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vendredi, 06 avril 2012

La Germania dionisiaca di Alfred Bäumler

La Germania dionisiaca di Alfred Bäumler

Autore:

Ex: http://www.centrostudilaruna.it/

 

Baeumler_Alfred.jpgAlfred Baeumler fu il primo filosofo tedesco a dare di Nietzsche un’interpretazione politica. Prima di Jaspers e di Heidegger, che ne furono influenzati, egli vide nella Germania “ellenica” pensata da Nietzsche la raffigurazione eroica di una rivoluzione dei valori primordiali incarnati dalla Grecia arcaica, il cui perno filosofico e ideologico veniva ravvisato nel controverso testo sulla Volontà di potenza. Asistematico nella forma, ma coerentissimo nella sostanza.

In una serie di scritti che vanno dal 1929 al 1964, Baeumler ingaggiò una lotta culturale per ricondurre Nietzsche nel suo alveo naturale di pensatore storico e politico, sottraendolo ai tentativi di quanti – allora come oggi -, insistendo su interpretazioni metafisiche o psicologizzanti, avevano inteso e intendono disinnescare le potenzialità dirompenti della visione del mondo nietzscheana, al fine di ridurla a un innocuo caso intellettuale.

Ora questi scritti di Baeumler vengono riuniti e pubblicati dalle Edizioni di Ar sotto il titolo L’innocenza del divenire, in un’edizione di alto valore filologico e documentale, ma soprattutto filosofico e storico-politico. Un evento culturale più unico che raro nel panorama dell’editoria colta italiana, così spesso dedita alle rimasticature piuttosto che allo scientifico lavoro di scavo in profondità.

Inoltre, l’edizione in parola reca in appendice una postilla di Marianne Baeumler, consorte del filosofo, in cui si chiariscono i temi della famosa polemica innescata da Mazzino Montinari, il curatore di un’edizione italiana delle opere di Nietzsche rimasto famoso per i suoi tenacissimi sforzi di edulcorarne il pensiero, sovente deformandone i passaggi culminali.

 

La polemica, vecchia di decenni (data dall’insano innamoramento della “sinistra” per Nietzsche, tra le pieghe dei cui aforismi cercò invano consolazione per l’insuperabile dissesto culturale e ideologico, precipitato nella sindrome del “pensiero debole”), è tuttavia ancora di attualità, stante il mai superato stallo del progressismo, non ancora pervenuto ad un’ onesta analisi del proprio fallimento epocale e quindi dedito da anni a operazioni di strumentale verniciatura della cultura europea del Novecento. È anche per questo che il breve scritto di Marianne Baeumler acquista un particolare significato, anche simbolico, di raddrizzamento dell’ esegesi nietzscheana, dopo lunghe stagioni di incontrollate manomissioni interpretative.

 

Effettivamente, una falsificazione di Nietzsche è esistita – soprattutto in relazione alla Volontà di potenza ma non dalla parte di Elisabeth Nietzsche, bensì proprio di coloro che, come Montinari e Colli, si studiarono di trasformare l’eroismo tragico espresso da Nietzsche con ruggiti leonini nel belato di un agnello buonista : uno sguardo alla postfazione del curatore e traduttore Luigi Alessandro Terzuolo, basterà per rendersi conto, testi alla mano, della volontà di mistificazione ideologica lucidamente perseguita dai soliti noti, con esiti di aperta e democratica contraffazione.

 

Negli scritti (studi, postfazioni, saggi estratti da altre opere) raccolti in L’innocenza del divenire, Alfred Baeumler misura la forza concettuale di Nietzsche in relazione alla storia, al carattere culturale germanico e al destino della cultura europea. Egli individua come ultimo elemento di scissione lo spirito borghese, che si è inserito sotto la dialettica hegeliana per operare una sciagurata sovrammissione tra mondo classico antico e cristianesimo, ottenendo così un nefasto obnubilamento tanto del primo quanto del secondo. Un procedimento, questo, che Nietzsche riteneva decisivo per la perdita di contatto tra cultura europea e identità originaria. Una catastrofe del pensiero che si sarebbe riverberata sul destino europeo, consegnato al moralismo e sottratto all’autenticità, per cie prima speculative e poi politiche. Solo in quella nuova Ellade che doveva essere la Germania, preconizzata prima dalla cultura romantica e dalla sua sensibilità per le tradizioni mitiche popolari, poi da Holderlin e infine da Nietzsche, si sarebbe realizzata, secondo Baeumler, la riconquista dell’unità dell’uomo, finalmente liberato dalle intellettualizzazioni razionaliste e ricondotto alla verità primaria fatta di mente, di corpo, di volontà, di lotta ordinatrice, di eroismo dionisiaco, di legami di storia e di natura, di verginità di istinti e di slanci, di serena convivenza con la tragicità del destino, di oltrepassamenti verso una visione del mito come anima religiosa primordiale, come superumana volontà di potenza. Col suo duro lavoro di studioso, è come se Baeumler ci restituisse, insomma, il vero Nietzsche. Il profeta del ritorno alle radici di popolo della Grecia pre-socratica, quando valeva la prima devozione agli dèi dell’Europa, secondo quanto cantò Holderlin, in un brano ripreso non a caso da Baeumler nel suo Hellas und Germanien uscito nel 1937 : “Solo al cospetto dei Celesti i popoli / ubbidiscono al sacro ordine gerarchico / erigendo templi e città.. .”.

