Ok

En poursuivant votre navigation sur ce site, vous acceptez l'utilisation de cookies. Ces derniers assurent le bon fonctionnement de nos services. En savoir plus.

mercredi, 06 avril 2011

SOS Terre Briarde

S O S TERRE BRIARDE  

ALERTE ECOLOGIQUE MAJEURE     
                                      
Chaque jour on mesure davantage l'étendue de la catastrophe qui s'abat sur
notre pays : La volonté de nous détruire va au-delà de la substitution de population, de la perte de nos
valeurs, de notre identité, de nos racines.
Il faut désormais qu'ils détruisent notre environnement, notre faune et notre flore, notre sol et notre  sous-sol en prétextant la croissance des besoins d'énergie et l'indépendance énergétique 
de notre pays!"
 

image002.jpgEn France, on a des idées et, en plus, on a du schiste bitumineux  
Voici le nouveau slogan qui remplace maintenant celui des années soixante-dix : "En France, on n’a pas de pétrole mais on a des idées !".
Comme aux Etats-Unis et au Canada où la société HALLIBURTON exploite le gaz et l’huile de schiste    par le procédé de fracturation de la roche  à grande profondeur (2000 ・ 3000 mètres). Cette technique a des conséquences effroyables sur l’environnement, la faune et la flore ainsi que sur la santé humaine. Les habitants des régions concernées aux USA et au Canada sont sinistrés et leur vie quotidienne est devenue un enfer. Voir à ce sujet les vidéos sur internet du reportage  "GASLAND" 

Pour ce qui est de la France, plusieurs projets d’exploitation du sous-sol en vue d’en extraire l’huile de schiste en explosant la roche par injection d’eau en quantité énorme additionnée de produits chimiques extrêmement nocifs sont en cours et ont reçu, dans le plus grand secret, les autorisations nécessaires de la part du gouvernement et notamment de l’ex-ministre de l’Ecologie, Jean-Louis Borloo en 2009… 
Les bénéficiaires sont les sociétés américaines TOREADOR (dont le principal dirigeant, Julien Balkany,  est très proche du pouvoir) et HESS et la société canadienne VERMILION. 
Le 16 avril devraient normalement commencer les premiers forages "exploratoires" à proximité de la commune de Doue en Seine & Marne mais ausi en différentes place de la Seine-et-Marne
L'est de l’Aisne, le sud de l'Oise ,l’ouest de la Marne et toute la Seine & Marne sont concernés. La Terre Briarde est menacée d’un désastre écologique et environnemental sans précédent en France:  ,  destruction de la faune et de la flore, dessication des terres agricoles, maladies puis mort des animaux domestiques, de ferme et d’élevage, terrains transformés en paysage lunaire  eau polluèe, impropre à la consommation , pollution extrême des nappes phrèatiques et épuisement de la principale réserve d’eau potable de la région parisienne. « La nappe de Champigny » qui alimente la rivière souterraine 
"la Dhuys"
 Habitants de Seine & Marne et du reste de la Brie, tout ceux et celles qui restent attachés à la terre de leurs ancêtres , mobilisez-vous, renseignez-vous, rassemblez-vous, car il y va de votre santé,  et de  notre patrimoine  
 
Ecoutez celles et ceux qui la dénoncent car vous ne pourrez pas dire que vous ne saviez pas !

n'oubliez pas de signer la pétition

 

 



INFORMATIONS            Association " Terre Briarde"   e-mail : demeter77@hotmail.fr                                        
Merci de faire circuler ce communiqué et de le reproduire si possible pour distribution.

mardi, 05 avril 2011

Das europäisch-indische Freihandelsabkommen

Das europäisch-indische Freihandelsabkommen

Kavaljit Singh

Seit 2007 verhandeln Indien und die Europäische Union (EU) bereits über ein Freihandelsabkommen (FHA), das die Bereiche Handel von Gütern und Dienstleistungen, Investitionen, geistiges Eigentumsrecht und das Beschaffungswesen der öffentlichen Hand umfassen soll – aber die Verhandlungen haben mit zahlreichen Problemen zu kämpfen. Bisher fanden schon zehn Verhandlungsrunden statt. Das Abkommen soll Mitte 2011 unterschriftsreif sein.

Mehr: http://info.kopp-verlag.de/hintergruende/europa/kavaljit-singh/das-europaeisch-indische-freihandelsabkommen-die-liberalisierung-von-dienstleistungsverkehr-und-inv.html

lundi, 04 avril 2011

Dal Kosovo alla Libia: il lato oscuro dell'interventismo "umanitario"

Dal Kosovo alla Libia: il lato oscuro dell’interventismo “umanitario”

di Stefano Vernole

Fonte: eurasia [scheda fonte]

 

balka1.gifGiunto simbolicamente a Belgrado il 23 marzo (giorno antecedente all’anniversario dell’inizio dei bombardamenti sulla Federazione Jugoslava nel 1999), il capo del governo di Mosca, Vladimir Putin, avrebbe dichiarato che tra l’attuale crisi libica e quella kosovara di 12 anni fa esisterebbero diverse differenze.

 

Sicuramente, però, vi sono anche parecchie analogie.

Preparazione mediatica all’aggressione militare: come allora, l’intervento degli aerei della coalizione occidentale è stato preceduto da una lunga campagna dell’opinione pubblica, volta a demonizzare l’avversario. Nel 1999 fu il falso massacro di Racak a fornire il pretesto per l’umiliante ultimatum di Rambouillet, oggi sono state le false fosse comuni di Tripoli (1) e gli inesistenti raid aerei (2) sui manifestanti a permettere di scaldare i motori degli aerei dell’aviazione atlantica. Anche le parole d’ordine della propaganda occidentale sono sempre le stesse: “un dittatore che uccide il suo popolo” (allora Milosevic che vinse tutte le elezioni, oggi Gheddafi che sostituì nel 1969 un regime autocratico introducendo la democrazia diretta), gli “scudi umani” a protezione dei siti da bombardare (in realtà migliaia di volontari pronti a sacrificarsi, a Belgrado a difesa dei ponti sul Danubio, a Tripoli delle città libiche), “gli insorti lottano per la libertà e la democrazia” (in realtà l’UCK era un gruppo ideologicamente marxista-leninista e le tribù ribelli della Cirenaica sventolano le bandiere monarchiche), qualche accenno alla “pulizia etnica” e ai “mercenari” (che nemmeno vale la pena commentare), “Milosevic disposto ad arrendersi dopo 3 giorni di bombardamenti” (furono alla fine 78) e “Gheddafi scappato in Venezuela o in Bielorussia” (forse sarebbe piaciuto a Washington per attaccare Chavez e Lukashenko …), preparazione “culturale” alle rivolte (apertura di un centro statunitense finanziato da Soros a Pristina e discorso di Obama al Cairo).

Sostegno esterno agli insorti e andamento del conflitto: in Kosovo l’UCK venne addestrato, armato e finanziato da BND, SAS, CIA e servizi segreti albanesi, in Libia gli insorti di Bengasi da SAS, CIA, servizi segreti francesi, egiziani e sauditi. In un primo momento l’esercito di liberazione albanese del Kosovo conquistò oltre metà della provincia serba e assunse il controllo di tutte le strade principali, per essere travolto alla prima azione seria intrapresa dalla polizia militare di Belgrado. Lo stesso può dirsi per le tribù della Cirenaica che, dopo un fantomatico successo iniziale, stavano per scappare in Egitto e perdere anche la loro roccaforte. In entrambi i casi, questi gruppi ribelli sono stati utilizzati per creare un clima bellico idoneo per l’intervento esterno, vengono fatti massacrare perché non assumano troppa influenza e verranno poi scaricati quando le potenze occidentali avranno raggiunto i loro obiettivi (nel 1999 la NATO addirittura bombardò la caserma di Koshare, unico successo militare dell’UCK).

Divisione del paese: impossibilitata a vincere davvero il conflitto vista la scarsa attitudine delle sue truppe a condurre un intervento di terra, la NATO si accontentò nel 1999 di occupare soltanto il Kosovo (ricco di minerali e in posizione strategica per la sorveglianza dei corridoi energetici), per poi destabilizzare la Serbia e far cadere Milosevic in un secondo tempo. L’obiettivo principale in Libia è impiantare i soldati dell’Alleanza Atlantica in Cirenaica e nel Fezzan (ricchi di petrolio e in ottima posizione per il controllo dell’Egitto), quali basi iniziali di una futura eliminazione di Gheddafi in Tripolitania (3). La balcanizzazione del mondo continua.

Demonizzazione dell’avversario: agli Stati Uniti, si sa, piace l’impostazione leaderistica della politica e identificano sempre un paese con la sua guida: ieri Milosevic (in realtà un grigio burocrate socialista), oggi Gheddafi (abbastanza attempato, se non altro perché si trova a capo della Libia dal 1969). Questa identificazione totale del potere con un solo uomo, oltre a voler ricordare i paralleli con i grandi avversari storici degli anglosassoni (Mussolini, Hitler, Stalin), permette agli USA di recitare la parte dei “liberatori dall’oppressione” o “dalla dittatura” (sarebbe sufficiente confrontare i parametri economici e sociali della Serbia di Milosevic con l’attuale o della Libia di Gheddafi con il resto del continente africano per capire i “vantaggi” della “liberazione”). In ogni caso le pressioni e l’armamentario ideologico-propagandistico sono identici: sequestro di fantomatici conti all’estero o di improbabili “tesori”, incriminazione al Tribunale dell’Aja (quello che ha ammesso di aver distrutto le prove dei crimini compiuti contro i serbi in Kosovo), pressioni per l’esilio dei “dittatori”. Anche il tranello per attirarli nella trappola è stato pressoché lo stesso: nel 1995 Milosevic fu acclamato a Dayton quale “uomo della pace” (e infatti oggi le clausole approvate per mettere fine alla guerra di Bosnia vengono messe in discussione dalle pressioni atlantiste), Gheddafi dopo le minacce subite da Bush jr. e le riparazioni economiche pagate per l’attentato di Lockerbie (il presunto colpevole è stato rilasciato dagli inglesi per “una grave malattia” nonostante di salute stia benissimo, pur di evitare un processo di appello che avrebbe inchiodato i suoi accusatori britannici a mostrare prove in realtà inesistenti) venne riciclato come alleato nella “guerra al terrorismo”. L’apertura all’Occidente, evidentemente, non paga.

Interessi in gioco: sono abbastanza simili e riguardano il percorso degli oleodotti nel caso kosovaro, i diritti di sfruttamento del petrolio in quello libico (e questi, almeno oggi, sono stati ammessi perfino dalla nostra classe dirigente). Nel caso kosovaro ci furono anche quelli della droga e del traffico di migranti/prostituzione, probabile che anche in Libia avvenga qualcosa del genere. Posizionamento strategico della NATO: base militare USA di Camp Bondsteel in Kosovo (quale porta d’ingresso alle aree strategiche del pianeta, Vicino e Medio Oriente, Caucaso), destabilizzazione dell’influenza russa e turca nel Mediterraneo per la Libia (4), rilancio mediatico del ruolo dell’Alleanza Atlantica quale gendarme globale.

Danni all’Italia e mediazione russa: evidenti all’epoca dell’aggressione alla Serbia (affare Telekom Srbja, investimenti commerciali, inquinamento ambientale del Mar Adriatico, conseguenze dell’utilizzo dell’uranio impoverito sui propri militari, violazione della Costituzione, invasione della droga e della mafia kosovara), addirittura clamorosi con la partecipazione ai bombardamenti sulla Libia (perdita di cospicui contratti petroliferi, accordi energetici, perdita di credibilità internazionale dopo la concessione delle basi militari per un attacco militare e violazione del trattato di amicizia italo-libico, aumento dei migranti e probabilmente del traffico di droga) (5). Nel 1999, la Russia che aveva però posto il veto all’intervento nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU, favorì con Chernomyrdin la fine delle ostilità; è probabile che ora molti, Berlusconi per primo, si augurino una mediazione russa per trovare una via d’uscita vantaggiosa per tutti.

Non sappiamo, infatti, quanto durerà ancora questa coalizione improvvisata di governi che ormai non hanno più nemmeno la decenza di vergognarsi delle proprie bugie, ma, soprattutto, dopo quanto esportato in Kosovo (dove i gestori del potere organizzavano i traffici di organi umani (6)), Iraq (con nefandezze come l’embargo sul latte ai bambini e le torture di Abu Ghraib) e Afghanistan (dove si confondono trafficanti di droga e necrofili) (7), attendiamo “fiduciosi” di scorgere i frutti del loro “intervento umanitario” in Libia.

 

* Stefano Vernole, redattore di “Eurasia”, è autore di “La questione serba e la crisi del Kosovo”, Ed. Noctua, Molfetta, 2008.


Note

 

  1. Paolo Pazzini su “Il Giornale”: “Vengo da Tripoli e vi dico che i giornali raccontano un sacco di menzogne”, 26 febbraio 2011, www.ilgiornale.it
  2. “I militari russi: nessun attacco aereo in Libia”, 2 marzo 2011, http://www.eurasia-rivista.org/8536/i-militari-russi-nessun-attacco-aereo-in-libia
  3. LIBIA:STRATEGA, NO FLY ZONE COME BOSNIA RISCHIA DI FALLIRE PERICOLO E’ STALLO, PAESE DIVISO PREVALGONO IDENTITA’ REGIONALI (ANSA) – ROMA, 21 MAR ”Stanno tentando di far cadere Gheddafi come avvenne con Milosevic negli Anni Novanta” ma ”questa volta potremmo fallire”. E’ quanto afferma Robert Kaplan, stratega militare del Center for New American Security, intervistato da La Stampa. ”In Libia vogliono imporre una no fly zone come la Nato fece nel 1994 sui cieli della Bosnia e anche nel 1999 sul Kosovo – afferma Kaplan – conducendo una campagna aerea di 99 giorni. Ma quelle due operazioni militari non portarono alla caduta di Milosevic, perche’ una no fly zone non e’ in grado di innescare cambiamenti di regime”. In Libia, secondo l’esperto, si sta tentando di indebolire Gheddafi allo stesso modo, ”fino al punto da portare qualcuno del suo campo a prendere l’iniziativa per eliminarlo o allontanarlo dal potere”. Ma la Libia ”non e’ la Serbia”. ”La Libia, in realta’, come stato non esiste – prosegue – perche’ a prevalere sono piuttosto le identita’ regionali in Tripolitania, Cirenaica e Fezzan”. ”Se una no fly zone riesce a salvare Bengasi – afferma Kaplan – e indebolisce Gheddafi in Cirenaica, non significa che cio’ avverra’ anche in Tripolitania”. Il rischio per la coalizione e’ arrivare ad una situazione di stallo: ”la Cirenaica in mano ai ribelli, la Tripolitania a Gheddafi e il Fezzan senza governo”. (ANSA).
  4. http://www.eurasia-rivista.org/8828/libia-che-alternative-aveva-litalia
  5. http://www.eurasia-rivista.org/8778/litalia-ha-gia-perso-la-sua-guerra-di-libia
  6. http://www.eurasia-rivista.org/7839/kosovo-il-rapporto-marty-e-stato-censurato-da-israele

 

 

 

Pauvre Europe !

Pauvre Europe !

 

Ugo GAUDENZI

 

cameron-sarkozy.jpgNous ne pouvons pas vraiment affirmer que la nouvelle alliance entre Londres et Paris a été dûment sanctionnée par les termes de l’Accord franco-britannique de novembre 2010. Quoi qu’il en soit, les faits sont là et attestent d’une alliance en bon état de fonctionnement. Depuis lors, le bonhomme Sarközy a jeté aux orties la politique gaullienne anti-atlantiste et s’est découvert un nouveau rôle : celui d’être le fer de lance d’un nouvel Occident pugnace.

 

D’où l’agression éhontée perpétrée contre la Libye. D’où l’élimination du traditionnel pacte franco-allemand, qui était plus ou moins l’avatar de la politique inaugurée par De Gaulle pour faire advenir une « Europe européenne », autour d’un axe privilégié, dit « axe carolingien » ; celui-ci partait de Paris pour atteindre Berlin et, éventuellement, se projeter vers Moscou.

 

Au lieu d’emprunter la voie de l’indépendance européenne, Sarközy a fait sonner le glas annonçant le décès définitif de tout Etat supranational européen.

 

Sarközy a placé la France dans le sillage de la Grande-Bretagne : les deux puissances fonctionnent désormais comme roue de secours au fameux G2, c’est-à-dire le condominium monétaire et économique USA/Chine, qui impose ses volontés à tous, et disposent de tous, sur une planète occidentalisée.

 

Le binôme franco-britannique a réinventé des « rôles nationaux », c’est-à-dire néocoloniaux visant à apporter la « sécurité » en zone méditerranéenne : dans le Maghreb et au Proche-Orient, en Syrie et au Liban. Comme au bon vieux temps des accords Sykes-Picot. Que voilà en effet un beau passé à ressusciter !

 

Ugo GAUDENZI.

(éditorial du journal « Rinascita », Rome, 29 mars 2011 ; http://rinascita.eu/ ).

Presseschau - April 2011 / 1

lesendeBauer.jpg

Presseschau

April 2011 - 1

Hallo,
einige Links. Bei Interesse anklicken...

###

AUßENPOLITISCHES

Pakistanischer Minister für Minderheiten ermordet
http://www.fnp.de/fnp/nachrichten/politik/pakistanischer-minister-fuer-minderheiten-ermordet_rmn01.c.8720663.de.html

Allah erhalte uns den verrückten Gaddafi
Von Robert Hepp
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M53e309043ec.0.html

Islamische Demokratie?
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5085fe4f2e8.0.html

Nicht nur Libyen brennt: Islamistische Gewalt in Ägypten und Tunesien in beängstigendem Ausmaß
http://www.blauenarzisse.de/index.php/gesichtet/2380-nicht-nur-libyen-brennt-islamistische-gewalt-in-aegypten-und-tunesien-in-beaengstigendem-ausmass

(Cohn-Bendit sitzt beim Rotwein in seiner Frankfurter Luxus-Gründerzeitwohnung und übt sich als Kriegstreiber…)
Cheerleader „humanitärer Interventionen“
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5badad267b7.0.html

Die "Libysche Revolution" und die gigantischen libyschen
Wasserreserven
http://www.politaia.org/wp-content/uploads/2011/03/Die-libysche-Revolution.pdf

Der kleine de Gaulle und der große Rat
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5a88fee82d5.0.html

Bomben im Namen der Humanität
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M57e03c11987.0.html

Gaddafi und Merkel
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5af7ffb89b0.0.html

Katzenjammer der Intellektuellen nach Referendum in Ägypten
http://www.abendblatt.de/politik/ausland/article1826529/Katzenjammer-der-Intellektuellen-nach-Referendum-in-Aegypten.html

Mahnwächter und Kerzenhalter
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M59f30c63b2a.0.html

Die Wiedergeburt der Entente cordiale
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5d2351f17a8.0.html

(Godwin´s Law, mal wieder im Turbotempo)
Nahost-Konflikt
Netanjahu vergleicht Ajatollah Chamenei mit Hitler
http://www.welt.de/politik/ausland/article12948453/Netanjahu-vergleicht-Ajatollah-Chamenei-mit-Hitler.html
Israel bringt Raketenabwehr in Stellung
http://www.dw-world.de/dw/function/0,,83389_cid_14946294,00.html

X-37B
Das geheimste Raumschiff der Welt
http://www.berlinonline.de/berliner-kurier/print/politik/339136.html

(so in etwa dürfte sich das die hiesige „Linke“ vermutlich hierzulande wünschen…)
Wut über Entlassungen
Indische Arbeiter verbrennen Manager
http://www.spiegel.de/wirtschaft/unternehmen/0,1518,749062,00.html

(auf ein Urteil dürften die Täter lange warten können...)
Bummeljustiz
Indien hat die wahrscheinlich langsamsten Richter der Welt
http://www.augsburger-allgemeine.de/panorama/Indien-hat-die-wahrscheinlich-langsamsten-Richter-der-Welt-id14108971.html

(so sieht in etwa die reale Zukunftswelt unserer "Autonomen" aus, die gegen den "Bullenstaat" sind...)
Todesangst im Drogenkrieg
Schöne Polizeichefin (20) aus Mexiko flieht in die USA
http://www.bild.de/BILD/news/2011/03/04/mexiko-polizeichefin/morddrohungen-asyl-usa.html
http://www.fr-online.de/panorama/polizeichefin-auf-der-flucht/-/1472782/7732810/-/index.html

China
Weltwirtschaftliche Umbrüche
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M56475797f99.0.html

Fünfjahresplan
China baut die Kernkraft massiv aus
Während Atommeiler in Japan außer Kontrolle geraten sind, stimmt der Volkskongress in China für ehrgeizige Pläne zum Ausbau der Kernenergie. Kein Land will so viele Atomkraftwerke bauen wie das Reich der Mitte.
http://www.badische-zeitung.de/nachrichten/wirtschaft/china-baut-die-kernkraft-massiv-aus--42666599.html

Serbien
Knöllchen nur auf Kyrillisch
http://www.morgenweb.de/nachrichten/politik/20110310_mmm0000001353843.html

Lettisches Gericht genehmigt Kundgebung von SS-Veteranen
http://www.europeonline-magazine.eu/lettisches-gericht-genehmigt-kundgebung-von-ss-veteranen_116263.html

Slowenien: Zentralbank ehrt Kommunisten auf Zwei-Euro-Münze
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5afbadc52db.0.html

Grenzstreit: Konflikt um preußische Gedenktafel
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M522a4c75854.0.html

Polen protestieren gegen Holocaust-Buch
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5529c4e636a.0.html

Papst Benedikt XVI.Papst besucht Gedenkstätte für NS-Opfer
http://www.focus.de/panorama/vermischtes/papst-benedikt-xvi-papst-besucht-gedenkstaette-fuer-ns-opfer_aid_612733.html

Südafrika Petition gegen Lesbendiskriminierung: „Korrigierende Vergewaltigungen“ stoppen http://www.avaaz.org/de/stop_corrective_rape_6/?cl=990439501&v=8710

"Korrigierende Vergewaltigung"
Lesben wehren sich gegen Schändung
http://www.n-tv.de/mediathek/sendungen/auslandsreport/Lesben-wehren-sich-gegen-Schaendung-article858811.html

Portugal-Krise! Wie viel muss Deutschland zahlen?
http://www.bild.de/politik/2011/portugal-krise/sparpaket-abgelehnt-ruecktritt-17049176.bild.html

INNENPOLITISCHES / GESELLSCHAFT / VERGANGENHEITSPOLITIK

(gute Zustandsdokumentation…)
Kommunalwahl
Resigniert oder ahnungslos
http://www.fr-online.de/frankfurt/resigniert-oder-ahnungslos/-/1472798/8282260/-/index.html

Atomkraftwerk Isar II: Wie SPD und Grüne am AKW verdienen
Beide surfen auf der Anti-Atom-Welle. Die Grünen mit vollem Erfolg, die SPD halb obenauf. Beide verschweigen: Seit zig Jahren profitiert die rot-grüne Stadt München von einer 25-Prozent-Beteiligung am Atomkraftwerk Isar II.
http://www.stern.de/politik/deutschland/atomkraftwerk-isar-ii-wie-spd-und-gruene-am-akw-verdienen-1606196.html

Das passive Bürgertum
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5408f4cd7d1.0.html

Wertung aller Umwertungen
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M584515fca3f.0.html

Protest in der Wohlstandsgesellschaft: Unwetter in Sicht
http://www.blauenarzisse.de/index.php/anstoss/2347-protest-in-der-wohlstandsgesellschaft-unwetter-in-sicht

Schüsse auf US-Soldaten
Das Doppelleben des Attentäters Arid U.
http://www.welt.de/politik/deutschland/article12685755/Das-Doppelleben-des-Attentaeters-Arid-U.html

CDU wertet Linkspartei gezielt auf
Ein „Streitgespräch“ mit Hintergrund
http://www.freie-waehler-frankfurt.de/artikel/index.php?id=51

Studie zum Wählerverhalten
Grüne machen Union und FDP Konkurrenz
http://www.rp-online.de/politik/deutschland/Gruene-machen-Union-und-FDP-Konkurrenz_aid_979499.html

Erste nach Holocaust ordinierte Rabbinerin eingeführt
http://www.bild.de/regional/bremen/bremen-regional/rabbinerin-alina-treiger-wird-ins-amt-eingefuehrt-17109074.bto.html

Israel und Unesco fördern Holocaust-Bildung
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5b63fcc2b2b.0.html

(sie brauchen mal wieder die alte Leier…)
"Mein Kampf"-Verfilmung
Als Hitler noch Klein-Adolf war
http://www.spiegel.de/kultur/kino/0,1518,748675,00.html

Theater goes Kino
Sein Krampf
http://www.tagesspiegel.de/kultur/kino/sein-krampf/3904290.html

Lettow-Vorbeck-Allee: Gericht weist Klage gegen Umbenennung ab
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5637e14535c.0.html

Frankfurt
EZB-Neubau
Einigung bei Gedenkstätte
http://www.fr-online.de/frankfurt/einigung-bei-gedenkstaette/-/1472798/8072820/-/index.html

Hamburg
Kriegsdenkmal: Ideologie aus Muschelkalk
http://www.abendblatt.de/kultur-live/article1817275/Kriegsdenkmal-Ideologie-aus-Muschelkalk.html

Historiker kritisiert ARD für Äußerung zur Vertreibung
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5b964880644.0.html

Unbekannte schänden Münchner Soldatenfriedhof
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5c189169501.0.html

The Soviet Story und das baltische Ärgernis
http://www.sezession.de/23801/the-soviet-story-und-das-baltische-argernis.html#more-23801

Buchmesse 2011, die Erste
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5d6621dd81a.0.html

Agentur Karl Höffkes
http://www.karlhoeffkes.de/wp/

(ziemlich schräg im Stil…)
Demonstration für die Freilassung Horst Mahlers
http://www.4shared.com/video/GlCdy8b-/Horst_Mahler_Freiheit.html

LINKE / KAMPF GEGEN RECHTS / ANTIFASCHISMUS

(The old game: Antifa outet, Frankfurter Rundschau verbreitet, Arbeitgeber knickt ein…)
Neonazis
Die zwei Gesichter des jungen G.
Ein Auszubildender der Kreisverwaltung Offenbach ist angeblich rechtsextrem. Neue "Kameradschaften" machen im Rhein-Main-Gebiet derzeit von sich reden.
http://www.fr-online.de/frankfurt/die-zwei-gesichter-des-jungen-g-/-/1472798/8252262/-/index.html
(nach zwei Tagen ist er bereits gefeuert…)

Wer hat uns verraten? – Teil II
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M51c2068acb4.0.html

Verdacht und Mimikry (2)
http://www.sezession.de/23496/verdacht-und-mimikry-2.html

Linken-Politiker wegen Beleidigung verurteilt: Sarrazin kein „Arsch“, dafür aber „Fascho“?
http://www.blauenarzisse.de/index.php/aktuelles/2362-linken-politiker-wegen-beleidigung-verurteilt-sarrazin-kein-arsch-dafuer-aber-fascho

SPD-Politiker zeigt Seehofer wegen Volksverhetzung an
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5b2c4e32242.0.html

