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mardi, 15 janvier 2013

Limonov, intellettuale ribelle tra Nuova Destra, David Bowie e Che Guevara

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Limonov, intellettuale ribelle tra Nuova Destra, David Bowie e Che Guevara
 
Pubblicato il 8 gennaio 2013 da Mario Laferla blog

Un ritratto del 2 giugno 2009

Domenica 31 maggio, a Mosca, in piazza Triumfalnaia, la polizia ha arrestato Eduard Limonov, durante una manifestazione antigovernativa non autorizzata. Con Limonov sono finiti in prigione altri venti dimostranti, tutti fedelissimi del fondatore del partito nazional-bolscevico. Nessuno può sapere quale sarà la sorte di Limonov. Strenuo oppositore di Vladimir Putin e della sua politica, Limonov era stato arrestato altre volte; in particolare nel 2001 era stato condannato a quattro anni (poi ridotti a due) per “terrorismo”.
Eduard Limonov è un personaggio noto in tutto il mondo. Scrittore di successo (ha scritto finora ventotto libri, pubblicati in molti paesi tra cui l’Italia), ha sempre dimostrato tutta la sua avversione per il Cremlino, accentuata con l’avvento al potere di Putin, del quale Limonov non approva nessuno dei suoi provvedimenti in politica interna e in quella estera. A Limonov “L’altro Che” di Mario La Ferla dedica un capitolo intitolato “A Mosca contro Putin”. Perchè Limonov ha sempre dichiarato la sua ammirazione e la sua passione per Ernesto Guevara, suo idolo indiscusso.
Quando si rivolge ai suoi detrattori, Limonov parla così: “Siete tutti figli di puttana! Io sono il Casanova e il Che Guevara della letteratura russa! In questo mondo di belle donne e di uomini malvagi, in questo mondo del sangue, della guerra, degli eroi e dei draghi, io mi sono già conquistato un posto alla tavola rotonda degli eventi”.
Il continuo riferimento al Che nei suoi scritti e nei suoi discorsi é il motivo dominante della sua protesta politica contro il Cremlino. Ernesto Guevara -Limonov lo sa bene- non è mai stato apprezzato dai capi sovietici, nemmeno ai tempi delle sue imprese rivoluzionarie. Anzi, proprio quelle imprese, fastidiose per Fidel Castro e per la sua politica di collaborazione con l’Urss, avevano convinto il Cremlino a contrastare l’attività del Comandante. Per Limonov é un vero piacere sbandierare l’immagine barbuta del Che in ogni manifestazione di protesta nelle vie e nelle piazze di Mosca. Come sbattere in faccia al regime l’ “eroe” che non aveva mai amato.
Eduard Limonov é senza dubbio il personaggio più detestato dall’establishment russo. Non soltanto per la continua attività di oppositore, ma anche per il suo curriculum di scrittore e uomo politico. I suoi libri sono noti ovunque. In particolare hanno ottenuto un successo straordinario il suo primo romanzo “Fuck off America!” (scritto dopo un soggiorno negli Stati Uniti), “Il libro dell’acqua”, “Diario di un fallito” e “Eddy-baby ti amo”. Un suo ammiratore italiano ha scritto: “Dal 2001 al 2003 Eduard Limonov è in carcere e sogna l’acqua. Sogna il mare e i fiumi. Sogna laghi, stagni, paludi, fontane, saune e bagni turchi. Dalle coordinate idrogeografiche evoca i ricordi di epiche scopate, di bagni nell’oceano freddissimo, di amici morti in battaglia. Ogni luogo è un frammento di memoria. Come un mosaico si compone l’autoritratto di un irruente leader politico, un pericoloso bastardo i cui hobby principali sono la fica e la guerra. Dissidente, esule, combattente, Limonov fonda nel 1993 il Partito nazionalbolscevico, vigorosa sintesi di ogni totalitarismo, che seduce hooligans dadapunk e nostalgici, teste rasate e metallari, situazionisti. ‘Il libro dell’acqua’ è la superficie dell’opera d’arte, infedele resoconto di un progetto esistenziale, agiografia di un delirio. Limonov sta lì dove la letteratura finisce, e inizia la vita vera. Anzi, la Storia. Eduard Limonov è Che Guevara e Hitler, Kirillov e Cristo, Henry Miller e David Bowie. Eduard Limonov è una rockstar”.
Questo ritratto, perfetto, spiega l’atteggiamento dei governanti russi nei suoi confronti. Ovunque sia andato, a Parigi o a New York, in Italia o altrove, Limonov ha suscitato interesse e curiosità, ha fatto scrivere cose ripugnanti sulla sua persona e lodi smisurate. Di lui, dei suoi libri e della sua attività politica si sono occupati i giornali di tutto il mondo. Fuggito, o espulso, dalla Russia, alla fine degli anni Sessanta, era andato a vivere negli Stati Uniti, dove aveva simpatizzato con i trozskisti ed era stato avvicinato dal Kgb per fare la spia.Aveva vissuto anche a Parigi e i parigini si erano innamorati di lui. Il suo editore italiano lo ha presentato come un “agitatore politico e artista ribelle, dissoluto libertino e feroce militante armato, Eduard Limonv (nome d’arte che evoca il suono della parola russa ‘granata’) é la più scomoda e inclassificabile figura di dissidente intellettuale nella Russia postcomunista”.
Nel 1993, dopo alcune fallimentari esperienze politiche alternative, Limonov aveva fondato il Fronte, poi diventato Partito, nazional-bolscevico. All’inizio sembrava un gruppo rock: artisti alla moda, ragazzi di buona famiglia annoiati e sempre disposti a partecipare a una divertente provocazione politica, e ragazze che trovavano Limonov attraente. Tra i primi aderenti, chiamati nazbols, c’erano, fra gli altri, il cantante del gruppo comunista siberiano “Difesa civile” Jegor Letov, il gruppo heavy-metal “Metallo arrugginito”, l’ex moglie di Limonov, la cantante di night-club Natalia Medvedjeva, il gruppo di artisti performativi “Nord”, e molti poeti, musicisti e giornalisti. Da un punto di vista ideologico, il partito veniva propagandato come una combinazione tra un programma economico di sinistra (giustizia sociale, proprietà comune, lavoro colletivo) e una politica di destra (priorità dello Stato e della nazione, espansione della Russia fino a Gibilterra). L’obiettivo era quello di riunire sotto un’unica bandiera tutti i gruppi radicali giovanili di destra e di sinistra. La bandiera era un misto tra elementi nazisti e comunisti: il rosso e il bianco di Hitler e la falce e martello di Stalin. Fin dalla fondazione, a fianco di Limonov, c’era anche il filoso Aleksander Dugin, il capofila del neo-eurasismo, il teorico della “rivoluzione conservatrice” che aveva avuto stretti contatti con alcuni esponenti dell’estrema destra europea: Jean-Fracois Thiriart, fondatore della “Jeune Europe”; Claudio Mutti, responsabile italiano di quel movimento; Alain De Benoist e Robert Steuckers. I maestri ai quali il partito di Limonov si ispirava erano Evola e Guénon. Il nazional-bolscevismo di Limonov puntava al superamento di destra e sinistra, secondo l’ispirazione di Thiriart, il quale ammoniva: “Il fascista cattivo e nostalgico non mette paura a nessuno, anzi è utile e funzionale al sistema. Quello che mette veramente paura è il rivoluzionario… Questo non significa certo diventare di sinistra, perchè questa sinistra ci disgusta quanto la destra. Significa oltrepassare i limiti imposti dalla cultura borghese e creare una nuovaq concezione della politica al fine di articolare un fronte nazionale, popolare, socialista”.
Un seguace appassionato delle teorie di Dugin e Limonov é Oleg Gutsulyak, scrittore e filosofo ucraino appena quarantenne. Dopo aver militato nell’eterodossia comunista, al sopraggiungere dell’indipendenìza ucraina aveva aderito all’estremismo nazionalista dell’Una-Unso. Poi era passato nella corrente della “Nouvelle Droite” accettando le tesi del neo-eurasismo russo. Ancora prima di aderire alla “Nouvelle Droite”, il filosofo ucraino aveva letto tutti i libri su Che Guevara che ammirava come “rivoluzionario e come eroe morto per difendere le proprie idee”.
Non molto simpatici alla destra tradizionale, i nazbols sono odiati a sinistra. Nonostante Limonov abbia fatto di tutto per accreditarsi come socialista vicino a Lenin e Trotzsky, i suoi atteggiamenti provocatori, i suoi discorsi offensivi, i suoi libri scandalosi hanno finito per isolarlo in un “splendido ghetto” dove continua a coltivare le sue teorie e a lanciare messaggi minacciosi. I suoi miti sono i personaggi che hanno coltivato l’idea della rivoluzione: in testa ci sono quelli che la rivoluzione l’hanno fatta sul serio, in un modo o nell’altro. Oltre a Lenin, quindi, Mussolini, Hitler, Mao Tse-Tung, Ho Chi Minh, Giap, Saddam Hussein, Gheddafi, Tito, Milosevic, Salvador Allende, Eva Peròn, Gandhi, Malcom X, Nelson Mandela, Augusto Sandino. Ma sopra tutti c’è Ernesto Guevara, il suo Che glorificato in ogni occasione e in ogni maniera.
Della sua attività politica ha detto: “La mia carrietra politica di leader di un partito estremista è inconsueta agli occhi dell’Europa del XXI secolo, ma anche la Russia è un paese inconsueto, e se mi accusano di violenza, allora anch’io posso allo stesso modo rimproverare il potere russo della violenza che viene esercitata nei miei confronti. Il mio tempo è occupato dalla politica e dalla lotta contro il Cremlino. E il Cremlino lotta contro di noi. Ci picchia. Ci reprime, ci mette in prigione… Io non sono fascista, i fascisti hanno cessato di esistere nel 1945 e da allora sono sorti nuovi fenomeni nel mondo politico, sia in Italia che in Russia”.
Il quartier generale del partito di Limonov è in una specie di cantina al numero 3 della Frunceskaja Ulica, spessissimo “visitata” dalla polizia segreta nel tentativo di scoprire qualcosa di compromettente. Sui muri della sede, un grande manifesto con una colomba con la falce e martello e il poster del Che. All’inviata di “la Repubblica”, Margherita Belgioioso, il portavoce di Limonov aveva detto: “Siamo contro la guerra in Iraq e contro quella in Cecenia; Putin è un dittatore. Ci è stata negata per cinque volte la registrazione come partito nonostante abbiamo un diffuso appoggio tra la gente”.
Parlando di Limonov, la Belgioioso scriveva: “Limonov è un enigma che divide l’intellighentia russa: ma tra chi lo sosteneva apertamente c’era persino Anna Politkovsaja, la giornalista assassinata nell’ottobre 2006 mentre rientrava a casa”. Poi aveva parlato Limonov: “Siamo gli unici a fare una vera opposizione a Putin: per questo il Cremlino ci teme”.

A cura di Mario Laferla blog
 

Pourquoi la France ouvre-t-elle ses portes au Qatar ?

Enquête : Pourquoi la France ouvre-t-elle ses portes au Qatar ?

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Sous Sarkozy comme avec Hollande, le richissime émirat dispose des mêmes facilités pour racheter des pans entiers de notre économie. Que signifie l’appétit d’ogre de ce petit pays ? Pourquoi Paris lui ouvre-t-il ses portes ? Enquête.

La dépêche, stupéfiante, est tombée le 6 novembre dernier : l’ambassadeur du Qatar, Mohamed Jaham al-Kuwari, annonçait à l’Agence France-Presse que son pays avait l’intention d’investir 10 milliards d’euros dans des sociétés du CAC 40. Répondant au journaliste qui évoquait quelques rares déclarations de personnalités qui, comme Bernard-Henri Lévy, Jean-Luc Mélenchon ou Julien Dray, ont manifesté leur inquiétude sur l’influence du Qatar en France, l’ambassadeur a conclu l’interview par une formule aussi ironique qu’arrogante : «C’est quoi, le problème ?»

En effet, il n’y a, apparemment, aucun problème. Apprendre que le fonds souverain qatari va presque doubler le montant de ses participations dans le CAC 40 ne pose aucun problème au gouvernement ni à l’opposition. Organiser la Coupe du monde de football dans un pays où ce sport n’intéresse personne et va nécessiter la construction de stades munis de sols réfrigérants pour pouvoir supporter des températures à 45° C (bonjour Kyoto !), ça n’interpelle personne dans le monde du sport – pas même Michel Platini -, ni dans celui de l’écologie, surtout pas Yann Arthus-Bertrand. Coïncidence : son dernier film a été financé par des Qataris…

Savoir que des Qataris pourraient sélectionner des entrepreneurs de banlieue sur une base communautariste n’inquiète pas grand monde. Installer une annexe de Normale Sup à Doha, ville où l’on est payé 400 dollars ou 12 000 selon la couleur de sa peau, ne dérange personne, et surtout pas Monique Canto-Sperber, présidente du pôle interuniversitaire Paris Sciences et Lettres et Philosophe spécialiste de «l’éthique».

Qu’enfin la France impose à tous ses partenaires l’admission directe du Qatar au sein de la francophonie, sans passer par la case «observateur», comme l’exigeaient les usages jusqu’alors, cela n’ennuie pas grand monde non plus.

A Doha, on appelle ça le «français sonnant et trébuchant». Mais, à Paris, le silence est de rigueur. Depuis des années. On peut même dater l’origine de l’amitié franco-qatarie : le premier voyage de Nicolas Sarkozy, alors ministre de l’Intérieur, à Doha, en décembre 2005. Sarkozy s’est lié d’amitié avec le Premier ministre qatari, Hamad ben Jassem al-Thani, «HBJ» pour les intimes, au risque de mélanger les genres.

Lorsqu’il arrive à l’Elysée, Sarkozy prend l’habitude de recevoir tous les mois «HBJ». Au menu des discussions, les emplettes en France du fonds souverain Qatar Investment Authority (QIA). Selon un patron du CAC 40, «Guéant avait une liste de courses pour les Qataris. On avait l’impression que l’Elysée leur donnait à racheter la France».

C’est durant le quinquennat Sarkozy que le Qatar est entré dans le capital de plusieurs groupes du CAC 40. Le président a même donné de sa personne, en faisant pression sur le président du PSG, Sébastien Bazin, gérant du fonds Colony Capital, pour lui demander de vendre le PSG selon les conditions du Qatar. Bazin proposait aux Qataris 30 % du club de foot parisien pour 30 millions d’euros. Après l’intervention présidentielle, ils en ont récupéré 70 % pour 40 millions (ils en sont désormais propriétaires à 100 %).

Convention fiscale

Mais le sport n’est qu’une conséquence d’une orientation stratégique prise à l’Elysée. C’est sous l’ère Sarkozy que le Qatar s’est imposé – sans provoquer un quelconque débat, même au sein du gouvernement Fillon – comme un médiateur de la diplomatie française au Proche et au Moyen-Orient : intervention financière pour libérer les infirmières Bulgares en Libye (juillet 2007), aide au rapprochement entre Nicolas Sarkozy et Bachar al-Assad, puisque, avant d’aider les combattants, le Qatar était un allié solide du régime baasiste.  

Et, bien sûr, plus récemment, le Qatar, seul pays arabe à le faire, a participé – financement de l’armement, formation des combattants libyens et même présence de 5 000 hommes des forces spéciales – à l’intervention militaire occidentale contre Kadhafi.

La puissance grandissante du Qatar en France semble stimulée par la faiblesse de nos responsables politiques, déboussolés par la crise mondiale et appâtés, parfois, par les largesses supposées de ce petit pays. Ami personnel de la famille de l’émir, Dominique de Villepin, aujourd’hui avocat d’affaires, a pour principal client le Qatar Luxury Group, fonds d’investissement personnel de la cheikha Mozah bint Nasser al-Missned. A droite, parmi les habitués de Doha, on trouve aussi Philippe Douste-Blazy, Rachida Dati ou Hervé Morin.

Dans les milieux diplomatiques français, cette politique du «tout-Qatar» agaçait certains, qui espéraient que François Hollande, réputé partisan d’un resserrement des liens avec l’Algérie, allait en quelque sorte «rééquilibrer» la politique française dans la région.

Certes, François Hollande s’est rendu en Algérie le 19 décembre. Mais il avait vu le Premier ministre de l’émirat, Hamad ben Jassem al-Thani, dans un palace parisien dès le début de 2012. Les deux hommes s’étaient d’ailleurs déjà rencontrés une première fois en 2006, François Hollande le recevant en tant que premier secrétaire du PS. Depuis son élection, il l’a revu à deux reprises, et a accueilli l’émir Hamad ben Khalifa al-Thani à l’Elysée, le 22 août 2012. Un traitement privilégié.

Autre signe de continuité, l’entrée d’investisseurs qataris au capital de France Télécom en juin 2012… «Les gouvernements passent, mais les intérêts demeurent. Les accords financiers entre la France et le Qatar n’ont pas été interrompus, remarque le chercheur Nabil Ennasri, Hollande a seulement mis un terme à l’affichage publicitaire façon Sarkozy.»

Incroyable : la convention fiscale entre les deux pays – une sacrée niche fiscale qui dispense un investisseur qatari de tout impôt sur les plus-values réalisées sur la revente de biens immobiliers en France -, qui avait été tant décriée par le PS (du temps de l’opposition), n’a pas été abrogée…

Il faut dire que, même sous Sarkozy, les Qataris ont eu la prudence de créer ou de maintenir des liens solides avec la gauche française. L’ambassadeur du Qatar en France, Mohamed Jaham al-Kuwari, a préparé la transition politique de longue date en multipliant les contacts avec plusieurs dirigeants socialistes : Ségolène Royal, Laurent Fabius, Elisabeth Guigou, Jack Lang, Bertrand Delanoë, Martine Aubry, mais aussi Pierre Moscovici, Arnaud Montebourg, qui a séjourné à Doha en pleine campagne de la primaire socialiste, ou encore Manuel Valls, seul émissaire du candidat à avoir rencontré l’émir en décembre 2011.

Sous nos latitudes tempérées, le Qatar est un sujet de consensus. Jusque dans les médias, où il est devenu le pays des Bisounours. Comme dans l’émission «Un œil sur la planète», diffusée sur France 2 l’automne dernier, le présentant comme un nouvel eldorado, terre d’accueil de tous les ambitieux et les entrepreneurs.

Ou encore dans une interview de l’ambassadeur de France au Qatar publiée dans la revue Géoéconomie (1). Le diplomate s’enthousiasme d’abord sur les perspectives de coopération entre les deux pays, faisant miroiter aux groupes français la perspective des 120 milliards mobilisés en vue de la Coupe du monde de football en 2022. Autant de beaux contrats pour Bouygues, Vinci, Carrefour et quelques autres.

Mais l’ambassadeur y ajoute le supplément d’âme indispensable aux esprits délicats que nous sommes supposés demeurer : le printemps arabe aurait ainsi révélé – comme l’a reconnu lui-même François Hollande – d’importantes convergences entre les deux pays. L’honneur est sauf.

Feuilletons le dossier de presse «Qatar en France». Il s’y dessine peu à peu un véritable storytelling qatari, que l’on pourrait résumer comme suit : le Qatar est un «nanopays» richissime – 78 260 dollars de revenu par Qatari en 2009, ça fait rêver – mais coincé entre deux géants, l’Iran, avec lequel il doit partager le gisement de gaz North Dome, l’un des plus grands du monde, et l’Arabie saoudite, 14 fois plus peuplée et disposant d’avoirs neuf fois supérieurs.

Cette fragilité obligerait les Qataris à se montrer à la fois plus intelligents et plus diplomates que leurs voisins. Ils chercheraient ainsi une «assurance vie» - l’expression revient chez tous nos interlocuteurs – et seraient prêts à signer des chèques XXL à ceux qui sont susceptibles de lui garantir une protection. La France, avec son siège au Conseil de sécurité de l’ONU, constitue son meilleur allié.

Autre argument en faveur des Qataris, leurs investissements sont jugés «très professionnels». Leur charte, «Vision nationale pour le Qatar 2030», adoptée en 2008, prévoit que les revenus des placements des fonds souverains qataris se substitueront à ceux du gaz.

Il faudrait donc se réjouir, s’enthousiasme Patrick Arnoux, du Nouvel Economiste (2), de leur intérêt pour nos grands groupes : «L’entreprise Qatar, dirigée d’une main ferme par le cheikh Hamad ben Khalifa al-Thani, investit certes par milliards sur des actifs qui ont trois points communs : ils sont unitairement importants, prometteurs pour l’avenir et à forte rentabilité.» Et de vanter les financiers qataris, «issus des meilleures banques américaines comme Lehman Brothers» (curieux, cet éloge d’une banque qui a fait faillite en 2008, déclenchant la crise dans laquelle nous pataugeons encore !).

Et puis, nous assurent tous ces amis français des Qataris, ces derniers ne sont ni gourmands ni exhibitionnistes ; excepté chez Lagardère, ils n’exigent pas de siéger dans les conseils d’administration des sociétés dont ils deviennent actionnaires.

Une alternative aux Saoudiens

Riches en capitaux disponibles, respectueux de l’indépendance de leurs partenaires, les Qataris sont aussi, nous dit-on, modernes. Leur nouvelle constitution donne aux 200 000 Qataris le droit d’élire des représentants locaux qui pourront même être des femmes (au sein d’une chambre cependant strictement consultative).

La chaîne Al-Jazira, qu’ils ont créée en 1996, présentée comme une sorte de CNN arabe, aurait révolutionné l’information au Proche-Orient. La femme de l’émir, la cheikha Mozah bint Nasser al-Missned, a contribué à une véritable cité du savoir à la périphérie de Doha, ouverte aux musées et aux universités occidentales.

Enfin, le sentiment de fragilité des Qataris les pousserait à devenir une tête de pont entre le monde arabo-musulman et l’Occident. Songez que la plus grosse base militaire américaine, autrefois à Bahreïn, a déménagé à Doha et que les Qataris maintiennent des liens avec Israël. Ils constituent ainsi une alternative plus présentable que les Saoudiens, qui soutiennent les salafistes dans la région. Et si le Qatar représentait cet islam modéré dont tant d’Occidentaux espèrent l’avènement depuis des années ?

Bien sûr, comme tout storytelling, celui portant sur le Qatar reflète une partie de la réalité. L’émir, qui a chassé son père du pouvoir en 1995, s’est révélé un fin stratège. «Le Qatar est le premier à avoir acheté des méthaniers, analyse l’économiste Hakim el-Karoui, et à garder ainsi la maîtrise du transport du gaz.» Résultat : le pays frôle les 20 % de croissance en 2012, après 16 % en 2010 et 12 % en 2009.

Ensuite, il semble bien que la stratégie qatarie soit la plus subtile des pays du Golfe. «Les Qataris ne sont pas que des payeurs, observe l’ancien ministre des Affaires étrangères Hubert Védrine, ils sont astucieux et mènent une stratégie d’équilibre, entre Al-Jazira d’un côté, le phare du printemps arabe, la base américaine sur leur territoire et leurs relations assez bonnes avec Israël.»

Enfin, il est patent que les Qataris ne mélangent pas forcément leur politique diplomatique, pas facile à décrypter, et leurs investissements pour lesquels ils recherchent, c’est un banquier qatari qui parle, un «absolute return», autrement dit une garantie de retour sur investissement.

Mais ces indéniables atouts – prospérité économique, stratégie au long cours, subtilité diplomatique – ne doivent pas occulter la face moins reluisante du petit Etat. La condamnation à perpétuité, le 28 novembre, du poète Mohammed al-Ajami, coupable… d’un court texte critique sur l’émir, jette une lumière blafarde sur la modernité qatarie.

Et il y a surtout la relation très particulière que le Qatar entretient avec l’islamisme politique. L’émirat a été, depuis quinze ans, le refuge de bien des activistes radicaux, tel Abassi Madani, l’ex-patron du FIS algérien. Le Hamas a déménagé ses bureaux de Damas à Doha, et la récente visite de l’émir à Gaza n’est pas passée inaperçue.

La chaîne de télé Al-Jazira s’est fait connaître en devenant le diffuseur exclusif des communiqués d’Al-Qaida, et certains ne manquent pas de souligner que Doha a été exempt de tout attentat terroriste. Exilé au Qatar depuis quarante ans, le plus célèbre prédicateur islamiste, Youssef al-Qardaoui, officie chaque semaine sur Al-Jazira.

L’homme a déclaré que «les opérations martyres sont l’arme que Dieu a donnée aux pauvres pour combattre les forts», et que, «tout au long de l’histoire, Allah a imposé aux juifs des personnes qui les puniraient de leur corruption. Le dernier châtiment a été administré par Hitler. [...] C’était un châtiment divin. Si Allah le veut, la prochaine fois, ce sera par la main des musulmans».

Cet activisme n’étonne pas Alain Chouet, ancien chef du service de renseignements de sécurité de la DGSE (services secrets français) : «Comme la famille régnante veut ravir à la famille Al-Saoud d’Arabie saoudite son rôle moteur dans le contrôle de l’islam sunnite à l’échelle mondiale, elle héberge volontiers les imams et prêcheurs de tout poil, à condition qu’ils soient plus extrémistes que les oulémas saoudiens, de façon à leur rendre des points. Et le Qatar finance partout et généreusement tous les acteurs politico-militaires salafistes, dont la branche la plus enragée des Frères musulmans, hostiles à la famille Al-Saoud et bien sûr au chiisme, mais aussi aux régimes « laïcs » et nationalistes arabes susceptibles de porter ombrage aux pétromonarchies.»

Enfin, le Canard enchaîné affirme que les services français ont repéré une présence qatarie dans le nord du Mali, où sévissent des groupes jihadistes. «On pense, explique Roland Marchal, chercheur au Centre d’études et de recherches internationales (Ceri), qu’un certain nombre d’éléments des forces spéciales qataries sont aujourd’hui dans le nord du Mali pour assurer l’entraînement des recrues qui occupent le terrain, surtout d’Ansar Dine.» Ansar Dine, un groupe jihadiste non lié à Al-Qaida.

Bref, la famille régnante au Qatar n’a sans doute pas de doctrine bien établie, mais son jeu diplomatique, fondé sur une double exigence – concurrencer les Saoudiens dans le monde musulman et diaboliser l’Iran – peut l’amener à des positions fort lointaines de «l’islam des Lumières».

Y compris en France. «Si quelqu’un, affirme un bon connaisseur du dossier, avait la curiosité de se poster en face de l’ambassade du Qatar, il pourrait y prendre en photo d’éminents animateurs de la mouvance islamiste radicale.»

Premier instrument de l’influence du Qatar dans le monde arabe, la chaîne Al-Jazira s’est révélée être «le DRH du printemps arabe», selon l’expression de Naoufel Brahimi el-Mili, professeur de science politique et auteur du livre le Printemps arabe, une manipulation ? (3)

Ce dernier a passé des mois à décrypter les émissions de la chaîne qui fut la première à mettre en scène le martyre du vendeur de légumes tunisien Mohamed Bouazizi, dont le suicide, le 4 janvier 2011, a embrasé la Tunisie, avant que la révolte ne se propage en Libye ou en Egypte. A chaque fois, Al-Jazira accompagne et «feuilletone» les mouvements et les combats.

Il apparaît que, partout, les Qataris soutiennent les Frères musulmans, qui constituent la principale force politique du printemps arabe. Et qu’Al-Jazira est leur bras armé. Brahimi note ainsi que le nouveau ministre des Affaires étrangères libyen, Mohamed Abdelaziz, était un journaliste de la chaîne, de même que Safwat Hijazi, devenu une sorte de «conseiller spécial» du gouvernement égyptien. Pour Brahimi, le projet du Qatar est limpide : «Imposer la révolution « démocratique » par le bas, puisque les révolutions par le haut, façon néoconservateur bushiste, ont échoué.»

Autre sujet d’inquiétude, l’activisme sportif des Qataris – Grand Prix de l’Arc de triomphe, achat du PSG, Mondial de handball (2015) et Coupe du monde de football (2022) – ne relève pas forcément d’un amour désintéressé du sport mais bien d’une stratégie délibérée de soft power.

C’est d’ailleurs Nicolas Sarkozy lui-même, cumulant le rôle de superconsultant des Qataris avec celui de président de la République, qui aurait conseillé à l’émir de «passer par le sport» pour implanter Al-Jazira en France. D’où la création de la chaîne BeIN Sport, au risque de déstabiliser le système audiovisuel français, et notamment le financement du cinéma.

Enfin, et ce n’est pas le moins inquiétant, les Qataris manifestent un intérêt particulier pour les secteurs industriels sensibles et stratégiques. Cette inclination est d’abord apparue dans le dossier EADS. A la fin des années 90, l’émir sympathise avec Jean-Luc Lagardère, avec lequel il partage une passion des chevaux.

Les deux couples sympathisent, Bethy Lagardère initiant la cheikha Mozah aux joies de la vie parisienne, tandis que les équipes Lagardère apportent à l’émir leurs conseils avisés dans l’audiovisuel lors de la création d’Al-Jazira. Avant même la mort de Jean-Luc Lagardère, en 2003, l’émir avait émis le vœu d’entrer au capital d’EADS.

Mais Jean-Paul Gut, alors haut dirigeant d’Airbus, avait habilement orienté les Qataris vers une prise de participation dans le groupe Lagardère lui-même, ce qui était moins intéressant pour le Qatar mais répondait à l’inquiétude de l’héritier, Arnaud Lagardère, qui souhaitait s’assurer des alliés solides dans sa société holding. Mais, quand le groupe allemand Daimler a voulu vendre ses parts dans EADS, le Qatar s’est porté acquéreur, ce qui entraîna une vive réaction d’Angela Merkel aboutissant à un engagement de l’Etat allemand à la place de Daimler.

Si les Qataris se sont senti l’audace d’avancer sur des dossiers aussi sensibles, c’est que les liens entre la France et le Qatar sont anciens : 80 % de l’équipement militaire qatari est français et, pour l’anecdote, les 15 ha que la Direction générale de l’armement loue à Bagneux (Hauts-de-Seine) appartiennent à une banque qatarie…

Poker menteur

Autre indice de l’intérêt des Qataris pour les secteurs stratégiques, l’affaire Altis, une société de semi-conducteurs en difficulté que les Qataris voulaient acheter en 2009 pour créer une industrie similaire au Qatar. Mais Augustin de Romanet, alors patron de la Caisse des dépôts, a jugé le projet suspect, et le Fonds stratégique industriel s’est finalement substitué à l’émirat.

Encore plus inquiétant, le jeu de poker menteur autour d’Areva : il s’en est fallu de peu que l’émirat mette la main sur les mines d’uranium du groupe nucléaire ! A la manœuvre, l’ancien secrétaire général de l’Elysée Claude Guéant, l’intermédiaire de choc Alexandre Djouhri, Henri Proglio, le PDG d’EDF, et François Roussely, du Crédit suisse – une des banques conseil en France des Qataris avec la banque Rothschild.

L’alternance est, apparemment, un concept qui ne s’applique pas à cet aréopage. C’est d’ailleurs peut-être ce qui a conduit l’ambassadeur du Qatar à annoncer de nouveaux investissements dans les groupes français.

A ce rythme-là, la France va finir par avoir plus besoin du Qatar que l’inverse.

(1) «Qatar, l’offensive stratégique», no 62, été 2012.

(2) Du 3 mars 2012.

(3) Editions Max Milo, 2012.

Fonds qatari dans le CAC 40 : déjà plus de 6 milliards !

France Telecom (1 %) : 214,5 M€

Lagardère (13 %) : 1,071 milliard €

LVMH (1 %) : 653,64 M€

Suez Environnement (1 %) : 45 M€

Total (3 %) : 2,691 milliards €

Veolia (5 %) : 946,95 M€

Vinci (8 %) : 2 84,11 M€

Vivendi (5 %) : 427,88 M€

Total : 6,334 milliards d’euros

 
IMMOBILIER : 4 MILLIARDS NET D’IMPÔTS

Les avoirs immobiliers en France des Qataris se partagent entre différents membres de la famille régnante. Ils comprennent des immeubles de luxe et de nombreux hôtels. Au total, l’immobilier détenu par l’émirat dans notre pays atteindrait ainsi 4 milliards d’euros. Début 2008, les Qataris ont obtenu le vote au Parlement français d’un statut fiscal qui les exonère d’impôt sur leurs plus-values immobilières en France. Et ils en profitent : ces dernières années, ils ont racheté des hôtels de luxe comme le Martinez et le Carlton, à Cannes, le Royal Monceau, le Concorde Lafayette, l’hôtel du Louvre, à Paris, le Palais de la Méditerranée, à Nice. Mais ils ont également fait main basse sur le somptueux hôtel Lambert sur l’île Saint-Louis, à Paris, le splendide hôtel d’Evreux de la place Vendôme, à Paris, l’immeuble Virgin des Champs-Elysées, le siège de Vivendi, avenue de Friedland, à deux pas des Champs-Elysées, le siège d’Areva près de l’Opéra, et la tour Pacific à la Défense, ainsi que sur le centre de conférences Kléber, lieu chargé d’histoire – le haut commandement militaire allemand s’y était installé sous l’Occupation et c’est là qu’ont été signés les accords de Paris mettant fin à la guerre du Vietnam. Le destin du centre Kléber est de devenir un palace pour milliardaires…

Au total, les avoirs qataris en France – immobilier et CAC 40 – dépasseraient donc les 10 milliards* d’euros selon nos calculs. Une somme qui rejoint les statistiques de la Banque des règlements internationaux (9,79 milliards), ce qui représente trois fois moins que les investissements du Qatar en Grande-Bretagne, mais deux fois plus que ceux de l’Allemagne.

* Valeur au 20 novembre 2012

 

  • Article publié dans le numéro 820 du magazine Marianne, du 5 au 11 janvier 2013

lundi, 14 janvier 2013

Dix preuves que nous vivons dans des économies factices

 
 

« Il est temps d’admettre que nous vivons dans une économie factice », écrit le blog américain The Idealist. Les gens réclament des emplois, et les politiciens les leur promettent, mais les politiciens ne peuvent créer d’emplois. Et il ne faut pas compter sur les médias pour nous ouvrir les yeux, tout occupés qu’ils sont à glorifier les ‘people’, parce qu’ils sont riches. Ainsi, la semaine passée, Kim Kardashian a fait la une du Huffington Post parce que son chat est mort, rappelle-t-il.

 

Il cite 10 autres preuves qui attestent de l’illusion de nos économies :

1/ Les faux emplois. Non seulement les chiffres du chômage sont minimisés artificiellement par les instances gouvernementales, mais 80% des emplois ne produisent aucune valeur. Ils pourraient disparaître demain sans menacer la survie et le bonheur de l’humanité.

2/ Les problèmes créent des emplois, et non des solutions. Nous ne réglerons jamais les problèmes de la drogue, de la violence, des codes des impôts trop complexes, …etc., parce que ces problèmes permettent d’employer des policiers, des percepteurs, des gardiens de prison, des fonctionnaires… En d’autres termes, nous avons besoin de ces problèmes totalement fabriqués pour créer de l’emploi artificiel.

3/ L’argent n’a pas de valeur. L’argent est l’illusion la plus trompeuse. L’argent n’a de la valeur que parce que la loi le décrète. Mais l’argent n’est que du papier avec de l’encre, et sa valeur réelle est nulle. Les seules choses qui aient de la valeur, c’est le travail, les matériaux, la nourriture, l’eau et l’énergie.

4/ Les banques centrales rachètent les dettes des nations. Aux Etats Unis, la Fed prête de l’argent au gouvernement américain qui émet des obligations pour financer ses dépenses. Ces obligations sont ensuite proposées aux investisseurs. Mais en pratique, c’est la Fed qui en rachète près de 90%. C’est ce que l’on appelle la monétisation de la dette. Dans la zone euro, cette monétisation de la dette a aussi lieu lorsque la BCE rachète des obligations souveraines des pays en difficulté, comme Mario Draghi s’est engagé à le faire en juillet de l’année dernière.

Or ceci ne consiste en rien de moins qu’une chaîne de Ponzi. Dans ce système, les taux d’intérêt sont artificiellement maintenus à un bas niveau (s’ils étaient le reflet de la demande réelle des investisseurs pour ces dettes, ils seraient plus élevés).

 

5/ La détermination de la valeur est faussée. Le mécanisme de fixation des prix est désormais tellement affecté par des variables exogènes qu’il devient difficile de déterminer quelle est la valeur réelle des choses. Les subventions de l’Etat, les taxes, les lois et les règlements, la manipulation des taux d’intérêt, et la spéculation sur les matières premières sont autant de facteurs qui compliquent la valorisation des biens et des services.

6/ L’échec est récompensé. On demande aux citoyens de se serrer la ceinture pour porter secours à des gouvernements, des institutions financières, ou des entreprises. Et lorsque quelqu’un réussit par la force de son travail, il est lourdement imposé pour financer les plans d’aide d’institutions qui se sont mal comporté.

7/ Les organisations privées ont les mêmes droits que les êtres humains, mais pas les mêmes sanctions. Cela devient évident lors de catastrophes industrielles : à quoi aurait été condamné un homme qui aurait provoqué une catastrophe de l’ampleur de celle de la plateforme Deepwater Horizon? Il aurait été jugé comme un tueur psychopathe, et on aurait veillé à ce qu’il ne puisse plus jamais nuire.

8/ Les gens achètent des choses avec de l’argent qu’ils n’ont pas. Malgré l’inflation, le chômage en hausse et l’effondrement des marchés immobiliers, l’achat à crédit ne ralentit pas. Or, rien n’est pire pour une économie que des emprunts adossés à des valeurs dont les retours sur investissement sont négatifs : voitures, cartes de crédit, et prêts étudiants, par exemple.

9/ Les créateurs d’entreprises sont punis. Règlementations abusives, multiplication des considérations écologistes (pas toujours fondées)… Nos économies créent de la dépendance là où il n’y en a pas besoin. La bureaucratie toujours plus lourde entrave les entreprises, quand elles ne les étouffe pas de façon fatale.

10/ L’esclavage moderne. Les banques centrales et les banques commerciales créent de l’argent à partir de rien, et cette création monétaire transforme les gouvernements, les industries et les familles en esclaves. Et même en l’absence d’endettement lié à un crédit, il faut payer des impôts et les effets de l’inflation…

Express.be

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Mali : l’indécision française peut-elle déboucher sur la création d’un « Sahélistan » ?

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Mali : l’indécision française peut-elle déboucher sur la création d’un « Sahélistan » ?

par Bernard LUGAN

 Au  mois de janvier 2012, au Mali, la résurgence d’une crise née au moment des indépendances, imposait de fixer l’abcès afin d’éviter sa dissémination et pour ensuite le traiter en profondeur à travers trois volets :
 
- Politique, en prenant en compte la légitime revendication des populations nordistes, notamment celle des Touareg,
- Diplomatique, en faisant comprendre à l’Algérie que si ses intérêts régionaux n’étaient à l’évidence pas ceux de la France, les nôtres ne s’effaceraient pas devant les siens,
- Militaire, en appuyant les Touareg contre les groupes islamiques qui, à l’époque, totalisaient moins de 300 combattants qui avaient commis l’erreur de sortir de la clandestinité désertique pour se rassembler à Gao et à Tombouctou.
 
Au lieu de cela, dans la plus totale indécision doublée d’un manque absolu de vision géostratégique, la France :
 
- S’est réfugiée à l’abri du principe de l’intangibilité des frontières,
- A cédé devant les exigences algériennes de non intervention,
- A camouflé sa pusillanimité derrière l’argument d’une « action » de la CEDEAO, ce « machin », ce « volapuk », cette tour de Babel, dont l’efficacité militaire relève de la méthode Coué,
- A laissé les islamistes liquider militairement les Touareg.
 
Le résultat de cette addition de démissions décisionnelles est qu’un incendie limité pouvant être rapidement éteint, notamment au moyen d’une de ces opérations « discrètes » que nos forces savent encore si bien mener, est aujourd’hui devenu un foyer régional de déstabilisation. En effet :
 
1) Le Mnla ayant été militairement défait et repoussé vers la frontière algérienne, les islamistes qui ne risquent  plus d’être pris à revers sur leur flanc nord ont désormais toute la profondeur saharienne pour manœuvrer. Quant à leur flanc ouest, il semble également s’ouvrir car au sein des tribus arabes de Mauritanie, certains, de plus en plus nombreux, commencent à se poser des questions…
 
2) Sur le flanc oriental la situation leur devient également de plus en plus favorable car le chaos en retour se fait sentir en Libye où tout le sud du pays est mûr pour devenir un nouveau Mali. Quant au sud de la Tunisie, la contamination y a largement commencé.
 
3) La contagion n’est plus qu’une question de temps au Tchad et au Darfour cependant qu’un continuum fondamentaliste est en passe de s’établir avec les islamistes de Boko Haram du nord Nigeria.
 
Ainsi donc, le « Sahélistan », fantasme il y a encore quelques  mois, devient-il peu à peu réalité. L’une de ses forces est qu’il s’agit d’une résurgence historique  ramenant directement aux jihad sahéliens du XIX° siècle qui enflammèrent la totalité de la région depuis le Soudan à l’Est jusqu’au Sénégal à l’Ouest[1]. Or, l’islamisme sahélien de 2012 s’abreuve à cette « fontaine de rêve » fermée par la colonisation. Comment cette réalité inscrite dans la longue durée peut-elle être  comprise par des journalistes ou des politiciens esclaves de l’immédiateté et de leur inculture ? Comment pourrait-elle l’être par ces « africanistes » élyséens dont la principale activité semble être de torpiller les informations que les militaires font « remonter » depuis le terrain ?
 
Dans le Sahel, au cœur de ce qui fut notre « pré carré », ceux qui inspirent la politique de la France ont donc laissé s’écrire le même scénario que celui que nous avons connu dans la région des Grands Lacs et qui peut être exposé en quatre points :
 
1) Une erreur d’analyse reposant sur la priorité donnée aux postulats idéologiques aux dépens des réalités géographiques, anthropologiques et historiques.
 