 

La pubblicazione degli scritti di Baeumler – dovuta all’unica casa editrice italiana che si stia metodicamente interessando al filosofo tedesco, volutamente occultato in omaggio ai perduranti blocchi mentali – si inquadra nello sforzo culturale di porre termine, per quanto possibile, alla stagione delle dogmatiche falsificatorie. Un decisivo documento che va in questa stessa direzione è, tra l’altro, il recente lavoro di Domenico Losurdo su Nietzsche come ribelle aristocratico. Pubblicare Baeumler – come le Ar hanno fatto anche coi precedenti Estetica e Nietzsche filosofo e politico – significa lasciare tracce eloquenti di quel contro-pensiero intimamente radicato nell’anima europea e incardinato sulla denuncia del modernismo progrossista come finale maschera del caos, che oggi o viene semplicemente ignorato per deficienza di mezzi intellettuali, o viene piegato alle esigenze del potere censorio, oppure viene relegato tra le voci della dissonanza. Il che, nella logica del pensiero unico, significa condanna e diffamazione.

 

* * *

 

Tratto da Linea del 1 dicembre 2003.

Homo comicus : ou l'intégrisme de la rigolade par François L'Yvonnet

Homo comicus : ou l'intégrisme de la rigolade par François L'Yvonnet

Ce pamphlet est né d’un agacement, celui de voir parader sans vergogne, à longueur de médias, une ribambelle d’humoristes d’un nouveau genre, moins amuseurs que donneurs de leçons, moins « comiques » qu’agents autoproclamés du Bien. Ils éreintent mais sans risque, ils accusent, ridiculisent, frappent de dérision sans ménager la moindre possibilité de défense. Des procureurs hargneux, dans des procès joués d’avance. Le sérieux, voilà l’ennemi. Ils règnent à la radio, à la télévision, dans la presse écrite, publient des livres, font des films, achètent des théâtres… C’est une nouvelle féodalité, avec ses prébendes et ses privilèges. C’est un nouvel intégrisme, celui de la rigolade. Il faut rire de tout mais avec eux. Le rire, « leur » rire est la norme. À les écouter, ils seraient l’actuelle incarnation de la liberté d’expression et de toutes les valeurs réunies de la démocratie. On croit rêver… Leurs saillies sont pourtant d’une incroyable platitude et leurs prêchi-prêcha, troussés à la va-vite, épargnent les vrais puissants. Curieuse époque que la nôtre, qui voit le « bas-bouffon » tenir lieu de conscience et de pensée.

François L’Yvonnet est professeur de philosophie et éditeur (L’Herne et Albin-Michel). Derniers ouvrages parus : Regards sur le sport avec Benjamin Pichery (Le Pommier, 2010) ; Cahier « Michel Serres » avec Christiane Frémont (L’Herne, 2010) ; Louis Massignon, Écrits mémorables avec Christian Jambet et François Angelier, 2 volumes (Robert-Laffont, coll. « Bouquins », 2009).

François L'Yvonnet, Homo comicus : ou l'intégrisme de la rigolade, Mille et une nuits, 2012.
Commande possible sur Am

Trouvé sur: http://www.lepetitcelinien.com/

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La Wallonie et l’Allemagne

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“Picard” / “’t Pallieterke” (Anvers):
La Wallonie et l’Allemagne

Dans un très beau livre, intitulé “Une histoire culturelle de la Wallonie” et édité par Bruno Demoulin, nous avons trouvé une contribution très intéressante due à la plume de l’historien liégeois Francis Balace sur les relations entre la Wallonie et l’Allemagne. Cette analyse historique mérite bien plus d’attention qu’une simple évocation.

