemande. Dans cette situation, on risque non seulement le retrait brutal des avoirs des clients de la banque, mais plus globalement, ce risque de désengagement s’étend au système bancaire national."
http://www.express.be/business/fr/economy/cest-maintenant-lheure-de-la-debacle-pour-la-zone-euro/146993.htm
 
 
GHOST TOWN 2: SPAIN:
The cause of the Spanish financial and economic crisis: reckless activities of land speculators:
http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=t0rjAfzoHeI
 

mardi, 07 juin 2011

Tekos nr. 142/2011

 

Tekos nr. 142/2011

INHOUDSOPGAVE


Editoriaal


In memoriam dr. Carel Boshoff
door Peter Van Windekens

Eugene Terre’blanche en de Afrikaner Weerstandsbeweging (deel 4)
door Peter Van Windekens

In het derde en vorige gedeelte van deze artikelenreeks over Eugene Terre’blanche en de AWB kwamen de plannen van de beweging aan bod om het unitaire Zuid-Afrika om te vormen tot een “Boer Volkstaat”, gebaseerd op het principe van de gewezen Boerenrepublieken. De Engelstaligen dienden zich in de toekomstige staat volledig aan te passen aan het Afrikanerdom, de joden zouden er nooit dezelfde rechten als in Israël kunnen genieten. De meeste aandacht in dit derde gedeelte ging echter uit naar de ‘belevenissen’ van Eugene Terre’blanche en de Engelstalige journaliste Jani Allan. Hetgeen de reputatie van de ‘leier’ niet ten goede kwam en wat voor onvrede en zelfs voor dissidentie binnen de AWB zorgde. Terre’blanche trachtte zich daarom te rehabiliteren via de partijpolitiek (waarop hij nochtans steeds had neergekeken), maar hij kon geen plaats op de kieslijsten bemachtigen. Door de verkiezingsoverwinning van de Nasionale Partij in september 1989 werd de apartheidspolitiek voor een eerste keer aan het wankelen gebracht. De NP had zich immers voorgenomen drastische veranderingen door te voeren. De AWB was het (uiteraard) hiermee niet eens…

Bij de opening van het nieuwe AWB hoofdkwartier te Ventersdorp op 10 oktober 1989 nodigde Eugene Terre’blanche Staatspresident de Klerk uit tot een gesprek. Deze laatste had naar eigen zeggen reeds alle betrokken partijen – uitgezonderd de AWB en de hele rechtsradicale zijde – rond zich verzameld om (met hem) te discussiëren over de toekomst van Zuid-Afrika. De Klerk aanvaardde de uitnodiging en derhalve vond op 9 november 1989 een ontmoeting plaats. Terre’blanche kwam echter niet in zijn eentje. In zijn gezelschap vertoefden ook nog: Ernst van der Westhuizen, leider van de AWB in Pretoria (hij zou later plaatsvervangend leider van de AWB worden), Piet Cloete, voorman van de Transvaalse separatisten, Theunis “Rooi Rus” Swanepoel (1927-1998), een berucht politieman met als standplaats de zogeheten ‘zwarte woonwijk’ Soweto (afkorting voor South Western Townships) buiten Johannesburg, alsook Robert van Tonder en Piet Rudolph voor de BSP (deze organisatie telde nochtans niet meer dan 200 ‘leden’, dixit Jan Groenewald in een interview). De president was op zijn beurt vergezeld door Gerrit Viljoen (1926-2009), minister voor Constitutionele Ontwikkeling en Planning. De aanwezigen boorden zowat alle mogelijke thema’s aan. Maar de “plat de résistance” van de bijeenkomst vormde uiteraard de eis van de AWB om de oude Boerenrepublieken weer in ere te herstellen en dit territorium af te scheiden van de rest van Zuid-Afrika. De Klerk wees de eis met beslistheid van de hand, waarop Eugene Terre’blanche repliceerde dat de oude republieken wettelijk gezien de eigendom van “het volk” waren. Men kon bijgevolg moeilijk van de Boeren verwachten dat zij zomaar hun recht zouden opgeven om zichzelf en hun eigen grondgebied te besturen .....


Zijn meisjes en jongens gelijk?
door Dr. med. Rudolf Kemmerich


Turkije: het neo-ottomanisme.
Francis Van den Eynde

Het blinde geloof van een aantal Europeanen dat Bush, omdat hij ‘rechts’ gecatalogeerd werd, een politiek voerde die ook de belangen van ons oude continent op het oog had, wordt slechts geëvenaard door de naïeve overtuiging van weldenkend links Europa dat Obama een totaal ander beleid dan zijn voorganger wil tot stand brengen omdat hij zwart is en voor een ‘progressist’ doorgaat. Dat zij beiden slechts om Amerika bekommerd waren en zijn, is nochtans voldoende opvallend. Dit geldt o.m. voor wat de Amerikaanse houding t.o.v. de relaties tussen Turkije en Europa betreft. Meer dan eens werd door de Democraat Obama, net zoals door de Republikein Bush, met heel veel verve gepleit voor de aansluiting van Turkije bij de EU. Dit zou immers voor Amerika zeer goed uitkomen en dit om verschillende redenen:

-Turkije te vriend houden betekent eerst en vooral voor de VS dat ze een aanspreekpunt behouden in de islamitische wereld waarvan op zijn minst kan gezegd worden dat die hen meestal niet zeer gunstig gezind is en dat is altijd meegenomen.

-Turkije kan ook een sterke bondgenoot zijn aan de zuidgrens van Rusland: een groot en machtig land dat wel eens opnieuw de wereldhegemonie van de VS in het gedrang zou kunnen brengen. Wie bovendien olie en/of gas uit Centraal-Azië naar het westen wil krijgen zonder door dat niet helemaal betrouwbare Rusland te moeten, heeft trouwens buiten het Turkse alternatief weinig keuze.

-Turkije is een behoorlijk stabiel land in het voor het overige toch zeer woelige Midden-Oosten. Iets wat voor de VS, maar nog meer voor Israël, de bondgenoot waar ze zo veel voor over hebben, best van pas kan komen.

-Eenmaal Turkije, een land dat geografisch noch cultureel bij Europa hoort, de EU vervoegd zal hebben, zal bovendien niemand zich nog kunnen verzetten tegen de aansluiting van Israël vermits dat land weliswaar ook buiten Europa ligt, maar tenminste nog als westers kan worden beschouwd. Vanzelfsprekend is dit conform de Amerikaanse wensen. Israël krijgt er een stevige Europese veiligheidswaarborg bij en Washington loopt niet langer rond met het odium dat het de enige grootmacht is, die onvoorwaardelijk de toch zeer omstreden politiek van Israël steunt. Een schandvlek is minder pijnlijk als ook iemand anders er mee rond loopt.

Geen wonder dus dat Obama ook op dit vlak de lijn Bush trouw blijft volgen en met alle mogelijke middelen Turkije in de EU probeert binnen te loodsen. Ondermeer door de Britten, die steeds het Amerikaanse paard van Troje in de Europese constructie geweest zijn, te vragen de Fransen en de Duitsers die op dat vlak nog steeds dwars liggen, van de gegrondheid van de Turkse toetredingsaanvraag te overtuigen. Amerika heeft hier immers alle belang bij. De vraag is echter of dit voor Europa eveneens het geval is ......

Humboldt als crisismanager
door Heino Bosselmann


Vlaams Belang: nood aan ideologische herbronning
door Jan Sergooris

Sinds de laatste verkiezingsuitslag gaat het met het VB van slecht naar erger. De partij komt in de media alleen nog aan bod met uitvoerige berichtgeving over persoonlijke conflicten en ruzies tussen haar sterkhouders. Voor het eerst in de 30-jarige geschiedenis van de partij ontstaan er serieuze barsten in de samenhorigheid. Electoraal succes kent vele vaders, de nederlaag is een eenzame wees. Het jarenlang gevoerde cordon tegen de partij dat finaal tot politieke machteloosheid heeft geleid en de opkomst van enkele politieke nieuwkomers (LDD, N-VA) die haar rechtse en Vlaamsgezinde monopolie hebben doorbroken, leidden tot een uittocht van tienduizenden kiezers.

Sinds haar oprichting in 1978 heeft het VB de ideologische verdienste gehad om, naast haar Vlaams-nationaal programma dat haar ware ontstaansreden vormde (cfr het Egmontpact), ook enkele maatschappelijke problemen op de politieke agenda te hebben geplaatst, die tot dan genegeerd werden door de traditionele politiek en de journalistiek. Ze vertolkte daardoor de rol van seismograaf van maatschappelijk ongenoegen. De problematiek aangaande “migranten” en “veiligheid” werden op geen tijd de “core business” van de partij en hebben haar geen windeieren gelegd! Sinds 1987 heeft het VB geoogst wat de traditionele partijen decennia lang gezaaid hebben nl. de negatie van problemen die reëel voelbaar waren voor de gewone man in de straat. Doordat de partij vanaf 1987 verkiezingsoverwinning na verkiezingsoverwinning aan elkaar reeg, ontbrak elke stimulans om zich ideologisch te herbronnen, laat staan een koerswijziging te overwegen. Maar wat haar sterkte was in het verleden wordt vandaag haar grote zwakte ......

De groene hoek
door Guy De Maertelaere

Schrijvers en Lezers
door P.L, P.V.W. & P.J.V.

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mardi, 31 mai 2011

Krantenkoppen - Mei 2011 (7)

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Krantenkoppen
 
Mei 2011 (7)
 
OORLOG EN LEUGEN IN DE BALKAN:
""[Moslim-president] Izetbegovic geeft zonder meer toe dat hij heeft gelogen hoewel hij de tragische gevolgen van zijn leugens kende. Hij geeft toe dat hij de luchtbrug heeft opgeschort, hoewel die noodzakelijk was voor het overleven van de... inwoners van Sarajevo, en dat hij uiteindelijk de bevolking heeft uitgehongerd. De reden waarom is al even erg, namelijk om het Westen tot interventie te dwingen. Zijn tweede bekentenis gaat over de Servische uitroeiingkampen. Door de Serviërs hiervan te beschuldigen, hoopte hij dat het Westen zou interveniëren en de Serviërs bombarderen. (...)
De historie van de Servische uitroeiingskampen is van groot belang. Daarmee werd het een oorlog van woorden en beelden, kortom een mediaoorlog die door de moslims werd gewonnen. Uit de memoires van Kouchner blijkt dat hij in Omarska is ge...weest en er geen uitroeiingskampen heeft gezien. Voor zover ik weet heeft Kouchner de publieke opinie hiervan nooit verwittigd noch de leugens van Izetbegovic ontmaskerd als het nieuws in de pers kwam. Midden juli 1992 kwam de Amerikaanse journalist Gutman aan in Banja Luka, de hoofdstad van de Servische republiek in Bosnië, en vroeg de kampen te mogen bezoeken. Merlino, een integere en intelligente journalist van France 2 waar hij trouwens adjunct-hoofdredacteur is, beschrijft de ervaring van Gutman zeer goed: "het Servische leger was niet wantrouwig en bracht hem naar het kamp van Manjaca. Hij was de eerste journalist die er binnen raakte. Hij heeft alles bezocht en de gevangenen kunnen ondervragen. Hij noteerde dat ze over het voedsel klaagden, maar niet over marteling spraken. Bij het buitengaan liet hij weten overtuigd te zijn dat het Servische leger de conventies van Genève respecteerde." Echter in zijn artikel van 19 juli 1992 in de New York Newsday gebruikte hij de term concentratiekamp en sprak hij over schandalen die sinds het Derde Rijk niet meer waren gezien. Twee weken later, op 2 augustus, schrijft hij over helse moorden in de kampen en zelfs over verbrandingsovens: "De lichamen werden verbrand in de ovens en dienden als veevoeder." Gutman kreeg voor zijn werk de prestigieuze Pulitzer Prize in 1993. Collega’s die de desinformatie ontdekten, eisten dat de prijs hem zou worden afgenomen. Toch ging zijn artikel de wereld rond. Hoe kon desinformatie zich toch verspreiden? Een deel van het antwoord komt van Merlino. Hij had een interview met James Harff, directeur van het invloedrijke communicatieagentschap Ruder Finn Global Public Affairs. Het agentschap werkt voor Kroaten, Bosnische moslims en later voor Kosovaarse Albanezen. Het werd dus betaald voor propagandadoeleinden en om uiteindelijk de oorlog tegen de Serviërs te kunnen winnen. Geen makkelijke klus, aangezien Serviërs in de loop van de geschiedenis nooit als agressor maar wel als slachtoffer bekend stonden. Zij waren zelfs het slachtoffer geweest van moordpartijen in Kroatië. Serviërs afschilderen als agressor was echt een hoge poker."
DE VALSE KAMPEN:
"We zien hoe de ploeg een juiste plek uitzoekt om te filmen. Je ziet zeer duidelijk hoe cameraman Jeremy Irving het hek probeert in beeld te krijgen en verschillende keren inzoomt tot er alleen nog prikkeldraad te zien is. Er werden dan enkele mensen aangevoerd die achter de draad moesten plaats nemen. Je hoort de cameraman verstaanbaar roepen: “Hey, stuur die magere van links eens naar voren!”.
Die ‘magere’ is Alic Fikret, een man met een aangeboren afwijking. Hij komt glimlachend, als uitverkorene, tot tegen de draad gewandeld. Die glimlach is natuurlijk niet meer te zien op de gemonteerde beelden die de wereld rond gingen.
Na montage lijkt het erop dat een groep uitgemergelde mensen zich tegen de draad drukt, reikend naar de vrijheid. Het beeld roept een associatie op met de concentratiekampen van de Nazi’s. Het kon niet anders of de Serviërs waren volop bezig met een ‘Endlösung’ …"
EX-DUTCHBATTERS WILLEN GETUIGEN VOOR KARADZIC:
"De twee zouden hem hebben verteld dat veel ex-Dutchbatters nog steeds met trauma's rondlopen omdat zij ervan worden beschuldigd Srebrenica niet te hebben verdedigd tegen het leger van de Bosnische Serviërs. (...)
Zij (Nederlandse ex-blauwh...elmen) hebben mij verteld dat Dutchbat eerder zichzelf moest beschermen tegen de moslims dan de moslims tegen de Serviërs. Zo heeft volgens hen bijvoorbeeld het Bosnisch-Servische leger de moslimvrouwen en -kinderen voedsel en water gebracht."
VERNIELING GGO-AARDAPPELVELD IN WETTEREN:
"De Field Liberation Movement hekelt met de actie de 'afhankelijkheid van wetenschappers ten aanzien van de agro-industrie'. Zowat 300 actievoerders waren opgedaagd. De actievoerders toonden 'hun afkeer voor deze veldproef die enkel de winsten van agro-industrie zal dienen'."
DUITSLAND IS GEEN VOORBEELD VOOR BELGIË:
"De armoede neemt toe. Erger nog, de armoede wordt structureel, ze gaat sneller over van de ene op de volgende generatie. Ook door het slechte onderwijssysteem in Duitsland. Wat dat betreft worden we stilaan een onderontwikkeld land."
DIE LINKE FLÜCHTET SICH IN EINE BLOCKWART-MENTALITÄT:
"Die Linkspartei, die nicht nur an ihren radikalen Rändern ein zweifelhaftes Rechts- und Demokratieverständnis pflegt, hatte mit Oskar Lafontaine einen Parteivorsitzenden, der stets in seiner politischen Biografie auch den rechten Ausfalls...chritt benutzte, um frustrierte Wähler von rechts für die Linke zu gewinnen. Auch wenn es altmodische und integre Linke wie Katja Kipping gibt, die dagegen opponieren, so ist zweifelsfrei, dass die Linke hier auf breiter Front bis tief hinein in die Bundestagsfraktion Positionen besetzt, die bisher der radikalen Rechten zugeordnet wurden."
 