2) L’absence de toute véritable stratégie de défense.
 
3) Le tropisme de l’abandon de nos alliés ou amis.
 
4) La place laissée libre à des acteurs extérieurs. Dans le cas présent, l’Algérie et les Etats-Unis qui attendent le moment propice pour intervenir, mais à leur manière. Les conséquences de l’incompétence hexagonale seront alors camouflées sous l’alibi facile de « complot anglo-saxon » contre les intérêts français...
 
Alors que tout ce qui se passe dans la zone concernée nous est connu, alors que nous savons tout, et au-delà, de ceux qui la déstabilisent, alors que nous y disposons de tous les réseaux utiles, alors enfin que, parfaitement immergées, nos forces auraient pu rapidement « régler » le problème, l’Elysée a laissé la situation lui échapper.
Faut-il s’en étonner quand la tête de l’Etat  dodeline  entre indécision et repentance ?
 
23/11/12

[1] Voir à ce sujet  les pages 431-452 ainsi que les cartes de mon Histoire de l’Afrique des origines à nos jours. 1246 pages, Ellipses, 2010. L’ouvrage peut être directement commandé ici.

dimanche, 13 janvier 2013

Entretien avec Jean-Michel Vernochet

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Entretien avec Jean-Michel Vernochet à propos de son livre «Iran, la destruction nécessaire»

Propos recueillis par Francis Ros

Ex: http://www.mecanopolis.org/

L’Iran doit être « détruit » : en tant que théocratie nationalitaire il est voué à être « normalisé »… En tête des agendas politiques, l’inscription volontariste de l’Iran au rang des démocraties libérales est donc à l’ordre du jour… Car l’Iran est appelé, volen nolens, à se fondre dans le grand chaudron des sociétés éclatées dans lesquelles la segmentation du marchés atteint son paroxysme (minorités ethniques, confessionnelles, sectaires et sexuelles, femmes, jeunes, enfants, la publicité s’adressant à ces derniers dès l’âge de deux ans, l’âge de leur scolarisation précoce…) afin de pouvoir pleinement être intégré au marché unique, autrement dit le « système-monde ».

Francis Ros – L’armée hébreu vient de mettre fin précipitamment à ses bombardements de la bande de Gaza, quant au ministre de la Défense, Ehoud Barak, celui-ci vient de faire valoir ses droits à la retraite. N’est-ce pas le signe d’un net reflux des ambitions expansionnistes d’Israël et donc d’un renoncement implicite à toute agression contre l’Iran ?

JMV. Regardons les choses en face. Gaza a été pilonnée, l’aviation et les drones israéliens ont y semé la mort et la désolation. Certes, l’escalade s’est arrêtée assez vite, mais qui est nommément désigné comme le premier responsable de ces tragiques événements ? Téhéran ! M. Fabius, ci-devant ministre des Affaires étrangères ne s’est pas gêné pour accuser l’Iran, « ce pelé, ce galeux d’où nous vient tout le mal » [Les Animaux malades de la peste] de « porter une lourde responsabilité dans l’affaire de la bande de Gaza », ceci en ayant notamment fourni des « armes à longue portée au Hamas ». M. Fabius étant particulièrement déconnecté, comme la plupart des énarques, ne connaît apparemment pas le sens du couple de mots « longue portée »… mais l’expression fait « riche ». Ainsi s’est-il répandu le 22 novembre sur Radio Monte-Carlo et BFMTV où il a désigné la cible ultime : « L’Iran est indirectement impliqué dans plusieurs conflits graves dans cette région… les missiles à longue portée de 950 kg qui peuvent atteindre le centre d’Israël et les villes du sud du pays sont fournis par l’Iran ». Des missiles qui n’ont causé au demeurant aucune victime dans le centre d’Eretz Israël malgré leur supposée formidable létalité ! A contrario nombreux ont été à Gaza les morts et les blessés dus à des bombes réputées « intelligentes » ! Bref, l’arrêt de l’offensive sur Gaza, la démission (ou l’éviction) d’Ehoud Barak ne changent rien sur le fond. Certains vont même jusqu’à se demander si les « rats » ne se mettraient pas à quitter le navire, surpris qu’ils sont par une annonce intervenant cinq jours après la fin de l’opération « Colonne de nuées » autrement nommée en français « Pilier de Défense ». Certes l’actuel ministre israélien de la Défense, ancien premier ministre de 1999 à 2001, militaire le plus décoré du pays qui en janvier 2011 a tourné le dos au Parti travailliste pour rallier le cabinet de Benyamin Netanyahou, était considéré jusqu’à ce lundi 26 novembre comme le numéro 2 du gouvernement… âgé de soixante-dix ans il ne quittera cependant pas ses fonctions d’ici les élections législatives du 22 janvier 2013. Mais il est encore trop tôt pour savoir ce que cache ou dissimule ce départ impromptu… de graves désaccords au sommet de l’État hébreu à n’en pas douter et des révisions politiques – forcément « déchirantes » imposées de l’extérieur ou par l’effet d’un simple « retour au réel » ? La question se pose : Israël a-t-il trop présumé de ses forces ? Ses méfaits et son hybris ne sont-ils pas en train de le rattraper ? Désormais la coupe est-elle pleine ? Reste que nous pouvons compter sur le Likoud, génétiquement parlant, et sur ses épigones néoconservateurs de Washington, pour ne pas savoir ni ne vouloir s’arrêter à temps.

Au cours de cette dernière crise, MM. Obama et Fabius n’ont au demeurant ni lâché ni désavoué Israël et son gouvernement, le Likoud. J’en déduis que cet arrêt du pilonnage aérien de Gaza, n’est en réalité qu’une sorte de « repli tactique » et que cela ne change en rien – au moins pour l’instant – quant à l’agenda occidentaliste visant à un remodelage en profondeur du Proche-Orient, Syrie, Liban, Iran… Même si nous nous plaçons dans la perspective encore lointaine d’une autosuffisance énergétique de l’Amérique du Nord grâce au gaz de schiste. Les enjeux énergétiques liés à la bataille de Syrie ou au littoral gazaoui – lequel jouxte la partie méridionale du « Léviathan », poche de gaz super géante dont Israël entend bien s’approprier la totalité – ne sont qu’une dimension du projet occidentaliste de reconfiguration de l’aire islamique. Un projet auquel l’Administration américaine n’est pas prête à renoncer, qu’elle soit « démocrate » ou « républicaine ». Trop d’efforts et de moyens ont été déjà consentis en ce sens, la guerre de Syrie est coûteuse en termes diplomatiques, le mouvement est amorcé, la coalition euratlantiste ne reviendra plus en arrière. Même si M. Obama, en raison de restrictions budgétaires, réduit la voilure le cap sera maintenu contre vents et marées.

Syrie, Liban, Iran, ces trois pays constitutifs de l’arc chiite – l’Irak peinant durement à se reconstruire – doivent être et seront brisés sauf circonstances exceptionnelles. Ce qui ne veut pas dire qu’il n’existe aucune dissension au sein des états-majors politiques et militaires à Washington et Tel-Aviv. Paris comptant pour du beurre, les états d’âme des exécutants n’entrant en effet pas en ligne de compte ! Désaccords, non pas sur les objectifs à atteindre – la nécessaire destruction d’un Iran souverain fait l’unanimité – mais sur les moyens d’y parvenir et le calendrier : la force brutale préconisée par le Likoud et les Néoconservateurs, ou encore l’usure et la ruse, les manœuvres indirectes, la guerre subversive ou les révolutions internes !

Depuis des années, surtout ces derniers mois nous voyons les nuées monter sur l’horizon. Les orages ont rarement pour habitude de faire demi-tour… de même les machines infernales, une fois le mécanisme enclenché. L’Iran est voué à la destruction… sauf capitulation en rase campagne de ses élites dirigeantes. À ce titre il est vrai que des élections présidentielles auront lieu en Iran en juin 2013. Rien n’indique cependant que les nouveaux dirigeants pourraient réorienter – du tout au tout – l’actuelle politique de la République islamique, ni, que de l’autre côté M. Obama veuille se déjuger en acceptant de négocier directement avec la théocratie parlementaire iranienne.

FR – Mais pourquoi au final l’Occident est-il si acharné contre l’Iran ? Le nucléaire est-il la seule ou la vraie raison ?

JMV – Le nucléaire n’est de tout évidence qu’un prétexte. Une grosse ficelle du même genre que les « armes de destruction massive » qui ont servi à tétaniser les opinions publiques occidentales et à lancer la croisade pour la démocratie en et contre l’Irak. Le 14 novembre dernier « Le Parisien » nous expliquait doctement que « selon les experts internationaux, le programme iranien se poursuit lentement mais sûrement malgré les sanctions économiques qui étranglent le pays. C’est une question de mois pour que Téhéran parvienne à ses fins », analyse un diplomate français. « Chaque jour qui passe nous rapproche peut-être d’une issue dramatique ». Observons que nul ne sait précisément qui sont « les experts internationaux » ni qui est le « diplomate français » ici mentionné. Tout cela n’est pas sérieux, mais c’est à l’image de ce que nous serinent quotidiennement grands et petits médias : une menace croît à l’Est qui est en passe de se muer en danger imminent. Conclusion : l’intervention est inéluctable. Répété mois après moi, semaines après semaines, années après années ce type de discours apparaît comme une fatalité et plus encore, comme une nécessité. La raison désarme devant tant de constance et d’énergie dans le prêche du malheur… et parce que dans nos magnifiques démocraties le peuple – de toutes façons désinformé à mort – n’est jamais consulté pour ce qui engage son avenir, l’opinion subit et accepte, toujours et encore. Et que pourrait-elle faire d’autre puisqu’elle ne dispose d’aucun choix alternatif possible ? Chacun sait pourtant que la possession d’une ou plusieurs têtes nucléaires ne feraient pas de l’Iran un adversaire redoutable face aux deux ou trois cents vecteurs de mort atomique que déploie Israël. Au fond, tout cela serait risible si ce n’était atrocement tragique. N’est-ce pas M. Rocard, l’ancien Premier ministre, qui, transverbéré par un trait de lucidité – mais à moitié goguenard et satisfait de lui-même comme seuls savent l’être les « égrotants » – s’exprimait ce dernier printemps en ces termes [[Libération 2 mars 2012] : « Nous avons une stratégie américano-anglaise… de torpiller toute possibilité de discuter sérieusement avec les Iraniens. Et même de faire un peu de provoc de temps en temps. Comme s’il s’agissait de préparer une situation de tolérance rendant acceptable une frappe israélienne. Dans cette hypothèse, la guerre devient une guerre irano-syrienne soutenue par la Chine et la Russie, comme on le voit à l’Onu, contre en gros l’Occident et ses clients. Et l’Europe se tait. C’est une affaire à millions de morts, l’hypothèse étant que ça commence nucléaire. Je connais bien ces dossiers et je n’ai jamais eu aussi peur. Nos diplomates ont perdu l’habitude de traiter des situations de cette ampleur et tous nos politiques jouent à se faire plaisir avec des satisfactions de campagne électorale. Ce qui est nouveau, c’est l’intensité des dangers par rapport à un état d’esprit futile. Autre nouveauté, ces dangers sont extérieurs, résolument mondiaux. Il n’y a que l’Amérique latine et l’Australie pour avoir une chance d’y échapper. Aucun grand pays, même la Chine ou les États-Unis, n’y peut quelque chose à lui tout seul. Il n’y a de réponse que dans une consultation mondiale attentive dont tout le monde se moque… Ça me rend malade ». L’agneau de la fable – innocent ou pas, là n’est pas la question – face au loup dominateur et sûr de lui, est forcément perdant : le premier démuni pollue l’eau du maître des lieux, l’autre manie la rhétorique sans appel du dominant. Iran/État-Unis, toutes proportions gardées, le schéma est à l’identique avec à l’arrivée, sans doute, le même résultat.

FR – Mais quels intérêts l’Iran menace-t-il concrètement ?

JMV – L’Iran ne menace personne mais barre le passage à une foultitude d’intérêts. Comme déjà dit, il ne faut pas réduire comme cela a été fait pour l’Irak, la question à sa seule dimension géoénergétique. Pour faire court disons qu’un processus d’unification global du Marché est en court et que l’Iran y fait obstacle. Après tout, il s’agit d’un pays où les prêts financiers taux usuraires sont interdits cela seul constitue un casus belli pour les potentats de la Finance mais pour tout le système. Où l’Iran se soumet, accepte sa conversion aux dogmes du Monothéisme du Marché, ou bien doit se résoudre à se voir effacé de la Carte du Temps. À prendre ou à laisser. Sauf miracle, révolutions, effondrement des nations occidentales sous l’effet de la crise systémique…

FR – Quelles sont, à votre avis, les issues possibles ? La guerre est-elle inéluctable ou encore évitable?

JMV – Obama veut ou voudrait temporiser. Sa préférence va aux stratégies indirectes, entre autres la subversion, l’étranglement par les sanctions, les révoltes populaires encouragées et soutenues de l’extérieur. Et cela marche. Les sanctions commencent à mettre l’Iran à genoux. Le peuple souffre. Les gens du Département d’État et les adeptes du smart power – le gros bâton subtil – comptent à ce titre sur un soulèvement de la population. De ce point de vue, pour le Département d’État, le président Ahmadinejad est devenu un personnage « contingent ». Il n’est plus le paramètre central. Les prochaines élections présidentielles pourraient en effet conduire à la tête des personnalités plus dures voire plus intransigeantes que l’actuel président. En tout cas, les stratèges de la terreur veulent d’abord priver l’Iran de ses bases avancées : celles du Liban, c’est-à-dire le Hezbollah ; de Syrie contre laquelle les coups de boutoirs se multiplient. En un mot, il s’agirait de ne pas aller trop vite en besogne, d’assurer les arrières, de déblayer le terrain et de faire le ménage avant de s’attaquer au sanctuaire iranien. Les autres, les faucons, veulent fondre sur la proie sûrs qu’ils sont de l’écraser sous leurs bombes en raison de leur infernale supériorité ; à savoir une maîtrise absolu des mers, de l’air et de l’espace… des espaces devrait-on dire puisqu’outre l’espace extra atmosphérique il est désormais question de guerre à outrance dans le cyberespace. Or les Occidentalistes sont déjà allés top loin. Ils n’ont d’ailleurs pas pour habitude de reculer. La Syrie mise à feu et à sang est un bon exemple de la détermination du camp israélo-américain, de leurs alliés, commensaux et satellites. Ils iront donc jusqu’au bout. Sauf que nul n’est vraiment assuré du résultat. Une victoire militaire coûtera de toutes façons cher, même si ce n’est pas à court terme. Car nul ne peut impunément et indéfiniment défier voire mépriser une communauté internationale en pleine mutation… Communauté des nations à présent traversée par les courants invisibles d’une information non filtrée véhiculée par la Toile. Dans l’actuel contexte de crise systémique, personne ne peut exclure non plus des révoltes en Europe et aux États-Unis. Une hypothèse qui devient chaque jour de moins en moins absurde pour ne pas dire de moins en moins « improbable ». L’hybris des maîtres du monde est telle qu’ils croient encore pouvoir contenir ou canaliser des mouvements populaires de grande ampleur. L’histoire certes se répète souvent, mais c’est refuser de tenir un compte exact des transformations sociétales en cours ou déjà accomplies. L’intelligence et la culture des dirigeants occidentaux promus par le cirque médiatique et le bastingue démocratique, ne sont plus à la hauteur des défis actuels. Sur ce point nous sommes entièrement d’accord avec Michel Rocard. Mais pas pour les mêmes raisons. En vérité, sauf miracle, nous irons à l’abîme parce que ces gens veulent y aller et ont décidé de nous y emmener avec eux, assurés qu’ils sont de n’avoir pas à payer le prix du sang versé. Le sang des autres, bien entendu.

Entretien conduit pour Geopolintel par Francis Ros

« Iran, la destruction nécessaire » peut-être directement commandé chez l’éditeur Xénia

samedi, 12 janvier 2013

Le droit aux armes

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Le droit aux armes

par Georges FELTIN-TRACOL

La fusillade de Newton dans le Connecticut aux États-Unis, le 14 décembre 2012, a montré, une nouvelle fois, que les distributeurs patentés de panurgisme hexagonal versent facilement dans l’indignation et l’émotion. Excellents perroquets de leurs confrères yankees, ces médiats-là n’ont pas cessé de critiquer la liberté étatsunienne de porter des armes. Cette garantie due au deuxième amendement de la Constitution mettrait la société en péril. Or nos étincelants folliculaires n’ont pas remarqué qu’une telle interdiction n’empêche pas des meurtres à moins que la ville de Marseille, plus connue maintenant pour son festival sanglant de tir permanent à l’AK47 que pour sa Canebière et sa Bonne Mère, ne soit devenue une city des States

Les médiats veulent faire croire que la possession de fusils d’assaut, voire de canons ou de blindés, ferait de leurs détenteurs de très probables psychopathes – tueurs de masse. Une fois encore, le système médiatique témoigne de son ignorance. Un voisin de la France, la Suisse, permet à ses citoyens de garder chez l’armement nécessaire aux différentes périodes de service national actif. À notre connaissance, la Confédération n’a pas la réputation d’être l’endroit préféré des cinglés de la gâchette… Si l’on suivait le raisonnement médiatique ambiant, le moindre accident mortel de la route exigerait le retrait de tous les véhicules potentiellement meurtriers. Et puis une fourchette peut aussi tuer… Faut-il l’interdire ? « Les armes ne “ créent ” pas de crimes. Les pays dans lesquels circulent le plus d’armes à feu ne présentent pas de taux de criminalité particulièrement élevés, écrit Paul Lycurgues dans un sympathique opuscule intitulé Aux Armes Citoyens ! Plaidoyer pour l’autodéfense et publié par un éditeur proche de Robert Ménard, ce journaliste tombé au champ d’honneur de la liberté d’expression. Plus ennuyeux pour nous autres Français : le contrôle strict des armes à feu ne réduit pas la criminalité, pas plus qu’il n’empêche les criminels et psychopathes violents de se procurer les armes nécessaires à leurs forfaits (p. 20). » Iconoclaste et provocateur, le propos sonne juste.

lyc9782918414513.jpgLes médiats n’expliquent jamais que les fréquentes tueries qui ensanglantent les États-Unis seraient survenues quand bien même la détention de n’importe quelle arme aurait été proscrite. Le problème de ce pays n’est pas le nombre d’armes en circulation, mais leur usage qui témoigne de la profonde névrose de la société. Modèle planétaire de la modernité tardive, les États-Unis pressurent ses habitants au nom d’une quête à la rentabilité effrénée au point que certains voient leur psychisme flanché. La pratique dès le plus jeune âge de jeux vidéos ultra-violents, la sortie de milliers de films parsemés de scènes sanglantes et la consommation de plus en plus répandue de drogues et de produits pharmaceutiques éclairent le passage à l’acte. Entre aussi en ligne de compte la cohabitation toujours plus difficile d’une société en voie de métissage avancé fondée sur le génocide amérindien et les vagues successives d’immigration de peuplement. Enfin, le mode de vie totalitaire doux avec sa technolâtrie, son vide existentiel, son individualisme outrancier et sa compétition féroce de tous contre tous cher au libéralisme perturbe le cerveau de millions d’individus fragiles. Ce qui est arrivé, le 3 janvier 2013, à Daillon en Suisse dans le canton du Valais confirme le diagnostic : le tueur, un assisté social, alcoolique et fumeur de marijuana âgé de 33 ans, était suivi pour des troubles psychiatriques. En tant que société ouverte, la Suisse pâtit, elle aussi, de tels phénomènes qui seraient quasi-inexistants dans une société vraiment fermée.

À rebours du prêt-à-penser médiatique fallacieux, Paul Lycurgues soutient le droit des citoyens français à être armés. « Le peuple français […] doit exercer son droit, et assumer son devoir de peuple libre, à reconquérir les armes qui lui ont été dérobées, et à restaurer en France un ordre naturel fondé sur le respect que se doivent des citoyens libres et armés (p. 9). » Ce que Lycurgues oublie d’ajouter est que cette philia entre citoyens responsables n’est possible que dans un cadre communautaire ethniquement homogène comme le constatait déjà Aristote. L’hétérogénéité ethno-culturelle désordonnée n’engendre que de fortes tensions comme le prouvent les États-Unis (et le Brésil !).

Aux belles âmes hexagonales qui crachent qu’un pareil projet ne correspond pas aux « valeurs républicaines », Paul Lycurgues leur rétorque qu’« en France, les armes furent consubstantielles à la conquête des libertés (p. 10) ». En 1885, la loi Farcy autorisait la libre détention d’une arme, voire de plusieurs, sinon comment Manufrance, premier vendeur de cycles et… d’armes, aurait-il connu une audience nationale, européenne et même internationale ? Rappelons que son catalogue annuel offrait une vaste gamme d’armes de point et de fusils de chasse. On a oublié qu’« au début du XXe siècle, […] tout Français avait le droit de porter des armes apparentes, s’il n’en avait pas été privé par jugement (p. 14) ». C’est par un décret-loi liberticide du 23 octobre 1935 signé par Pierre Laval qui commence le désarmement de la population. Cinq ans plus tard, l’État français et l’occupant allemand généralisent la procédure : posséder une simple arme vaut désormais à son propriétaire la peine capitale ! Depuis cette période, quelque soit le régime en place, de nouvelles lois restreignent cette liberté indispensable. Sous prétexte d’idéologie sécuritaire, les autorités hexagonales aux ordres de l’hyper-classe mondialiste et des banksters, cherchent à ôter leurs  administrés toute envie de résistance. « Infantilisation, dévirilisation, passivité et conformisme : voilà les véritables raisons de la servitude volontaire dans laquelle vivent nos compatriotes (p. 29). » Et gare à l’honnête homme en état de légitime défense ! « Notre système judiciaire applique désormais une véritable présomption de culpabilité à ceux d’entre nous qui osent encore se défendre (p. 24). » La triste affaire en 2010 de « Papy » Galinier incarcéré tel un assassin par des juges qui préfèrent respecter le droit des voyous est encore dans les mémoires.

Paul Lycurgues est pessimiste parce que « les Français se retrouvent pris entre le marteau et l’enclume – c’est-à-dire entre une criminalité brutale et omniprésente et un État d’autant plus répressif qu’il est en situation de quasi-faillite -, [il] apparaît de plus en plus clairement ce risque terrible : n’avoir plus le choix entre le chaos criminel et l’état policier (pp. 8 – 9) ». Les lecteurs attentifs d’Éric Werner objecteront avec raison que ce choix est en fait impossible puisque la société ultra-moderne fracassée est dorénavant et sciemment chaotique et policière.

Cette situation étrange se vérifie par une incroyable inflation législative. Depuis 2002, le Parlement français a voté une quarantaine de lois sécuritaires pour des résultats quasi-nuls, mais qui renforcent le carcan étatique envers nos concitoyens. La République hexagonale ne privilégie pas la sûreté de ses membres, mais leur surveillance, si bien que les spécialistes évoquent sans fard « l’échec, incontestable […], de toutes les politiques publiques de sécurité menées depuis trente ans (p. 5) ». Loin d’être plus sûr, l’Hexagone tricolore l’est moins, en particulier pour les petites gens. En effet, outre les pertes financières considérables, « nos concitoyens en payent aussi le coût caché, celui de l’érosion de leurs libertés fondamentales face à l’appareil judiciaire et policier, ainsi que la systématisation d’une véritable culture de répression (pp. 6 – 7) ». Ainsi, est-il plus facile à une petite frappe des banlieues de l’immigration de vendre son shit ou de racketter des gamins qu’à un militant identitaire d’occuper le toit d’une mosquée en construction ou de réagir à l’agression de pétasses féministes à moitié dénudées…

Aux détracteurs qui citent constamment le contre-exemple d’outre-Atlantique pour maintenir le désarmement généralisé de la population, Paul Lycurgues commente la riche étude du professeur John Jr. Lott. Celui-ci a démontré que la criminalité est plus basse dans les États fédérés qui autorisent le port d’arme que dans les États plus restrictifs. Cette étude serait aussi intéressante à corréler avec l’application de la peine de mort qui démotive la racaille. Lycurgues estime par conséquent que « la sécurité de tous, en France, doit redevenir l’affaire de chacun (p. 30) ». Que veut-il dire ? L’auteur soutient l’autodéfense et la légitime défense. Pour lui, « chaque innocent qui prend les armes fait reculer le crime partout; ce n’est pas tant une balle que craint fondamentalement le criminel, mais plutôt la possibilité d’une balle. Le devoir de fuite imposé par la jurisprudence, quoique légal par définition, n’est donc pas seulement injuste : il est aussi immoral (p. 27) ». C’est sur cet immoralisme que s’appuie le Moloch étatique, broyeur des personnes et des peuples et nullement des malfrats.

Si les Français – et les Européens – ne veulent ni l’anarchie sociale, ni le désordre sécuritaire anxiogène, ils doivent renoncer à la religion délétère des droits de l’homme et accepter de se réarmer, ce qui suppose de leur part de ne plus tout attendre de l’État tutélaire. Le réarmement du peuple implique de manière inévitable la réduction inévitable des effectifs de policiers, de militaires et de magistrats. Ces professions sont pour l’heure gangrenées par l’humanitarisme dévot.

Il faut donc aller plus loin que le modèle helvétique du citoyen-soldat prêt à défendre sa commune, son canton et sa patrie. « Le XXIe siècle sera celui de la fin d’un monde : le consumérisme, le mondialisme économique, la dilapidation des ressources et la gabegie énergétique ne sont plus tenables. […] La perspective de troubles sociaux, politiques et économiques majeurs est devenue crédible, certains diraient même inévitable. Dans un tel contexte, un peuple désarmé sera plus vulnérable face au chaos, à la prédation et à la violence qu’un peuple en armes (pp. 30 – 31). » Déjà, en Corse, dans la Camargue gardoise ou dans certains coins reculés du Velay et de l’Aubrac, les populations locales conservent leurs armes et répliquent avec virilité aux intrus allochtones.

L’existence de milices populaires d’autodéfense locale, communale et régionale, ouvertes aux femmes, redonnerait à la France son sens originel de « Terre des Francs », c’est-à-dire de « pays des hommes libres » parce que nos lointains ancêtres avaient le droit et le devoir de porter l’épée !

Georges Feltin-Tracol

• Paul Lycurgues, Aux Armes Citoyens ! Plaidoyer pour l’autodéfense, Éditions Mordicus, coll. « Coups de colère », Paris, 2012, 32 p., 4,95 €.


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jeudi, 10 janvier 2013

Typologie de la sécession aux USA

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Typologie de la sécession aux USA

Ex: http://www.dedefensa.org/

Ce n’est pas demain la veille, ni même l’avant-veille, que vous trouverez dans la presse-Système et dans ses satellites quelque élaboration que ce soit sur le thème de “la sécession” aux USA. Sans doute le terme est-il en passe de devenir l’équivalent, sinon pire, dans le registre de la diablerie-Système, que des termes tels que “isolationnisme”, “protectionnisme”, “souverainisme”, éventuellement “poutinisme” si cela existe, – sans citer les caves interdites de l’enfer, “racisme”, “fascisme”, “antisémitisme”, etc.

Le regain d’impopularité-Système du “sécessionnisme”, – pour “anoblir” l’idée de la connotation idéologique qui achèvera sa diabolisation, – tient aux pétitions en faveur de la sécession qui ont fleuri aussitôt après la réélection d’Obama. Vu la majesté du medium (la Maison-Blanche) qui enregistra ces actes, et ce qui parut être un certain engouement populaire pour le thème, la susdite presse-Système dut se fendre de quelques articles à ce propos, le plus tard possible certes.

• L’un d’entre eux est l’article paru le 10 décembre 2012, sur BBC.News, de Jon Kelly, qui nous démontre en quelques arguments joliment troussés mais peu sensibles aux réalités courantes que jamais les Américains n’ont été aussi heureux de vivre ensemble (« Unlike almost all of their Western counterparts, however, Americans appear remarkably happy to stay together despite their differences»). D’une façon générale, l’auguste station de radio et de télévision britannique en tient évidemment pour l’explication évidente et orwellienne par excellence : ceux qui font des pétitions pour la sécession n’ont aucun goût pour la sécession, – peut-être dirait-on même qu’ils en sont adversaires ? («Neil Caren, assistant professor of sociology at the University of North Carolina, who has carried out research into the signatories… “My reading would be that even among the people who signed these petitions, probably a majority wouldn't actually want secession,” he says. “It's like saying you'll move to Canada - it's about how you express your dissatisfaction in the immediate aftermath of the election.”»)

• Sur le nombre même de signature, l’article reconnaissait qu’il y en avait eu, pour pouvoir mieux constater que cela faisait fort peu, et si peu jusqu'au ridicule, constituant presque une forme de réaffirmation de l’Union. Kelly écrivait donc, mettant en évidence combien nous, en Europe, sommes bien plus menacés de sécessions diverses et complètement significatives de notre incapacité de seulement espérer figurer à la cheville ouvrière de la vertu américaniste :

«So far Texas, South Carolina, Georgia, Louisiana, Florida, Missouri, Tennessee, North Carolina, Alabama, Oklahoma and Ohio have all attracted more than 25,000 names apiece - entitling them an official response from the administration. In the context of the US population of 312 million, however, the numbers involved are minuscule. Some 700,000 people in total are estimated to have signed so far - around 0.2% of all Americans. Even Texas's 118,000 signatures - the most of any state - represent less than 0.5% of its inhabitants. These tiny figures actually set Americans apart from their counterparts in other major Western countries.»

Cela était écrit le 10 décembre 2012. Nous-mêmes écrivions, vingt-cinq jours plus tôt, le vendredi 16 novembre 2012, et selon des appréciations chiffrées qui semblaient indiquer que, depuis cette date et compte tenu du bilan à-la-Jon-Kelly, les signatures cessèrent brutalement, voire même régressèrent, ainsi que le nombre d’États de l’Union concernés… «Le 15 novembre 2012, le site Washington’s blog publiait une longue analyse du mouvement, donnant surtout des détails chiffrés, des déclarations, des appréciations, etc., ainsi que les détails des diverses pétitions embrassant les cinquante États de l’Union. Russia Today en donnait également une appréciation le même 15 novembre 2012. Au travers de ces diverses sources, on peut apprécier l’ampleur, le rythme du mouvement, son sérieux, etc… A 18H00, mercredi [14 novembre], le cap des 675.000 signatures électroniques pour toutes les pétitions était dépassé (selon Washington.blog). A minuit, ce même mercredi on atteignait 703.326 signatures (selon Russia Today). Alex Jones, de Infowars.Com, affirmait, dans son émission du jeudi soir [15 novembre], que le million de signatures avait été dépassé. (A ce moment, la pétition du Texas atteignait 107.000 signatures.)»

• Essayons d’être sérieux… Le fait est que les sites intéressés par le mouvement (laissons la presse-Système hors de cela, dans son enclos) ont en général le rythme Internet et passent aisément d’un sujet l’autre, d’autant que les sujets nous pressent. (Dès le 14 novembre, l’attaque de Gaza, dite “Pilier Défense”, commençait à enterrer les affaires américanistes dans le swing de l’accélération de l’Histoire, – réélection de BHO, affaire Petraeus, affaire des pétitions…) Ils savaient évidemment que cette affaire de pétitions était une bonne action de communication, mais qu’elle n’irait pas jusqu’à provoquer une sécession. Donc, on était passé à autre chose et l’article de BBC.News vient à son heure, comme un retour de flamme sur une peur rétrospective du Système, sur une affaire d’ores et déjà oubliée et sur laquelle on peut désormais gloser à loisir et fort sarcastiquement, en la qualifiant de “minuscule”… Puis, tout récemment, voilà qu’Infowars.com, l’un des initiateurs des pétitions-sécession, revient sur le sujet, sous les plumes d’Alex Jones et de Joseph Watson. Les deux hommes protestent contre le sort qui serait fait à une pétition lancée par eux-mêmes pour “déporter” Piers Morgan, le Britannique du Daily Mirror passé à CNN et qui, selon Jones-Watson, a attaqué d’une façon inacceptable les droits constitutionnels des citoyens US en demandant une réglementation de fer sur la vente des armes, suite au massacre de Newtown. Mais tout le monde, à Washington où l’on sauve le sort du monde en déplaçant le bord de la “falaise fiscale” de quelques centimètres, rit de cette pétition (voir The Australian du 2 janvier 2013) ; et Jones-Watson ne se font aucun illusion et citent, ce 27 décembre 2012, le précédent des pétitions sur la sécession (manifestement, ils n'ont pas été voir l'évolution du décompte depuis la mi-novembre parce que, de toutes les façons, là n'est pas le problème)…

«Given the fact that the Obama administration has failed to respond to dozens of petitions advocating states secede from the union, it seems almost inevitable that the White House will also ignore the petition to deport Piers Morgan for his rhetorical assault on the constitutional rights of American citizens. […]

»However, a brief investigation into which petitions the Obama administration has actually responded to confirms that the White House merely cherry picks those it wishes to address and completely ignores others, violating its own rules. For example, the petition for Texas to secede from the union reached the threshold to warrant a comment from the administration on November 12 but has still not been addressed 45 days later. Dozens of similar petitions from other states also passed the threshold but have been ignored, despite the total number of signatures for all states equaling well over a million. In contrast, petitions calling on Obama to enact gun control measures in the aftermath of the Sandy Hook massacre, only three of which totaled over 25,000 signatures, were addressed within days.»

• … Et ce dernier point, certes, d’un intérêt certain. Qui peut comparer cette rigolade (Jon Kelly, de BBC.News, s’en marre encore) de la sécession-today à l’immense événement du massacre de Newtown, considéré dans le monde comme un tournant fondamental, disposant d’une couverture médiatique phénoménale et ainsi de suite ? Ainsi est-on en droit d’attendre que les citoyens US, si fortement concernés dans le fait que ce massacre réactualise le problème du contrôle des ventes d’armes à feu aux USA, et dans les deux sens d’ailleurs (pour et contre), le feraient savoir par le canal idéal des pétitions de la Maison-Blanche ; et nous ajouterions que l’on verrait bien alors, à l’importance comptable et quantitative, – qui ont l’air d’être, sans surprise, les références de Jon Kelly, – de cet événement par comparaison avec celui, ridicule, des pétitions-sécession, la différence d’importance des choses. Nous avons donc été voir le 1er janvier 2013 sur le site des pétitions de la Maison-Blanche, la page réservée à la réponse de la Maison-Blanche et aux pétitions concernant cette question du contrôle des ventes d’armes après le drame de Newtown.

On y trouve, du chef de cabinet adjoint du vice-président, une réponse circonstanciée et fort bien balancée (personne n’est vraiment mis en cause, la plupart des possesseurs d’armes à feu étant jugés comme sains d’esprit). La réponse n’est pas datée, par prudence peut-être, mais elle a du être mise en ligne après le 19 décembre puisque cette date avec une intervention du président sont mentionnées ; il y a 33 pétitions sur le sujet des armes à feu (et aussi sur celui du statut des personnes psychologiquement déséquilibrées), et des pétitions dans les deux sens (la plus importante, avec 197.073 signatures reste assez ambigüe, puisqu’elle demande que le Congrès examine la question du contrôle des armes sans indiquer dans quel sens il devrait légiférer, ce qui ressemble plus à une manœuvre qu’à une pétition : «Immediately address the issue of gun control through the introduction of legislation in Congress»). Le total des signatures de ces 33 pétitions est de 554.630, et l'on peut alors comparer avec les résultats obtenus par les pétitions-sécession dans les mêmes conditions de durée… Cela amène à la question de savoir si un tel nombre de personnes intéressées à ce problème (monsieur Kelly, de BBC/News, fera les comptes pour le pourcentage qui sera au moins d’un tiers, et sans doute de beaucoup plus inférieur à celui des pétitions sur sécession), qui fait entrer de toutes les façons le processus dans la rubrique «In the context of the US population of 312 million, however, the numbers involved are minuscule», implique que le problème soulevé à Newtown, dans l’émotion qu’on sait, intéresse encore moins les citoyens US que celui de la sécession.

• Tout cela pour introduire notre “sujet du jour”, tout cela pour avertir qu’il était improbable que la susdite presse-Système nous informe d’une façon normale sur un sondage concernant la “sympathie” ou le “sentiment positif” qu’éprouvent différents groupes sociaux aux USA à l’égard de la sécession. C’est par conséquent sur le blog de Lew Rockwell, le 31 décembre 2012, qu’on trouve relayé un commentaire d’un sécessionniste acharné, Kirkpatrick Sale du Middlebury Institute, ; lequel relaie lui-même un commentaire… Mais nous vous laissons lire la courte dépêche.

« Bill Regnery, a long-time supporter of the secessionist movement, has sent me notice of a nationwide poll on popular support for secession as measured by a poll by the well-respected Public Policy Polling outfit of Raleigh, NC, that Wikipedia has described as “Democratic-leaning and accurate.” The poll, taken among 700 people in late November and issued on December 4, 2012, has a margin of +/- 3.7 points. Here is a report he sent of the “interesting to remarkable” poll results, along with pertinent comments:

»Secession is viewed positively/sympathetically by: • 46% of Hispanics, 14 million, and 31% of whites, 49 million. We need to crank this irredentist sentiment into our calculations. • 50% of conservatives. This is by far the most support from by far the largest group, 41 million, of ideological supporters. By comparison 19% of liberals, 14 million, fall into this category. • 35% of women and only 29% of men. We should discard the notion that women cannot be recruited. • 50% of 18-29 year olds. We need to hunt where the ducks are.

»The lessons are obvious: Let’s go hunting.»

…Il est probable, sinon certain pour Lew Rockwell, que les divers personnages cités ne sont pas convenables. (Rockwell, ami intime de Ron Paul, avait été catalogué comme “raciste” et inspirateur de Paul à cet égard, lors de la polémique sur les newsletters de Ron Paul, à la fin 2011.) Peut-être ne sont-ils pas convenables, mais que dire de monsieur Jon Kelly et des milliers d’autres de son acabit, qui analysent les affaires avec cette espèce d’incroyable attitude postmoderniste et attitude-Système consistant à déployer tant de flagornerie pour plaire à l’idéologie sans laquelle leur intelligence aurait autant de colonne vertébrale qu’un éclair au chocolat («Il a autant de colonne vertébrale qu’un éclair au chocolat» disait le vice-président Teddy Roosevelt du président McKinley dont il jugeait qu’il s’inclinait beaucoup…). Les nombreux Jon Kelly n’ont d’ailleurs pas vu, lors de leurs divers mépris (question de la sécession) et épanchements (question de la tuerie de Newtown), combien ces questions de la sécession et du contrôle des armes sont liées, tant un grand nombre d’Américains considèrent la possession libre des armes comme un droit constitutionnel (2ème amendement) mais aussi, désormais de plus en plus fermement, comme un moyen de défense contre les forces coercitives (Dieu sait s’il n’en manque pas, par les temps qui courent) du gouvernement, ou du Système, dont ce même gouvernement, ou Système, voudrait les priver, – et cela ne fait-il pas une bonne cause de sécession ? (Cette dernière idée rejoignant l’absence de légitimité du gouvernement central, dès l’origine des USA, que nous jugeons être comme une des principales raisons, cachées sinon seulement comprises, du goût des citoyens américains pour les armes.)

Enfin, faisons le travail des divers Kelly qui trouvent ridicule et vraiment shockingly dépassée cette vieille lune d’idée de la sécession. Le sondage que Rockwell porte à notre connaissance, qui vaut bien en valeur, par référence à l’institut qui l’a réalisé, ceux des prestigieux instituts nationaux et internationaux couverts de fric-Système, donne quelques enseignements extrêmement intéressants. Le plus intéressant, évidemment, celui que n’a pas manqué de remarquer implicitement Rockwell si l’on en croit son titre («Viva Secession !»), c’est le sentiment de la communauté hispanique qu’il faut envisager sur l’arrière-plan de l’état d’esprit général dit de “remexicanisation”. Ce sentiment se marie aisément avec (deuxième enseignement intéressant) l’énorme penchant des conservateurs pour le même thème, conservateurs qui sont légions dans le Sud, où l’ont trouve également des légions d’Hispaniques… Imaginez la vulnérabilité des États de la zone dans ce contexte. L’intérêt de la combinaison est que l’on trouve rassemblées deux forces complémentaires, également tournées contre le centre washingtonien pour des raisons différentes et également complémentaires, la tranquille hégémonie hispanique dans les États frontaliers du Mexique et l’agressivité défensive et centrifuge des conservateurs du Sud.

Le troisième enseignement intéressant, c’est la proportion énorme des jeunes qui voient avec “sympathie” l’idée de sécession. Ce sont certainement les mêmes jeunes qui ont applaudi Ron Paul tout au long de sa campagne électorale si étrangement écourtée. Dans ce résultat somme toute étonnant se cache peut-être un hideux secret du Système. On sait que l’évolution du Système dans son mode de surpuissance est tournée vers la déstructuration et la dissolution, ce qui implique déstructuration et dissolution, également, de l’enseignement (public), de l’esprit de l’enseignement, du goût du savoir et des attitudes de respect et d’ordre qui vont avec. En favorisant cette course naturelle du Système, tous les systèmes d’enseignement son atteints, y compris ceux qui diffusent de l’enseignement favorable au Système, et, dans ce cas, au système de l’américanisme. Du point de vue de ce dernier, c’est un énorme échec et un signe de l’effondrement de lui-même que de n’avoir pas su dispenser chez ses propres jeunes gens la même considération sacrée d’un sacrilège insupportable pour les USA dans le chef de la volonté de sécession qui fut la cause de la Guerre de sécession, plutôt dite Civil War dans le langage officiel, pour dissimuler l’outrage. Si cette hypothèse est la bonne c’est alors qu’on pourra considérer avec admiration la capacité d’autodestruction se substituant à la capacité de surpuissance du Système lui-même.