(Auch so ein Vollirrer. Man sieht: Zuviel Linksliberalismus und Vergangenheitsbewältigung haben für das Hirn die selbe Wirkung wir Jahre langer Drogenmissbrauch…)
Ich werfe Kieselsteine in den Strom…
Privater Blog von Ulrich Kasparick, Berlin
Wehret den Anfängen! Weshalb ich Horst Seehofer angezeigt habe….
http://ulrichkasparick.wordpress.com/2011/03/10/wehret-den-anfangen-weshalb-ich-horst-seehofer-angezeigt-habe/

Cottbusser Polizeichef unter Stasi-Verdacht
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M51d8f0ae6c3.0.html

SPD kritisiert neuen Stasi-Beauftragten
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M570b9007ef8.0.html

«Respekt! Kein Platz für Rassismus»
IG Metall will stärker gegen Rassismus vorgehen
Günter Wallraff und Andy Möller unterstützen Initiative in den Betrieben
http://www.nh24.de/index.php/vermischtes/22-allgemein/42478-ig-metall-will-staerker-gegen-rassismus-vorgehen

„Hilfe, die Touris kommen!“
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5f14de76765.0.html

„Google den mal“
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M558840d20f4.0.html

(Schöner Inside-Bericht… Soviel zum Reflexionsvermögen der Linken…)
Rechts = Links? Die Folgen einer fatalen Gleichsetzung und: woher kommt der Extremismusbegriff?
http://www.blauenarzisse.de/index.php/anstoss/2365-rechts-links-die-folgen-einer-fatalen-gleichsetzung-und-woher-kommt-der-extremismusbegriff

Linken-Kandidaten gehören linksextremen Organisationen an
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5322844f4c9.0.html

(eine wahrlich ganz seltsame Geschichte. Vielleicht wurde ja das Hirn gleich mit ausgewechselt?...)
Parteiübertritt nach Geschlechtsumwandlung
Linke Frau, rechter Mann
http://www.sueddeutsche.de/politik/parteiuebertritt-nach-geschlechtsumwandlung-linke-frau-rechter-mann-1.1070422

Film
Deutschland vor der RAF: «Wer wenn nicht wir»
http://www.fnp.de/nnp/nachrichten/kultur/deutschland-vor-der-raf-wer-wenn-nicht-wir_rmn01.c.8739776.de.html

War die RAF eine Frauen-Befreiungsfront?
http://www.werwennnichtwir-film.de/?p=382

"Mich interessieren die verborgenen Treibsätze"
Heute kommt Andres Veiels "Wer wenn nicht wir" in die Kinos und erzählt die Vorgeschichte der RAF. Sie fällt anders aus als erwartet
http://www.welt.de/print/die_welt/kultur/article12756108/Mich-interessieren-die-verborgenen-Treibsaetze.html

RAF-Terrorist enttarnt Bundesanwalt Buback als NSDAP-Mitglied
http://nachrichten.rp-online.de/politik/raf-terrorist-enttarnt-bundesanwalt-buback-als-nsdap-mitglied-1.577899

Grüne Paradoxien
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5f174accf11.0.html

Grüner Supermarkt
Joschka Fischer als Öko-Berater
http://www.journal-frankfurt.de/?src=journal_news_einzel&id=9949

Joschka Fischer kommentiert sein Leben in einem Kinofilm
http://www.sn-online.de/Nachrichten/Kultur/Uebersicht/Joschka-Fischer-kommentiert-sein-Leben-in-einem-Kinofilm

Gericht verurteilt Angeklagten zu Geldstrafe
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M550d056e301.0.html

Linksverdrehte Gegendemo in Frankfurt
http://www.pi-news.net/2011/03/linksverdrehte-gegendemo-in-frankfurt/

(Ihre Worte verraten ihre wahren politischen Positionen…)
Bayern: SPD-Politikerin wirft Verfassungsschutz „politische Stimmungsmache“ vor
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5be8b213100.0.html

Jagd des Andrea-Röpke-Clans erfolglos: „Erste Worte“ auf Buchmesse mit Leipziger Literaturverlag vorgestellt / Rilke-Preis an Berressem
http://www.blauenarzisse.de/index.php/aktuelles/2397-jagd-des-andrea-roepke-clans-erfolglos-erste-worte-auf-buchmesse-gemeinsam-mit-leipziger-literaturverlag-vorgestellt-rilke-preis-an-berressem

Der undeutsche Rilke und das trojanische Pferd
http://www.sezession.de/23630/der-undeutsche-rilke-und-das-trojanische-pferd.html

"Dich kennen wa, Dich wählen wa"
"Deutschlands frechster Arbeitsloser" Henrico Frank drängt in die Politik
Bei den Wiesbadener Kommunalwahlen tritt er am 27. März für den Ortsbeirat an
http://www.welt.de/print/welt_kompakt/frankfurt/article12902368/Dich-kennen-wa-Dich-waehlen-wa.html
http://www.bild.de/BILD/regional/frankfurt/dpa/2011/03/20/der-einst-frechste-arbeitslose-geht-in-die.html

Deutschlands frechster Arbeitsloser Henrico Frank geht in die Politik!
http://www.bild.de/politik/inland/henrico-frank/wechsel-in-die-politik-geglueckt-17125190.bild.html

Kritik an Hamburger Innensenator wegen Äußerungen zur „Roten Flora“
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M58c551c7b52.0.html

Linksextremisten schicken Patrone an Innenminister
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M59080c24081.0.html

HH: Hotel sagt Veranstaltung mit NPD-Anwältin ab
http://de.indymedia.org/2011/03/303242.shtml

EINWANDERUNG / MULTIKULTURELLE GESELLSCHAFT

McAllister dankt türkischen Einwanderern
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5119aae52ea.0.html

Grüne und SPD fordern Aufnahme von Einwanderern aus Nordafrika
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M57d0ae3358e.0.html

Grüne fordern Abschiebestopp für Zigeuner in den Kosovo
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M52991d9dbf4.0.html

Kulturverein Rom e.V. - Roma-Lobby in Deutschland
http://www.romev.de/

Warum Bilz-Preis für den Rom e.V.?
Aus der Rede von Fritz Bilz
http://www.nrhz.de/flyer/beitrag.php?id=1132

HNA-Interview mit Henryk M. Broder zur Islam-Debatte: „Das ist ein absoluter Nullsatz“
http://www.hna.de/nachrichten/politik/politik-lokal/henryk-broder-das-absoluter-nullsatz-1155405.html

Grüne und Islamverbände kritisieren neuen Innenminister
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M55b6c53eb8f.0.html

Union stützt Friedrich nach Breitseite gegen Islam
http://www.welt.de/politik/deutschland/article12702140/Union-stuetzt-Friedrich-nach-Breitseite-gegen-Islam.html

Streit bei Islamkonferenz: Friedrich im Dschihad
http://www.stern.de/politik/deutschland/streit-bei-islamkonferenz-friedrich-im-dschihad-1669321.html

Menschenrechtsbeauftragter besorgt über Islamkonferenz
http://blog.zeit.de/joerglau/2011/03/31/menschenrechtsbeauftragter-besorgt-uber-islamkonferenz_4772

Friedrich: Probleme „nicht politisch korrekt ausblenden“
http://www.focus.de/politik/deutschland/gesellschaft-innenminister-friedrich-weist-kritik-zurueck_aid_613783.html

(naiv)
Rede von Erdogan
Störende Gräben
http://www.op-online.de/nachrichten/politik/stoerende-graeben-1142415.html

(Mozart-Oper in türkisch… Es soll der Integration dienen; inwiefern wird nicht erläutert)
Türkisch in der Oper, Tafeln mit Barenboim
http://www.fnp.de/fnp/region/lokales/tuerkisch-in-der-oper-tafeln-mit-barenboim_rmn01.c.8719869.de.html
Türkische Entführung
http://www.welt.de/print/welt_kompakt/vermischtes/article12667775/Tuerkische-Entfuehrung.html
(lapidare Presse-Meldungen)

(Auch der Film „Almanya“ wird wohl der „Integration“ dienen sollen…)
Text von Britta Schmeis, dpa. Vielfach in der Regionalpresse gedruckt
http://www.stern.de/kultur/film/almanya-willkommen-in-deutschland-witzige-und-warmherzige-familiengeschichte-1662069.html

(Gesinnungsethiker Wulff möchte die Lage in Nordafrika vollends eskalieren lassen…)
Wulff kritisiert zögerliches Vorgehen der EU gegen Libyen
Bundespräsident Christian Wulff hat das zögerliche Vorgehen der EU gegen die libysche Führung kritisiert.
http://www.stern.de/news2/aktuell/wulff-kritisiert-zoegerliches-vorgehen-der-eu-gegen-libyen-1658404.html

Polenz: Kirchen sollen für den Islam werben
Der CDU-Politiker Ruprecht Polenz hat die deutschen Kirchen dazu aufgefordert, der Bevölkerung ein besseres Bild vom Islam zu vermitteln.
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5776298db50.0.html

(mit solchen Späßchen vertreibt sich eine bestimmte Klientel Jugendlicher die Freizeit. Manchmal natürlich auch noch mit Gewalt garniert…)
Penner in Frankfurt am Main Aufmucken
http://www.youtube.com/watch?v=iXqnZfx-4S0

SPD-Intergrationsbeauftragte: Brüder gehören Islamisten-Szene an
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5fedf572d96.0.html

„Obama von Altona“ tief gefallen: Ex-Bürgerschaftsabgeordneter Bülent Ciftlik verhaftet
http://www.blauenarzisse.de/index.php/aktuelles/2388-obama-von-altona-tief-gefallen-ex-buergerschaftsabgeordneter-buelent-ciftlik-verhaftet

Konstanz
Brutaler Überfall auf SPD-Politikerin
http://www.suedkurier.de/region/kreis-konstanz/konstanz/landtagswahl-konstanz./Brutaler-Ueberfall-auf-SPD-Politikerin%3Bart372448,4779057

(hier wird mal wieder die Nationalität verschwiegen. Nur von „jungen Männern“ ist die Rede)
Nach Attacke iPhone geklaut
http://www.familien-blickpunkt.de/aktuelles/nach-attacke-iphone-geklaut.html

Drei Männer in Hanau schlugen Prostituierte und zwangen sie zum Sex / Geständnis vor Gericht
Brutale Vergewaltiger
http://www.op-online.de/nachrichten/hanau/brutale-vergewaltiger-prozess-gestaendnis-1157414.html

Türkischer Fußballer zu Haftstrafe verurteilt
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5ff20ee825e.0.html

Libanesen verletzen Polizisten
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5b6ab2ba547.0.html

(wenn in einem dpa-Artikel ungewöhnlicherweise die Herkunft der Täter betont wird, dann nur, um die „deutsche“ Herkunft zu betonen. Wie „deutsch“ diese dann in Wirklichkeit ist, könnte ja mal recherchiert werden…)
Obdachlosen erschlagen: Drei Jugendliche unter Mordverdacht
Vermutlich aus Langeweile haben drei Jugendliche im Wiesbadener Kurpark auf einen Obdachlosen eingeschlagen. Die Polizei sucht nach Indizien.
http://www.abendblatt.de/vermischtes/article1823164/Obdachlosen-erschlagen-Drei-Jugendliche-unter-Mordverdacht.html

Busfahrer attackiert - Offenbach
http://www.presseportal.de/polizeipresse/pm/43561/2010501/polizeipraesidium_suedosthessen_offenbach

Berlin
Türken und Araber prügeln jungen Mann bewusstlos
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5abddd60f53.0.html

Ausländerkriminalität: Drei „Südländer“ überfallen Rentnerin in ihrem Haus
http://www.blauenarzisse.de/index.php/aktuelles/2402-auslaenderkriminalitaet-drei-suedlaender-ueberfallen-rentnerin-in-ihrem-haus

Brutaler Überfall im U-Bahnhof Kurfürstendamm
http://www.morgenpost.de/printarchiv/titelseite/article1589170/Brutaler-Ueberfall-im-U-Bahnhof-Kurfuerstendamm.html

Fehlgeburt nach Tritten in den Unterleib
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5ee755aa130.0.html

KULTUR / UMWELT / ZEITGEIST / SONSTIGES

Städtebau
Die Sehnsucht der Deutschen nach der alten Zeit
http://www.welt.de/reise/staedtereisen/article12904672/Die-Sehnsucht-der-Deutschen-nach-der-alten-Zeit.html

Stadt Hannover lehnt Brückenhäuschen ab
Die Rekonstruktion des historischen Originals am Hohen Ufer in Hannover ist unerwünscht: Die Verwaltung hat eine entsprechende Bauvoranfrage abgelehnt – vor allem mit Verweis auf den Denkmalschutz.
http://www.haz.de/Hannover/Aus-der-Stadt/Uebersicht/Stadt-Hannover-lehnt-Brueckenhaeuschen-ab

Finanz-Krise um Schloss Herrenhausen
Dezernentin verwechselt brutto mit netto!
http://www.bild.de/regional/hannover/hannover/finanz-krise-um-schloss-herrenhausen-16887782.bild.html

Herrenhausen liegt voll im Plan
Schloss wird wieder aufgebaut
http://www.n-tv.de/reise/Schloss-wird-wieder-aufgebaut-article2672896.html

(Infantiler Größenwahn)
Der “Sky Tree” in Japan: Tokio hat jetzt den höchsten Fernsehturm der Welt
http://www.reisenews-online.de/2011/03/03/der-sky-tree-in-japan-tokio-hat-jetzt-den-hoechsten-fernsehturm-der-welt/

Verbindungshäuser
Wo Studenten billig wohnen und Vollwichs tragen
http://www.welt.de/wirtschaft/karriere/article13020213/Wo-Studenten-billig-wohnen-und-Vollwichs-tragen.html

Samenbomben
http://www.kuenstlerohnenamen.de/samenbomben/index2.html

Jeder kann Guerilla Gärtner werden! So leicht geht’s:
http://www.guerillagaertner.com/tipps/

Zum geistigen Eigentum
Fremdzündung
http://www.sueddeutsche.de/kultur/zum-geistigen-eigentum-fremdzuendung-1.23420

„Tatort“
Kein Klischee zu kitschig
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M506b966eac8.0.html

FamilieTrendforscher: Medienkonsum prägt Arbeitswelt
http://www.n-tv.de/ticker/Beruf/Trendforscher-Medienkonsum-praegt-Arbeitswelt-article2957181.html

Sport: Fußball
DFB will DDR-Fußball aufarbeiten
http://www.rheinpfalz.de/cgi-bin/cms2/cms.pl?cmd=showMsg&tpl=rhpMsg_thickbox.html&path=/rhp/sport/fuba&id=sid71d25bf7ea6d3791629013b94b0509ae.171

USA
Star-Staatsanwalt beim Koks-Shopping erwischt
http://www.bild.de/BILD/unterhaltung/leute/2011/03/22/paris-hilton-bruno-mars/star-staatsanwalt-david-charles-schubert-drogen-kauf-koks-shopping-erwischt.html

(Das Tierreich ist voll von unterschiedlichen sexuellen und Partnerschaftsmodellen…)
Ausstellung in London
Animalische Triebe
http://www.sueddeutsche.de/wissen/ausstellung-in-london-animalische-triebe-1.1072701
(danach auf Seite 2 weiterklicken…)

Biologieunterricht mal anders
Ausstellung "Sexual Nature" in London eröffnet
http://www.shz.de/nachrichten/deutschland-welt/leute/artikeldetail/article/2158/ausstellung-sexual-nature-in-london-eroeffnet.html

Anthropologie
Unser träges Erbgut
Viele menschliche Genvarianten sind erheblich älter als vermutet
http://www.spektrumverlag.de/artikel/1064538

Rituale
Was unser Leben zusammenhält
http://www.spektrumverlag.de/artikel/1058310

Chris Dercon
„Das Künstlerprekariat sitzt in der Falle“
http://www.monopol-magazin.de/artikel/20101584/-chris-dercon-kuenstlerprekariat.html

SOTTOFASCIASEMPLICE _ COME MAI _ (ascoltare, tutto vero!!!)
http://www.youtube.com/watch?v=JfKJ2feC0PA&feature=player_embedded#at=216

Das tragische Scheitern des "Postkommunismus" in Osteuropa

Das tragische Scheitern des »Postkommunismus« in Osteuropa

Dr. Rossen Vassilev

Im vergangenen Jahr stürzte sich kurz vor Heiligabend ein Ingenieur des öffentlich-rechtlichen Fernsehens aus Protest gegen die umstrittene Wirtschaftspolitik von einer Balustrade im rumänischen Parlament, als der Ministerpräsident des Landes dort gerade eine Rede hielt. Der Mann überlebte den Selbstmordversuch und soll vor seinem Sprung gerufen haben: »Sie nehmen unseren Kindern das Brot aus dem Mund! Sie haben uns um unsere Zukunft gebracht!« Der Demonstrant, der in ein Krankenhaus gebracht wurde, trug ein T-Shirt mit der Aufschrift »Sie haben uns um unsere Zukunft gebracht« und wurde später als der 41-jährige Adrian Sobaru identifiziert. Seiner Familie war vor Kurzem im Rahmen der letzten Haushaltskürzungen die staatliche Hilfe für seinen autistischen Sohn im Teenageralter gestrichen worden…

Mehr: http://info.kopp-verlag.de/hintergruende/geostrategie/dr-...

Un texte prophétique de 1925

Un texte prophétique de 1925

 

ROMIER.jpg« Pour son idéal comme pour son bien-être, c’est donc en soi que l’Europe doit chercher le salut.

 

Voudra-t-elle se sauver ? Une telle volonté exigerait de sa part de grands redressements. Car l’Europe glisse  aujourd’hui avec complaisance sur la pente d’un général abandon.

 

Elle y glisse, entrainée par la double loi de l’égoïsme individuel et du moindre effort. Elle y glisse, croyant poursuivre un idéal nouveau qu’elle appelle « démocratique ». En réalité, elle vit de ses restes, aussi incapable d’adopter les dures lois de la morale païenne et naturelle que de revenir à la morale chrétienne. Rien de plus frappant que son égale impuissance à pratiquer la solidarité ou la fraternité entre les hommes et à y substituer une véritable lutte des classes. L’Européen est aujourd’hui trop détaché de la charité chrétienne pour faire du bien à son semblable, mais il n’a pas atteint ce degré de logique naturelle qui commande la suppression de l’individu dangereux ou des bouches inutiles. Par quoi il laisse périr le faible ou le juste, il supporte le méchant et il entretient le paresseux. L’ancienne Europe avait fait un compromis de  la morale de l’amour et de la morale du glaive. L’Europe actuelle a perdu l’amour et n’ose se servir du glaive.

 

Or les peuples nouveaux auxquels nous avons fourni les moyens techniques de  devenir forts et, partant, de propager ou d’imposer leurs façons de vivre, n’ont jamais connu, eux, la morale de l’amour telle que nous l’avons connue. Ils n’ont donc pas les timidités que nous avons gardées. Ils ne connaissent, sous  des inspirations diverses, que la morale de la force ou du glaive. Quelle leçon nous donne, à cet égard, le mépris des Russes, mi-Européens mi-Asiatiques, pour la Démocratie ! Chez eux, la Révolution ne fut pas une revanche d’individus, mais une revanche de classes. Ailleurs, par exemple au Japon, les techniques  modernes servent une féodalité. Les seigneurs de l’Atlas marocain  voyagent en automobile, mais assistés d’esclaves… Quelque estime que nous portions aux Américains, nous devons bien constater qu’ils lynchent les noirs.

 

Voilà qui procurerait à l’Europe d’étranges surprises si, demain ou après-demain, la vie de ses habitants dépendait du gré d’un autre continent ».

 

Lucien ROMIER.

(extrait du livre : Explication de notre temps, Grasset, Les Cahiers Verts (sous la direction de Daniel Halévy), n°48, Paris, 1925).

 

00:05 Publié dans Histoire, Philosophie | Lien permanent | Commentaires (0) | Tags : philosophie, histoire, idée européenne, europe, france | |  del.icio.us | | Digg! Digg |  Facebook

dimanche, 03 avril 2011

Le camp nationaliste en pleine confusion

Le camp nationaliste en pleine confusion

Ex: http://tpprovence.wordpress.com/ 

 

entonnoir.jpgLa confusion est actuellement grande dans le camp nationaliste en Europe. Il y a ceux qui, disons-le franchement, par antisémitisme ou par fascination femelle pour la puissance, se jettent dans les bras de l’islam. Il y a ceux qui, par haine de l’islam, se couchent devant Israël. Aucune de ces deux attitudes n’est digne d’un combattant nationaliste français et européen.

CEUX QUI SE COUCHENT DEVANT L’ISLAM

Nous avons déjà évoqué le cas du Père Lelong (dans le dernier numéro de Rivarol), qui tient des propos hallucinants de complaisance vis-à-vis du message du Coran. Les lignes qui suivent, concernant les collabos de l’islam s’inspirent largement de l’excellent texte de Pierre Vial, “Islamophiles”, paru dans la nouvelle livraison de sa revue Terre et Peuple (Terre et Peuple, BP 46, 69380 Lozanne, 7euros).

Que dit-il? «Une certaine extrême droite (qui, en général, n’aime pas qu’on l’appelle ainsi… on a ses pudeurs…) a les yeux de Chimène pour l’islam et ses adeptes.[…] Alain Soral, s’exprime ainsi au sujet des Afro-musulmans de la seconde (ou troisième) génération, désignés souvent dans la presse comme “Franco-Africains”: “C’est une chance pour eux d’être nés en France. Il faut que ces jeunes deviennent ces chances pour la France”». Propos qui rejoignent ceux que Jean-Marie Le Pen tenait à la tribune de l’Assemblée nationale, en 1958: «Il ne faut pas dire que l’Algérie a besoin de la France. Il faut dire que la France a besoin de l’Algérie. Nous avons besoin d’une jeunesse vigoureuse… etc.». Et Pierre Vial de relever cependant que certains réussissent le grand écart: leur sympathie à l’égard du monde musulman va de pair avec leur participation au FN mariniste, dont le fonds de commerce est l’hostilité à l’islam (attention, pas aux musulmans, qui peuvent devenir de bons Français s’ils adoptent «les valeurs de la République»…). Une figure de proue de l’intellectualisme, celui qui fut le pape de la Nouvelle Droite, Alain de Benoist (qui fréquente allègrement l’ambassade d’Iran), a marqué clairement son choix en ouvrant les colonnes de la revue Eléments (n°138, janvier 2011) à Franco Cardini.

Cardini déclare son «admiration pour la civilisation musulmane» et son «amour pour l’islam». Il se dit aujourd’hui «catholique traditionaliste» et affirme mépriser «la petite bourgeoisie italienne, conservatrice et philo fasciste». Après avoir porté la chemise noire lorsqu’il était membre du MSI, au temps où dans chaque permanence du MSI présidait un grand portrait du Duce, il a choisi, aujourd’hui, de s’intégrer dans le camp du politiquement correct, ce qui est certainement plus confortable. C’est, évidemment, son droit. A chacun ses goûts.

Mais ce qui est gênant, précise Pierre Vial, c’est qu’il se couvre d’un manteau académique pour justifier son islamophilie. Et, là, le bât blesse. Car, comme il l’écrit excellemment, celui qui nous est présenté dans Eléments comme «un des plus grands médiévistes contemporains»(sic) profère quelques énormités dont rougirait un étudiant en Histoire de première année. En utilisant au passage des termes déshonorants (pour leur auteur) pour s’attaquer, sans le citer (mais Alain de Benoist répare en note cet “oubli”), à Sylvain Gouguenheim, auteur d’Aristote au Mont Saint-Michel, qui a le tort, impardonnable aux yeux de Cardini, de rendre ridicule ce dernier qui déclare: «Sans la culture musulmane, la grande époque de la culture scolastique, des universités et des cathédrales serait impensable». Bref, sans l’islam l’Europe serait barbare… On pourrait se contenter de hausser les épaules. Mais on ne peut en rester là devant le caractère misérable des attaques de Cardini contre Gouguenheim «que, déclare Cardini, l’on a l’évidence convaincu de s’asseoir sur son honnêteté intellectuelle». Ce Gouguenheim qui ose ne pas partager l’admiration inconditionnelle de Cardini pour l’islam est, en conséquence, un malhonnête, un tricheur et un vendu.

Mais Pierre Vial nous propose de nous intéresser aux propos du «grand médiéviste» Cardini, histoire de rire un peu.

Nous allons prendre, dans l’ordre où elles apparaissent dans le cadre de son entretien publié par Eléments, quelques unes de ses assertions les plus fantaisistes.

Alain de Benoist lui rappelle sa définition des croisades: «Elles ont été selon toi un “pèlerinage armé” visant à soumettre la Terre sainte à l’autorité d’un certain nombre d’Etats chrétiens».

La réponse de Pierre Vial: «Pèlerinage armé»? Oui, mais pas seulement, comme l’écrit Jean Flori dans son plus récent ouvrage (La croix, la tiare et l’épée, Payot, 2010): «La croisade n’est pas seulement une guerre de reconquête entreprise contre les envahisseurs musulmans. C’est une guerre sainte». Par ailleurs il n’a jamais été question de «soumettre la Terre sainte» à l’autorité d’un certain nombre d’Etats chrétiens. Faut-il rappeler qu’aucun chef d’Etat européen ne participait à la première croisade? Quand certains souverains prirent la croix pour les croisades suivantes, ce n’était évidemment pas pour soumettre la Terre Sainte à leur autorité (ce que ni les autres souverains européens, ni la papauté… et ni le roi de Jérusalem n’auraient accepté!).

Qui sont les croisés? Des «guerriers voués à combattre comme mercenaires au service de l’empereur de Byzance» dit Cardini.

Pierre Vial réplique: c’est faux. Le canon2 du concile de Clermont (où le pape UrbainII a lancé son appel à la croisade) est sans ambiguïté: «Quiconque, mû par sa seule piété— et non pour gagner honneur ou argent— sera parti à Jérusalem pour libérer l’Eglise de Dieu, que ce voyage lui soit compté pour toute pénitence»; Il s’agit donc, écrit Jean Flori (op.cit.), «de libérer les chrétiens (l’Eglise de Dieu) de la domination musulmane.»

On sait quelle place tient Saladin, encore aujourd’hui, dans l’imaginaire musulman, en tant que conquérant champion de l’islam. Pour nous convaincre des bons rapports qui pouvaient exister au Moyen Age entre Européens et musulmans, Cardini déclare: «Dans la tradition du XIe-XIIesiècle, Saladin est devenu[…] le paradigme idéal de la magnanimité chevaleresque».

Pierre Vial exécute le pompeux personnage qu’est Cardini: tout d’abord, faire référence au XIesiècle pour parler de la réputation de Saladin soulève une légère difficulté, puisque celui-ci est né en 1137 et mort en 1193. Notre «grand médiéviste» semble quelque peu brouillé avec la chronologie, ce qui est toujours gênant pour quelqu’un qui veut être historien… Et la «magnanimité chevaleresque» de Saladin s’est peu manifestée à l’issue de la bataille de Hattin, désastreuse défaite de l’armée chrétienne en 1187, à l’issue de laquelle Saladin a fait égorger devant lui tous les Templiers survivants (sauf le maître Gérard deRidefort, renégat pour sauver sa peau).