 
ANTISEMITISME GROEIT ONDER DE AANHANG VAN DUITSE PARTIJ DIE LINKE:
"De conclusies van het rapport komen bovenop het nieuws van de laatste weken, waarin de linkse partij opriep tot een boycot van Israëlische producten, waarin individuele leden zich bezondigden aan antisemitische uitspraken en een lokale partijafdeling op een pamflet de Holocaust in twijfel trok."
 
 
SEKS ALS 'BONUS' NIETS ONGEWOONS IN DE ZAKENWERELD:
‎"De red-light industrie blijft nauw verbonden met de zakenwereld. De zaak Ergo, die eerder deze maand aan het licht kwam en waarbij bekend raakte dat deze Duitse verzekeraar een twintigtal prostituées had uitgenodigd op een motivatiefeestje voor de honderd beste verkoopagenten van het bedrijf in de Hongaarse hoofdstad Boedapest, is dan ook niet meer dan het topje van de ijsberg."
 
 
GENERAL RATKO MLADIC, SERBIAN HERO:
http://www.youtube.com/watch?v=WRiNqBSG4v0
 
 
NUN DANKET ALLE GOTT:
‎1955: Return of the official last German POWs in the USSR

lundi, 30 mai 2011

Krantenkoppen - Mei 2011 (6)

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Krantenkoppen
 
Mei 2011 (6)
 
KERNCENTRALES VERKOPEN DOE JE ZO:
"Terwijl zich in Japan een nucleaire ramp voltrekt, gaat Nederland gestaag door met de plannen voor de bouw van een tweede kerncentrale in Borssele. De kernenergielobby draait momenteel overuren. Fukushima mag het imago van kernenergie niet schaden. Maar hoe doe je dat? Tip nummer 1: Sus de burger in slaap en paai de politiek. Zembla vanuit Borssele in gesprek met bewoners, oud-lobbyisten, en de plaatselijke politiek."
 
 
REBELLEN VAN DE EERLIJKE COLA:
"Cola, sinas en lemon-lime van natuurlijke producten, zonder chemicaliën als fosforzuur en aspartaam, en gewoon in petflessen van 0,5 en 1,5 liter. De benodigde sinaasappelen kopen ze van Mexicaanse boeren, de citroenen komen van Sicilië en de ruwe biologische rietsuiker komt uit Zuid-Amerika."
http://www.ftm.nl/original/rebellen-van-de-eerlijke-cola.aspx
 
 
NIET ETEN VAN KIP IS EEN EUROFIELE DAAD:
"Anti-biotica, bacteriën, dioxine - wie kip eet moet tegenwoordig niet alleen een sterke maag hebben, maar ook zenuwen van staal. Bijna alle kip is nu besmet met de ESBL-bacterie. (...) Zelfs biologische kippen ontkomen er intussen niet me...er aan.
De reactie van de supermarkten – ze willen van besmet kippenvlees af – vond ik hypocriet en exemplarisch voor de gecorrumpeerde voedselindustrie. Natuurlijk, wie niet? Maar begin eens met normale prijzen te betalen. Kip is de afgelopen 50 jaar immers alleen maar goedkoper geworden."
 
 
REALITAETSSCHOCK FUER FEMINISTEN:
"Jede zweite Österreicherin wäre gerne Hausfrau, wenn der Mann genug verdient, 60 Prozent wollen unbedingt heiraten und Kinder haben, am besten zwei":
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5bd5ef64215.0.html
 
 
MLADIC EN KARREMANS:
Generaal Mladic zegt Dutchbat-commandant onverbloemd de waarheid:
http://www.youtube.com/watch?v=AZ7woyumciQ&feature=player_embedded
 
 
FLEXIBELE ARBEIDSOVEREENKOMSTEN RUINEREN GEZINNEN:
"Een op de 8 huwelijken in Duitsland is door flexibilisering en mobilisering een langeafstandsrelatie, aldus de voormalige minister van Arbeid woensdag. 'Dat is het aantasten van elke vaste verbintenis'."
http://www.katholieknieuwsblad.nl/nieuws/item/617
 
 
NIET ALLEEN MLADIC, OOK NAVO MOET WORDEN BERECHT:
"Servië zal zijn schuld niet ervaren indien de vertegenwoordigers van de internationale gemeenschap die op burgers hebben geschoten niet veroordeeld worden", zei de diplomaat. "De (islamitische) leiders in Bosnië zijn verantwoordelijk (voor misdaden), maar ook zij die hen hebben opgehitst en achter hen stonden. Er moet gewag worden gemaakt van de verantwoordelijkheid van de generaals van de NAVO", aldus Rogozin."
 
 

Elsa Darciel en Francis Parker Yockey: De Vlaamse danslegende

Elsa Darciel en Francis Parker Yockey: De Vlaamse danslegende

Prof. Dr. Piet TOMMISSEN

Ex: http://mededelingen.over-blog.com/

Darciel%20E.jpgElsa (niet: Elza) Dewette zag op 12 april 1903 te Sint-Amandsberg bij Gent het levenslicht. Ze was de kleindochter van Eduard Blaes (1846-1909), een verdienstelijke componist, dirigent en muziekleraar, bij wie haar vader pianoles had gevolgd. Afgaande op haar eigen getuigenis hoorde ze haar vader en haar grootvader vaak discuteren over de filosoof Friedrich Nietzsche (1844-1900), over de dichter Heinrich Heine (1797-1856) en over de beroemde componist Richard Wagner (1813-1883). Volgens haar latere leerling Oscar Van Malder, zouden die discussies "een diepgaande invloed uitoefenen op haar later leven en werken"; verheft hij een hypothese niet tot de rang van een feit?

Vader Dewette, ingenieur van opleiding en onderdirecteur bij de Telefoon te Brussel, kreeg bij het uitbreken van W.O. I het bevel, de plannen van het telefoonnet van de provincie Brabant in veiligheid te brengen. Dat verklaart wellicht waarom hij met zijn gezin naar Engeland is uitgeweken. In ieder geval vestigde hij zich na heel wat ronddolen in een woning in een buitenwijk van Londen. Via een zus van de later wereldberoemd geworden historicus Arnold Toynbee (1889-1975), een goede bekende van vader Dewette, geraakte Elsa op de elitaire Kensington Highschool.

Haar peter, de bekende etser Jules De Bruycker (1870-1945), bewoonde hetzelfde gebouw als het gezin Dewette; hij enthousiasmeerde Elsa voor de plastische kunsten. Anderzijds schijnt de eminente Zwitserse avant-garde kunstenaar Emile Jaques-Dalcroze (1865-1950) haar op school het abc van de muziek én de basisgedachten van de eurytmie te hebben bijgebracht. Pianoles volgde ze bij miss Barber, een oud-leerlinge van de grote Johannes Brahms (1833-1897) en verwant met de Amerikaanse componist Samuel Barber (1910-1981). Doch die artistieke impulsen verhinderden haar blijkbaar niet, zich voor de exacte wetenschappen te interesseren. In een interview vertelde ze het ingangsexamen chemie van de universiteit van Londen probleemloos overleefd te hebben.

Elsa bleef na de oorlog nog een jaar in Londen, om haar middelbare studies af te sluiten. Helaas werd dat einddiploma in België niet erkend. Van lieverlede kwam ze in een Franstalige Brusselse school terecht en dat werd een fiasco, want in Engeland had ze haar Frans verleerd! In oktober 1920 schakelde ze over naar de (eveneens Franstalige) Academie en volgde er drie jaar tereke als dagstudente de lessen van de in Watermaal-Bosvoorde woonachtige symbolistische schilder Constant Montald (1862-1946). Op een bepaald ogenblik kreeg August Vermeylen (1872-1945) het er zwaar te verduren: zijn inzet voor de vernederlandsing van de Gentse universiteit werd door zijn franskiljonse collegae, waaronder de beroemde architect Victor Horta (1861-1947), de directeur, niet geappreciëerd. Elsa nam het voor hem op en werd aldus van vandaag op morgen populair in Vlaamse studentenmiddens: ze werd tot penningmeester van de afdeling Brussel van het Diets Studentenverbond gebombardeerd, een functie die ze vier jaar heeft waargenomen.

Van 1924 tot in 1931 was Elsa Dewette als tekenares tewerk gesteld bij een weekblad voor dames, voor hetwelk ze tevens de bekende acteur Douglas Fairbanks (ps. van Elton Ulman; 1883-1939) en de als "de kleine verloofde van Amerika" bekend staande actrice Mary Pickford (ps. van Gladys Smith; 1893-1979) geïnterviewd heeft. In 1922 gebeurde echter iets dat haar leven een beslissende wending zou geven: toevallig woonde ze in de Parkschouwburg te Brussel een optreden bij van Isadora Duncan (1877-1927). De schok was dermate groot dat ze daarna drie dagen met koorts te bed heeft gelegen!

De gracieuze bewegingen van Isadora Duncan, waarin de danseres als het ware haar ziel blootlegde, konden de zich voor danskunst interesserende Elsa Dewette niet onverschillig laten; ze realiseerde zich te maken te hebben met een concrete toepassing van de danshervorming die Jean Georges Noverre (1727-1810) gepredikt en wiens Lettres sur la danse et sur les ballets (1760) ze bestudeerd had. Na de danseres in Brussel aan het werk te hebben gezien, heeft ze met haar een paar gesprekken gevoerd op haar kamer in het Brusselse hotel Métropole aan het de Brouckèreplein. Meer nog: met de opbrengst van de verkoop van geërfde aandelen kon ze in 1927 in Nice bij haar idool dansles volgen. Wie weet hoe haar leven zou verlopen zijn, mocht de beroemde sterdanseres niet in de loop van datzelfde jaar zijn overleden?

Elsa's besluit lag hoe dan ook reeds vast: ze wou en ze zou met een eigen dansschool van start gaan. De ouders waarschuwden haar: waarom een veilig bestaan aan een onzekere toekomst opofferen? Vandaar dat het tot 1930 geduurd heeft alvorens de grote stap gezet werd. Aan de Folkwangschule in Essen heeft ze een zomercursus gevolgd bij Kurt Jooss (1901-1979), eerst leerling en dan assistent van Rudolf Laban von Vàralja, beter beken als Rudolf von Laban (1879-1958), wiens theorie hij in de de praktijk toepaste; ze was vergezeld van twee dames die in Vlaanderen ook hun weg als danseres hebben gemaakt: Lea Daan (ps. van Paula Gombert; 1906-1995) en Isa Voss (ps. van Maria Voorspoels; 1909-1939).

In 1930 bracht Elsa op de voorgevel van haar woning (Kruisstraat 8 te Elsene) een koperen plaat aan met de indicatie: "Elsa Darciel - School voor Eurythmie". Bijgevolg moet ze rond die tijd voor het pseudoniem Darciel geopteerd hebben. Sommige auteurs beweren dat die schuilnaam door haar leerlingen bedacht werd. Elsa's eigen versie klinkt logischer: de naam zou afgeleid zijn van d'Arcielle, de naam van een oud-tante die in de tijd van de Franse Revolutie leefde.

Toen in 1932 vrij regelmatig gemiddeld vijftien leerlingen opdaagden, besloot de nieuwbakken Darciel alles op alles te zetten: ze huurde in Brussel de zaal van het Paleis voor Schone Kunsten (thans: Bozar) af! Maurits Wynants schrijft: "Het werd een triomf." Geen wonder dat ze de krachttoer in 1934 herhaalde, dit keer met een eigen creatie van het ballet Heer Halewijn op muziek van de door de musicoloog Charles Van den Borren (1872-1966) aangepaste Boergondische Hofdansen. De pers jubelde: "Een nieuwe vorm van dans met internationale allures is in België geboren."

dansku4.jpgDaarna volgde de grote stap, die erop gericht was gans Vlaanderen te veroveren. Met Herman Teirlinck (1879-1967) als animator begon in Aalst een ware triomftocht. Het heeft geen zin de vele successen op te sommen, daar ze in de kranten breed uitgesmeerd zijn geworden. De uitzondering bevestigt de algemene regel en dus maak ik twee uitzonderingen: in 1939 voerden op de Grote Markt te Kortrijk 1.500 danseressen en dansers 10 dagen lang het Vredesspel op en in 1944 grepen talrijke opvoeringen van Tijl Uilenspiegel op muziek van Richard Strauss (1864-1949) plaats. Bij de Bevrijding kende haar vader moeilijkheden omdat een hogere Duitse officier hem een bezoek had gebracht (cf. infra). Zij zelf reisde begin 1946 naar de U.S.A., bezocht er in diverse steden familieleden en vrienden, en hield lezingen in de Engelse taal (cf. infra).

Na haar terugkeer einde 1947 begon - dixit Jacques De Leger (°1932) - "haar belangrijkste creatieve periode". Inderdaad, van 1952 af trad ze, dit keer in opdracht van de dienst Volksontwikkeling, overal in den lande op en monteerde ze balletuitzendingen voor de televisie. Bovendien gaf ze aan diverse scholen onderricht in bewegingsleer. In 1965 hield ze het voor bekeken: ze had in de loop der voorbije 35 jaar niet minder dan 400 balletavonden georganiseerd en zowat 35 grote balletten gecreëerd! Doch zonder dralen vatte ze de studie van de Spaanse taal aan, die ze na vijf jaar afsloot. Ook maakte ze van een haar in december 1963 door de universiteit van Cambridge afgeleverd diploma gebruik om geïnteresseerde E.E.G.- ambtenaren Engels bij te brengen.

Op 89-jarige leeftijd werd in Tervuren haar huurcontract opgezegd en stond Elsa op straat. Toen heeft iemand ervoor gezorgd dat haar archief niet op het stort belandde.

Zelf belandde ze op een eenpersoonskamer in Ukkel, terwijl haar bezittingen (vooral de bibliotheek) bij een hulpvaardige ziel terechtkwamen en sindsdien verdwenen zijn. Uiteindelijk kwam ze in het rusthuis Weyveldt in Hofstade (bij Aalst) terecht, alwaar ze begin 1998 vreedzaam overleden is.