Dans l’historiographie conventionnelle, on met trop souvent l’accent sur les “bonnes” relations qu’entretiendrait la Wallonie avec la “mère patrie” française, alors que les liens économiques, politiques et culturels avec le grand voisin de l’Est sont tout aussi importants. C’est surtout dû à la proximité géographique entre Liège et l’Allemagne. La “Cité ardente” (= Liège) prend une place dominante dans l’histoire culturelle wallonne au sens le plus large du terme. Il ne faut pas négliger ni sous-estimer le fait que la principauté épiscopale de Liège et aussi les régions romanes du Luxembourg et même du Hainaut ont pendant de nombreux siècles fait partie intégrante du Saint-Empire Romain de la Nation Germanique. Pendant cette longue période, les relations économiques avec les régions germanophones de l’Empire étaient très étroites.

L’analyse de Balace met surtout l’accent sur les deux derniers siècles. Elle prend pour point de départ l’occupation de Liège par les troupes prussiennes après l’effondrement de l’empire napoléonien. Après le Congrès de Vienne, la principauté de Liège est incluse dans le Royaume-Uni des Pays-Bas. Les territoires que l’on appelle aujourd’hui les “cantons de l’Est”, eux, sont réunis à la Prusse rhénane, y compris les communes wallonnes (donc romanophones) autour de Malmédy. Pendant longtemps, on a craint à Liège une annexion prussienne mais, au fil des années, une certaine germanophilie émerge. Cette germanophilie nait en fait à l’Université d’Etat de Liège, créée en 1817 par le Roi Guillaume des Pays-Bas. Ce dernier souhaitait limiter l’influence française dans le monde universitaire; il décide dès lors d’inviter un certain nombre de professeur allemands à dispenser des cours dans cette nouvelle université destinée aux provinces romanes. Après 1830, année de l’indépendance de la Belgique, l’intérêt pour la culture et les sciences allemandes ne cesse de croître.

Lorsqu’éclate la guerre franco-allemande de 1870, la société wallonne est partagée: la presse catholique est unanime pour soutenir la France contre la Prusse, puissance protestante et anti-cléricale, tandis que les libéraux optent pour une position contraire, pro-allemande. Pour ces derniers, la nation prussienne est plus développée sur le plan technique et plus moderne dans son administration; de plus, elle est hostile au catholicisme. Mais cette dichotomie dans l’opinion wallonne change au cours des décennies suivantes; au début du 20ème siècle, les libéraux se montrent de plus en plus critiques à l’endroit du militarisme allemand, poussé en avant par le nouvel empereur Guillaume II. La Wallonie catholique, elle, se méfie profondément de la Troisième République athée et prend des positions de plus en plus pro-allemandes. En règle générale toutefois, et en dépit de ce clivage entre catholiques et libéraux, l’admiration pour le grand voisin allemand est grande avant 1914. Lors de l’exposition universelle de Liège en 1905, tous sont subjugués par l’Allemagne, nation moderne et industrielle, qui a le vent en poupe. Les sujets allemands qui travaillent dans la région liégeoise y fondent leurs propres écoles et l’élite wallonne y envoie ses enfants. A cette époque, l’allemand était la deuxième langue enseignée dans les écoles de Wallonie. Face à cette germanophilie généralisée, un mouvement wallingant pro-français se développe dès les premières années du 20ème siècle, afin de faire contrepoids à la germanophilie ambiante dans les milieux économiques et culturels. A Liège surtout, où l’on repère à coup sûr un mouvement intellectuel francophile, les deux groupes s’affrontent. C’est l’époque où le grand historien et médiéviste wallon Godefroid Kurth fonde le “Deutscher Verein”, une organisation culturelle pro-allemande qui recrute de nombreux membres dans les régions où l’on parle encore un dialecte germanique (notamment dans l’arrondissement de Verviers).

La première guerre mondiale provoque une rupture avec l’Allemagne. Durant l’été 1914, Godefroid Kurth écrit: “Je me vois contraint de brûler ce que j’admire”. Depuis lors, le sentiment germanophobe domine en Wallonie. Après la guerre, on regarde de travers les germanophones disséminés en Wallonie. La France devient le grand modèle de l’entre-deux-guerres. La politique de neutralité en Belgique renforce ce sentiment francophile car bon nombre de wallingants du pays liégeois craignent que la “Cité ardente” ne soit abandonnée par les armées belges en cas de conflit, tandis qu’une alliance militaire franco-belge, telle qu’elle existait avant le retour à la politique de neutralité, pourrait barrer la route à une nouvelle invasion.