Pour le reste et d’une façon générale, ces diverses considérations nous confortent dans notre idée centrale que l’éclatement, la désintégration, la sécession constituent le risque fondamental, la fragilité considérable des USA, sa vulnérabilité structurelle permanente et aujourd’hui exacerbée, et sans doute le motif de la plus grande panique possible des autorités du Système. Par conséquent, tout ce qui va dans ce sens nous rapproche d’un événement fondamental pour notre crise terminale du Système.

 

mardi, 08 janvier 2013

La géopolitique du schiste

La géopolitique du schiste

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Selon les revues élitaires et la presse d’opinion, l’avenir de la politique étrangère repose en grande partie sur des idées : l’élan moral en faveur d’interventions humanitaires, les diverses théories relatives aux taux de change et au rééquilibrage de la dette nécessaire pour arranger Europe, la montée du cosmopolitisme parallèlement à la vitalité tenace du nationalisme en Asie orientale et ainsi de suite. En d’autres termes, le monde de l’avenir peut être conçu et défini sur la base des thèses de doctorat. Et dans une certaine mesure cela peut être vrai. Comme le 20ème siècle nous l’a montré, les idéologies – que ce soit le communisme, le fascisme ou l’humanisme – comptent et comptent beaucoup.

Mais il y a une autre vérité: La réalité de grandes forces impersonnelles comme la géographie et l’environnement qui contribuent aussi à déterminer l’avenir des événements humains. L’Afrique a été pauvre historiquement [sic, NdT] en grande partie à cause de la rareté de bons ports naturels et de fleuves navigables de l’intérieur vers la côte. La Russie est paranoïaque à cause de sa masse terrestre exposée aux invasions avec peu d’obstacles naturels. Les émirats du Golfe Arabo-persique sont fabuleusement riches non pas à cause d’idées, mais à cause des dépôts importants de sources d’énergie souterraines. Vous avez compris. Les intellectuels se concentrent sur ce qu’ils peuvent changer, mais nous sommes impuissants à changer une grande partie de ce qui se passe.
Prenez le schiste, une roche sédimentaire au sein de laquelle le gaz naturel peut être piégé. Le gaz de schiste constitue une nouvelle source d’énergie extractible pour le monde post-industriel. Les pays qui ont d’importants gisements de schiste seront mieux placés dans la compétition entre États du 21e siècle, et ceux qui n’ont pas de tels dépôts seront défavorisés. Dans ce domaine, les idées compteront peu.
Stratfor, en l’occurrence, a étudié la question en profondeur. Voici ma propre analyse, influencée en partie par la recherche de Stratfor.
Voyons donc qui a du schiste et comment cela peut changer la géopolitique. Car l’avenir sera fortement influencé par ce qui se trouve sous terre.
 
Les USA, cela est avéré, ont de vastes gisements de gaz de schiste: au Texas, en Louisiane, au Dakota du Nord, en Pennsylvanie, dans l’Ohio, l’État de New York et ailleurs. L’USAmérique, indépendamment de la plupart des choix politiques qu’elle fait, est en passe de devenir un géant énergétique du 21e siècle. En particulier, la côte du Golfe, avec comme centre le Texas et la Louisiane, s’est engagée dans un  véritable boom du gaz de schiste du pétrole. Cette évolution fera de la Caraïbe une zone focale de l’hémisphère occidental sur le plan économique, ce qui sera favorisé par l’élargissement du canal de Panama en 2014. Dans le même temps, la coopération entre le Texas et le Mexique voisin va s’intensifier, comme le Mexique va devenir de plus en plus un marché pour le gaz de schiste, avec ses propres bassins de schiste exploités près de sa frontière nord.
Ce sont là, en partie, des nouvelles troublantes pour la Russie. La Russie est actuellement le géant énergétique de l’Europe, exportant du gaz naturel vers l’ouest en grandes quantités, ce qui fournit à Moscou un levier politique sur toute l’Europe centrale et de l’Est en particulier. Toutefois, les réserves de la Russie sont souvent dans certaines parties de la Sibérie qui sont difficiles et coûteuses à exploiter, même si la technologie d’extraction de la Russie, autrefois vieille, a été considérablement modernisée. Et la Russie pour le moment peut faire face à relativement peu de concurrence en Europe. Mais que faire si à l’avenir les USA étaient en mesure d’exporter du gaz de schiste vers l’ Europe à un prix compétitif?
Les USA ont encore peu de capacités d’exportation de gaz de schiste en Europe. Ils seraient obligés de construire de nouvelles installations de liquéfaction pour le faire, en d’autres termes, il faudrait édifier des usines sur le golfe du Mexique qui liquéfient le gaz afin qu’il puisse être transporté par bateau à travers l’Atlantique, des installations de regazéification le reconvertiraient en gaz en Europe. Cela est faisable avec de l’investissement en capital, de l’expertise et une législation favorable. Les pays qui construiront de telles installations auront plus d’options énergétiques, pour exporter ou pour importer, quel que soit le cas. Alors imaginez un avenir dans lequel les USA exporteraient du gaz de schiste liquéfié vers l’Europe, réduisant la dépendance des pays européens vis-à-vis des sources d’énergie russe. La géopolitique de l’Europe pourrait changer quelque peu. Le gaz naturel pourrait devenir pour la Russie un outil moins politique et plus purement économique (même si un tel changement non-négligeable exigerait d’importantes exportations de gaz de schiste de l’Amérique du Nord vers l’Europe).
Moins de dépendance envers la Russie permettrait à la vision d’une Europe centrale et orientale véritablement indépendante et culturellement dynamique de pleinement prospérer – un idéal des intellectuels de la région depuis des siècles, même si les idées, dans ce cas, auraient peu de choses à voir là-dedans.
Cela pourrait être particulièrement pertinent pour la Pologne. Car la Pologne peut avoir d’importants gisements de gaz de schiste. Si les gisements polonais de schiste s’avéraient être les plus importants d’Europe (un très gros «si»), la Pologne pourrait devenir un producteur d’énergie à part entière, ce qui ferait de ce plat pays sans défenses naturelles, à l’est et à l’ouest – annihilé par l’Allemagne et l’Union soviétique au 20e siècle – un État-pivot ou une puissance moyenne au 21e siècle. Les USA, à leur tour, quelque peu libérés du pétrole du Moyen-Orient grâce à leurs propres sources d’énergie (y compris les gisements de gaz naturel), pourraient se concentrer sur le renforcement de la Pologne comme une puissance amie, tout en perdant une grande partie de leur fort intérêt pour l’Arabie Saoudite; Certes, les immenses gisements de pétrole et de gaz naturel dans la péninsule arabique, l’Irak et l’Iran maintiendront le Moyen-Orient comme grand exportateur d’énergie pour encore des décennies. Mais la révolution du gaz de schiste va compliquer l’approvisionnement et la répartition des hydrocarbures de la planète, de sorte que le Moyen-Orient pourra perdre une partie de sa primauté.
Il s’avère que l’Australie a également d’importantes réserves de gaz naturel, récemment découvertes, ce qui, avec des installations de liquéfaction, pourrait la transformer en un des principaux pays exportateurs d’énergie principale vers l’Asie orientale, en supposant que l’Australie réduise considérablement ses coûts de production (ce qui peut s’avérer très difficile à faire). Parce que l’Australie a déjà commencé à émerger comme l’allié militaire le plus fiable des USA dans l’anglosphère [resic, NdT], l’alliance de ces deux grands producteurs d’énergie de l’avenir pourrait cimenter encore plus l’influence occidentale en Asie. Les USA et l’Australie se partageraient le monde : tant bien que mal, bien sûr. En effet, si l’exploitation du gaz naturel non-conventionnel a quelque chose à y voir, le soi-disant monde post-usaméricain serait tout sauf cela.
L’émergence géopolitique du Canada – encore une fois, grâce au gaz naturel et au pétrole – pourrait amplifier cette tendance. Le Canada possède d’immenses gisements de gaz naturel en Alberta, qui pourrait éventuellement être transporté par des futurs gazoducs à venir vers la Colombie-Britannique, où, avec les installations de liquéfaction, il pourrait ensuite être exporté vers l’Asie orientale. Pendant ce temps, l’est du Canada pourrait bénéficier de nouveaux gisements de gaz de schiste qui sous la frontière se prolongent dans le nord des USA. Ainsi, des nouvelles découvertes de sources d’énergie lieraient plus étroitement les deux pays nord-américains, alors même que l’Amérique du Nord et l’Australie seront devenus plus puissants sur la scène mondiale.
La Chine a également d’importants gisements de gaz de schiste dans ses provinces intérieures. Parce que Pékin est grevé par relativement peu de règlementations, le régime pourrait acquérir les terres et construire les infrastructures nécessaires à son exploitation. Cela allégerait un peu la crise énergétique de la Chine et aider la stratégie de Pékin pour compenser le déclin de son modèle économique orienté vers le littoral en stimulant le développement des terres intérieures.
Les pays qui pourraient éventuellement souffrir à cause d’une révolution du gaz de schiste seraient les pays enclavés, producteurs de pétrole et politiquement instables comme le Tchad, le Soudan et le Sud-Soudan, dont les hydrocarbures pourraient perdre relativement en valeur à mesure que ces autres sources d’énergie seront exploitées. La Chine, en particulier, pourrait à l’avenir se désintéresser des gisements d’énergie dans ces  pays de bas de gamme [reresic, NdT] et à haut risque si le gaz de schiste qu’elle recèle se met à gicler en abondance.
De manière générale, l’arrivée du gaz de schiste ne peut qu’accentuer l’importance de la géographie. Quels pays ont du schiste dans leur sous-sol et lesquels n’en ont pas permettra de déterminer les relations de pouvoir. Et comme le gaz de schiste peut être transporté à travers les océans sous forme liquide, les États ayant des côtes auront l’avantage. Le monde deviendra plus petit en raison de la technologie de l’extraction du gaz non conventionnel, mais cela ne fait qu’accroître le caractère précieux de la géographie, plutôt que de le  diminuer.

Note du traducteur : ayant peu de choses en commun avec Monsieur Kaplan, je ne partage évidemment pas ses présupposés, ancrés dans l’idéologie usaméricaine de la « Destinée manifeste de l’Amérique », pas plus que je ne crois à une « fatalité géographique ». Le but de cette traduction est d’alimenter la réflexion de tous les citoyens francophones qui se battent dans le monde contre la malédiction du gaz de schiste en leur fournissant des éléments de compréhension des stratégies fumantes (et fumeuses) « d’en haut » à l’œuvre.


Robert D. Kaplan

Traduit par  Fausto Giudice
Merci à Tlaxcala
Source: http://tinyurl.com/a5hjvt4

Libros e ideas para una respuesta identitaria a la globalizacion

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Libros e ideas para una respuesta identitaria a la globalizacion

Ex: http://enricravello.blogspot.com/

El discurso identitario es la antítesis ideológica al paradigma de la globalización mundialista, de raíz neoliberal y de voluntad cosmopolita.

Frente a este intento de reducción de los pueblos y las identidades del mundo una tiranía mundialista, totalitaria y economicista; los identitarios oponemos el discurso de la diferencia, del derecho de los pueblos y de la defensa de las culturas.

 
Frente a su idea de un mercado universal donde las personas y los pueblos sean reducidos a consumidores-productores intercambiables y despersonalizados, los identitarios proponemos la creación de grandes espacios económicos continentales y autocentrados. Ésa es nuestra voluntad de construir Europa.

Conscientes de la necesidad de dotar de contenido a nuestra  alternativa identitaria, anunciamos el inicio de una actividad editorial y cultural en ese sentido. Como adelanto de lo que decimos, adjuntamos el prólogo de una obra que aparecerá en los próximos meses escrita conjuntamente por el conocido filósofo identitario, Laureano Luna y por Enric Ravello.
 
 Prólogo que a modo de presentación de ideas, escrito íntegramente por Laureano Luna y del que consideramos necesaria una máxima difusión.

 
Enric Ravello
Secretario de relaciones nacionales e internacionales de Plataforma per Catalunya

 

 

 REFLEXIONES PARA LA LUCHA POLÍTICA SOCIAL-IDENTITARIA

 
I. Una lucha política revolucionaria tiene que basarse en una idea racional y más racional que sus rivales. Esto es así porque la historia de Europa ha demostrado que, en el medio y largo plazo, Europa marcha siempre hacia mayores niveles de racionalidad.

 
Eso implica identificar una idea última que informe y gobierne la lucha política. Nadie hace historia sino a lomos de un caballo y de una gran idea. Hoy, para nosotros, esa idea sólo puede ser la preservación de la civilización occidental. Haga solamente un intento esbozado de caracterizar a nuestra civilización. Intentémoslo primero a través de sus cuatro grandes valores:

 
-el conocimiento, como acercamiento racional a la realidad;

-el deber, como mandato de la racionalidad práctica;

-el amor, como empatía con todos los seres capaces de sufrir;

-la belleza.

 
Para seguir caracterizándola debemos señalar que nuestra civilización exige de la sociedad, para considerarla una sociedad civilizada, que satisfaga las condiciones siguientes:

 
-que esté dirigida a propiciar el desarrollo de la racionalidad y, por tanto, que respete las libertades cívicas que permiten al ciudadano pensar, investigar, expresarse, asociarse y manifestarse libremente, y que a la vez eduque a los ciudadanos para que desarrollen el sentido del deber y el temperamento que permite cumplirlo, incluso en las condiciones más desfavorables;

 
-que no admita más desigualdades que las que están justificadas por  los méritos o las capacidades o por el bien común de todos los ciudadanos;

 
-que sea una sociedad abierta a la participación política del pueblo, en la que las decisiones políticas no estén reservadas a una persona o a un grupo;

 
-que en ella la economía esté al servicio de la comunidad, controlada por el poder político y sometida a mecanismos de solidaridad que aseguren la cohesión social.

 
Erigir la defensa de la civilización occidental como eje ideológico de una lucha política sólo tiene sentido si esa civilización está bajo una amenaza de dimensiones históricas: hacer política revolucionaria es hacer historia y para hacer historia hay que captar el sentido del momento histórico, es decir, hay que identificar qué es lo que está históricamente en juego en el punto de la historia en el que se opera.

 
Y lo que está en juego es la civilización.

 
La civilización europea está amenazada por un avatar del capitalismo salvaje, al que llamamos capitalismo global. El capitalismo global destruye las bases, es decir, las condiciones de posibilidad de la civilización como la entendemos. Por una parte, el capitalismo global mina las bases naturales de la civilización, esto es, sus condiciones naturales de posibilidad, y, por otra parte, socava igualmente sus condiciones sociales de posibilidad.

 
El capitalismo global amenaza las condiciones naturales de posibilidad de la civilización occidental eliminando progresivamente la población que ha creado esta civilización a lo largo de los últimos 2.500 años: no hay garantía alguna de que la civilización, tal como la conocemos y valoramos, pueda sobrevivir a la desaparición de la población que la creó. Y amenaza igualmente esas condiciones destruyendo el medio ambiente que es imprescindible para el mantenimiento de la vida humana civilizada.

 
Además, el capitalismo global amenaza las condiciones sociales de posibilidad de la civilización occidental al menos de tres maneras:

 
-destruyendo la tradición cultural, moral y espiritual occidental;

 
-sustituyendo la democracia por el poder del dinero, y sustituyendo los procesos democráticos de toma social de decisiones por los mecanismos del mercado global;

 
-eliminando el sentido social de la economía: el capitalismo global es intrínsecamente neoliberal y está aprovechando la apertura de los mercados a nivel mundial para destruir las conquistas de las clases trabajadoras en los últimos 200 años, conquistas que son ahora parte integrante de nuestra civilización.

 
II. Toda lucha política genera amigos y enemigos. Esas amistades y enemistades se basan primariamente en intereses y secundariamente en sentimientos y principios ideológicos. Todo movimiento político necesita analizar quiénes son sus amigos y quiénes son sus enemigos. Sus amigos se convertirán en su clientela política potencial.

 
Una lucha política por la civilización occidental y contra el capitalismo global tendrá en Europa como aliados naturales a las clases trabajadoras y a las pequeñas empresas; tendrá como enemigos al gran capital y a la clase política ligada a él. Igualmente tendrá como enemigos a los transmisores de la ideología dominante, a quienes, diciéndose de izquierdas o de derechas, son en realidad meros ‘progres’ apegados a los dogmas de la superestructura ideológica del capitalismo global; y éstos son esencialmente los medios de comunicación.

 
La globalización es consecuencia de la dinámica del capitalismo y parte del credo neoliberal: es esencialmente la libre circulación de mercancías, capitales y mano de obra. A su vez el neoliberalismo es consecuencia de la concepción ilustrada del ser humano como un yo puro, sin determinaciones biológicas o culturales y sin vínculos comunitarios: es la ideología del hombre como individuo químicamente puro; es la falsificación sistemática de la naturaleza humana. Es ésta ideología la que ha desembocado históricamente, como en su producto final, en el capitalismo global: ese es el fondo real de esa concepción del hombre, su materialización. La concepción ilustrada del hombre como un yo puro sobrevivirá con el triunfo de la globalización o sucumbirá con su fracaso porque la barbarie de la globalización capitalista es el secreto desvelado de las ideologías que sobre la concepción ilustrada del hombre se articulan.

 
En esta circunstancia histórica hay tres intereses que convergen llamativa y poderosamente:

 
-los intereses morales de quienes están dispuestos a luchar por ese milagro de la historia que llamamos civilización occidental;

-los intereses ideológicos de quienes defienden una concepción del hombre alternativa, espiritual, comunitaria e identitaria;

-los intereses económicos de las clases trabajadoras.

 
A nivel abstracto esto es así porque todos esos intereses son enemigos del capitalismo global y ante tamaño enemigo la definición política esencial es a favor o en contra.

 
Pero la historia tiene tramas mucho más concretas. El capitalismo global, mediante la anulación de facto de las fronteras políticas, ha puesto a competir a los trabajadores del mundo occidental con los trabajadores del resto del mundo, cinco veces más numerosos y con salarios medios siete veces más bajos. Esta competencia se realiza a través de tres mecanismos:

 
-la inmigración;

-la deslocalización y la concentración de las inversiones en el tercer mundo;

-las importaciones desde países que producen con dumping social y ecológico, es decir, con salarios de miseria, con condiciones laborales de semiesclavitud y sin pagar impuestos para la protección del medio.

 
Mientras los trabajadores occidentales perciban salarios más altos o disfruten de mejores condiciones salariales:

 
-serán paulatinamente sustituidos por inmigrantes;

-serán despedidos porque la producción se trasladará a países con mano de obra más barata;

-serán despedidos porque sus empresas no podrán competir con las que producen en el tercer mundo y exportan a Occidente.

 
El proceso sólo terminará cuando los salarios reales de los trabajadores occidentales hayan descendido a menos de la mitad, cuando sus condiciones de trabajo hayan empeorado sustancialmente y ellos estén incondicionalmente en manos de las empresas, y cuando las cotizaciones sociales, y con ellas las prestaciones sociales, hayan disminuido hasta hacer desparecer el estado del bienestar. Es decir, el proceso desembocará en la restauración del capitalismo salvaje y la consiguiente destrucción de las conquistas sociales de Occidente y, con ellas, de la misma civilización europea.

 
Lo que la globalización significa es esencialmente esto: los trabajadores dejan de estar protegidos por sus estados nacionales (de las patrias que en su lucha conquistaron e hicieron solidarias), de modo que sus vidas empiezan a estar en manos de los mercados mundiales. El final del siglo XX vio romperse el pacto fordista-keynesiano, que había limado la lucha de clases desde 1945. Desde los años ochenta el gran capital ha lanzado una nueva lucha de clases, dirigida contra los derechos de los trabajadores y contra la economía social. Los trabajadores tarde o temprano responderán alzándose contra el capitalismo global. Y sólo podrán hacerlo buscando sustituir la lógica del dinero por la lógica democrática, la lógica de los mercados por la lógica política, es decir, apelando al poder político de los estados nacionales. Pero el fundamento de esos estados es la identidad nacional y cultural de las poblaciones. Por eso, la rebelión de las clases trabajadoras es lo único que se interpone entre nosotros y la sustitución de la civilización por el capitalismo salvaje, y esa sublevación será una revolución contra los mercados y por los estados nacionales. En consecuencia, la lucha obrera, la lucha identitaria y la lucha por la civilización occidental han sido unidas por la historia con lazo tan fuerte que el hombre no podrá separarlas.

 
Y ese lazo alumbrará nuevas ideologías, que serán nuevas concepciones del ser humano.

 
Para poner en pie la lucha de clases en el siglo XXI hay que comprender la naturaleza del capitalismo global y la de su única alternativa posible: la revolución social-identitaria. Todo lo demás es tontería. Quienes digan defender a los trabajadores y luchar contra el capitalismo pero renieguen de las fronteras e identidades nacionales, defiendan la inmigración y el libre comercio, no defienden a los trabajadores ni luchan contra el capitalismo: hacen el juego a éste y paralizan la lucha de los trabajadores creando desconcierto. Esos constituyen esa izquierda, ya falsa por vieja, que, ignorando cómo luchar contra el capitalismo global, se dedican a expandir la ideología antipatriótica que allana su desarrollo.

 
Y la única manera de revertir el proceso globalizador para preservar nuestras tradiciones culturales y los valores de la civilización occidental consiste en apoyarse en los intereses de los trabajadores: quienes no vean que toda lucha por las identidades nacionales y por la civilización pasa hoy por una posición social y económica anticapitalista serán absolutamente incapaces de contribuir a esa lucha y se convertirán en aliados objetivos de los globalizadores.

 
III. El arma más poderosa del capitalismo es la ideología. El control moderno de las masas no se realiza generalmente a través de la violencia o la coerción física sino mediante el control mental: en palabras de Marx, mediante la superestructura ideológica.

 
La superestructura ideológica del capitalismo global es el antirracismo. No un antirracismo sincero, entendido como defensa de los pueblos y las personas contra la opresión de otros pueblos o contra las discriminaciones injustas. No, no es ese el antirracismo que transmiten los medios de comunicación. Se trata del antirracismo como negación del derecho de los pueblos a su identidad y a regir sus destinos dentro de sus legítimas fronteras. Se trata de un antirracismo diseñado para paralizar en el alma de los trabajadores, y mediante el sentimiento de culpabilidad, las protestas contra la inmigración, la deslocalización y las importaciones con dumping social y ecológico. Se trata de un antirracismo diseñado para obligar a los pueblos a abandonar el control democrático-político de sus vidas en manos de los mercados. Se trata de un antirracismo que es en realidad un racismo anti-blanco, que pretende infiltrar en el sentir de los trabajadores a los que quiere dominar un sentimiento de culpabilidad que atenace su capacidad para ver claramente la realidad y para alzarse eficazmente para transformarla.

 
El falso antirracismo de los políticos, de los medios de comunicación, de los libros de texto no es más que una superestructura ideológica diseñada con el propósito de hacer bajar nuestros salarios.

 
La defensa de los derechos de los trabajadores europeos, la defensa de la civilización occidental, la defensa del derecho de los pueblos a ser dueños de su destino y a conservar su identidad, no es racismo. Oponerse a la invasión migratoria que va a destruir la identidad y las conquistas sociales de Occidente no es racismo, no es oponerse al inmigrante. Y no lo es porque sólo si Occidente se mantiene como fortaleza social, como plaza fuerte de las conquistas sociales y civilizatorias de la humanidad, será posible evitar que la humanidad entera se sumerja en la barbarie del capitalismo salvaje. Europa debe erigirse en fortaleza social y civilizatoria para que su coraje en la lucha por la justicia sea ejemplo y semilla para la lucha de los trabajadores por sus derechos en el mundo entero.

 
No es racismo; es pura lucidez histórica. Si los medios de comunicación (es decir, los transmisores canónicos de la ideología del capitalismo global) tachan de racismo a nuestra posición, la razón última es que nuestra lucha por la identidad amenaza al capitalismo y a los intereses del dinero.  

 
IV. Occidente es esencialmente Europa. Los EEUU, como entidad política, no son una parte de Occidente sino más bien el brazo armado de su peor enemigo: el brazo armado del capitalismo global.

 
Los europeos tenemos varios niveles de identidad. Somos bávaros o provenzales o galeses o gallegos. Somos españoles, alemanes o franceses. Somos europeos.

 
El patriotismo de los trabajadores, el que tiene que enfrentar y vencer al capitalismo global, debe respetar todos esos niveles de identidad. Cualquier centralismo jacobino que ahogue la identidad de las regiones de Europa peca contra el derecho de los pueblos a su identidad. Y los nacionalismos que pretenden un soberanismo imposible y vacío de contenido pecan contra la necesidad de apuntalar los estados nacionales para hacerlos más fuertes que el poder del dinero, más fuertes que los mercados, más fuertes que sus enemigos. Finalmente, cualquier sentimiento antieuropeo basado en exclusivismos nacionales peca contra la patria futura de los trabajadores europeos y la cuna de nuestra civilización compartida. Examinemos este último punto.

 
El primer gran intento de globalización capitalista se quebró en la crisis del 29 y dio lugar a un resurgir de los nacionalismos. Estamos ahora en otro nivel de la historia. Ninguna nación europea podrá jugar en solitario un papel relevante en la política mundial. Sólo Europa podrá hacerlo. Los actuales estados nacionales europeos deben constituirse en los ladrillos de la construcción europea, de una confederación europea que actúe a nivel mundial como un solo agente político para defender los valores de nuestra civilización. A pesar de que la Unión Europea y la Eurozona son creaciones del capitalismo, concebidas como grandes espacios para el neoliberalismo y como pasos hacia la globalización, nosotros no debemos destruirlas sino más bien conquistarlas y cambiarlas de signo hasta dotarlas de carácter social, identitario y civilizatorio. Igual que durante siglos los estados nacionales sirvieron a los intereses de la burguesía hasta que los trabajadores y su lucha los conquistaron e inculcaron en ellos la dimensión social y solidaria que hoy estamos en trance de defender, de esa misma manera los trabajadores conquistarán y transmutarán el monstruo neoliberal que hoy llaman Europa en una confederación social-identitaria.

 
V. The future’s not ours to see: ‘no nos cabe ver el futuro’ dice la famosa canción Qué será, será.

 
Pero hay razones para la esperanza. El capitalismo global se convierte progresivamente en un modo de producción ineficiente. Los mercados, cuanto más independientes se hacen del control estatal, se vuelven más inestables, porque los sistemas complejos tienden a hacerse inestables si no se dotan de elementos de control central. Los mercados, cuanto más internacionalizados se vuelven, más inestables resultan, porque los sistemas complejos se vuelven inestables cuando no adoptan fronteras que los protejan de las perturbaciones procedentes del exterior. Un puñado de teorías lógico-matemáticas (la teoría de sistemas, la dinámica de sistemas, la teoría de los sistemas dinámicos discretos…) nos están avisando de que el capitalismo global es intrínsecamente inestable y, como tal, condenado a convertirse en ineficiente. Las repetidas burbujas y sus estallidos son manifestaciones de esa ineficiencia.

 
Probablemente, el modelo económicamente más eficaz de organización para la humanidad es el modelo de las áreas autocentradas: grandes áreas de tradición y cultura semejantes convertidas en zonas de libre comercio y en actores geopolíticos en la escena mundial: Europa, Norteamérica, los países árabes, Latinoamérica, China y el extremo oriente… Las simulaciones por ordenador sugieren que la organización económica más estable es la que se corresponde con un mundo dividido en un puñado de áreas autocentradas, áreas en las que la economía esté controlada por poderes políticos democráticos e imbuidos de los valores de los pueblos, áreas nunca aisladas pero sí dotadas de fronteras que eviten que el colapso en un punto del globo se convierta en colapso universal.

 
El capitalismo global es además ineficiente en el medio plazo porque es un sistema depredador, porque la lógica de los mercados y el dinero es incompatible con la lógica del equilibrio entre la humanidad y su planeta. Sólo una lógica política nueva, sustentada por una concepción nueva del hombre y su relación con la naturaleza, puede resultar en una economía sostenible.

 
La humanidad evoluciona siempre en el medio y largo plazo hacia mayores cotas de racionalidad y eso en economía significa también mayor eficiencia. Esa simple constatación alimenta la esperanza de que, por simples necesidades económicas, el capitalismo global tendrá que ser desechado. Esa mutación histórica, el hundimiento del capitalismo global, otorgará una oportunidad a quienes luchan por un orden más justo y más acorde con la verdadera naturaleza humana.

 
Al menos si han visto con lucidez y se han preparado con diligencia.

 
Siles. Diciembre del 2012. Laureano Luna Cabañero

lundi, 07 janvier 2013

USA-Russie, de pire en pire, – et “démocratiquement”…

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USA-Russie, de pire en pire, – et “démocratiquement”…

Ex: http://www.dedefensa.org/

Le 4 juillet 2009, nous citions longuement le professeur Stephen F. Cohen, de l’université de New York, sans aucun doute l’un des meilleurs spécialistes aux USA des relations entre son pays et la Russie. A cette époque (dans le texte cité), Cohen était très nettement pessimiste à propos de ces relations, mettant tous ses espoirs dans le comportement d’un Obama, selon la fameuse hypothèse de ce président devenant une sorte d’“American Gorbatchev”… («Cohen situe la seule chance d’un déblocage des relations USA-Russie dans le seul Obama, en l'appréciant comme un éventuel “hérétique” du système et en le comparant, bien entendu, à Gorbatchev. D’une façon très significative, et délibérée certes, il en appelle à une “nouvelle pensée” à Washington vis-à-vis de la Russie, en une référence évidente à l’expression employée par Gorbatchev durant la période des réformes en URSS.») Quatre plus tard ou presque, l’orientation des choses n’a certes pas changé et les choses ont très certainement empiré ; notamment, et bien qu’on l’ait longtemps attendu et espéré comme pour Godot, l’“American Gorbatchev” n’est pas venu.

Cohen estime que les relations entre les deux pays sont au plus bas depuis la fin de l’URSS, notamment après l’échange entre les deux parlements du vote de deux lois dirigées contre des citoyens des deux autres pays respectifs, selon des circonstances particulières. («The reality is that the partnership we need between Washington and Moscow to make the world safer for all of us has not existed since the Soviet Union ended. And we may be farther from it today as a result partially of this orphan act than we have been in 20 years.»)

(Les déclarations de Cohen sont recueillies par Russia Today, le 29 décembre 2012. La station de TV russe fait des efforts considérables au niveau du travail d’investigation de toutes les facettes de la crise du Système (crise américaniste), comme on peut le voir avec cette interview suivant celle d’ Oliver Stone et de Peter Kuznik, du 29 décembre 2012.)

En plus de situer l’actuel niveau des relations USA-Russie au plus bas, Cohen n’hésite pas à faire porter l’essentiel de la responsabilité de cette situation au côté US. C’est un point important, qui prolonge son analyse déjà citée, et qu’il avance même avec une certaine brutalité pour caractériser la période où l’on assista à une tentative de “relance”, ou reset, des relations. («When Obama and then President Medvedev entered into the reset, Moscow wanted certain things from Washington and Washington wanted certain things from Moscow. Without going into the detail Washington got everything from Moscow it wanted and Moscow got nothing.») Il s’ensuit sans véritable surprise que les relations sont effectivement, et jugées d’un point de vue objectif et sans mettre en cause la bonne volonté des deux présidents, absolument exécrables.

Russia Today: «After the US Senate passed the controversial [Magnitsky] bill, Russia accused Washington of engaging in ‘Cold War tactics’. Now that Moscow has retaliated, how would you describe the two countries' relations?»

Stephen Cohen: «Increasingly we are plunging into a new Cold War. But it’s not a surprise. The story of the orphans doesn’t begin with the Magnitsky Bill. Number of us in the United States have been warning since the 1990s – nearly 20 years – that unless Washington changed its policy, its kind of winner-take-all policy after the Cold War policy toward Moscow, that we would drift toward Cold War, not toward the partnership we all hoped for 20 years ago. […]

»A real honest, analytical approach by an American patriot – as I am – is that Washington bears a large part of responsibly because of the policies it pursued toward Moscow. And what we saw in the Russian Duma and in the Russian Higher House – the Federal Assembly – when virtually every deputy voted in favor of the ban on American adoption, which was just signed by Putin, is an outburst of pent-up of anti-American feeling in Moscow which has been caused not only, but in large measure by American policy.»

Il est intéressant d’apprendre que les spécialistes US de la Russie, y compris Cohen, ne s’attendaient pas à cette riposte (la loi sur les orphelins russes) de la Russie, après la loi votée par le Congrès. Ils s’attendaient à des mesures plus politiques et plus actives, prises par l’exécutif. Il s’agit là, on le remarquera, d’un réflexe de la Guerre froide (dont même Cohen est victime), où, face à la “démocratique” Amérique, l’URSS disposait d’un régime strict, où les assemblées n’avaient aucun rôle et ne représentaient rien, simples chambres d’enregistrement (quand on les consultait, ce qui était extrêmement rare), ce qui laissait toutes les décisions politiques (surtout politique extérieur) à la seule direction politique. On doit sans aucun doute désigner ce phénomène comme le point essentiel du tournant actuellement pris par les relations entre les USA et la Russie, et un tournant qui devrait satisfaire ceux qui réclament la “démocratisation” de la Russie, – qu'ils obtiendront, c'est absolument assuré, au prix d'un durcissement anti-bloc BAO de la Russie … Bien entendu, et avec juste raison, Cohen ne croit pas du tout au caractère accessoire, par rapport à d'éventuelles mesures plus politiques, de la mesure prise par les Russes à l'initiative de la seule Douma, et se trouve plutôt inquiet à cet égard ; il juge justement qu’il s’agit d’un enchaînement extrêmement inquiétant, entre deux Parlements qui seront évidemment très difficiles à convaincre et à regrouper, et qui auront absolument tendance à la surenchère et au patriotisme sans concession.

Russia Today: «How much is this dispute actually just political saber-rattling and how will it actually impact the children?»

Stephen Cohen: «There is an old Russian saying – “Words are also deeds.” A lot of people in Moscow and in Washington- when they passed the Magnitsky Act and now the ban on adoption in Moscow – may have though that they were just talking, showing off, playing grandstanding. But these words have consequences. They have backed, they have fueled this new Cold War atmosphere which is enveloping the relationship between our two countries. Each going to affect American relations with Russia regarding Afghanistan, regarding missile defense, regarding Syria, regarding Iran – these are very serious matters. The angrier people get, the more resentment people have on both sides, the worse is the situation.»

»For example, anti-Putin feeling in America is irrational, completely irrational. There has been a kind of demonization of Putin in America. Some of us tried to counter it by beginning a rational discourse about Putin as a leader. We are not pro-Putin, we just see him as a national leader who needs to be understood. But these events – the Magnitsky and the orphan act are going to make it impossible to have a discourse in America about Putin’s leadership in a way that would lead to any cooperation between Obama and Putin.»

Russia Today: «With the US and Russia exchanging tit-for-tat actions, what possible further moves can we expect?»

Stephen Cohen: «There was some surprise in America because our legislature does not think about the consequences of what it does. Many people thought that the Russian reaction to the Magnitsky Bill would be for Moscow to start selling its dollars, for example, and try to harm the American economy or perhaps that Moscow would reduce its cooperation with the United States in supplying NATO troops fighting in Afghanistan. So many people were surprised that the orphan issue became the retaliation.

»But there are two issues here that are interesting: In the beginning President Putin did not seem to favor the ban on American adoptions, but he signed the bill after it turned out that almost every member of this parliament favored it. It is also said that President Obama did not favor the Magnitsky Bill, but he signed it when it turned out that almost every member of Congress favored it. So it may be that we are exaggerating the power both of Putin and Obama.»

On retiendra deux champs généraux de remarques des déclarations de Cohen. Cela permet de mieux situer les éléments fondamentaux du débat, et d’envisager l’orientation que ce débat, que cet affrontement peut prendre.

• Cohen confirme le caractère irrationnel, complètement hors de tout contrôle de la raison, de l’attitude anti-russe, et surtout anti-Poutine du Congrès. C’est une de ces attitudes du Congrès (comme, par exemple, celles qui concernent Israël) qui est absolument incontrôlable et qui conduit à des législations catastrophiques par leurs effets. Ces effets ne sont aucunement envisagés par les législateurs, qui ne répondent dans ce cas, pour l’essentiel, qu’à leurs pulsions. (En effet, nous rejetons la thèse du rôle majeur sinon exclusif des lobbies. Les lobbies ont bien sûr leur rôle rationnel de pourvoyeur d’argent et de pression, mais ce rôle n’est nullement exclusif de comportements psychologiques personnels ou collectifs des parlementaires relevant de la pulsion en général paranoïaques et paroxystiques, que les lobbies justement alimentent indirectement et sans le chercher précisément (ils ne travaillent pas, eux, dans la finesse psychologique). Il s’agit alors, pour les parlementaires, pour dissimuler à leurs propres yeux le rôle vénal des lobbies ou au moins de le réduire, de donner à leur propre comportement une apparence d’engagement personnel répondant à une situation politique donnée. Bien entendu, ces “situations politiques données” étant en général du type paranoïaque et hystérique, la psychologie est à mesure ; du point de vue des relations avec la Russie, ex-URSS, les législateurs US ont été gâtés pour cette sorte de manœuvres et d’attitudes depuis les débuts de la guerre froide, avec les diverses campagnes paroxystiques, le Maccarthysme, la terreur d’une attaque nucléaire unilatérale soviétique, la subversion communiste, etc.) Bien entendu, l’intérêt de la remarque de Cohen est dans ceci qu’il admet implicitement que la Douma elle-même, réagissant face au Congrès, pourrait à son tour, et cette fois sans l’aide de lobbies mais simplement très fortement aiguillonnée par le comportement du Congrès et par son propre sentiment patriotique, adopter le même comportement que ce Congrès.

• Cohen confirme l’importance du Congrès (par rapport à Obama) mais aussi nous fait découvrir, ou confirmer, celle de la Douma par rapport à Poutine. Ce dernier point n’a en effet sans doute pas assez été mis en évidence, notamment parce qu’on a l’habitude de céder aux clichés sur un “régime dictatorial” au Kremlin . Ce n’est pas le cas. La Douma a un poids de plus en plus important et un poids qu’elle entend manifester de façon autonome, comme cela se fait dans les grandes démocraties majeures où le système législatif a une place de choix. A cet égard, elle fonctionne effectivement comme le Congrès et les deux systèmes tendant à se rejoindre, d’une façon étonnamment paradoxale pour ceux qui opposent les USA et la Russie comme on oppose l’archétype de la démocratie à celui de la dictature. (Ajoutons, comme cerise sur le gâteau qu'au niveau des pratiques électorales, on sait que les USA sont beaucoup plus suspects et beaucoup plus corrompus que la Russie.)

Ces divers points ont un probable effet politique. (Cet effet politique n’est pas nécessairement général mais concerne certainement les relations USA-Russie, domaine où la Douma s’est effectivement impliquée fortement et où le Congrès a l’attitude qu’on voit). Nous allons vers de plus en plus d’intransigeance de deux côtés, notamment parce que les matières impliquées sont extraordinairement émotionnelles (des Pussy Riot aux OGN russes subventionnées par les USA, nous sommes à l’heure du triomphe du système de la communication) ; notamment parce que le pouvoir est fragmenté et que les Parlements jouent un rôle grandissant (cas russe, surtout, comme nouveauté) ; notamment parce que le système de la communication qui est si puissant aujourd’hui joue un rôle fondamental dans ces occurrences-là de fonctionnement et d’affirmation de pouvoir. La situation des rapports des deux puissances risque donc de devenir encore plus délicate, encore plus fragile et vulnérable qu’elle n’était au temps de la Guerre froide. C’est bien entendu notre analyse.

Presseschau - Januar 2013 (1)

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Presseschau

Januar 2013 (1)

Die "Presseschau spezial" wünscht ein frohes neues Jahr und sendet zur Lektüre interessante Presselinks des vergangenen Monats.

Bei Interesse einzelne Links anklicken...