Deze aflevering steunt uitsluitend op de voortreffelijke biografie van K. Coogan, Dreamer of the Day. Francis Parker Yockey and the Postwar Fascist International (Brooklyn, NY: Autonomedia, 1999, 644 p.)

yockey.jpgF.P. Yockey werd in 1917 in Chicago geboren. Al vroegtijdig ontpopte hij zich als een goede pianist en gold hij als een begaafde humorist. In de herfst van 1934 kwam hij op de University of Michigan (Ann Arbor) terecht. Hier werd hij uit een Saulus een Paulus, d.w.z. hij gaf zijn pro-communistische overtuiging prijs en werd bij wijze van spreken een Amerikaanse nazi. Die ommezwaai wordt toegeschreven aan zijn lectuur van Der Untergang des Abendlandes, het tweedelige opus magnum van de Duitse historicus en niet-nazi Oswald Spengler (1880-1936), doch het is een uitgemaakte zaak dat hij door de spengleriaans getinte Kulturgeschichte der Neuzeit (3 delen; 1927-31) van de Oostenrijkse Jood Egon Friedell (eig. Friedmann; 1878-1938 [zelfmoord]) tot de overtuiging was gekomen, dat niet materiële factoren, doch ideeën het historisch verloop bepalen. De ironie van het lot heeft dus gewild dat twee eminente Europese niet-nazis onrechtstreeks een Amerikaanse nazi hebben voortgebracht!

Wat er ook van zij, in 1936 schakelde Yockey over naar de katholieke Georgetown University (Washington); hij immatriculeerde in het aan deze universiteit verbonden Center for Strategic and International Studies. Als reden geeft Coogan zijn belangstelling op voor het verband tussen internationaal recht en buitenlandse politiek. Meteen begon hij zich te begeesteren voor de geopolitiek, meer bepaald voor de doctrine die Karl Haushofer (1869-1946) verkondigde en die door één van zijn professoren, de pater jezuïet Edmund Aloysius Walsh (1885-1956), bestreden werd. Interessant om weten: diezelfde pater doceerde ook - andermaal afwijzend - over de theorieën van de hoger vermelde Carl Schmitt. Voor de tweede keer zorgde de ironie van het lot voor een verrassing: na W.O. II heeft Yockey zowel Haushofer als Schmitt misbruikt.

Zijn diploma behaalde Yockey cum laude in 1941 aan de rechtsfaculteit van de door jezuïeten gerunde Loyola University (Chicago), na tussendoor aan de Northwestern Law School (Chicago) college te hebben gelopen. Al dan niet onder schuilnaam geraakte hij bij rechtse initiatieven betrokken. Er mag niet uit het oog worden verloren dat rechts en zelfs fascisme op dat ogenblik ook in de U.S.A. nogal wat aanhangers hadden; het is denkbaar dat de optie van de wereldwijd bewonderde industrieel Henry Ford (1863-1947) en deze van de zeer populaire vliegenier Charles Lindbergh (1902-1974) daar niet vreemd aan zijn geweest.

Zoals talloze Amerikanen was Yockey gekant tegen de Amerikaanse militaire interventie, wat hem niet belet heeft in mei 1942 soldaat te worden. Maar in "een lijst van deloyale of subversieve personen die door het Sixth Service Command ervan verdacht werden nazis te zijn" figureert Yockeys naam! Op de begrijpelijke vraag "Was Yockey een nazi-spion?" antwoordt Coogan voorzichtig, dat het er de schijn van heeft, dat hij geen "spion in de gebruikelijke zin van het woord" was. Hij is twee maanden voortvluchtig geweest (in de terminologie van het Amerikaanse leger: AWOL = Absent Without Official Leave - in mijn ogen een eufemisme). Niettemin werd hem om geneeskundige redenen op 13 juli 1943 eervol ontslag verleend.

Anno 1946 kreeg Yockey een job aangeboden in een rechtbank in Wiesbaden die zich over de oorlogsmisdaden van tweederangsnazis uit te spreken had.

Het staat nu wel vast dat zijn door zijn overste genoteerde chronisch absenteïsme te maken had én met zwarte-markt-praktijken (sigaretten!) én met het schrijven van artikels tegen de legitimiteit van de processen van Nürnberg. Eind november 1946 werd hij aan de deur gezet. Reeds in 1947 was Yockey evenwel terug in Europa: in het Ierse dorp Brittas Bay schreef hij in zes maanden Imperium. The Philosophy of History and Politics, dat hij onder het pseudoniem Ulrick Varange uitgaf.

Ik verzaak aan een poging om dit inhoudelijk zonder Spengler, Schmitt en Haushofer ondenkbaar opus in enkele regels te willen samenvatten. Over de vaak in de illegaliteit opererende neo-nazistische organisaties, die in een soort van Internationale schijnen te hebben samengewerkt, ga ik het evenmin hebben. Niet eens Yockeys curieuze samenwerking met senator Joe McCarthy (1908-1957), de man van de anti-communistische kruistocht in de U.S.A. (mccarthysm) die zelfs de filmacteur Charles Spencer Chaplin (1889-1977) niet spaarde, zijn gesprekken met groten der aarde zoals de Egyptische president Gamel Abdul Nasser (1918-1970) breng ik te berde, zomin als zijn poging om op Cuba Fidel Castro (°1927) te ontmoeten. Het zijn stuk voor stuk themata die niets te zien hebben met het onderwerp van mijn bijdrage. Doch ik kan onder dit sub-kapittel geen streep trekken zonder iets te hebben gezegd over Yockeys einde.

Jarenlang liep hij met vervalste paspoorten rond en kon op die manier de FBI (= Federal Bureau of Investigation) telkens om de tuin leiden. Wegens een mechanisch defect werd zijn vliegtuig zekere dag omgeleid en "In de verwarring had hij zijn handtas niet tijdig kunnen meenemen". Zo kon het gebeuren dat het niets vermoedende personeel deze handtas opende om de eigenaar en zijn adres te achterhalen en een resem paspoorten vond met telkens de foto van dezelfde man! Het FBI werd verwittigd maar het heeft nog even geduurd alvorens vaststond dat men Yockey te pakken had. In zijn cel slikte de lang gezochte man op 17 juni 1960 een capsule gevuld met kaliumcyanide. Zelfmoord? Of heeft iemand hem die capsule bezorgd? Men is er niet in geslaagd de waarheid te achterhalen.

Toen ik het in het vorige sub-kapittel vermelde boek over Yockey begon te lezen, had ik er geen flauw vermoeden van dat ik één en ander zou te weten komen over een episode uit het leven van Elsa Darciel, een episode waarop de titel van de eersteling (1970) van de Amerikaanse auteur Erich Segal (°1937) toepasselijk is: Love story. In het personenregister staan enkel 'Dewette, Elsa' en 16 vindplaatsen vermeld, zodat ik niet onmiddellijk de link met Darciel legde. Plots las ik echter een paragraaf waarin Dewettes leven (correct!) samengevat wordt en besefte dat de brieven van Darciel voor Coogan gesneden brood moeten zijn geweest. Ze zijn evenwel niet aan hem gericht, doch aan Keith Stimely, die in de periode 1982-85 de negationistische Journal of Historical Review heeft uitgegeven en het plan had opgevat aan Yockey een boek te wijden.

FPYIMPERIUM.jpgStimely werd helaas in december 1992 het slachtoffer van aids, zonder "ooit een bladzijde van zijn geplande Yockey biografie" te hebben geschreven.

De Darciel-brieven (een 80-tal) kwamen in het bezit van Coogan. Deze in de jaren 1981-85 geschreven antwoorden bevatten informatie over gebeurtenissen in Brussel na de Bevrijding, over Yockey in het algemeen, en tenslotte over haar love story met Yockey.

Over wat er in 1944 bij de Bevrijding van Brussel gebeurd is, vult Darciel het weinige aan dat ik hoger heb verteld. Die hogere Duitse officier, een kennis van haar vader, is verschillende keren bij haar ouders gaan dineren: de nodige en voldoende voorwaarde voor weerstanders om in de ouderlijke woning brand te stichten, zodat vader ("een groot bewonderaar van Hitler" - dixit Darciel zelf) en moeder tijdelijk elders een onderkomen moesten zoeken. De deur van haar eigen huis werd beschilderd met hakenkruizen; ze dook korte tijd onder, ging toen voorzichtig een kijkje nemen in haar dansschooltje maar werd door de politie opgepakt en verhoord. Om erger te voorkomen is ze dan, zoals supra vermeld, naar de U.S.A. getrokken.

Wat Yockey aanbelangt, valt op dat Darciel zich inspant om bepaalde beweringen over haar lover te weerleggen, op basis van door deze opgediste versies; ze doet dat soms met de nodige omzichtigheid. Ik zeg 'soms', want er zijn uitzonderingen, omdat in die gevallen omzichtigheid overbodige luxe ware geweest. Zo heeft Yockey rond zijn veertiende levensjaar een auto-ongeval gehad (met traumatische gevolgen, schrijft Coogan), dat volgens een dame een loopbaan als concert-pianist onmogelijk maakte, een conclusie die Darciel naar fabeltjesland verwijst: omzichtigheid had in dit geval geen zin, daar ze de vaardigheid van haar lover gemakkelijk kon testen. Yockey blijkt alleszins een slechte chauffeur te zijn geweest; in Beieren reed hij eens zodanig roekeloos dat het geen haar heeft gescheeld of het duo was dodelijk verongelukt. Geloofwaardig is m.i. ook de passus over zijn vader, een "noceur... qui aimait beaucoup les petites femmes" (in het Frans in Elsa's brief). Hetzelfde geldt voor de schizofrenie waardoor zijn eervol ontslag uit het leger werd gemotiveerd: hij deed Darciel in een hilarische lach uitbarsten door de comedie na te bootsen die hij te zijner tijd opgevoerd had, want die schizofrenie was "a hilarious fake" geweest.

Een complete verrassing - althans voor mij - was (en is) het feit dat Yockey met een boek van Hans Blüher (1888-1955) schijnt gedweept te hebben. In maart 1950 vertaalde hij immers, ten behoeve van Darciel, het tweede deel in het Engels, "omdat haar kennis van het Duits, bij gebrek aan oefening, ietwat wazig was geworden". Darciel moet die tekst evenmin onverschillig hebben gelaten, want in een brief aan Stimely copiëerde ze twee paragrafen uit Yockeys vertaling. Voorwaar een voor de ideeëngeschiedenis niet onaardig detail.

En nu Darciels love story! Ze valt met de deur in huis: "in 1949 ontmoette ik FPY: een mijlpaal in mijn leven." Twee obscure journalisten, niet goed wetende wat ze met de in Brussel opgedoken Yockey moesten aanvangen, vonden er niets beter op dan hem mee te nemen naar de woning van een "(niet bijzonder goede) Vlaamse schilder, vermoedelijk een vriend van hen, die er vage 'Europese' ideeën op na hield. De woning van deze schilder lag in een dorp genaamd Watermaal-Bosvoorde, in een straat vlak bij deze waar mijn ouders woonden. Toevallig bezocht ik die namiddag mijn ouders en daar vader gevraagd was aan die samenkomst deel te nemen (hij kende de schilder), werd ik verzocht mee te gaan om eventueel bij het vertalen behulpzaam te zijn. ... De schilder kende noch Frans noch Engels, Y nauwelijks wat Frans."

Ik citeer verder: " ... Mijn eerste indruk van Y? Hij had veel weg van een mengeling van een terrorist en een geïllumineerde predikant! ... Plots stond Y recht en zei dat hij een korte wandeling wilde maken met mijn vader en mij. ... Hij gebruikte dat voorwendsel enkel om met mij alleen te zijn, en mijn vader was niet van gisteren. Na de 'korte wandeling', ... vroeg Y of ik hem een lift naar de stad kon geven. ... In werkelijkheid kon hij nergens heen. Evenmin had hij geld. Dat is de zuivere waarheid - wat kon de arme Elsa doen: hem mee naar huis nemen natuurlijk." Y kreeg te eten en begon een uiteenzetting te geven over zijn boek Imperium. Tot Darciel het welletjes vond en hem naar haar grote piano loodste, waarop hij zich kon uitleven.

Het onvermijdelijke gebeurde: "Plots verloren we elke notie van de werkelijkheid. Ik kan het soort van opwinding, dat bezit van me nam, niet verklaren. Nooit had ik dit meegemaakt en - daar ben ik zeker van - hij evenmin." Enkele dagen verliepen, gedurende dewelke Y niet van zich liet horen en Darciel meende dat hij afgereisd was. Doch daags voor haar 46ste verjaardag stond hij almeteens voor de deur. Samen reden ze per auto weg: "Die nacht werden we minnaars." In juni 1949 begon het koppel aan een reis naar Beieren, die haar achteraf tot het schrijven van een bladzijdenlange en bijzonder interessante terugblik verleidde. Darciel bekende voorts, dat Y - steeds in 1949 - een huwelijk voorstelde, zelfs verschillende keren: "hij had zoals gebruikelijk volkomen over het hoofd gezien dat hij reeds getrouwd was."

Om een lang verhaal kort te maken, terugblikkend schreef Darciel in een brief aan Stimely: "Wat onze relatie zelf betreft, niets kon ooit veranderen: ze begon met een felle geestelijke intensiteit (het was bijna een mystieke ervaring), ze ontwikkelde zich tot een wederzijdse passie en ze eindigde nagenoeg in een tragedie." Het initiatief om aan de relatie een einde te maken, is van Darciel uitgegaan; het leeftijdsverschil (veertien jaar) kan bij die beslissing de doorslag hebben gegeven. Toch werden sporadisch nog brieven gewisseld.

Ik zou op de bovenstaande live story nooit hebben kunnen attenderen, indien Elsa Darciel ze zelf niet zou hebben verteld. En ik zou er geen ruchtbaarheid aan gegeven hebben, indien ze deze episode uit haar leven niet op papier had gezet, wetende dat haar informatie voor een biografie van Yockey ging dienen. Ik beroep me op Coogan: "Dewette schreef haar brieven met de bedoeling dat ze in een biografie [van Yockey] zouden gebruikt worden." En toch kon ik een bepaalde schroom niet overwinnen en ben bewust zeer selectief tewerk gegaan.

*

Rest de vraag waar die briefwisseling gebleven is? Darciels brieven bevinden zich alleszins in de U.S.A., maar ik heb geen poging ondernomen om Yockey-biograaf Kevin Coogan te contacteren. Doch wat is er gebeurd met Yockeys brieven? De laatste, twee dagen voor zijn einde, op 14 juni 1960 in San Francisco gepost, eindigt met de woorden "Te vernietigen", waar Darciel tussen haakjes bijvoegt: "wat ik helaas gedaan heb." Heeft ze meteen alle brieven vernietigd? En later ook die van Stimely? Vermits bij ons niemand hun bestaan schijnt te kennen, is men geneigd die vraag positief te beantwoorden. Maar men weet nooit...

Prof. em. dr., Piet TOMMISSEN

Dit is een enigszins ingekorte versie, met weglating van de voetnoten, van de tekst verschenen in de Mededelingen 137 de dato 30 april 2009.