Cardini fait appel, pour illustrer la compréhension entre islam et chrétienté au Moyen Age, au travail de traduction du Coran commandité par l’abbé de Cluny Pierre le Vénérable.

Réponse: il oublie— ou veut oublier… ou ne connaît pas— des textes de Pierre, comme le Contra Sectam Saracinorum et le De translatione Alcorani, où l’abbé désigne l’islam comme «cette erreur, supérieure à toutes les erreurs» et «cette secte impie et la vie exécrable de son fondateur».

Cardini: «Il n’existe aucune guerre, ni pour les chrétiens, ni pour les musulmans, dont les combattants sont sanctifiés pour la seule raison qu’ils y prennent part».

Réponse: appel à la croisade du pape UrbainII à Clermont (1095): «Tous ceux qui iront là-bas et qui viendraient à perdre la vie, que ce soit au cours de leur voyage par voie de terre ou de mer, ou bien en combattant les païens, obtiendront à cette heure la rémission de leurs péchés[…] Ils vont maintenant gagner des récompenses éternelles». Traité De laude novae militiae de Bernard deClairvaux, sur la mission du Templier: «La mort des païens fait sa gloire, parce qu’elle est la gloire du Christ; sa mort est triomphante».

Cardini: «La bataille de Poitiers fut une modeste escarmouche».

Affirmation absurde: «Qu’on le veuille ou non la victoire de Poitiers eut un grand retentissement dans tout l’Occident» (Pierre Riché, Les Carolingiens, Hachette, 1983). Riché, ancien professeur d’histoire médiévale à l’université de ParisX et directeur du Centre de recherches sur l’Antiquité tardive et le Haut Moyen Age, cite le témoignage d’un chrétien de Cordoue qui voit dans la bataille de Poitiers l’affrontement entre les Sarrasins et «les gens d’Europe». Riché commente: «Il a pris conscience de l’opposition qui existe entre deux mondes et deux civilisations».

Pour faire bonne mesure, Cardini passe du Moyen Age à aujourd’hui: «Les immigrés sont une ressource pour une Europe en pleine crise démographique». Pour ceux qui n’auraient pas compris dans quel camp, lui et Benoist se rangent…

En conclusion de son article, Pierre Vial signale un ouvrage récent qui est la meilleure réponse aux élucubrations d’un Cardini: Jacques Heers, L’islam cet inconnu, Ed. de Paris, 2011. Dans ce livre Heers, qui fut professeur à la Sorbonne, où il dirigeait le département d’études médiévales, règle son compte à l’image complaisamment véhiculée aujourd’hui par des islamophiles du type Cardini, à savoir celle d’un islam qui, avec sa “tolérance”, aurait apporté un «âge d’or» qui est, en fait un pur fantasme destiné à faire tomber les défenses immunitaires des Européens.

Il y a 65 ans, le grand Mufti de Jérusalem, haute autorité morale de l’islam, se rendait à Berlin faire allégeance à Adolf Hitler et encourageait la constitution des divisions de Waffen-ϟϟ musulmanes, bosniaques notamment. Les divisions Handschar et Skankerberg furent créées. La division Handschar faillit d’ailleurs d’être dissoute par Himmler, tant elle se signalait par la cruauté de ses comportements. Quand j’évoquais la fascination pour la puissance, qui entraîne avec perversité toutes les trahisons, tous les reniements, toutes les soumissions… Autres temps, même mœurs…

CEUX QUI SE COUCHENT DEVANT ISRAËL

Dans un récent article paru dans Rivarol, nous avions évoqué le pèlerinage de mouvements nationalistes européens en Israël. Des Flamands du Vlaams Belang, des Autrichiens du Fpoe, des Allemands… Ils y rencontrèrent les plus extrémistes des extrémistes sionistes, visitèrent des colonies et se rendirent à Vad Yashem. Leur objectif était d’acquérir, enfin, dans leurs pays respectifs, une respectabilité qui leur ouvrirait la porte des médias et qui leur offrirait le sésame de l’intégration au Système. Devenir des partis de gouvernement! Le rêve ! Il est assez fascinant d’analyser leur raisonnement. Ouvrir la porte des media? Est-ce à dire que les médias européens sont entre les mains des lobbys juifs? Est-ce à dire que c’est en Israël que se décide qui peut être un parti de gouvernement en Europe, et qui ne saurait l’être? Nous l’ignorions… Marine LePen cherche, elle aussi à se rendre en Israël. Elle aussi… Le Bloc Identitaire s’était déjà signalé, lors d’une réunion à Orange, par des propos particulièrement indignes, déclarant notamment qu’«ils rompaient avec l’antisémitisme du Front national»… Passons…

Le 7 mai, une grande manifestation contre l’islamisation de l’Europe aura lieu à Cologne, en Allemagne, en présence de représentants de nombreux mouvements nationalistes européens. J’ai déjà eu l’occasion d’évoquer ici l’action que mènent des agents israéliens, conscients ou inconscients, auprès des mouvements nationalistes en Europe. Certains tenteraient, d’après mes informations, de faire participer à cette manifestation une délégation israélienne, au nom d’une sorte de front commun “occidental” contre l’islamisation. Il va sans dire qu’il est absolument hors de question pour moi, et pour nombre de mes camarades européens, de défiler sous le drapeau israélien, avec une délégation israélienne… Notre combat pour la délivrance de la France et de l’Europe est ici, en France et en Europe. Il n’est ni en Afghanistan, ni en Iran, ni en Irak, et pas davantage en Palestine ou en Israël.

Robert Spieler, Rivarol, 25 mars 2011, n°2992.

 

Die Wiedergeburt der Entente Cordiale

Die Wiedergeburt der Entente cordiale

Michael WIESBERG

Ex: http://www.jungefreiheit.com/

entente_cordiale.jpgDie Scham- und Bedenkenträger sind wieder unter uns: Diesmal ist es die Scham darüber, daß Deutschland in Libyen nicht für die Rechte der „Menschen in Libyen“ mitbombt. An der Spitze dieser medial hofierten Klageweiber steht mit Klaus Naumann, dem Ex-Chef des NATO-Militärausschusses, bezeichnenderweise ein ehemaliger Bundeswehrgeneral, der derzeit jedem, der ein Mikrophon vor ihm aufbaut, erklärt, er schäme sich für Haltung seines Landes, das seine „Freiheit und seinen Wohlstand auch der Bereitschaft seiner Verbündeten verdankt, für die Deutschen einzutreten“.

Womöglich bedauert es Naumann, nicht mehr Vorsitzender des NATO-Miltärausschusses zu sein; in seine Amtszeit fiel nämlich der sogenannte Kosovokrieg, in dem die „westliche Wertegemeinschaft“ unsterblichen Ruhm auf ihre Fahnen heftete, als sie das Balkan-Monster Slobodan Milošević mittels Hightech-Kampfjets wie weiland Siegfried den Drachen in die Knie zwang. Naumann indes steht beileibe nicht allein. Die FAZ sieht sogar, horribile dictu, einen neuen „deutschen Sonderweg“, von dem wir alle nur zu genau wissen, wo er endet.

Die Menschlichkeit will es

Alle diese Kritiker müssen sich fragen lassen, wie es um ihr Urteilsvermögen bestellt ist. Mehr und mehr zeichnet sich nämlich ab, daß die neue Entente cordiale, bestehend aus Frankreich sowie Großbritannien und vor allem den USA, Ziele verfolgt, die ausschließlich in der Rationalität ihrer geostrategischen Interessen liegen. An der Spitze der Kreuzzügler im Namen von Freiheit und Menschenrechte (Die Menschlichkeit will es!) steht diesmal allerdings kein US-Präsident, sondern der französische Staatspräsident Sarkozy, der mit Blick auf die Luftschläge in Libyen erklärte: „Jeder Herrscher muß verstehen, und vor allem jeder arabische Herrscher muß verstehen, daß die Reaktion der internationalen Gemeinschaft und Europas von nun an jedes Mal die gleiche sein wird.“

Das ist die Ankündigung einer beliebigen „Ausweitung der Kampfzone“, so wie es die neue Entente cordiale, die hier selbstverständlich stellvertretend für den Rest der „Gemeinschaft“ meint sprechen zu können, gerade für richtig erachtet. Diese Erklärung kommt einer Selbstermächtigung gleich, die auf einen Paninterventionismus im Namen der Ideen von 1789 hinausläuft. Wer bei diesem Kreuzzug nicht mittun will, läuft Gefahr als „Beschwichtigungspolitiker“ an den Pranger gestellt zu werden.

„Union für das Mittelmeer“

Im Fall Libyen wollte die neue Entente cordiale, nachdem sich von den Vorgängen in Ägypten und Tunesien offensichtlich überrascht wurde, nicht mehr zuschauen. Der „Volkswille“ könnte womöglich eine falsche, unerwünschte Richtung einschlagen. Ziel ist einmal, in Libyen eine der Entente gewogene Regierung an die Macht zu bringen, die bei einer Neuverteilung der Erdölressourcen die Kreuzzügler der „Wertegemeinschaft“ entsprechend „belohnt“. Zum anderen eröffnet sich die Möglichkeit, von Libyen aus Einfluß auf die gesamte Region zu nehmen. Wohl vor allem deshalb haben die USA, die diesmal aus „Image-Gründen“ im Hintergrund bleiben wollen, Frankreich im UN-Sicherheitsrat unterstützt.

Für Sarkozy eröffnen sich aber noch ganz andere Möglichkeiten, kann er doch seine „Union für das Mittelmeer“ wieder ins Spiel bringen, die bisher vor allem aufgrund des deutschen Widerstands Stückwerk geblieben ist. Ein einflußreicher Kritiker dieser „Union“ auf nordafrikanischer Seite war ja bisher der „wahnsinnige“ Gaddafi, der der EU vorwarf, mit dieser Union den Spaltpilz in Organisationen wie die Arabische Liga und die Afrikanische Union hineintragen zu wollen.

Die Deutschen werden zahlen

Bisher dümpelte diese Union wegen Unterfinanzierung vor sich hin. Wenn aber der Maghreb im Sinne der neuen Entente cordiale befriedet sein wird, werden hier die Karten mit Sicherheit neu gemischt. Neu gemischt heißt: Mit dem Hinweis darauf, daß die EU diesen Staaten, die nun auf einem „demokratischen Weg“ seien, „substantiell“ helfen müsse, wird Geld fließen, und zwar viel Geld, um Demokratie und Wirtschaft in diesen Staaten zu stabilisieren und an „westliche Standards“ heranzuführen.

Wer hier vor allem zur Kasse gebeten werden dürfte, ist unschwer zu erkennen, nämlich Deutschland. Und wenn sich Deutschland widerspenstig zeigt, wird ein Argument auf jeden Fall „hilfreich“ sein: Sarkozy verfolgt – neben der Sicherung und dem Ausbau des französischen Einflusses in der Maghrebzone – mit seiner „Union“, deren Aufbau er gerne nach dem Vorbild der EU vorangetrieben sehen möchte, unter anderem das Ziel, den Friedensprozeß zwischen Israel und seinen arabischen Nachbarn zu forcieren.

Finanzielle Erdrosselung Deutschlands

„Demokratisch bereinigte“ arabische Staaten böten ideale Möglichkeiten, diesem Prozeß die gewünschte Dynamik zu verleihen. Spätestens dann werden deutsche Politiker, die ja unentwegt davon reden, für das „Existenzrecht Israels“ einzustehen, alles unterschreiben, was die neue Entente cordiale ihnen zum Abwinken vorlegt.

Dem Ziel der schleichenden finanziellen Strangulierung des lästigen Rivalen Deutschland – in aller Freundschaft, versteht sich – wäre Sarkozy, der gerade erfolgreich die Implementierung des Euro-Schutzschirms vor allem auf deutsche Kosten betrieben hat, einen weiteren Schritt nähergekommen.

Michael Wiesberg, 1959 in Kiel geboren, Studium der Evangelischen Theologie und Geschichte, arbeitet als Lektor und als freier Journalist. Letzte Buchveröffentlichung: Botho Strauß. Dichter der Gegenaufklärung, Dresden 2002.


 

samedi, 02 avril 2011

Collectif "Non à la guerre en Libye"

Première action à Paris du Collectif Non à la guerre en Libye

 

Avant-hier mercredi 30 mars, le Collectif Non à la guerre en Libye a organisé une manifestation rassemblant une trentaine de personnes à proximité du consulat de Libye, rue Chasseloup-Laubat dans le XVe arrondissement de Paris. Dénonçant les frappes aériennes sur la Libye, les participants ont déploré la collaboration active de l’armée française à ce qui ressemble, après les campagnes d’Irak et surtout d’Afghanistan, à une énième « croisade du Bien » orchestrée par les Etats-Unis contre les peuples libres.

Les participants, parmi lesquels le prince Sixte-Henri de Bourbon-Parme, venu en personne condamner l’intervention militaire française, ont ainsi écouté un discours leur rappelant :
- qu’à l’heure où la France pleure 54 de ses soldats tombés pour l’Oncle Sam dans les montagnes afghanes, Nicolas Sarkozy a engagé notre pays dans un conflit qui ne sert une fois de plus que les intérêts économico-stratégiques des USA, certainement plus appâtés par les riches réserves pétrolières de la Libye que par la pseudo-protection des civils, ou bien mus par le « soutien aux insurgés ».
- qu’à l’heure où l’Europe entière craint une vague d’immigration sans précédent, il est totalement suicidaire de bombarder ces zones sensibles et d’encourager ainsi une guerre civile qui aura pour conséquence directe d’inciter des millions de personnes à l’exil vers l’Europe et, disons-le clairement, vers la France.
- qu’aujourd’hui les Français craignent pour leur pouvoir d’achat et leur avenir, et n’ont pas envie de soutenir avec leurs impôts une guerre très coûteuse au service d’intérêts américains.

Les manifestants se sont dispersés dans le calme, après avoir allumé des fumigènes et repris quelques slogans, pour finalement déposer une gerbe de fleurs en soutien au peuple libyen qui souffre aujourd’hui dans toutes ses composantes.

Appel militant du Collectif Non à la guerre en Libye

Pour l’arrêt immédiat des frappes aériennes et le retrait des troupes françaises, pour dire Stop aux guerres de l’Oncle Sam, soutenez le Collectif Non à la guerre en Libye, contactez-nous !
Contact : nonalaguerreenlibye@hotmail.fr [1]


[cc [2]] Novopress.info, 2010, Dépêches libres de copie et diffusion sous réserve de mention de la source d’origine
[http://fr.novopress.info [3]]


Article printed from :: Novopress.info France: http://fr.novopress.info

URL to article: http://fr.novopress.info/81606/premiere-action-a-paris-du-collectif-non-a-la-guerre-en-libye/

Vorschlag für die Integration des öffentlichen Unterrichtswesens auf EU-Ebene

 

university-sneakerlogy-101-1.jpg

M.I.N.E.R.V.E.

7, Rempart St. Thiébault –F 57000 METZ

Metz den 25 März 2011

Vorschlag für die Integration des Öffentlichen Unterrichtswesens auf EU-Ebene

Ein Vereinigtes Europa, das nur ein Nebeneinander von bestehenden Nationen wäre, könnte niemals mehr sein als eine Utopie.

 

Es ist für Europa dringend erforderlich, eine wirkliche Sprachen- und Kulturpolitik zu führen, welche von den europäischen Wirklichkeiten ausgeht und nicht auf die Irrwege der Weltglobalisierung gerät.

 

Um wirklich integriert zu sein, braucht Europa ein öffentliches Unterrichtswesen, das zwar die nationalen Eigenschaften widerspiegelt, aber auch auf EU-Ebene aufgrund von zu treffenden Vereinbarungen gemeinsam abgestimmt wird. An einem solchen Verfahren müssen die nationalen Einrichtungen beteiligt werden, die für das Studium sowohl der altertümlichen und der modernen Sprachen als auch der Geschichte und der Philosophie sowie der Kulturen und der Zivilisation zuständig sind, die unsere Wesensart geprägt haben.

 

Die Erwähnte Abstimmung muss zwischen den EU-Mitgliedstaaten, die sich am Integrationsprozess beteiligen, und nicht unter der Leitung von internationalen Organisationen stattfinden, die weitereichende Ziele verfolgen und eine politische Ausrichtung anstreben, die sich von den Bestrebungen der EU unterscheidet und nicht immer mit dem Zusammenschluss vereinbar ist, der für die EU eine unabdingbare Verpflichtung darstellt.

 

Das öffentliche Unterrichtswesen darf nicht zum Zweck haben, ein menschliches « Fertigprodukt » zu erzeugen und zu vermarkten, das den Bedürfnissen von multinationalen Firmen entspricht (wie es anscheinend einige Kulturminister denken, welsche die englishe Sprache zum Pflichtfach für alle Schüler der Grundschule erklärt haben) .

 

Die eigentliche Augabe des öffentlichen Unterrichtswesen ist die Bildung der jungen Generationnen, die lernen müssen, wie man mit dem eigenen Gehirn denkt, wie man mit dem eigenen Leben umgeht, wie man im Umgang mit anderen Menschen und bei dem Ausüben eines Berufes verantwortlichen handelt, wie man sich als gute Staatsbürger benimmt und wie man im allgemeinen Interesse im richtigen Augenblick die richtigen Entscheidungen trifft.

 

Die europäischen Kinder müssen zu allererst die eigene Muttersprache erlernen, weil sie die Gestaltung des Denkverfahrens und die tiefstgreifende Identität eines jeden Menschen grundlegend bestimmt. Folgen muss das Erlernen des Altgriechischen bzw. des Lateins als Bilungssprache, die den Jüngling bzw.das junge Mädchen in die Wurzeln der Zivilisation  verankert, in deren Rahmen sich ihre Entwicklung vollziehen wird. Diese Sprachen dürfen nicht durch eine « nach Gebrauch wegwerfbare » Sprache ersetzt werden, die fast ausschliesslich als ein Werkzeug zur Vermittlung der falschen Werte des Kapitalismus, des Merkantilismus und des Profits aufgefasst werden dürfte.

 

Das Latein stellt die Grundlage des Satzbaues nicht nur der romanischen, sondern auch der nordischen, westslawischen und sogar nicht indo-europäischen, jedoch in Europa gesprochenen  und geschriebenen  Sprachen dar. Die Satzlehre und die Grammatik aller in Europa gesprochenen und geschriebenen Sprachen sind im Mittelalter und während der Renaissance vornehmlich von katholischen Klostergemeinschaften  und auch zur Zeit der Reformation von Reformatoren festgelegt worden.

 

Es steht fest, dass die Kenntnis des Lateins die Grundlage jeglicher vertieften Kenntnis und der Reinheit aller europäischen Sprachen als Schrift- und Literaturssprachen darstellt und über eine tiefe Kenntnis der Muttersprache hinaus das Erlernen der anderen europäischen Sprachen erleichtert. Aus diesen Gründen schlagen wir vor, für alle Kinder als Pflichtfach neben der Muttersprache die wesentlichen Grundzüge des Lateins einzuführen, dieses vom Beginn der Grundschule an, bis zum Abschluss der drei Jahre der Mittelschule, als Beitrag zur allgemeinen Bildung.

 

Das öffentliche Unterichtswesen muss für die Bildung der europäischen Staatsbürger der Zukunft sorgen, die sich durch einen hohen Bildungsstand und als Träger einer Zivilisation auszeichnen müssen, die als « Kunst des Zusammenlebens » in einer humanistischen  Gesellschaft verstanden werden soll, welche die Persönlichkeit des Einzelnen achtet und ein Beispiel für alle Völker der Welt darzustellen vermag.

 

In artikel II des Lissaboner Vertrags wird der Grundsatz der Beachtung der einzelnen  Sprachen und Kulturen sowie des Schutzes und der Entwicklung der kulturellen Erbschaft Europas aufgestellt. Daraus geht hervor, dass das öffentliche  Unterrichtswesen in allen Ländern darauf abzielen muss, Staatsbürger zu erziehen, die sich der nationalen Identität des eigenen Volkes und der europäischen Gesamtidentität unter allen ihren ruhmreichen, nicht besonders ruhmreichen und auch schändlichen Aspekten bewusst sind. Dies setzt eine grundlegende Überprüfung des Geschichtsunterrichten voraus, der streng unparteiisch und sachlich sein muss. Oft sind die Geschichtsschulbücher, die in den einzelnen EU-Mitgliedstaaten benutzt werden, eher Propagandatexte zugunsten eines bestimmten Staates bzw. eines bestimmten politischen Regimes. Wir schlagen vor, dass sie systematisch durch ein allen Mitgliedstaaten gemeinsames Geschichtsunterrichtsbuch ersetzt werden, das von parteilosen Geschichtsforschern aus allen EU-Mitgliedstaaten gemeinsam abgefasst wird.

 

Was die Sprachen als Lehrfach anbelangt darf nicht ausser Acht gelassen werden, dass die europäischen Verträge in allen Amtssprachen der Mitgliedstaaten ( an die sich später die Kandidatenstaaten anschliessen werden, die in Zukunft in Anwendung der vorgeschriebenen  Verfahren und einstimmig aufgenommen werden sollen) unterzeichnet wurden und diese Tatsache eine europäische Mehrsprachigkeit mit sich bringt, welche für das öffentliche Unterrichtswesen die Pflicht bedeutet, diese Mehrsprachigkeit zu fördern. Über die Muttersprache und das Latein als Pflichtfächer vom ersten Jahr der Grundschule an hinaus schlagen wir vor, dass zumindest eine zusätzliche europäische Amtssprache gründlich erlernt wird und zwar als Pflichtsprache und nicht nur auf freiwilliger Grundlage. In den Mitgliedstaaten, wo nur eine Sprache als Amtssprache gilt, kann die Entscheidung zugunsten irgendeiner anderen EU-Amtssprache frei getroffen werden , aber nicht europäische Sprachen dürfen als Pflichtsprache nie in Frage kommen. Nichtsdestoweniger ist es empfehlenswert, dass die erste als Pflichtsprache vorgeschriebene Fremdsprache die Amtssprache eines angrenzenden EU-Mitgliedstaates sei (selbsverständlich darf die Pflicht, eine Fremdsprache zu erlernen, nicht wegfallen, wenn die Sprache des betreffenden angrenzenden Mitgliedstaaten dieselbe ist wie die Amtssprache des Aufenthaltsmitgliedstaates des Studenten ) .

 

In den Mitgliedstaaten, die zwei, drei oder mehr Sprachen als Amtssprachen betrachten, muss sie die als Pflichtsprache vorgeschriebene Fremdsprache eine der im betreffenden Mitgliedstaat als Amtsprachen anerkannten Sprachen sein, die nicht die Muttersprache des Studenten ist, und nicht systematisch als Ausflucht die englische Sprache sein, wie man es bereits versuchrt hat oder man im Begriff ist, es zu versuchen. In den Gebieten, die innerhalb eines Mitgliedstaates angrenzen, muss selbstverständlich die Amtssprache dieses angrenzenden Mitgliedstaates als Pflichtfach erlernt werden.

 

 

 

Es muss ausserdem ausgeschlossen werden, dass anstelle einer kodifizierten Schrift- und Literatursprache

eine im eigenen Mitgliedstaat als Lehrfach zugelassene angebliche « Regionalsprache », die nur eine gesprochene dialektartige Form der bereits erwähnten Schriftsprache ist, els erlernpfichtige Sprache gelten kann.

 

Unser Vorschlag setzt selbstverständlich voraus, dass alle Mitgliedstaaten sich verpflichten, das öffentliche Unterrichtswesen nicht mit der Begründung von Sparmassnahmen zu entkräften und im Gegenteil dafür sorgen, dass allen Schulkindern und Studenten ohne jegliche wirtschaftliche, gesellschaftliche oder andere Diskriminierung der Zugang zu allen Stufen des Unterrichtswesens gewährleistet wird.

 

Europa wird sich darum bemühen müssen, dass nach Abschluss des Lernprozesses die Gleichwertigkeit des Unterrichtsinhaltes, des Lehrkräfte- und Studentenaustauches sowie der Diplome und Fähigkeitszeugnisse auf dem ganzen Hoheitsgebiet de EU anerkannt wird.

 

Doktor Andreas WOLFF,

Leiter der Abteilung übersetzung im Wirtschaft und Sozial Ausschuss der EU in Brussel.

 

Projet d'intégration de l'Instruction Publique au niveau de l'Union Européenne

 

ecole.jpg

M.  I.  N.  E.  R.  V.  E.

 

7, Rempart St. Thiébault –F 57000 METZ

 

Objectif:  Institutionnalisation de l'indépendance, de la communauté, de la puissance, de l'identité, de la justice, de la générosité, de l'éthique et de la spiritualité dans une Europe unie.

 

Ides de Mars 2011

 

Projet d’intégration de l’Instruction Publique au niveau de l’Union européenne

 

Une Europe unie qui ne serait que la juxtaposition de nations existantes ne serait qu’une utopie.

 

L’Europe se trouve dans la nécessité absolue de pratiquer une véritable politique linguistique et culturelle partant des réalités européennes et se détachant des déviations de la globalisation mondialiste.

 

Pour être vraiment intégrée, l’Europe a besoin d’une Instruction publique qui tout en reflétant les spécificités d’ordre national fasse l’objet d’une concertation au niveau de l’Union européenne et d’accords impliquant les institutions nationales compétentes pour l’étude aussi bien des langues anciennes et modernes que de l’histoire et de la philosophie, de même que des cultures et de la civilisation qui nous ont marqués.

 

Ce type de concertation doit s’effectuer entre les Etats-membres de l’UE qui sont engagés dans le processus d’intégration et non sous l’égide d’organisations internationales de plus grande portée, qui visent à des résultats et à des politiques accusant une différence et ne convergeant pas toujours, tout en étant même parfois incompatibles avec l’exigence de cohésion de l’Union européenne.

 

L’instruction publique ne doit pas servir à préparer et à « mettre sur le marché » un « produit fini »

destiné à satisfaire les besoins des multinationales (comme le pensent certains Ministres de l’Instruction publique qui ont rendu obligatoire l’étude de l’anglais pour les enfants à partir de la première année élémentaire) .

 

L’école a pour fonction de former, d’enseigner aux jeunes comment raisonner pour eux-mêmes, comment affronter la vie , comment agir de façon responsable sur le plan humain et professionnel, comment se comporter en bon citoyen et comment effectuer les justes choix au moment opportun, dans l’intérêt général.

 

Les enfants européens doivent apprendre « in primis » leur propre langue maternelle, qui constitue un facteur structurant fondamental de la pensée et de l’identité la plus profonde. Par la suite, ils doivent apprendre le Grec et/ou le Latin, qui sont des langues formatives qui ouvrent l’adolescent dans les racines de la civilisation dans laquelle il est appelé à se développer, et non pas une langue « use et jette » véhiculant essentiellement les pseudo-valeurs du capitalisme, du mercantilisme et du profit.

 

Le Latin se trouve à la base des règles non seulement des langues néo-latines, mais encore des langues nordiques, des langues slaves occidentales et des langues  dont l’origine n’est pas indo-européenne, mais qui sont parlées et écrites en Europe . La syntaxe et la grammaire de toutes ces langues ont été codifiées principalement par les monarchies catholiques durant tout le moyen-âge et la renaissance, ainsi que, dans le cadre de la réforme protestante, par les autorités religieuses protestantes.