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AUßENPOLITISCHES

Eine Bank lenkt die Welt - Die verbrecherischen Aktivitäten von Goldman Sachs
http://juergenmeyer.blogger.de/stories/2120200/

Der faschistische Aufbau …
Wo gibt es noch so eine Regelung: Alle Angestellten des ESM haben absolute gerichtliche Immunität…
http://www.zeit-fragen.ch/index.php?id=1205

Strategiepapier zur Währungsunion
Van Rompuy stellt Pläne für die neue EU vor
http://www.faz.net/aktuell/wirtschaft/strategiepapier-zur-waehrungsunion-van-rompuy-stellt-plaene-fuer-die-neue-eu-vor-11984207.html

Mehr Integration in Europa
Erst Transferunion, dann Sozialunion
http://www.faz.net/aktuell/wirtschaft/mehr-integration-in-europa-erst-transferunion-dann-sozialunion-11988022.html

Henryk Broder: „Wir erleben die letzten Tage Europas“
http://deutsche-wirtschafts-nachrichten.de/2012/12/16/hendryk-broder-wir-erleben-die-letzten-tage-europas/

Wer ist Laszlo Andor?
Theorie und Praxis bei der Jugendarbeitslosigkeit
http://www.freie-waehler-frankfurt.de/artikel/index.php?id=442

EU-Parlament will die 1- und 2-Cent-Münzen abschaffen
http://wirtschaft.t-online.de/eu-parlament-will-die-1-und-2-cent-muenzen-abschaffen/id_56668208/index

Krise in Griechenland
Eine Gesellschaft stürzt ins Bodenlose
http://www.faz.net/aktuell/feuilleton/debatten/krise-in-griechenland-eine-gesellschaft-stuerzt-ins-bodenlose-11992352.html

(Warnt er auch deutsche Politiker und Journalisten vor anti-deutschen Einstellungen?)
Italien
Westerwelle warnt Berlusconi vor anti-deutschem Wahlkampf
http://www.spiegel.de/politik/deutschland/italien-westerwelle-warnt-berlusconi-vor-anti-deutschem-wahlkampf-a-872267.html

(Die Ungarn sind die besten)
Ungarn führt Gedenktag für vertriebene Deutsche ein
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5d110d3786a.0.html

Schwulenhasser in den Container
Amsterdam: Keine Toleranz den Feinden der Toleranz
http://www.tagesspiegel.de/weltspiegel/schwulenhasser-in-den-container-amsterdam-keine-toleranz-den-feinden-der-toleranz/7565724.html

Amsterdam: Wer Schwule und Ausländer mobbt, kommt ins Lager
http://www.unzensuriert.at/content/0011191-Amsterdam-Wer-Schwule-und-Ausl-nder-mobbt-kommt-ins-Lager
http://www.unzensuriert.at/content/0011019-Amsterdams-roter-B-rgermeister-steckt-Asoziale-Ghettos

(Noch ein Mohammed-Film)
Filmprojekt in Katar
Eine Milliarde Dollar für Mohammed
http://www.spiegel.de/kultur/kino/katar-plant-filmreihe-ueber-mohammed-fuer-eine-milliarde-us-dollar-a-873795.html

Neujahrsansprache
Kim Jong-un fordert die Wiedervereinigung Koreas
Nordkoreas Machthaber Kim Jong-un wendet sich in einer Neujahrsansprache an die Öffentlichkeit. 2013 will er sein Land zu einem "wirtschaftlichen Riesen" machen – und den Streit mit dem Süden beenden.
http://www.welt.de/politik/ausland/article112327718/Kim-Jong-un-fordert-die-Wiedervereinigung-Koreas.html

INNENPOLITISCHES / GESELLSCHAFT / VERGANGENHEITSPOLITIK

Wohlfahrtsverbände
Das Kartell der Gutmenschen
Unter dem Deckmantel der Gemeinnützigkeit haben Caritas und Diakonie ein trickreiches Geschäftsmodell konstruiert: Sie erfinden für sich selbst immer neue Aufgaben, der Staat und damit die Steuerzahler geben das Geld.
http://www.handelsblatt.com/politik/deutschland/wohlfahrtsverbaende-das-kartell-der-gutmenschen-/7448538.html

Was vom Weihnachtsgeld übrigbleibt...
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M545ce881f6c.0.html

(Der Bürger wird zur Kasse gebeten)
Haushalt nach der Bundestagswahl
Schäuble plant umfangreiches Sparprogramm
http://www.spiegel.de/politik/deutschland/schaeuble-plant-umfangreiches-sparprogramm-nach-der-bundestagswahl-a-874178.html

(Der Lügenbaron nimmt Fahrt auf…)
"Das Schlimmste haben wir hinter uns"
Schäuble kündigt Wachstum an
http://www.n-tv.de/politik/Schaeuble-kuendigt-Wachstum-an-article9862486.html

(Da muss die Kanzlerin wieder zurückrudern…)
Neujahrsansprache
Merkel schwört Deutsche auf harte Zeiten ein
http://www.spiegel.de/politik/deutschland/neujahrsansprache-der-kanzlerin-merkel-kuendigt-harte-zeiten-an-a-875187.html


(Offenbar soll er es doch nicht werden. Denn so dumm ist er nicht…)
Steinbrück und das Kanzlergehalt
Der abgekanzelte Kandidat
http://www.tagesspiegel.de/politik/steinbrueck-und-das-kanzlergehalt-der-abgekanzelte-kandidat/7575328.html

Alle an einem Strang
Wie Peer Steinbrück gute von böser Gewalt unterscheidet, was »bürgerschaftlich« heute bedeutet, und wie wir Deutschland kleinkriegen
http://www.preussische-allgemeine.de/nachrichten/artikel/alle-an-einem-strang.html

Thierse-Lästereien
Schwaben nerven - aber wer nervt nicht in Berlin?
Das Schwaben-Bashing von Wolfgang Thierse hat nicht-deutschsprachige Hauptstadtbewohner außer acht gelassen. Die Folgen wären wohl fatal für ihn. Aber trotzdem: Wer nervt nicht in Berlin?
http://www.welt.de/debatte/kommentare/article112334332/Schwaben-nerven-aber-wer-nervt-nicht-in-Berlin.html

Freie Wähler-Chef poltert: "CSU hat selbst Dreck am Stecken"
Rechtsradikale Vorwürfe: Aiwanger stinksauer!
http://www.wochenblatt.de/nachrichten/landshut/regionales/rechtsradikal-Vorwuerfe-Aiwanger-CSU%3Bart67,152993

Wiesenthal-Zentrum setzt Jakob Augstein auf Antisemiten-Liste
http://www.tagesspiegel.de/politik/umstrittene-kolumnen-wiesenthal-zentrum-setzt-jakob-augstein-auf-antisemiten-liste/7574538.html

(Auch so ein Milchmädchen-Rechner)
Gerecht und ungerecht III
Götz Aly plädiert für eine gerechte Bezahlung von Frauen und liefert die Lösung gleich mit: Die Männer müssen verzichten.
http://www.berliner-zeitung.de/politik/kolumne-gerecht-und-ungerecht-iii,10808018,21135094.html

(Wüllenweber: Die Asozialen)
Arm und Reich gemeinsam gegen Staat und Demokratie
http://www.heise.de/tp/artikel/38/38246/1.html

Vom Polizist zum Integrationsbeamten
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M516af34eab3.0.html

"Das hat’s bei uns nicht gegeben"
Ausstellung zeigt Antisemitismus in der DDR
Eine Ausstellung in der Jugendbegegnungsstätte Anne Frank zeigt, dass es auch in der früheren DDR antisemitische Tendenzen gab.
http://www.fnp.de/tz/region/lokales/frankfurt/das-hat-s-bei-uns-nicht-gegeben_rmn01.c.10318900.de.html

(Wer dahinter steckt, erfährt man nicht. Aber Anetta Kahana hat ja in der DDR hinreichende Erfahrung gesammelt und wird sicherlich Expertin für dieses Thema sein…)
Antisemitismus in der DDR – Termine
http://www.amadeu-antonio-stiftung.de/die-stiftung-aktiv/gegen-as/was-tut-die-stiftung/as-ddr/as-ddr-termine/

(Ein weiterer Profiteur des Shoa-Business der Hochstapelei überführt…)
Holocaust
Die falschen Leiden des Otto Uthgenannt
Ein 77-Jähriger aus Ostfriesland tritt vor Schülern und Erwachsenen als KZ-Überlebender auf
Fünf Jahre will der Wahl-Ostfriese Otto Uthgenannt als Kind im KZ Buchenwald überlebt haben – darüber spricht er eindrucksvoll in Vorträgen. NWZ -Recherchen belegen: Die Geschichte ist frei erfunden.
http://www.nwzonline.de/kultur/weser-ems/die-falschen-leiden-des-otto-uthgenannt_a_1,0,3068734301.html

Treitschkestraße in Berlin bleibt
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5d22e2bc6f5.0.html

Zeitz
Streit um Inschrift auf „antifaschistischem“ Denkmal
http://www.mz-web.de/servlet/ContentServer?pagename=ksta/page&atype=ksArtikel&aid=1353577198060

(the same old story)
Wie ein junger Offenbacher in die Fänge der Gestapo geriet und im Konzentrationslager ums Leben kam
Briefe aus Auschwitz
http://www.op-online.de/nachrichten/offenbach/briefe-auschwitz-2679554.html

(Vertreibungs-Gedenktag)
Budapest beschämt Berlin
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5d63e8eed00.0.html

LINKE / KAMPF GEGEN RECHTS / ANTIFASCHISMUS

Gladio, NSU und Terror von Rechts
http://friedensblick.de/391/gladio-nsu-terror-rechts/

Explosion in Edathys Briefkasten war Böller
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5a7f91c54a9.0.html

Das Verbotsverfahren gegen die NPD
Wer vom Parteiverbot spricht, darf über die Freiheit nicht schweigen
Jedes Verbot aktualisiert die Frage nach dem legalen Spielraum von Opposition
http://www.faz.net/aktuell/politik/staat-und-recht/das-verbotsverfahren-gegen-die-npd-wer-vom-parteiverbot-spricht-darf-ueber-die-freiheit-nicht-schweigen-11991253.html

Gespensterkunde: NPD
http://www.sezession.de/35237/gespensterkunde-npd.html#more-35237

Wohlfühlen in Deutschland
Ex-NPD-Vorsitzender vor Gericht
http://www.dradio.de/dlf/sendungen/dasfeature/1916367/

(„linksunten“ versucht sich in „Outing“ von „Identitären“…)
Identitäre Bewegung Köln
https://linksunten.indymedia.org/de/node/73349#comment-61474

Rechte in Sachsen
Eigene Polizei für „Reichsbürger“
Bei Dresden überfallen „Hilfspolizisten“ einen Gerichtsvollzieher. Sie gehören zum Umfeld der „Reichsbürger“, die die BRD nicht anerkennen.
http://www.taz.de/!108079/

(Rap für und gegen „rechts“)
Sprechgesang beim Untergang
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5878953d12e.0.html

Wolffsohn warnt vor Rechtsextremismus in der Bundeswehr
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5d3584eb78a.0.html

Uckermann aus Untersuchungshaft entlassen
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5b179ab0dcc.0.html

Verleumdeter Lehrer wehrt sich
Linke attackierten Karl-Heinz Schmick jahrelang ohne Grund – nun setzt er zum Gegenangriff an
http://www.preussische-allgemeine.de/nachrichten/artikel/verleumdeter-lehrer-wehrt-sich.html

Polizeigewerkschaften kritisieren Berliner Piratenfraktion
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M539970d7614.0.html

Berliner Piraten-Fraktionschef distanziert sich von linker Mitarbeiterin
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M527a444bf2a.0.html

(Streit um Rosa-Luxemburg-Demo)
Dolchstoß aus dem eigenen Lager
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5b599466ec7.0.html

CDU-Politiker Wansner: Kreuzberg wird zur linksradikalen Spielwiese
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M54bdf7af75e.0.html

Aus für Berliner Lokal nach linkem Terror
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5466f87dcb5.0.html

Uni Bremen verurteilt Verhalten linker Demonstranten
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5b2bcc2b20e.0.html

Linksextremisten randalieren in Leipzig
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M55793591563.0.html

(älter, aber dennoch interessant)
Polizei fürchtet, dass die Linken Migranten aufhetzen
Die Berliner Polizei nimmt Hinweise ernst, dass die Linken unter arabischen Jugendlichen Unterstützer für die Krawalle am 1. Mai anwerben.
http://www.welt.de/politik/deutschland/article13303036/Polizei-fuerchtet-dass-die-Linken-Migranten-aufhetzen.html

EINWANDERUNG / MULTIKULTURELLE GESELLSCHAFT

Identitäre fordern Ende von Multikulti in Europa
http://www.pi-news.net/2012/12/identitare-fordern-ende-von-multikulti-in-europa/

Zuhause
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M51fdf3c6a4c.0.html

Skandinavische „Integrationsprobleme“ (1)
http://www.sezession.de/35048/skandinavische-integrationsprobleme-1.html#more-35048

(Dazu: Ein Bild sagt mehr als tausend Worte…)
„Facebook-Krawalle“ in Göteborg
http://www.welt.de/vermischtes/weltgeschehen/article112128807/Gymnasien-nach-Instagram-Krawallen-geschlossen.html
http://www.rp-online.de/panorama/ausland/sex-mobbing-loeste-facebook-krawalle-aus-1.3111711
(Man beachte den festgenommenen Ur-Schweden)

Video-Service dazu:
http://www.vg.no/nyheter/utenriks/artikkel.php?artid=10048709
...ausführlicher Bericht von den Vorkommnissen, pc-unkorrekt in norwegischen
Medien, wo man die Neu-Schweden während der „Facebook-Krawalle“ sieht. Besonders schön im Bild: der nutzlose "Dialog-Polizist"

Wie der Islam den Westen programmiert - Teil 4
Die moralische Schlagkraft des Islam
http://freie-waehler-frankfurt.de/artikel/index.php?id=414

Erste Festnahme im Fall des Bonner Bombenfunds
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M55d07922c83.0.html

Neuchristen leben auch in Deutschland nicht ungefährlich
Bericht von der FW-Veranstaltung „Christenverfolgung und Christenexil“
http://www.freie-waehler-frankfurt.de/artikel/index.php?id=447

(Instrumentalisierung der NSU-Affäre. Muslime fordern „`Entnazifizierung´ in Behörden und Ämtern, der Verzicht auf Begriffe `Islamismus´ und `islamistisch´ sowie eine eigene Rubrik in der Kriminalitätsstatistik für islam- und muslimfeindliche Straftaten. Schließlich soll der Staat den Opfern des NSU-Terrors jährlich gedenken und diesen als `ein Folgeproblem des Naziregimes´ in den Geschichtsunterricht aufnehmen.“)
NSU
Muslime sehen wachsende Feindschaft
http://www.fr-online.de/politik/nsu-muslime-sehen-wachsende-feindschaft,1472596,21102790,view,asFirstTeaser.html

Koordinierungsrat fordert „Entnazifizierung deutscher Behörden“
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M55cb935045d.0.html
Dieser Forderungskatalog ist auch ein Freispruch
Der umstrittene „NSU“-Kommentar wird bestätigt
http://www.freie-waehler-frankfurt.de/artikel/index.php?id=451

Bundespräsident besucht Asylheim
Gauck fordert Mentalitätswandel
http://www.n-tv.de/politik/Gauck-fordert-Mentalitaetswandel-article9764581.html
Gauck der Heuchler - Ausländergewalt - Zitat aus seiner Weihnachtsansprache
http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=llLFmq9NrT4

(zu Gaucks Weihnachtsansprache)
Was wir 2013 wirklich brauchen
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M529478ef7b1.0.html

Weihnachtsansprache des Bundespräsidenten: Fernab der Wirklichkeit
http://ernstfall.org/2012/12/24/weihnachtsansprache-des-bundesprasidenten-fernab-der-wirklichkeit/

Gaucks Weihnachtsansprache: Gipfel der Heuchelei und Lüge
http://www.unzensuriert.at/content/0011186-Gaucks-Weihnachtsansprache-Gipfel-der-Heuchelei-und-L-ge

Gauck in Münchner U-Bahn bestätigt
http://www.pi-news.net/2012/12/gauck-in-munchner-u-bahn-bestatigt/

Rösler warnt vor Intoleranz in Deutschland
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5384e86ab1d.0.html

Dietzenbach
Heinz Buschkowsky stellt Buch vor
http://www.op-online.de/nachrichten/dietzenbach/heinz-buschkowsky-buch-neukoelln-ist-ueberall-dietzenbach-2662298.html

Deutschland als „Beutegesellschaft“: Kurdisch-libanesische Großfamilien und die Hilflosigkeit des Rechtsstaates
http://www.sezession.de/35410/deutschland-als-beutegesellschaft-kurdisch-libanesische-grosfamilien-und-die-hilflosigkeit-des-rechtsstaates.html#more-35410

Arabischer Familienclan aus Berlin attackiert Spiegel TV Reporter im Gericht
http://www.youtube.com/watch?v=xGlL8C_BtW4

(Vermutlich Streit im serbisch-albanischen Drogenhändlermilieu…)
Frankfurt
Zwei Tote bei Messerstecherei in Hotel
In einem Hotel in der Frankfurter Innenstadt sind zwei Männer bei einer Messerstecherei ums Leben gekommen. Laut Polizei handelt es sich bei den Opfern um serbische Staatsangehörige ohne Wohnsitz in Deutschland.
http://www.faz.net/aktuell/gesellschaft/kriminalitaet/frankfurt-zwei-tote-bei-messerstecherei-in-hotel-12010026.html

deutscheopfer.de – Auswahl 2012
http://www.sezession.de/35451/deutscheopfer-de-auswahl-2012.html#more-35451

Jugendliche Vergewaltiger wieder auf freiem Fuß
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M51701764048.0.html

Vom Rechtsstaat vergewaltigt
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5f090d823a4.0.html

Adenauers Urenkel
Ein Schläger hat mir das Gesicht zertrümmert
http://www.bild.de/regional/koeln/koerperverletzung/adenauers-ur-enkel-verpruegelt-27635490.bild.html

Bereicherung in Köln: Adenauer-Urenkel schwer verletzt
http://www.zukunftskinder.org/?p=35080

Junge Frau vor Bremer Bahnhof fast zu Tode getreten
http://www.bild.de/regional/bremen/gewalt/frau-vor-bahnhof-fast-zu-tode-getreten-27635154.bild.html
http://www.bild.de/regional/bremen/koerperverletzung/held-von-bremen-27605908.bild.html

München
Raub, Körperverletzung
Hauptbahnhof-Täter: Grausame Folter mit Bügeleisen
http://www.abendzeitung-muenchen.de/inhalt.raub-koerperverletzung-hauptbahnhof-taeter-grausame-folter-mit-buegeleisen.1684fdf9-f2c3-4533-9166-7a8d75ac0781.html

Berlin
Urteil
Zähne ausgeschlagen: Bewährungsstrafe für aggressiven U-Bahn-Musiker
http://www.tagesspiegel.de/berlin/polizei-justiz/urteil-zaehne-ausgeschlagen-bewaehrungsstrafe-fuer-aggressiven-u-bahn-musiker/7518176.html

POL-BN: Bonn-Endenich: Gefährliche Körperverletzung mit möglichem islamistischen Hintergrund
http://www.presseportal.de/polizeipresse/pm/7304/2388668/pol-bn-bonn-endenich-gefaehrliche-koerperverletzung-mit-moeglichem-islamistischen-hintergrund

(„Messerträger - zirka 20 Jahre, dunkelhäutig, sprach mit ausländischem Akzent, dunkel gekleidet“…)
Räuber in die Flucht geschlagen – Offenbach
http://www.presseportal.de/polizeipresse/pm/43561/2387963/pol-of-pressebericht-des-polizeipraesidiums-suedosthessen-vom-23-12-2012

Diebstahl
Tonnenweise Kupfer verschwinden über Nacht
http://www.derwesten.de/zeusmedienwelten/zeus/fuer-schueler/zeus-regional/arnsberg/tonnenweise-kupfer-verschwinden-ueber-nacht-id7365177.html

Mühlheim
Kirche beklaut
Metall lockt Sünder an
http://www.op-online.de/nachrichten/muehlheim/kreuz-kirche-laemmerspiel-diebstahl-metall-suender-2645674.html

Bleiburg
Wallfahrtskirche war Ziel von Kupferdieben
http://www.kleinezeitung.at/nachrichten/chronik/3178038/wallfahrtskirche-ziel-kupferdieben.story

Bad Schwartau
Kupferdiebe immer dreister: Sie stehlen sogar an Kirchen
http://www.ln-online.de/lokales/ostholstein/3613861/kupferdiebe-immer-dreister-sie-stehlen-sogar-an-kirchen

Kupferrohre von Kirche gestohlen
Bad Soden-Salmünster. Unbekannte haben in der Nacht zum Montag die Katholische Kirche in Katholisch-Willenroth bestohlen. Zwischen 18 und 9 Uhr haben die Gauner die Dachrinne, Fallrohre und das Schneeschutzgitter abmontiert und entwendet. Beim Abbau der Kupfergegenstände haben die Ganoven mehrere Dachziegel zerstört. Die Polizei ermittelt und bittet um Hinweise unter der Rufnummer 06052 9148-0.
http://osthessen-news.de/A/1224452/polizeireport-mkk-gartenhausbrand-kupferrohre-gestohlen-taschendiebe.html

KULTUR / UMWELT / ZEITGEIST / SONSTIGES

New Urbanism – Aktuelle traditionelle Architektur in den Niederlanden
http://dabonline.de/2007/11/01/hollandische-tauschungen/
http://www.newurbanism.nl/databank-projecten/

Begeisterung für einen Torso
Das Zerbster Schloss muss weiter gesichert werden
http://www.monumente-online.de/12/06/streiflichter/Zerbst_Schloss.php

Denkmalschutz
50 Millionen, um ein hässliches Rathaus zu retten
Das Mainzer Rathaus nannten die Bürger von Anfang an "Mahnmal für Geschmacklosigkeit". Nun ist der Bau marode, trotzdem gibt es Befürworter einer Renovierung – die würde 50 Millionen Euro kosten.
http://www.welt.de/kultur/kunst-und-architektur/article111925242/50-Millionen-um-ein-haessliches-Rathaus-zu-retten.html

Pankow
Erster Berliner Bezirk verbietet Luxusmodernisierung
http://www.welt.de/finanzen/immobilien/article112186350/Erster-Berliner-Bezirk-verbietet-Luxusmodernisierung.html

(Feministische und „multikulturelle“ Propaganda in Kinderbüchern)
Heteronormatives in Schulbüchern
http://www.sezession.de/35187/heteronormatives-in-schulbuchern.html

Schröder hält Grimms Märchen für sexistisch
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5067d3f3bef.0.html

Schwedische Spielzeugkette wirbt gendergerecht
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5829155e0c8.0.html

Martin Lohmann erstattet nach Bedrohung Anzeige
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M59040bca343.0.html

Feminismus
Töchter einer Revolution
http://www.faz.net/aktuell/feuilleton/feminismus-toechter-einer-revolution-12002763.html

Im Augiasstall des Bildungssystems
http://www.sezession.de/35300/im-augiasstall-des-bildungssystems.html

CDU fordert schnellere Inklusion
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5b75b1ef064.0.html

Nationalsozialismus Lernen für den Führer
Schule und Unterricht wurden in der NS-Zeit vom Reichsbildungsministerium organisiert. Streng nach der herrschenden Ideologie, aber auch mit Ideen, die uns heute bekannt vorkommen. Ein Gespräch mit der Historikerin Anne C. Nagel
http://www.zeit.de/2012/45/Schule-Unterricht-Nationalsozialismus

Die Intelligenz und ihre Feinde
http://www.sezession.de/35478/die-intelligenz-und-ihre-feinde.html#more-35478

St. Petersburg und Europa (II)
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5dcff6aa9ce.0.html

(USA, 60er Jahre)
"Codename Furtherance, Top Secret" – Neun Jahre Bereitschaft zum nuklearen Erstschlag
http://www.heise.de/tp/artikel/38/38207/1.html

(es bleibt einem aber auch nichts erspart…)
Udo Lindenberg will UNO-Botschafter werden
http://www.moz.de/artikel-ansicht/dg/0/1/1066189

(und jetzt dreht er vollends durch…)
Altrocker Udo Lindenberg will Bundespräsident werden
http://www.morgenpost.de/vermischtes/stars-und-promis/article111800577/Altrocker-Udo-Lindenberg-will-Bundespraesident-werden.html

(Widerstand gegen GEZ-Reform)
Der Fürst des GEZiefers
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5e94cd409a6.0.html

Online-Journalismus
Die Lebenslügen der Digitalen Avantgarde und der Verlage
http://onlinejournalismusblog.com/2012/12/12/die-lebenslugen-der-digitalen-aventgarde-und-der-verlage/

(Miese, kranke Gestalt)
Hunter Moore
Gestatten, der meistgehasste Mann des Internets
http://www.spiegel.de/panorama/gesellschaft/hunter-moore-treffen-mit-dem-macher-von-isanyoneup-com-a-872191.html

Anonymität im Internet
Schau mir in die Augen, Troll
In der Anonymität des Internets verlieren viele Menschen alle Hemmungen, sie pöbeln und schreiben rüde und hasserfüllte Kommentare. Zeigt sich im Netz also die wahre Natur des Menschen?
http://www.sueddeutsche.de/digital/anonymitaet-im-internet-schau-mir-in-die-augen-troll-1.1557187
Suhrkampf
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5f1b2d8bdca.0.html

Kleine Meditation für großen Realismus
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5079c52e1ee.0.html

Solarstrom in 12-Volt-Anlagen: Mit Anleitung zu Selbstbau, Elektrik-Grundkurs.
http://www.amazon.de/Solarstrom-12-Volt-Anlagen-Anleitung-Elektrik-Grundkurs-12-Volt-Ger%C3%A4ten/dp/3924038589/ref=sr_1_10?ie=UTF8&qid=1353951712&sr=8-10

Rock Anthem - Anti-Racist is a Code Word for Anti White
http://www.youtube.com/watch?v=ejAqR1_xvVI

Acht CDs
http://clauswolfschlag.blog.com/2012/12/21/acht-cds/

Chi ha ucciso Slobodan Miloševic e perché

Chi ha ucciso Slobodan Miloševic e perché

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L’improvvisa morte sospetta del presidente jugoslavo e serbo Slobodan Miloševic in una cella del tribunale dell’Aja, continua a suscitare interrogativi tra i ricercatori e i media indipendenti sei anni dopo. Robin de Ruiter, pubblicista e storico olandese cresciuto in Spagna, ha scritto un libro affascinante (di prossima pubblicazione in Serbia, ma non ancora disponibile in italiano), che non mette in discussione se l’ex presidente della Serbia sia stato ucciso a L’Aia, ma si concentra sui mandanti e gli esecutori di questo crimine.

Demonizzazione brutale tesa all’omicidio premeditato
De Ruiter utilizza fatti verificabili per smantellare il mito occidentale del “macellaio dei Balcani”, ed esamina le ragioni dietro la brutale propaganda di demonizzazione volta a trasformare l’ex presidente serbo in un mostro, insieme all’intera nazione serba. Utilizzando un metodo semplice, mettendo insieme il ritratto di una persona reale e i fatti storici, andando oltre le caricature grottesche create dall’occidente, l’autore presenta una forte prova sulla ragione principale per cui la NATO e e le potenze occidentali guidate da Washington, hanno voluto far tacere per sempre Miloševic.
Contrariamente a quanto sostenuto in generale e alle premesse dell’imputazione del tribunale dell’Aja, “l’obiettivo politico di Miloševic era mantenere il Kosovo all’interno dei confini della Serbia e impedire alla maggioranza albanese di scacciare la minoranza serba dal Kosovo. Non vi era alcun incitamento all’odio nazionalista, né è stata effettuata una pulizia etnica. Al contrario, i membri del Partito socialista di Milosevic hanno sempre sottolineato i vantaggi della multietnicità per la Serbia“, scrive Robin de Ruiter. L’autore, che si sentiva obbligato a scrivere questo libro “per amore della verità”, cita una serie di giuristi, storici e giornalisti investigativi indipendenti che l’hanno aiutato nella sua ricerca approfondita, mettendo insieme il materiale presentato.

Un aspirina al giorno toglie il medico di torno
L’11 marzo 2006, alle 10:00, a 65 anni, Miloševic veniva trovato morto nella sua cella situata a  Scheveningen, all’Aja, Paesi Bassi, mentre il suo processo per presunti crimini di guerra era in pieno svolgimento, con la presentazione delle prove della difesa. Secondo i patologi olandesi, la causa della morte fu un arresto cardiaco. Oltre alla autopsia, un’analisi tossicologia venne richiesta. Secondo i funzionari dell’Aja, la salute di Miloševic aveva iniziato a peggiorare bruscamente e progressivamente quando era iniziato il processo, ed era sotto costante supervisione da parte di “personale medico altamente qualificato”.
L’autore, tuttavia, ha scoperto il fatto che solo un medico generico e un infermiere componevano l’intera squadra del centro di detenzione dell’Aja composto da ‘personale medico altamente qualificato’. De Ruiter rivela anche che la ‘terapia’ che Miloševic ricevette durante il primo anno di detenzione, consisteva in una singola aspirina al giorno, nonostante il fatto che fosse noto che soffrisse di problemi cardiaci e di pressione alta. L’avvocato di Miloševic, Zdenko Tomanovic, afferma che d’allora la salute del suo cliente venne sistematicamente erosa.

Quando il presidente Miloševic morì, lo specialista russo Dr. Leo Bokeria, del famoso Istituto Bakulev, rivelò ai media: “Negli ultimi tre anni abbiamo sempre insistito, senza successo, che Miloševic venisse ricoverato in un ospedale per essere correttamente diagnosticato. Se a Miloševic fosse stato consentito l’accesso a una qualsiasi clinica specialistica, avrebbe avuto un trattamento adeguato e avrebbe vissuto molti anni.”
All’inizio di maggio 2003, un gruppo di tredici medici tedeschi inviarono al tribunale un testo, esprimendo la loro preoccupazione per la salute di Miloševi? e l’assenza di un trattamento adeguato. Ma tutti i suggerimenti dei medici specialisti vennero scartati e una terapia adeguata rimase indisponibile. Inoltre, non vi fu alcuna risposta a questa e ad altre proteste scritte dallo stesso gruppo di medici.

Farmaci sconosciuti nel sangue di Miloševic
Dopo un anno di trattamento della miracolosa aspirina quotidiana come panacea per malattie cardiovascolari, un gruppo di medici messo su dai burocrati del tribunale emise la seguente diagnosi: danni secondari a vari organi e pressione estremamente alta che in determinate condizioni potrebbe portare a ictus, arresto cardiaco e coronarico o morte prematura. In contrasto con questi risultati, il procuratore generale dell’Aja Carla del Ponte, che sembrava saperne di più, affermò che secondo lei Miloševic “stava eccezionalmente bene”.
L’analisi medica nel 2005 aveva mostrato la presenza di sostanze chimiche “sconosciute” presenti nei sangue di Miloševic, che annullavano gli effetti dei farmaci per la pressione alta. A causa di questa scoperta, Miloševic chiese di essere curato da specialisti russi. Anche se il governo russo il 18 gennaio 2006 offrì la garanzia che Miloševic sarebbe stato messo a disposizione del tribunale, dopo le cure, la richiesta di Miloševic venne negata a febbraio. Poche settimane dopo era già troppo tardi: Miloševic subì l’annunciato e atteso infarto. Tra gli altri, De Ruiter cita la conclusione della rivista olandese Obiettivi:Il fatto stesso che i giudici [Robinson, Kwon e Bonomy] si rifiutassero di dar seguito alla sua richiesta di cure, è sufficiente motivo per sporgere denuncia contro il Tribunale per omicidio premeditato.”
Ulteriori sospetti vennero sollevati dal fatto che le ripetute richieste della famiglia di Miloševic, di un’autopsia indipendente al di fuori dei Paesi Bassi, vennero negate e ignorate. Robin de Ruiter cita anche la dichiarazione di Hikeline Verine Stewart di Amnesty International, che ha sottolineato che la morte prematura di Miloševic era stata conseguenza diretta dei farmaci controindicati trovati nel suo sangue. “Siamo certi che siano la causa della morte. La morte per cause naturali è assolutamente fuori questione“, disse.

Purè di patate con rifampicina
L’autore prende in esame una serie di speculazioni circa l’avvelenamento prolungato dell’ex presidente, nel centro di detenzione di Scheveningen, e conclude che sono tutt’altro che infondate. Nel 2002 si scoprì che a Miloševic venivano somministrati farmaci sbagliati che alzavano la pressione già alta. De Ruiter cita il quotidiano olandese NRC Hadelsblad dal 23 novembre 2002: “Slobodan Miloševic assumeva farmaci sbagliati nel centro di detenzione di Scheveningen, che  aumentavano la sua pressione sanguigna. Questo fu il motivo per cui il processo all’ex presidente jugoslavo dovette essere sospeso all’inizio di novembre. Uno dei commentatori del tribunale sosteneva questo non era un errore. Rifiutò ulteriori commenti.”
Una delle prove che dimostra che Miloševic è stato probabilmente avvelenato durante il suo processo, fu un incidente alla fine di agosto 2004, quando il personale di Scheveningen fu assai  allarmato dopo aver scoperto che un altro detenuto aveva ricevuto la cena di Miloševic. Nel settembre 2004, durante il processo, Miloševic citò questo episodio: “Per tre anni i medici di qui mi hanno considerato in salute e in grado di condurre la mia difesa. E poi qualcosa di veramente strano ha avuto luogo: tutto ad un tratto un ‘medico indipendente’ arrivato dal Belgio, paese in cui ha sede la NATO, annunciava che la mia salute non era abbastanza buona perché continuassi la mia difesa. E tutti i medici qui furono improvvisamente d’accordo in modo unanime su ciò [...] Sentitevi liberi di raggiungere le vostre conclusioni, ma vi prego di tenere presente che sto usando farmaci che i medici hanno prescritto. Io non sono molto sicuro di quello che sta succedendo qui, ma potrei chiamare il personale di guardia a testimoniare su tutto ciò che è accaduto quando mi è stato dato un pasto preparato per una persona dell’altro lato del corridoio. Ci fu un grande clamore per darmi del cibo che era stato preparato specificatamente per me, anche se tutti i pasti sembrano esattamente uguali. Non ne ho fatto un problema, non avevo idea di ciò che stava accadendo. Ma ho alcune ipotesi che possono essere giustificate o meno, ma non vi è una chiara prova… ” A quel punto, il giudice Robinson fece tacere Miloševic chiudendo il suo microfono.
Questo incidente allarmante non è mai stato discusso o indagato. Nel frattempo, la salute di Miloševic continuava a deteriorarsi rapidamente e quotidianamente. Aveva riferito un malessere quotidiano, una terribile pressione dietro gli occhi e nelle orecchie. L’ex ambasciatore canadese James Bissett testimoniò, dopo aver visitato il presidente serbo Milosevic a Scheveningen, che improvvisamente era diventato terribilmente rosso in faccia e che si prese la testa fra le mani. Miloševic disse che la testa riecheggiava quando parlava, come una pentola di metallo.
Nel marzo 2006, Miloševic espresse le sue preoccupazioni per l’ennesima volta: “Nel corso di cinque anni di detenzione non ho preso un solo antibiotico, non ho avuto infezioni, tranne un’influenza e ancora, nel referto medico del 12 gennaio 2006 [che ricevette due mesi dopo] diceva che vi era un farmaco nel mio sangue, usato per trattare la tubercolosi e la lebbra, la Rifampicina.” Commentando questi risultati dei test che avevano rilevato la rifampicina, altamente tossica, nel sangue di Miloševic, Verine Stewart disse: “E’ un mistero inspiegabile perché dessero a Miloševic e ai suoi avvocati i risultati dei suoi test medici del 12 gennaio, solo due mesi dopo, il 7 marzo.”
Un’altra domanda rimasta senza risposta era perché la morte di Milosevic venne scoperta così tardi, nel più sicuro centro di detenzione, il più tecnologicamente avanzato e dotato di telecamere in ogni cellula, e con controlli ogni mezz’ora. Alla conferenza stampa seguente Carla del Ponte sostenne che non vi furono controlli ogni mezz’ora, durante la notte in cui Miloševic morì. Inoltre, per qualche ragione, tutte le telecamere erano spente quella notte. Quando gli chiesero perché, Del Ponte semplicemente rispose che “non era responsabile delle cose che accadono in prigione“.

L’ambasciatore tedesco: le accuse a Miloševic non valgono la carta su cui sono scritte
Nel frattempo, secondo De Ruiter, emerse una serie di dichiarazioni ufficiali dal mondo del diritto internazionale e degli esperti di crimini di guerra, che sottolineava che il processo a Miloševic, in un primo momento annunciato come il ‘processo del secolo’, si era trasformato in un processo segreto. Secondo l’ex ambasciatore tedesco Ralph Hartmann, “già nel suo discorso di apertura, Miloševic ha rivelato fatti sensazionali, dimostrando il ruolo attivo di Stati Uniti, Germania ed altri paesi della NATO giocato nello smembramento e nelle guerre della ex-Jugoslavia. Si può ignorare la verità, ma non la si può sconfiggere“. Mentre il processo progrediva divenne evidente che l’accusa del tribunale dell’Aja valeva solo la carta su cui era scritta.

Meglio … se muore nella sentenza
Molti giuristi, in tutto il mondo, criticarono la sciarada dell’Aja, sottolineando pubblicamente che il  tribunale dell’Aja chiaramente non aveva alcuna prova reale contro Miloševic e che le accuse contro di lui sfumavano senza tanti complimenti. Un certo numero di commentatori, alcuni dei quali citati da De Ruiter, in realtà avevano sottolineato che l’unico modo per l’Aja di uscire da quella situazione era che Miloševic morisse.
Sarebbe meglio se Miloševic muore mentre si è ancora in ballo, disse James Gaw, esperto e consulente del tribunale per i crimini di guerra dell’Aja. Perché, se il processo continua fino alla fine l’unica cosa che può eventualmente essere condannata è una violazione secondaria della legge”, disse Gaw. L’autore conclude che il tribunale può senza dubbio essere accusato di omicidio colposo, e forse anche di omicidio premeditato per cui, come alcuni resoconti dei media hanno affermato, dovrebbe rispondere. Non vi è alcun dubbio che la responsabilità per la morte di Miloševic ricada in pieno sul Tribunale dell’Aja e su Washington, scrive de Ruiter.

Effetto boomerang
Il 25 agosto del 2005 il procuratore dell’Aja Geoffrey Nice, annunciava che Miloševic non era più accusato del tentativo di creare la mitologica ‘Grande Serbia’. La rimozione di un elemento importante dell’accusa contro il presidente serbo aveva leso radicalmente l’intera costruzione. In effetti, le fondamenta su cui tutte le accuse dell’Aja contro Slobodan Miloševic riposavano e si reggevano tutti insieme, era la premessa che tutto ciò che aveva fatto Miloševic avrebbe avuto un unico obiettivo: creare la ‘Grande Serbia’.
Dolorosamente, il Tribunale comprese che la possibilità di ottenere una condanna anche nominalmente credibile, stava diventando sempre più esigua. L’avvocato olandese NMP Steijnen disse: “Il caos è sempre più evidente. Le accuse cominciano a rivoltarsi contro i pubblici ministeri, come un boomerang. Il tribunale teme che Miloševic e i suoi testimoni riveleranno il ruolo svolto dall’occidente nello smembramento della Jugoslavia, e come l’occidente ha sistematicamente diffuso bugie sulla presunta unità serba per la ‘Grande Serbia’, ed i crimini commessi dalla NATO nella guerra di aggressione contro la Jugoslavia e la Serbia e, quindi, che Miloševic e i suoi testimoni avrebbero in conclusione dimostrato chi doveva essere trascinato davanti ai giudici. Miloševic presentò più e più volte, e con l’aiuto di testimoni occidentali, le prove patenti che il Kosovo non affrontava una ‘catastrofe umanitaria’, alla vigilia del bombardamento NATO della Jugoslavia nel 1999. Non era Miloševi? che stava perdendo il processo, ma il tribunale“.
In un articolo, il signor Steijnen scrisse: “Nel corso degli anni del processo, in 466 sessioni, i pubblici ministeri portarono centinaia di testimoni contro Milosevic, accumulando più di 5.000 documenti su di lui, e non hanno dimostrato nulla. Questa assenza di dati reali, la condiscendente  contrattazione dell’azione penale verso sospetti che si rifiutarono di testimoniare contro Miloševic per ottenere riduzioni di pena in cambio, tutto ciò poteva solo danneggiare il tribunale. Gli adoratori del tribunale, nel loro ruolo di reporter, fecero attentamente di tutto per impedire al pubblico di sapere che Miloševic, con i suoi testimoni, aveva inflitto colpi mortali ai ciò che restava delle accuse.”

Seri motivi per un omicidio a sangue freddo
De Ruiter prende atto che il tribunale dell’Aja era già in guai seri, ma le cose sarebbero di molto peggiorate quando sarebbe stato finalmente il turno di Miloševic per la sua difesa. I testimoni che avrebbero testimoniato in difesa di Miloševic, senza eccezione, erano eminenti, autorevoli e credibili, e avrebbero causato gravi mal di testa al tribunale, soprattutto se si tiene presente il fatto che diverse testimonianze dell’accusa ‘erano state smontate e dimostrate delle falsità, a volte fino al punto di diventare ridicole e grottesche.
La situazione era diventata estremamente tesa quando, alla fine di febbraio 2006, Miloševic aveva annunciato che avrebbe chiamato Wesley Clark e Bill Clinton alla sbarra. Aveva intenzione di dimostrare, al di là di ogni dubbio, che gli Stati Uniti avevano condotto una guerra illegale contro la Jugoslavia, e consapevolmente e volutamente bombardato obiettivi civili, presentando in tal modo il vero crimine contro l’umanità. Secondo De Ruiter, l’intenzione di Miloševic non era solo inaccettabile per la NATO, ma anche per il tribunale, che sarebbe stato completamente distrutto se tali prove venivano presentate.
James Bissett, ambasciatore del Canada nell’ex Jugoslavia dal 1990-1992, disse: “Sono sempre stato scettico nei confronti di tribunale, perché sono convinto che è uno strumento utilizzato dagli Stati Uniti e dai loro alleati per mascherare i propri errori nella tragedia dei Balcani. Il tribunale serve per presentare Miloševic e la nazione serba come i responsabili di tutti i mali che colpirono quello sfortunato paese.” Il Generale russo Leonid Ivashov disse: “Slobodan Miloševic era l’unico che potesse testimoniare  nettamente e in modo chiaro sul ruolo che gli Stati Uniti hanno svolto nel sanguinoso smembramento della Jugoslavia degli anni novanta, e che potrebbe farlo completamente e fino al più piccolo dettaglio. Questo è esattamente ciò per cui aveva combattuto mentre era sotto processo.” Secondo il Generale Ivashov, se Miloševic veniva dichiarato innocente, tale sentenza avrebbe avuto conseguenze di vasta portata sia per il tribunale che per la NATO. Il Generale Ivashov ritiene che fu questo il motivo dell’omicidio di Miloševic. “Si tratta di un assassinio politico su mandato”, disse Ivashov.
Slobodan Miloševic è morto nella sua cella proprio nel momento in cui la sua difesa era in pieno svolgimento. Era preoccupato per la sua salute, ma bruciava dal desiderio di esporre la verità su ciò che era realmente avvenuto nei Balcani. Non aveva motivo di suicidarsi. D’altra parte, il tribunale dell’Aja aveva un motivo evidente e considerevole per l’omicidio. La NATO, creatrice e finanziatrice del tribunale, stava perdendo il controllo del caso Miloševic. Miloševic doveva essere messo a tacere prima di poter esercitare il proprio diritto di parlare?”, si chiede Ruiter.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

dimanche, 06 janvier 2013

L’Afrique doit ressaisir son destin

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L’Afrique doit ressaisir son destin

par Pierre LE VIGAN

L’Afrique est indépendante depuis cinquante ans. Elle avait des atouts. Ils n’ont pas fructifié. Pourquoi ? C’est à cette question que répond Bernard Lugan dans Décoloniser l’Afrique. L’Afrique est pourtant « aidée ». Pourquoi les aides à l’Afrique ne servent-elles à rien ? Pourquoi même contribuent-elles à enfoncer l’Afrique dans la pauvreté ? Pour répondre à ces questions, il faut comprendre l’Afrique et la connaître. Il faut aussi décentrer son regard : le monde n’existe pas que du point de vue de l’Occident, des Lumières, de l’idéologie « droits-de-l’hommiste ». L’Afrique ne s’en sort pas sauf quelques pays (cf. Pierre Le Vigan, « L’Afrique et ses chances », dans Flash, octobre 2010). La croissance démographique y est de plus en plus rapide depuis un siècle (avec des écarts énormes entre par exemple la Tunisie qui a fait sa transition démographique et la Somalie avec sept enfants par femme) : cent millions d’habitants en 1900, deux cents millions en 1950, un milliard en 2009. Trop de déséquilibre entre la croissance des hommes et celle des richesses : depuis 1981, le P.I.B. par habitant a diminué de 15 %.