Info over abonnementen op de tweewekelijkse elektronische PDF-versie of op de papieren editie van de Mededelingen: hfj@skynet.be

dimanche, 29 mai 2011

La réception d'Evola en Belgique


 

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Entretien avec Robert Steuckers sur la réception de l’œuvre de Julius Evola en Belgique

 

Propos recueillis par Denis Ilmas

 

Q. : Monsieur Steuckers, comment avez-vous découvert Julius Evola ? Quand en avez-vous entendu parler pour la première fois ?

 

RS : Dans la Librairie Devisscher, au coin de la rue Franz Merjay et de la Chaussée de Waterloo, dans le quartier « Ma Campagne », à cheval sur Saint-Gilles et Ixelles. « Frédéric Beerens », un camarade d’école, un an plus âgé que moi, avait découvert « Les hommes au milieu des ruines » dans cette librairie, l’avait lu, et m’en avait parlé tandis que nous faisions la queue pour commander d’autres ouvrages ou quelques manuels scolaires. Ce fut la toute première fois que j’entendis prononcer le nom d’Evola. J’avais dix-sept ans. Nous étions en septembre 1973 et nous étions tout juste revenus d’un voyage scolaire en Grèce. Pour Noël, le Comte Guillaume de Hemricourt de Grünne, le patron de mon père, m’offrait toujours un cadeau didactique : cette année-là, pour la première fois, j’ai pu aller moi-même acheter les livres que je désirais, muni de mon petit budget. Je me suis rendu en un endroit qui, malheureusement, n’existe plus à Bruxelles, la grande librairie Corman, et je me suis choisi trois livres : « L’Etat universel » d’Ernst Jünger, « Un poète et le monde » de Gottfried Benn et « Révolte contre le monde moderne » de Julius Evola. L’année 1973 fut, rappelons-le, une année charnière en ce qui concerne la réception de l’œuvre d’Evola en Italie et en Flandre : tour à tour Adriano Romualdi, disciple italien d’Evola et bon connaisseur de la « révolution conservatrice » allemande grâce à sa maîtrise de la langue de Goethe, décéda dans un accident d’auto, tout comme le correspondant flamand de Renato del Ponte et l’animateur d’un « Centro Studi Evoliani » en Flandre, Jef Vercauteren. Je n’ai forcément jamais connu Jef Vercauteren et, là, il y a eu une rupture de lien, fort déplorable, entre les matrices italiennes de la mouvance évolienne et leurs antennes présentes dans les anciens Pays-Bas autrichiens.

 

Je dois vous dire qu’au départ, la lecture de « Révolte contre le monde moderne » nous laissait perplexes, surtout Beerens, le futur médecin chevronné, féru de sciences biologiques et médicales : on trouvait que trop d’esprits faibles, après lecture de ce classique, se laisseraient peut-être entrainer dans une sorte de monde faussement onirique ou acquerraient de toutes les façons des tics langagiers incapacitants et « ridiculisants » (à ce propos, on peut citer l’exemple d’un Arnaud Guyot-Jeannin, tour à tour fustigé par Philippe Baillet, qui lui reprochait l’ « inculture pédante du Sapeur Camember »,  ou par Christopher Gérard, qui le traitait d’ « aliboron » ou de « chaouch »). Une telle dérive, chez les aliborons pédants, est évidemment tout à fait possible et très aisée parce qu’Evola présentait à ses lecteurs un monde très idéal, très lumineux, je dirais, pour ma part, très « archangélique » et « michaëlien », afin de faire contraste avec les pâles figures subhumaines que génère la modernité ; aujourd’hui, faut-il s’empresser de l’ajouter, elle les génère à une cadence accélérée, Kali Yuga oblige. L’onirisme fait que bon nombre de médiocres s’identifient à de nobles figures pour compenser leurs insuffisances (ou leurs suffisances) : c’est effectivement un risque bien patent chez les évolomanes sans forte épine dorsale culturelle.

 

Mais, chose incontournable, la lecture de « Révolte » marque, très profondément, parce qu’elle vous communique pour toujours, et à jamais, le sens d’une hiérarchie des valeurs : l’Occident, en optant pour la modernité, a nié et refoulé les notions de valeur, d’excellence, de service, de sublime, etc. Après lecture de « Révolte », on ne peut plus que rejeter les anti-valeurs qui ont refoulé les valeurs impérissables, sans lesquelles rien ne peut plus valoir quoi que ce soit dans le monde.

 

« Révolte » et la notion de numineux

 

Plus tard, « Révolte » satisfera davantage nos aspirations et nos exigences de rigueur, tout simplement parce que nous n’avions pas saisi entièrement, au départ, la notion de « numineux », excellemment mise en exergue dans le chapitre 7 du livre et que je médite toujours lorsque je longe un beau cours d’eau ou quand mes yeux boivent littéralement le paysage à admirer du haut d’un sommet, avec ou sans forteresse (dans l’Eifel, les Vosges, le Lomont, le Jura ou les Alpes ou dans une crique d’Istrie ou dans un méandre de la Moselle ou sur les berges de la Meuse ou du Rhin). « Masques et visages du spiritualisme contemporain » nous a apporté une saine méfiance à l’endroit des ersatz de religiosité, souvent « made in USA », alternatives très bas de gamme que nous fait miroiter un vingtième siècle à la dérive : songeons, toutefois dans un autre contexte, à la multiplication des temples scientologiques, évangéliques, etc. ou à l’emprise des « Témoins de Jéhovah » sur des pays catholiques comme l’Espagne ou l’Amérique latine, qui, de ce fait, subissent une subversion sournoise, disloquant leur identité politique.

 

Nous n’avons découvert le reste de l’œuvre d’Evola que progressivement, au fil du temps, avec les traductions françaises de Philippe Baillet mais aussi parce que les latinistes de notre groupe, dont le regretté Alain Derriks et moi-même, commandaient les livres non traduits du Maître aux Edizioni di Ar (Giorgio Freda) ou aux Edizioni all’Insegno del Veltro (Claudio Mutti). Je crois n’avoir atteint une certaine (petite) maturité évolienne qu’en 1998, quand j’ai été amené à prendre la parole à Vienne en cette année-là, et à Frauenfeld, près de Zürich, en 1999, respectivement pour le centième anniversaire de la naissance d’Evola et pour le vingt-cinquième anniversaire de son absence. L’idée centrale est celle de l’ « homme différencié », qui pérégrine, narquois, dans un monde de ruines. Evola nous apprend la distance, à l’instar de Jünger, avec sa figure de l’ « anarque ».

 

Q. : Quelques années plus tard, la revue « Totalité » sera la première, dans l’espace linguistique francophone, à publier régulièrement des textes d’Evola. De « Totalité » émergeront une série de revues, telles « Rebis », « Kalki », « L’Age d’Or », puis les Editions Pardès. Comment tout cela a-t-il été perçu en Belgique à l’époque ?

 

RS : Le coup d’envoi de cette longue série d’initiatives, qui nous ramène à l’actualité éditoriale que vous évoquez, a été, à Bruxelles du moins, une prise de parole de Daniel Cologne et Georges Gondinet, dans une salle de l’Helder, rue du Luxembourg, à un jet de pierre de l’actuel Parlement Européen, qui n’existait pas à l’époque. C’était en octobre 1976. Depuis, le quartier vit à l’heure de la globalisation, échelon « Europe », Europe « eurocratique » s’entend. A l’époque, c’était un curieux mixte : fonctionnaires de plusieurs ministères belges, étudiants de l’école de traducteurs/interprètes (dont j’étais), derniers résidents du quartier se côtoyaient dans les estaminets de la Place du Luxembourg et, dans les rues adjacentes, des hôteliers peu regardants louaient des chambres de « 5 à 7 » pour bureaucrates en quête d’érotisme rapide camouflé en « heures supplémentaires », tout cela en face d’un vénérable lycée de jeunes filles, qui faisait également fonction d’école pour futures professeurs féminins d’éducation physique (le « Parnasse »). En arrière-plan, la gare dite du Quartier Léopold ou du Luxembourg, vieillotte et un peu sordide, flanquée d’un bureau de poste crasseux, d’où j’ai envoyé quantité de mandats dans le monde pour m’abonner à toutes sortes de revues de la « mouvance » ou pour payer mes dettes auprès du bouquiniste nantais Jean-Louis Pressensé. En cette soirée pluvieuse et assez froide d’octobre 1976, Daniel Cologne et Georges Gondinet étaient venus présenter leur « Cercle Culture & Liberté », à l’invitation de Georges Hupin, animateur du GRECE néo-droitiste à l’époque. Dans la salle, il y avait le public « nouvelle droite » habituel mais aussi Gérard Hupin, éditeur de « La Nation Belge » et, à ce titre, héritier de Fernand Neuray, le correspondant belge de Charles Maurras (Georges Hupin et Daniel Cologne étaient tous deux collaborateurs occasionnels de « La Nation Belge »). Maître Gérard Hupin était flanqué du Général Janssens, dernier commandant de la « Force Publique » belge du Congo. J’étais accompagné d’Alain Derriks, qui deviendra aussitôt le correspondant belge du « Cercle Culture & Liberté ». Les contacts étaient pris et c’est ainsi qu’en 1977, je me retrouvai, pour représenter en fait Derriks, empêché, à Puiseaux dans l’Orléanais, lors de la journée qui devait décider du lancement de la revue « Totalité ». Il y avait là Daniel Cologne (alors résident à Genève), Jean-François Mayer (qui fera en Suisse une brillante carrière de spécialiste ès religions), Eric Vatré de Mercy (à qui l’on devra ultérieurement quelques bonnes biographies d’auteurs), Philippe Baillet (traducteur d’Evola) et Georges Gondinet (futur directeur des éditions Pardès et, en cette qualité, éditeur de Julius Evola).

 

Je rencontre Eemans dans une Galerie de la Chaussée de Charleroi

 

eemans30.jpgTout cela a, vaille que vaille, formé un petit réseau. Mais il faut avouer, avec le recul, qu’il n’a pas véritablement fonctionné, mis à part des échanges épistolaires et quelques contributions à « Totalité » (une recension, un seul article et une traduction en ce qui me concerne…). Rapidement, Georges Gondinet deviendra le seul maître d’œuvre de l‘initiative, en prenant en charge tout le boulot et en recrutant de nouveaux collaborateurs, dont celle qui deviendra son épouse, Fabienne Pichard du Page. Lorsqu’il revenait de Suisse à Bruxelles, en passant par Paris, Cologne faisait office de messager. Il nous racontait surtout les mésaventures des cercles suisses autour du NOS (« Nouvel Ordre Social ») et de la revue « Le Huron », qu’il animait là-bas avec d’autres. Ainsi, en 1978, par un coup de fil, Cologne m’annonce avec fracas, avec ce ton précipité et passionné qui le caractérisait en son jeune temps, qu’il avait pris contact avec un certain Marc. Eemans, peintre surréaliste, historien de l’art et détenteur de savoirs voire de secrets des plus intéressants. A peine rentré dans la « mouvance », j’ai tout de suite eu envie de la sortir de ses torpeurs et de ses ritournelles : alors, vous pensez, un « surréaliste », un artiste qui, de plus, exposait officiellement ses œuvres dans une galerie de la Chaussée de Charleroi, voilà sans nul doute l’aubaine que nous attendions, Derriks et moi. J’étais à Wezembeek-Oppem quand j’ai réceptionné le coup de fil de Cologne : j’ai sauté sur mes deux jambes, couru à l’arrêt de bus et foncé vers la Chaussée de Charleroi, ce qui n’était pas une mince affaire à l’époque du « 30 » qui brinquebalait bruyamment, crachant de noires volutes de mazout, dans toutes les rues et ruelles de Wezembeek-Oppem avant d’arriver à Tomberg, première station de métro en ce temps-là. Il faisait déjà sombre quand je suis arrivé à la Galerie, Chaussée de Charleroi. Eemans était seul au fond de l’espace d’exposition ; il lisait, comme je l’ai déjà expliqué, « le nez chaussé de lunettes à grosses montures d’écaille noire ».  Agé de 71 ans à l’époque, Eemans (photo en 1930) m’a accueilli gentiment, comme un grand-père affable, heureux qu’Evola ait de jeunes lecteurs en Belgique, ce qui lui permettrait d’étoffer son projet : prendre le relais de Jef Vercauteren, décédé depuis cinq ans, sans laisser de grande postérité en pays flamand. Cologne disparu, amorçant sa « vie cachée » qui durera plus de vingt ans, le groupe bruxellois n’a pratiquement plus entretenu de liens avec l’antenne française du réseau « Culture & Liberté ». Il restait donc lié à Eemans seul et à ses initiatives. Gondinet, bien épaulé par Fabienne Pichard du Page, lancera « Rebis », « L’Age d’or », « Kalki » et les éditions Pardès (avec leurs diverses collections, dont « B-A-BA » et « Que lire ? »). Baillet continuera à traduire des ouvrages italiens (dont un excellent ouvrage de Claudia Salaris sur l’aventure de d’Annunzio à Fiume) puis participera à la revue « Politica Hermetica » et fera un passage encore plus bref que le mien au secrétariat de rédaction de « Nouvelle école », la revue de l’inénarrable de Benoist (cf. infra). Et les autres s’éparpilleront dans des activités diverses et fort intéressantes.