Sur les plans culturel et historique, les liens sont également rompus. On se met à critiquer sévèrement toutes les études scientifiques sur les racines germaniques de la langue et du folklore en Wallonie. La fameuse étude du Prof. Franz Petri, “Germanisches Volkserbe in Wallonien und Nordfrankreich” de 1937 (= “Héritage ethnique germanique en Wallonie et dans le Nord de la France”), qui prouve que l’influence germanique en Wallonie a été très importante, suscite d’âpres débats en milieux académiques.

Pendant la seconde guerre mondiale, le sentiment anti-allemand se renforce encore en Wallonie. Léon Degrelle et ses adeptes ne forment qu’une minorité, que l’on a certes sous-estimée jusqu’ici. Liège devient une ville ultra-francophile. Tant en 1950, lors de la “Question royale”, qu’en 1960, avec les grèves contre la “Loi unique”, on a parlé ouvertement à Liège d’une annexion à la France. En 1955, l’Allemagne s’oppose à ce que le siège principal de la CECA s’installe à Liège, parce que la ville cultive “une tradition anti-allemande”. Mais les relations ont fini par se normaliser entre Liège et sa grande voisine. Aujourd’hui, les diverses structures économiques de coopération transfrontalière ont à nouveau rapproché, fort étroitement, la Wallonie de l’Allemagne.

“Picard” / “’t Pallieterke”.
(article paru dans “ ’t Pallieterke”, Anvers, 28 mars 2012).

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Histoire culturelle de la Wallonie

Sous la direction de Bruno Demoulin, Histoire culturelle de la Wallonie présente au lecteur une vision complète à la fois historique et thématique de la culture en Wallonie.

Elle explore notamment la question brûlante de l’identité culturelle de la Wallonie au fil des siècles, à travers les nombreuses expressions artistiques, musicales, littéraires et autres d’un sentiment wallon.


L'ouvrage, richement illustré, a bénéficié d'une iconographie issue, entre autres, des collections des Archives et Musée de la Littérature.


Dossier de presse


Histoire culturelle de la Wallonie
Sous la direction de Benoît Demoulin
Bruxelles, Fonds Mercator, 2012
400 p., 400 illustrations en couleurs, 29,5 x 25 cm
ISBN 978-90-6153-660-4
49,95€
Ouvrage également disponible en néerlandais et en anglais.

 

jeudi, 05 avril 2012

Messe à Koad Kev pour l’Abbé Perrot et les martyrs du nationalisme breton

Messe à Koad Kev pour l’Abbé Perrot et les martyrs du nationalisme breton

Venez nombreux honorer la mémoire de Yann Vari Perrot lâchement assassiné par des terroristes communistes pour fait d’aimer Breizh, sa foi et son peuple.

Rendez-vous lundi de Pâques à 10 heures place de l’église de Skrignag, puis cérémonie devant la croix sur le lieu même du crime. Ensuite recueillement sur la tombe de l’abbé Perrot à la chapelle Koad Kev. Repas et messe.

Doue ha Breizh.

Short URL: http://breizatao.com/?p=7874

«Nihil Obstat, Nº 17»

«Nihil Obstat, Nº 17»

Publicado por edicionesnuevarepublica

 


NOVEDAD

«Nihil Obstat» / 17

● Revista de historia, metapolítica y filosofía

● Barcelona, otoño/invierno 2011

● 21×15 cms., 220 págs.

● Cubierta impresa a todo color, con solapas y plastificada brillo

● PVP: 15 euros 

Orientaciones

ENR pone al alcance de sus clientes y amigos, desde 2002, una publicación semestral cuya pretensión primordial es la publicación de textos —tanto de autores españoles como extranjeros— que escapan a la dictadura de lo «políticamente correcto» y, en consecuencia, le confieren una línea que se desmarca abiertamente de los discursos ideológicos dominantes.