 

C’est un fait que la connaissance du Latin représente la base de la connaissance approfondie et de la pureté de toutes les langues européennes dans leur expression littéraire et facilite, au delà d’une connaissance approfondie de la langue maternelle, l’étude des autres langues européennes. C’est pourquoi nous proposons, pour tous les enfants, à coté de l’étude de leur langue maternelle nationale, l’étude obligatoire des éléments essentiels de la langue latine dès la première classe élémentaire, pour se conclure à la fin des trois ans du cycle moyen, en tant que contribution à la culture générale.

 

L’instruction publique doit viser à la formation des citoyens européens du futur : citoyens d’un niveau culturel élevé porteurs d’une civilisation considérée comme « l’art de vivre ensemble » dans une société humaniste respectueuse de la personnalité individuelle d’un chacun et constituant un exemple pour tous les peuples du monde.

 

L’article II du Traité de Lisbonne énonce comme principe de base le respect de la diversité linguistique et culturelle, de même que la protection et le développement du patrimoine culturel européen. Il en résulte que dans tous les pays de l’Union l’instruction publique doit viser à former des citoyens conscients de l’identité de leur propre peuple-nation et de l’identité européenne globale considérée sous tous ses aspects, glorieux, mais aussi moins glorieux et même honteux . Cela implique une réforme radicale de l’enseignement de l’histoire, qui doit être rigoureusement impartial et objectif. Les manuels d’histoire actuellement en usage dans les différents Etats-membres de l’Union sont souvent des textes de propagande en faveur d’un Etat ou d’un régime politique déterminé. Nous proposons de les remplacer systématiquement par un livre d’histoire européen unique rédigé en commun par des historiens impartiaux provenant de tous les Etats-membres.

 

En ce qui concerne l’enseignement des langues , il ne faut pas perdre de vue que les Traités européens ont été signés dans toutes les langues officielles des Etats-membres de l’Union (auxquelles s’ajouteront par la suite les langues des Etats candidats qui seront intégrés selon les procédures prévues et à l’unanimité) et qu’il en résulte un plurilinguisme européen que l’instruction publique a le devoir de promouvoir. Nous proposons, outre à l’enseignement de la langue maternelle et du Latin dès le début de l’enseignement élémentaire, l’enseignement si possible approfondi, obligatoire et non simplement facultatif, d’au moins une autre langue officielle de l’Union européenne.

 

Dans les Etats-membres qui considèrent deux, trois ou davantage de langues comme officielles, la langue devant être apprise obligatoirement doit être l’une des langues reconnues comme officielles dans l’Etat-membre dont il s’agit et qui n’est pas la langue maternelle de l’étudiant, et non pas l’anglais en tant qu’échappatoire comme on a déjà tenté ou tente de le faire. Dans les zones qui, dans un Etat-membre, confinent avec un autre état membre de l’Union européenne, il est évident que la règle générale doit être l’obligation d’apprendre la langue officielle de l’Etat directement confinant.

Il doit en outre être exclu de pouvoir remplacer l’enseignement d’une langue officielle sous sa forme écrite et littéraire codifiée par celui d’une « langue régionale » quand cette langue régionale est en réalité une simple forme dialectale parlée de la langue officielle écrite précitée.

 

Notre projet implique évidemment l’engagement de tous les Etats-membres de ne pas démanteler l’instruction publique pour des motifs de coûts et de garantir à tous les élèves et étudiants de l’UE l’accès sans discriminations économiques, sociales ou autres à tous les degrés de formation.

 

L’Europe devra, à l’issue de l’iter de l’acquisition des connaissances, parvenir à la reconnaissance de l’équivalence  de la formation, des échanges, des diplômes et des titres d’étude sur tout le territoire de l’Union européenne.

 

André WOLFF,

Fonctionnaire européen (Chef de Division linguistique Comité économique et social européen (ER))Président d’honneur de MINERVE.

mercredi, 30 mars 2011

Umerziehungskurse für rückständige Europäer?

Umerziehungskurse für rückständige Europäer?

Eva Herman

Wir Europäer müssen jetzt möglicherweise umerzogen werden. Denn wir sträuben uns mehrheitlich gegen Islamisierung und den weiteren Zuzug von Migranten, wollen Arbeitsplätze in Krisenzeiten für Einheimische reserviert sehen und bevorzugen eine klassische Rolle der Frau. Das alles ist angeblich »menschenfeindlich«.

Werden die einheimischen Europäer künftig Integrationskurse besuchen müssen, damit sie sich besser den Vorstellungen von Zuwanderern anpassen können? Oder bekommen Deutschland, Österreich und die Schweiz jetzt ganz schnell einen muslimischen Migranten als nächsten Staatspräsidenten, um der Welt endlich deutlich zu beweisen, dass wir Europäer nicht fremdenfeindlich sind? Wird es demnächst sogar Umerziehungslager geben, in denen wir zwangsweise auf ein neues multikulturelles Zeitalter vorbereitet werden?

Mehr: http://info.kopp-verlag.de/hintergruende/europa/eva-herma...

dimanche, 27 mars 2011

Beslan: des victimes modèles

 

beslan-front-collage.jpg

BESLAN:  DES VICTIMES MODELES

 

par Georges HUPIN

 

Les princes qui nous gouvernent retirent généralement du terrorisme et des terroristes plus d’effets et d’utilité qu’ils n’en retirent des victimes du terrorisme. Nous ne songeons pas ici aux cyniques qui osent financer les services de terroristes dans le but de déstabiliser leurs concurrents, bien que les exemples de ce type de stratégie ne soient pas rares. Nous visons simplement ici les effets et utilités de la grande presse, tant publique que privée, qui donne en général incomparablement moins de visibilité aux victimes du terrorisme qu’à leurs bourreaux.

 

C’est notamment ce thème du peu de visibilité des victimes du terrorisme qui a été traité à Bruxelles le vendredi 11 mars dernier, dans un colloque international organisé par la DG Justice de la Commission européenne à l’intention des organisations européennes de défense des victimes du terrorisme. Dans leur nombre, il y avait l’association France-Europe-Beslan que nous nous félicitons de soutenir. Hors l’importante délégation française, menée par Guillaume Denoix de Saint Marc, il y avait dans la soixantaine des représentations à ce colloque des délégués d’associations espagnoles, italiennes, néerlandaises, britanniques. France-Europe-Beslan était représentée par son président Christian Maton et, pour sa section belge, par Georges Hupin.

 

En séance, il a été souligné entre autres que généralement le terrorisme ne paie pas, que dans la masse revendicatrice, qui est naturellement attentiste, les revendicateurs ‘modérés’ ne sont souvent que des radicaux patients, aussi violents en fin de compte qu’est violente la lente étreinte de l’anaconda, que dans notre monde de médiatisation qui formate les masses, le terrorisme est une forme de manipulation violente de ces masses, que cette violence qui vise les populations innocentes est criminelle, qu’elle ne fait pas que des victimes directes, tués, blessés ou disparus, mais aussi un grand nombre de victimes indirectes parmi tous leurs proches dont la vie reste marquée. On notera d’ailleurs que presque tous les intervenants au colloque étaient personnellement touchés par le terrorisme, soit comme survivant d’un attentat, soit comme proches d’une victime directe. Le colloque a rassemblé en fait un réseau mondial de survivants, d’orphelins ou de veufs, de parents de victimes directes. Tous s’accordent sur l’objet du colloque : Faire jouer aux victimes du terrorisme, directes et indirectes, un rôle de prévention contre la radicalisation violente des revendications.

 

Sur le plan de la prévention de la radicalisation, le comportement de la population d’Ossétie du nord est un modèle d’une importance exceptionnelle. Pas seulement parce que la tuerie de Beslan est, en matière de crime terroriste le summum de l’odieux. D’abord par le choix de la cible : une concentration de jeunes enfants. Ensuite par le nombre des victimes prises en otage : plus de 1.300. Enfin par les circonstance de sa mise en oeuvre : la fête de la rentrée des classes d’une grande école primaire, ‘Jour de la connaissance’ célébré avec les parents et les grands parents, les petits frères et sœurs. A Beslan, ce 1er septembre 2004, Ils étaient tous endimanchés et enrubannés pour la cérémonie, avec ses discours, ses récitations, ses chants et ses fleurs. Et puis soudain c’est l’horreur, les cris, les coups de feu  tirés par une bande d’une trentaine de terroristes qui débarquent de camions en tenue de taliban. Le paroxysme est atteint dans la cruauté avec laquelle l’action terroriste va être menée : les enfants et les parents sont parqués vaille que vaille dans la salle de gymnastique; les bandits, -c’est comme cela que les enfants les appellent alors- ;pour marquer aussitôt leur détermination dans les esprits de leurs otages, abattent sous leur yeux plusieurs pères qui protestaient et ils jettent leurs cadavres depuis l’étage sur les pavés de la cour.

 

C’est alors la stupeur chez les enfant ; les terroristes braillent qu’ils vont faire tout sauter et ils installent des explosifs répartis dans la salle et un dispositif de mise à feu qu’un terroriste maintient pressé sous le regard de tous. Le soleil d’été qui commence à monter fait que dans la salle bondée la chaleur devient bientôt étouffante. Les enfants ont soif, mais on leur refuse à boire. Ils se mettent à pleurer, mais s’arrêtent bientôt, terrorisés par les hurlements Deux membres du commando, des femmes, s’insurgent contre cette inhumanité, qui visiblement n’était pas à leur programme : elles sont exécutées. Et ce n’est là encore que le début d’un long calvaire qui va durer trois jours et deux nuits, dans cette salle où il n’y a pas assez de place pour que tout le monde puisse s’étendre.

 

Le second jour est aussi torride que le premier et les cadavres exposés au soleil commencent à se décomposer. Certains enfants, déshydratés, délirent. Ils sont obsédés par l’image du robinet de la cour de récréation, qui est tout proche et qu’ils croient entendre, car il fuit effectivement goutte à goutte dans un chuintement aigu. La seconde nuit est interminable et, le troisième jour, dans la touffeur écrasante de midi, soudain, une énorme explosion, suivie de deux autres. Une maladresse probable du terroriste préposé au dispositif de mise à feu qui, fatigue ou tension, a relâché sa pression sur le ressort du déclencheur ? La presse occidentale accuse aussitôt Vladimir Poutine d’avoir lancé ses forces spéciales dans un assaut intempestif. C’est lui le tueur des otages de combattants de la liberté ! Or les troupes spéciales russes ne sont même pas présentes dans le pays, car l’état fédéral a tenu à laisser l’opération à la responsabilité de la police locale. Celle-ci ne dispose malheureusement pas de la formation spécifique. Surpris par les explosions, ses hommes ont aussitôt foncé vers l’école dans l’espoir de sauver des enfant, sans prendre le temps d’enfiler leurs gilets pare-balles. Car, lorsque la poussière est retombée, des enfants se sont précipité au dehors, vers la liberté, vers l’eau. Mais les terroristes postés dans les étages les ont tirés dans le dos et de nombreux policiers payeront alors de leur vie leur généreux dévouement.

 

Toutefois, il n’est pas salutaire de ruminer indéfiniment ces images lamentables. Il faut même se garder d’en banaliser l’atrocité, pour ne pas risquer d’inciter des névrosés à la surenchère. C’est bien le ton de l’exemple que nous donnent les Ossètes : pour la bonne propagande, pour la propagation du bien et de la paix, il faut tirer de la mémoire du mal des leçons de vie. Plus signifiant que la mémoire du drame, il y a l’horreur de l’horreur et l’espoir qui veut en renaître.  C’est ici que réside le miracle de Beslan.

 

Victime des découpages et des recompositions qui étaient si fréquents à la belle époque de la discordance du concert des nations; la Belgique serait, dit-on, un enfant perdu que l’Angleterre aurait fait dans le dos de la France. Les Belges, sans être des experts en relations interethniques, sont assez ferrés sur la matière pour apprécier ce que les Ossètes ont fait après avoir été les victimes de l’abomination du terrorisme. Et pour proclamer que c’est un modèle pour l’humanité, un modèle d’humanité.

 

C’est à partir du moment où la fusillade a cessé et où, incrédule, la population ossète de Beslan (80%) compte ses morts et ses blessés, qu’elle va se comporter de manière exemplaire. Elle va accepter de suivre son président (il a eu deux enfants parmi les otages) qui veut à tout prix l’empêcher de tomber dans le piège qui lui est tendu par les stratèges du terrorisme. Le risque que cette large majorité, des Ossètes orthodoxes, se rue alors pour se venger sur les minorités musulmanes ingouches et tchétchènes est vertigineux, dans ce Caucase où tout le monde possède une arme et où la ‘loi du sang’ ne laisse pas aux Corses le monopole de la vendetta. Le peuple ossète doit compter un pourcentage élevé de poètes, qui ont su alors trouver les mots, les gestes, les symboles qui sont parvenus à retenir les tempéraments les plus chauds de mettre le feu aux poudres. Et de déclencher le bain de sang sur lequel les terroristes devaient avoir compté pour déterminer l’internationalisation de la question.

 

Mais le peuple ossète a fait mieux encore, il a trouvé la manière de reconstruire la paix, dans le pays, mais d’abord dans les cœurs, en transformant une logique de haine et de mort en une logique de confiance et de vie. Il est admirable que dans le cimetière spécial qu’elles ont aménagé pour les martyrs, les autorités de la ville aient opté, de préférence à l’art abstrait, pour un art populaire lisible au premier regard : le mémorial de ‘L’Arbre du Chagrin’ dresse ses trois silhouettes de femmes dont les bras dressés vers le ciel ouvrent leurs branches sur un vol de petits anges dont les ailes sont des feuilles symbole de la vie renaissante. N’est pas moins émouvante la reconnaissance du supplice de la soif qu’ont enduré tous les petits martyrs de Beslan, dont certains pour survivre n’ont pas hésité à boire leur urine, dont d’autres sont morts d’épuisement dans les bras de leur maman.  Il n’y aura eu dans l’histoire des hommes que peu de peuples pour exprimer aussi bien leur communion à la souffrance des leurs que par ces deux énormes mains de bronze du Mémorial de la Soif qui présentent au passant un fin filet d’eau. Il évoque le robinet de la cour de récréation qui a obsédé des petits agonisants, ce robinet qui, horrible dérision, était impossible à fermer et à dix pas d’eux à peine continuait de laisser fuir son eau sur le sol.

 

N’est pas moins émouvant le troisième monument du cimetière de Beslan, dédié aux hommes des forces de sécurité ossètes qui se sont sacrifiés et qui sont morts une seconde fois quand ils ont été calomniés pour de basses raisons d’opportunité politique.  Ils sont morts dans l’idéal des guerriers, s’oubliant eux-mêmes pour protéger les leurs. Le mémorial qui évoque avec une belle sobriété leur geste héroïque ne peut qu’apporter aux veuves et aux orphelins qu’ils ont laissés la consolation d’un légitime fierté et d’une mémoire à cultiver.

 

Nous devons être reconnaissant au peuple ossète pour l’exemple qu’il a su donner aux hommes d’une pleine reconnaissance des victimes du terrorisme dans l’affirmation de valeurs de paix : les petits anges de l’Arbre du Chagrin, les enfants morts deviennent les génies vivant de la paix, les protecteurs de la fragilité d’une paix toujours recommencée. Nous devons savoir gré aux Ossètes de disposer de l’esprit de poésie, vital aujourd’hui pour l’amitié entre tous les peuples d’Europe, une paix comme y prétendait jadis Rome, la Pax Romana.

 

Georges Hupin

samedi, 26 mars 2011

L'affaire libyenne et l'Opération "Odyssey Dawn"

 

odyssey-dawn.jpg

Communiqué de SYNERGIES EUROPEENNES – 23 mars 2011

 

L’affaire libyenne et l’Opération « Odyssey Dawn »

 

Il va de soi que nous sommes contre l’intervention militaire actuelle lancée contre la Libye du Colonel Khadafi. D’abord parce qu’elle est une intervention américaine en Méditerranée et que les Etats-Unis n’ont rien à faire en Méditerranée et que leur présence en ces eaux revient à nier toute souveraineté européenne en Europe même. Ensuite, l’intervention américaine, moins intempestive qu’en Afghanistan ou en Irak, est appuyée par un tandem franco-britannique. On sait, depuis la moitié du 19ème siècle, que tout tandem entre ces deux puissances occidentales est contraire aux intérêts généraux de l’Europe et que toute réédition de l’Entente implique soit la guerre soit une issue contraire à ces intérêts généraux de notre continent. Les positions allemandes, russes et chinoises sont les bonnes : Berlin a raison de tourner le dos à une nouvelle Entente Paris/Londres et de préférer in petto l’alignement sur la sagesse du Groupe BRIC ; Moscou y voit une nouvelle intervention occidentale ruinant les efforts du dégel entrepris depuis la perestroïka de Gorbatchev ; et la Chine demeure fidèle à ses principes de non intervention et de non immixtion dans les affaires intérieures des pays tiers, surtout en Afrique.

 

Un des motifs majeurs de l’intervention occidentale est bien entendu de s’emparer du pétrole libyen, dont Khadafi avait suggéré la vente prioritaire aux Chinois et aux Indiens. L’intervention dans le cadre de l’Opération « Odyssey Dawn » est intéressante à plus d’un titre :

 

-          Obama n’apparaît plus comme le pacificateur américain, issu de la communauté afro-américaine qui allait allègrement gommer les aspérités de la gestion néoconservatrice de Bush. On sait désormais partout que Républicains ou Démocrates sont également bellicistes, que l’Âne ou l’Eléphant sont tout autant va-t’en-guerre. Pire : Bush avait demandé l’avis du Congrès pour lancer les opérations en Afghanistan ou en Irak. Obama s’est passé de l’avis des parlementaires américains. Mais on nous chantera, à gauche comme à droite de l’échiquier politique, dans les colonnes des gazettes politiquement correctes, qu’il est, dans le fond, dans sa bonne nature d’Afro-Américain, plus démocrate que les autres…

 

-          Sarközy choisit la fuite en avant : les sondages fiables et le résultat des dernières cantonales en France montrent que ses actions sont fortement en baisse. Il faut de la gloriole, il faut détourner l’attention du peuple vers des épopées faciles pour faire oublier une gestion néolibérale qui a hérissé le peuple de France contre son UMP. Sarközy a également trahi le gaullisme, l’esprit diplomatique offensif de Couve de Murville qui jamais n’aurait déclenché une intervention aux côtés des Britanniques et des Américains contre un pays arabe client en Méditerranée.

 

-          Les Britanniques sont finalement les plus logiques dans l’affaire : la Libye, ils la convoitent depuis toujours. Ils avaient pris le relais d’Atatürk, organisateur des tribus senoussi du Sud contre les Italiens. Au départ de l’Egypte et du Soudan, les Britanniques avaient incité les Senoussi à lutter contre la mainmise de l’Italie sur cette partie hautement stratégique du Sahara, à hauteur de la zone de turbulences qu’est aujourd’hui le Darfour soudanais. Le Roi Idriss, renversé par Khadafi en 1969, était un personnage arabe folklorique mis en place par Londres qui, en retour, exploitait le pétrole libyen. Les Britanniques espèrent remettre un Senoussi en place : à leurs yeux, ce serait un juste retour des choses.

 

-          L’Italie, conquérante de la Tripolitaine et de la Cyrénaïque contre les Turcs ottomans en 1911, a conservé des intérêts importants en Libye, malgré l’expulsion des Italiens par Khadafi au début de son règne. Les relations commerciales italo-libyennes ont toujours été de bonne ampleur. Berlusconi n’est entré dans l’opération « Odyssey Dawn » que contraint et forcé : sa position en Italie même est chancelante et il espère un appui des Etats-Unis. Mais la diplomatie italienne enrage de voir la place de l’Italie prise par la France, qui cherche sans doute des compensations pétrolières et surtout, probablement, à exploiter les nappes phréatiques du sous-sol libyen (par l’intermédiaire de la « Lyonnaise des Eaux » ?), et qui enrage aussi d’assister au retour des Britanniques dans la région. Le ministre Frattini veut un cadre « OTAN » pour l’Opération, ce que Sarközy refuse. Et la Lega Nord, partie prenante du gouvernement Berlusconi, refuse l’intervention, en demeurant dans sa bonne logique anti-interventionniste, celle qu’elle avait déployée lors de l’attaque criminelle de l’OTAN contre la Serbie en 1999.

 

-          Le Belgique, elle, cherche a prouver « urbi et orbi » qu’elle existe encore malgré la crise politique qui la frappe depuis juin 2010, la rendant incapable de former un gouvernement au bout de neuf mois de négociations. L’unanimité du parlement pour légitimer « Odyssey Dawn » laisse pantois : sur tous les parlementaires présents, aucun n’est donc capable de formuler une analyse un tant soit peu cohérente de la situation en Méditerranée et de la position importante que revêt la Libye, en dépit des frasques de son leader. On notera que les députés populistes flamands ont communié dans cet occidentalisme et cet atlantisme de mauvais aloi au même titre que tous les autres pitres de notre guignol politicien, prenant ainsi des positions diamétralement opposées à celle de ses alliés de la Lega Nord et aussi, dans une moindre mesure, de ses alliés de la FPÖ autrichienne et des Allemands qui lui sont proches. On sourit aussi dans sa barbe quand on sait que le relais en Belgique de Bernard-Henri Lévy, conseiller de Sarközy ès matières libyennes, a été Guy Verhofstadt, l’ancien leader de la fameuse coalition arc-en-ciel, qui a prononcé un discours belliciste tonitruant, caractérisé par une faiblesse déplorable sur le plan de l’argumentation factuelle. Le même Verhofstadt qui recevait en grande pompe Khadafi à Bruxelles en 2004, quand Washington venait de décider qu’il « n’était plus un méchant ». On sourit également quand on s’aperçoit que les députés du VB ont suivi Verhofstadt, qu’ils vilipendaient naguère. L’entrée en « guerre » de la Belgique a été illégalement décidée par un gouvernement d’affaires courantes, prouvant une fois de plus une inféodation atlantiste navrante. Et un abandon de la politique plus circonspecte de Pierre Harmel.

 

Le personnage de Khadafi pose évidemment problème : nous n’avons plus affaire au jeune et fringant Colonel modernisateur qui, sanglé dans un uniforme impeccable et bras nus, siégeait aux côtés d’émirs bédouins auxquels il prêchait la fraternité arabe. Nous avons désormais affaire à un homme vieillissant, affublé d’accoutrements bizarres et ne donnant plus l’impression de l’ardeur, de la modernité et de l’innovation. On oublie que Khadafi a eu des débuts très prometteurs. Et que les réalisations concrètes de son régime méritent tout de même l’admiration : création d’un bon système médical/hospitalier, mise sur pied d’un système d’éducation meilleur que dans les pays arabes voisins, bonne gestion de la manne pétrolière et redistribution à la population et, enfin, last but not least, l’exploitation des immenses nappes phréatiques du sous-sol saharien, via le projet de « Great Man Made River ». Jusqu’ici, quelques fermes collectives seulement fonctionnaient grâce à l’irrigation en provenance de ces nappes phréatiques ; le projet allait se concrétiser à grande échelle dans les mois prochains. La Tunisie de Ben Ali et l’Egypte de Moubarak s’y intéressaient. L’Egypte, on le sait, parvient à grand peine à satisfaire les besoins en eau de sa population : le Nil ne suffit plus. Certes Khadafi s’est enrichi personnellement,  mais ni plus ni moins (et plutôt moins…) que certains de ses collègues. La redistribution est toutefois mieux agencée en Libye.

 

Voyons maintenant le côté pile. Il y a l’imprévisibilité du Colonel. Ses foucades inacceptables du point de vue diplomatique : l’expulsion des Italiens, l’affaire des infirmières bulgares, volontaires pour structurer son système hospitalier (affaire qui, elle, aurait mérité une intervention plus musclée de la part de tous les Etats européens), la participation au mobbing contre la Suisse et la rétention d’otages helvétiques (affaire où l’Europe est restée étrangement silencieuse), les soutiens plus ou moins déguisés à des terroristes ou à des actes terroristes (Lockerbie, la discothèque berlinoise), mais on sait qu’en matière de terrorisme, le scepticisme est de mise car, pour Washington, le terroriste d’hier pour devenir l’allié de demain et vice-versa, comme ce fut d’ailleurs bien le cas pour Khadafi. D’ennemi, celui-ci est devenu ami puis redevenu ennemi.  Les Français reprochaient l’intervention de Khadafi au Tchad mais, le Tchad demeure tout de même, géographiquement parlant, l’arrière-cour de la Libye, que celle-ci soit ottomane, sous tutelle italienne ou britannique, ou indépendante. Khadafi s’est aligné dès 2006, cela n’a servi à rien : tous les candidats à l’alignement savent désormais à quoi s’en tenir !

 

La force de Khadafi, au temps de sa gloire de jeune et bel officier, a été son incontestable charisme et sa volonté de moderniser un pays qui n’existait pas en réalité. La Libye est un territoire où se juxtaposent un grand nombre de tribus. La population obéit à des logiques tribales et non pas à l’idée d’un Etat central et moderne. Dans l’esprit de la population, la division du territoire en deux vilayets ottomans (Tripolitaine et Cyrénaïque) correspond peu ou prou à deux ensembles de tribus, séparés par plus de mille kilomètres de désert. Khadafi a fédéré cette population éclatée en tribus. Ce pacte fédéral a été rompu récemment et une partie des tribus a réclamé une révision du pacte, des redistributions et un réaménagement du pouvoir : dissensus sans doute provisoire, où s’est immiscé un Occident prompt à exploiter les manifestations centrifuges dans les Etats qui se défendent bien sur le plan de la gouvernance.

 

Khadafi a certes une logique islamique mais non islamiste : contrairement aux intégrismes habituels, de facture hanbalite ou wahhabite, qui fondent leurs démarches sur le Coran, certes, mais aussi sur les hadiths, les commentaires et les ajouts divers des ulémas. Ce sont ces addenda post-coraniques qui encombrent l’islam d’archaïsmes qui déplaisent notamment aux Occidentaux mais aussi à tous les modernisateurs et les nationalistes arabes. Khadafi a prôné un islam exclusivement coranique, sans les exégèses ou interprétations postérieures dont se réclament hanbalites et wahhabites. Ce coranisme khadafiste débouche sur l’idée d’une « Troisième Voie Universelle », théorisée à l’époque où le monde était encore scindé en deux camps, ceux de la Guerre Froide entre orbes communiste et capitaliste. Empressons-nous de dire que cette « Troisième Voie Universelle », bien que sympathique dans ses intentions, nous est toujours apparue comme extrêmement faible sur le plan intellectuel et théorique : si quelques petits comploteurs se réclamant d’une « Troisième Voie » ont pondu des dithyrambes enflés sur cette théorie khadafienne ou se sont bousculés dans les auditoires de Tripoli dans l’espoir de récolter une manne sonnante et trébuchante, nous n’avons pas participé à la farce et nous avons préféré potasser les « non-conformistes des années 30 » ou les idées gaulliennes de participation et d’intéressement (Loichot). Histoire de rester européens. Et contents de l’être.