 

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Q. : Parlez-nous davantage de Marc. Eemans…

 

RS : Eemans a donc lancé son « Centro Studi Evoliani », que nous suivions avec intérêt. La tâche n’a pas été facile : Eemans se heurtait à une difficulté majeure ; en effet, comment importer le corpus d’un penseur traditionaliste italien, de surcroît ancien de l’avant-garde dadaïste de Tristan Tzara, dans un contexte belge qui ignorait tout de lui. Quelques livres seulement étaient traduits en français mais rien, par exemple, de son œuvre majeure sur le bouddhisme, « La doctrine de l’Eveil ». En néerlandais, il n’y avait rien, strictement rien, sinon quelques reprints tirés à la hâte et en très petites quantités à Anvers : il s’agissait des éditions allemandes de ses ouvrages, dont « Heidnischer Imperialismus ». En français, l’œuvre n’était que très incomplètement traduite et nous n’avions aucun travail sérieux d’introduction à celle-ci, à part un excellent essai de Philippe Baillet (« Julius Evola ou l’affirmation absolue »), paru d’abord comme cahier, sous la houlette du « Centro Studi Evoliani » français, dirigé par Léon Colas. Ni Boutin ni Lippi n’avaient encore sorti leurs thèses universitaires solidement charpentées sur Evola. Gondinet et Cologne, dans le cadre de leur « Cercle Culture & Liberté » n’avaient édité que quelques bonnes brochures et les tout premiers numéros de « Totalité » étaient fort artisanaux, faute de moyens. En fait, Eemans n’avait pas de véritable public, ne pouvait en trouver un en Belgique, en une telle époque de matérialisme et de gauchisme, où les grandes questions métaphysiques n’éveillaient plus le moindre intérêt. Mais il n’a pas reculé : il a organisé ses réunions avec régularité, même si elles n’attiraient pas un grand nombre d’intéressés. Au cours de l’une de celle-ci, j’ai présenté un article de Giorgio Locchi sur la notion d’empire, paru dans « Nouvelle école », la revue d’Alain de Benoist. Dans la salle, il y avait Pierre Hubermont, l’écrivain prolétarien et communiste d’avant-guerre, auteur de « Treize hommes dans la mine », ouvrage couronné d’un prix littéraire à la fin des années 20.  Hubermont, comme beaucoup de militants ouvriers communistes de sa génération, avait été dégoûté par les purges staliniennes, par la volte-face des communistes à Barcelone pendant la guerre civile espagnole, où ils avaient organisé la répression contre les socialistes révolutionnaires du POUM et contre les anarchistes. Mais Hubermont ne choisit pas l’échappatoire facile d’un trotskisme figé et finalement à la solde des services anglais ou américains : il tâtonne, trouve dans le néo-socialisme de De Man des pistes utiles. Pendant la seconde conflagration intereuropéenne, Hubermont se retrouve à la tête de la revue « Wallonie », qui préconise un socialisme local, adapté aux circonstances des provinces industrielles wallonnes, dans le cadre d’un « internationalisme » non plus abstrait mais découlant de l’idée impériale, rénovée, en ces années-là, par l’européisme ambiant, notamment celui véhiculé par Giselher Wirsing. Hubermont était heureux qu’un gamin comme moi eût parlé de l’idée impériale et, avec une extrême gentillesse, m’a prodigué des conseils. D’autres fois, le Professeur Piet Tommissen est venu nous parler de Carl Schmitt et de Vilfredo Pareto. Une dame est également venue nous lire des textes de Heidegger, à l’occasion de la parution du livre de Jean-Michel Palmier, « Les écrits politiques de Heidegger ». Les thèmes abordés à la tribune du « Centro Studi Evoliani » n’étaient donc pas exclusivement « traditionalistes » ou « évoliens ». Eemans lance également l’édition d’une série de petites brochures et, plus tard, nous bénéficierons de l’appui généreux de Salvatore Verde, haut fonctionnaire italien de ce qui fut la CECA et futur directeur de la revue italienne « Antibancor », consacrée aux questions économiques et éditée par les Edizioni di Ar (cette revue éditera notamment en version italienne une de mes conférences à l’Université d’été 1990 du GRECE sur les « hétérodoxies » en sciences économiques, que l’inénarrable de Benoist n’avait bien entendu pas voulu éditer, en même temps que d’autres textes, de Nicolas Franval et de Bernard Notin, sur les « régulationnistes » ; je précise qu’il s’agissait de la « cellule » mise sur pied à l’époque par le GRECE pour étudier les questions économiques). Toutes les activités du « Centro Studi Evoliani » de Bruxelles ne m’ont évidemment laissé que de bons souvenirs.

 

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Q. : Mais qui fut Eemans au-delà de ses activités au sein du « Centro Studi Evoliani » ?

 

RS : J’ai très vite su qu’Eemans avait été, après guerre, un véritable encyclopédiste des arts en Belgique. Plusieurs ouvrages luxueux sur l’histoire de l’art sont dus à sa plume. Ils ont été écrits avec grande sérénité et avec le souci de ménager toutes les susceptibilités d’un monde foisonnant, où les querelles de personnes sont légion. Ces livres font référence encore aujourd’hui. Dans un coin de son salon, où était placé un joli petit meuble recouvert d’une plaque de marbre, Eemans gardait les fichiers qu’il avait composés pour rédiger cette œuvre encyclopédique. Toutefois, il n’en parlait guère. Il m’a toujours semblé que la rédaction de ces ouvrages d’art appartenait pour lui à un passé bien révolu, pourtant plus récent que l’aventure de la revue « Hermès », qui ne cessait de le hanter. J’aurais voulu qu’il m’en parle davantage car j’aurais aimé connaître le lien qui existait entre cette peinture et ces avant-gardes et les positions évoliennes qu’il défendait fin des années 70, début des années 80. J’aurais aimé connaître les étapes de la maturation intellectuelle d’Eemans, selon une chronologie bien balisée : je suis malheureusement resté sur ma faim. Apparemment, il n’avait pas envie de répéter inlassablement l’histoire des aventures intellectuelles qu’il avait vécues dans les années 10, 20 et 30 du 20ème siècle, et dont les protagonistes étaient presque tous décédés. Au cours de nos conversations, il rappelait que, comme bon nombre de dadaïstes autour de Tzara et de surréalistes autour de Breton, il avait eu son « trip » communiste et qu’il avait réalisé un superbe portrait de Lénine, dont il m’a plusieurs fois montré une vignette. Il a également évoqué un voyage à Londres pour aller soutenir des artistes anglais avant-gardistes, hostiles à Marinetti, venu exposer ses thèses futuristes et machinistes dans la capitale britannique : le culte des machines, disaient ces Anglais, était le propre d’un excité venu d’un pays non industriel, sous-développé, alors que tout avant-gardiste anglais se devait de dénoncer les laideurs de l’industrialisation, qui avait surtout frappé le centre géographique de la vieille Angleterre.

 

L’influence décisive d’un professeur du secondaire

 

Eemans évoquait aussi le wagnérisme de son frère Nestor, un wagnérisme hérité d’un professeur de collège, le germaniste Maurits Brants (1853-1940). Brants, qui avait décoré sa classe de lithographies et de chromos se rapportant aux opéras de Wagner, fut celui qui donna à l’adolescent Marc. Eemans le goût de la mythologie, des archétypes et des racines. Pour le Prof. Piet Tommissen, biographe d’Eemans, ce dernier serait devenu un « surréaliste pas comme les autres », du moins dans le landerneau surréaliste belge, parce qu’il avait justement, au fond du cœur et de l’esprit, cet engouement tenace pour les thèmes mythologiques. Tommissen ajoute qu’Eemans a été marqué, très jeune, par la lecture des dialogues de Platon, de Spinoza et puis des romantiques anglais, surtout Shelley ; comme beaucoup de jeunes gens immédiatement après 1918, il sera également influencé par l’Indien Rabindranath Tagore, lequel, soit dit en passant, était vilipendé dans les colonnes de la « Revue Universelle » de Paris, comme faisant le lien entre les mondes non occidentaux (et donc non « rationnels ») et le mysticisme pangermaniste d’un Hermann von Keyserlinck, dérive actualisée du romantisme fustigé par Charles Maurras.

 

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Eemans a souvent revendiqué les influences néerlandaises (hollandaises et flamandes) sur son propre itinéraire intellectuel, dont Louis Couperus et Paul Van Ostaijen. Ce dernier, rappelle fort opportunément Tommissen, avait élaboré un credo poétique, où il distinguait entre la « poésie subconsciemment inspirée » (et donc soumise au pouvoir des mythes) et la « poésie consciemment construite » ; Van Ostaijen appelait ses éventuels disciples futurs à étudier la véritable littérature du peuple thiois des Grands Pays-Bas en commençant par se plonger dans leurs auteurs mystiques. Injonction que suivra le jeune Eemans, qui, de ce fait, se place, à son corps défendant, en porte-à-faux avec un surréalisme cultivant la provocation de « manière consciente et construite » ou ne demeurant, à ses yeux, que « conscient » et « construit ». A l’instigation surtout du deuxième manifeste surréaliste d’André Breton, lancé en 1929, un an après le décès de Van Ostaijen, Eemans explorera d’autres pistes que les surréalistes belges, dont Magritte, ce qui, au-delà des querelles entre personnes et au-delà des clivages politiques/idéologiques, consommera une certaine rupture et expliquera l’affirmation, toujours répétée d’Eemans, qu’il est, lui, un véritable surréaliste dans l’esprit du deuxième manifeste de Breton —qui évoque le poète romantique allemand Novalis—  et que les autres n’en ont pas compris la teneur et n’ont pas voulu en adopter les injonctions implicites. Si l’étape abstraite de la « plastique pure » a été une nécessité, une sorte d’hygiène pour sortir des formes stéréotypées et trop académiques de la peinture de la fin du 19ème siècle, le surréalisme ne doit pas se complaire définitivement dans cette esthétique-là. Il doit, comme le préconisait Breton, s’ouvrir à d’autres horizons, jugés parfois « irrationnels ».

 

 

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Quand Sœur Hadewych hérisse les surréalistes installés

 

Fidèle au credo poétique de Van Ostaijen (photo ci-dessus), Eemans s’était plongé, fin des années 20, dans l’œuvre mystique de Sœur Hadewych (13ème siècle), dont il lira des extraits lors d’une réunion de surréalistes à Bruxelles. L’accueil fut indifférent sinon glacial ou carrément hostile : pour Tommissen, c’est cette soirée consacrée à la grande mystique flamande du moyen âge qui a consommé la rupture définitive entre Eemans et les autres surréalistes de la capitale belge, dont Nougé, Magritte et Scutenaire. Toute l’animosité, toutes les haines féroces qui harcèleront Eemans jusqu’à sa mort proviennent, selon Tommissen, de cette volonté du jeune peintre de faire franchir au surréalisme bruxellois une limite qu’il n’était pas prédisposé à franchir. Pour les tenants de ce surréalisme considéré par Eemans comme « fermé », le jeune peintre de Termonde basculait dans le mysticisme et les bondieuseries, abandonnait ainsi le cadre soi-disant révolutionnaire, communisant, du surréalisme établi : Eemans tombait dès lors, à leurs yeux, dans la compromission (qui chez les surréalistes conduit automatiquement à l’exclusion et à l’ostracisme) et dans l’idéalisme magique ; il trahissait aussi la « révolution surréaliste » avec son adhésion plus ou moins formelle et provocatrice à l’Internationale stalinienne. Pour Eemans, les autres restaient campés sur des positions figées, infécondes, non inspirées par la notion d’Amour selon Dante (à ce propos, cf. notre « Hommage à Marc. Eemans sur http://marceemans.wordpress.com/ ). Pour poursuivre leur œuvre de contestation du monde moderne (ou monde bourgeois), les surréalistes, selon Eemans, doivent obéir à une suggestion (diffuse, lisible seulement entre les lignes) de Breton : occulter le surréalisme et s’ouvrir à des sciences décriées par le positivisme bourgeois du 19ème siècle. Breton, en 1929, en appelle à la notion d’Amour, telle que l’a chantée Dante. La voie d’Eemans est tracée : il sera le disciple de Van Ostaijen et du Breton du deuxième manifeste surréaliste de 1929. Pour concrétiser cette double fidélité, il fonde avec René Baert la revue « Hermès ».

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Le surréalisme y est « occulté », comme le demandait Breton, mais non abjuré dans sa démarche de fond et sa revendication primordiale, qui est de contester et de détruire le bourgeoisisme établi, et s’ouvre aux perspectives de Dante et de la mystique médiévale néerlandaise et rhénane. Cette situation générale du surréalisme français (et francophone) est résumée succinctement par André Vielwahr, spécialiste de ce surréalisme et professeur de français à la Fordham University de New York : « Le surréalisme éprouvait depuis plusieurs années des difficultés insolubles. Il sombrait sans majesté dans le poncif. L’écriture automatique, l’activité onirique s’étaient soldées par un supplément de ‘morceaux de bravoure ‘ destinés à relever les œuvres où ils se trouvaient sans jamais fournir la clé ‘capable d’ouvrir indéfiniment cette boîte à multiple fond qui s’appelle l’homme » (in : S’affranchir des contradictions – André Breton de 1925 à 1930, L’Harmattan, Paris, 1998, p.339). Aller au-delà des poncifs et trouver le clé (traditionnelle) qui permet de découvrir l’homme dans sa prolixité kaléidoscopique de significations et de le sortir de toute l’unidimensionnalité en laquelle l’enferme la modernité a été le vœu d’Eemans. Qui fut sans doute, à son corps défendant, l’exécuteur testamentaire de Pierre Drieu la Rochelle qui écrivait le 1 août 1925 une lettre à Aragon pour déplorer la piste empruntée par le mouvement surréaliste : Drieu reconnaissait que les surréalistes avaient eu , un moment, le sens de l’absolu, « que leur désespoir avait sonné pur », mais qu’ils avaient renié leur intransigeance et, surtout, qu’ils « avaient rejoint des rangs » et n’étaient pas « partis à la recherche de Dieu » (A. Vielwahr, op. cit., pp. 66-67). Aragon avait reproché à Drieu que s’être laissé influencé par les gens d’Action Française, qui étaient, disait-il, « des crapules ». En quémandant humblement la lecture des écrits mystiques de Sœur Hadewych, Eemans, jeune et candide, s’alignait peu ou prou sur les positions de Drieu, qu’il ne connaissait vraisemblablement pas à l’époque, des positions qui avaient hérissé les « partisans alignés du surréalisme des poncifs ». Notons qu’Eemans travaillera sur les rêves et sur l’écriture automatique, notamment à proximité d’Henri Michaux, qui sera, un moment, le secrétaire de rédaction d’ « Hermès ». Il reste encore à tracer un parallèle entre la démarche d’Eemans et celles d’Antonin Artaud, Georges Bataille, Michel Leiris et Roger Caillois. Mais c’est là un travail d’une ampleur considérable…  

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Eemans m’a souvent parlé de sa revue des années 30, « Hermès ». Il en possédait encore une unique collection complète. « Hermès » était une revue de philosophie, axée sur les alternatives au rationalisme et au positivisme modernes, dans une perspective apparemment traditionnelle ; en réalité, elle recourrait sans provocation à des savoirs fondamentalement différents de ceux qui structuraient un présent moderne sans relief et, partant, elle présentait des savoirs qui étaient beaucoup plus radicalement subversifs que les provocations dadaïstes ou les gestes des surréalistes établis : pour être un révolutionnaire radical, il fallait être un traditionnaliste rigoureux, frotté aux savoirs refoulés par la sottise moderne. « Hermès » voulait sortir du « carcan occidental » que dénonçaient tout à la fois les surréalistes et les traditionalistes, mais en abandonnant les postures provocatrices et en se plongeant dans les racines oubliées de traditions pouvant offrir une véritable alternative. Pour trouver une voie hors de l’impasse moderne, Eemans avait sollicité une quantité d’auteurs mais l’originalité première d’ « Hermès », dans l’espace linguistique francophone, a été de se pencher sur les mystiques médiévales flamandes et rhénanes. De tous ses articles dans « Hermès » sur Sœur Hadewych, sur Ruysbroeck l’Admirable, etc., Eemans avait composé un petit volume. Mais, malheureusement, il n’a plus vraiment eu le temps d’explorer cette veine, ni pendant la guerre ni après le conflit. Il faudra attendre les ouvrages du Prof. Paul Verdeyen (formé à la Sorbonne et professeur à l’Université d’Anvers) et de Geert Warnar (1) et celui, très récent, de Jacqueline Kelen sur Sœur Hadewych (2) pour que l’on dispose enfin de travaux plus substantiels pour relancer une étude générale sur cette thématique. Notons au passage qu’une exploration simultanée de la veine mystique flamande/brabançonne, jugée non hérétique par les autorités de l’Eglise, et des idées de « vraie religion » de l’Europe et d’ « unitarisme » chez Sigrid Hunke, qui, elle, réhabilitait bon nombre d’hérétiques, pourrait s’avérer fructueuse et éviter des dichotomies trop simplistes (telles paganisme/catholicisme ou renaissancisme/médiévisme, etc. empêchant de saisir la véritable « tradition pérenne », s’exprimant par quantité d’avatars).