Si l’Afrique souffre, c’est moins de sous-développement que de mal-développement, voire d’une conception occidentale du développement. Pour le F.M.I. et la Banque mondiale, le développement, c’est d’abord le développement économique et la mesure de celui-ci, c’est d’abord l’entrée dans la mondialisation. Il faudrait, compte tenu de sa démographie, à l’Afrique une croissance moyenne de 7 % par an. Est-ce vraiment la solution ? À quel prix, notamment écologique, serait une telle marche folle en avant ? Et qui peut croire que c’est possible en Afrique ?

Voyons le fond des choses. On prétend faire sortir les Africains de la pauvreté, et on croît que les Africains sont « des Européens pauvres à la peau noire ». C’est mettre l’Afrique à l’envers montre Bernard Lugan. Il faut la remettre à l’endroit. Or cela ne consiste pas à commencer par le développement économique, encore moins par l’aide économique. Cela consiste à remettre la politique à sa place et la société en ordre. D’abord redonner son rôle à la politique : faire fructifier les différences et non les nier. Or le placage voulu par l’Occident d’une démocratie procédurale aboutit à une « démocratie » africaine ethno-mathématique, à savoir que c’est l’ethnie la plus nombreuse qui prend le pouvoir et en abuse. Le refus de prendre en compte les différences notamment ethniques aboutit ainsi à l’inverse du but recherché officiellement : à exacerber les conflits. Or l’Afrique a besoin de stabilité plus que de processus électoraux plaqués artificiellement, elle a besoin d’économies autocentrées plus que de dérégulation libérale, elle a besoin d’une maîtrise de sa démographie plus que d’encouragements à la demande de « réparations » et à la croyance en une aide toujours plus forte et toujours plus inadaptée de l’Occident. Bref, l’Afrique a besoin qu’on cesse de lui voiler la vérité : elle doit reprendre possession d’elle-même, elle doit cesser de se laisser infantiliser, elle doit cesser de prêter le flanc à des interventions pseudo-humanitaires, elle doit cesser de rêver à une émigration vers l’Europe et l’Amérique qui consiste à laisser fuir ses élites (au nom en France de l’immigration « choisie » – choisie ni par les Africains ni par le peuple français mais par le Capital), elle doit cesser de se faire néo-coloniser (et prendre ses terres) par les nouvelles puissances de l’Asie et achetée par les multinationales. En un mot, elle doit régler ses problèmes entre Africains.

Il est vrai que l’Occident a tout fait pour tromper l’Afrique sur elle-même. Par l’universalisme d’abord, par la repentance ensuite. « Croyant en l’homme citoyen du monde interchangeable, les universalistes veulent pouvoir appliquer partout les mêmes lois et les mêmes règles, tout n’étant selon eux qu’une question d’éducation » (on pourrait ajouter : sachant qu’il n’y a d’éducation qu’une conception possible qui est la conception occidentale). Au sein de l’Occident, la France représentait la variante extrême des Lumières. Comme elle avait proclamé à la face du monde « les droits de l’homme », elle avait le droit, et même le devoir, d’ « élever » vers elle, de transcender les peuples non-civilisés en civilisés, en humains, en Français, ces termes étant en somme synonymes. Qui ne voit que sous son apparente générosité cette position était d’une arrogance folle ? Le revers de cette politique c’est la dissolution de la France elle-même : si la France est « la patrie des droits de l’homme » — auto-définition emphatique de soi — comment peut-elle être plus concrètement et plus modestement, la patrie des Français – ce qui est somme toute tout ce qu’on lui demande ? C’est ce qui advint. La France ne se reconnut plus en elle-même. La France se volatilisa et « évapora en fraternité » (Victor Hugo).

C’est pourquoi chacun, les Africain tout comme les Européens, doit revenir au réel. « Les Africains ne sont pas inférieurs, ils sont autres » disait Lyautey. C’est-à-dire qu’ils ne sont pas comme nous, mais « en retard », mais signifie qu’ils n’ont pas vocation à faire forcément comme nous avons fait mais à suivre et inventer leur propre chemin.

Pour compter sur elle-même, l’Afrique doit ne pas se raconter d’histoires sur son histoire. La traite négrière ? Elle n’aurait pas été possible sans être organisée par des Africains eux-mêmes. La colonisation ? Elle a fait du mal aux âmes, a créé des frontières artificielles, mais n’a pas pillé l’Afrique. Elle a coûté beaucoup plus cher aux puissances européennes colonisatrices qu’elle ne leur a rapporté, le cas le plus emblématique étant l’Algérie, véritable gouffre pour la France des années trente à 1962. Les obligations en tout genre, stratégiques, sanitaires et autres, des puissances colonisatrices, ce que Jacques Marseille appelait les « contraintes de souveraineté » ont ruiné et retardé tout particulièrement la France. La fixation sur le passé interdit en outre aux Africains de saisir les enjeux actuels : 25 % des terres agricoles africaines sont concernées ou déjà dévolues dans le cadre de projets d’acquisition, qui concernent essentiellement des puissances asiatiques (Chine, Corée). L’application rigide du principe « un homme, un vote » dans des États-nations largement artificiels aboutit à des explosions que la reconnaissance institutionnelle des ethnies et le fédéralisme pourrait au contraire prévenir.

Les ethnies n’ont pas été créées par les colonisateurs. Elles ne sont pas la projection fantasmée des Européens soucieux de conforter leur propre identité. Les clivages ethniques priment sur les clivages religieux (Lugan, p. 164). S’il est exact que les rapports de force entre ethnies ont été figés par la colonisation, c’est effectivement leur remise en mouvement qui explique les guerres inter-africaines, essentiellement inter-ethniques. Le seul reproche que l’on peut faire à Bernard Lugan, c’est sans doute de ne pas assez souligner les liens entre ethnies et position sociale (dominants ou dominés), ethnies et activité économique (éleveurs nomades, cultivateurs sédentaires, etc.). Des liens qu’il n’ignore nullement mais qui ne sont pas au centre de son analyse. En d’autres termes, les conflits ethniques ont aussi une dimension socio-économique. Mais ne se réduisent jamais à l’économie comme l’explique justement Bernard Lugan.

Pierre Le Vigan

• Bernard Lugan, Décoloniser l’Afrique, Paris, Ellipses, 203 p., 16 €.


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La crise égyptienne et le déclin de la position hégémonique des Etats-Unis dans le Monde arabe

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La crise égyptienne et le déclin de la position hégémonique des Etats-Unis dans le Monde arabe

Albert A. Stahel, Institut für Strategische Studien, Wädenswil

Ex: http://www.horizons-et-debats.ch/

Avec son arrêt qui lui permet de ne plus soumettre les décisions présidentielles au Tribunal constitutionnel de l’Egypte pour contrôler leur conformité constitutionnelle, le président Morsi a voulu déjouer le pouvoir judiciaire dans son pays et s’arroger des plein-pouvoirs dictatoriaux. Entre-temps, il a retiré cet arrêt. Il maintient pourtant sa décision de soumettre le 15 décembre, sans consulter les juges, un projet de Constitution rédigé par les islamistes, au vote du peuple. Ce projet prévoit l’ancrage conséquent de la charia dans la future Constitution. A l’avenir, c’est à la charia que la société et la politique égyptienne se mesureront. Par rapport à l’ère du président Moubarak, les droits des femmes et ceux des minorités religieuses seront considérablement réduits. La décision de Morsi a provoqué les protestations de l’opposition. Les disputes entre adversaires et adhérents – les derniers se recrutent majoritairement de Frères musulmans et de Salafistes – ont conduit à des morts et des blessés. Face à l’escalade violente qui pourrait mener à la déstabilisation de l’Egypte, Morsi a convoqué, pour sa protection personnelle, la brigade de combat de la Garde républicaine. Ainsi, il s’est pratiquement réfugié sous la tutelle de l’armée. Il est possible que la direction militaire, en échange de cette protection de Morsi, ait revendiqué quelques concessions en faveur de l’opposition.


Le comportement des Etats-Unis, puissance tutelle de l’Egypte, est instructif. Barack Obama et Hillary Clinton se sont jusqu’à présent contentés d’encourager Morsi à entrer en dialogue avec ses adversaires politiques. Vu le soutien financier des Etats-Unis à l’armée égyptienne, il est également possible que l’administration Obama ait prié la direction militaire à la modération dans cette crise. Vu le danger de déstabilisation du plus grand pays arabe, la politique actuelle des Etats-Unis semble démontrer une certaine impuissance. Si le danger de déstabilisation se maintient, il ne faut pas s’attendre uniquement à l’effondrement économique et politique du pays, mais à l’afflux de réfugiés en direction de l’Europe. Celui-ci mettrait en danger notamment la sécurité des Etats d’Europe du Sud mais aussi de l’Europe toute entière.
Dans cette crise, le manque de stratégie claire des Etats-Unis reflète leur perte de crédibilité, tout comme la perte de leur position hégémonique dans le Monde arabe. A part leurs difficultés économiques, c’est surtout l’échec des guerres menées en Irak et en Afghanistan qui ont contribué au déclin de leur position de force.     •
(Traduction Horizons et débats)

mardi, 25 décembre 2012

Les guerres auto-génératrices des États-Unis

Analyse géopolitique : Les guerres auto-génératrices des États-Unis

 
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Les guerres auto-génératrices des États-Unis

Aujourd’hui, le défi politique le plus pressant au monde est celui d’empêcher que la soi-disant “Pax Americana” ne dégénère progressivement vers un conflit mondial majeur, comme ce fut le cas au dix-neuvième siècle durant la soi-disant “Pax Britannica”. J’emploie le terme “soi-disant” car chacune de ces “pax”, dans ses derniers stades, est devenue de moins en moins pacifique et ordonnée, mais de plus en plus centrée sur l’imposition d’une puissance compétitrice, belliciste et inégalitaire par essence.

Il pourrait sembler prétentieux de considérer la prévention de cette guerre comme un but atteignable. Néanmoins, les mesures pour y parvenir sont loin d’être irréalisables ici même, aux États-Unis. Pour cela, nous n’avons pas besoin d’une nouvelle politique radicale et inédite, mais d’une réévaluation réaliste et indispensable de deux politiques récemment mises en œuvre – qui ont été discréditées et qui se sont avérées contre-productives –. Il faudrait alors nous en désengager progressivement.

Je fais avant tout référence à la soi-disant “guerre contre la terreur” menée par les États-Unis. Dans ce pays, les politiques intérieure et étrangère sont de plus en plus altérées par une guerre contre le terrorisme qui est contre-productive, augmentant en fait le nombre d’auteurs et de victimes d’attaques terroristes. Elle est aussi profondément malhonnête, sachant que les politiques de Washington contribuent en réalité à financer et à armer les jihadistes qui sont normalement censés être des ennemis.

Par-dessus tout, la “guerre contre la terreur” est auto-génératrice puisqu’elle produit plus de terroristes qu’elle n’en élimine, comme de nombreux experts s’en sont alarmés. Et elle est devenue inextricablement liée à la “guerre contre la drogue”, la précédente campagne auto-génératrice et désespérément ingagnable des États-Unis.

En effet, ces deux guerres auto-génératrices n’en font aujourd’hui qu’une seule. En lançant la “guerre contre la drogue”, les États-Unis ont favorisé un para-État organisant la terreur en Colombie (appelé l’AUC, pour Autodéfenses Unies de Colombie), ainsi qu’un règne de l’horreur encore plus sanglant au Mexique (avec 50 000 personnes tuées ces six dernières années). (1) En déclenchant en 2001 une “guerre contre le terrorisme” en Afghanistan, les États-Unis ont contribué à doubler la production d’opium dans ce pays, qui est ainsi devenu la source de 90% de l’héroïne mondiale et de la plus grande part globale du hachich. (2)

Il faudrait que les citoyens des États-Unis prennent conscience de ce schéma général voulant que la production de drogue augmente systématiquement là où leur pays intervient militairement – en Asie du Sud-Est dans les années 1950 et 1960, en Colombie et en Afghanistan ensuite. (La culture de l’opium a aussi augmenté en Irak après l’invasion de ce pays par l’U.S. Army en 2003.) (3) Et le contraire est également avéré : la production de drogue décline là où les États-Unis stoppent leurs interventions militaires, notamment en Asie du Sud-Est depuis les années 1970. (4)

Les deux guerres auto-génératrices des États-Unis sont lucratives pour les intérêts privés qui font du lobbying afin qu’elles se poursuivent. (5) Dans le même temps, elles contribuent toutes deux à amplifier l’insécurité et l’instabilité en Amérique et dans le monde.

Ainsi, à travers une dialectique paradoxale, le Nouvel Ordre Mondial des États-Unis dégénère progressivement vers un Nouveau Désordre Mondial. Par ailleurs, bien que semblant invincible, l’État de sécurité nationale, assailli par des problèmes de pauvreté, de disparité de revenus et de drogue, devient progressivement un État d’insécurité nationale paralysé par des blocages institutionnels.

En utilisant l’analogie des erreurs britanniques de la fin du dix-neuvième siècle, l’objectif de ce travail est de promouvoir un retour progressif à un ordre international plus stable et plus juste par une série de mesures concrètes, dont certaines seraient mises en œuvre par étapes. En utilisant comme exemple le déclin de la Grande-Bretagne, j’espère démontrer que la solution ne peut venir du système actuel centré sur les partis politiques, mais de personnes qui lui sont extérieures.

Les folies de la Pax Britannica

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Les ultimes erreurs des leaders impériaux britanniques sont particulièrement instructives pour comprendre notre situation difficile aujourd’hui. Dans les deux cas, un excès de puissance par rapport aux véritables besoins défensifs a conduit à des expansions d’influence de plus en plus injustes et contre-productives. Mon analyse dans les paragraphes suivants est univoquement négative. En effet, elle ignore les accomplissements positifs du système impérial dans les domaines de la santé et de l’éducation à l’étranger. Cependant, la consolidation de la puissance britannique conduisit à l’appauvrissement de nations autrefois prospères telles que l’Inde. Elle aboutit également à une paupérisation des travailleurs en Grande-Bretagne. (6)

Comme Kevin Phillips l’a démontré, l’une des principales raisons à ce phénomène fut la délocalisation croissante des capitaux d’investissement et de la capacité productive britanniques :

«Ainsi bascula la Grande-Bretagne dans des conditions semblables à celles des États-Unis dans les années 1980 et dans la majeure partie des années 1990 – d’une part, un effondrement du niveau des salaires (hors postes de direction) accompagné d’un déclin des industries de base ; et au sommet de l’échelle, un âge d’or pour les banques, les services financiers et les valeurs boursières, une nette augmentation dans la part du revenu généré par l’investissement, ainsi qu’un impressionnant pourcentage des profits et des ressources se concentrant vers le percentile du sommet.» (7)

Les dangers des disparités croissantes de revenus et de richesses étaient facilement identifiés à cette époque, notamment par le jeune politicien Winston Churchill. (8) Mais seule une minorité avait remarqué l’analyse perspicace de John A. Hobson dans son livre intitulé Imperialism (1902). Selon lui, la recherche immodérée du profit – cause de la délocalisation du capital hors des frontières –, créa le besoin d’établir un appareil de défense surdimensionné pour protéger ce système. À l’étranger, l’une des conséquences de ce phénomène a été un usage plus étendu et brutal des armées britanniques. Hobson définit l’impérialisme de son époque, qui débuta selon lui vers 1870, comme « un affaiblissement […] de l’authentique nationalisme, à travers des tentatives de déborder de nos rivages naturels et d’absorber les territoires proches ou lointains où vivent des peuples récalcitrants et inassimilables. » (9)

Comme l’avait écrit en 1883 Sir John Robert Seeley, un historien de Grande-Bretagne, on pourrait dire de l’Empire britannique qu’il avait été « acquis dans un élan d’inadvertance » (« in a fit of absence of mind »). Mais on ne pourrait l’affirmer au sujet des avancées de Cecil Rhodes en Afrique. L’une des causes premières de l’expansion britannique a été la mauvaise répartition des richesses, et elle en fut également une inévitable conséquence. La majeure partie du livre d’Hobson attaquait l’exploitation occidentale du Tiers-Monde, en particulier en Afrique et en Asie. (10) Il faisait ainsi écho à la description, par Thucydide, de

« comment Athènes fut défaite par la cupidité sans limite (pleonexia) dont elle a fait preuve lors de son expédition inutile en Sicile, une folie présageant celles des États-Unis au Vietnam et en Irak [ainsi que de la Grande-Bretagne en Afghanistan et dans le Transvaal]. Thucydide attribua l’émergence de cette folie aux rapides changements qu’Athènes a connus après la mort de Périclès, et en particulier à la montée en puissance d’une oligarchie prédatrice. » (11)

À la fois l’apogée de l’Empire britannique et le début de son déclin peuvent être situés dans les années 1850. Durant cette décennie, Londres institua un contrôle direct sur l’Inde, remplaçant ainsi la Compagnie des Indes qui avait purement une fonction d’exploiteur.

Mais dans la même décennie, la Grande-Bretagne s’est entendue avec la France ouvertement expansionniste de Napoléon III (et avec l’Empire ottoman) dans ses ambitions hostiles envers le statut de la Russie en Terre Sainte. Bien que la Grande-Bretagne sortît vainqueur de la guerre de Crimée, les historiens ont depuis jugé cette victoire comme l’une des principales causes de la rupture dans l’équilibre des puissances, qui avait prévalu en Europe depuis le Congrès de Vienne en 1815. Ainsi, pour la Grande-Bretagne, l’héritage de cette guerre fut une armée plus efficace et modernisée, mais un monde plus dangereux et instable. (À l’avenir, les historiens pourraient juger que l’aventure libyenne de l’OTAN en 2011 ait joué un rôle comparable dans la fin de la détente entre les États-Unis et la Russie.)

La guerre de Crimée a également vu l’émergence de ce qui fut peut-être le premier mouvement antiguerre important en Grande-Bretagne, bien que l’on s’en souvienne avant tout car il mit fin aux rôles politiques actifs de ses principaux leaders, John Codben et John Bright. (12) En peu de temps, les gouvernements et les dirigeants de Grande-Bretagne se sont radicalisés vers la droite. Ceci conduisit, par exemple, au bombardement de l’Alexandrie par Gladstone en 1882, afin de recouvrer les dettes que les Égyptiens avaient contractées auprès d’investisseurs privés britanniques.

En lisant l’analyse économique d’Hobson à la lumière des écrits de Thucydide, nous pouvons réfléchir sur le facteur moral de la cupidité démesurée (pleonexia) encouragée par une puissance britannique sans limitations. En 1886, la découverte de réserves d’or colossales au sein de la république boer du Transvaal, qui était nominalement indépendante, attira l’attention de Cecil Rhodes – ce dernier s’étant déjà enrichi grâce aux concessions minières et diamantaires qu’il avait malhonnêtement acquises dans le Matabeleland –. Rhodes voyait alors une opportunité de s’accaparer également les champs aurifères dans le Transvaal, en renversant le gouvernement boer avec le soutien des Uitlanders (les étrangers, majoritairement britanniques, qui avaient afflué dans cette région).

En 1895, après l’échec de ses manigances impliquant directement les Uitlanders, Cecil Rhodes, en sa qualité de Premier ministre de la Colonie britannique du Cap, soutint une invasion du Transvaal par ce que l’on appelle le raid Jameson – un groupe hétérogène composé de membres de la police montée et de mercenaires volontaires –. Ce raid n’aboutit pas seulement à un échec, mais également à un scandale : Rhodes fut contraint de démissionner de son poste de Premier ministre, et son frère fut emprisonné. Les détails du raid Jameson et de la guerre des Boers engendrée par cette opération sont trop complexes pour être abordés ici. Néanmoins, le résultat final est qu’à l’issue de cette guerre, Cecil Rhodes s’était accaparé la majeure partie des champs aurifères.

L’étape suivante dans l’expansionnisme abondamment financé de Rhodes fut sa vision d’un chemin de fer entre le Cap et le Caire, qui aurait traversé les colonies contrôlées par la Grande-Bretagne. Comme nous le verrons dans quelques lignes, ce projet engendra la vision française concurrente d’un chemin de fer “est-ouest”, ce qui déclencha une première série de crises attisées par la compétition impériale. Progressivement, ces crises s’intensifièrent jusqu’à engendrer la Première Guerre mondiale.

Selon Carroll Quigley, Cecil Rhodes fonda également une société secrète ayant comme objectif principal une plus large expansion de l’Empire britannique. La Table Ronde (Round Table) en fut une ramification, et elle généra à son tour l’Institut Royal des Relations Internationales (RIIA pour Royal Institute of International Affairs). En 1917, certains membres de la Table Ronde états-unienne contribuèrent également à fonder l’organisation sœur du RIIA, le Conseil des Relations Étrangères basé à New York (CFR pour Council on Foreign Relations). (13)

Certains analystes ont jugé que l’argument de Carroll Quigley était exagéré. Cependant, que l’on soit d’accord ou pas avec ce dernier, nous pouvons observer une continuité entre l’avidité expansionniste de Cecil Rhodes en Afrique dans les années 1890 et celle des entreprises pétrolières britanniques et états-uniennes durant l’après-guerre, lors des coups d’État soutenus par le CFR en Iran (1953), en Indonésie (1965) et au Cambodge (1970).14 Dans tous ces exemples, la cupidité privée (bien qu’elle émanait d’entreprises plutôt que d’individus) imposa la violence d’État et/ou la guerre comme questions de politique publique. Il en résulta l’enrichissement et le renforcement des entreprises privées au sein de ce que j’ai appelé la Machine de guerre américaine, ce processus affaiblissant les institutions qui représentent l’intérêt général.

Mon argument central est que, de façon prévisible, le développement progressif de la marine et des armées britanniques a provoqué un réarmement chez les autres puissances, particulièrement en France et en Allemagne ; et ce processus a rendu inévitable la Première Guerre mondiale (ainsi que la Seconde). Rétrospectivement, il n’est pas difficile de remarquer que ce renforcement des appareils militaires ait contribué, de manière désastreuse, non pas à la sécurité mais à une insécurité de plus en plus dangereuse – pas seulement pour les puissances impériales mais pour le monde entier –. Puisque la suprématie globale des États-Unis surpasse aujourd’hui celle de l’Empire britannique à son apogée, nous n’avons pas observé, jusqu’à présent, de répercussions comparables dans les ambitions concurrentielles d’autres États ; néanmoins, une augmentation des réactions violentes venant de peuples de plus en plus opprimés (ou ce que les médias appellent “le terrorisme”) commence à se faire ressentir.

En regardant en arrière, nous pouvons également constater que l’appauvrissement progressif de l’Inde et d’autres colonies assura le fait que l’Empire britannique deviendrait de plus en plus instable, et qu’il serait finalement condamné à disparaître. Cela ne semblait pas évident à cette époque ; et au dix-neuvième siècle, comparativement à aujourd’hui, peu de Britanniques autres que John A. Hobson remettaient en cause les décisions politiques qui conduisirent leur pays de la Longue Dépression des années 1870 jusqu’à la “ruée vers l’Afrique” et la course aux armements correspondante. (15) Pourtant, lorsque l’on examine aujourd’hui ces décisions, on ne peut que s’étonner de l’étroitesse d’esprit, de la stupidité et de la courte vue des prétendus hommes d’État de cette époque. Les crises absurdes mais alarmantes que leurs décisions ont généré dans des contrées lointaines d’Afrique, comme à Fachoda (1898) ou à Agadir (1911), renforcent cette idée. (16)

Nous pouvons également remarquer comment des crises internationales ont pu être initialement provoquées par de très petites factions bureaucratiques hors de contrôle. La crise de Fachoda, au Sud-Soudan, impliqua une troupe insignifiante de 132 officiers et soldats français. Ces derniers, après un périple de 14 mois, étaient animés par le vain espoir d’établir une présence française d’est en ouest à travers l’Afrique (projetant ainsi de contrecarrer la vision qu’avait Rhodes d’une présence britannique s’étendant du nord au sud du continent africain). (17) Lors de ce que l’on appelle le “coup d’Agadir” (ou Panzersprung), l’arrivée provocatrice de la canonnière allemande SMS Panzer dans cette ville marocaine était une idée insensée d’un secrétaire adjoint aux Affaires étrangères ; sa principale conséquence fut de cimenter l’Entente cordiale franco-anglaise, contribuant ainsi à la défaite de l’Allemagne durant la Première Guerre mondiale. (18)

La Pax Americana à l’aune de la Pax Britannica

Le monde n’est pas condamné à répéter la tragédie d’une guerre mondiale à l’époque de la Pax Americana. L’interdépendance globale, et par-dessus tout les communications, ont connu une importante amélioration. Nous possédons le savoir, les compétences et les motivations pour comprendre les processus historiques avec plus de maîtrise qu’auparavant. Essentiellement, il est de plus en plus évident pour une minorité globale que l’hyper-militarisme des États-Unis, justifié par des motifs sécuritaires, devient en fait une menace pour la sécurité de ce pays et du monde entier. En effet, cette tendance belliciste suscite et déclenche des guerres de plus en plus vastes – ce qui rappelle l’hyper-militarisme britannique du dix-neuvième siècle.

Au milieu de ce déséquilibre global grandissant, il existe un motif de consolation pour le peuple des États-Unis. Puisque les causes de l’insécurité mondiale se situent de plus en plus dans leur pays, les remèdes à ce problème s’y trouvent également. Bien plus que leurs prédécesseurs britanniques, et contrairement aux autres peuples aujourd’hui, les citoyens des États-Unis ont l’opportunité de réduire les tensions globales et d’évoluer ainsi vers un ordre international plus équitable. Bien entendu, nul ne peut prédire qu’une telle restauration puisse être accomplie. Toutefois, la fin catastrophique de la Pax Britannica et le fardeau de plus en plus lourd que doivent supporter les citoyens états-uniens suggèrent qu’elle est nécessaire. En effet, l’expansionnisme unilatéral de leur pays, comme celui de la Grande-Bretagne autrefois, contribue actuellement à rompre les ententes et les arrangements juridiques internationaux qui ont apporté une relative stabilité pendant des décennies – notamment ceux de la Charte des Nations Unies.

Il doit être clairement affirmé que l’actuel renforcement de l’appareil militaire des États-Unis est la principale cause du réarmement global. De façon préoccupante, ce processus rappelle la course aux armements alimentée par l’industrie militaire britannique, qui conduisit au coup d’Agadir en 1911 et, peu après, à la Première Guerre mondiale. Cependant, le réarmement actuel ne peut être qualifié de “course aux armements”. En effet, les États-Unis – et leurs alliés de l’OTAN, dont la politique requiert de posséder des armements compatibles –, dominent tellement le marché militaire mondial que les ventes d’armes correspondantes de la Russie et de la Chine apparaissent dérisoires en comparaison :

«En 2010 […] les États-Unis ont maintenu leur position dominante dans la foire globale de l’armement, signant pour 21,3 milliards de dollars d’exportations d’armes, soit une part de 52,7% [du marché international] […].

La Russie occupait la deuxième position, avec des ventes d’armements à hauteur de 7,8 milliards en 2010, soit 19,3% du marché, contre 12,8 milliards de dollars en 2009. En termes de ventes, derrière les États-Unis et la Russie, on retrouve la France, la Grande-Bretagne, la Chine, l’Allemagne et l’Italie.» (19)

Un an plus tard, l’ampleur de l’hégémonie absolue des États-Unis dans les exportations d’armements avait plus que doublé, pour représenter 79% des ventes d’armes globales :

« L’année dernière, les exportations d’armes des États-Unis ont totalisé 66,3 milliards [de dollars], soit plus des trois quarts du marché mondial de l’armement, estimé à 85,3 milliards en 2011. Bien qu’étant en deuxième position, la Russie était loin derrière, enregistrant des ventes à hauteur de 4,8 milliards. » (20)

Et actuellement, quelle est la principale activité de l’OTAN nécessitant des armes ? Non pas la défense contre la Russie, mais le soutien des États-Unis pour leur guerre auto-génératrice contre le terrorisme, en Afghanistan comme autrefois en Irak. La “guerre contre la terreur” devrait être perçue comme ce qu’elle est réellement : un prétexte pour maintenir une armée US dangereusement hypertrophiée, à travers un exercice injuste du pouvoir qui s’avère de plus en plus instable.

En d’autres termes, les États-Unis sont aujourd’hui, et de loin, le premier pays à inonder le monde avec de l’armement. Les citoyens de ce pays doivent impérativement exiger une réévaluation de ce facteur d’aggravation de la pauvreté et de l’insécurité. Nous devons nous remémorer la célèbre mise en garde d’Eisenhower en 1953, selon laquelle «[c]haque fusil qui est fabriqué, chaque navire de guerre déployé, chaque roquette tirée signifie – est, dans son sens ultime, – un vol perpétré contre ceux qui ont faim et qui ne peuvent se nourrir, contre ceux qui ont froid et qui ne peuvent se vêtir». (21)

Il est nécessaire de rappeler que le Président Kennedy, dans son discours prononcé le 10 juin 1963 à l’American University, esquissa une vision de paix qui ne serait pas explicitement «une Pax Americana imposée au monde par les armes de guerre américaines». (22) Bien qu’éphémère, sa vision était sage. Soixante ans après la genèse du système de sécurité US – la soi-disant Pax Americana –, les États-Unis eux-mêmes se retrouvent piégés dans une situation d’insécurité psychologique de plus en plus marquée par la paranoïa. Les caractéristiques traditionnelles de la culture états-unienne, comme le respect de l’habeas corpus et du droit international, sont en train d’être abandonnées à cause d’une prétendue menace terroriste qui, pourtant, est en grande partie engendrée par les États-Unis. Et ce phénomène est observable au sein même de ce pays autant qu’à l’étranger.

L’alliance secrète USA-Arabie

OBAMA ET ABDALLAH POUR UNE SOLUTION À DEUX ÉTATS AU PROCHE-ORIENT

Des 66,3 milliards de dollars d’exportations d’armes US en 2011, plus de la moitié était destinée à l’Arabie saoudite, ce qui représente 33,4 milliards de dollars. Ces ventes incluaient des dizaines d’hélicoptères de types Apache et Black Hawk qui, selon le New York Times, sont nécessaires à l’Arabie saoudite pour se défendre contre l’Iran. Néanmoins, ils correspondent davantage à l’implication croissante de ce pays dans des guerres asymétriques et agressives (par exemple en Syrie). (23)

Ces ventes d’armes à l’Arabie saoudite n’étaient pas fortuites ; elles sont le fruit d’un accord entre les deux pays destiné à compenser l’afflux de dollars US utilisés pour payer le pétrole saoudien. Durant les chocs pétroliers de 1971 et de 1973, le Président Nixon et Henry Kissinger négocièrent un accord avec l’Arabie saoudite et l’Iran afin de payer le pétrole brut à des prix bien plus élevés, mais à condition que ces deux pays recyclent leurs pétrodollars de différentes manières – principalement par des achats d’armements US . (24)

La richesse des États-Unis et celle de l’Arabie saoudite sont devenues plus interdépendantes que jamais, ce qui est ironique. En effet, pour reprendre les termes d’un câble diplomatique ayant fuité, «[l]es donateurs saoudiens restent les principaux financeurs de groupes extrémistes comme al-Qaïda». (25) La Rabita (ou Ligue Islamique Mondiale), lancée et massivement financée par la famille royale saoudienne, a fourni un lieu pour les rencontres internationales de salafistes mondialement actifs, incluant certains leaders d’al-Qaïda. (26)

En résumé, les richesses générées par la relation entre les États-Unis et l’Arabie saoudite financent autant les jihadistes apparentés à al-Qaïda qui opèrent à travers le monde que les guerres auto-génératrices menées contre ces derniers par les forces US. Il en découle une militarisation croissante aussi bien à l’étranger qu’aux États-Unis, à mesure qu’apparaissent de nouveaux fronts dans la soi-disant “guerre contre la terreur” au sein de régions autrefois paisibles, telles que le Mali – cette évolution étant initialement prévisible.

Les médias ont tendance à présenter la “guerre contre la terreur” comme un conflit opposant des gouvernements légitimes à des fondamentalistes islamistes fanatiques et hostiles à la paix. En réalité, la plupart des pays collaborent périodiquement avec les mêmes forces qu’ils combattent à d’autres occasions, et ce depuis longtemps. Les États-Unis et la Grande-Bretagne ne font pas figure d’exception à cette règle.

Aujourd’hui, la politique étrangère des États-Unis est de plus en plus chaotique, en particulier leurs opérations clandestines. Dans certains pays, notamment en Afghanistan, les États-Unis sont en train de combattre des jihadistes que la CIA avait soutenus dans les années 1980, et qui bénéficient encore du soutien de nos alliés nominaux que sont l’Arabie saoudite et le Pakistan. Dans d’autres nations, comme en Libye, les États-Unis ont apporté leur protection et leur appui indirect au même genre d’islamistes. Il existe également des pays, notamment le Kosovo, au sein desquels les États-Unis ont aidé les fondamentalistes à accéder au pouvoir. (27)

Au Yémen, les autorités US ont concédé que leurs clients y soutenaient des jihadistes. Comme l’a rapporté l’universitaire Christopher Boucek il y a quelques années, s’exprimant devant la fondation Carnegie Endowment of International Peace,

« [l]’extrémisme islamiste au Yémen résulte d’un processus long et complexe. Dans les années 1980, un grand nombre de Yéménites ont participé au jihad antisoviétique en Afghanistan. Après la fin de l’occupation soviétique, le gouvernement yéménite encouragea ses citoyens à revenir, et il permit également aux vétérans étrangers de s’installer au Yémen. La plupart de ces Arabes afghans furent cooptés par le régime et intégrés au sein des différentes administrations sécuritaires de l’État. Ce genre de cooptation fut également mené au profit d’individus emprisonnés par le gouvernement yéménite après les attaques terroristes du 11-Septembre. Dès 1993, dans un rapport des renseignements aujourd’hui déclassifié, le Département d’État US avait relevé que le Yémen était en train de devenir un important point de chute pour de nombreux combattants ayant quitté l’Afghanistan. Ce rapport assurait également que le gouvernement yéménite était soit réticent, soit incapable de restreindre leurs activités. Durant les années 1980 et 1990, l’islamisme et les activités qui en résultaient furent utilisés par le régime afin de supprimer les opposants intérieurs. Par ailleurs, durant la guerre civile de 1994, les islamistes combattirent les forces du sud.» (28)

En mars 2011, ce même universitaire observa que la guerre des États-Unis contre le terrorisme avait eu comme résultat de soutenir un gouvernement impopulaire, l’aidant ainsi à éviter de mettre en œuvre des réformes nécessaires :

«Eh bien, je pense qu’en ce qui concerne – que notre politique au Yémen a été [exclusivement centrée sur] le terrorisme – [qu’elle s’est focalisée sur] le terrorisme et la sécurité et al-Qaïda dans la péninsule arabique [AQPA], excluant quasiment tout le reste. Je pense que malgré ce que – ce que disent les gens dans l’administration, nous sommes concentrés sur le terrorisme –. Nous n’avons pas porté notre attention sur les défis systémiques que doit affronter le Yémen : le chômage, les abus dans la gouvernance, la corruption. Je pense que ce sont les facteurs qui conduiront à l’effondrement de l’État. Ce n’est pas AQPA. […] [T]out le monde au Yémen voit que nous soutenons [ces] régimes, aux dépens du peuple yéménite.» (29)

Dans des termes plus abrupts, la « guerre contre la terreur » des États-Unis est l’une des principales raisons expliquant pourquoi le Yémen, comme d’autres pays, reste sous-développé et demeure un terrain fertile pour le terrorisme jihadiste.

Mais la politique étrangère des États-Unis, dans les domaines sécuritaires, n’est pas la seule à contribuer à la crise yéménite. L’Arabie saoudite a des intérêts dans le renforcement de l’influence jihadiste au sein du Yémen républicain. Ce fut le cas depuis les années 1960, lorsque la famille royale saoudienne eut recours à des tribus conservatrices des collines du nord du Yémen afin de repousser une attaque contre le sud de l’Arabie saoudite par le gouvernement yéménite – républicain et soutenu par Nasser. (30)

Ces machinations des différents gouvernements et de leurs agences de renseignement peuvent créer des situations d’une obscurité impénétrable. Par exemple, comme l’a rapporté le sénateur John Kerry, l’un des principaux leaders d’al-Qaïda dans la péninsule arabique (AQPA) «est un citoyen saoudien qui a été rapatrié en Arabie saoudite au mois de novembre 2007 [après avoir été emprisonné à] Guantanamo[,] et qui a repris des activités radicales [au Yémen] après avoir suivi un parcours de réhabilitation dans son pays.» (31)

Comme d’autres nations, les États-Unis peuvent être amenés à nouer des ententes avec les jihadistes d’al-Qaïda pour les aider à combattre dans des zones d’intérêt mutuel à l’étranger, comme en Bosnie. La condition de cette collaboration est que ces terroristes ne se retournent pas contre eux. Cette pratique a clairement contribué à l’attentat à la bombe de 1993 contre le World Trade Center, lorsqu’au moins deux de ses auteurs avaient été mis à l’abri de toute arrestation. Ils furent ainsi protégés par les autorités US car ils participaient à un programme basé au centre al-Kifah de Brooklyn, qui visait à préparer des islamistes à la guerre en Bosnie. En 1994, au Canada, le FBI assura la libération d’Ali Mohamed, un agent double des États-Unis et d’al-Qaïda opérant au sein du centre al-Kifah. Peu après, Mohamed se rendit au Kenya où, selon le Rapport de la Commission sur le 11-Septembre, il “dirigea” les organisateurs de l’attentat de 1998 contre l’ambassade des États-Unis à Nairobi. (32)

Le soutien de l’Arabie saoudite aux terroristes

Dans ce sombre jeu, le plus important acteur est probablement l’Arabie saoudite. En effet, ce pays n’a pas seulement exporté des jihadistes aux quatre coins du globe, mais il les a également financés – comme nous l’avons vu précédemment –, parfois en coordination avec les États-Unis. Un article sur les fuites des transmissions diplomatiques états-uniennes, paru en 2010 dans le New York Times, révélait en citant l’un de ces câbles que «[l]es donateurs saoudiens restent les principaux financeurs de groupes extrémistes comme al-Qaïda». (33)

En 2007, le Sunday Times rapporta également que

« […] les riches Saoudiens restent les principaux financeurs des réseaux terroristes internationaux. ‘Si je pouvais en quelques sortes claquer des doigts et couper les subventions [des activités terroristes] par un pays, je viserais l’Arabie saoudite’ déclara Stuart Levey, le fonctionnaire du Département du Trésor américain chargé de surveiller le financement du terrorisme. » (34)

Selon Rachel Ehrenfeld, des rapports similaires, faisant état d’un financement saoudien du terrorisme, ont émané des autorités irakiennes, pakistanaises et afghanes :

«En 2009, la police pakistanaise a rapporté que les organisations caritatives saoudiennes continuaient de financer al-Qaïda, les Talibans et le Lashkar-e-Taiba. Selon ce rapport, les Saoudiens ont donné 15 millions de dollars aux jihadistes, incluant les responsables des attaques suicides au Pakistan et de la mort de Benazir Bhutto, l’ancien Premier ministre pakistanais.

En mai 2010, Buratha News Agency, une source journalistique indépendante basée en Irak, parla d’«un document des renseignements saoudiens ayant fuité. Celui-ci

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démontrait un soutien continu d’al-Qaïda en Irak par le gouvernement d’Arabie saoudite. Ce soutien prenait la forme d’argent liquide et d’armes. […] Un article paru le 31 mai 2010 dans The Sunday Times de Londres a révélé que, selon le pôle financier du renseignement afghan (FinTRACA), au moins 1,5 milliards de dollars venant d’Arabie saoudite avaient pénétré clandestinement en Afghanistan depuis 2006. Cet argent était très probablement destiné aux Talibans.» (35)

Cependant, selon le Times, le soutien saoudien en faveur d’al-Qaïda ne se limitait pas au financement :

« Ces derniers mois, des prédicateurs saoudiens ont provoqué la consternation en Irak et Iran après avoir publié des fatwas appelant à la destruction des grands mausolées chiites à Nadjaf et à Kerbala, en Irak – certains ayant déjà été ciblés par des attentats à la bombe –. Et tandis que des membres importants de la dynastie régnante des Saoud expriment régulièrement leur aversion pour le terrorisme, certains responsables qui défendent l’extrémisme sont tolérés au sein du royaume.