 

La fragilité de l’édifice politique khadafien vient de ce fond anthropologique des Libyes, demeuré foncièrement tribal. Ce sont les tribus qui remettent l’édifice en question. Il convient de replacer cette révolte des tribus (surtout celles de Cyrénaïque et du Sud-Est anciennement senoussi, selon certains observateurs) dans un cadre plus général : force est de constater que les Américains lâchent depuis quelques décennies leurs anciens alliés et hommes de main devenus âgés et malades. Ce fut le cas du malheureux Shah d’Iran en 1978-79. C’est le cas de Moubarak aujourd’hui, et aussi, bien sûr, de Ben Ali, celui qui avait évincé le vieux Bourguiba… Washington entend gérer ainsi les transitions et casser simultanément des logiques fortes au sein des Etats alliés, car, on l’oublie trop souvent, depuis Clinton, les Etats-Unis raisonnent comme s’ils n’avaient plus d’alliés mais seulement, face à eux, des « alien societies », auxquelles il ne faut pas nécessairement demeurer fidèles. Moubarak a bien servi la cause de Washington et de Tel Aviv : pour ce faire, il a sans doute bénéficié de mannes assez plantureuses, avec lesquels il a réalisé des projets d’infrastructure pour rendre son pays plus fort. Il est vieux et malade. On va l’évincer, non pas par le soutien clair et sans fard à des putschistes comme en Iran en 1953, mais en créant un désordre apparemment « spontané » dans les rues d’Egypte. Derrière cette effervescence populaire, l’armée s’empare discrètement du pouvoir. Washington, contrairement à ce qui s’est passé en Iran en 1978-79, n’est pas passé par le détour du fondamentalisme islamiste pour éliminer un allié devenu trop puissant et donc potentiellement dangereux : les Frères musulmans, qui ont cru profité de la révolte populaire égyptienne, ont été mis échec et mat ; en compensation, on leur permet de se défouler sur les Coptes.

 

En Libye, les insurgés appartiennent à des tribus moins gâtées par Khadafi et les siens. Pour l’observateur allemand Günther Deschner, il s’agit surtout des Warfalla, matés une première fois en 1993. La Libye fait donc face à un risque : l’éclatement du pays en deux nouvelles entités étatiques, la Cyrénaïque et la Tripolitaine, selon les frontières internes à l’espace ottoman avant la conquête italienne de 1911. D’un point de vue européen, une telle transition, patronnée par Washington, ne serait guère valable. Il conviendrait de maintenir l’unité de la Cyrénaïque et de la Tripolitaine sous une forme ou sous une autre, centralisatrice, fédérale ou confédérale, pour éviter une réédition de la sécession kosovare. L’important, pour l’Europe, c’est de conserver sur la rive sud de la Méditerranée, les acquis positifs du régime khadafiste, c’est-à-dire le système d’éducation, le système médical/hospitalier, la gestion du pétrole avec redistribution des dividendes à la population et la gestion des eaux issues des nappes phréatiques, car ces acquis constituent un excellent modèle pour l’ensemble des pays d’Afrique du Nord. En effet, une telle gestion fixe la population sur son sol et ne la condamne pas à l’émigration vers l’Europe. Dans cette optique, un régime post-khadafiste qui maintiendrait intacts les acquis de la gestion positive du Colonel (et nous débarrasserait de ses foucades inadmissibles) mériterait la coopération européenne. Les effets bénéfiques du projet de « Great Man Made River » permettrait d’avoir, aux portes de l’Europe, un immense jardin irrigué à la place d’un désert infertile, ce qui, comme nous venons de le dire, fixerait les populations nord-africaines sur leur sol natal, dans leur espace arabo-berbère, et fournirait à l’Europe des surplus qui accentueraient la nécessaire indépendance alimentaire qu’elle doit viser, notamment en matière de fruits et légumes. Ces projets d’irrigation avaient été formulés dans les années 40 par le tandem germano-italien mais avaient été prestement « oubliés » par les libérateurs britanniques qui avaient hissé le Roi Idriss sur le trône, pour récompenser les efforts de guerre anti-italiens des Senoussi, instruments d’une « low intensity warfare » inspirée par Lawrence d’Arabie.

 

La Libye de Khadafi a attiré d’ailleurs une immigration marocaine, algérienne et tunisienne, qui combat aujourd’hui sous le drapeau vert (coranique) de Khadafi contre les néo-senoussistes.

 

Enfin, l’intervention n’est pas de mise à nos yeux car l’Europe devrait avoir d’autres priorités, d’autres dangers à éliminer à ses portes : le Maroc qui lorgne sur les Canaries espagnoles, vise à englober les Presidios de la côte méditerranéenne (Ceuta et Melilla), comme l’a prouvé l’incident de l’Ile de Perejil en juillet 2002 et qui continue à produire 70% du cannabis consommé en Europe. L’UE avait donné des subsides aux agriculteurs du Rif pour qu’ils s’adonnent à des cultures de substitution. On s’est bien vite aperçu que la manne européenne a servi à tripler voire à quadrupler le territoire où était cultivé le cannabis. Cet état de choses aurait mérité une intervention musclée, sous la forme d’un bombardement à l’agent orange des champs où est cultivée cette drogue mortelle pour la stabilité de nos sociétés. De même, les navires qui participent à l’opération « Odyssey Dawn » feraient œuvre bien plus utile en traquant les trafiquants qui franchissent chaque jour la Méditerranée entre les côtes marocaines et les côtes andalouses sur des embarcations ultra-rapides contenant chacune une bonne tonne de cannabis. Les hélicoptères européens pourraient faire de magnifiques cartons…

 

Ensuite, autre danger bien plus mortel que les dérapages de Khadafi en proie à la révolte de certaines tribus libyennes : la Turquie qui laisse délibérément ouvertes ses frontières de Thrace à toute l’immigration d’Anatolie, du Kurdistan et de l’Asie centrale, menace la Grèce en Egée, occupe Chypre. Et, par la voix de son premier ministre islamiste Erdogan, envisage de créer partout en Europe des espaces sociaux turcs, soustraits de facto à l’autorité des pouvoirs autochtones, voire des espaces turco-mafieux directement protégés par Ankara. Par deux fois, Erdogan a réitéré la menace, a appelé les Turcs d’Europe à refuser l’intégration : à Cologne en février 2008, à Düsseldorf en février 2011. Les menées turques en Thrace, en Egée et à Chypre, les discours d’Erdogan à Cologne et à Düsseldorf sont des menaces bien plus graves pour l’Europe que les rodomontades récentes de Khadafi en Italie où il a prêché son islam coranique devant un parterre de figurantes sémillantes, recrutées par Berlusconi dans des agences de mannequins, un Berlusconi qui est un incontestable connaisseur en la matière. Pour la Turquie, l’adhésion à l’UE n’a qu’un seul objectif : le pillage des systèmes de sécurité sociale par l’envoi du trop-plein démographique anatolien et kurde, voire des pays avec lesquels la Turquie a signé des accords de libre circulation, en Asie centrale turcophone et au Proche-Orient (Syrie, Liban, Jordanie), selon des logiques historiques pantouranienne ou néo-ottomane. Cette défiance à l’endroit de la Turquie ne doit pas nous empêcher de nous féliciter qu’Ankara a brisé la cohésion du machin OTAN  (quand va-t-il enfin disparaître…?) dans le sillage de l’Opération « Odyssey Dawn » : la Turquie, depuis Erbakan, prédécesseur islamiste d’Erdogan, avait renoué avec la Libye ; 30.000 coopérants turcs s’y étaient établis et viennent de rentrer dare-dare en Anatolie. Le néo-ottomanisme turc nous dérange moins en Libye qu’en Egée ou à Chypre.  

 

La déstabilisation de toute l’Afrique du Nord, Maroc excepté, risque de provoquer un exode nord-africain vers l’Europe. Nous en voyons les signes avant-coureurs à Lampedusa au large de la Sicile. La Libye formait barrage pour deux raisons : elle absorbait une main-d’œuvre nord-africaine et freinait l’exode d’Afrique venu d’au-delà du Sahara (en réclamant une aide européenne). Sans un régime stable en Libye, cette barrière n’existera plus. Il aurait donc mieux valu que les choses restassent en leur état (« res sic stantibus »).     

jeudi, 24 mars 2011

Urheimat: alle origini del Popolo Europeo

Urheimat_ipotesi.png

Urheimat: alle origini del Popolo Europeo

Molteplici le teorie sulle origini etniche, addirittura c’è chi sostiene che gli Ittiti provengano dal popolo dei Chatti, stanziati in Europa tra Reno e Weser

Gianluca Padovan

Ex: http://rinascita.eu/ 

L’improbabile origine asiatica
La questione più dibattuta tra archeologi e linguisti è la sede originaria (dal tedesco Urheimat) dei cosiddetti “Indoeuropei”, popolo che tra il IV millennio a. e il I millennio a. sembra comparire, oltre che in Europa, anche in Asia e in Africa. Ma, inizialmente, si pensa che tale popolazione provenga dall’India e approdi in Europa foriera di cultura e tradizione: cosa mai avvenuta. Così pure si desidera vedere la provenienza di genti, che fanno fiorire culture sul suolo europeo, dalle steppe e dalle tundre dell’est e dai deserti di sudest, basandosi più che altro sui testi biblici e sulla propria religione. A mio avviso il concetto espresso nella frase “ex Oriente lux” è da riconsiderare e soprattutto da evitarne la pedissequa e acritica applicazione.
Alcuni ritengono che la patria originaria sia da ricercarsi nell’Asia Centrale, in un territorio compreso tra il Turkestan e il Pamir, altri nella cosiddetta Russia Europea, ovvero ad ovest degli Urali. Ma vi è chi ritiene che l’ “Urheimat” sia l’Europa del Nord. Oggi i più tendono a considerare che essa sia da collocarsi tra la Germania del Nord e l’Elba e la Vistola, fino alle steppe che vanno dal Danubio agli Urali, quasi in una sorta di compromesso. In buona sostanza la provenienza della luce culturale e sociale è ancora da definirsi e, sostanzialmente, le idee al proposito rimangono varie anche e soprattutto in campo accademico.
Ad esempio, uno dei luoghi comuni dell’Antropologia è l’origine asiatica degli “Indoeuropei”. E a sostegno della tesi della provenienza asiatica vi è la questione del cavallo. Si afferma che esso è addomesticato e allevato nelle grandi pianure dell’est e del sudest asiatico e da qui introdotto in Europa. In realtà il cavallo è già noto almeno fino dal paleolitico superiore, con attestazioni, ad esempio, in Scania (Svezia meridionale). Ma sulla questione si potrebbero leggere fiumi di parole sia pro che contro.
Calvert Watkins scrive: “Molti studiosi ritengono che la zona della steppa siberiana a nord e a est del Mar Nero sia stata, se non la ‘culla’ originaria degli Indoeuropei, almeno un’importante area di sosta negli spostamenti verso ovest nei Balcani e oltre, verso l’Anatolia e verso il sud e poi verso l’est nell’Iran e in India, a cominciare dalla metà del quinto millennio a.C. Questa è quella che viene chiamata dagli archeologi cultura Kurgan, dalla parola russa per i suoi caratteristici monumenti o tumuli sepolcrali” (Watkins C., Il proto-indoeuropeo, in Campanile E., Comrie B., Watkins C., Introduzione alla lingua e alla cultura degli Indoeuropei, Il Mulino, Bologna 2005, p. 49). Tali teorie sono basate anche sugli scritti dell’archeologa americana di origini lituane Marija Gimbutas.
Innanzitutto è probabilmente da ricercare in Europa il fenomeno del megalitismo, che ha lasciato sul territorio monumenti a tumulo che si perpetuano nel tempo e anche all’esterno dei confini continentali. L’argomento è più che noto ed è superfluo riprenderlo, ma un passo è doveroso riportarlo: “L’architettura territoriale neolitica realizza i suoi capolavori nelle regioni europee che costeggiano l’Atlantico e il Mare del Nord - la facciata atlantica europea - dal Portogallo alla Svezia. Gordon Childe ha avuto l’intuizione di rilevare che in Europa i grandi centri dell’architettura megalitica corrispondono alle regioni in cui le sopravvivenze paleolitiche sono più numerose e meglio attestate. Perciò c’è forse un rapporto, sconosciuto e mediato dal tempo, di educazione, atteggiamento e cultura tra i pittori delle caverne paleolitiche e i costruttori di monumenti megalitici. È significativo ricordare il profondo cambiamento di opinione, nella comunità archeologica, sulle origini delle culture megalitiche europee. In passato si pensava che derivassero dalle grandi civiltà urbane del Vicino Oriente. Attraverso i sistemi moderni di datazione al radiocarbonio Colin Renfrew ha potuto dimostrare che i manufatti europei risalgono a prima del 4000 a.C. e sono “creazioni autonome, uniche nel loro genere: i più antichi monumenti di pietra eretti al mondo”. Molte costruzioni furono cominciate nel V millennio a.C. e modificate fino al I millennio a.C.” (Benevolo L., Albrecht B., Le origini dell’architettura, Editori Laterza, Bari 2002, p. 97).
 
La forza culturale Europea
Così ricorda Romualdi: “L’espansione della cultura nordica nella Russia centrale e meridionale si lascia seguire attraverso la cultura megalitica di Volinia, quella del medio Dnepr e quella di Fatyanovo: tutte queste culture sono caratterizzate da ceramica globulare o cordata e da asce da battaglia. Esse invadono il territorio dei cacciatori ugro-finnici della ceramica a pettine, e premono su quello degli agricoltori della ceramica dipinta di Tripolje. Queste invasioni sono state appassionatamente negate dalla scuola archeologica sovietica di Marr e compagni, pei quali l’esistenza di una Urheimat indoeuropea era “un pregiudizio borghese, esattamente come la fede nell’esistenza di Dio” e per i quali le invasioni indoeuropee facevan parte della mitologia capitalistica” (Romualdi A., Gli Indoeuropei, Edizioni di Ar, Padova 1978, p. 29).
E ancora Romualdi sottolinea l’improbabilità di forti migrazioni da est verso ovest, apportatrici di caratteri culturali: “Ci si trova sempre di fronte alla vaga suggestione delle ‘orde indoeuropee irrompenti nelle steppe euroasiatiche’, contro la quale già Hermann Hirt aveva obiettato che a nessun popolo delle steppe è mai riuscito di diffondere lingue in Europa” (Ivi).
Herman Hirt, nel suo Die Indogermanen, afferma: “L’agricoltura può nutrire su uno stesso territorio assai più uomini dei nomadi delle steppe. È in grado di produrre forze sempre nuove che rafforzano e vivificano la prima corrente. L’assalto dei popoli delle steppe può abbattersi straordinariamente violento, può distruggere come una fiumana di lava ma, poiché non ha nulla dietro di sé, si riassorbe ben presto nella sabbia” (Hirt H., Die Indogermanen I, S. 190; in Romualdi A., op. cit., p. 70). Se qualcuno nutre dei dubbi, guardi che cos’hanno lasciato, ad esempio, gli Unni in Europa: solo un ricordo e per giunta negativo.
Fin dagli albori della storia in Asia e nell’Africa del Nord si incontrano Europei in quanto minoranze che riescono a imprimere una propria impronta alla storia locale. La lingua che diffondono è quella di una aristocrazia conquistatrice, probabilmente poco rispecchiante i multiformi aspetti della vita quotidiana, ma in grado di perdurare nel tempo.
 
Ittiti, Hittiti, Hatti o Chatti
Rimanendo cauti su traduzioni, trascrizioni, vocalizzazioni più o meno azzeccate, e interpretazioni, parrebbe che la terra di Hatti o di Chatti sia quella occupata dagli Ittiti, che verrebbero così scritti: Hittites, Héthéens, Hetiter, etc. Il territorio, o patria di origine o di semplice sviluppo, è stato localizzato nella penisola anatolica, ad est dell’attuale città di Ankara, antica Angora, capitale della Turchia, ed è la regione detta Hatti. La città principale è Hattusa, o Chattusa, vecchia Boğhazköy (“villaggio nella gola”), odierna Boğazkale. Ma la domanda canonica rimane comunque la seguente: da dove provengono gli Ittiti? Anche qui le ipotesi, ognuna con i suoi bravi dati a sostegno, sono varie. All’occhio di un profano come me sono tutte ugualmente interessanti e valide. Ma una mi ha colpito per la sua originalità e, senza che la si prenda troppo sul serio, la riporto semplicemente perché mi piace, invitando le persone competenti a rifletterci sopra. C’è chi sostiene che gli Ittiti provengano dal popolo dei Chatti, stanziati in Europa tra Reno e Weser. Alcuni linguisti sostengono che varie parole ittite derivino da una forma di linguaggio “antico-alto-tedesco” (Lehman J., Gli Ittiti, Garzanti, Milano 1997, p. 61). Fermo restando che la lingua ittita appartiene alla “famiglia indoeuropea” (meglio identificabile come Famiglia Europea), non basta l’assonanza dei nomi a fornire dati probanti: “Tuttavia non ci basiamo solo su questo. Theodor Bossert, una delle autorità dell’ittitologia, ha pubblicato nel suo Alt-Anatolien (Anatolia antica) una mappa in cui sono registrate tutte le località archeologiche dove sono state rinvenute divinità raffigurate su un toro o nell’atto di cavalcarlo. È una traccia lineare che dalla Siria, oltrepassando Boğhazköy, corre lungo il Danubio fino al Reno, piegando per una sua parte anche verso l’Italia. Un bellissimo esemplare di epoca romana, raffigurante questa divinità ittita con tutti i suoi attributi (fascio di saette e doppia ascia) a cavallo del toro, è stato trovato all’inizio del secolo a Heddernheim, che oggi è un quartiere di Francoforte sul Meno. Werner Speiser forse esagera, quando nel suo Vorderasiatische Kunst (Arte dell’Asia Anteriore) del 1952 sostiene che gli ittiti, con le loro teste e i lunghi nasi vigorosi, avevano un aspetto addirittura “falico” (cioè vestfalico); ma se si accetta la tesi di fondo c’è da riflettere. In definitiva anche i Galati dell’Asia Minore, cui scriveva l’apostolo Paolo, sono parenti dei celti nordeuropei” (Ibidem, pp. 74-75).
 
Caratteri distintivi
Leggendo nei vari testi e osservando le testimonianze della loro cultura possiamo vedere che gli Ittiti hanno la fronte alta e arrotondata, il naso dritto è senza l’angolo di attaccatura e i capelli sono tendenzialmente sciolti, lunghi e diritti. Possiamo ravvisarvi dei connotati “greci” come per esempio il naso? Attenzione: riferendosi agli Ittiti le iscrizioni egizie li descrivono aventi capelli chiari o probabilmente castano-chiari; inoltre c’è chi ha la barba, tagliata in varie fogge, verosimilmente a seconda della moda del momento. Per curiosità andiamo a vedere che cosa ci dice Tacito a proposito dei germanici Chatti, i quali sono stanziati a nordest del fiume Reno: “abitano il territorio che comincia dalla selva Ercinia, in luoghi non così pianeggianti e palustri come le altre regioni nelle quali si estende la Germania; infatti vi continuano i colli, che a poco a poco si fanno più rari, e la selva Ercinia continua insieme ai suoi Chatti e alla fine li mette al sicuro. La conformazione fisica è più resistente, solide le membra, truce l’aspetto, maggiore la forza d’animo. Possiedono - per essere dei Germani - molto raziocinio e abilità: mettono a capo delle truppe condottieri scelti, ubbidiscono ai comandanti, mantengono il loro posto nelle file dell’esercito; sanno riconoscere l’opportunità favorevole, ritardare gli attacchi, distribuire opportunamente le occupazioni della giornata e fortificarsi di notte; ascrivono la fortuna alle cose dubbie, e invece il valore alle cose sicure, e, cosa ben rara e concessa soltanto alla disciplina romana, ripongono maggior fiducia nel comandante che nell’esercito. La loro forza militare risiede interamente nella fanteria, che oltre alle armi caricano anche di arnesi da lavoro e vettovaglie: gli altri li vedi andare in battaglia, i Chatti in campagna militare. Rare presso di loro le scorrerie e scaramucce. Ottenere rapidamente la vittoria e altrettanto rapidamente ritirarsi è tipico del combattimento a cavallo: la velocità è connessa al timore, la ponderatezza invece alla costanza” (Tacito C., Germania, Risari E. (a cura di), Mondadori Editore, Milano 1991, 30, 1-3).
Tacito sottolinea quindi la capacità dei Chatti di possedere due cose non comuni tra Germani e Celti, che sono la ponderatezza, la costanza, la disciplina e la logistica. Inoltre spiega che dalla tribù dei Chatti, nel 38 a., si staccano i Batavi per andarsi a stabilire alla sinistra orografica del fiume Reno, quindi nel territorio occupato dai Romani, ma da questi “non subiscono l’umiliazione di pagare tributi, né sono oppressi dagli esattori; sono esenti da oneri di imposte e da contribuzioni straordinarie e tenuti in serbo soltanto per il combattimento; li si destina alla guerra come fossero armi da offesa e da difesa” (Ibidem, 29, 1).
 
Arii o Ariani.
Con il nome di Arii o di Ariani si designano comunemente le genti di lingua “indoeuropea” che dilagarono nelle attuali regioni dell’Iran e dell’India del nord. Taluni hanno sostenuto che si tratta di genti provenienti da nord o da est del Mar Nero, altri da settori ad ovest che oggi portano il nome di Romania e Ucraina. Nel corso del XIX sec. altri studiosi indicano invece come ariani i popoli di lingua europea, di razza bianca e in particolare quelli provenienti dalle regioni del Nord Europa.
Ad ogni buon conto non si è stabilita, o non si è voluta stabilire, con esattezza la loro terra d’origine, andando a negare l’esistenza di una cosiddetta “razza ariana”. Dagli Anni Trenta in avanti, e soprattutto a conclusione della Seconda guerra mondiale, si tende ad assimilare il termine di ariano con le teorizzazioni sulla razza e le formulazioni e le applicazioni delle cosiddette “leggi razziali”. Pertanto l’argomento viene accantonato come scomodo e inopportuno.
Ecco un’altra curiosità che ci viene dal passato tramite Tacito e ancora sui Germani: “Io, personalmente, condivido l’opinione di chi ritiene che le popolazioni della Germania non si siano mescolate con altre genti tramite matrimoni, e che quindi siano una stirpe a sé stante e pura, con una conformazione fisica propria. Da ciò deriva un aspetto simile in tutti, nonostante il gran numero di individui: occhi azzurri e torvi, capelli biondo-rossastri, corpi saldi e robusti, in grado però di costituire una massa d’urto: la loro capacità di sopportare prestazioni faticose è di gran lunga inferiore, e non sono avvezzi a tollerare la sete e il caldo; il clima e la configurazione del territorio li abituano infatti ad adattarsi al freddo e alla fame” (Ibidem, 4, 3).
In particolare, Tacito parla della numerosa tribù dei Suebi, costituita da più tribù: “Attraversa e divide il paese dei Suebi una catena continua di montagne, al di là della quale abitano numerose genti; tra di esse è ampiamente diffuso il nome di Lugi, applicato a molte tribù. Basterà qui ricordare le più forti: Harii, Helveconi, Manimi, Helisi, Nahanarvali” (Ibidem, 43, 2). Stando ad alcuni studiosi la catena montuosa è stata individuata nei Carpazi occidentali e i territori nelle odierne Slesia e Polonia, dalla Vistola all’Oder; inoltre si esprime perplessità sul fatto che fossero della tribù dei Suebi, propendendo per quella degli Slavi.
Vediamo ora cosa ci dice Tacito di una tribù in particolare, quella degli Harii: “Per tornare agli Harii, alla forza per la quale superano le popolazioni sopra elencate aggiungono un’aria truce, e accrescono l’innata ferocia con artifici e con la scelta del momento opportuno: neri gli scudi, tinti di scuro i corpi, scelgono per l’attacco le notti più buie: un esercito di spettri che incute terrore col suo aspetto tenebroso. Non c’è nemico in grado di fronteggiare quella vista tremenda e quasi infernale. Infatti in qualsiasi combattimento i primi a essere sconfitti sono gli occhi” (Ibidem, 43, 4).
Gli studi delle nostre origini e quindi delle popolazioni che abitarono il continente europeo servono allo sviluppo delle conoscenze, nel senso più ampio del termine. Questo porrà probabilmente dei limiti a quello che fu propugnato fin dall’Ottocento come “pangermanesimo”, a cui Stalin oppose, nella prima metà del secolo successivo, il suo ideale di “panslavismo”, dimenticando come gli Slavi siano gente di stirpe europea e non già asiatica. È auspicabile che tutto ciò ponga fine all’equivoco ottocentesco e novecentesco di credere che da altrove sia pervenuta la nostra cultura, definendola “indoeuropea”. Sarebbe un po’ come dire (mi si conceda il paragone) a persone che vivono onestamente del proprio lavoro che gli asini volano ed è bello vederli volare: a furia di ripeterlo, decennio dopo decennio, qualcuno per creduloneria, qualcuno per problemi psichici, altri per piaggeria, affermeranno di vedere gli asini volare.
Noi siamo Europei e la nostra cultura è a tutti gli effetti europea. Non ci credete? La storia si ripete sempre e non sono certo io a dirlo: basti pensare, ad esempio, al filosofo napoletano Giambattista Vico e alla sua teoria riguardo corsi e ricorsi storici. Quindi è necessario e bastante vedere cos’hanno fatto, nel bene e nel male, le genti europee in questi ultimi duemilacinquecento anni e da dove sono partite, dove sono giunte, cos’hanno fondato, cos’hanno costruito, quale sia il contributo sociale, nazionale e culturale che hanno ovunque lasciato. Reimpariamo a pensare con la nostra testa... da veri Europei.
 


11 Marzo 2011 12:00:00 - http://rinascita.eu/index.php?action=news&id=7010

mardi, 22 mars 2011

The Rivkin Project: How Globalism Uses Multiculturalism to Subvert Sovereign Nations

Charles%20Rivkin.jpg

The Rivkin Project:

How Globalism Uses Multiculturalism to Subvert Sovereign Nations, Part 1

Kerry BOLTON

Ex: http://counter-currents.com/

During October 19–22, 2010, Charles Rivkin, US Ambassador to France, invited a 29-member delegation from the Pacific Council on International Policy (PCIP) to a conference in France, the main purpose of which was to discuss Arab and Islamic relations in the country.[1] The meeting was part of a far-reaching subversive agenda to transform that entire character of France and in particular the consciousness of French youth, which includes the use of France’s Muslim youth in a typically manipulative globalist strategy behind the usual façade of “human rights” and “equality.”

Globalist Delegation at US Embassy

The PCIP report states of the conference:

. . . The delegation further focused on three key themes. First, the group examined Franco-Muslim issues in France through exchanges with Dr. Bassma Kodmani, Director of the Arab Reform Institute, and Ms. Rachida Dati, the first female French cabinet member of North African origin and current Mayor of the 7th Arrondissement in Paris. A trip to the Grand Mosque of Paris and a meeting with the Director of Theology and the Rector there provided additional insight. Second, meetings with Mr. Jean-Noel Poirier, the Vice President of External Affairs at AREVA (a highly innovative French energy company), and with Mr. Brice Lalonde, climate negotiator and former Minister of the Environment, highlighted energy and nuclear policy issues and the differences between U.S. and French policies in these arenas. And finally, the delegation explored the connections between media and culture in California (Hollywood) and France in meetings at the Louvre, the Musee D’Orsay, and at FRANCE 24 — the Paris-based international news and current affairs channel.[2]

The over-riding concern seems to have been on matters of a multicultural dimension, including not only Arab and Islamic relations in France, but perhaps more importantly in the long term, a discussion on the impact of Hollywood “culture” on the French.