 

Mystique flamando-rhénane et matière de Bourgogne

 

Dans l’entre-deux-guerres, l’exploration de la veine mystique flamando-rhénane, entreprise parallèlement à la redécouverte de l’héritage bourguignon, avait un objectif politique : il fallait créer une « mystique belge », non détachée du tronc commun germanique (que l’on qualifiait de « rhénan » pour éviter des polémiques ou des accusations de « germanisme » voire de « pangermanisme ») et il fallait renouer avec un passé non inféodé à Paris tout en demeurant « roman ». Les tâtonnements ou les ébauches maladroites, bien que méritoires, de retrouver une « mystique belge », chez un Raymond De Becker ou un Henry Bauchau, trop plongés dans les débats politiques de l’époque, nous amènent à poser Eemans, aujourd’hui, comme le seul homme, avec son complice René Baert, qui ait véritablement amorcé ce travail nécessaire. Autre indice : la collaboration très régulière à « Hermès » du philosophe Marcel Decorte (Université de Liège) qui donnait aussi des conférences à l’école de formation politique de De Becker et Bauchau dans les années 1937-39. Le lien, probablement ténu, entre Decorte, Eemans, Bauchau et De Becker n’a jamais été exploré : une lacune qu’il s’agira de combler. Les travaux sur l’héritage bourguignon ont été plus abondants dans la Belgique des années 30  (Hommel, Colin, etc.), sans qu’Eemans ne s’en soit mêlé directement, sauf, peut-être, par l’intermédiaire de la chorégraphe Elsa Darciel, disciple des grandes chorégraphes de l’époque dont l’Anglaise Isadora Duncan. Elsa Darciel avait entrepris de faire renaître les danses des « fastes de Bourgogne ». Malheureusement, ni l’un ni l’autre ne sont encore là pour témoigner de cette époque, où ils ont amorcé leurs recherches, ni pour évoquer le vaste contexte intellectuel où les cénacles conservateurs belges et ceux du mouvement flamand cherchaient fébrilement à se doter d’une identité bien charpentée, qui ne pouvait bien sûr pas se passer d’une « mystique » solide. Sur l’Internet, les esprits intéressés découvriront une étude substantielle du Prof. Piet Tommissen sur la personne d’Elsa Darciel, notamment sur ses relations sentimentales avec le dissident américain Francis Parker Yockey, alias Ulrick Varange.

 

Pendant la seconde guerre mondiale, Eemans a eu des activités de « journaliste culturel ». Cette position l’a amené à écrire quantité de critiques d’art dans la presse inféodée à ce qu’il est désormais convenu d’appeler la « collaboration », phénomène qui, rétrospectivement, ne cesse d’empoisonner la politique belge depuis la fin de la seconde guerre mondiale. On ne cesse de reprocher à Marc. Eemans et à René Baert la teneur de leurs articles, sans que ceux-ci n’aient réellement été examinés et étudiés dans leur ensemble, sous toutes leurs facettes et dans toutes leurs nuances (repérables entre les lignes) : Eemans se défend en rappelant qu’il a combattu, au sein d’un « Groupe des Perséides », la politique artistique que le IIIe Reich cherchait à imposer dans tous les pays d’Europe qu’il occupait. Cette politique était hostile aux avant-gardes, considérées comme « art dégénéré ». Eemans racontait aux censeurs nationaux-socialistes qu’il n’y avait pas d’ « art dégénéré » en Belgique, mais un « art populaire », expression de l’âme « racique » (le terme est de Charles de Coster et de Camille Lemonnier), qui, au cours des quatre premières décennies du 20ème siècle, avait pris des aspects certes modernistes ou avant-gardistes, mais des aspects néanmoins particuliers, originaux, car, in fine, l’identité des « Grands Pays-Bas » résidait toute entière dans son génie artistique, un génie que l’on pouvait qualifier de « germanique », donc, aux yeux des nouvelles autorités, de « positif », les artistes d’avant-garde dans ces « Grands Pays-Bas » étant tous des hommes et des femmes du cru, n’appartenant pas à une quelconque population « nomade », comme en Europe centrale. La « bonne » nature vernaculaire de ces artistes, en Flandre, ne permettait à personne de déduire de leurs œuvres une « perversité » intrinsèque : il fallait donc les laisser travailler, pour que puisse éclore une facette nouvelle de « ce génie germanique local et particulier ». L’énoncé de telles thèses, sans doute partagées par d’autres analystes collaborationnistes des avant-gardes, comme Paul Colin ou Georges Marlier, avait pour but évident d’entraver le travail d’une censure qui se serait avérée trop sourcilleuse. Finalement, on reprochera surtout à Eemans et à Baert d’avoir rédigé des articles pour le « Pays Réel » de Léon Degrelle. Baert assassiné en 1945, Eemans reste le seul larron du tandem en piste après la guerre. Il sera arrêté pour sa collaboration au « Pays Réel » et non pour d’autres motifs, encore moins pour le contenu de ses écrits (même s’ils portaient souvent la marque indélébile de l’époque). « Je faisais partie de la charrette du ‘Pays Réel ‘ », disait-il souvent. Après la fin des hostilités, après la levée de l’état de guerre en Belgique (en 1951 !), après son incarcération qui dura quatre années au « Petit Château », Eemans revient dans le peloton de tête des critiques d’art en Belgique : ses « crimes » n’ont probablement pas été jugés aussi « abominables » car le préfacier de l’un de ses ouvrages encyclopédiques majeurs fut Philippe Roberts-Jones, Conservateur en chef des Musées royaux d’art de Belgique, fils d’un résistant ucclois mort, victime de ses ennemis, pendant la seconde grande conflagration intereuropéenne.

 

« Hamer », Farwerck et De Vries

 

Sous le IIIe Reich, les autorités allemandes ont fondé une revue d’anthropologie, de folklore et d’études populaires germaniques, intitulée « Hammer » (« Le Marteau », sous-entendu le « Marteau de Thor »). Pendant l’été 1940, on décide, à Berlin, de créer deux versions supplémentaires de « Hammer » en langue néerlandaise, l’une pour la Flandre et l’autre pour les Pays-Bas (« Hamer »). Quand on parle de néopaganisme aujourd’hui, surtout si l’on se réfère à l’Allemagne nationale-socialiste ou aux innombrables sectes vikingo-germanisantes qui pullulent aux Etats-Unis ou en Grande-Bretagne, tout en influençant les groupes musicaux de hard rock, cela fait généralement sourire les philologues patentés. Pour eux, c’est, à juste titre, du bric-à-brac sans valeur intellectuelle aucune. C’est d’ailleurs dans ce sens qu’Eemans adoptera les thèses d’Evola consignées, de manière succincte, dans un article titré « Le malentendu du néopaganisme ». Mais ce reproche ne peut nullement être adressé aux versions allemande, néerlandaise et flamande de « Hammer/Hamer ». Des germanistes de notoriété internationale comme Jan De Vries, auteur des principaux dictionnaires étymologiques de la langue néerlandaise (tant pour les noms communs que pour les noms propres, notamment les noms de lieux) ont participé à la rédaction de cet éventail de revues. Eemans était l’un des correspondants de « Hamer »/Amsterdam à Bruxelles. Cela lui permettait de faire la navette entre Bruxelles et Amsterdam pendant le conflit et de s’immerger dans la culture littéraire et artistique de la Hollande, qu’il adorait. Il est certain que l’on a rédigé et édité des études sur « Hammer » en Allemagne ou en Autriche, du moins sur sa version allemande ou sur certains de ses principaux rédacteurs. Je ne sais pas si une étude simultanée des trois versions a un jour été établie. C’est un travail qui mériterait d’être fait. D’autant plus que la postérité de « Hamer »/Amsterdam et « Hamer »/Bruxelles n’a certainement pas été entravée par une quelconque vague répressive aux Pays-Bas après la défaite du IIIe Reich. De Vries est demeuré un germaniste néerlandais, un « neerlandicus », de premier plan, ainsi qu’un explorateur inégalé du monde des sagas islandaises. Son œuvre s’est poursuivie, de même que celle de Farwerck, que l’on n’a commencé à dénoncer qu’à la fin des années 90 du 20ème siècle ! De l’écolier de Termonde influencé par Brants, son professeur wagnérien, du cadet de famille influencé par Nestor, son aîné, autre Wagnérien, au disciple attentif de Van Ostaijen et du lecteur scrupuleux du deuxième manifeste surréaliste de Breton au directeur d’Hermès et au rédacteur de « Hamer », du réprouvé de 1944 au fondateur du « Centro Studi Evoliani » et au collaborateur d’ « Antaios » de Christopher Gérard, il y a un fil conducteur parfaitement discernable, il y a une fidélité inébranlable et inébranlée à soi et à ses propres démarches, face à l’incompréhension généralisée qui s’est bétonnée et a orchestré le boycott de cet homme à double casquette : celle du dadaïste-surréaliste-lénino-trostkiste et celle du wagnéro-mystico-évoliano-traditionaliste. Et pourtant, il y a, derrière cette apparente contradiction une formidable cohérence que sont incapables de percevoir les esprits bigleux. Ou pour être plus précis : il y a chez Eemans, surréaliste et traditionaliste tout à la fois, une volonté d’aller au « lieu » impalpable où les contradictions s’évanouissent. Un lieu que cherchait aussi Breton dès son second manifeste.  

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Après la guerre, Eemans participe à la revue « Fantasmagie » ; l’étude de « Fantasmagie » mérite, à elle seule, un bon paquet de pages. L’objectif de « Fantasmagie » était de faire autre chose que de l’art bétonné en une nouvelle orthodoxie, qui tenait alors le haut du pavé, après avoir balayé toute interrogation métaphysique. Dans les colonnes de « Fantasmagie », les rédacteurs vont commenter et valoriser toutes les œuvres fantastiques, ou relevant d’une forme ou d’une autre d’ « idéalisme magique ». On notera, entre bien d’autres choses, un intérêt récurrent pour les « naïfs » yougoslaves. Quant à Eemans, il se chargeait de la recension de livres, notamment ceux de Gaston Bachelard. Je compte bien relire les exemplaires de « Fantasmagie » qui figurent dans ma bibliothèque mais je n’écrirai de monographie sur cette revue, ou sur l’action et l’influence d’Eemans au sein de sa rédaction, que lorsque j’aurai dûment complété ma collection, encore assez lacunaire.

 

Harcèlement et guéguerre entre surréalistes

 

L’après-guerre est tout à la fois paradis, purgatoire et enfer pour Eemans. Dans le monde de la critique d’art, il occupe une place non négligeable : son érudition est reconnue et appréciée. En Flandre, on ne tient pas trop compte des allusions perfides à sa collaboration au « Pays Réel » et à « Hamer ». En revanche, dans l’univers des galeries huppées, des expositions internationales, des colloques spécifiques au surréalisme en Belgique et à l’étranger, un boycott systématique a été organisé contre sa personne : manifestement, on voulait l’empêcher de vivre de sa peinture, on voulait lui barrer la route du succès « commercial », pour le maintenir dans la géhenne du travail d’encyclopédiste ou dans l’espace marginal de « Fantasmagie ». Son adversaire le plus acharné sera l’avocat Paul Gutt (1941-2000), fils du ministre des finances du cabinet belge en exil à Londres pendant la seconde guerre mondiale. En 1964, Paul Gutt organise un chahut contre deux conférences d’Eemans en diffusant un pamphlet en français et en néerlandais contre notre surréaliste mystique et traditionaliste, intitulé « Un ton plus bas ! Een toontje lager ! » et qui rappelait bien entendu le « passé collaborationniste » du conférencier. Le même Paul Gutt s’était aussi attaqué au MAC (« Mouvement d’Action Civique ») de Jean Thiriart, futur animateur du mouvement « Jeune Europe », en distribuant un autre pamphlet, intitulé, lui, « Haut les mains ! ». En 1973, Eemans intente un procès, qu’il perdra, à Marcel Mariën qui, à son tour, pour participer allègrement à la curée et traduire dans la réalité bruxelloise les principes de la « révolution culturelle » maoïste qu’il admirait, avait rappelé le « passé incivique » de Marc. Eemans. L’avocat de Mariën était Paul Gutt. En 1979, dans son livre sur le surréalisme belge, qui fait toujours référence, Marcel Mariën, pour se venger, exclut totalement le nom de Marc. Eemans de son gros volume mais encourt simultanément, mais pour d’autres motifs, la colère de Georgette Magritte et d’Irène Hamoir, ancienne amie d’Eemans et veuve du surréaliste « marxiste pro-albanais » (poncif !) Louis Scutenaire. Marcel Mariën ne s’en prenait pas qu’à Eemans quand il évoquait l’époque de la seconde occupation allemande : dans ses souvenirs, publiés en 1983 sous le titre de « Radeau de la mémoire », il accuse Magritte d’avoir fabriqué dans ses caves de faux Braque et de faux Picasso, « pour faire bouillir la marmite »…. ! Plus tard, en 1991, le provocateur patenté Jan Bucquoy brûlera une peinture de Magritte lors d’un « happening », pour fustiger le culte, à son avis trop officiel, que lui voue la culture dominante en Belgique. On le voit : le petit monde du surréalisme en Belgique a été une véritable pétaudière, un « panier à crabes », disait Eemans, qui ne cessait de s’en gausser. 

 

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Q. : Mais existe-t-il une postérité « eemansienne » ? Que reste-t-il de ce travail effectué avant et après la création du « Centro Studi Evoliani » de Bruxelles ?