En 2004, le cheikh Saleh al-Luhaidan, le haut magistrat qui supervise les procès relatifs au terrorisme, fut enregistré dans une mosquée alors qu’il encourageait les hommes [suffisamment] jeunes à combattre en Irak. ‘Aujourd’hui, pénétrer sur le sol irakien est devenu risqué’, mit-t-il en garde. ‘Il faut éviter ces satellites maléfiques et ces drones aériens, qui occupent chaque parcelle du ciel irakien. Si quelqu’un se sent capable d’entrer en Irak afin de rejoindre le combat, et si son intention est de faire triompher la parole de Dieu, alors il est libre de le faire.’ » (36)

L’exemple du Mali

Aujourd’hui, un processus comparable est en train de dérouler en Afrique, où le fondamentalisme wahhabite saoudien « s’est répandu ces dernières années au Mali[,] par le biais de jeunes imams revenant de leurs études [religieuses suivies] dans la péninsule arabique. » (37) La presse internationale, incluant Al-Jazira, a rapporté la destruction de mausolées historiques par des jihadistes locaux :

«Selon des témoins, deux mausolées de l’ancienne mosquée de terre [du cimetière] de Djingareyber, à Tombouctou, ont été détruits par des combattants d’Ansar Dine, un groupe lié à al-Qaïda qui contrôle le nord du Mali. Ce site classé au patrimoine mondial [de l’UNESCO] est donc menacé. […] Cette nouvelle démolition survient après les attaques de la semaine dernière contre d’autres monuments historiques et religieux de Tombouctou, actions qualifiées de ‘destruction insensée’ par l’UNESCO. Ansar Dine a déclaré que les anciens mausolées étaient ‘haram’, ou interdits par l’Islam. La mosquée de Djingareyber est l’une des plus importantes à Tombouctou, et elle a été l’une des principales attractions de cette ville légendaire avant que la région ne devienne une zone interdite pour les touristes. Ansar Dine a juré de continuer à détruire tous les mausolées ‘sans exception’, au beau milieu d’un déferlement de tristesse et d’indignation aussi bien au Mali qu’à l’étranger.» (38)

Néanmoins, les auteurs de la plupart de ces récits – y compris celui d’Al-Jazira –, n’ont pas souligné le fait que la destruction des tombeaux avait été une vieille pratique wahhabite, pas seulement soutenue mais perpétrée par le gouvernement saoudien :

«Entre 1801 et 1802, sous le règne d’Abdelaziz ben Mohammed ben Saoud, les wahhabites saoudiens attaquèrent et envahirent les villes saintes de Kerbala et de Nadjaf, en Irak. Ils y massacrèrent une partie de la population musulmane et y détruisirent les tombeaux d’Husayn ibn Ali, le petit fils de Mahomet et le fils d’Ali (Ali ibn Abi Talib, le gendre de Mahomet). Entre 1803 et 1804, les Saoudiens s’emparèrent de La Mecque et de Médine où ils démolirent des monuments historiques, ainsi que divers sites et lieux saints musulmans – tels que le mausolée construit sur le tombeau de Fatima, la fille de Mahomet –. Ils avaient même l’intention de démolir la tombe de Mahomet lui-même, la jugeant idolâtre. En 1998, les Saoudiens détruisirent au bulldozer et brulèrent la tombe d’Amina bint Wahb, la mère de Mahomet, provoquant l’indignation à travers le monde musulman.» (39)

Une opportunité pour la paix

Aujourd’hui, nous devons établir une distinction entre le royaume d’Arabie saoudite et le wahhabisme promu par de hauts dignitaires religieux saoudiens et par certains membres de la famille royale. En particulier, le roi Abdallah a tendu la main à d’autres religions, visitant le Vatican en 2007 et encourageant la tenue d’une conférence interconfessionnelle avec des responsables chrétiens et juifs, qui s’est déroulée l’année suivante.

En 2002, alors qu’il était prince héritier, Abdallah fit également une proposition pour parvenir à la paix entre Israël et ses voisins lors d’un sommet des nations de la Ligue arabe. Son plan, qui a été soutenu à de nombreuses reprises par les gouvernements de cette organisation, appelait à la normalisation des relations entre l’ensemble des pays arabes et Israël, en échange d’un retrait complet des territoires occupés (incluant Jérusalem-Est) ainsi que d’un “règlement équitable” de la crise des réfugiés palestiniens basé sur la Résolution 194 de l’ONU. En 2002, ce plan a été rejeté par Ariel Sharon, alors Premier ministre d’Israël, ainsi que par George W. Bush et Dick Cheney, qui étaient déterminés à entrer en guerre contre l’Irak. Néanmoins, comme l’a relevé David Ottaway du Woodrow Wilson Center,

«Le plan de paix proposé par Abdallah en 2002 reste une fascinante base pour une possible coopération entre les États-Unis et l’Arabie saoudite sur la question israélo-palestinienne. La proposition d’Abdallah fut soutenue par l’ensemble de la Ligue arabe durant son sommet de 2002 ; Le Président israélien Shimon Peres et [celui qui était alors le Premier ministre Ehud] Olmert en ont parlé favorablement ; et Barack Obama, qui avait choisi la chaîne de télévision saoudienne Al-Arabiya pour sa première interview après sa prise de fonction, félicita Abdallah pour le “grand courage” dont il avait fait preuve en élaborant cette proposition de paix. Toutefois, Benjamin Netanyahou, qui est pressenti pour être le nouveau Premier ministre israélien, s’est fermement opposé à ce plan saoudien, en particulier à l’idée que Jérusalem-Est devrait être la capitale d’un État palestinien. » (40)

En 2012, ce plan est gelé, Israël laissant transparaître sa volonté d’action armée contre l’Iran et les États-Unis étant paralysés par une année électorale. Cependant, le Président israélien Shimon Peres a accueilli favorablement cette initiative en 2009 ; et George Mitchell, lorsqu’il était l’envoyé spécial du Président Obama au Moyen-Orient, annonça cette même année que l’administration Obama avait l’intention d’“incorporer” cette initiative dans sa politique moyen-orientale. (41)

Ces soutiens ainsi exprimés démontrent qu’un accord de paix au Moyen-Orient est théoriquement possible. Toutefois, ils sont loin de rendre probable son application. En effet, tout accord de paix nécessiterait la confiance mutuelle, mais il est difficile d’y parvenir lorsqu’un sentiment d’insécurité quant à l’avenir de sa propre nation hante chacune des parties. Certains commentateurs pro-sionistes tels que Charles Krauthammer rappellent que, durant les 30 années précédant les accords de Camp David, la destruction d’Israël était «le but unanime de la Ligue arabe». (42) De nombreux Palestiniens, ainsi que la majeure partie du Hamas, craignent qu’un accord de paix soit insatisfaisant et qu’il étoufferait en réalité leurs aspirations à un règlement équitable des différends.

Au Moyen-Orient, l’insécurité est particulièrement répandue à cause d’un ressentiment largement partagé. Celui-ci est engendré par l’injustice, elle-même alimentée et propagée par l’insécurité. L’actuel statu quo international trouve ses principales origines dans les injustices. Mais celle qui touche le Moyen-Orient s’avère – dans tous ses aspects – extrême, récente et permanente. Je le signale simplement pour donner ce conseil aux États-Unis : il faut se souvenir que les questions de sécurité et de justice ne peuvent être traitées séparément.

Par-dessus tout, il nous faut faire preuve de compassion. En tant qu’Américains, nous devons comprendre que les Israéliens autant que les Palestiniens vivent dans des conditions proches d’un état de guerre ; pourtant, ces deux peuples ont des raisons de craindre qu’un accord de paix puisse les laisser dans une situation encore pire que celle où ils se trouvent actuellement. Trop de civils innocents ont été tués au Moyen-Orient. Il faudrait que les actions des États-Unis n’aggravent pas ce lourd bilan humain.

Ce sentiment d’insécurité, qui est le principal obstacle à la paix, ne se limite pas au Moyen-Orient. Depuis le 11-Septembre, le peuple des États-Unis a ressenti l’angoisse de l’insécurité, et c’est la principale raison expliquant pourquoi il oppose si peu de résistance aux folies évidentes de la “guerre contre la terreur” de Bush, Cheney et Obama.

Ceux qui mènent cette guerre promettent de faire des États-Unis un endroit plus sûr. Pourtant, celle-ci continue d’assurer la prolifération des terroristes censés être les ennemis de l’Amérique. Elle continue également de disséminer la guerre à travers de nouveaux champs de bataille, notamment au Pakistan ou au Yémen. Générant ainsi ses propres ennemis, il semble probable que la “guerre contre la terreur” se poursuive sans relâche, puisqu’elle est aujourd’hui solidement enracinée dans l’inertie bureaucratique. De ce fait, elle ressemble beaucoup à la “guerre contre la drogue”, une politique irréfléchie qui maintient à un niveau élevé les coûts et les revenus narcotiques, ce qui attire de nouveaux trafiquants.

Par ailleurs, cette guerre contre le terrorisme amplifie surtout l’insécurité chez les musulmans, sachant qu’ils sont de plus en plus nombreux à affronter la crainte que des civils, et pas seulement des terroristes jihadistes, soient victimes d’attaques de drones. L’insécurité dans le Moyen-Orient est le principal obstacle à la paix dans cette région. Les Palestiniens vivent avec la peur quotidienne de l’oppression par les colons de Cisjordanie ainsi que des représailles de l’État hébreu. Les Israéliens vivent en craignant constamment leurs voisins hostiles. La famille royale saoudienne partage cette crainte. Ainsi, depuis le 11-Septembre et le déclenchement de la “guerre contre la terreur”, l’insécurité et l’instabilité se sont simultanément amplifiées.

L’insécurité moyen-orientale se répercute sur une échelle de plus en plus vaste. La peur d’Israël vis-à-vis de l’Iran et du Hezbollah trouve son écho dans la crainte iranienne d’attaques massives contre ses installations nucléaires, du fait des menaces israéliennes. Par ailleurs, d’anciens faucons états-uniens comme Zbigniew Brzezinski ont récemment averti qu’une attaque israélienne contre l’Iran pouvait aboutir à une guerre plus longue qu’annoncé – ce conflit pouvant s’étendre à d’autres pays. (43)

Selon moi, les citoyens des États-Unis devraient surtout craindre l’insécurité engendrée par les attaques de drones menées par leur pays. Si elles ne sont pas rapidement stoppées, ces frappes risquent d’avoir le même résultat que les attaques nucléaires US de 1945 : nous conduire vers un monde où de nombreuses puissances, et non plus une seule, possèdent cette arme. Elles pourraient alors être amenées à l’utiliser. Dans ce cas, les États-Unis seraient de loin la nouvelle cible la plus probable.

Je me demande combien de temps faudra-t-il aux citoyens de ce pays pour comprendre le cours prévisible de cette guerre auto-génératrice, et pour qu’ils se mobilisent contre celle-ci en constituant une force prévalente.

Que doit-on faire ?

En utilisant l’analogie des erreurs britanniques de la fin du dix-neuvième siècle, cet article a défendu un retour progressif vers un ordre international plus stable et plus juste par une série d’étapes concrètes, dont certaines sont graduelles :

 

1) Une réduction progressive des énormes budgets de la défense et du renseignement. Elle s’ajouterait alors à celle qui est actuellement envisagée pour des raisons financières, et elle devrait être de plus grande ampleur.

2) Une suppression graduelle des aspects violents de la soi-disant “guerre contre la terreur”, mais un maintien des moyens policiers traditionnels de lutte contre le terrorisme.

3) La récente intensification du militarisme US peut être attribuée en grande partie à l’“état d’urgence” décrété le 14 septembre 2001, et renouvelé chaque année depuis cette date par les présidents des États-Unis successifs. Cet état d’urgence doit être immédiatement interrompu, et ce que l’on appelle les mesures de “continuité du gouvernement” (COG pour Continuity of Government) qui lui sont associées doivent être réévaluées. Elles incluent la surveillance et les détentions sans mandats, ainsi que la militarisation de la sécurité intérieure aux États-Unis. (44)

4) Un retour aux stratégies qui dépendent essentiellement de la police civile et du renseignement pour traiter le problème du terrorisme.

Quarante ans plus tôt, j’en aurais appelé au Congrès pour qu’il entreprenne ces démarches nécessaires à dissiper l’état de paranoïa dans lequel nous vivons actuellement. Aujourd’hui, j’en suis arrivé à penser que cette institution est elle-même dominée par les cercles de pouvoir qui tirent profit de ce que j’ai nommé la Machine de guerre globale des États-Unis. Dans ce pays, les soi-disant “hommes d’État” sont autant impliqués dans le maintien de la suprématie de leur nation que ne l’étaient leurs prédécesseurs britanniques.

Toutefois, mentionner cela ne revient pas à désespérer de la capacité qu’ont les États-Unis à changer de direction. Nous devrions garder à l’esprit que les protestations politiques intérieures ont joué un rôle déterminant pour stopper une guerre injustifiée au Vietnam il y a quarante ans. Il est vrai qu’en 2003, des manifestations comparables – impliquant un million de personnes aux États-Unis – n’ont pas suffi à empêcher l’entrée de leur pays dans une guerre illégale en Irak. Néanmoins, ce grand nombre de manifestants, rassemblés dans une période relativement courte, était impressionnant. La question est aujourd’hui de savoir si les militants peuvent adapter leurs tactiques aux nouvelles réalités afin de monter une campagne de protestation durable et efficace.

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Pendant quarante ans, sous l’apparence de la planification pour la continuité du gouvernement (COG), La Machine de guerre américaine s’est préparée à neutraliser les manifestations urbaines contre la guerre. En comprenant ce processus, et en utilisant l’exemple des folies de l’hyper-militarisme britannique, les mouvements antiguerre actuels doivent apprendre à exercer des pressions coordonnées au sein des institutions des États-Unis – pas seulement en “occupant” les rues avec l’aide des sans-abri –. Il ne suffit pas de dénoncer les disparités de revenus croissantes entre les riches et pauvres, comme le faisait Winston Churchill en 1908. Nous devons aller plus loin afin de comprendre que les origines de ces inégalités résident dans des arrangements institutionnels qui peuvent être corrigés – bien que les institutions soient dysfonctionnelles –. Et l’un des principaux arrangements dont il est ici question est la soi-disant “guerre contre la terreur”.

Il est impossible de prédire le succès d’un tel mouvement. Mais je crois que les développements globaux persuaderont un nombre croissant de citoyens des États-Unis que celui-ci est nécessaire. Il devrait rassembler un large éventail de l’électorat, des lecteurs progressistes de ZNet et de Democracy Now aux partisans libertariens de Murray Rothbard et de Ron Paul.

Et je crois également qu’une minorité antiguerre bien coordonnée et non-violente peut l’emporter. Elle regrouperait entre deux et cinq millions de personnes, leur action s’appuyant sur les ressources de la vérité et du bon sens. Aujourd’hui, les institutions politiques clés des États-Unis sont à la fois dysfonctionnelles et impopulaires. En particulier, le Congrès a un taux d’approbation d’environ 10%. La résistance acharnée du monde de la richesse personnelle et entrepreneuriale face aux réformes raisonnables est un problème encore plus grave ; mais plus les riches montrent ouvertement leur influence antidémocratique, plus la nécessité de restreindre leurs abus deviendra évidente. Récemment, ils ont ciblé des membres du Congrès pour les exclure de cette institution, ces derniers étant « coupables » de s’être compromis pour résoudre des problèmes gouvernementaux. Dans ce pays, il existe certainement une majorité de citoyens à mobiliser pour que l’on en revienne à la défense du bien commun.

De nouvelles stratégies et techniques de protestation seront clairement nécessaires. Le but de cet article n’est pas de les définir. Toutefois, il est à prévoir que les futures manifestations – ou cyber-manifestations – feront un usage plus habile d’Internet.

Encore une fois, nul ne peut prédire avec confiance la victoire dans cette lutte pour le bien commun contre les intérêts particuliers et les idéologues ignorants. Mais avec le danger croissant d’un conflit international désastreux, la nécessité de se mobiliser pour défendre l’intérêt général est de plus en plus évidente. L’étude de l’Histoire est l’un des meilleurs moyens d’éviter sa répétition.

Ces espoirs de voir émerger un mouvement de protestation sont-ils irréalistes ? Très probablement. Mais quoi qu’il en soit, je suis convaincu que ce mouvement est nécessaire. 

 

Peter Dale Scott

lire :

La Machine de guerre américaine, de Peter Dale Scott,

Notes

1. Oliver Villar et Drew Cottle, MI>Cocaine, Death Squads, and the War on Terror: U.S. Imperialism and Class Struggle in Colombia (Monthly Review Press, New York, 2011) ; Peter Watt et Roberto Zepeda, Drug War Mexico: Politics, Neoliberalism and Violence in the New Narcoeconomy (Zed Books, Londres, 2012) ; Mark Karlin, « How the Militarized War on Drugs in Latin America Benefits Transnational Corporations and Undermines Democracy », Truthout, 5 août 2012.

2. Peter Dale Scott, La Machine de guerre américaine : la Politique profonde, la CIA, la drogue, l’Afghanistan… (Éditions Demi-Lune, Plogastel Saint-Germain, 2012), pp.317-41.

3. Patrick Cockburn, «Opium: Iraq’s deadly new export», Independent (Londres), 23 mai 2007.

4. Scott, La Machine de guerre américaine, pp.204-12.

5. Voir Mark Karlin, « How the Militarized War on Drugs in Latin America Benefits Transnational Corporations and Undermines Democracy», Truthout, 5 août 2012.

6. Sekhara Bandyopadhyaya, From Plassey to Partition: A History of Modern India (Orient Longman, New Delhi, 2004), p.231.

7. Kevin Phillips, Wealth and Democracy: A Political History of the American Rich (Broadway Books, New York, 2002), p.185.

8. « Les graines de la ruine impériale et du déclin national – le fossé anormal entre les riches et les pauvres […] la croissance fulgurante d’un luxe vulgaire et oisif – sont les ennemis de la Grande-Bretagne » (Winston Churchill, cité dans Phillips, Wealth and Democracy, p.171).

9. John A. Hobson, Imperialism (Allen and Unwin, Londres, 1902 ; réimpression de 1948), p.6. À cette époque, le principal impact de ce livre en Grande-Bretagne fut de stopper définitivement la carrière d’économiste de John A. Hobson.

10. Hobson, Imperialism, p.12. Cf. Arthur M. Eckstein, « Is There a ‘Hobson–Lenin Thesis’ on Late Nineteenth-Century Colonial Expansion? », Economic History Review, mai 1991, pp.297-318 ; voir en particulier pp.298-300.

11. Peter Dale Scott, «The Doomsday Project, Deep Events, and the Shrinking of American Democracy, Asia-Pacific Journal: Japan Focus, 21 janvier 2011.

12. Voir Ralph Raico, Introduction, Great Wars and Great Leaders: A Libertarian Rebuttal (Mises Institute, Auburn, AL, 2010).

13. Carroll Quigley, Tragedy and Hope: A History of the World in Our Time (G,S,G, & Associates, 1975) ; Carroll Quigley, The Anglo-American Establishment (GSG Associates publishers, 1981). Discussion dans Laurence H. Shoup et William Minter, The Imperial Brain Trust: The Council on Foreign Relations & United States Foreign Policy (Monthly Review Press, New York, 1977), pp.12-14 ; Michael Parenti, Contrary Notions: The Michael Parenti Reader (City Lights Publishers, San Francisco, CA, 2007), p.332.

14. Au sujet des intérêts – peu remarqués par les observateurs –, des compagnies pétrolières dans les champs pétrolifères offshore du Cambodge, voir Peter Dale Scott, The War Conspiracy: JFK, 9/11, and the Deep Politics of War (Mary Ferrell Foundation, Ipswich, MA, 2008), pp.216-37.

15. Thomas Pakenham, Scramble for Africa: The White Man’s Conquest of the Dark Continent from 1876-1912 (Random House, New York, 1991).

16. Voir les différents livres de Barbara Tuchman, notamment The March of Folly: From Troy to Vietnam (Knopf, New York, 1984).

17. Pakenham, ibidem.

18. E. Oncken, Panzersprung nach Agadir. Die deutsche Politik wtihrend der zweiten Marokkokrise 1911 (Dusseldorf, 1981). En allemand, l’expression Panzersprung est devenue une métaphore pour toute démonstration gratuite de diplomatie de la canonnière.

19. Thom Shanker, «Global Arms Sales Dropped Sharply in 2010, Study Finds», New York Times, 23 septembre 2011.

20. Thom Shanker, «U.S. Arms Sales Make Up Most of Global Market», New York Times, 27 août 2012.

21. Stephen Ambrose, Eisenhower: Soldier and President (Simon and Schuster, New York, 1990), p.325.

22. Robert Dallek, An unfinished life: John F. Kennedy, 1917-1963 (Little, Brown and Co., Boston, 2003.), p.50.

23. Shanker, «U.S. Arms Sales Make Up Most of Global Market», New York Times, 27 août 2012.

24. Peter Dale Scott, La Route vers le Nouveau Désordre Mondial : 50 ans d’ambitions secrètes des Etats-Unis, (Éditions Demi-Lune, Paris, 2010), pp.66-72.

25. Scott Shane et Andrew W. Lehren, «Leaked Cables Offer Raw Look at U.S. Diplomacy», New York Times, 29 novembre 2010. Cf. Nick Fielding et Sarah Baxter, «Saudi Arabia is hub of world terror: The desert kingdom supplies the cash and the killers», Sunday Times (Londres), 4 novembre 2007.

26. Les Nations Unies ont listé les antennes de l’International Islamic Relief Organization (l’IIRO, une filiale de la Rabita) en Indonésie et aux Philippines comme propriétés ou partenaires d’al-Qaïda.

27. Voir Peter Dale Scott, «La Bosnie, le Kosovo et à présent la Libye : les coûts humains de la collusion perpétuelle entre Washington et les terroristes», Mondialisation.ca, 17 octobre 2011 ; voir également William Blum, «The United States and Its Comrade-in-Arms, Al Qaeda», Counterpunch, 13 août 2012.

28. Christopher Boucek, «Yemen: Avoiding a Downward Spiral», Carnegie Endowment for International Peace, p.12.

29. « In Yemen, ‘Too Many Guns and Too Many Grievances’ as President Clings to Power», PBS Newshour, 21 mars 2011.

30. Robert Lacey, The Kingdom: Arabia and the House of Sa’ud (Avon, New York, 1981), pp.346-47, p.361.

31. John Kerry, Al Qaeda in Yemen and Somalia: A Ticking Time Bomb: a Report to the Committee on Foreign Relations (U.S. G.P.O., Washington, 2010), p.10.

32. Scott, La Route vers le Nouveau Désordre Mondial, pp.214-20.

33. Scott Shane et Andrew W. Lehren, «Leaked Cables Offer Raw Look at U.S. Diplomacy», New York Times, 29 novembre 2010.

34. Nick Fielding et Sarah Baxter, «Saudi Arabia is hub of world terror: The desert kingdom supplies the cash and the killers», Sunday Times (Londres), 4 novembre 2007 : « Des religieux extrémistes envoient une multitude de recrues dans certains des points chauds les plus violents au monde. Une analyse de NBC News suggère que les Saoudiens représentent 55% des combattants étrangers en Irak. On les retrouve également parmi les plus intransigeants et les plus militants. »

35. Rachel Ehrenfeld, «Al-Qaeda’s Source of Funding from Drugs and Extortion Little Affected by bin Laden’s Death», Cutting Edge, 9 mai 2011.

36. Sunday Times (Londres), 4 novembre 2007.

37. BBC, 17 juillet 2012,.

 

38. Al-Jazira, 19 juillet 2012.

39. The Weekly Standard, 30 mai 2005. Cf. Newsweek, 30 mai 2005. Adapté d’Hilmi Isik, Advice for the Muslim (Hakikat Kitabevi, Istanbul).

40. David Ottaway, «The King and Us: U.S.-Saudi Relations in the Wake of 9/11», Foreign Affairs, mai-juin 2009.

41. Barak Ravid, «U.S. Envoy: Arab Peace Initiative Will Be Part of Obama Policy», Haaretz, 5 avril 2009. David Ottaway, «The King and Us: U.S.-Saudi Relations in the Wake of 9/11», Foreign Affairs, mai-juin 2009.

42. Charles Krauthammer, «At Last, Zion: Israel and the Fate of the Jews», Weekly Standard, 11 mai 1998.

43. «Nous n’avons aucune idée de comment finirait une telle guerre», déclara [Brzezinski]. «L’Iran a des moyens militaires, il pourrait riposter en déstabilisant l’Irak» (Salon 14 mars 2012).

44. Voir Scott, La Route vers le Nouveau Désordre Mondial, pp.257-331 ; Peter Dale Scott, «La continuité du gouvernement étasunien: L’état d’urgence supplante-t-il la Constitution? », Mondialisation.ca, 6 décembre 2010.

lundi, 24 décembre 2012

Blackwater wird neuer Vermieter der amerikanischen Spezialeinheiten in Afghanistan

Blackwater wird neuer Vermieter der amerikanischen Spezialeinheiten in Afghanistan

Redaktion

Während US-Präsident Obama auf eine rasche Beendigung des militärischen Engagements der USA in Afghanistan drängt, verfolgen Teile seiner Regierung andere Pläne. So wurde ein Gebäudekomplex, der dem vom früheren Navy-SEAL-Angehörigen Eric Prince gegründeten privaten Militärdienstleister Academi gehört, für 22 Mio. Dollar zur Unterbringung amerikanischer Soldaten im Jahr 2015 angemietet.

Diese private Kriegs AG, die zuerst unter dem Namen »Blackwater« firmierte, dann ihren Namen in  »Xe Services« und zuletzt seit Dezember 2011 in »Academi« änderte,  ist als stolzer Gewinner aus dem ausschreibungsfreien Vergabeverfahren hervorgegangen, dass dem Unternehmen für die folgenden Jahre lukrative Gewinne aus den amerikanischen Kriegen sichert. Wie das Wired.com angeschlossene Internetportal Danger Room als erstes berichtete, wird Academi die erst vor

Kurzem geschaffene Special Operations Joint Task Force - Afghanistan durch die Bereitstellung von Unterkünften und Büroräumen auf ihrem etwa vier Hektar großen befestigten Gebäudekomplex mit Namen »Camp Integrity« in der afghanischen Hauptstadt Kabul unterstützen.

Spencer Ackerman von Danger Room berichtete, Academi habe den Zuschlag erhalten, Camp Integrity im Mai 2015 an Spezialeinheiten zu leasen und auf diese Weise für die Unterbringung von etwa 7.000 Soldaten der Elitetruppen zu sorgen.

Mehr: http://info.kopp-verlag.de/hintergruende/geostrategie/redaktion/blackwater-wird-neuer-vermieter-der-amerikanischen-spezialeinheiten-in-afghanistan.html

dimanche, 23 décembre 2012

Presseschau - Dezember 2012

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Presseschau

Dezember 2012

AUßENPOLITISCHES

Die Wende
Der Anfang vom Ende der Europäischen Union
Die EU in Aktion: In Madrid wird von der Polizei auf Demonstranten eingeprügelt, während sich Brüssel einen neuen Streich aus dem Programm "gender equality" einfallen lässt. Merkwürdige Prioritäten! Von Henryk M. Broder
http://www.welt.de/debatte/henryk-m-broder/article111172543/Der-Anfang-vom-Ende-der-Europaeischen-Union.html

EU erwägt Beschäftigungsgarantie
Kommentar: Ausgeburt der Weltfremdheit
http://www.op-online.de/nachrichten/politik/kommentar-beschaeftigungsgarantie-eu-2649595.html

Nigel Farage: Wir werden noch viel mehr Proteste und Gewalt sehen
http://de.ibtimes.com/articles/26172/20121115/nigel-farage-wir-werden-noch-viel-mehr-proteste-und-gewalt-sehen.htm

Großbritannien
Pflegeeltern verlieren Kinder wegen UKIP-Mitgliedschaft
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M57c65c657a2.0.html

(Retourkutsche)
Slowaken werfen britischer Behörde Rassismus vor
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5fc7cc6dcb9.0.html

Brüsseler Diktatoren
Von Duschkopf bis Traktorensitze: In immer mehr Lebensbereiche will Europa hineinregieren. Es tobt ungehemmte Regelwut. Jetzt revoltieren EU-Parlamentarier dagegen
http://www.focus.de/magazin/archiv/politik-bruesseler-diktatoren_aid_852611.html

EU-Beamten winkt Gehaltserhöhung
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5043bbb65ac.0.html

(Jede Krise hat auch ihre gute Seite)
Weniger Verkehrstote durch Krise in Spanien
http://orf.at/stories/2149411/

Die Geldelite verselbständigt sich
Der Soziologe Hans-Jürgen Krysmanski über die Reichen und Mächtigen dieser Welt
http://www.heise.de/tp/artikel/37/37867/1.html

Erwin Pelzig über Goldman Sachs und Angela Merkel
http://www.youtube.com/watch?v=1h1GaoAd8Hs&feature=youtu.be

„Euro-Rettung bindet Deutschland an einen Leichnam“
Wer profitiert eigentlich vom Erhalt des Euro? Die Rettungspolitik hilft deutschen Exporteuren bei Geschäften mit Krisenstaaten - zu Lasten der Steuerzahler. Besser wäre es, den Euro sterben zu lassen. Ein Gastkommentar
http://www.handelsblatt.com/meinung/gastbeitraege/gastbeitrag-euro-rettung-bindet-deutschland-an-einen-leichnam/7431622.html

(Keine 24 Stunden nach der US-Wahl wurde folgendes bekanntgegeben)
Prognose der Kommission EU übt sich in Pessimismus
Die EU-Kommission errechnet neue Tiefpunkte in der Schuldenkrise: Das Wachstum schrumpft weiter, die Arbeitslosigkeit steigt, der Schuldenberg wird immer größer. Der Bericht zeigt auch: Vorherige Prognosen waren zu optimistisch.
http://www.sueddeutsche.de/wirtschaft/prognose-der-kommission-eu-uebt-sich-in-pessimismus-1.1516877

(Ebenfalls keine 24 Stunden nach der US-Wahl. Man rückt an den Iran heran)
Gegen Angriff Syriens
Die Nato stationiert Abwehrraketen in der Türkei
http://www.focus.de/politik/ausland/gegen-angriff-syriens-die-nato-stationiert-abwehrraketen-in-der-tuerkei_aid_855687.html

(Bewilligung der Kriegskredite…)
SPD spricht sich für Patriot-Lieferung an die Türkei aus
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M550c3e0c6df.0.html

Wirtschaft
Frank Meyer befragt Stefan Risse: "Was passiert nach der US-Wahl?"
http://www.n-tv.de/mediathek/videos/wirtschaft/Was-passiert-nach-der-US-Wahl-article7677366.html

Cornel West
"Obama hat sich als Neoliberaler erwiesen"
http://www.zeit.de/politik/ausland/2012-11/usa-philosoph-cornel-west/seite-3
(S.3)

Obamarama
http://www.heise.de/tp/artikel/37/37933/1.html

Deutlicher Sieg für Obama
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5d64d2602a6.0.html

Wählen nach Farben
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5eb8f01bc22.0.html

(EU-Wirtschaftsdrohung)
Unabhängiges Katalonien kann nicht bei EU bleiben
http://www.kleinezeitung.at/nachrichten/politik/3154083/unabhaengiges-katalonien-kann-nicht-bei-eu-bleiben.story

Katalonien: Ein neuer Staat in Europa
http://diepresse.com/home/wirtschaft/international/1308410/Katalonien_Ein-neuer-Staat-in-Europa?_vl_backlink=/home/index.do

(Linksintellektuelle – stets globalistisch für Erhalt von Großstrukturen…)
Spanische Intellektuelle gegen Unabhängigkeit Kataloniens
http://www.nachrichten.at/nachrichten/weltspiegel/art17,1001286

Selbsttötungen in Spanien
Banken setzen Räumungen aus
http://www.n-tv.de/wirtschaft/Banken-setzen-Raeumungen-aus-article7731151.html

Schweden
Haftstrafe für rassistischen Malmö-Sniper Mangs
http://www.welt.de/vermischtes/article111428974/Haftstrafe-fuer-rassistischen-Malmoe-Sniper-Mangs.html

(Weihnachtsbaum in Brüssel abgeschafft)
Das hat uns noch gefehlt!
http://helmutmueller.wordpress.com/

Am 4 . November begeht Russland den Tag der Volkseinheit. Es ist ein recht junges Fest
http://german.ruvr.ru/2012_11_04/93440902/

Wie Russlands patriotische Kosaken Moskau erobern
http://www.welt.de/politik/ausland/article111565049/Wie-Russlands-patriotische-Kosaken-Moskau-erobern.html

Tschetschenische Hauptstadt Grosny wieder aufgebaut
http://rt.com/news/chechen-republic-grozny-city-181/

Mali
Islamisten verhaften unverschleierte Frauen
Der Druck von al-Qaida auf die Bevölkerung Malis wird immer größer. Die radikalen Islamisten haben in Timbuktu Dutzende Frauen inhaftiert, die in ihren eigenen Häusern unverschleiert waren.
http://www.welt.de/politik/ausland/article111222971/Islamisten-verhaften-unverschleierte-Frauen.html

Die "Simpsons" sind Gotteslästerer
Türkei verteidigt Geldstrafe
http://www.n-tv.de/panorama/Tuerkei-verteidigt-Geldstrafe-article9707626.html

Nordkoreas Gulag
In der Hölle geboren, aus der Hölle geflohen
http://www.welt.de/kultur/literarischewelt/article109335573/In-der-Hoelle-geboren-aus-der-Hoelle-geflohen.html

Tote Generäle in Nordkorea
Wer nicht trauert, wird hingerichtet
http://www.spiegel.de/politik/ausland/nordkorea-top-militaers-wegen-mangelhafter-trauer-hingerichtet-a-863323.html

Reaktion auf Uno-Bericht
Nordkorea sieht sich als Verteidiger der Menschenrechte
http://www.spiegel.de/politik/ausland/nordkorea-lobt-sich-fuer-menschenrechte-a-865075.html

Flugblatt-Streit mit Südkorea
Nordkorea droht mit Angriff ohne Vorwarnung
http://www.spiegel.de/politik/ausland/streit-um-flugblaetter-nordkorea-droht-mit-angriff-ohne-vorwarnung-a-862175.html

Nach Todesschüssen
Nordkoreanischer Soldat flieht in den Süden
http://www.spiegel.de/politik/ausland/nordkoreanischer-soldat-flieht-in-den-sueden-a-859837.html

Kritik gegen „Lakaien“ des chinesischen Systems
Literatur-Nobelpreisträger Mo Yan „sollte sich schämen“
http://www.focus.de/politik/ausland/kritik-gegen-lakaien-des-chinesischen-systems-literatur-nobelpreistraeger-mo-yan-sollte-sich-schaemen_aid_876700.html

Literaturnobelpreisträger Mo Yan wischt "Schmutzwasser" gelassen ab
Nun macht er seinem Ärger Luft: Bei der Nobelvorlesung in Stockholm beschimpfte der chinesische Literaturnobelpreisträger Mo Yan seine Kritiker. "Dreckwasser" und "Steinewerfen" beeindrucke ihn nicht
http://www.stern.de/politik/ausland/literaturnobelpreistraeger-mo-yan-wischt-schmutzwasser-gelassen-ab-1938942.html

INNENPOLITISCHES / GESELLSCHAFT / VERGANGENHEITSPOLITIK

Wie Apple & Co. den Fiskus austricksen Steuertrickser.com
Sie beherrschen das Internet. Sie sammeln weltweit Daten. Sie verdienen Milliarden - und zahlen kaum Steuern. Apple, Google und andere Technologiekonzerne nutzen legale Schlupflöcher, um sich dem Zugriff des Fiskus zu entziehen. Auch Deutschland ist betroffen.
http://www.sueddeutsche.de/wirtschaft/einsparungen-in-der-technologiebranche-wie-apple-co-den-fiskus-austricksen-1.1514685

Deutsche shoppen sich in den Schuldenabgrund
Die Zahl der überschuldeten Deutschen ist auf 6,6 Millionen gestiegen
http://www.welt.de/wirtschaft/article110786542/Deutsche-shoppen-sich-in-den-Schuldenabgrund.html

Griechenland-Hilfe
Deutschland rettet in der Euro-Krise die Hedgefonds
Die Regierung will ihren Bürgern nicht eingestehen, dass die Rettung Athens Steuergeld kostet. Deshalb wählt man komplizierte Konstruktionen – über die sich vor allem Spekulanten freuen.
http://www.welt.de/wirtschaft/article111760826/Deutschland-rettet-in-der-Euro-Krise-die-Hedgefonds.html

Die Vermögenskrise in einer Demokratie - Volker Pispers 10.11.2012 - die Bananenrepublik
http://www.youtube.com/watch?v=cRSDSPczjEE

Piraten für Offenlegung von Politiker-Nebeneinkünften
Wir machen das! Warum macht ihr das nicht auch?
http://www.youtube.com/watch?v=QQsmOGOHkmA&feature=youtu.be

(Kein Spaß für Gläubiger)
Bundesjustizministerin will private Insolvenz vereinfachen
http://www.badische-zeitung.de/wirtschaft-3/bundesjustizministerin-will-private-insolvenz-vereinfachen--63084640.html

Vorwürfe gegen Hypo-Vereinsbank
Gustl und das Schwarzgeld
http://www.sueddeutsche.de/wirtschaft/vorwuerfe-gegen-hypovereinsbank-gustl-und-das-schwarzgeld-1.1522324

Fall Mollath und Hypo-Vereinsbank
Der Mann, der zu viel wusste
http://www.sueddeutsche.de/wirtschaft/fall-mollath-und-hypo-vereinsbank-der-mann-der-zu-viel-wusste-1.1521550

Fall Mollath
Justizministerin Merk in Erklärungsnot
http://www.sueddeutsche.de/bayern/fall-mollath-justizministerin-merk-in-erklaerungsnot-1.1521652

Fall Gustl Mollath
Gefangen in weiß-blauem Filz
http://www.spiegel.de/panorama/justiz/fall-mollath-gefangen-in-weiss-blauem-filz-a-870264.html

Kurstadt erhebt Pferdesteuer
Kommentar: Einfach nur lächerlich
http://www.op-online.de/nachrichten/hessen/kommentar-erhebung-pferdersteuer-2635411.html

Identitäre Bewegung Deutschland
http://www.identitaere-bewegung.info/

Die Identitären
http://dieidentitaeren.tumblr.com/
(Antifa-Autor Bernard Schmid zum ersten…)
Convention identitaire in Südfrankreich: Französische und europäische Neofaschisten versammelten sich in Orange
http://www.labournet.de/internationales/fr/orange.html

(Antifa-Autor Bernard Schmid zum zweiten…)
Nationalistische „Identitäten“
http://www.bnr.de/artikel/hintergrund/nationalistische-identitaeten

(Antifa-Autor Bernard Schmid zum dritten…)
Auf Identitätssuche
http://jungle-world.com/artikel/2012/45/46543.html

Beim Bloc Identitaire in Orange: Strukturen
http://www.sezession.de/34605/beim-bloc-identitaire-in-orange-strukturen.html#more-34605

Beim Bloc Identitaire in Orange: Hintergründe
http://www.sezession.de/34610/beim-bloc-identitaire-in-orange-hintergrunde.html#more-34610

Beim Bloc Identitaire in Orange: Maßnahmen
http://www.sezession.de/34651/beim-bloc-identitaire-in-orange-masnahmen.html

Beim Bloc Identitaire in Orange: Ideen
http://www.sezession.de/34657/beim-bloc-identitaire-in-orange-ideen.html#more-34657

Identitäre Basisarbeit (3): Beschreibung eines aufziehenden Sturms
http://www.sezession.de/34816/identitare-basisarbeit-3-beschreibung-eines-aufziehenden-sturms.html#more-34816

(Anti-Islam-Demonstration in Paris)
Reportage Us sur la marche des français patriotes contre le fascisme islamique
http://www.youtube.com/watch?v=hJ_goXHZlPE

Der Union fehlt der Anstand
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5acd056d535.0.html

CDU will bunter werden
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M59782b94615.0.html

Die scheinheilige CDU
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M52f95a88a3b.0.html

(Telefonanruf-Affäre)
Realsatire vom feinsten
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5eb06e15caf.0.html

Kein Scherz!
Piratenpartei will Zeitreisen erkunden
http://www.op-online.de/nachrichten/politik/piratenpartei-will-zeitreisen-erkunden-2636612.html

Rainer Langhans: "Die Piraten haben von Liebe keine Ahnung"
Auch Alt-Kommunarde Rainer Langhans war beim Piratenparteitag. Im Interview lobt er die Partei als Erben der Hippies – und sagt, was sie anders machen sollte.
http://www.zeit.de/politik/deutschland/2012-11/piraten-parteitag-interview-langhans

„Ich versuche, diese Leute loszuwerden“
Exklusiv: Hubert Aiwanger attackiert die Frankfurter Freien Wähler
http://www.blu-news.org/2012/11/22/ich-versuche-diese-leute-loszuwerden/

Freie Wähler: Keine bürgerliche Alternative
http://www.blu-news.org/2012/11/22/keine-burgerliche-alternative/

Freie Wähler
Wolfgang Hübner droht der Parteiausschluss
http://www.welt.de/regionales/frankfurt/article111868562/Wolfgang-Huebner-droht-der-Parteiausschluss.html

Zum Konflikt bei den FREIEN WÄHLERN
Eine notwendige persönliche Vorbemerkung
http://freie-waehler-frankfurt.de/artikel/index.php?id=437

Wolfgang Hübner: Warum ich nicht widerrufe und nicht einknicke
Eine notwendige Klarstellung aus aktuellem Anlass
http://freie-waehler-frankfurt.de/artikel/index.php?id=440

(Drohender Überwachungsstaat)
Hände hoch, Paßwort her!
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5b8e52d5151.0.html

Polizeigeschichten: Falsche Statistik
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5226d038ff9.0.html

Grüne Spitzenkandidatin Göring-Eckardt: Atlantikbrücke ist so harmlos wie ein Fußballverein!
http://rundertischdgf.wordpress.com/2012/11/27/grune-spitzenkandidatin-goring-eckardt-atlantikbrucke-ist-so-harmlos-wie-ein-fusballverein/