The USA has long played a duplicitous game of “fighting terrorism” of an “Islamic” nature as one of the primary elements of its post-Cold War stratagem of manufactured permanent crises, while using “radical Islam” for it own purposes, the well-known examples being: (1) Supporting Bin Ladin in the war against Russia in Afghanistan, (2) backing Saddam Hussein in the war against Iran, (3) supporting the Kosovo Liberation Army in ousting Serbian sovereignty over mineral rich Kosovo, the KLA having been miraculously transformed from being listed by the US State Department as a “terrorist organization,” to becoming “freedom fighters.”

When US globalists pose as friends of Muslims, the latter should sup with the Great Shaitan with an exceedingly long spoon.

What is the Pacific Council on International Policy?

The PCIP of which Rivkin is a member was founded in 1995 as a regional appendage of the omnipresent globalist think tank, the Council on Foreign Reactions (CFR),[3] is headquartered in Los Angeles, but “with members and activities throughout the West Coast of the United States and internationally.” Corporate funding comes from, among others:

Carnegie Corporation of New York
Chicago Council on Foreign Relations
City National Bank
The Ford Foundation
Bill and Melinda Gates Foundation
The William & Flora Hewlett Foundation
Rockefeller Brothers Fund
The Rockefeller Foundation
United States Institute of Peace[4]

The PCIP is therefore yet another big player in the globalist network comprising hundreds of usually interconnected organizations, lobbies, “civil society” groups, NGOs, and think tanks, associated with banks and other corporations. As usual, there is a conspicuous presence by Rockefeller interests.

Why France?

France has long been a thorn in the side of US globalism because of its stubborn adherence to French interests around the world, rather than those of the manufactured “world community,” although the Sarkozy regime is an exception. However, France is one of the few states left in Western Europe with a strong national consciousness. The best way of destroying any such feeling — which translates too often into policy — is to weaken the concepts of nationhood and nationality by means of promoting “multiculturalism.”

Was it only coincidence that the 1968 student revolt, sparked by the most puerile of reasons, occurred at a time both when the CIA was very active in funding student groups around the world, and when President De Gaulle was giving the USA maximum trouble in terms of foreign policy? De Gaulle did little to play along with American’s post-war plans. He withdrew France form NATO command, during in World War II was distrusted by the USA.[5]

Of particular concern would have been De Gaulle’s advocacy of a united Europe to counteract US hegemony.[6] In 1959 he stated at Strasbourg: “Yes, it is Europe, from the Atlantic to the Urals, it is the whole of Europe, that will decide the destiny of the world.” The expression implied co-operation between a future Europe and the USSR. In 1967 he declared an arms embargo on Israel and cultivated the Arab world. This is the type of legacy that globalists fear.

With the buffoonery of Sarkozy, and mounting tension with disaffected Muslim youth, a backlash could see an intransigently anti-globalist, “xenophobic” regime come to power. In today’s context, what better way now to subvert French nationalism and any potential to revive as an anti-globalist force, than to use its large, unassimilated Islamic component, just as the Bolshevik revolution was undertaken to a significant extent by the disaffected minorities of the Russian Empire?

Of interest also is the concern this delegation had for the influence of Hollywood on French culture. This might seem at first glance to be an odd concern. However, Hollywood, as the economic symbol of globalist cultural excrescence, is an important factor in globalization, in what amounts to a world culture-war. Ultimately the goal of globalism is not to promote the survival of ethnic cultures and identities, but rather to submerge them into one big melting pot of global consumerism, to uproot every individual from an identity and heritage and replace that with the global shopping mall, and the “global village.” Therefore multiculturalism should be viewed as the antithesis of what it is understood as being.

So far from the global corporates wanting to promote so-called multiculturalism in terms of assuring the existence of a multiplicity of cultures, as the term implies; it is to the contrary part of a dialectical process whereby a under the facade of ideals, peoples of vastly different heritage are moved across the world like pawns on a chess board, the aim being to break down culturally specific nations. It is an example of Orwellian “doublethink.”[7]

It is notable that the instigators of the “velvet revolutions” now sweeping North Africa and reaching into Iran are largely “secularized” youths without strong traditionalist roots. Similarly, the best way to solve France’s ethnic conflicts and to assure that France does not re-emerge again to confront US/globalist interests, is to dialectically create a new cultural synthesis where there is neither a French culture nor an Islamic culture, but under the banner of “human rights” and “equality,” a globalist youth-based culture nurtured by Hollywood, MTV, cyberspace, MacDonald’s and Pepsi.

That this is more than hypothesis is indicated by the manner by which the secular youth revolts now taking place in North Africa have been spawned by an alliance of corporate interests, sponsored by the US State department and sundry NGOs such as Freedom House.[8] The North African “revolutionaries” toppling regimes are just the type of “Muslim” that the globalists prefer; imbued with the cyber-consumer mentality.

So what are Rivkin and the US State Department up to in France, that they should be so interested in the place of Hollywood and of Muslims in the country?

Notes

1. “2010 France Country Dialogue,” PCIP,  http://www.pacificcouncil.org/page.aspx?pid=583

2. “2010 France Country Dialogue,” ibid.

3. “Founded in 1995 in partnership with the Council on Foreign Relations,” PCIP, Governance, http://www.pacificcouncil.org/page.aspx?pid=373

4. Corporate and Foundation funding: http://www.pacificcouncil.org/page.aspx?pid=513

5. S. Berthon, Allies At War (London: Collins, 2001), p. 21.

6. A. Crawley, De Gaulle (London: The Literary Guild, 1969), p. 439.

7. “The power of holding two contradictory beliefs in one’s mind simultaneously, and accepting both of them . . .” George Orwell, Nineteen Eighty-Four (London: Martin Secker and Warburg, 1949), Part 1, Ch. 3, p. 32.

8. K. R. Bolton, “Twitters of the World Unite! The Digital New-New Left as Controlled Opposition,” Part 1, Part 2, Part 3, and Part 4. Tony Cartalucci, “Google’s Revolution Factory – Alliance of Youth Movements: Color Revolution 2.0,” Global Research, February 23, 2011, http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=23283

The Rivkin Project:
How Globalism Uses Multiculturalism to Subvert Sovereign Nations, Part 2

In 2010 when US ambassador Charles Rivkin invited a delegation of fellow Pacific Council on International Policy members to France, he had outlined a program for the Americanization of France that primarily involved the use of the Muslim minorities and the indoctrination of French youth with corporate globalist ideals. The slogan invoked was the common commitment of France and America historically to “equality.”

Wikileaks released the “confidential” program. It is entitled “Minority Engagement Strategy.”[1] Here Rivkin outlines a program that is a flagrant interference in the domestic affairs of a sovereign nation and, more profoundly, seeks to change the attitudes of generations of Muslim and French youth so that they merge into a new globalist synthesis; or what might be called a new humanity: Homo economicus, or what the financial analyst G. Pascal Zachary calls “The Global Me,”[2] to achieve what Rivkin describes as the USA’s “national interest.”

Rivkin begins by stating that his embassy has created a “Minority Engagement Strategy” that is directed primarily at Muslims in France. Rivikin states as part of the program: “We will also integrate the efforts of various Embassy sections, target influential leaders among our primary audiences, and evaluate both tangible and intangible indicators of the success of our strategy.”[3]

Rivkin is confident that France’s history of ideological liberalism “will serve us well as we implement the strategy outlined here . . . in which we press France . . .” Note the phrase: “press France.” America’s global agenda is linked by Rivkin to his blueprint for transforming France into “a  thriving, inclusive French polity [which] will help advance our interests in expanding democracy and increasing stability worldwide.” The program will focus on the “elites” of the French and the Muslim communities, but will also involve a massive propaganda campaign directed at the “general population,” with a focus on youth.

At high levels US officials will place French officials on the defensive. The program also includes redefining French history in the school curricula to give attention to the role of non-French minorities in French history. It means that the Pepsi/MTV generation of Americans will be formulating new definitions of French culture and writing new pages of French history to accord with globalist agendas. Towards this end: “. . . we will continue and intensify our work with French museums and educators to reform the history curriculum taught in French schools.”

“Tactic Number Three” is entitled: “Launch Aggressive Youth Outreach.” As in other states targeted by the US State Department and their allies at the Soros network, Freedom House, Movement.org, National Endowment for Democracy, Solidarity Center,[4] and so forth; disaffected youth are the focus for change. Leading the charge on this effort, the Ambassador’s inter-agency Youth Outreach Initiative aims to “engender a positive dynamic among French youth that leads to greater support for US objectives and values.” Can the intentions be stated any plainer? It is Americanization culturally and politically.

It is here that we can most easily get past the cant and clearly see what is behind the strategy: to form a generation “that leads to greater support for US objectives and values.” These “US objectives and values” will be sold to the French as French values on the basis of the bourgeois ideals of 1789 which continue to encumber French ideology on both Left and Right. They will be taught to think that they are upholding French traditions, rather than acting as agents of change according to “American values”: the values of the global village and the global shopping mall. A far-reaching program incorporating a variety of indoctrination methods is outlined:

To achieve these aims, we will build on the expansive Public Diplomacy programs already in place at post, and develop creative, additional means to influence the youth of France, employing new media, corporate partnerships, nationwide competitions, targeted outreach events, especially invited US guests.[5]

The program directed at youth in France is similar to that directed at the youth that formed the vanguard of the “velvet revolutions” from Eastern Europe to North Africa. Potential leaders are going to be taken up by the US State Department in France and cultivated to play a part in the future France of American design:

We will also develop new tools to identify, learn from, and influence future French leaders.

As we expand training and exchange opportunities for the youth of France, we will continue to make absolutely certain that the exchanges we support are inclusive.

We will build on existing youth networks in France, and create new ones in cyberspace, connecting France’s future leaders to each other in a forum whose values we help to shape — values of inclusion, mutual respect, and open dialogue.[6]

Here Rivkin is advocated something beyond influencing Muslims in France. He is stating that a significant part of the program will be directed towards cultivating French youth, the potential leaders, in American ideals, under the façade of French ideals. The US State Department and their corporate allies and allied NGOs intend to “shape their values.” The globalist program for France is stated clearly enough to be the re-education of French youth. One would think that this is the most important role of the French Government, the Catholic Church and the family; the latter two in particular. American bureaucrats and their inane sidekicks recruited from professions are to formulate new “French values.”

As in the states that are chosen for “velvet revolutions” part of the strategy includes demarcating the political confines. As Hillary Clinton recently stated in regard to the type of state the US Establishment expects to emerge after Qadaffi, the new Libya should be an inclusive democracy, open to all opinions, as long as those opinions include a commitment to “equality” and “democracy”; in other words, there must be a new dispensation of freedom in Libya, so long as that freedom does not extend beyond America’s definition of it. And if someone oversteps the lines of acceptable democracy, American bombers are on standby. In the context of France, however, it is clear that the demarcation of French politics according to globalist dictates cannot include any elements of so-ccalled “xenophobia” (sic), which in today’s context would include a return to the grand politics of the De Gaulle era. Hence, “Tactic 5” states:

Fifth, we will continue our project of sharing best practices with young leaders in all fields, including young political leaders of all moderate parties so that they have the toolkits and mentoring to move ahead. We will create or support training and exchange programs that teach the enduring value of broad inclusion to schools, civil society groups, bloggers, political advisors, and local politicians.[7]

Rivkin is outlining a program to train France’s future political and civic leaders. While the programs of US Government-backed NGOs, such as the National Endowment for Democracy — ostensibly designed to develop entire programs and strategies for political parties in “emerging democracies,” such as the states of the ex-Soviet bloc — can be rationalized by way of a lack of a heritage of liberal-democratic party politics, the same rationale can hardly be used to justify America’s interference in France’s party politics.

Towards this end Rivkin states that the 1,000 American English language teachers employed at French schools will be provided with the propaganda materials necessary to inculcate the desired ideals into their French pupils: “We will also provide tools for teaching tolerance to the network of over 1,000 American university students who teach English in French schools every year.”

The wide-ranging program will be co-ordinated by the “Minority Working Group” in “tandem” with the “Youth Outreach Initiative.” One of the problems monitored by the Group will be the “decrease in popular support for xenophobic political parties and platforms.” This is to ensure that the program is working as it should to block the success of any “extreme” or “xenophobic” party that might challenge globalization.

Rivkin clarifies the subversive nature of the program when stating: “While we could never claim credit for these positive developments, we will focus our efforts in carrying out activities, described above, that prod, urge, and stimulate movement in the right direction.”

What would the reaction be if the French Government through its Embassy in Washington undertook a program to radically change the USA in accordance with “French national interests,” inculcating through an “aggressive outreach program” focusing on youth, “French ideals” under the guise of “American ideals on human rights.” What would be the response of the US Administration if it was found that the French Government were trying to influence the attitudes also of Afro-Americans, American-Indians, and Latinos? What would be the official US reaction if it was found that French language educators in American schools and colleges were trying to inculcate American pupils with ideas in the service of French interests?

The hypothetical reaction can be deduced from the US response to the “Soviet conspiracy” when Senate and Congressional committees were set up to investigate anyone even vaguely associated with the USSR. So what’s different? The USA perpetrates a subversive strategy in the interests of it globalist cooperate elite, instead of in the interests of the USSR or communism. It is not as though the USA has had much of a cultural heritage that it can present itself to any European nation, let alone France, as the paragon of good taste and artistic refinement upon which a national identity can be constructed. It this matter, it is a case of deconstruction.

Notes

1. C. Rivkin, “Minority Engagement Report,” US Embassy, Paris, http://www.wikileaks.fi/cable/2010/01/10PARIS58.html

2. G. Pascal Zachary, The Global Me: Why Nations will succeed or Fail in the Next Generation (New South Wales, Australia: Allen and Unwin, 2000).

3. Rivkin.

4. K. R. Bolton, “The Globalist Web of Subversion,” Foreign Policy Journal, February 7, 2011, http://www.foreignpolicyjournal.com/2011/02/07/the-globalist-web-of-subversion/

5. Rivkin.

6. Rivkin.

7. Rivkin.

The Rivkin Project:
How Globalism Uses Multiculturalism to Subvert Sovereign Nations, Part 3

Many nefarious aims have been imposed under the banner of multiculturalism and slogans such as “equality” and “human rights.” As “democracy” has been used to justify the bombing states throughout recent history, these slogans often serve as rhetoric to beguile the well-intentioned while hiding the aims of those motivated by little if anything other than power and greed.

One might think of the manner by which the issue of the Uitlanders was agitated to justify the Anglo-Boer wars for the purpose of procuring the mineral wealth of South Africa for the benefit of Cecil Rhodes, Alfred Beit, et al.

A similar issue was revived in our own time, under the name of “fighting apartheid,” and while the world was jubilant at the assumption to power of the ANC, the reality has been that the Africans have not benefited materially one iota, but the parastatals or state owned enterprises are being privatized so that they can be sold off to global capitalism. When the patriarch of South African capitalism, Harry Oppenheimer, whose family was a traditional foe of the Afrikaners, died in 2000,Nelson Mandela eulogized him thus:  “His contribution to building partnership between big business and the new democratic government in that first period of democratic rule can never be appreciated too much.”[1]

The “democracy” Oppenheimer and other plutocrats in tandem with the ANC created in South Africa is the freedom for global capital to exploit the country. Mandela stated the result of this “long march to freedom” in 1996: “Privatization is the fundamental policy of the ANC and will remain so.”[2] In commenting on the privatization of the Johannesburg municipal water supply, which is now under the French corporation Suez Lyonnaise Eaux, the ANC issued a statements declaring that: “Eskom is one of a host of government owned ‘parastatals’ created during the apartheid era which the democratically elected government has set out to privatise in a bid to raise money.”[3] It is the same outcome for South Africa that was achieved by the “liberation” of Kosovan minerals in the name of “democracy” and in the name of the rights of Muslims under Serb rule, while other Muslims under their own rule are bombed into submission by the USA and its allies.

The Aims of Global Capitalism

The nature of the globalist dialectic has been explained particularly cogently by Noam Chomsky:

See, capitalism is not fundamentally racist — it can exploit racism for its purposes, but racism isn’t built into it. Capitalism basically wants people to be interchangeable cogs, and differences among them, such as on the basis of race, usually are not functional. I mean, they may be functional for a period, like if you want a super exploited workforce or something, but those situations are kind of anomalous. Over the long term, you can expect capitalism to be anti-racist — just because it’s anti-human. And race is in fact a human characteristic — there’s no reason why it should be a negative characteristic, but it is a human characteristic. So therefore identifications based on race interfere with the basic ideal that people should be available just as consumers and producers, interchangeable cogs who will purchase all the junk that’s produced — that’s their ultimate function, and any other properties they might have are kind of irrelevant, and usually a nuisance.[4]

The Chomsky statement cogently expresses the situation in its entirety.

France as a Social Laboratory for Globalization

The Rivkin offensive is the latest in a long line of programs for undermining French identity. France is a paradox, combining the cosmopolitan values of the bourgeois Revolution of 1789 with a stubborn traditionalism and nationalism, which the globalists term “xenophobia.” It is manifested even in small ways such as the legal obligation of French public servants and politicians to speak only French to the foreign media, regardless of their knowledge of any other language; or the widespread resistance in France to McDonalds and Disney World.

France, like much of the rest of the world, however, is fighting a losing cultural battle against globalization. Jeff Steiner’s column “Americans in France,” refers to the manner by which the French at one time resisted the opening of the American fast food franchise as “part of an American cultural invasion.” Steiner writes:

. . . That seems to be past as McDonalds has so become a part of French culture that it’s not seen as an American import any longer, but wholly French. In short, McDonalds has grown on the French just like in so many other countries.

I’ve been to a few McDonalds in France and, except for one in Strasbourg that looks from the outside to be built in the traditional Alsatian style, all McDonalds in France that I have seen look no different than their American counterparts.

Yes, there are those that still curse McDo (They are now a very small group and mostly ignored) as the symbol of the Americanization of France and who also see it as France losing its uniqueness in terms of cuisine. The menu in a French McDonalds is almost an exact copy of what you would find in any McDonalds in the United States. It struck me as a bit odd that I could order as I would in the United States, that is in English, with the odd French preposition thrown in.

If truth were told, the French who eat at McDonalds are just as much at home there as any American could be.[5]

This seemingly trivial example is actually of immense importance in showing just how a culture as strong as that of France — until recently an immensely proud nation — can succumb, especially under the impress of marketing towards youngsters. It is a case study par excellence of the standardization that American corporate culture entails. It is what the globalist elite desires on a world scale, right down to what one eats.

It is notable that the vanguard of resistance to McDonalds came from farmers, a traditionalist segment of Europe’s population that is becoming increasingly anomalous and under the globalist regime will become an extinct species as agriculture gives way to agribusiness.

Given France’s status in Europe and its historical tendency to maintain its sovereignty in the face of US interests — even quite recently with its opposition to the war against Iraq — France remains one globalism’s few stumbling blocks in Europe. An added concern is that the French will take their stubborn “xenophobia” to the polls and elect a stridently anti-globalist party, as reflected in the electoral ups and downs of the Front National, which opposes both globalization and privatization.

This is a major reason for Rivkin’s far-reaching subversive and interventionist program to assimilate Muslims into French society, which would fundamentally transform French consciousness to be more thoroughly cosmopolitan. The intention is clear enough in the Rivkin embassy documents where it is stated that the Embassy will monitor the effects of the “outreach” program on the “decrease in popular support for xenophobic political parties and platforms.”

Contra the “xenophobia” of France, R. J. Barnet and R. E. Müller’s study of the global corporation, Global Reach,[6] based on interviews with corporate executives, shows that the French business elite has long been seeking to undermine the foundations of French tradition. Jacques Maisonrouge, president of the IBM World Trade Corporation “likes to point out that ‘Down with borders,’ a revolutionary student slogan of the 1968 Paris university uprising – in which some of his children were involved – is also a welcome slogan at IBM.”[7] Maisonrouge stated that the “World Managers” (as Barnett and Muller call the corporate executives) believe they are making the world “smaller and more homogeneous.”[8] Maisonrouge approvingly described the global corporate executive as “the detribalized, international career men.”[9] It is this “detribalization” that is the basis of a “world consumer culture” required to more efficiently create a world economy.

Paris is already a cosmopolitan center and therefore ideal as a prototype for the “global city” of the future. In the 1970s Howard Perlmutter and Hasan Ozekhan of the Wharton School of Finance Worldwide Institutions Program prepared a plan for a “global city.” Paris was chosen for the purpose. Prof. Perlmutter was a consultant to global corporations. His plan was commissioned by the French Government planning agency. Perlmutter predicted that cities would become “global cities” during the 1980s.

For Paris, this required “becoming less French” and undergoing “denationalization.” This, he said, requires a “psycho-cultural change of image with respect to the traditional impression of ‘xenophobia’ that the French seem to exude.” The parallels with the current Rivkin program are apparent. Perlmutter suggested that the best way of ridding France of its nationalism was to introduce multiculturalism. He advocated “the globalization of cultural events” such as international rock festivals, as an antidote to “overly national and sometimes nationalistic culture.”[10]

Undermining France’s “overly national and sometimes nationalistic culture” is the reason Rivkin sought to foster stronger connections between Hollywood and the French culture industry.[11] Rivkin knows the value of entertainment in transforming attitudes, especially among the young. After working as a corporate finance analyst at Salomon Brothers, Rivkin joined The Jim Henson Company in 1988 as director of strategic planning. Two years later, he was made vice president of the company.

The Jim Henson Company produces Sesame Street, whose cute little muppets push a well-calculated globalist agenda to toddlers. Lawrence Balter, professor of applied psychology at New York University, wrote that Sesame Street “introduced children to a broad range of ideas, information, and experiences about diverse topics such as death, cultural pride, race relations, people with disabilities, marriage, pregnancy, and even space exploration.” The series was the first to employ educational researchers, with the formation of a Research Department.[12] Sesame Street has received funding from the Ford Foundation, the Carnegie Corporation, and the US Office of Education. Of passing interest is that the Carnegie Corporation and the Ford Foundation are also patrons of the Pacific Council on International Policy.

Creating the World Consumer

As Chomsky has pointed out, global capitalism sees humanity in terms of interchangeable cogs in the production and consumption cycle. The summit of corporate human evolution is transformation into “detribalized, international career men.” According to financial journalist G. Pascal Zachary, these rootless cosmopolitans constitute an “informal global aristocracy” recruited all over the world by corporations, depending totally on their companies and “little upon the larger public,” a new class unhindered by national, cultural, or ethnic bonds.[13]

Barnett and Muller quoted Pfizer’s John J. Powers as stating that global corporations are “agents for change, socially, economically and culturally.”[14] They stated that global executives see “irrational nationalism” as inhibiting “the free flow of finance capital, technology, and goods on a global scale.” A crucial aspect of nationalism is “differences in psychological and cultural attitudes, that complicate the task of homogenizing the earth into an integrated unit. . . . Cultural nationalism is also a serious problem because it threatens the concept of the Global Shopping Center.”[15]

This “cultural nationalism” is described by Rivkin and all other partisans of globalism as “xenophobia,” unless that “xenophobia” can be marshaled in the service of a military adventure when bribes, embargoes and threats don’t bring a reticent state into line, as in the cases of Serbia, Iraq, and perhaps soon, Libya. Then the American globalist elite and their allies become “patriots.”

Barnet and Muller cite A. W. Clausen when he headed the Bank of America, as stating that national, cultural, and racial differences create “marketing problems,” lamenting that there is “no such thing as a uniform, global market.”[16] Harry Heltzer, Chief Executive Officer of 3M stated that global corporations are a “powerful voice for world peace because their allegiance is not to any nation, tongue, race, or creed but to one of the finer aspirations of mankind, that the people of the world may be united in common economic purpose.”[17]

These “finer aspirations of mankind,” known in other quarters as greed, avarice, and Mammon-worship, have despoiled the earth, caused global economic imbalance, and operate on usury that was in better times regarded as a sin. These “finer aspirations,” by corporate reckoning, have caused more wars than any “xenophobic” dictator, usually in the name of “world peace,” and “democracy.”

The Rivkin doctrine for France — which according to the leaked document, must be carried out in a subtle manner — is a far-reaching subversive program to transform especially the young into global clones devoid of cultural identity, while proceeding, in the manner of Orwellian “doublethink,” under the name of “multiculturalism.”

Notes

1. “Mandela honours ‘monumental’ Oppenheimer”, The Star, South Africa, August 21, 2000, http://www.iol.co.za/index.php?set_id=1&click_id=13&art_id=ct20000821001004683O150279 (accessed September 27, 2009).

2. Lynda Loxton, “Mandela: We are going to privatise,” The Saturday Star, May 25, 1996, p.1.

3. ANC daily news briefing, June 27, 2001. See also “Eskom,” ANC Daily News Briefing, June 20, 2001, 70.84.171.10/~etools/newsbrief/2001/news0621.txt

4. Noam Chomsky, Understanding Power: The Indispensable Chomsky (New York: The New York Press, 2002), pp. 88–89.

5. J. Steiner, “American in France: Culture: McDonalds in France, http://www.americansinfrance.net/culture/mcdonalds_in_france.cfm

6. R. J. Barnet and R. E. Müller, Global Reach: The Power of the Multinational Corporations (New York: Simon and Schuster, 1974).

7. Global Reach, p. 19. For an update on Maisonrouge see: IBM, http://www-03.ibm.com/ibm/history/exhibits/builders/builders_maisonrouge.html

8. Global Reach, , p. 62.

9. Global Reach, ibid.

10. Global Reach, pp. 113–14.

11. “2010 France Country Dialogue,” PCIP, op. cit.

12. L. Balter, Parenthood in America: An Encyclopaedia, Vol. 1 (ABC-CLIO, 2000), p. 556.

13. G. Pascal Zachary, The Global Me (New South Wales: Allen & Unwin, 2000).

14. Global Reach, p. 31.

15. Global Reach, p. 58.

16. Global Reach, ibid.

17. Global Reach, p. 106.

samedi, 19 mars 2011

Sortir du cauchemar strauss kahnien

Sortir du cauchemar strauss kahnien

par Jean-Gilles MALLIARAKIS

Ex: http://www.insolent.fr/

110314

Depuis la diffusion de la grande nouvelle, à savoir que DSK aurait pris sa décision en personne mais qu'il désire encore en conserver le secret, les commentaires conspirationnistes affleurent.