 

RS : Eemans était désabusé, en dépit de sa joie de vivre. Il était un véritable pessimiste : joyeux dans la vie quotidienne mais sans illusion sur le genre humain. Cette posture s’explique aisément en ce qui le concerne : ses efforts d’avant-guerre pour réanimer une mystique flamando-rhénane, pour réinjecter de l’Amour selon Dante dans le monde, pour faire retenir les leçons de Sohrawardi le Perse, n’ont été suivi d’aucuns effets immédiats. De bons travaux ont été indubitablement réalisés par quantité de savants sur ces thématiques, qui lui furent chères, mais seulement, hélas, au soir de sa vie, sans qu’il ait pu prendre connaissance de leur existence, ou après sa mort, survenue le 28 juillet 1998. L’assassinat par les services belges de son ami René Baert, dans les faubourgs de Berlin fin 1945, l’a profondément affecté : il en parlait toujours avec un immense chagrin au fond de la gorge. Un embastillement temporaire et des interdictions professionnelles ont mis un terme à l’œuvre d’Elsa Darciel, qui n’aurait plus suscité le moindre intérêt après guerre, comme tout ce qui relève de la matière de Bourgogne (à la notable exception du magnifique « Je soussigné, Charles le Téméraire, Duc de Bourgogne » de Gaston Compère). Eemans s’est plongé dans son travail d’encyclopédiste de l’histoire de l’art en Belgique et dans « Fantasmagie », terrains jugés « neutres ». Ces territoires, certes fascinants, ne permettaient pas, du moins de manière directe, de bousculer les torpeurs et les enlisements dans lesquels végétaient les provinces flamandes et romanes de Belgique. Car on sentait bien qu’Eemans voulait bousculer, que « bousculer » était son option première et dernière depuis les journées folles du dadaïsme et du surréalisme jusqu’aux soirées plus feutrées (mais nettement moins intéressantes, époque de médiocrité oblige…) organisées par le « Centro Studi Evoliani ». Eemans avait en effet bousculé la bien-pensance comme les garçons de son époque, avec les foucades dadaïstes et surréalistes, auxquelles Evola lui-même avait participé en Italie. Comme Evola, il a cherché une façon plus solide de bousculer les fadeurs du monde moderne : pour Evola, ce furent successivement le recours à l’Inde traditionnelle (Doctrine de l’Eveil, Yoga tantrique, etc.) et au Tao Te King chinois ; pour Eemans, ce fut le recours à la mystique flamando-rhénane, destinée à secouer le bourgeoisisme matérialiste belge, qui n’avait pas voulu entendre les admonestations de ses écrivains et poètes d’avant 1914, comme Camille Lemonnier ou Georges Eeckhoud, et s’était empressé d’abattre bon nombre de joyaux de l’architecture « Art Nouveau » d’Horta et de ses disciples, jugeant leurs audaces créatrices peu pratiques et trop onéreuses à entretenir ! Eemans aimait dire qu’il était le véritable disciple d’André Breton, dans la mesure où celui-ci avait un jour déclaré qu’il fallait s’allier, si l’opportunité se présentait, « avec le Dalaï Lama contre l’Occident ». Pour Evola comme pour Eemans, on peut affirmer, sans trop de risque d’erreur, que le « Dalaï Lama » évoqué par Breton, n’est rien d’autre qu’une métaphore pour exprimer nostalgie et admiration pour les valeurs anté-modernes, donc non occidentales, non matérialistes, qu’il convenait d’étudier, de faire revivre dans l’âme des intellectuels et des poètes les plus audacieux.

 

Le « Centro Studi Evoliani » : la déception

 

Une fois son travail d’encyclopédiste achevé auprès de l’éditeur Meddens, Eemans voulait renouer avec cette audace du « bousculeur » dadaïste, en s’arc-boutant sur le terrain d’action prestigieux que constituait l’espace de réflexion évolien, et en provoquant les contemporains en reliant à l’évolisme de la fin des années 70 ses propres recherches entreprises dans les années 30 et pendant la seconde guerre mondiale. Il a été déçu. Et a exprimé cette déception dans l’entretien qu’il nous a accordé, je veux dire à Koenraad Logghe et à moi-même (et que l’on peut lire un peu partout sur l’Internet, notamment sur http://euro-synergies.hautetfort.com et sur http://www.centrostudilaruna.it , le site du Dr. Alberto Lombardo). Pourquoi cette déception ? D’une part, parce que la jeune génération ne connaissait plus rien des enthousiasmes d’avant-guerre, ne faisait pas le lien entre les avant-gardes des années 20 et le recours d’Evola, Guénon, Corbin, Eemans, etc. à la « Tradition », n’avait reçu dans le cadre de sa formation scolaire aucun indice capable de l’éveiller à ces problématiques ; d’autre part, l’espace ténu des évoliens était dans le collimateur de la nouvelle bien-pensance gauchiste, qui étrillait aussi Eemans quand elle le pouvait (alors qu’on lui avait foutu royalement la paix dans les années 50 et 60). Etre dans le collimateur de ces gens-là peut être une bonne chose, être indice de valeur face aux zélotes furieux qui propagent toutes les « anti-valeurs » possibles et imaginables mais cela peut aussi conduire à attirer vers les cercles évoliens des personnalités instables, politisées, simplificatrices, que la complexité des questions soulevées rebute et lasse. En outre, toute une propagande médiatisée a diffusé dans la société une fausse « spiritualité de bazar », où l’on mêle allègrement toute une série d’ingrédients comme le bouddhisme californien, la cruauté gratuite, le nazisme tapageur, l’occultisme frelaté, le monachisme tibétain, la runologie spéculative, etc. pour créer des espaces de relégation vers lesquelles on houspille trublions et psychopathes, les rendant ainsi aisément identifiables, criminalisables ou, pire encore, dont on peut se gausser à loisir (exemple : « extrême-droite » = « extrême-druides », intitulé tapageur d’une émission de la RTBF). Sans compter les agents provocateurs de tous poils qui font occasionnellement irruption dans les cercles non-conformistes et cherchent à prouver qu’on est en train de ressusciter des « ordres occultes », préparant le retour de la « bête immonde ».

 

Eemans, âgé de 71 ans quand il lance le « Centro Studi Evoliani » de Bruxelles, n’avait nulle envie de répéter à satiété le récit des phases de son itinéraire antérieur face à un public disparate qui était incapable de faire le lien entre monde des arts et écrits traditionalistes ; ensuite, lui qui avait connu une revue de qualité dans le cadre du « national-socialisme » des années 40, comme « Hammer », n’avait nulle envie d’inclure dans ses préoccupations les fabrications anglo-saxonnes qui lancent dans le commerce sordide des marottes soi-disant « transgressives » un « occultisme naziste de Prisunic ». Il a décidé de mettre un terme aux activités du « Centro Studi Evoliani », car celui-ci ne pouvait pas, via l’angle évolien, ressusciter l’esprit d’ « Hermès », faute d’intéressés compétents. Une « Fondation Marc. Eemans » prendra le relais à partir de 1982, dirigée par Jan Améry. Elle existe toujours et est désormais relayée par un site basé aux Pays-Bas (http://marceemans.wordpress.com/), qui affiche les textes d’Eemans et sur Eemans dans leur langue originale (français et néerlandais). Au début des années 80, toutes mes énergies ont été consacrées à la nouvelle antenne néo-droitiste « EROE » (« Etudes, Recherches et Orientations Européennes »), fondée par Jean van der Taelen, Guibert de Villenfagne de Sorinnes et moi-même en octobre 1983, quasiment le lendemain de ma démobilisation (2 août), de mon premier mariage (25 août & 3 septembre) et de la défense de mon mémoire (vers le 10 septembre). 

 

La réception d’Evola en pays flamand est surtout due aux efforts des frères Logghe : Peter Wim, l’aîné, et Koenraad, le cadet. Peter Wim Logghe, au départ juriste dans une compagnie d’assurances, a fait connaître, de manière succincte et didactique, l’œuvre d’Evola dans plusieurs organes de presse néerlandophones, dont « Teksten, Kommentaren en Studies », l’organe du GRECE néo-droitiste en Flandre, et a traduit « Orientations » en néerlandais (pour le « Centro Studi Evoliani » d’Eemans). Koenraad Logghe, pour sa part, créera en Flandre un véritable mouvement traditionnel, au départ de sa première revue, « Mjöllnir », organe d’un « Orde der Eeuwige Werderkeer » (OEW) ou « Ordre de l’Eternel Retour ». Allègre et rigoureuse, païenne dans ses intentions sans verser dans un paganisme caricatural et superficiel, cette publication, artisanale faute de moyens financiers, mérite qu’on s’y arrête, qu’on l’étudie sous tous ses aspects, sous l’angle de tous les thèmes et figures abordés (essentiellement le domaine germanique/scandinave, l’Edda, Beowulf, etc. , dans la ligne de « Hamer » et du grand philologue néerlandais Jan de Vries ; une seule étude sur Evola y a été publiée dans les années 1983-85, sur « Ur & Krur » par Manfred van Oudenhove). Koenraad Logghe fondera ensuite le groupe « Traditie », suite logique de son OEW, avant de s’en éloigner et de poursuivre ses recherches en solitaire, couplant l’héritage traditionnel de Guénon essentiellement, à celui du Néerlandais Farwerck et aux recherches sur la symbolique des objets quotidiens, des décorations architecturales, des pierres tombales, etc., une science qui avait intéressé Eemans dans le cadre de la revue « Hamer », dont les thèmes ne seront nullement rejetés aux Pays-Bas et en Flandre après 1945 : de nouvelles équipes universitaires, formées au départ par les rédacteurs de « Hamer » continuent leurs recherches. Dans ce contexte, Koenraad Logghe publiera plusieurs ouvrages sur cette symbolique du quotidien, qui feront tous autorité dans l’espace linguistique néerlandais.

 

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Eemans participera également à la revue « Antaios » que Christopher Gérard avait créée au début des années 90. Il avait repris le titre d’une revue fondée par Ernst Jünger et Mircea Eliade en 1958. Gérard bénéficiait de l’accord écrit d’Ernst Jünger et en était très fier et très reconnaissant. Lors de la fondation de l’ « Antaios » de Jünger et Eliade, ceux-ci avaient demandé la collaboration d’Eemans : il avait cependant décliné leur offre parce qu’il était submergé de travail. Dommage : la thématique de la mystique flamando-rhénane aurait trouvé dans la revue patronnée par l’éditeur Klett une tribune digne de son importance. Eemans écrivait parfaitement le français et le néerlandais mais non l’allemand. J’ai toujours supposé qu’il n’aurait pas aimé être trahi en étant traduit. C’est donc dans la revue « Antaios » de Christopher Gérard, publiée à Bruxelles/Ixelles, à un jet de pierre de son domicile, qu’Eemans publiera ses derniers textes, sans faiblir ni faillir malgré le poids des ans, jusqu’en ce jour fatidique de la fin juillet 1998, où la Grande Faucheuse l’a emporté.

 

Personnellement, je n’ai pas suivi un itinéraire strictement évolien après la dissolution du « Centro Studi Evoliani », dans la première moitié des années 80. Eemans m’en a un peu voulu, beaucoup au début des années 80, moins ultérieurement, et finalement, la réconciliation définitive est venue en deux temps : lors de la venue à Bruxelles de Philippe Baillet (pour une conférence à la tribune de l’EROE, chez Jean van der Taelen) puis lorsqu’il m’a invité à des vernissages, surtout celui qui fut suivi d’une magnifique soirée d’hommage, avec dîner somptueux fourni par l’édilité locale, que lui organisa sa ville natale de Termonde (Dendermonde) à l’occasion de ses 85 ans (en 1992). Pourquoi cette animosité passagère à mon égard ? Début 1981, a eu lieu à Bruxelles une conférence sur les thèmes de la défense de l’Europe, organisée conjointement par Georges Hupin (pour le GRECE-Belgique) et par Rogelio Pete (pour le compte d’une structure plus légère et plus éphémère, l’IEPI ou « Institut Européen de Politique Internationale »).

 

La rencontre Eemans/de Benoist

 

En marge de cette initiative, où plusieurs personnalités prirent la parole, dont Alain de Benoist, l’excellent et regretté Julien Freund, le Général Robert Close (du Corps des blindés belges stationnés en RFA), le Colonel Marc Geneste (l’homme de la « bombe à neutrons » au sein de l’armée française), le Général Pierre M. Gallois et le Dr. Saul Van Campen (Directeur du cabinet du Secrétaire Général de l’OTAN), j’avais vaguement organisé, en donnant deux ou trois brefs coups de fil, une rencontre entre Marc. Eemans et Alain de Benoist dans les locaux de la Librairie de Rome, dans le goulot de l’Avenue Louise, à Bruxelles, sans pouvoir y être présent moi-même (3). Visiblement, l’intention d’Eemans était de se servir de la revue d’Alain de Benoist, « Nouvelle école », dont j’étais devenu le secrétaire de rédaction, pour relancer les thématiques d’ « Hermès ». A l’époque, malgré quelques rares velléités évoliennes, Alain de Benoist n’était guère branché sur les thématiques traditionalistes ; il snobait délibérément Georges Gondinet, qualifié de « petit con qui nous insulte » (remarquez le « pluriel majestatif »…), tout simplement parce que le directeur de « Totalité » avait couché sur le papier quelques doutes quant à la pertinence métapolitique des écrits du « Pape » de la ND, marqués, selon le futur directeur des éditions Pardès, de « darwinisme ». De Benoist reprochait surtout à Gondinet et à son équipe la parution du n°11 de « Totalité », un dossier intitulé « La Nouvelle Droite du point de vue de la Tradition ». De Benoist, qui a certes eu des dadas darwiniens, sortait plutôt d’un « trip » empiriste logique, de facture anglo-saxonne et « russellienne », dont on ne saisit guère l’intérêt au vu de ses errements ultérieurs. Il tâtait maladroitement du Heidegger et voulait écrire sur le philosophe souabe un article qui attesterait de son génie dans toutes les Gaules (on attend toujours ce maître article promis sur le rapport Heidegger/Hölderlin… est germanomane par coquetterie parisienne qui veut, n’est pas germaniste de haut vol qui le prétend…). Sur les avant-gardes dadaïstes et surréalistes, de Benoist ne connaissait rien et classait tout cela, bon an mal an, dans des concepts généraux, dépréciatifs et fourre-tout, tels ceux de l’ « art dégénéré » ou du « gauchisme subversif », car, en cette époque bénie (pour lui et son escarcelle) où il oeuvrait au « Figaro Magazine », le sieur de Benoist se targuait d’appartenir à une bonne bourgeoisie installée, inculte et hostile à toute forme de nouveauté radicale, comme il se targue aujourd’hui d’appartenir à un filon gauchiste, inspiré par le Suisse Jean Ziegler, un filon tout aussi rétif à de la véritable innovation car, selon ses tenants et thuriféraires, il faut demeurer dans la jactance contestatrice habituelle des années 60 (comme certains surréalistes se complaisaient dans la jactance communisante des années 30 et n’entendaient pas en sortir).