(Neuer Polittalk)
Stefan Raabs kleiner Coup
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M539b924ecc4.0.html

Nichts als Probleme
Warum wir Belgrad bombardieren müssen, wie man »rechte Tendenzen« entlarvt, und warum man bei seinen Legenden bleiben sollte / Der Wochenrückblick mit Hans Heckel
http://www.preussische-allgemeine.de/nachrichten/artikel/nichts-als-probleme.html

Von Subjektivität und Objektivität
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M509764772c9.0.html

Merkel kritisiert großes Maß an Antisemitismus
Als erste Kanzlerin tritt sie bei einer Ratsversammlung des Zentralrats der Juden auf
http://www.welt.de/print/welt_kompakt/print_politik/article111490200/Merkel-kritisiert-grosses-Mass-an-Antisemitismus.html

(Die Kasse klingelt)
"Stolperstein"-Initiator Demnig mit Kästner-Preis ausgezeichnet
Auszeichnung mit 10.000 Euro dotiert
http://www.welt.de/newsticker/news3/article111485212/Stolperstein-Initiator-Demnig-mit-Kaestner-Preis-ausgezeichnet.html

Berlin: Anwohner stimmen über Treitschke-Straße ab
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5e66a8ca61a.0.html

(Toller „Experte“ von der „Geschichtswerkstatt“ ;-) )
Umbenennung der Treitschkestraße
Experte kritisiert Anwohner-Entscheid
http://www.tagesspiegel.de/berlin/umbenennung-der-treitschkestrasse-experte-kritisiert-anwohner-entscheid/7348552.html

Freiburg
Stadt prüft 1300 Straßennamen und diskutiert Umbenennungen
http://www.badische-zeitung.de/freiburg/stadt-prueft-1300-strassennamen-und-diskutiert-umbenennungen--65380319.html

Grüne empört über Rommel-Kasernen
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5f144d2c598.0.html

Frankfurt
Gedenkstätte für NS-Opfer unter der EZB
http://www.welt.de/regionales/frankfurt/article110606893/Gedenkstaette-fuer-NS-Opfer-unter-der-EZB.html

Zerbst 1945: So schön war Weizsäckers "Befreiung"
http://www.youtube.com/watch?v=Ejs4ocXdBHY

Aufruf zur Gedenkfeier am 18.November um 11.00 Uhr vor dem Deutschen Reichstag
http://diefreiheit.org/home/2012/11/aufruf-zur-gedenkfeier-am-18-november-um-11-00-uhr-vor-dem-deutschen-reichstag/

Öttershausen/Stammheim
Das verschwundene Soldatenkreuz
http://mobil.mainpost.de/regional/art769,7093597

(Vorwürfe gegen Vertriebene)
Spruchkammer 2012
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5fe98fc91e3.0.html

Volker Beck wirft Vertriebenen Relativierung vor
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M53e74edcd3d.0.html

(Volker Beck haut gegen die „antisemitische Kackscheiße“ eines „Piraten“ mächtig auf den Putz. Ein weiterer Sturm im Wasserglas)
Twitter-Debatte
Antisemitismus-Eklat: Pirat entschuldigt sich - ein bisschen
http://www.tagesspiegel.de/politik/twitter-debatte-antisemitismus-eklat-pirat-entschuldigt-sich-ein-bisschen/7407422.html

(Zum Hintergrund. Volker Becks „Nebentätigkeiten“)
- Informations- und Dokumentationszentrum für Antirassismusarbeit e.V. (IDA), Düsseldorf, Mitglied des Beirates, ehrenamtlich
- Leo Baeck Foundation, Potsdam, Mitglied des Stiftungsrates, ehrenamtlich
- Stiftung "Erinnerung, Verantwortung und Zukunft", Berlin, Mitglied des Kuratoriums, ehrenamtlich
- Stiftung Denkmal für die ermordeten Juden Europas, Berlin, Mitglied des Kuratoriums, ehrenamtlich
- Stiftung Deutsches Holocaust-Museum, Berlin, Mitglied des Kuratoriums, ehrenamtlich
- The American Jewish Committee, Berlin, Mitglied des Beirates, ehrenamtlich
http://www.abgeordnetenwatch.de/volker_beck-575-37470.html

Manfred Kleine-Hartlage: Rede zum Volkstrauertag 2012
http://korrektheiten.com/2012/11/18/manfred-kleine-hartlage-zum-volkstrauertag-2012/#more-11018

Mit dem Volk verschwindet die Trauer
Nachgedanken zur Volkstrauertag-Feier 2012
http://www.freie-waehler-frankfurt.de/artikel/index.php?id=421

Die politisch korrekte Unfähigkeit zu trauern
Ein Brief, der ohne Antwort blieb
http://www.freie-waehler-frankfurt.de/artikel/index.php?id=426

(Deutsche Schuld vs. Französische Verwöhnungsbereitschaft…)
SPD kritisiert Bundestagspräsident Lammert
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M57ab11f5d2c.0.html

Erinnerungswille statt Erinnerungszwang
Zur Kritik des totalitären Moralismus
http://www.freie-waehler-frankfurt.de/artikel/index.php?id=428

(Zitat: „In den Kontroversen um den deutschen Anteil der Schuld am Ersten Weltkrieg habe Wilhelm deshalb lange keine Rolle gespielt.“ …Da muss jemand etwas entgangen sein.)
Historiker John C.G. Röhl
erhält den Einhard-Preis 2013
Auszeichnung für Biographie Kaiser Wilhelms II.
http://www.einhard-stiftung.de/de/

Röhl
Kein Wunder, dass ein Historiker heutzutage mit derartigen Thesen Preise gewinnt:
http://www.perlentaucher.de/buch/john-c-g-roehl/wilhelm-ii-der-weg-in-den-abgrund-1900-1941.html

Ikea-Zwangsarbeiter: Opferverbände für Entschädigungsfonds
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5259f9b695b.0.html

Hotel entfernt nach Protesten Stasi-Gedenkstein
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M508ab57e97c.0.html

LINKE / KAMPF GEGEN RECHTS / ANTIFASCHISMUS

(Interessant. Ungereimtheiten zur NSU-Affäre)
Ermittlungsakten NSU-Ermittlung begann mit Panne
http://www.schwarzwaelder-bote.de/inhalt.ermittlungsakten-nsu-ermittlung-begann-mit-panne.1e136813-0ddd-436b-9e2c-ebb7dbaa963d.html

Die „NSU“-Morde werden politisch instrumentalisiert!
Ein Zwischenruf aus aktuellem Anlass
http://www.freie-waehler-frankfurt.de/artikel/index.php?id=408

(hier der Beweis für die Instrumentalisierung)
Grüne: Mangelhafte NSU-Aufklärung hält Fachkräfte fern
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5a770c7dc2c.0.html

(Die WELT spricht in einem Artikel über den NSU von "(...) völkisch-rassistischen Wahnvorstellungen vom 'Erhalt der deutschen Nation' (...)")
Heimliche Drahtzieherin
Die Anklageschrift der Bundesanwaltschaft zeichnet ein neues Bild von Beate Zschäpe. Ihr Einfluss in der Neonazi-Zelle NSU war offenbar größer als bislang angenommen
http://www.welt.de/print/die_welt/politik/article111223155/Heimliche-Drahtzieherin.html

Grüne wollen Verfassungsschutz auflösen
Weiter Vorwürfe nach NSU-Pannen
http://www.op-online.de/nachrichten/politik/weiter-vorwuerfe-gegen-sicherheitsbehoerden-nach-nsu-pannen-2593826.html

(NSU-Affäre)
Claudia Schmid
Berlins Verfassungsschutzchefin tritt zurück
http://www.fr-online.de/neonazi-terror/claudia-schmid-berlins-verfassungsschutzchefin-tritt-zurueck,1477338,20866222.html

(auch zu NSU)
Mundlos in der Bundeswehr
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M55b979ea34d.0.html

(Hysterie nächster Akt...)
Nürnberg will "N-SU"-Kennzeichen abschaffen
http://www.welt.de/regionales/muenchen/article110935818/Nuernberg-will-N-SU-Kennzeichen-abschaffen.html

Tausch der NSU-Nummernschilder gestaltet sich aufwendig
http://www.nordbayern.de/region/nuernberg/tausch-der-nsu-nummernschilder-gestaltet-sich-aufwendig-1.2500818

NSU-Ermittler Sebastian Edathy
Anschlag auf SPD-Wahlkreisbüro
http://www.sueddeutsche.de/politik/nsu-ermittler-sebastian-edathy-anschlag-auf-spd-wahlkreisbuero-1.1543716

Extremismus
Kampf gegen Rechts: Friedrich will mehr Kooperation der Behörden
http://www.focus.de/politik/deutschland/extremismus-kampf-gegen-rechts-friedrich-will-mehr-kooperation-der-behoerden_aid_859199.html

(Da müsste er bei sich selbst anfangen…)
Uwe-Karsten Heye: Nur Bildung trocknet "braunen Sumpf" aus
Einstiger Redenschreiber Willy Brandts spricht sich beim Forum "Vorwärts" für aktive Aufklärung aus und nimmt Schulen in die Pflicht
http://www.mt-online.de/lokales/minden/7242103_Uwe-Karsten_Heye_Nur_Bildung_trocknet_braunen_Sumpf_aus.html

(Friedrich-Ebert-Stiftung)
Angst vor Abstieg macht anfällig für Nazi-Parolen
Eine Studie zum Anstieg rechtsextremistischer Tendenzen in Ostdeutschland schockte Politik und Gesellschaft. BKA-Chef Ziercke warnt vor NSU-Nachahmungstätern.
http://www.welt.de/politik/deutschland/article110988538/Angst-vor-Abstieg-macht-anfaellig-fuer-Nazi-Parolen.html

(Zur Studie der Friedrich-Ebert-Stiftung)
Die Nazistudie – Problem für die SPD
http://www.zukunftskinder.org/?p=31747

Deutschland Wir Rechtsradikalen
Eine Studie sieht Rechtsextremismus weit verbreitet. Aber wo soll der sein?
http://www.zeit.de/2012/47/Rechtsradikalismus-Deutschland-Studie-Friedrich-Ebert-Stiftung

(Satire zu Antifa-Denunzianten)
Aufregung um die Hymne
Die Wacht am Main
Das Nordend in Frankfurt ist eine optimal gepolsterte Parzelle des bundesrepublikanischen Gemeinwesens. Einer jedoch vermutet selbst hier Barbarei. Es geht um die drei Strophen des Deutschlandlieds.
http://www.faz.net/aktuell/politik/aufregung-um-die-hymne-die-wacht-am-main-11949042.html

(Tagesspiegel-Antifaschist Frank Jansen in Aktion…)
Live-Chat mit Frank Jansen zum Nachlesen
"Die Neuen Rechten gehören genauso geächtet wie NPD und Neonazis"
http://www.tagesspiegel.de/politik/live-chat-mit-frank-jansen-zum-nachlesen-die-neuen-rechten-gehoeren-genauso-geaechtet-wie-npd-und-neonazis/7344982.html

(Zu Thomas Kuban)
Dort, wo die Bestmenschen wimmern
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5d537f9756f.0.html

(Grüne als Hauptfeind)
„Katrin, Licht meines Lebens, Feuer meiner Lenden“
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5bc35509513.0.html

Streit um Berliner Asylbewerber-Camp spitzt sich zu
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5b86cabc594.0.html

(Berliner Asylbewerber-Camp)
Nichts als Forderungen
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5605fb1c2ed.0.html

(Der jüngste Antifaschist… „Die Öffentlichkeit hat Verständnis dafür“…)
USA
Zehnjähriger erschießt Nazi-Vater
http://www.tagesspiegel.de/weltspiegel/usa-zehnjaehriger-erschiesst-nazi-vater/7339366.html

ZDF Heute Journal diffamiert Islamkritiker
http://www.pi-news.net/2012/11/zdf-heute-journal-diffamiert-islamkritiker/

Pulverfass Deutschland?
Islamisten gegen Rechtsextreme
http://info.zdf.de/ZDF/zdfportal/programdata/08f09dee-c131-3898-beea-3efa0cea90b0/20097342

München
Demonstration für islamisches Zentrum
Breites Bündnis gegen "Pro Deutschland"
http://www.sueddeutsche.de/muenchen/demonstration-fuer-islamisches-zentrum-breites-buendnis-gegen-pro-deutschland-1.1517381

Gewissen von Köln ist im Arsch
http://www.pi-news.net/2012/11/gewissen-von-koln-ist-im-arsch/#more-290417

(Vorgehen gegen Pro Köln)
Stellungnahme der Familie Uckermann
http://www.pi-news.net/2012/11/stellungnahme-der-familie-uckermann/#more-290496

(Zitat: Kabarettist Robert Griess vergreift sich völlig in der Wortwahl: „Nazis zum Abhängen an Windräder hängen. Das ist die Energiewende, die ich mir vorstellen würde. Neben die Nazis hängen wir die Leute vom Verfassungsschutz.(...) Und die Politiker sollten wir gleich daneben hängen, die rechten Terror als Folklore verharmlosen.“)
Trotz Ätz-Kritik
70 000 beim Konzert
Hier kriegt Köln den Arsch huh
http://www.bild.de/regional/koeln/demonstrationen/hier-kriegt-koeln-den-arsch-huh-27127186.bild.html

Extremismusprobleme bei der Bundeszentrale
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M55e0e0b0f62.0.html

(Zur Bundeszentrale für politische Bildung)
Ein Hort der Leere
Von Karlheinz Weißmann
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5f33909e0ef.0.html

„Skandal“ und Skandal bei der Bundeszentrale
http://www.sezession.de/34979/skandal-und-skandal-bei-der-der-bundeszentrale.html#more-34979

(Luther-Preis für „Antifa“-Initiative, die verhindern will, dass „Nazis“ Bier serviert bekommen…)
Kein Lutherpreis für „Pussy Riot“
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5c38a750afd.0.html

(Zum Luther-Preis)
Zivilcourage
Der "German Mut" feiert sich am liebsten selbst
Von Henryk M. Broder
http://www.welt.de/debatte/article111120330/Der-German-Mut-feiert-sich-am-liebsten-selbst.html

Ude und die Scheindemokraten
Münchner Freiheit: Das Münchner Bündnis für Toleranz, Demokratie und Rechtsstaat hat nicht nur fragwürdige Mitstreiter, sondern dürfte auch illegal agieren
http://www.blu-news.org/2012/11/07/ude-und-die-scheindemokraten/

Deutsche Burschenschaft
Ehre, Freiheit, Vaterland
http://www.kontextwochenzeitung.de/newsartikel/2012/11/ehre-freiheit-vaterland/

Eisenach will jährliche Treffen der Deutschen Burschenschaft verhindern
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5844f12bf12.0.html

Mitgliedschaft in Burschenschaft: CDU-Politiker weist Kritik zurück
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M579c4b9a3ba.0.html

(„Kulturzeit“-Hetze gegen Burschenschaften)
Suggestion allüberall
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5baeb1275cf.0.html

Dreieich
Schau im Dreieich-Museum zeigt Weihnachten im Licht der politischen Propaganda
http://www.op-online.de/nachrichten/dreieich/schau-dreieich-museum-weihnachten-politische-propaganda-2609615.html

Ausstellung im Dreieich-Museum dokumentiert den Missbrauch von Weihnachten
Hakenkreuze als Kerzenhalter
http://www.op-online.de/nachrichten/dreieich/hakenkreuze-kerzenhalter-2625188.html

Aufregung um StadtMarketing-Büchlein in Seligenstadt: Grüne entsetzt über „Synagocheplatz“-Gedicht und Zeichnung
http://www.op-online.de/nachrichten/seligenstadt/aufregung-stadtbuechlein-unserer-stadt-nicht-wuerdig-2622080.html

Seligenstadt
Manfred Kreis und Lothar Reinhart verwahren sich gegen Kritik an Synagogenplatz-Kapitel in ihrem Buch
http://www.op-online.de/nachrichten/seligenstadt/serioeses-bild-2627746.html

Grüner Bio-Rassismus
Eine notwendige Aufklärung aus aktuellem Anlass
http://www.freie-waehler-frankfurt.de/artikel/index.php?id=420

Grünen-Spitzenkandidat
Trittins Vater war bei Waffen-SS
http://www.stern.de/politik/deutschland/gruenen-spitzenkandidat-trittins-vater-war-bei-waffen-ss-1926382.html

Abschreckendes Beispiel
So lernte Trittin vom Vater, Nazis zu hassen
http://www.mopo.de/politik---wirtschaft/abschreckendes-beispiel-so-lernte-trittin-vom-vater--nazis-zu-hassen,5066858,20884454.html

Jürgen Trittins Vater war in der Waffen-SS
http://www.pi-news.net/2012/11/jurgen-trittins-vater-war-in-der-waffen-ss/#more-292038

Kampfgruppe Trittin
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5193bbd06b3.0.html

Achilles' Verse: Nur noch 17 Minuten bis Joschka
http://www.spiegel.de/gesundheit/ernaehrung/achilles-verse-joschka-fischers-und-achim-achilles-beim-marathon-a-865515.html

(Vom Ex-K-Gruppen-Anhänger zum Politiker mit Spaß am Luxus...)
Mühlheim: Ex-Bürgermeister Karl-Christian Schelzke im Porträt
Krawatte auf Halbmast
Ein Sozialdemokrat, das natürlich. Als Genosse ein Gewerkschaftsfreund, das auch. Aber Mühlheims ehemaliger Bürgermeister, ein Ex-Kommunist mit Erfahrung an der ideologischen Revoluzzer-Front, der abgeschworen hat?
http://www.op-online.de/nachrichten/muehlheim/ehemaliger-buergermeister-portraet-schelzke-muehlheim-2594709.html

"Frankfurter Rundschau" stellt Insolvenzantrag
http://www.welt.de/wirtschaft/article110986852/Frankfurter-Rundschau-stellt-Insolvenzantrag.html

Frank-Furter Schnauze: Die FR ist selber schuld! Aber Vorsicht: Totgesagte leben länger...
http://www.blu-news.org/2012/11/13/ein-nachruf-und-tschuss/

Die „Frankfurter Rundschau“ stirbt nicht grundlos
Kein Grund zum Jubeln, kein Grund zur Trauer
http://www.freie-waehler-frankfurt.de/artikel/index.php?id=417

Linkspartei fordert Steuerfinanzierung für „Qualitätsjournalismus“
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5dfbd35439d.0.html

Dieter Nuhr über die Linkspartei – JBK
http://www.youtube.com/watch?v=0rtiYxGTB8M

Bezeichnung „rechtsradikal” von Meinungsfreiheit gedeckt
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5a1c805c3c1.0.html

Antirechtes Ordnungsrecht
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5859cece67a.0.html

(Gesinnungsjustiz)
NRW-Innenminister sagt rechtsextremen Straftätern den Kampf an
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M59dfdef9dd3.0.html

Nazi-Jägers Maßnahmen tragen erste Früchte
http://www.pi-news.net/2012/11/nazi-jagers-masnahmen-tragen-erste-fruchte/#more-292756

Baden-Württemberg verstärkt Druck auf „rechte Szene“
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M563115e32c6.0.html

Keine Zivilcourage gegen „rechts“ (II)
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5641b9fe0e4.0.html

(Über Antifa-Autor Danijel Majic)
Identitäre Basisarbeit (1): Berliner Ausspähung, Frankfurter Insolvenz
http://www.sezession.de/34710/identitare-basisarbeit-1-berliner-ausspahung-frankfurter-insolvenz.html

Identitäre Basisarbeit (2): Identitärer Lektüre-Kanon
http://www.sezession.de/34730/identitare-basisarbeit-2-identitarer-lekture-kanon.html

Wikipedia streut weiter linksextreme Hetze
http://www.preussische-allgemeine.de/nachrichten/artikel/wikipedia-streut-weiter-linksextreme-hetze.html

Gezielte Diffamierung?!
Die PAZ bei wikipedia – eine Dokumentation
http://www.preussische-allgemeine.de/nachrichten/artikel/gezielte-diffamierung.html

Österreichische Behörden ermitteln ebenfalls gegen Kreuz.net
http://www.gulli.com/news/20290-oesterreichische-behoerden-ermitteln-ebenfalls-gegen-kreuznet-2012-11-22

Kreuz.net
Hinweise auf Macher des Hassportals
http://www.fr-online.de/politik/kreuz-net-hinweise-auf-macher-des-hassportals,1472596,20948596.html

„kath.net“ wehrt sich gegen „Frankfurter Rundschau“
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M56c0c5faa35.0.html

ZDF-Aspekte über die Süd-Tiroler Band "Frei.Wild"
http://www.zdf.de/ZDFmediathek/#/beitrag/video/1786166/aspekte-vom-30-November-2012

Ehemaliger Erfurter NPD-Chef war V-Mann
http://www.mdr.de/thueringen/npd_thueringen100_page-0_zc-6615e895.html

Verfassungskonform? NPD zieht vor das Bundesverfassungsgericht
http://www.handelsblatt.com/politik/deutschland/verfassungskonform-npd-zieht-vor-das-bundesverfassungsgericht/7384466.html

NPD-Verbot
Trittin warnt vor "besserwisserischem Krähen"
Grünen-Fraktionschef Jürgen Trittin weist die Kritiker des NPD-Verbotsantrags in seiner eigenen Partei zurecht. Er selbst ist "dezidiert" für ein Verbot der rechtsextremistischen Partei.
http://www.welt.de/politik/deutschland/article111886245/Trittin-warnt-vor-besserwisserischem-Kraehen.html

(Eine Pressestimme zum NPD-Verbotsverfahren)
Kommentar: Die Zeit ist reif
http://www.op-online.de/nachrichten/politik/kommentar-npd-verbotsverfahren-2654578.html

Gericht verhängt Berufsverbot gegen NPD-nahen Schornsteinfeger
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M598bc97b81a.0.html

(dazu…)
Kehraus gegen Rechts
von Thorsten Hinz
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5665896eeb5.0.html

(harte Strafe)
Echzell/Gießen Partyraum wie ein KZ: Neonazi zu Haftstrafe verurteilt
http://www.faz.net/aktuell/rhein-main/echzell-giessen-partyraum-wie-ein-kz-neonazi-zu-haftstrafe-verurteilt-11980597.html

Verdächtiger rechtsradikaler Polizist gestoppt
Der Chef der Bundespolizei geht mit aller Härte gegen Rechtradikale in den eigenen Reihen vor. Gegen einen verdächtiger Polizeihauptmeister wurde die GSG9 eingesetzt. Er ergab sich ohne Gegenwehr.
http://www.welt.de/aktuell/article110886804/Verdaechtiger-rechtsradikaler-Polizist-gestoppt.html
(Kommentarfunktion wurde rasch deaktiviert)

(Vorgehen gegen Polizist, der Mitglied in der „Artgemeinschaft“ ist)
Härte und Haß gegen Bürger
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M50c602db868.0.html

Unmut in Berliner Polizei Eine Kameradschaft zu viel
"SEK Berlin – Kameradschaft", unter diesem Namen haben Berliner Elitepolizisten Anfang Oktober einen Verein gegründet. Allerdings ist der Begriff "Kameradschaft" äußerst belastet, wird er doch gerade in der rechtsextremen Szene häufig gebraucht. Nun gibt es erste Kritik auch aus der Polizei.
http://www.tagesspiegel.de/berlin/unmut-in-berliner-polizei-eine-kameradschaft-zu-viel/7406508.html

Links-enttarnt
http://www.links-enttarnt.net/

(Hausbesetzung in Frankfurt)
In Frankfurter boomt weiter der Linksextremismus
Linker Extremismus am Main
http://freie-waehler-frankfurt.de/artikel/index.php?id=435

(Selbst entlarvend)
Hamburger Asta verhöhnt RAF-Opfer
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5af33fb5815.0.html

NRW: CDU wirft Grünen Ignoranz gegenüber linksextremer Gewalt vor
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M57794c0d2de.0.html

Berliner Linksextremisten beschädigen Rettungsauto
http://www.unzensuriert.at/content/0010724-Berliner-Linksextremisten-besch-digen-Rettungsauto

EINWANDERUNG / MULTIKULTURELLE GESELLSCHAFT

(Posener jubiliert)
Gentrifizierung
Der letzte Deutsche in der Berliner Prinzenallee
http://www.welt.de/politik/deutschland/article111773547/Der-letzte-Deutsche-in-der-Berliner-Prinzenallee.html

(Angriff gegen Sarrazin)
Broder: „taz ist und bleibt der kleine Stürmer“
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M58dd72437e3.0.html

(FDP-Politiker will mehr ausländische Beamte)
Die Behörden müssen sich nach Ansicht von Hessens Integrationsminister Jörg-Uwe Hahn stärker für Zuwanderer öffnen. ...
http://www.fr-online.de/rhein-main/hahn--verwaltung-muss-sich-staerker-fuer-zuwanderer-oeffnen,1472796,21047790.html

Vom Wohngebiet zum Ghetto: Untergangsstimmung in Duisburg-Hochfeld
http://www.spiegel.de/video/duisburger-wohngebiet-hochfeld-verelendet-video-1232514.html

Zigeuner werden besonders geschützte Minderheit
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5d24b5c2ab4.0.html

Zuwanderung aus Euro-Krisenländern schnellt nach oben
http://de.reuters.com/article/domesticNews/idDEBEE8AE01Y20121115

(Zigeunerdebatte)
Grünen-Chefin Roth entschuldigt sich bei „Junger Welt“
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5a5e587c491.0.html

Schweizer „Weltwoche“ wirft Roth Heuchelei vor
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M56d27f71e09.0.html

(Abschaffung der Residenzpflicht)
SPD und Linkspartei loben Hessens Innenminister
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M570aecb0fc8.0.html

(Links-alternative Stadtteilbewohner wollen keinen Zuzug von Asylbewerbern)
Asylbewerber in Bremen
Flüchtlinge sollen draußen bleiben
Ein geplantes Asylheim sorgt in Bremens Stadtteil Ostertor für Diskussionen. Flüchtlinge seien willkommen, sagen Anwohner. Woanders sei es aber besser für sie.
http://taz.de/Asylbewerber-in-Bremen/!105908/

Frankfurts Grüne und Linke diffamieren Polizei
Ein ungeklärter Vorfall soll „Rassismus“ belegen
http://www.freie-waehler-frankfurt.de/artikel/index.php?id=413

Exklusiv: Frankfurter Rundschau startet Feldzug gegen „rassistische“ Polizei
http://www.blu-news.org/2012/11/09/das-fr-komplott/

(Antifa demonstriert – Video)
Demonstration gegen Rassismus bei der Polizei in Frankfurt
http://www.op-online.de/nachrichten/frankfurt-rhein-main/video-demo-gegen-rassismus-polizei-frankfurt-2604572.html

EU-Kommission plädiert für Lockerung der Visapflicht
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5579276cf93.0.html

(Die Lüge der SPD)
Schon jetzt fehlen mehrere tausend Ingenieure in deutscher Automobilindustrie
http://bundespresseportal.de/bayern/item/6492-csu-und-fdp-sparen-an-ingenieuren-f%C3%BCr-elektromobilit%C3%A4t-strobl-bayern-verspielt-vorreiterrolle-schon-jetzt-fehlen-mehrere-tausend-ingenieure-in-deutscher-automobilindustrie.html

(Und ihre Enttarnung)
SPD: Automobilindustrie fehlen mehrere tausend Ingenieure (DIE DAUERLÜGE)
http://rundertischdgf.wordpress.com/2012/11/20/spd-automobilindustrie-fehlen-mehrere-tausend-ingenieure-die-dauerluge/

Fachkräftemangel? Eine Lüge wird langsam auch öffentlich enttarnt!
http://rundertischdgf.wordpress.com/2012/11/07/fachkraftemangel-eine-luge-wird-langsam-auch-offentlich-enttarnt/

(Tja, offenbar ist der Fachkräftemangel wirklich eine Lüge. Denn nach dieser Studie seien 44 Prozent der Einwanderer Akademiker. Bloß nimmt man diese Massen an Studierten irgendwie nicht recht im Stadtbild wahr…)
Studie Zahl der einwandernden Akademiker nimmt zu
http://www.zeit.de/wirtschaft/2012-11/zuwanderer-akademiker-studie

Wie der Islam den Westen programmiert (3 Teile)
http://www.freie-waehler-frankfurt.de/artikel/index.php?id=407
http://www.freie-waehler-frankfurt.de/artikel/index.php?id=409
http://www.freie-waehler-frankfurt.de/artikel/index.php?id=412

Die Salafisten sind wieder da
Islamische Hardliner missionieren erneut in Frankfurt und verteilen den Koran – Polizei schreitet ein
http://www.fnp.de/fnp/region/lokales/frankfurt/die-salafisten-sind-wieder-da_rmn01.c.10292825.de.html

Bildbericht: Erfolg in München
Pro Deutschland hat am 10. November in München trotz zahlloser Widerstände erfolgreich gegen radikale Islamisten und die Finanzierung des islamischen Zentrums ZIE-M aus dem Emirat Katar demonstriert.
http://www.pro-deutschland.de/index.php?option=com_content&view=article&id=603:bildserie-erfolg-in-muenchen&catid=20:top-themen

Kein Schweinefleisch
Kieler Kitas verbannen die Currywurst
Kein Schnitzel, keine Currywurst und keine Rippchen: In vielen städtischen Kindertagesstätten in Kiel kommt kein Schweinefleisch mehr auf den Teller.
http://www.shz.de/nachrichten/top-thema/artikel/keine-currywurst-mehr-in-kieler-kitas.html

(Integration mit Kopftuch)
Seligenstadt
Nadja Abdelhalim möchte einen internationalen Frauenverein gründen: Passender Raum gesucht
„Ideen und Fähigkeiten“
http://www.op-online.de/nachrichten/seligenstadt/internationaler-frauenverein-seligenstadt-raum-gesucht-2632975.html

(Kunst mit Burka)
Ausstellung „Burquoi"
Kunstverein Wiesbaden lässt Besucher Burka tragen
http://www.haz.de/Nachrichten/Kultur/Ausstellungen/Kunstverein-Wiesbaden-laesst-Besucher-Burka-tragen

(Zitat: Ihm liege eine Liste mit aktuell 49 überbelegten Häusern im Stadtgebiet vor, die zusammen mit Polizei und Bauaufsicht „abgearbeitet“ werde. „Pro Monat nehmen wir uns eine Liegenschaft vor, mehr ist personell nicht machbar“, sagt Weigand…. Das kann also lange dauern, und bis dahin sind 49 neue Häuser überbelegt)
Überbelegung von Wohnungen
Müllberge sind erstes Indiz
http://www.op-online.de/nachrichten/offenbach/muellberge-sind-erstes-indiz-2633241.html

Türkischer Botschafter für kultursensible Sprache
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5bd0e06aa36.0.html

Mahnmal gegen Gewalt am Alexanderplatz geplant
http://www.tagesspiegel.de/berlin/reaktion-auf-kriminalitaet-mahnmal-gegen-gewalt-am-alexanderplatz-geplant/7365560.html

(....”Deutsche türkischer Herkunft mit griechischer Staatsangehörigkeit”...)
Fall Jonny K
Verdächtige möglicherweise in Griechenland
http://www.tagesspiegel.de/berlin/fall-jonny-k-verdaechtige-moeglicherweise-in-griechenland/7374132.html

Arabische Familienclans bedrohen Berlin
http://www.youtube.com/watch?v=BgqOtTJvtqY&feature=g-all-f

(Auf den Straßen Berlins)
Messerattacke
Streit zwischen Autofahrern endet blutig
http://www.tagesspiegel.de/berlin/polizei-justiz/messerattacke-streit-zwischen-autofahrern-endet-blutig/7365316.html

Frau verstümmelt: Polizei jagt Omid R.
http://www.bz-berlin.de/tatorte/frau-verstuemmelt-polizei-jagt-omid-r-article1579619.html

Katenser Kreisklasse-Krawalle
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M57a78c1d2ac.0.html

Niederlande: Linienrichter stirbt nach Prügelattacke
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5b63f9a691c.0.html

Niederlande: Marokkaner als kriminogene Minderheit
http://www.sezession.de/35165/niederlande-marokkaner-als-kriminogene-minderheit.html

„Bedroht – Beschimpft – Geschlagen! Das Spiel fällt aus!“
http://www.sezession.de/35224/bedroht-beschimpft-geschlagen-das-spiel-fallt-aus.html#more-35224

„20-Cent-Mörder“ erneut vor Gericht
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M50cf164b12d.0.html

Vierfache Bereicherung in Detmold
(mit einem aufschlußreichen Video zu einem Fall in Frankreich)
http://www.pi-news.net/2012/12/vierfache-bereicherung-in-detmold/

Familienstreit: Ehefrau erstochen, Sohn schwer verletzt
http://www.e110.de/index.cfm?event=page.detail&cid=2&fkcid=2&id=61476

Offenbach
86-jährige mit „Zetteltrick“ hereingelegt
http://www.familien-blickpunkt.de/aktuelles/der-zetteltrick.html

KULTUR / UMWELT / ZEITGEIST / SONSTIGES

(Steht aber unter Denkmalschutz)
Braunau: Zur Hölle mit dem Hitler-Haus
http://www.ftd.de/panorama/leute/:braunau-zur-hoelle-mit-dem-hitler-haus/70115615.html

Die neue „Wohnungsnot“ entstammt Politikversagen
Statt Nachverdichtung Stadtreparatur an vielen Stellen
http://www.freie-waehler-frankfurt.de/artikel/index.php?id=427

Hessen-Forst verkauft oder vermietet ungenutzte Gebäude
Forsthäuser ohne Förster
http://www.op-online.de/nachrichten/hessen/forsthaeuser-ohne-foerster-2648111.html

Schachmatt für Deutsch?
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M54b0a2e4956.0.html

(Denglisch bei Opel)
Äddäm made in Germany
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5faaf722063.0.html

Bildungs-Investment und sozialdemokratische Aufklärung (Der Untergang des Abendlandes in Anekdoten, Folge 4)
http://www.sezession.de/34650/bildungs-investment-und-sozialdemokratische-aufklarung-der-untergang-des-abendlandes-in-anekdoten-folge-4.html#more-34650

Richard von Coudenhove-Kalergi
http://de.metapedia.org/wiki/Von_Coudenhove-Kalergi,_Richard

2016 soll das Aus kommen
EU-Pläne: Halogenlampe soll verboten werden
http://www.wochenblatt.de/nachrichten/traunstein/ueberregionales/EU-Verbot-12-Volt-Halogenlampe-Halogenlampe;art5568,104433

Urban Mining
Die Stadt als ewige Rohstoffquelle
http://www.3sat.de/page/?source=/dokumentationen/165406/index.html

Tegtmeier- über Energie- Sparen
http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=uo2QEOlJE7Y

(Auch eine Meinung)
“Internetsucht” ist die Heilung, nicht die Krankheit
http://carta.info/41791/internetsucht-ist-die-heilung-nicht-die-krankheit/?utm_source=feedburner

(Gender-Ideologie)
EU geht gegen traditionelle Kinderbücher vor
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M52967872f80.0.html

Frauen in der „New York Times“
Stinktier auf der Gartenparty
Jill Abramson ist seit gut einem Jahr Chefredakteurin der „New York Times“. Die bekennende Demokratin verwandelt ihre Redaktion nun in eine Feministinnenoase.
http://www.taz.de/Frauen-in-der-New-York-Times/!105801/

Aus Pink wird Rosa
Namensstreit führt zur Umbenennung des „Gaynachtsmarkts“ – Gespaltene Reaktionen auf Konzept
http://www.fnp.de/fnp/region/lokales/frankfurt/aus-pink-wird-rosa_rmn01.c.10339845.de.html

Frankfurts Weihnachtsmarkt wird schwul!
Alles für die Steigerung des Bruttosozialprodukts
http://www.freie-waehler-frankfurt.de/artikel/index.php?id=425

Homo-Szene hetzt gegen konservative Publizisten
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5744802f1a5.0.html

"Zoophilie" wird Thema im Bundestag
Berlin plant Gesetz gegen Sex mit Tieren
Berlin (RPO). Die Bundesregierung will Sex mit Tieren einem Medienbericht zufolge bald wieder verbieten. der Handlungsbedarf ist offenbar akut: Experten berichten, in Deutschland würden Tiere in erheblichem Maße missbraucht.
http://www.rp-online.de/politik/deutschland/berlin-plant-gesetz-gegen-sex-mit-tieren-1.3082332

Schule im Wandel der Zeiten (1973 und 2006) - dargestellt an acht typischen Szenarien:
http://www.urwurz.de/1420.0.html

(Kapitalismus-Kritik)
„So retten wir unseren Planeten"
Interview mit Peter Sutter, Autor des Buches „Zeit für eine andere Welt – Warum der Kapitalismus keine Zukunft hat“
http://theintelligence.de/index.php/gesellschaft/soziales/5045-so-retten-wir-unseren-planeten.html

Reemtsma
Unser klügster Kopf wird 60
http://www.mopo.de/nachrichten/reemtsma-unser-kluegster-kopf-wird-60,5067140,20963966.html
http://www.ndr.de/geschichte/koepfe/reemtsma105.html

Machismo einer Maus mit Launen
Pete Townshend hat seine Erinnerungen geschrieben. Ohne seine Texte hätten The Who nie ihre Arenen gefüllt
http://www.welt.de/print/die_welt/kultur/article110615904/Machismo-einer-Maus-mit-Launen.html

Massenmedien und Prominente:
Die nächste Gatekeeper-Funktion geht verloren
http://netzwertig.com/2012/11/12/massenmedien-und-prominente-die-naechste-gatekeeper-funktion-geht-verloren/

"Im Netz so arbeiten, wie das Netz eben funktioniert"
Michal: Print lässt sich nicht einfach auf das Internet übertragen
Wolfgang Michal im Gespräch mit Britta Bürger
http://www.dradio.de/dkultur/sendungen/thema/1922023/

Leben im Rausch
http://www.classless.org/kontakt/leben-im-rausch/

Netzhass ist gratis
Eine Kolumne von Sascha Lobo
Digitaler Hass ist anders. Der Hassende muss dem Gehassten nicht von Angesicht zu Angesicht begegnen. Das führt zu entfesselten Kommentaren und Tränen vor dem Monitor. Wir brauchen eine digitale Herzensbildung.
http://www.spiegel.de/netzwelt/web/kolumne-von-sascha-lobo-ueber-hass-in-der-digitalen-gesellschaft-a-870799.html

Arbeitszwang in der DDR: Selbst in der Freiheit nicht frei
Menschen sollten diszipliniert werden - Kerstin Barutha schildert ihre Erlebnisse
http://www.freiepresse.de/NACHRICHTEN/SACHSEN/Arbeitszwang-in-der-DDR-Selbst-in-der-Freiheit-nicht-frei-artikel7986864.php

Himmlers Leibarzt
Masseur des Massenmörders
http://einestages.spiegel.de/s/tb/25946/himmlers-leibarzt-felix-kersten.html

1934 - Erich Ludendorff besuchte die Witwe von Gregor Strasser
Die Röhm-Morde aus der Sicht Erich Ludendorffs
http://studiengruppe.blogspot.de/2012/12/1934-ludendorff-besucht-die-witwe.html

Kinodrama "Lore"
Deutsches Mädel, deutsches Monster
http://www.spiegel.de/kultur/kino/lore-cate-shortlands-starkes-nachkriegsdrama-kommt-in-die-kinos-a-862880.html
http://www.lore-derfilm.de/film.php
http://www.mz-web.de/servlet/ContentServer?pagename=ksta/page&atype=ksArtikel&aid=1349164479661

(Zitat: „Die holzschnittartige Zeichnung der Nazi-Piloten indes erinnert an Hollywood-Streifen der 50er Jahre, wenn nicht an billige B-Movies. Die stakkato-artige, gleichsam comichafte Diktion der Hitler-Flieger ist mehr dazu angetan, Klischees zu bedienen, als die Gräuel des Zweiten Weltkriegs tatsächlich abzubilden.“)
Film„Red Tails“: Kriegsfilm über schwarze Flieger
http://www.focus.de/kultur/kino_tv/film-red-tails-kriegsfilm-ueber-schwarze-flieger_aid_860564.html

Rückkehr der Götter
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M53c07b3be03.0.html

vendredi, 21 décembre 2012

3000 SOLDATS AMERICAINS POUR L’AFRIQUE:

3000 SOLDATS AMERICAINS POUR L’AFRIQUE:
Verrouiller le continent, limiter la Chine…

Michel Lhomme
Ex: http://metamag.fr/
 
Le service de presse d’Army Times vient de rapporter que les Etats-Unis s’apprêtent à envoyer plus de 3 000 soldats un peu partout, en Afrique, pour 2013. Pour le Major Général, David R. Hogg, « En ce qui concerne notre mission, c’est un territoire vierge ». Menteur ! Depuis quelques années, de plus en plus de soldats américains stationnent sur le continent africain et même, si le Général Hogg ne le dit pas, le but de la mission américaine est claire : verrouiller au plus vite le continent africain.
 
  
Pour les Américains, il y a urgence face à l’avancée commerciale de la Chine sur tout le continent. En fait, l’armée américaine effectue annuellement à peu près une douzaine d’opérations importantes en Afrique et pour ces opérations, des troupes et du matériel, y compris sophistiqué, sont réellement engagées. Pour les Etats-Unis, avoir un pied, militairement, dans tous les coins du continent, limiterait le risque que leurs intérêts ne soient pas protégés dans des régions où de réelles menaces existent en ce qui concerne l’’accaparement de terres agricoles ou l’exploitation de minerais rares. 
 
 
Le Mali dont on parle beaucoup, a été le site, récemment, d’un exercice militaire US du  nom  de « Atlas Accord 12 » qui a fourni aux militaires maliens une formation dans le domaine aérien. Quelques hauts-gradés maliens ont été formés ou ont suivis des stages à West Point. En fait, Paris a lâché l’Afrique depuis longtemps et les Etats-Unis préfèrent faire le travail eux-mêmes, en tout cas, diriger les opérations, superviser dans le pré-carré français, les armées nationales qui étaient pourtant traditionnellement en relation avec Paris ou avec nos écoles militaires. 