Ceux-ci proviennent du reste des gens auxquels on s'attend le moins. Sur RTL ce 14 mars, M. Alain Duhamel glapissait, de sa manière inimitable, une sorte de réquisitoire mettant en cause le couple infernal du populisme et du socialisme. Plus scientifique, le 12 mars M.  M.Franck Gintrand (1), conseil en communication, soulignait le trucage grâce auquel ont été calculés les résultats de l'étude Louis Harris, chiffres sur la base desquels, bien évidemment, le directeur général du FMI fait office de "sauveur". Déjà "Libération" le 7 mars avait publié une charge tant soit peu polémique de Jérôme Sainte-Marie directeur général adjoint du concurrent CSA contre le patron dudit institut : "le bonhomme nous ridiculise". (2)

Dans la pratique, à dire vrai, rien ne nous assure encore que l'époux d'Anne Sinclair daignera même quémander ni les voix virtuelles des sympathisants du PS dans le cadre des primaires de 2011, ni les suffrages effectifs des électeurs français lors de la présidentielle de 2012.

En tout état de cause son influence peut faire autant de mal au pays que son accession au pouvoir.

Reste en effet le fond du problème.

Évoquons les cures dites d'austérité qui s'imposent hélas à un certain nombre de pays européens. Ceci va englober bientôt, de manière inéluctable, la république jacobine. Dans ma chronique du 11 mars, j'avais cherché à tirer, brièvement, les leçons du cas de la Grèce. Je l'ai fait à la fois parce que je cherche à le suivre et le comprendre depuis le début et aussi parce qu'il aura été le plus immédiatement révélé à l'opinion dès l'automne 2009. (3)

Sans doute ne faut-il pas mettre ni au débit du seul Dominique Strauss-Kahn, ni à son crédit, le plan de sauvetage financier, ni dans ses grandes lignes, ni dans le détail de son application. Une assez scabreuse intervention de la "troïka" à Athènes a fait ainsi couler beaucoup d'encre et de salive. Cela se déroulait au moment même où les trois représentants de l'UE, de la BCE et du FMI constataient la bonne tenue [arithmétique] du programme gouvernemental local. Douloureusement, mais finalement de manière assez crédible, le retour vers la santé des finances publiques s'accomplit. Or, les trois porteurs d'attachés-cases ont cru bon, pour mieux faire, de suggérer une vente à l'encan des biens fonciers appartenant à l'État. Évidemment cette solution, la pire de toute, ressemble à celle que les jacobins utilisèrent au temps des assignats. (4) Mais finalement cette scandaleuse "sardine" n'aura pas bloqué longtemps le port du Pirée et il a encore été rappelé lors du Conseil européen du 11 mars qu'elle était totalement écartée.

Dans ce dossier, Strauss-Kahn n'endosse aucune responsabilité personnelle.

Seulement voilà. À vouloir incarner la finance mondiale, à poser en sauveur du capitalisme le dirigeant socialiste, l'ancien ministre de Jospin, le maire de Sarcelles, l'ancien militant des courants du PS eux-mêmes issus des groupuscules trotskistes conforte surtout son image d'ancien étudiant en économie à Chicago, et une réputation [à mon avis flatteuse, trop flatteuse] d'ancien élève du libéral conservateur Gary S. Becker. La vérité vraie consiste à considérer qu'il ne mérite sans doute "ni cet excès d'honneur ni cette indignité". Ex trotskiste ne signifie pas admirateur de Chavez ou sympathisant de Mélenchon, élève ne veut pas dire disciple, coureur de jupons ne veut pas dire violeur en série, etc.

DSK ne doit pas être vu comme le diable incarné, il en deviendrait presque intéressant. Il doit être débusqué avant tout comme un gros enfumeur.

Admirons la grande commisération avec laquelle il se penche sur le cas de la France. Le propriétaire immobilier à Paris qu'il demeure, au moins à égalité avec Marrakech, ne doit pas manquer de se préoccuper des valeurs foncières place des Vosges, ce qui implique un minimum de maintien de la sécurité du quartier, de la propreté de la ville et de l'efficacité des taxis. [Présumons que l'odeur du métro ne l'étouffe pas.] Ne reconnaît-on pas là le B A Ba de la citoyenneté ?

Malheureusement, à Paris comme n'importe où ailleurs, cela ne suffit pas.

Les équations keynésiennes, entièrement fausses du point de vue de la Théorie économique, n'interdisent pas de comprendre que les budgets publics, ceux des États comme ceux des collectivités locales, ceux des organismes sociaux comme ceux des entreprises sous contrôle ministériel, doivent se présenter, devraient revenir, seront contraints de se rétablir au moins à l'équilibre.

On ne doit donc pas tenir les critères dits de Maastricht pour de simples obligations liées à la "construction de l'Europe", ou à ce qu'il en reste. On doit les considérer comme des bases minimales assurant un plancher de crédibilité, certes grossier et arbitraire, mais en dehors duquel on entre dans le délire, au moins en temps de paix. Un grand nombre de pays européens, – dont l'Angleterre sous Gordon Brown, la France depuis Mitterrand et Chirac, etc. – y ont succombé ces dernières années.

En quoi, dès lors, l'influence de M. Strauss-Kahn conduirait-elle un programme de redressement plus mauvais qu'un autre ? Tout simplement parce qu'on ne communiquerait que sur le principe de ce programme, que ses adversaires succomberaient à la tentation et commettraient l'erreur de lui laisser le monopole de la rigueur – mais dans le quotidien, dans le réel, il se révélerait incapable de le fonder sur ses vraies bases qui s'appellent libertés, responsabilités et respect du droit de propriété.

D'un tel point de vue la régence de DSK, ou le gouvernement de celui qu'il désignera comme le plus capable de réaliser le programme qu'il préconise ne différerait en rien de l'alternance entre sociaux démocrates et démocrates sociaux qui fonctionne depuis des décennies.

Je ne m'intéresse pas au rapport que les politiciens, socialistes ou autres, entretiennent avec les autres commandements de la Loi, je leur pose seulement la question suivante : en matière économique et sociale ne devrait-on pas commencer par appliquer ceux qui s'énoncent simplement ainsi : "tu ne voleras pas", "tu ne désireras pas le bien d'autrui" et "tu ne mentiras pas".

JG Malliarakis

Apostilles

  1. Sa chronique écrite "Le fil rouge de l'opinion" ne manque pas d'intérêt et il faut la recommander.
  2. cf. "On ment pour avoir de la reprise médiatique": Jean-Daniel Lévy [de l’institut qui a réalisé le sondage, rappelle Libé] s’est déjà associé à des sondages qui se sont révélés totalement faux, mais qui ont bénéficié d’une reprise médiatique intense.
  3. Je me permets d'ailleurs de rappeler que dès le 27 novembre 2009, l'Insolent titrait sur "la redécouverte du risque souverain". (version vocale sur le site de Lumière 101).
  4. Rappelons que les "dynasties bourgeoises" que fustige Beau de Loménie sont nées de ce détournement de propriétés.

Vous pouvez entendre l'enregistrement de notre chronique
sur le site de Lumière 101

 

Puisque vous avez aimé l'Insolent Aidez-le par une contribution financière !

Dreijährige Rassisten?

Dreijährige Rassisten?

Michael Grandt / Alexander Strauß

Ex: http://info.kopp-verlag.de/

Ein Antirassismusgesetz weist britische Lehrer an, Kinder im Vorschulalter, die rassistische Ausdrücke verwenden, den Behörden zu melden. Schon über eine Viertelmillion Kinder sind so des Rassismus beschuldigt worden.

Munira Mirza, die Beraterin des Londoner Bürgermeisters Boris Johnson, sagte gegenüber der britischen Tageszeitung Daily Mail, dass Schulen Kinder aufgrund des »Race Relation Act« beobachten. Das Antirassismusgesetz wurde im Vereinigten Königreich bereits 1976 erlassen und dient zum Schutz vor direkter und indirekter Diskriminierung nicht christlicher Gruppen wie etwa Juden und Sikhs. Das Gesetz gilt für 43.000 öffentliche Behörden, darunter Schulen und Kirchen, und soll »die guten Beziehungen zwischen Personen verschiedener rassischen Gruppen fördern«.

Demzufolge müssen rassistische Aussagen den Behörden gemeldet werden. Lehrer müssen auch dann Bericht erstatten, wenn das mutmaßliche Opfer sich gar nicht beleidigt fühlt oder die Beleidigungen gar nicht verstanden hat. In den Jahren 2002 bis 2009 wurden so 280.000 Kinder des Rassismus beschuldigt. Die Vorfälle wurden protokolliert und in Datenbanken gespeichert.

Weil Lehrer angewiesen sind, Fälle von verbalen, rassistischen »Übergriffen« der Dreijährigen den lokalen Behörden zu melden, rechnet man mit einer Sensibilisierung, auch vonseiten der Eltern, denn viele Akademiker sind der Meinung, dass sich Kinder nicht genug mit Rassismus beschäftigen. Kritiker hingegen argumentieren, dass diese Maßnahmen nicht helfen, Diskriminierungen auszumerzen, sondern ganz im Gegenteil ein Klima des Misstrauens und der Angst schaffen.

Ein durchschlagender Erfolg der Bemühungen ist noch nicht zu erkennen, das muss auch Munira Mirza zugeben: »Je mehr wir versuchen, den Rassismus einzudämmen, um so mehr scheint er sich auszubreiten.«

Der Protest in Großbritannien gegen dieses unglaubliche Gesetz hält sich seltsamerweise in Grenzen. Ein Blog-Schreiber bringt es jedoch auf den Punkt:

 

»In den meisten kontinentaleuropäischen Ländern wird nicht darüber nachgedacht, was die Kinder denken oder sagen, bis sie sechs Jahre alt sind und in die Grundschule geschickt werden. Der ›Race Relations Act‹ ist eines der schlimmsten Gesetze, das jemals erlassen wurde, und hat nichts zur Integration beigetragen, sondern eher zur Isolation und hat viele unschuldige Bürger als Rassisten gebrandmarkt. Das ist der gegenteilige Effekt, der beabsichtigt wurde. Wegen dieses Gesetzes sind jetzt Eltern beunruhigt, deren Kinder Freundschaften zu Kindern anderer Rassenzugehörigkeit pflegen. Schon ein normaler Streit zwischen Kindern kann somit durch einen übereifrigen Lehrer zu einem meldepflichtigen Ereignis mit rassistischem Hintergrund umgedeutet werden. Ich bezweifle, dass jedes Kind in diesem Land ein böswilliger Rassist ist.«

__________

Quelle:

http://www.dailymail.co.uk/news/article-1314438/3-year-ol...

Du concept Strauss-Kahn et de sa régence annoncée

Du concept Strauss-Kahn et de sa régence annoncée

par Jean-Gilles MALLIARAKIS

Ex: http://www.insolent.fr/

110311Sinistre pour le peuple grec, la cure d'austérité imposée par le FMI s'est déjà traduite par un taux de chômage de 13,1 % et une hausse des prix à la consommation évaluée à 4,9 %. On peut, certes, souhaiter qu'il en résulte, à moyen terme, un assainissement financier et une meilleure compétitivité. Paradoxalement ce drame offre au moins des avantages certains pour l'observateur étranger. Aux Français, il devrait faire comprendre ce qui les attend, à partir d'une situation très comparable, s'ils recourent aux mêmes médecins. On doit rappeler notamment que l'actuel premier ministre athénien, Georges Papandréou applique son programme, dicté par les petits hommes gris en étroite conformité de vues avec Dominique Strauss-Kahn, son camarade au sein de l'internationale socialiste, son ami.

 

Depuis plusieurs jours les lecteurs du journal grec Kathimerini (1) connaissent le contenu du documentaire "Un an avec DSK" que s'apprête à diffuser la chaîne Canal + (2), du moins pour la partie essentielle à leurs yeux.

Celle-ci révèle la manière dont, dès l'automne 2009, le recours au FMI a été convenu entre le gouvernement d'Athènes, qui à l'époque s'en défendait mensongèrement, et le directeur général de cet organisme. On peut penser que dans cette affaire très délicate, M. Papandréou et son ministre des Finances, jouant une partie difficile, ont évité le pire pour leur pays. Souhaitons que leur habileté ne se retourne pas contre leur propos. Il faudra se souvenir en revanche que le patron du FMI agissait subtilement mais sciemment, subrepticement, contre l'Europe.

DSK semble cependant, à l'évidence, très heureux de passer aux yeux des naïfs pour le "sauveur du capitalisme". Depuis son accession aux bureaux de Washington, il cherche à diffuser cette image. Et depuis quelques jours de calculs autour des sondages et de spéculations autour des hypothèses, il aimerait bien aussi passer pour le garant futur de notre démocratie qu'on dit gravement menacée par le populisme.

Le même journal Kathimerini ce 9 mars au matin titrait à nouveau sur les propos tenus par DSK dans le cadre de cette émission, destinée au public français. Traduisons, en attendant de l'entendre "en français dans le texte" : [En Grèce] "il existe des gens qui n'ont rien [pas de pain] à manger, et d'autres qui font de l'évasion fiscale un sport national". Le titre réduit encore plus "les uns souffrent, les autres fraudent". Car on veut confondre, on juxtapose sémantiquement, la fraude et l'évasion fiscales.

Souvent désinformés par des Grecs d'extrême gauche, je ne doute pas que trop de Français se représentent ainsi la réalité de la Grèce. Je ne chercherai pas à redresser leur opinion, car je n'y parviendrai pas. Mais je tiens à dire à mes amis lecteurs que je la tiens pour fausse.

En revanche, ils peuvent être certains que le même remède de cheval sera tantôt appliqué à la France.

Par exemple, Romano Prodi avait commencé à mettre en place cette doctrine, d'une façon relativement modérée, pendant la courte période où il revint de Bruxelles pour "redresser les finances italiennes" entre 2006 et 2008, avant le retour de Berlusconi.

DSK et Papandréou n'ont évidemment rien inventé. Ils ont simplement accentué cette pratique de la "rigueur de gauche", adossée elle-même aux craintes pour l'Union monétaire. Les questions budgétaires ne sont confondues pourtant avec l'ordre monétaire que pour mieux enfumer les opinions. Signalons ainsi que la coalition libérale-conservatrice au pouvoir en Grande-Bretagne redresse ses propres comptes publics par des réformes au moins aussi radicales, que celles adoptées par la Grèce, tout en restant en dehors de la zone euro et sans faire appel à DSK.

Mais voila, une partie non négligeable de l'Europe continentale, et pas seulement les gens de l'Europe du sud, veut la sociale-démocratie.

L'argument démagogique de la séparation entre "ceux qui souffrent" et "ceux qui fraudent" fonctionne comme une forme nouvelle de la vieille lutte des classes.

Il rencontrera l'assentiment de tous les coupeurs de têtes jacobins. La recette marche toujours. Faisons confiance aux gauchistes et aux staliniens du syndicat national unifié des impôts pour l'alimenter en informations partiales. Les gens d'Attac ou de la revue "Alternatives économiques" distilleront de faux arguments, adossés à leurs chiffres biaisés. Ils rencontreront sur ce terrain le soutien d'autres forces du même genre, Tous répercuteront les mêmes slogans destructeurs.

L'affaire dite "Bettencourt" n'a pas été agitée en vain pendant toute l'année 2010. Elle a bien chauffé à blanc l'opinion dans ce sens.

Donc DSK devient un concept "socialiste keynésien". Le PS pourrait presque se reconvertir en "PSK", un sigle à faire rêver. L'important n'est peut-être même plus de savoir si "il" se présente, mais quel candidat "il" adoubera. Tous les subventionnaires, tous les fonctionnaires, tous les médecins intéressés à maintenir le malade sous cloche vous le garantiront : les finances publiques ne souffrent pas de leurs gaspillages et de leurs prédations mais de recettes jugées insuffisantes du fait de la fraude, du fait des niches et des riches, du fait de leurs évasions, confondues avec autant de tricheries, du fait des exilés fiscaux dont on parle comme les robespierristes parlaient des émigrés, etc.

Confondant les effets et les causes, on cherchera à camoufler à l'opinion que la fraude et le travail au noir résultent d'abord d'une pression fiscale et de charges sociales trop élevées. On justifiera de la sorte non seulement le contrôle accru et le durcissement des contentieux mais également la hausse de tous les taux d'imposition, pendant 5 ans encore de 2012 à 2017. Pendant la même période les pays concurrents renforceront leur compétitivité.

Voila ce que l'on doit redouter autour du concept DSK. La gauche dure y voit un libéralisme camouflé. Elle se trompe. Une certaine droite y voit un subtil complice des grosses entreprises monopolistes qu'elle affectionne et qu'elle courtise elle-même. Elle s'égare dans sa propre myopie. D'autres s'apprêtent à développer des campagnes de réfutations ontologiques ou moralistes du personnage. Elles lui rendent service, lui conférant une dimension humaine, sympathique et même victimaire, et discréditant ceux qui les manient.

Il reste quelques mois pour cerner sérieusement le danger.

Ne comptons sur aucun état-major politicien. Tous raisonnent au fond comme les détenteurs brevetés du concept DSK. Ils s'apprêtent à l'imiter. Tous se complaisent, parfois inconsciemment, dans leurs logiques de prédateurs. (3)

C'est bien de ce cercle infernal qu'il s'agit de sortir.

JG Malliarakis
 

Apostilles

  1. "Kathimerini" est l'équivalent "Figaro", version un peu moins turcophile.
  2. Canal+ diffusera ce 13 mars un documentaire inédit sur DSK : "Un an avec Dominique Strauss-Kahn", au cœur du FMI.
  3. Celle que dénonce Bastiat sous le nom de "spoliations" dans ses "Harmonies sociales".

Puisque vous appréciez L'Insolent soutenez-le par une libre participation financière
Vous pouvez entendre l'enregistrement de notre chronique
sur le site de Lumière 101

 

jeudi, 17 mars 2011

Jean Haudry répond à Colin Renfrew

JEAN HAUDRY RÉPOND À COLIN RENFREW

 

La_triade.jpgJean Haudry est professeur de linguistique à l'Université de Lyon III, membre du Comité Scientifique du Front national et spécialiste de la question indo-européenne. Il a accepté de nous faire part de ses travaux, ainsi que de ses réactions concernant la parution du dernier ouvrage de l'archéologue Colin Renfrew, L'Énigme indo-européenne (1), qui a suscité de nombreuses polémiques...

 

 

Le Choc : Jean Haudry, retracez-nous votre itinéraire et votre formation univer­sitaire ainsi que les motivations qui vous ont poussé à vous intéresser à la ques­tion Indo-Européenne.

• Jean Haudry : Je suis de formation classique et un grammairien. De là, je suis venu à la linguistique et à la gram­maire comparée, à la linguistique sur le domaine indo-européen. Je suis pro­gressivement passé de l'aspect pure­ment linguistique des questions au contenu des textes que j'étudiais et de là, à la civilisation, à la culture et à la tradition indo-européenne. Voilà com­ment, après avoir fait ma thèse sur l'emploi des cas en védiques, j'en suis arrivé à m'intéresser à ce que j'ai appelé la religion de la Vérité ou la religion cosmique indo-européenne, bien que je ne sois pas un spécialiste d'histoire religieuse. Quand on étudie des textes, on est forcément amené un jour ou l'autre à vouloir les com­prendre un peu mieux et à ne pas se contenter d'en faire un découpage grammatical.

 

Pouvez-vous expliquer brièvement à nos lecteurs qui sont les Indo-euro­péens ?

• Les lndo-Européens sont tout sim­plement ceux qui ont parlé l'indo-euro­péen que nous reconstruisons, c'est-à­-dire la langue commune dont sont issues la plupart des langues d'Europe, toutes sauf le basque, le hongrois et le finnois, et un bon nombre de langues d'Asie, notamment celles d'Iran et d'Inde. Toutes ses langues sont appa­rentées entre elles, et issues d'une langue commune, comme les langues romanes sont issues du latin, tout sim­plement. On peut supposer qu'il y avait un peuple ou au moins une communau­té parlant cette langue commune, comme il y avait une communauté lin­guistique latine parlant le latin. La question qui se pose évidemment est de savoir si c'était un État, un peuple ou un conglomérat de gens n'ayant en commun que la langue. II y a deux hypothèses que l'on peut exclure : c'est celle d'un État, car il n'y a pas d'État dans ces périodes reculées et celle d'un conglomérat, parce qu'il n'y a pas de langues qui soient parlées par des gens qui n'ont rien d'autre en commun. Les Indo-Européens sont donc à peu près ce qu'on appelle un peuple. Et il peut y avoir un peuple sans État. Voilà ce qu'on appelle les Indo-Européens.

 

Quels sont aujourd'hui les polémiques autour de la question indo-européenne ?

• Sur les questions de faits, il n'y a, à ma connaissance, guère de polémiques, mais au contraire un très large accord. Bien entendu, sur un certain nombre de questions ponctuelles, il y a des désac­cords, mais qui n'aboutissent pas à des polémiques. II y a accord tout d'abord sur la notion même de langue indo­-européenne, sur la quasi totalité des points essentiels de phonologie (2), de morphologie, de syntaxe et même de lexique. Or lorsque l'on est d'accord sur tout cela, la reconstruction de la langue est considérée comme quelque chose de sûr. Les divergences com­mencent à apparaître sur la question du peuple, de sa culture, de ses traditions et éventuellement de ses institutions, parce que là, la reconstruction n'est pas directe, mais elle comporte une part d'interprétation. On interprète un cer­tain nombre de mots et on interprète également un certain nombre de textes, de formules héritées et à partir de là, on bâtit des modèles. On peut ne pas être d'accord sur les modèles recons­truits. Par exemple le modèle trifonc­tionnel de Dumézil a mis assez long­temps à s'imposer. Il a été discuté pen­dant longtemps. Ce genre de discussion est parfaitement légitime. S'il n'y avait d'autres discussions que celles là, nous ne pourrions que nous en réjouir. Mal­heureusement, il y en a d'autres qui sont le plus souvent l'affaire de gens qui ne sont pas de la partie, qui n'y connaissent rien et qui prennent des positions sur des questions qu'ils ne connaissent pas, à partir d'a priori extra-scientifiques. À partir de là, on peut naturellement dire n'importe quoi et nier n'importer quoi.

 

Suite à la parution de l'ouvrage de l'archéologue britannique, Colin Renfrew, L'Énigme indo-européenne, qui minimise l'apport de Georges Dumézil et ne tient aucun compte de vos travaux ou de ceux de Jean Varenne, pouvez-vous nous faire part de vos réactions ?

• Je vous surprendrai peut-être en vous disant que c'est un ouvrage que j'ai beaucoup aimé et que j'ai lu avec beaucoup de plaisir. Qu'il tienne compte ou non des travaux de X ou de Y, n'a aucune espèce d'importance. S'agissant du travail d'un archéologue, il n'avait aucune raison de tenir comp­te de mes travaux qui n'ont jamais concerné l'archéologie. L'essentiel est le savoir si le modèle qu'il propose permet de rendre compte du phénomè­ne que les linguistes ont défini, celui de la parenté entre les langues indo-­européennes. Là, je doute qu'il y par­vienne, pour une raison très simple : si 'on identifie les Indo-Européens aux Danubiens, même en prolongeant vers l’est et en faisant venir ces Danubiens d'Anatolie, on les fait venir trop tôt vers l'Occident et on ne rend pas compte de leur migration vers l'est, ce qui est gênant. Le deuxième point est que le tableau que nous pouvons nous faire des Indo-Européens par leur tradi­tion, et d'abord par leur tradition for­mulaire, n'a strictement rien à voir avec ce peuple de paysans qui progres­seraient en mettant des terres en cultu­re. Nous avons au contraire l'image d'un peuple assez proche de ce qu'on appelle la société héroïque de l'âge du bronze, donc de quelque chose de rela­tivement récent. Ce n'est visiblement pas la vision du monde d'un peuple de paysans. Donc il y a là quelque chose qui ne va pas. Maintenant, rien ne dit qu'il n'y a pas eu plusieurs vagues d'indo-européanisation. Ce qui me ferait penser à une possibilité de ce genre, c'est que la tradition telle que je la définis est relativement peu repré­sentée dans le monde anatolien, juste­ment chez les Indo-Européens d'Asie mineure. Donc il n'est pas impossible qu'une migration venue d'Asie mineu­re ait constitué une première vague indo-européenne. Mais il y a eu forcé­ment quelque chose d'autre qui s'est passé après pour rendre compte des faits que les linguistes observent. Et enfin le troisième point, celui qui me gêne le plus, c'est le refus de tenir compte des indications du vocabulaire. Parce que le vocabulaire appartient à la langue, il n'y a pas de raison de tenir compte de la grammaire pour attester la parenté des langues et ensuite de refuser les témoignages du vocabulaire quand il contient des indications qui vous gênent. Comme par exemple, quand on y trouve le nom du cheval et que l'on fait venir les Indo-Européens d'une région où le cheval a été intro­duit beaucoup plus tard. Là, l'auteur ne joue plus le jeu.

 

• Propos recueillis par Christophe Verneuil

Entretien paru dans "Le Choc du mois", n°38, mars 1991.

 

(1) L'Énigme indo-européenne, par Colin Renfrew, Flammarion, 400 pages, 160 F.

(2) Étude de la phonétique à travers sa fonction dans la langue.

mercredi, 16 mars 2011

Que penser de la "vague Marine" et que faire?

Que penser de la "vague Marine" et que faire?

Pierre VIAL

marinelepen.jpgComme certains de nos camarades s’en font eux-mêmes l’écho (d’une façon éventuellement un peu naïve), de l’extrême gauche à l’extrême droite, en passant par toutes les nuances intermédiaires de l’arc en ciel politique, les récents sondages mettant en vedette Marine Le Pen suscitent émotion, indignation, jubilation selon les cas. Quand on a un peu d’expérience politique (dans mon cas, 53 ans de militantisme) on garde la tête froide et on essaie d’analyser la situation lucidement, sans préjugé inutile car inefficace puisqu’il brouille la capacité de jugement.

Faisons donc quatre constats :

1 - Quoi qu’on pense de Marine Le Pen, quant à sa personnalité, son entourage, ses idées (ou son manque d’idées, de convictions), il faut faire abstraction de tout cela, qui n’est connu et n’intéresse qu’un nombre très limité de personnes informées et ayant une conscience politico-idéologique bien assise. L’immense masse des gens qui s’apprêtent à voter Marine Le Pen s’en contrefichent. Ils ne voient qu’une chose (même s’ils prennent leurs désirs pour des réalités) : voter Marine Le Pen, plus encore que pour son père, c’est simplement affirmer son refus de l’immigration-invasion. C’est basique,  simpliste  et sans doute illusoire ? Oui. Mais c’est ainsi.

2 – C’est donc ce phénomène-là qu’il faut prendre en compte, parce que c’est une donnée objective. Au-delà de la personne de Marine Le Pen, celle-ci incarne aujourd’hui, que cela plaise ou non, un mouvement de fond national-populiste, qu’on voit se manifester un peu partout en Europe, et qui fournit une base humaine pouvant servir d’assise à une résistance identitaire. Dans quelles conditions, selon quelles modalités ? C’est à nous de travailler sur cette bonne question pour essayer d’apporter des réponses adaptées. Sans prétendre lire dans le marc de café… Il y a du pain sur la planche ? Bien sûr. Raison de plus pour retrousser les manches. Avec réalisme, détermination, ténacité. J’ai quelques idées sur le sujet.