 

En ce jour de mars 1981 donc, Alain de Benoist dédicaçait ses livres dans la Librairie de Rome et Eemans s’y est rendu, joyeux, débonnaire, chaleureux et enthousiaste, à la mode flamande, sans doute après un repas copieux et bien arrosé ou après quelques bon hanaps de « Duvel » : on est au pays des « noces paysannes » de Breughel, du « roi boit » de Jordaens et des plantureuses inspiratrices de Rubens ou on ne l’est pas ! Cette truculence a déplu au « Pape » de la « nouvelle droite », qui prenait souvent, à cette époque qui a constitué le faîte de sa gloire, les airs hautains du pisse-vinaigre parisien (nous dirions de la « Moeijer snoeijfdüüs »), se prétendant détenteur des vérités ultimes qui allaient sauver l’univers du désastre imminent qui l’attendait au tout prochain tournant. Pour de Benoist, la truculence breughelienne d’Eemans était indice de « folie ». Les airs hautains du Parisien, vêtu ce jour-là d’un affreux costume de velours mauve, sale et tout fripé, du plus parfait mauvais goût, étaient, pour le surréaliste flamand, indices d’incivilité, de fatuité et d’ignorance. Bref, la mayonnaise n’a pas pris : on ne marie pas aisément la joie de vivre et la sinistrose. Le courant n’est pas passé entre les deux hommes, éclipsant du même coup, et pour toujours, les potentialités immenses d’une éventuelle collaboration, qui aurait pu approfondir considérablement les recherches du mouvement néo-droitiste, vu que la postérité d’ « Hermès » débouche, entre bien d’autres choses, sur les activités de « Religiologiques » de Gilbert Durand ou sur les travaux d’Henri Corbin sur l’islam persan, et surtout qu’elle aurait pu démarrer tout de suite après l’écoeurante éviction de Giorgio Locchi, germaniste et musicologue, qui avait donné à « Nouvelle école » son lustre initial, éviction qu’Eemans ignorait : les arts et la musique ont de fait été quasiment absents des spéculations néo-droitistes qui ont vite viré au parisianisme jargonnant et « sociologisant » (dixit feu Jean Parvulesco), surtout après la constitution du tandem de Benoist/Champetier à la veille des années 90, tandem qui durera un peu moins d’une douzaine d’années.

 

La brève entrevue entre le « Pape » de la « nouvelle droite » et Eemans, à la « Librairie de Rome » de Bruxelles, n’a donc rien donné : un nouveau dépit pour notre surréaliste de Termonde, qui, une fois de plus, s’est heurté à des limites, à des lacunes, à une incapacité de clairvoyance, de lungimiranza, chez un individu qui s’affichait alors comme le grand messie de la culture refoulée. Cela a dû rappeler à notre peintre l’incompréhension des surréalistes bruxellois devant son exposé sur Sœur Hadewych…

 

Eemans m’en a voulu d’être parti, quelques jours plus tard, à Paris pour prendre mon poste de « secrétaire de rédaction » de « Nouvelle école ». Eemans jugeait sans doute que l’ambiance de Paris, vu le comportement malgracieux d’Alain de Benoist, n’était pas propice à la réception de thèmes propres à nos Pays-Bas ou à l’histoire de l’art et des avant-gardes ou encore aux mystiques médiévale et persane ; sans doute a-t-il cru que j’avais mal préparé la rencontre avec le « Pape » de la « nouvelle droite », qu’en ‘audience’ je ne lui avais pas assez parlé d’ « Hermès » ; quoi qu’il en soit, pour l’incapacité à réceptionner de manière un tant soit peu intelligente les thématiques chères à Eemans, notre surréaliste réprouvé avait raison : de Benoist se targue d’être une sorte d’Encyclopaedia Britannica sur pattes, en chair (flasque) et en os, mais il existe force thématiques qu’il ne pige pas, auxquelles il n’entend strictement rien ; de plus, Eemans estimait que « monter à Paris » était le propre, comme il me l’a écrit, furieux, d’un « Rastignac aux petits pieds » : ma place, pour lui, était à Bruxelles, et non ailleurs. Mais, heureusement, mon escapade parisienne, dans l’antre du « snobinard tout en mauve », n’a duré que neuf mois. Revenu en terre brabançonne, je n’ai plus jamais ravivé l’ire d’Eemans. Et c’est juste, la sagesse populaire ne nous enseigne-t-elle pas « Oost West - Thuis best ! » ?

 

Vienne et Zürich/Frauenfeld

 

Ma première activité strictement évolienne date de 1998, année du décès de Marc. Eemans. Evola suscitait à l’époque de plus en plus d’intérêt en Allemagne et en Autriche, grâce, notamment, aux efforts du Dr. T. H. Hansen, traducteur et exégète du penseur traditionaliste. Du coup, toutes les antennes germanophones de « Synergies Européennes » voulaient marquer le coup et organiser séminaires et causeries pour le centième anniversaire de la naissance du Maître. Au printemps de 1998, j’ai donc été appelé à prononcer à Vienne, dans les locaux de la « Burschenschaft Olympia », une allocution en l’honneur du centenaire de la naissance d’Evola ; on avait choisi Vienne parce qu’Evola adorait cette capitale impériale et y avait reçu, en 1945, pendant le siège de la ville, l’épreuve doublement douloureuse de la blessure et de la paralysie : un mur s’est effondré, brisant définitivement la colonne vertébrale de Julius Evola. A Vienne, il y avait, à la tribune, le Dr. Luciano Arcella (qui a tracé des parallèles entre Spengler, Frobenius et Evola dans leurs critiques de l’Occident), Martin Schwarz (toujours animateur de sites traditionalistes avec connotation islamisante assez forte), Alexandre Miklos Barti (sur la renaissance évolienne en Hongrie) et moi-même. J’ai essentiellement mis l’accent sur l’idée-force d’ « homme différencié » et entamé une exploration, non encore achevée treize ans après, des textes d’Evola où celui-ci fut le principal « passeur » des idées de la « révolution conservatrice » allemande en Italie. Cette exploration m’a rendu conscient du rôle essentiel joué par les avant-gardes provocatrices des années 1905-1935 : il faut bien comprendre ce rôle clef pour saisir correctement toute approche de l’école traditionaliste, qui en procède tant par suite logique que par rejet. En effet, on ne peut comprendre Evola et Eemans que si l’on se plonge dans les vicissitudes de l’histoire du dadaïsme, du surréalisme et de ses avatars philosophiques non communisants en marge de Breton lui-même, et du vorticisme anglo-saxon. Les éditions « L’Age d’Homme » offrent une documentation extraordinaire sur ces thèmes, dont la revue « Mélusine » et quelques bons dossiers « H ». En 1999, à Zürich/Frauenfeld, j’ai prononcé à nouveau cette même allocution de Vienne, en y ajoutant combien la notion d’ « homme différencié », proche de celle d’ « anarque » chez Ernst Jünger, a été cardinale pour certains animateurs non gauchistes de la révolte étudiante italienne de 1968. En Italie, en effet, grâce à Evola, surtout à son « Chevaucher le Tigre », le mouvement contestataire n’a pas entièrement été sous la coupe des interprètes simplificateurs de l’ « Eros et la civilisation » d’Herbert Marcuse. Dans les legs diffus de cette révolte étudiante-là, on peut, aujourd’hui encore, aller chercher tous les ingrédients pratiques d’une révolte qui s’avèrerait bien vite plus profonde et plus efficace dans la lutte contre le système, une révolte efficace qui exaucerait sans doute au centuple les vœux de Tzara et de Breton…  

 

Deux mémoires universitaires ont été consacrés tout récemment en Flandre à Evola, celui de Peter Verheyen, qui expose un parallèle entre l’auteur flamand Ernest van der Hallen et Julius Evola, et celui de Frédéric Ranson, intitulé « Julius Evola als criticus van de moderne wereld » (4). Ranson prononce souvent des conférences en Flandre sur Julius Evola, au départ de son mémoire et de ses recherches ultérieures. En Wallonie, en Pays de Liège, l’homme qui poursuit une quête traditionnelle au sens où l’entendent les militants italiens depuis le début des années 50 ou dans le sillage de « Terza Posizione » de Gabriele Adinolfi est Philippe Banoy. La balle est désormais dans leur camp : ce sont eux les héritiers potentiels de Vercauteren et d’Eemans. Mais des héritiers qui errent dans un champ de ruines encore plus glauque qu’à la fin des années 70. Un monde où les dernières traces de l’arèté grec semblent avoir définitivement disparu, sur fond de partouze festiviste permanente, de niaiserie et d’hystérie médiatiques ambiantes et d’inculture généralisée.

 

Evola, Eemans et la plupart des traditionalistes historiques de leur époque sont morts. Jean Parvulesco vient de nous quitter en novembre 2010. Un mouvement authentiquement traditionaliste doit-il se complaire uniquement dans la commémoration ? Non. Le seul à avoir repris le flambeau, avec toute l’autonomie voulue, demeure un inconnu chez nous dans la plupart des milieux situés bon an mal an sur le point d’intersection entre militance politique et méditation métaphysique : je veux parler de l’Espagnol Antonio Medrano, perdu de vue depuis ses articles dans la revue « Totalité » de Georges Gondinet. Ce mois-ci, en me promenant pour la première fois de ma vie dans les rues de Madrid, je découvre une librairie à un jet de pierre de la Plaza Mayor et de la Puerta del Sol qui vendait un ouvrage assez récent de Medrano. Quelle surprise ! Il est consacré à la notion traditionnelle d’honneur. Et la jaquette mentionne plusieurs autres ouvrages d’aussi bonne tenue, tous aux thèmes pertinents (5). Aujourd’hui, il conviendrait de fonder un « Centre d’Etudes doctrinales Evola & Medrano », de manière à faire pont entre un ancêtre « en absence » et un contemporain, qui, dans le silence, édifie une œuvre qui, indubitablement, est la poursuite de la quête. 

 

MAUGIS-8251-1995-4.jpgEnfin, il ne faut pas oublier de mentionner qu’Eemans survit, sous la forme d’une figure romanesque, baptisée Arminius, dans le roman initiatique de Christopher Gérard (6), rédigé après l’abandon, que j’estime malheureux, de sa revue « Antaios ». Arminius/Eemans y est un mage réprouvé (« après les proscriptions qui ont suivi les grandes conflagrations européennes »), ostracisé, qui distille son savoir au sein d’une confrérie secrète, plutôt informelle, qui, à terme, se donne pour objectif de ré-enchanter le monde (couverture du livre de Christopher Gérard avec, pour illustration, le plus beau, le plus poignant des tableaux d'Eemans: le Pélerin de l'Absolu).

 

Pour conclure, je voudrais citer un extrait extrêmement significatif de la monographie que le Prof. Piet Tommissen a consacré à Marc. Eemans, extrait où il rappelait combien l’œuvre de Julius Langbehn avait marqué notre surréaliste de Termonde : « Au moment où il préparait son recueil ‘Het bestendig verbond’ en vue de publication, Eemans fit d’ailleurs la découverte, grâce à son ami le poète flamand Wies Moens, du livre posthume ‘Der Geist des Ganzen’ de Julius Langbehn (1851-1907) (…) Langbehn y analyse le concept de totalité à partir de la signification du mot grec ‘Katholon’. Selon lui, le ‘tout’ travaille en fonction des parties subordonnées et se manifeste en elles tandis que chaque partie travaille dans le cadre du ‘tout’ et n’existe qu’en fonction de lui. Le ‘mal’ est déviation, négation ou haine de la totalité organique dans l’homme et dans l’ordre temporel ; le ‘mal’ engendre la division et le désordre, aussi tout ce qui s’oppose à l’esprit de totalité crée tension et lutte. Pour que l’esprit de totalité règne, il faut que disparaisse la médiocrité intellectuelle car elle est le fruit d’hommes sans épine dorsale ou caractère et sans attaches avec la source de toute créativité qu’est la vie vraiment authentique de celui qui assume la totalité de sa condition humaine. Langbehn rappelle que les mots latins ‘vis’, ‘vir’ et ‘virtus’, soit force, homme et vertu, ont la même racine étymologique. Oui, l’homme vraiment homme est en même temps force et vertu, et tend ainsi vers le surhomme, par les voies d’un retour aux sources tel que l’entend le mythe d’Anthée ». Dans ces lignes, l’esprit averti repèrera bien des traces, bien des indices, bien des allusions…

 

(propos recueillis en avril et en mai 2011).

 

Bibliographie :

 

-          Gérard DUROZOI, Histoire du mouvement surréaliste, Hazan, Paris, 1997 (Eemans est totalement absent de ce volume).

-          Marc. EEMANS, La peinture moderne en Belgique, Meddens, Bruxelles, 1969.

-          Piet TOMMISSEN, Marc. Eemans – Un essai de biographie intellectuelle, suivi d’une esquisse de biographie spirituelle par Friedrich-Markus Huebner et d’une postface de Jean-Jacques Gaillard, Sodim, Bruxelles, 1980.

-          André VIELWAHR, S’affranchir des contradictions – André Breton de 1925 à 1930, L’Harmattan, Paris, 1998.

 

 

Notes :

 

(1)     Geert WARNAR, Ruusbroec – Literatuur en mystiek in de veertiende eeuw, Athenaeum/Polak & Van Gennep, Amsterdam, 2003 ; Paul VERDEYEN, Jan van Ruusbroec – Mystiek licht uit de Middeleeuwen, Davidsfonds, Leuven, 2003.

(2)     Jacqueline KELEN, Hadewych d’Anvers et la conquête de l’Amour lointain, Albin Michel, Paris, 2011. 

(3)     Mis à toutes les sauces, fort sollicité, j’ai également organisé ce jour-là un entretien entre Alain de Benoist et le regretté Alain Derriks, alors pigiste dans la revue du ministre Lucien Outers, « 4 millions 4 ». Soucieux de servir d’écho à tout ce qui se passait à Paris, le francophile caricatural qu’était Outers avait autorisé Derriks à prendre un interview du leader de la « Nouvelle Droite » qui faisait pas mal de potin dans la capitale française à l’époque. On illustra les deux ou trois pages de l’entretien d’une photo d’Alain de Benoist, les bajoues plus grassouillettes en ce temps-là et moins décharné qu’aujourd’hui (le « Fig Mag » payait mieux…), tirant goulument sur un long et gros cigare cubain.

(4)     Frederik RANSON, « Julius Evola als criticus van de moderne wereld », RUG/Gent ; promoteur : Prof. Dr. Rik Coolsaet – année académique 2009-2010 ; Peter VERHEYEN, « Geloof me, we zijn zat van deze beschaving » - de performatieve cultuurkritiek van Ernest van der Hallen en Julius Evola tijdens het interbellum », RUG/Gent ; promoteur : Rajesh Heynick – année académique 2009-2010.

(5)     Le livre découvert à Madrid est : Antonio Medrano, La Senda del Honor, Yatay, Madrid, 2002. Parmi les livres mentionnés sur la jaquette, citons : La lucha con el dragon (sur le mythe universel de la lutte contre le dragon), La via de la accion, Sabiduria activa, Magia y Misterio del Liderazgo – El Arte de vivir en un mondi en crisis, La vida como empressa, tous parus chez les même éditeur : Yatay Ediciones, Apartado 252, E-28.220 Majadahonda (Madrid) ; tél. : 91.633.37.52. La librairie de Madrid que j’ai visitée : Gabriel Molina – Libros antiguos y modernos – Historia Militar, Travesia del Arenal 1, E-28.013 Madrid – Tél/Fax : 91.366.44.43 – libreriamolina@yahoo.es . 

(6)     Christopher GERARD, Le songe d’Empédocle, L’Age d’Homme, Lausanne, 2003.