Opérations US en Afrique en 2012
 
Pour illustrer cette ingérence américaine en Afrique, quoi de mieux que de dresser la liste des opérations américaines qui se sont déroulées, au cours de l’année 2012, en différents points du continent africain :
- « Cutlass Express », un exercice naval visant ce qu’on appelle la «piraterie» dans la région du Bassin de Somalie.
- « Africa  Endeavor 2012 », basée au Cameroun, centrée sur la formation et la coordination en communications militaires. Tous les « renseignements » passant maintenant par le réseau américain Echelon. Nous avions d’ailleurs, déjà dit ici, qu’au Sahel, la France est obligée de passer par les services américains pour savoir ce qui s’y passe dans le « détail » !
- « Obangame Express 2012 », exercice naval  pour assurer une présence dans le golfe de Guinée, région au cœur d’opérations pétrolières en Afrique occidentale.
- « Southern Accord 12 », basée au Botswana dont le but était d’établir des relations de travail entre les forces militaires d’Afrique australe et les Etats-Unis.
- « Western Accord 2012 »,  exercice militaire au Sénégal, impliquant tous les types d’opération, des exercices de tirs à la collecte d’informations et au combat de tireurs d’élite.
 
D’autres exercices de même nature aux noms tels que « African Lion », «Flintlock » et « Phoenix Express » ont aussi eu lieu. De plus, des unités de Gardes Nationaux US ont effectué des rotations dans des pays qui incluent entre autres, l’Afrique du sud, le Maroc, la Tunisie, le Nigéria, le Libéria et le Ghana. Des entreprises de sécurité privées américains se sont installées en Mauritanie et dans tout le Sahel.
 
Les communiqués de presse du US Africa Command (AFRICOM) suggèrent que ces opérations sont bénéfiques tant pour les Etats-Unis que pour l’Afrique. Leur message central est que les militaires US et Africains sont des partenaires dans la guerre contre le terrorisme et d’autres formes de soulèvement. Mais ce n’est pas en réalité du partenariat, c’est de la défense classique d’intérêts économiques et stratégiques.
 
25% des besoins américains en  pétrole vers 2015 seront africains

Un rapport du Bureau de Recherche du Congrès sur les plans d’exploitation US a été publié par WikiLeaks. On y lit « en dépit des conflits dans le delta du Niger et d’autres régions productrices de pétrole, le potentiel pour des forages en profondeur dans le golfe de Guinée est élevé et les analystes estiment que l’Afrique pourra fournir près de 25% des besoins américains en pétrole vers 2015. » 
 
 
Le document cite un officiel US du Département de la défense : « …la mission principale des forces US (en Afrique) est d’assurer que les champs pétrolifères du Nigéria …soient sûrs ». Au moins, le propos est-il clair. C’est pourquoi, les Etats-Unis seraient satisfaits que des actions militaires menées par des Africains visent les militants et les groupes mafieux qui sabotent les oléoducs et les opérations des  compagnies pétrolières occidentales en Afrique occidentale. Parallèlement, en raison de l’accroissement de leurs importations de pétrole, les Américains s’opposent vigoureusement  à toute velléité africaine d’exclure par la force les dites compagnies du Delta du Niger même si leurs pipelines qui fuient ont ruiné d’innombrables hectares de terres agricoles et d’eaux poissonneuses et ont provoqué un véritable désastre écologique de toute la région.
 
 
Les intérêts de l’Afrique sont, on le voit bien, en perpétuel conflit avec ceux des Etats-Unis comme avec ceux de la Chine. Les dirigeants africains continuent de leurrer leur peuple en s’attaquant souvent dans la presse africaine à la France ou aux Européens alors qu’ils se couchent honteusement, à tour de rôle, devant les Chinois ou les Américains. 
 
Curieusement, il n’y a pas eu de réaction africaine sérieuse à cette annonce du renforcement de la présence de soldats US sur leur sol. Si l’Europe était une puissance, si la France n’avait pas abandonné honteusement l’Afrique, le vrai partenariat, le seul partenariat possible, le partenariat euro-africain aurait pu préserver le continent africain de la politique des vautours et des chacals. 
 
On a mal à l’Afrique, on pleure l’Afrique américanisée ou chinisée. 

jeudi, 20 décembre 2012

Brzeziński: USA werden Israel nicht wie ein »dummer Esel« hinterhertrotten

Brzeziński: USA werden Israel nicht wie ein »dummer Esel« hinterhertrotten

Redaktion

Der führende amerikanische Geopolitiker Zbigniew Brzezinński hat die Versuche Israels, mit seinem Drängen auf einen Krieg gegen den Iran die amerikanische nationale Sicherheitspolitik massiv zu beeinflussen, scharf zurückgewiesen. Washington werde Tel Aviv nicht blind folgen, sollte sich Israel für ein einseitiges militärisches Vorgehen gegen den Iran entscheiden, erklärte er.

Weiter sagte Brzeziński, er rate Präsident Barack Obama davon ab, ein militärisches Vorgehen gegen den Iran zu unterstützen, wenn Israel einen Krieg begönne. Diese Bemerkungen fielen auf einer Konferenz des National Iranian American Council (NIAC) und der Vereinigung für Rüstungskontrollmaßnahmen (ACA).

Sollte Israel den Iran angreifen, bevor dieser die von den USA gezogenen »roten Linien« überschritten habe, besteht aus Sicht Brzezińskis für die USA keine »unmittelbare Verpflichtung, wie ein dummer Esel den Israelis hinterher zu trotten, was auch immer sie tun«. »Sollten sie einfach aufgrund der Annahme, die USA würden automatisch in diesen Krieg mit hineingezogen, einen Krieg beginnen, ist es meiner Ansicht nach eine Freundschaftspflicht, deutlich zu machen: ›Ihr werdet niemals für uns Entscheidungen treffen, die wichtige nationale Interessen berühren‹«, sagte er weiter. »Meiner Überzeugung nach haben die USA jedes Recht, ihre nationale Sicherheitspolitik selbst zu bestimmen. Dieser Auffassung würden sicherlich die meisten Amerikaner zustimmen. Und daher ist es wichtig, diesen Punkt in aller Deutlichkeit herauszustellen, und dies gilt in besonderem Maße, wenn wir uns ausdrücklich und verbindlich der israelischen Sicherheit verpflichtet fühlen.«

 

dimanche, 02 décembre 2012

Le grand chemin vers Jérusalem : le Hamas trahit l’Iran et la Syrie

Le grand chemin vers Jérusalem : le Hamas trahit l’Iran et la Syrie

par Fida DAKROUB

Ex: http://mediabenews.wordpress.com/

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Lorsque l’émir du Qatar, Hamad, fut arrivé à Gaza, à la tête d’une importante délégation comprenant son épouse, Moza, et son premier ministre, Hamad – celui-ci un cheikh non pas un émir –, il fut accueilli par le chef du gouvernement du Hamas, Ismaïl Haniyeh, qui eut organisé une cérémonie officielle grandiose pour l’occasion. Les deux hommes se tinrent côte à côte pendant que les hymnes nationaux palestinien et qatari furent joués. Certainement, un tapis rouge eut été déployé en son honneur ; et l’émir fut ensuite accueilli par un parterre de responsables du Hamas, dont les ministres du gouvernement de Gaza et un dirigeant en exil du mouvement, Saleh Arouri, venu dans le territoire palestinien pour cette occasion très glorieuse [1].

En plus, monsieur Taher al-Nounou, le porte-parole du chef du gouvernement du Hamas à Gaza, qui eût avalé sa langue en récitant les allégeances à son nouvel émir, déclara que cette visite avait une grande signification politique parce que c’était le premier dirigeant arabe – plutôt « arabique » selon notre nomenclature [2] – à briser le blocus politique [3].

Des fusées d’allégresse furent tirées, évidemment, dans le ciel de la bande de Gaza, assiégée, depuis un millénaire et quelque, par la soldatesque israélienne et la trahison arabe.

Dans les rues, des milliers de drapeaux palestiniens et qataris furent accrochés, ainsi que des photos géantes du cheikh Hamad : « Merci au Qatar qui tient ses promesses » (sic.) ; ou « Bienvenue » pouvait-on lire sur des panneaux le long de la route Salaheddine, qui parcourait le territoire palestinien du nord au sud.

L’émir a accepté d’augmenter l’investissement du Qatar de 254 à 400 millions de dollars, déclara monsieur Haniyeh, lors d’une cérémonie à Khan Younès, en présence de cheikh Hamad, pour poser la première pierre d’un projet de logements destinés à des familles palestiniennes défavorisées, qui porterait aussi le nom de son Allégresse : Hamad ou l’émir du Qatar.

Cette omniprésence de son Allégresse qui précéda l’opération militaire israélienne baptisée « pilier de défense », cette précipitation subite de l’influence qatarie à Gaza, cette extase des chefs du Hamas au point de passage de Rafah, touchés par le Saint-Esprit du despotisme obscurantiste arabique, cette montée de l’émir pendant qu’il descendait, cette apparition pendant qu’il se cachait, ce silence pendant qu’il parlait, ce bruit pendant qu’il se taisait n’étaient pas un privilège de sa nature, comme le proclamaient l’émir et ses adulateurs, ni une hallucination collective, comme l’affirmaient ses détracteurs, non, simplement un faux calcul de la part des chefs du Hamas au lendemain de leur trahison ignoble envers la Syrie et l’Iran.

La trahison du Hamas envers la Syrie et l’Iran

Avant toute chose, ce qui manquait aux médias « résistants » pendant le dernier cycle de violences à Gaza, c’était le courage ! Non celui d’insulter leur « ennemi », ici Israël, mais bien plutôt le courage de décortiquer le soi-disant « allié » quand il se fut transformé en Dalila, et « l’alliance » avec lui en la chevelure convoitée de Samson [4]. C’est ce que les médias libellés « résistants » n’osèrent pas faire en réaction de la trahison du Hamas envers la Syrie et l’Iran.

D’ailleurs, loin des fracas des obus et des missiles tirés des deux côtés, une question très simple s’imposa dès le premier jour des opérations militaires à Gaza, sur laquelle ni les médias arabes « résistants » ni ceux d’Israël n’eurent pas la « générosité » d’y répondre : Quelle mouche piqua le premier ministre israélien, monsieur Netanyahou, pour qu’il donne le feu vert à une opération militaire ? La simplicité d’une telle question, au point de départ, n’exclut pas une certaine difficulté à répondre, au point d’arrivée ; et par « répondre », nous n’attendons pas, évidemment, un tel ou tel brouhaha médiatique qui ne sert ni à présenter les faits objectifs d’une telle opération ni à « répondre » à la question ci-devant. Autrement dit, tout ce que l’on eut dit, tout ce que l’on eut publié, que ça fût par les médias israéliens ou par leurs « ennemis », les médias « résistants », ne constitua, du point de vue de l’analyse de discours, aucune matière analytique des faits objectifs menant à l’opération « pilier de défense » ; et la seule synthèse à tirer des deux discours, israélien et « résistant », c’est que les deux groupes eurent bien maîtrisé, pendant le déroulement des opérations militaires, l’art de la propagande !

En effet, dès le début de la campagne impérialiste contre la Syrie, en mars 2011, le Hamas prit le camp de la soi-disant « révolution syrienne », voire de la guerre impérialiste contre la Syrie ; justifiant le « déplacement du fusil d’une épaule à l’autre », selon une expression libanaise, comme « soumission à la volonté des peuples arabes » en plein printemps des Arabes [5].

Il suffit de faire le parallèle avec la visite du premier ministre du mouvement islamiste palestinien Hamas, Ismaïl Haniyeh, au Caire, le 24 février 2012, lorsqu’il eut salué ce qu’il appela « la quête du peuple syrien pour la liberté et la démocratie [6] » (sic.).

« Je salue le peuple héroïque de Syrie qui aspire à la liberté, la démocratie et la réforme », déclara monsieur Haniyeh devant une foule de partisans réunis dans la mosquée d’Al-Azhar, pour un rassemblement consacré à « soutenir » (sic.) la mosquée Al-Aqsa, à Jérusalem, et le peuple syrien [7].

Il est intéressant de savoir aussi que la première visite officielle du premier ministre Haniyeh, hors du Gaza, fut pour les Frères Musulmans, dans leur quartier général de Moqattam au Caire, où il commenta que le Hamas était « un mouvement jihadiste des Frères musulmans avec un visage palestinien ».

Monsieur Haniyeh parlait devant une foule de partisans des Frères musulmans qui scandaient « Ni Iran ni Hezbollha » ; « Syrie islamique » ; « Dégage, Bachar, dégage espèce de boucher », tandis que sa Sainteté, monsieur Haniyeh, restait de marbre [8].

Ismaïl Haniyeh (à droite), chef du gouvernement du Hamas, avec le président du mouvement des Frères musulmans, Mohammed Badie, au Caire

D’ailleurs, il faut noter que le Hamas n’est pas seulement un mouvement islamiste palestinien, mais il est aussi issu d’une idéologie précise, celle des Frères musulmans, pires ennemis du pouvoir politique en Syrie. Ses trois fondateurs, Ahmed Yassin, Abdel-Aziz al-Rantissi et Mohammed Taha, étaient aussi issus des Frères musulmans ; ce qui explique la raison pour laquelle les chefs du Hamas se sont tournés contre le président syrien Bachar al-Assad, supporteur historique de la cause palestinienne, après qu’ils avaient reçu pendant de nombreuses années le soutien du pouvoir en Syrie face à Israël, pour se tourner brusquement 180°, pour se positionner dans le camp opposé à Damas, pour la trahir en prenant partie du camp de la Turquie, de l’Égypte et des émirats et sultanats arabiques du golfe Persique, pour se mettre en contradiction avec « l’axe-de-résistance », ou l’Arc chiite, selon la nomenclature de la réaction arabique et de l’impérialisme mondial.

Le Hamas sur le chemin d’un accord Oslo 2

Avant toute chose et selon Amos Harel, un analyste du quotidien israélien Haaretz, dès le début de l’opération militaire israélienne à Gaza, ni le Hamas ni Israël n’avaient intérêt à vagabonder dans une confrontation militaire prolongée, ni à s’engager dans une nouvelle « farce » comme celle de la guerre de Gaza en 2008 – 2009. En plus, Harel ajouta que l’évaluation des services de renseignements israéliens, rapportée au bureau du premier ministre Netanyahou, indiquait que le Hamas se considérait hors de la confrontation militaire, et n’avait pas intérêt à s’y mêler. Il précisa aussi que chaque fois que le Hamas devait choisir entre la valeur réelle de la résistance et le pouvoir politique, il choisissait toujours le deuxième [9].

Plusieurs indices nous entrainent à conclure ici que le Hamas se dirige vers un nouvel « Oslo », qui mènerait à une reconnaissance d’Israël.

Premièrement, en abandonnant « l’axe-de-résistance », en trahissant la Syrie et l’Iran, en recevant la bénédiction du Saint-Esprit de la réaction arabique, en se positionnant dans le camp des soi-disant « Arabes modérés », c’est-à-dire au sein de la guerre impérialiste contre la Syrie, le Hamas ouvre, en effet, une porte vers un nouvel « Oslo » qui mènerait à la reconnaissance d’Israël, parrainée, cette fois-ci, par l’émirat du Qatar. La visite « grandiose » de son Allégresse l’émir du Qatar à Gaza confirme cette hypothèse, surtout après que l’émir eut annoncé une aide de 400 millions de dollars US à Gaza [10] et 2 milliards de dollars à l’Égypte [11].

Deuxièmement, le parrainage de l’Égypte du dernier accord de cessez-le-feu entre Gaza et Israël, et sa conclusion subite, visait premièrement à couper le chemin aux autres organisations palestiniennes qui adoptent toujours le choix de la résistance, et qui ne se sont pas encore impliquées dans la Sainte-Alliance contre la Syrie, telles que le Jihad islamique, et le Front populaire pour la libération de la Palestine. À cela s’ajoute que l’intervention de l’Égypte et sa précipitation à déclarer un cessez-le-feu visaient aussi à maintenir l’autorité du Hamas à Gaza face au Jihad et au FPLP. Il faut noter ici que le Hamas ne prit part aux escarmouches qui précédèrent l’assassinat d’al-Jaabari entre Israël, d’un côté, et les organisations palestiniennes, de l’autre côté ; et que les combattants du Hamas ne tirèrent aucune balle contre Israël pendant les accrochages précédents ; leurs chefs ne voulaient pas se laisser entrainer dans une confrontation avec Israël, qui eût pu nuire à leur plan de se mettre sous la cape de l’émir du Qatar, Hamad. Plus tard, le Hamas fut obligé de prendre part des opérations militaires seulement après l’assassinat d’un de ses chefs militaires, al-Jaabari, sinon la « farce » eût été scandaleuse !

Troisièmement, lors de la déclaration au Caire du cessez-le-feu, le chef du Hamas, Khaled Machaal, ne fit la moindre allusion au rôle de la Syrie ni à celui de la République islamique de l’Iran, qui soutenaient, pendant de nombreuses années, la cause palestinienne, surtout le Hamas ; ce qui poussa le secrétaire général du Hezbollah, Hassan Nasrallah, à faire allusion à l’ingratitude et au manque de reconnaissance des chefs du Hamas envers l’Iran et la Syrie [12].

Quatrièmement, la « surprise des surprises » que nous firent les chefs du Hamas, c’était la dernière fatwa [13]prohibant, sous peine d’excommunication, les attaques contre Israël [14] !  Une telle fatwa sert à établir un fondement et une légitimité religieux pour un prochain accord de paix entre Israël et le Hamas, et cela à trois niveaux : celui des relations avec Israël, celui des relations intra-palestiniennes, et celui des relations interarabes.

De la fatwa du Hamas prohibant les opérations militaires contre Israël

Primo, au niveau des relations avec Israël, une telle fatwa faciliterait, dans un futur proche, la déclaration de Gaza comme un territoire « indépendant », non pas d’Israël, mais plutôt indépendant de la Cisjordanie ; là où le chef de l’autorité palestinienne, Mahmoud Abbas, passe à Ramallah le restant de sa vie à lutter, pour ainsi dire, avec Simón Bolívar, contre la vacuité et l’ennui ; à chasser, dans son labyrinthe, les mouches vertes de son désœuvrement pénible [15].  En plus, cette fatwa confirmerait, avant toute chose, la frontière de la « Palestine » et l’officialiserait ! Non pas de la Palestine de 1948, ni celle de 1967, ni même celle de 1992, mais bien plutôt, une sorte de miniature d’une certaine Palestine quelconque et microscopique, qui s’étendrait tout au long de la côte méditerranéenne, du nord jusqu’au sud de la bande de Gaza !

Bravo Hamas ! Madre de Deus, nostro Sennor ! [16]

Secundo, au niveau intra-palestinien, une telle fatwa prohibe toute action militaire contre Israël, ce qui imposerait, par conséquent, le Hamas comme la seule autorité militaire, politique, civile et religieuse à Gaza, qui tiendrait seule la résolution de faire la guerre ou d’établir la paix avec Israël. Pourtant, cette « ascension » du Hamas au rang des dieux, officialiserait et institutionnaliserait non seulement son pouvoir à Gaza, mais aussi la division palestinienne et accélérerait la création de deux « entités » isolées et séparées l’une de l’autre par le territoire israélien : l’émirat du Hamas à Gaza et le comté de l’OLP en Cisjordanie.

Quelle comédie ! Quelle tragédie ! Et l’Éternel fut avec Josué, dont la renommée se répandit dans tout le pays [17].

Tertio, au niveau interarabe, la fatwa constitue une déclaration de la part du Hamas, aussi claire que le ciel bleu de Beyrouth au mois de juillet, indiquant la rupture complète avec le restant des pays arabes encore résistants à la normalisation avec Israël, et confirme aussi que la résistance n’est plus un choix ; et cela au grand dam du discours triomphaliste des fanfarons et des hâbleurs des médias palestiniens et de ceux libellés « résistants », au lendemain de la déclaration de la trêve entre Gaza et Israël.

Ce qui advint de Djeha-Hodja Nasreddin lorsqu’il coupa la branche sur laquelle il était assis

Djeha-Hodja Nasreddin était assis à califourchon sur une grosse branche de cerisier, ses culottes amples et son long burnous blanc enserrant sa taille et ses jambes se balançant d’un côté à l’autre, chaque fois qu’il maniait sa hache.

- Le salut sur toi, Djeha-Hodja Nasreddin Effendi ! Appela une voix en dessous.

- Sur toi le salut,  Khalid Effendi ! Dit Djeha-Hodja Nasreddin assis en équilibre sur la branche. Posant sa hache, il arrangea son turban qui avait glissé sur le côté.

- Tu vas tomber de cet arbre ! l’avertit Khalid, regardes comme tu es assis !

- Tu ferais mieux de regarder où tu marches, rétorqua Djeha-Hodja Nasreddin. Les gens qui regardent les cimes des arbres et les nuages sont sûrs de se cogner les orteils.

Soudain, la branche s’est retrouvée au sol, suivie par la hache, puis par Djeha-Hodja Nasreddin. Il était trop occupé pour remarquer qu’il était assis du mauvais côté de la branche qu’il était en train de couper.

En guise de conclusion, il nous paraît que le sort du Hamas, après la rupture avec la Syrie et l’Iran, et après la précipitation de ses chefs pour se soumettre sous la cape de l’émir du Qatar, ne serait, en aucun point, moins tragique que le sort du mullah Djeha-Hodja Nasreddin lorsqu’il eut coupé la branche sur laquelle il était assis. Coupé de son arrière-front – l’Iran et la Syrie –, la bande de Gaza se trouve désormais victime des humeurs des rois d’Israël.

Fida Dakroub, Ph.D

Site officiel de l’auteur : www.fidadakroub.net

Note

[1] L’Orient-Le Jour. (23 octobre 2012). « L’émir du Qatar, “premier dirigeant arabe à briser le blocus politique” à Gaza ». Récupéré le 15 novembre 2012 de

http://www.lorientlejour.com/category/%C3%80+La+Une/article/784187/Lemir_du_Qatar,_%22premier_dirigeant_arabe_a_briser_le_blocus_politique%22_a_Gaza.html

[2] Nous distinguons dans nos écrits entre l’Arabe et l’Arabique ou l’habitant de la péninsule Arabique qui, vue son substrat culturel, se tient en opposition avec le premier, l’Arabe. Ce dernier eut créé en Syrie, précisément à Damas, et par l’entremise de la civilisation grecque et syriaque, ou chrétienne syrienne, l’une des plus grandes civilisations dans l’histoire humaine, la civilisation arabe.

[3] loc.cit.

[4] Parmi les textes de la Bible ayant inspiré les artistes, on trouve l’épopée de Samson et sa mésaventure avec Dalila. Cette histoire figure au Livre des Juges (13 : 1 – 16 : 22).

[5] L’auteur utilise l’expression ironique « le printemps des Arabes » au lieu du « printemps arabe ».

[6] France 24. (24 février 2012). « Le Hamas officialise son divorce avec le régime de Damas ». Récupéré le 26 novembre 2012 de

http://www.france24.com/fr/20120224-leader-hamas-salue-resistance-peuple-syrien-contestation-ismail-haniyeh

[7] loc.cit.

[8] loc.cit.

[9] Harel, Amos (15 novembre 2012). “Gaza escalation doesn’t necessarily mean Israel is headed for war”. Publié dans Haaretz. Récupéré le 26 novembre 2012 de

http://www.haaretz.com/blogs/east-side-story/gaza-escalation-doesn-t-necessarily-means-israel-is-headed-for-war.premium-1.478169#

[10] Rudoren, Jodi. (23 octobre 2012). “Qatar’s Emir Visits Gaza, Pledging $400 Million to Hamas”. Publié dans le The New York Times. Récupéré le 26 novembre 2012 de http://www.nytimes.com/2012/10/24/world/middleeast/pledging-400-million-qatari-emir-makes-historic-visit-to-gaza-strip.html?_r=1&

[11] Henderson, Simon. (22 octobre 2012). « Qatar’s emir visits Gaza ». Publié dans le Washington Institute. Récupéré le 26 novembre 2012 de

http://www.washingtoninstitute.org/policy-analysis/view/qatars-emir-visits-gaza

[12] Une annonce en public du secrétaire général du Hezbollah, Hassan Nasrallah. Récupéré le 26 novembre 2012 de

http://audio.moqawama.org/details.php?cid=1&linkid=3674

[13] Une fatwa est, dans l’islam, un avis juridique donné par un spécialiste de loi islamique sur une question particulière.

[14] Kamal, Sana. (27 novembre 2012). حماس تُحرّم خرق التهدئة وتسيّر دوريات حدوديّة Publié dans al-Akhbar. Récupéré le 26 novembre 2012 (vue le décalage de l’heure entre le Liban et le Canada) de

http://www.al-akhbar.com/node/172380

[15] Allusion au roman de Gabriel García Márquez «  Le Général dans son labyrinthe ». Il s’agit d’un conte romancé des derniers jours de Simón Bolívar, le libérateur et le leader de la Colombie ; il retrace aussi le voyage final de Bolívar de Bogotá à la côte nord de la Colombie dans sa tentative de quitter l’Amérique du Sud pour un exil en Europe.

[16] Mère de Dieu, notre Seigneur. Le manuscrit des Cantigas de Santa María est un des plus importants recueils de chansons monophoniques de la littérature médiévale en Occident, rédigé pendant le règne du roi de Castille Alphonse X dit El Sabio ou Le Sage (1221-1284).

[17] Le Livre de Josué, 6 : 27.

Docteur en Études françaises (The University of Western Ontario, 2010), Fida Dakroub est écrivain et chercheur en théorie bakhtinienne. Elle est  aussi militante pour la paix et les droits civiques.

samedi, 01 décembre 2012

Erdogan, perdu corps et bien…

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Erdogan, perdu corps et bien…

Ex: http://www.dedefensa.org/

Le Premier ministre turc Erdogan a semblé s’engager d’une façon radicale dans la crise de Gaza et semblé, dans les un et deux premiers jours, devoir y jouer un rôle important. Cette impression s’est rapidement dissipée, pour être remplacée par celle d’une action d’une importance mineure, notamment au regard du rôle dirigeant de la crise qu’a tenu Morsi. Il s’agit bien entendu d’une question de perception, mais l’on comprend évidemment que cette perception joue un rôle fondamental dans cette époque dominée par la puissance du système de la communication. Au demeurant, la perception, éclairée par divers faits, reflète sans aucun doute une vérité de la situation d’Erdogan.

On donne ici, comme exemple de la situation de la perception deux sources ayant rassemblé des appréciations d’experts sur le rôle qu’a tenu Erdogan. On dispose ainsi d’un matériel de communication pour pouvoir mieux apprécier la position générale d’Erdogan, et tenter de l’expliciter. On découvre qu’Erdogan est critiqué dans tous les sens, à la fois pour avoir tenu un rôle effacé, à la fois pour n’avoir pas assez soutenu les Palestiniens et le Hamas d’une façon efficace, à la fois pour être trop anti-israélien…

• D’un côté, il y a une appréciation générale selon laquelle Erdogan s’est trouvé dans cette crise à la remorque de Morsi, tandis que son attitude durant ces quelques jours est perçue plutôt comme de la gesticulation sans beaucoup de substance. Cette appréciation est surtout sensible en Turquie même, selon un article du New York Times dont PressTV.com donne un résumé, ce 22 novembre 2012, article fait surtout de quelques citations d’experts et d’universitaires turcs.

«The analysts stressed that while Turkey became a vocal defender of Palestinians and a critic of the Israeli regime, “it had to take a back seat to Egypt on the stage of high diplomacy.” “Egypt can talk with both Hamas and Israel,” university professor Ersin Kalaycioglu said, adding, “Turkey, therefore, is pretty much left with a position to support what Egypt foresees, but nothing more.”

»The analysts also criticized Turkish Prime Minister Reccep Tayyeb Erdogan for being initially silent on the outbreak of the Israeli attacks on Gaza and being slow to address the offensive publicly. “While most of the region’s leaders rushed to the nearest microphone to condemn Israel, the normally loquacious prime minister was atypically mute,” said Aaron Stein from a research center based in Istanbul. Stein added that while Erdogan was touring a factory that makes tanks, Egypt President Mohamed Morsi had “put his stamp on world reaction by kicking out the Israeli ambassador and dispatching his prime minister to visit Gaza.”»

• Une autre source, le journaliste Tulin Daloglu, dans le quotidien Al Monitor du 20 novembre 2012, restitue, également au travers d’avis d’experts et d’universitaires, la perception de l’attitude et du comportement d’Erdogan vus d’Israël. Il s’agit d’appréciations très extrêmes et très hostiles, qui impliquent son ministre des affaires étrangères Davutoglu perçu comme une sorte de diabolus ex machina d’Erdogan (ce qui est peu aimable pour la force de caractère qu’on attribue de ce fait à Erdogan). L’article rappelle qu’Erdogan s’est signalé, durant la crise, par une rhétorique enflammée, dénonçant le 15 novembre Israël comme “un État terroriste” puis s’attaquant, le 20 novembre, aux USA et au bloc BAO («Leading with the US, all the West talks about a two-state solution. Where is it? They’re working to vacate Palestine in order to surrender it to Israel […] If we’re going to die, we shall do so as men do. This is not justice.»)

«…“Davutoglu may be right to condemn Israel for excessive use of force, but he also needs to call on Hamas to stop firing rockets into Israel. But he does not,” said Gareth Jenkins, a senior fellow at the Institute for Security and Development Policy. “The fact remains that, while Hamas is firing missiles into Israeli territory, Israel is much more likely to respond militarily. And any violence plays into the hands of extremists on both sides.” […]

»“As Erdogan cannot accept shelling against Turkey, we cannot accept shelling against our one million people in the south part of Israel.” Binyamin Fuad Ben Eliezer, former Israeli defense minister, told Al-Monitor on Nov. 15, just as the sirens went on over the Tel-Aviv area… […]

»[Erdogan] cannot give me conditions. He cannot sit in Turkey and tell me what to do,” says Ben-Eliezer. “Erdogan could have taken the position of one of the most important leaders in the area,” Ben Eliezer said. “I’m sorry that he took a very radical position against Israel.” Still, he does not consider — like many other Israelis — that the Turkish prime minister’s unequivocal alliance with Hamas, a militant group that is recognized by the US and European countries as a terrorist organization — goes as deep as challenging Israel’s right to exist.

»However, Ofra Bengio, a professor at Tel Aviv University, is confident that Turkey’s new position is just that. She argues that both sides have gone too far, and while focusing only on Israel’s mistakes may be politically rewarding for Erdogan, it should not hide Turkish foreign policy’s new attitude toward Israel of vengeance and punishment. “If they’re taking Hamas' position, then it’s quite clear that they’re aiming at the legitimacy [of Israel],” she told Al-Monitor. “Especially, take a look at Davutoglu. If you read his essays, for him, Israel does not exist.”

»Ben Eliezer concurs. “If you ask me where the big change was in [Erdogan's] behavior,” he said, the answer is “Davutoglu! It’s his entry as the foreign minister to the erea, and he was the one who no doubt influenced Erdogan totally against Israel. He has made many mistakes because so far, he could not gain anything.” Before then, he said, he had been able to build a close relationship with Erdogan such that they were able to share jokes and laughter together. He does not believe that Erdogan is anti-Semitic or personally anti-Israel…»

On est donc conduit à observer que, les unes dans les autres, ces appréciations donnent une image extrêmement défavorable du Premier ministre turc, cette image semblant désormais devoir être son nouveau “statut de communication” : un homme qui parle beaucoup, qui s’enflamme, qui agit peu, qui est de peu d’influence et auquel on prête de moins en moins d’attention ; un homme au point de vue anti-israélien extrémiste, mais selon l’influence de son ministre des affaires étrangères et non selon son propre jugement, ce qui implique de très graves doutes sur son indépendance d’esprit et son caractère. De quelque côté qu’on se place, et de quelque opinion qu’on soit dans ces diverses appréciations, le sentiment général sur Erdogan est défavorable : un homme à l’humeur incontrôlable, au caractère finalement faible et très influençable, préférant les mots et surtout les éructations à l’action…

Notre propre appréciation est que ce que nous nommons effectivement la “situation de la perception” d’Erdogan est injuste par rapport à ce qu’il a été et ce qu’il a fait jusqu’ici, – injuste, dans le sens où cela ne “lui rend pas justice”. En même temps, elle constitue un fait et, par là même, se justifie par elle-même et rend compte d’une vérité de situation, – justice ou pas, qu’importe. En d’autres mots, nous dirions qu’Erdogan a perdu, en un an et demi, le formidable crédit qu’il avait construit depuis 2009 par sa politique indépendante, quasiment “gaulliste” dans sa conception. Nous pensions, sans tout de même beaucoup d’espoir, qu’il pouvait, qu’il devait effectivement tenter de redresser cette “situation de perception” durant cette crise de Gaza-II (voir le 15 novembre 2012) : «Le même “Israel is saying… ‘F* You’” ne vaut-il pas également pour Erdogan, qu’on attendait en visite à Gaza, où il entendait affirmer la préoccupation turque pour la défense et l’intégrité des pauvres Palestiniens ? Que va faire Erdogan ? Va-t-il ménager une base arrière pour des “combattants de la liberté” volant au secours des Palestiniens ? Va-t-il affréter une “flottille de la liberté”, comme celle du printemps 2010, pour se rendre à Gaza, sous les bombes israéliennes ? Va-t-il menacer d’envahir Israël comme il menace d’attaquer la Syrie ?»

Le constat est clair et sec. Erdogan n’a pas réussi à “redresser cette ‘situation de perception’”, il a même encore perdu de son crédit. Cet homme semble avoir définitivement chuté avec l’affaire syrienne, dans laquelle il s’est engagé follement. L’indignité et l’illégitimité de l’affaire syrienne, dans le sens où il s’est engagé, a profondément modifié sa “situation de la perception”, nous dirions d’une façon quasiment structurelle qui n’est pas loin d’être irrémédiable. (Cela, d’autant qu’en même temps qu’il tentait cette maladroite “réhabilitation” avec Gaza-II, il continuait sa politique syrienne par son pire aspect, avec l’accord de l’OTAN d’envoyer des Patriot à la Turquie, cela qui met en évidence le stupide jeu des menaces [syriennes] inventées, et le non moins stupide alignement-asservissement de la Turquie aux structures les plus perverses du Système, l’OTAN avec les USA derrière et la quincaillerie technologique.) Erdogan a voulu s’inscrire dans le jeu du Système avec la Syrie, abandonnant la référence principielle d’une politique d’indépendance et de souveraineté, – laquelle suppose qu’on respecte chez les autres (chez les Syriens, certes) les mêmes principes (indépendance, souveraineté) auxquels on se réfère pour soi-même. Il a abandonné la puissance de la référence principielle pour la politique moralisatrice et belliciste que le Système inspire au bloc BAO en général. Ce faisant, il a été totalement infecté et subverti par le Système et s’avère manifestement trop faible pour s’en dégager, si encore il parvient à distinguer la nature et la puissance de l’enjeu.

 

vendredi, 30 novembre 2012

Roberto Fiorini: "CRISE OU OFFENSIVE DU CAPITAL ?"

Roberto Fiorini: "CRISE OU OFFENSIVE DU CAPITAL ?"

Méridien Zéro a reçu Roberto Fiorini, secrétaire général de Terre & Peuple, pour développer avec lui sa thèse d'une offensive du Capitalisme sur fond de crise.

crise économique, capitalisme, offensive, dette, monnaie, chômage,

Pour écouter:

http://www.meridien-zero.com/archive/2012/11/09/emission-n-118-crise-ou-offensive-du-capital.html

mercredi, 28 novembre 2012

Zuerst - Dezember 2012

Aktuelle Ausgabe

Aktuelle Ausgabe

Aus dem Inhalt
(Ausgabe Dezember 2012)

http://www.zuerst.de/

Titelgeschichte:
Vertrauen ist gut – Gold ist besser
Intransparenz, Ausflüchte, Beschwichtigungen: Seit langem macht die Deutsche Bundesbank ein Geheimnis um die deutschen Goldreserven im Ausland. Jetzt wächst der Druck, unser Gold zurückzuholen.

„Gold ist Vertrauen“
Warum ist das Gold der Bundesbank ausgerechnet jetzt ein Thema? Der Journalist und Analyst Peter Helmes im ZUERST!-Gespräch

Deutschland:
Prozeß Deluxe
Piraten: In Hamburg standen somalische Freibeuter vor Gericht

Aus vollen Taschen
Steuergeldverschwendung: Der Bund der Steuerzahler deckt wieder haarsträubende Fälle auf

Asyl für alle
In Berlin protestieren angebliche Flüchtlinge gegen die Asylgesetze. Doch hinter ihnen steht eine mächtige inländische Lobby, die sich teils aus Steuergeldern finanziert

Shopping im Reichstag
Während die Medien über Peer Steinbrück herfallen, kauft sich Aserbaidschan die CDU – und keiner merkt es

Die Rentenfalle
Bundesregierung: Schwarzgelb, die „Zusatzrente“ und die große Angst vor dem Wort „Demographie“

Österreich:
Ausverkaufsartikel?
Mit den Reformplänen von Staatssekretär Kurz ist eine neue Debatte um die Staatsbürgerschaft entbrannt

International:
Republik der Mafia
Das Organisierte Verbrechen hat einen eigenen Staat gegründet – und die EU-Länder zahlen und zahlen

Der gehorsame Barack
US-Wahlen: Die Demokratie in den USA ist löchrig wie ein Käse aus Wisconsin

„Fehler der Republikaner“
US-Wahlen: Der konservative US-Jour­nalist und Autor Dr. Thomas Fleming im ZUERST!-Gespräch

„Regelrecht ausgeplündert“
Erfolg und Scheitern: David Irvings Erfahrungen mit deutschen Gerichten

Wirtschaft:
In den Fängen der Bankster
Island und die Erblast der marktradikalen „Geysir-Ökonomie“

„Langfristig gierig“
Wie die US-Bank Goldman Sachs jenseits und diesseits des Atlantiks immer einflußreicher wird

Geschichte:
Der letzte Ritter
Prinzregent Luitpold von Bayern prägte eine Epoche

„Bemerkenswerte Leistung“
Zweiter Weltkrieg: Vor 70 Jahren tobte die Schlacht um Stalingrad. Der österreichische Militärhistoriker Dr. Heinz Magenheimer gehört zu den renommiertesten Stalingrad-Forschern

Lobby für Afrika
Vor 125 Jahren wurde die einflußreiche
Deutsche Kolonialgesellschaft gegründet

Kultur:
„Doppelt bestrafte Generation“
Kreative Protestkultur: Was steckt hinter der „Identitären Bewegung“?

Botschafter des guten Geschmacks
Seit 20 Jahren gibt der deutsche Sänger Max Raabe den guten, alten deutschen Schlager zum besten

Märchenbrüder
Vor 200 Jahren erschien die erste Auflage
der Grimmschen „Kinder- und Haus­märchen“

„Glaube wichtiger als Gehorsam“
Bischof Richard Williamson spricht erstmals ausführlich über seinen Ausschluß aus der traditionalistischen ­Priesterbruderschaft St. Pius X.

Schatz im Silbersee
Edler wilder Westen „made in Germany“: Vor 50 Jahren kamen Winnetou und Old Shatterhand in die Kinos

Dichter und Volkstribun
Vor 150 Jahren verstarb Ludwig Uhland

Gesellschaft:
Frankophiler Umerzieher
Ulrich Wickert feiert seinen 70. Geburtstag – und nervt noch immer als weltbürger­licher Grandseigneur

Männer machen mobil
Der Mann, das unbekannte Wesen: Der „Männerkongreß 2012“ beschäftigt sich mit den Folgen von Trennungen für Männer und Jungs

Der Troubadour
Der deutsche Liedermacher Reinhard Mey wirkt wie ein Sozialarbeiter – aber der Schein trügt

„Leise Revolution“?
Medien entdecken einen neuen Trend:
Ausländer erobern die „Zivilgesellschaft“

Fels in der Brandung
In Syrien machen radikal-sunnitische Banden Jagd auf syrische Christen und schänden Kirchen. ZUERST! besuchte den syrisch-katholischen Priester Elias Zahlawi in Damaskus

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Goldman Sachs festigt seine wirtschaftliche Übernahme Europas

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Goldman Sachs festigt seine wirtschaftliche Übernahme Europas

Paul Joseph Watson

Mit seiner »überraschenden« Ernennung zum neuen Gouverneur der Bank of England festigt der Kanadier Mark Carney, der 2012 am Treffen der Bilderberger teilnahm, den beherrschenden Einfluss der Investmentbank Goldman Sachs auf alle größeren europäischen Volkswirtschaften.

Diese Ernennung war für viele, die davon ausgegangen waren, der derzeitige stellvertretende Gouverneur der britischen Zentralbank, Paul Tucker, würde den Chefposten übernehmen, ein Schock. Aber bereits im April dieses Jahres wurde berichtet, dass man hinter den Kulissen dabei sei, Carney , der noch im November 2011 für weitere drei Jahre zum kanadischen Zentralbankchef ernannt worden war und zugleich Vorsitzender des so genannten Financial Stability Board der G20 ist, für diese Funktion in Position zu bringen.

Carney gehörte früher 13 Jahre zur Führungsriege bei Goldman Sachs und spielte 1998 in der russischen Finanzkrise eine wichtige Rolle. Diese Krise wurde von Goldman Sachs noch dadurch verschärft, dass das Unternehmen Russland einerseits beriet, andererseits aber an Finanzwetten beteiligt war, die darauf setzten, Russland werde seine Schulden nicht bezahlen können.

Mehr: http://info.kopp-verlag.de/hintergruende/deutschland/paul-joseph-watson/goldman-sachs-festigt-seine-wirtschaftliche-uebernahme-europas.html