3 – Notons un indice significatif : Chantal Brunel, députée UMP, assurant qu’il fallait « rassurer les Français sur toutes les migrations de populations qui viendraient de la Méditerranée », a préconisé : « Après tout, remettons-les dans les bateaux ». Elle a été désapprouvée, évidemment, par Jean-François Copé (soucieux de ne déplaire en rien à ceux qui l’ont installé là où il est). Mais mon petit doigt me dit que beaucoup de députés UMP sont venus lui dire discrètement à Chantal Brunel qu’elle avait raison. Des gens convertis au devoir de résistance ? Ne rêvons pas : ils ont surtout envie de conserver leur siège. Et savent bien que beaucoup de leurs électeurs en ont marre de l’immigration-invasion. Au point de voter Marine Le Pen ? Pourquoi pas ?

4 – Pour nous : tout ce qui fissure, ébranle, sape le Système en place est bon à prendre.  Le Diable marche avec nous…

Pierre Vial

lundi, 14 mars 2011

Die schwerwiegendsten Fehler der EU

commission-europeenne.jpg

Betreff: [infokreis] „Agrippa“ über die EU

Lesenswerte Ausführungen des umtriebigen rechten Foren-Schreibers „Agrippa“ über die EU:

Regiomontanus hat geschrieben: Worin liegen für dich die schwerwiegendsten Fehler der EU? Und wie stellst du dir eine ideale Union der europäischen Völker vor?

Antwort von Agrippa:

Zuerst einmal basiert die EU auf nichts eigentlich Europäischem. Es gab in den 80ern und frühen 90ern die Anspielung auf Karl d. Großen und das fränkische Reich, eine an sich sinnvolle Überlegung, wenn man sich den Kern Europas heute ansieht.

Aber solche Versuche, an eine bestehende europäische Tradition wieder anzuschließen, wurden sofort von Linken und Juden v.a. zertrümmert und dann schrittweise und immer stärker durch eine Idee erstickt, die man in einem Satz zusammenfassen kann: ein vereintes Europa ohne Europäer und ohne europäische Werte, ein bloßes Instrument der Plutokratie und ein Katalysator für die Ausbreitung des Neoliberalismus in Europa und der Welt.

Meiner Ansicht nach sollte zuerst einmal wieder die Eingrenzung auf das erfolgen, was Europa eigentlich ist und wer wirklich Europäer ist.

Europäer sind die europäischen Europiden biologisch, Menschen die auf einer christlichen Kultur aufbauen und aufgeklärt sind, die zum Staat und zum Laizismus stehen, die, die Gemeinschaften und Traditionen Europas verbinden.

Zu diesem Begriff eines Europäers in Abstammung, Kultur, Mentalität und Gemeinschaft muß man wieder zurückfinden. Auch zu einer neuen Wertschätzung der eigenen Nation und der nationalen Traditionen.

Die EU dient als Instrument, die europäischen Interessen in der Welt zu vertreten und die progressiven, sinnvollen und notwendigen Entwicklungen weltweit in allen entscheidenden Bereichen voranzutreiben. Das ist der Zweck der EU, oder sollte es zumindest sein, nicht Abladeplatz für ungezählte Massen von Nichteuropäern, nicht bloßes Instrument des Globalkapitals und Struktur, die nur zur Umerziehung der Europäer im neoliberalen oder linksliberalen Sinne dient.

Gemeinsame:
- Wirtschafts- und Außenpolitik
- Gemeinsame Verteidigung
- soziale und ökologische Standards
- Finanzpolitik und Steuerharmonisierung
- Projekte und Richtlinien, um die Erhaltung und Höherentwicklung von Individuen, Kollektiv, Spezies und Ökosystem voranzutreiben
- Maßnahmen gegen Immigration von nicht-integrationsfähigen Außereuropäern
- Programme für die Erhaltung der Population, eugenische Programme, um der modernen Kontraselektion Einhalt zu gebieten
- Familien- und Gemeinschaftspolitik im Sinne der langfristigen Erhaltung und Höherentwicklung
- Außengrenzensicherung
- Schutzmaßnahmen für die europäischen Interessen


National:
- Zusammenschlüsse der wesentlichen ethnischen und kulturellen Großgruppen
- Erhaltung der eigenen Tradtionen und Pflege der Kultur
- keine wilde und forcierte Durchmischung in Europa, aber auch keine totale Abgrenzung der Nationen (individuelle Entscheidung)
- kollektivistische Erziehung im Sinne von Nation, Europa und Ökosystem
- Kontrollbehörden für die nationalen Wirtschaftskreisläufe und Betriebe.

Was ich ablehne ist:
- Familiendestruktion, männer- und kinderfeindliche Strukturen und Gesetze
- Radikale Emanzipation, Hyperfeminismus, falsche Verbreitung weiblicher Rollenbilder und Lebenskonzepte
- Wirtschaftsliberalismus, destruktive Tendenzen in den Aktienmärkten, Großspekulation und zu großen Einfluß von Wirtschaftskräften auf die Poltik
- Zerstörung der sozialen Netze, Sozialabbau, Entsolidarisierung
- Unterlaufen von ökologischen Standards und Zerstörung der Umwelt und Ressourcenverschwendung in Europa und Förderung von selbigem im Ausland
- Negierung und Verächtlichmachen der lokalen Gemeinschaften und Kulturen
- übertriebener Minoritätenschutz, v.a. von nichteuropäischen (Integration bis zur Assimilation oder Ausweisung) und anomalen Gruppen, keine Bevorzugung selbiger, keine Toleranzerziehung für Gruppen, die nicht als gesund und normal im Sinne der Gemeinschaft angesehen werden können (z.B. Homosexuelle)
- keine Zuwanderung von nicht integrationsfähigen oder -willigen Individuen, egal unter welchem Etikett sie versuchen, in Europa einzusickern.

In kleinen Zahlen können Spezialisten und besonders wertvolle Individuen anderer Gruppen falls benötigt eingelassen werden, Massenzuwanderung ist prinzipiell abzulehnen.
Falls in stärkerem Ausmaß Zuwanderer gebraucht würden nur nach einem strengen Ausleseverfahren von besonders nahe verwandten Gruppen und hochqualifizierte Individuen.

- kein Rückzug des Staates aus dem Wirtschaftsleben, Kontrolle der Wirtschaft im Sinne des Kollektivs, jedoch unter Beibehaltung der Spielregeln des Kapitalismus, einmischen nur dort wo erforderlich, aber deutlich und ohne Hemmung
- keine Förderung des Freihandels OHNE INTERNATIONALE STANDARDS!
- GATT revidieren, neu verhandeln und korrigieren.
- GATS zurückweisen
- selbständige von den USA gelöste Politik
- Umerziehung in den Medien, Erziehungs- und Bildungswesen, keine Erziehung zu Egoisten mit individualistischen Lebenskonzepten, keine fortgesetzte Vermittlung von Egalitätswahn und „deutscher oder europäischer Schuldkomplexe“.
- ein Ende falscher Lobbypolitik und ineffizienter wie korrupter Verwaltung in Brüssel
- keine Kopie der USA anstreben
- ein Ende der Verfolgung von national gesinnten und idealistischen Menschen unter dem Joch der Medien- und Meinungsdiktatur
- die Gleichmacherei - es muß der Unterschied zwischen den Menschen erkannt und benannt werden, es gibt eben physische und psychische Unterschiede, die Menschen sind weder gleich noch gleichwertig (damit meine ich jetzt nicht unbedingt irgendetwas in Bezug auf Rasse etc.)
Deshalb sollte auch das Bildungs- und Förderungssystem diesen Unterschieden Rechnung tragen und nicht versuchen, alle Menschen als „gleich“ darzustellen.
- keine Zerstörung traditioneller Moral und Förderung von freier Sexualität und Perversionen.
- keine Förderung destruktiver Kunst und Amoral in den Medien und am Kunstmarkt etc.

Da gäbe es noch viel, sehr viel ... all das fördert die EU und ihre Tentakel überall und zu jeder Zeit!
Solange die EU dies tut, ist sie ein Monstrum, eine Mißgeburt und ein Werkzeug der Plutokraten und Liberalen.

Entweder sie ändert sich oder muß um jeden Preis zersprengt werden.
Ansonsten wird es in 3 Generationen kein Europa, wie es einmal war, mehr geben, sondern nur ein fraktioniertes und degradiertes Albtraumland.

http://www.politik-forum.at/warum-ist-osterreich-immernoc...


jeudi, 10 mars 2011

Una juventud a la intemperie= Ramira Ledesma Ramos y las juventudes

Una juventud a la intemperie: Ramira Ledesma Ramos y las juventudes

Ex: http://antecedentes.wordpress.com/

[Artículo del historiador Erik Norling publicado en el número 2 de la revista Tyr, en 2003]

ramiroledesma_007.jpgSon tiempos estos los que corren donde el heroísmo y la entrega, sacrificando para ello su vida si fuera preciso, es considerado un acto de idealismo estúpido; época la nuestra en que la Juventud, en mayúscula, ha dejado de tener sentido para convertirse en una mera comparsa de la sociedad de consumo. Parece que esta edad es más una técnica de mercado. El desánimo cunde entre las filas de aquellos que aún ven, nadie cree que exista el menor resquicio por donde destruir esta desidia colectiva. Muchos se resguardan en la nostalgia y en los recuerdos de años pasados, incluso los más jóvenes que no lo vivimos nos aislamos y preferimos las glorias del pasado a la dura lucha del día a día por rescatarlo. Es más fácil.

Sin embargo no debemos olvidar que esta situación anímica no es nueva. Las mismas quejas e idéntica desolación se podía percibir en la juventud que después encarnaría la mayor revolución de la Humanidad. La generación que debió acometer la difícil tarea de enarbolar la bandera del socialismo y el nacionalismo también salían de una etapa gris y superflua, donde nada parecía tener valor. Los años de la década de los 20 y 30 no eran muy distintos, en cuanto al ánimo de una generación, que a lo que nos encontramos hoy en día, a inicios del segundo milenio. También se quejaban de la imposibilidad de destruir el Sistema, de la omnipresencia de los lobbies mediáticos, de la presión policial, del desconcierto por el derrumbe de las ideologías (derechas, izquierdas), por el imperio de la pornografía, delincuencia y drogas. Nada parecía tener sentido.

Pero, sin que se pueda acertar describirlo, esta generación reaccionó, como siempre han hecho los pueblos europeos, a diferencia de otros pueblos, cuando llegan al límite. Esta fue la Generación del fascismo. Su lección no debe ser, habernos dado imágenes para el recuerdo, no debemos buscar en ellos héroes que virilmente visten una camisa militante, sino precisamente el haber demostrado que en unos momentos de absoluta postración existe la esperanza. El ciclo en esta ocasión podrá ser más o menos largo, pero no tardará en repetirse.

Misión de la Juventud

Nuevamente las Juventudes, con el mismo sentido que la utilizara el siempre recordado Ramiro Ledesma, deben reconocerse y hallar el sentido de su época. En su Discurso a las juventudes de España, uno de los textos políticos de mayor importancia escritos en España y Europa, el fundador de las J.O.N.-S. nos da las claves para iniciar esta senda, tortuosa y sacrificada. (1) Se trata de un ensayo publicado en 1935, cuando en Europa los fascismos se establecían y en España la II República caminaba hacia el fracaso que desembocaría en la tragedia de la contienda civil. (2) Ya anteriormente Ramiro había analizado en detalle el papel de las juventudes en la futura revolución nacionalsindicalista que propugnaba desde las páginas de su semanario “La Conquista del Estado” y el boletín de formación “JONS” pero será en esta obra cuando elabore un cuerpo doctrinal cuya actualidad, ya transcurridos siete décadas desde entonces, sorprende a los lectores que se acercan a este texto.

Convencido “firmemente que el mundo entero, y de modo singular Europa, atraviesa hoy una época de amplias y grandes transformaciones” Ramiro comienza señalando el objetivo de este trabajo y quiere “plantear a nuestras juventudes la necesidad de que conviertan asimismo la revolución en revolución nacional, liberadora del pueblo y de la Patria, [...] Que ello sea así, depende sólo de que las juventudes encuentren su camino, estén a la altura de él y lo recortan militarmente.” Para ello es imprescindible unificar los dos ideales que constituyen la base de cualquier revolución, “nacionalismo social y socialismo nacionalista”:

 

“He aquí esas dos palancas: una, la idea nacional, la Patria como empresa histórica y como garantía de existencia histórica de todos los españoles; otra, la idea social, la economía socialista, como garantía del pan y del bienestar económico de todo el pueblo.”

El Discurso se encuentra estructurado en tres partes, aparte de la introducción y el final cuya importancia es decisiva igualmente. En la primera, el Discurso propiamente dicho, ubica adecuadamente el problema. Señala con el dedo acusador los problemas ante los cuales se enfrentan los jóvenes de ese momento, muy parecidos a los que hoy tenemos, que se resumen en una “gran pirámide egipcia de fracasos” y donde “Ante ese panorama que hay a la vista, difícilmente encontrarán las juventudes un clavo donde asirse.” La reacción que exige Ramiro es la milicia. No en el sentido de glorificar el ejército o solicitar el amparo, como se hiciera en tantas ocasiones antes, a los generales para que dieran un golpe de Estado. No, todo lo contrario pues propone a la Juventud la formación de un espíritu revolucionario y militante, “Las Juventudes de España se encuentran ahora ante este exigentísimo dilema: o militarizarse o perecer”, en el cuál se forme un ejército popular, compuesto por duros combatientes, las Juventudes, que sean capaces de lograr “la realización victoriosa de la revolución nacional”.

 

Una moral de combate, pero no la católica, advierte Ramiro y añade durísimas palabras que han sido en parte responsables del ostracismo de los jonsistas en el franquismo, “la confusión tradicional en torno a esto, explica gran parte de nuestra ruina”. Pletóricos de esta moral militante las Juventudes se lanzarán a la “nacionalización de las grandes masas españolas” y “de las primeras cosas por que hay que luchar es la de desarticular el orden económico vigente”, una idea que chocaba frontalmente con los que después asumirían las riendas de mandos del país durante los cuatro décadas de régimen supuestamente nacionalsindicalista.

Comienza la segunda parte del ensayo Ramiro con un análisis de su concepto de “Juventudes”, que aparece como elemento decisivo en la conformación del Mundo en las llamadas “épocas revolucionarias” como la que se vive, mientras que en las “épocas conservadoras” su papel es apenas percibido. Cuando se produce esta situación las Juventudes se transforman en “sujeto primordial de la historia” pues sólo los jóvenes son capaces de atreverse a entrar “en línea de combate”. No las ubica como un elemento nacional sino como una gran hermandad de lucha que sobrepasa las fronteras para unificar Europa.

Europa revolucionaria

 

Si hay una característica especial que se puede destacar en el pensamiento de Ramiro Ledesma es, precisamente, su carácter moderno y europeísta, superando los estrechos límites del nacionalismo españolista. Ciertamente reclama los “valores hispánicos” pero únicamente para retornar a Europa, la que abandonamos camino de nuestra decadencia interpreta, para recuperar nuestra gloria y papel como pueblo revolucionario.

Señala que la importancia de las Juventudes no es algo español, sino que forma parte de “la etapa final de las realizaciones revolucionarias” que encabezan el fascismo, el comunismo y el nacionalsocialismo. Lleva a cabo un profundo análisis de la crisis político-social que sufre el continente, que atribuye al cansancio de la burguesía como clase rectora que debe dejar paso a las Juventudes, para dedicar un extenso comentario a cada una de las revoluciones nacionales del momento. No puede sustraerse, como otros tantos nacional-revolucionarios de la época, de la atracción que ejerció la Rusia de Stalin, pero le recrimina haberse dejado llevar por las aspiraciones internacionalistas, abandonando el carácter nacional de la misma. Ello habría provocado que el comunismo sea ya una doctrina fallida.

Distinta visión tiene del fascismo italiano. Mussolini es un “caudillo moderno” con “mística revolucionaria”. Critica a los que creen que el fascismo es una defensa de los viejos intereses de la derecha, tal y como algunos fascistizados españoles creían, “esa interpretación del fascismo es absolutamente errónea”, pues ante todo “consistía en la ascensión de los trabajadores, en su elevación a columna fundamental del Estado nuevo.”

 

En cambio Ramiro, que se niega a ver el nacionalsocialismo como un plagio del fascismo italiano exigiendo “despojarlo de las calificaciones fascistas” para definirlo mejor como un “racismo socialista”. Reconoce que la revolución nacionalsocialista es admirable, pero le recrimina que únicamente esté dirigida a los alemanes y advierte del peligro de derechización de Hitler, pues cuando Ramiro escribe se están produciendo las jornadas de la “Noche de los Cuchillos Largos”, cuando fue eliminada la ala izquierdista del Partido (3). Los jonsistas sintieron simpatía por los sectores más revolucionarios del nacionalsocialismo y su eliminación, provocó no pocas dudas a Ramiro:

“¿Hasta que punto se realizará la revolución nacional alemana y qué destino le espera? Las jornadas de castigo de junio de 1934 demostraron su enorme capacidad patética y dramática. En ellas murió Strasser, el nacional-socialista más identificado con los intereses verdaderos de las grandes masas populares, y en ellas hizo su aparición por primera vez ante las juventudes el espectro de la desilusión y el desaliento.”

Epílogo

 

Durísimas palabras las que nos ofrendó Ramiro Ledesma, y proféticas. Desgraciadamente los acontecimientos posteriores, en especial la escasa influencia del jonsismo en la España del general Franco, supuso el olvido y el ostracismo de su pensamiento. Pocos fueron los jonsistas que se atrevieron a reivindicar las ideas de un hombre que exigía una revolución social y nacional frente a los que únicamente se quedaban con lo segundo, y para quienes lo primero era sospechoso de subversivo. Ahora, tras el paso de los años, Ramiro sigue vivo, sus propuestas son tan válidas como entonces, y nuevamente puede servir de luz que ilumina en las tinieblas, tal y como hiciera entonces.

No podemos, para acabar este breve repaso de uno de los textos más importantes de doctrina nacional-revolucionaria, no recordar las palabras del final del Discurso, en las que Ramiro invoca a las Juventudes a iniciar el camino que ha marcado. Y su Generación así lo hizo, él mismo caería acribillado por las del enemigo, enfrentándose a los enemigos de Europa, ¿pero seremos los jóvenes del siglo XXI capaces? o acaso la triste profecía se cumplirá:

“Este momento solemne de España en que se ventilarán sus destinos quizá para más de cien años, coincide con la época y el momento de vuestra vida en que sois jóvenes, vigorosos y temibles.

¿Podrá ocurrir que la Patria y el pueblo queden desamparados, y que no ocupen sus puestos los liberadores, los patriotas, los revolucionarios?

¿Podrá ocurrir que dentro de cuarenta o cincuenta años, estos españoles, que hoy son jóvenes y entonces serán ya ancianos, contemplen a distancia, con angustia y tristeza, cómo fue desaprovechada, cómo resultó fallida la gran coyuntura de este momento, y por ello por su cobardía, por su deserción, por su debilidad?”

En esta encrucijada nos encontramos hoy nuevamente, ¿seremos cobardes y desertores?, o ¿responderemos a la llamada de la misión histórica que nos ha correspondido? De esta Juventud depende, no sólo cómo seremos rememorados en el futuro, sino el destino mismo de Europa.

Notas:

(1) La primera edición aparece en 1935, Madrid, Ediciones La Conquista del Estado. Durante el primer franquismo, con un prólogo/epílogo de su camarada Santiago Montero Díaz, se reedita en varias ocasiones entre 1938 y 1942. La edición más fácil de localizar hoy en día es la de la familia de Ramiro Ledesma, Madrid, 1981, aunque las ediciones de la posguerra son igualmente habituales en las librerías anticuarias.

(2) N.d.R.: Aconsejamos a los lectores que deseen iniciarse en la vida y obra de Ramiro Ledesma el trabajo de Erik Norling “Las JONS revolucionarias”, Barcelona, Ediciones Nueva República, 2002.

(3) El verano de 1934 se depuró a un gran número de dirigentes y cuadros del partido que se oponían a las consignas de colaboración con las derechas económicas que propugnaba el equipo de Hitler. En su mayoría se trataban de aquellos que manifestaban una posición más revolucionaria y anticapitalista. La “Noche de los Cuchillos Largos” fue el sobrenombre que la propaganda antinazi aplicó a la noche en que la mayoría fueron detenidos súbitamente y muchos ejecutados por haber conspirado.

dimanche, 06 mars 2011

Giochi politici, intorno alla "Grande Circassia"

mer_noire_432.jpg

Giochi politici, intorno alla “grande Circassia”

Ex: http://www.eurasia-rivista.org/

Fonte: Strategic-culture.org [1]

Considerando il fatto che diversi centri di ricerca americani, stiano studiando il genocidio che si presume i circassi abbiano sofferto, è palese come stiano cercando di porre insieme, le basi per l’indipendenza della Circassia. Il “problema circassiano” compare sovente nell’agenda umanitaria di Washington. Un’analisi della storia di questo paese, dei suoi rapporti con la Russia, è stata effettuata dall’università Rutgers in New Jersey. Il centro universitario per lo Studio del Genocidio, Soluzione di Conflitti, e Diritti Umani è volto verso molteplici conflitti – il genocidio dei curdi in Iraq, il genocidio degli ucraini, che si presume attuato dai russi, durante la carestia del 1933- che l’amministrazione americana considera ascrivibili allo status di genocidi. Come la tendenza generale, Washington percepisce primariamente, il genocidio in regioni dove pianifica un punto di appoggio. I curdi entrarono nella guerra americana contro S. Hussein, e i nazionalisti ucraini furono utilizzati dagli USA nei giochi politici contro la Russia.

Il sito internet del Centro di studio sul Genocidio, Soluzione di Conflitti, e Diritti Umani, offre una mappa della regione caucasica, con i confini circassiani, limitati in accordo con il piano di strategia americano.

(Nella foto in alto potete vedere come Washington desiderava che fosse la Circassia: mappa della Grande Circassia con accesso al Mar Nero.)

La costa del Mar Nero è un importante territorio. La sua configurazione al momento è complessivamente semplice. La Georgia, una repubblica con accesso al Mar Nero, è totalmente dipendente dagli Stati Uniti d’America e in cerca disperatamente, di diventare membro della NATO. Bulgaria, Romania e Turchia fanno già parte dell’alleanza. Fortunatamente per la Russia, recentemente le relazioni tra Ankara e Mosca si sono scaldate considerevolmente. La Turchia non vede più la Russia come nemica, ed ha (la Turchia) in passato fatto cadere il paese per una lista di potenziali minacce, rendendo più difficile per Washington pianificare contro la Russia, attraverso il Caucaso. Tuttavia, Ankara ha serie ambizioni ed aderisce alla politica di espansione umanitaria mirando soprattutto alla Crimea e Gagauzia (quest’ultima, entità territoriale autonoma della repubblica di Moldavia). Gli strumenti di tale politica, spaziano dalle quote per i caucasici nazionali che risiedono in Turchia, ai grandi investimenti nell’economia della Crimea e della Gagauzia. I Tartari della Crimea sono rappresentati dagli haugue- quartier generali delle nazioni non rappresentate e organizzazioni popolari, e questi possono chiedere al massimo una maggiore autonomia nel panorama ucraino. Nessun dubbio, per ciò che riguarda l’acquisto del loro status, che potrebbe immediatamente risolversi nell’espulsione del Mar Nero russo dalla loro base di Sevastopol.

L’organizzazione dei popoli non riconosciuti è attualmente osservata e vede l’Abkhazia come un potenziale. Considerando che la marina russa non accoglierà la Georgia e la grande Circassia, si alzerebbe una barriera tra la Russia e gran parte della costa del Mar Nero, nel tempo l’Abkhazia potrebbe divenire l’unico sbocco del Mar Nero russo. Perdendo ciò, la Russia si troverebbe costretta all’enclave della marina, conosciuto come il Mare di Azov, dove la marina (russa) può essere facilmente bloccata da forze distribuite in Crimea e nella grande Circassia. Il progetto rumeno scompone la situazione. Diffonde la sua influenza ad est e in molti modi assorbe la Moldavia e parte dell’Ucraina, il paese sta cercando di rafforzare le sue posizioni nel Mar Nero. Come oggi, il Mar Nero è l’unico mare aperto dove la marina statunitense non è presente in pianta stabile. Se il piano dell’ovest di costruire una grande Circassia si materializzasse, la repubblica da poco indipendente, pagherà con l’operazione di separazione della Russia dal Mar Nero. Seri sforzi di buttar giù il regime pro-russo, lungo la costa del Mar Nero, dovrebbero essere visti come un processo parallelo. Il disegno è conosciuto come “l’anello di anaconda”, un piano classico per la geopolitica Usa nell’Eurasia, volto ad escludere i Russi dai mari bloccandoli nell’entroterra. L’occidente evidentemente attribuisce la massima priorità al problema circassiano, essendo la rispettabile fondazione James Town, uno dei punti interessati. Il neo presidente della compagnia RAND, Paul Hansee della rinomata comunità statunitense d’intellgence immagina Paul Globe, che è considerato come il maggior contributo allo sviluppo del progetto Ugro-finnico di separatismo nella repubblica Russa, ugro-finnica. Prende parte negli eventi della fondazione James Town concentrati intorno alla Circassia.

Paesi anglo-sassoni danno attivo supporto agli attivisti circassiani come Khachi Bairam, il leader della diaspora circassiana in Turchia, Zeyaz Hajo un rappresentante circassiano negli USA, il presidente Iyad Youghar, un istituto culturale circassiano, etc.

Ad oggi il movimento circassiano nazionalista è tenuto dai servizi d’intelligence dell’ovest lungo lo spazio post- sovietico. La fratellanza circassiana mondiale ha il suo quartier generale a Los Angeles, un suo presidente Zamir Shukhov è stato fotografato sovente con la bandiera americana sullo sfondo. Un’ideologista circassiano Akhmat Ismagyil, autore della “Guerra Caucasica”, un libro pubblicato in Siria, si apre con l’intenzione di liberare il Caucaso dalla Russia. I circassiani stanno cercando di credere che qualcuno possa far pagare la Russia -materialmente e moralmente- per gli eventi che accaddero due secoli fa.

In Israele l’ideologia è confermata dal leader del gruppo ultra-azionista Bead Artseinu, fautore di un impero israeliano che va dal Nilo all’Eufrate, Shmulevic Avraham (originariamente Nikita Dyomin, un convertito al giudaismo nato in una famiglia, da padre russo e madre ebrea a Murmansk, Russia).

Il parlamento israeliano ha concesso a Shmulevich la cittadinanza onoraria israeliana nel 1984 per il suo attivismo ebraico in URSS. Israele ospita una lunga diaspora circassiana che Tel Aviv utilizza per i propri fini in stretto contatto con Washington.

Lasciateci immaginare che -per quanto incredibile possa sembrare- la repubblica circassiana guadagni l’indipendenza dalla Russia. Il futuro sarebbe simile a quello della Cecenia sotto J.Dadaev, una regione separatista manipolata da Washington, Londra, Ankara, Karachi e Riyad. Tutto ciò, i ceceni ordinari, lo videro come risultato di un combattimento feroce sul proprio suolo. Il piano della grande Circassia muoverebbe semplicemente l’intero Caucaso di un passo più vicino alla stessa situazione.

(Traduzione di Giulia Vitolo)