Índice

Editorial 5

La crítica a ‘la cosa en sí’ (Schopenhauer-Bretano-Scheler), Alberto Buela 7

Ferrari Billoch reivindicado, Eduardo Connolly 23

Jacques Doriot y el fascismo francés, Juan Antonio Llopart 55

Julius Evola y José Antonio: fascismo y tradición, Ángel Fernández 65

Ramiro de Maeztu: una pluma al servicio del general Primo de Rivera, José Alsina 75

El Urrismo, una versión peruana del fascismo, Eduardo Basurto 95

El mito de la sangre en la revolución conservadora, Jesús J. Sebastián 105

DOSSIER GLOBALIZACIÓN

Introducción, José Alsina Calves 113

El conflicto de Oriente Medio, el origen del terrorismo islámico y la ceguera de Occidente, Jorge Álvarez 120

Aragón, España y Europa, C. C. Parra Ruiz 131

América y su ‘duplicado’, Dr. Tomislav Sunic 167

Elogio y crítica del 15-M, José Alsina 171

‘Indignados’ sí, pero concienciados también, Carmen M. Padial 181

Algunas notas sobre el 15-M, Javier de Francisco Moure 187

Luces y sombras de la revolución cientificotécnica. Notas críticas sobre la cuestión y declive de los Estados, Pablo Huerga 193

Populismo: la falsa alternativa al Sistema, Jordi Garriga 209

Crítica literaria.

Aquellos que no recuerdan el pasado, están condenados a repetirlo: tres libros sobre los ultras de los años setenta, Juan de Pinos 215

Reseñas de libros, 218

Pedidos:

enrpedidos@yahoo.es

Tlf.  682 65 33 56

Belgique: les sinistres collabos du secteur énergétique

Angélique VANDERSTRAETEN:
Belgique: les sinistres collabos du secteur énergétique

tous_plumes_electrabel_grenpeace-050ec.jpgL’histoire commence par un petit coup de téléphone venu de Paris pour atteindre un poste à Bruxelles: au bout du fil, Constance Giscard d’Estaing, fille de l’ancien président français Valéry Giscard d’Estaing; elle est la directrice d’un bureau de communication réputé et elle demande à un journaliste de “L’Echo”, le quotidien francophone de la bourse de Bruxelles, s’il n’est pas prêt à interviewer Jean-François Cirelli, numéro deux du géant énergétique français GDF/Suez. Cirelli va en outre être nommé administrateur délégué de la filiale Electrabel. La rédaction du quotidien de la bourse de Bruxelles tire immédiatement les conclusions implicites,  qu’il convient de tirer après ce coup de fil: Sophie Dutordoir, la principale responsable flamande auprès d’Electrabel et l’administrateur délégué Dirk Beeuwsaert se voient déjà tous deux flanqués d’un “beau-père” qui ne fera que renforcer la main-mise française sur Electrabel. L’inquiétude est à son maximum en Belgique car Electrabel n’est quasiment plus une entreprise ancrée dans le pays. La main de la France pèse de plus en plus lourd sur notre secteur énergétique.

Aussitôt la guerre des communiqués éclate. Le numéro un de GDF/Suez, le Français Gérard Mestrallet, déclare que Cirelli ne deviendra pas le directeur d’Electrabel. Mestrallet et Cirelli sont à couteaux tirés, ce sont des ennemis irréductibles. Mestrallet ne veut surtout pas donner l’impression que GDF/Suez va s’emparer d’Electrabel. C’est bien sûr une question de “perception”, car Electrabel est depuis longtemps déjà la “vache à lait” de la maison-mère française. Grâce au quasi monopole dont bénéficie Electrabel sur le marché énergétique belge (une part du marché équivalant à 60%), le géant énergétique peut maintenir élevés les prix de l’énergie. Les bénéfices sont immédiatement détournés vers la France pour y combler toutes sortes de déficits ou de tonneaux des Danaïdes. Sur le plan de l’énergie, la Belgique toute entière est depuis longtemps une colonie d’exploitation de la France. Mestrallet essaie par tous les moyens de nuancer cette vision. Donc, pour lui, aucun Français ne peut aller se placer à la tête d’Electrabel. Le directeur de GDF/Suez espère ainsi ne pas trop vicier ses rapports avec le gouvernement belge car celui-ci viserait à créer la concurrence sur le marché de l’énergie afin d’affaiblir la position d’Electrabel et de faire ainsi chuter les prix. En effet, aujourd’hui, la pression se fait forte sur le gouvernement Di Rupo I pour faire effectivement baisser le prix de l’énergie.

Dans son dernier rapport sur la Belgique, le FMI souligne que le manque de concurrence sur le marché de l’électricité constitue un sérieux problème. Le gouvernement veut-il vraiment agir sur ce plan? Officiellement, Di Rupo dit “oui”. En attendant que des mesures importantes soient prises pour libéraliser le marché de l’énergie, les prix sont gelés.

electrabel.jpgMais les milieux politiques belges sont-ils satisfaits de cette timide mesure? Le monde politicien profite bien de la situation. Via GDF/Suez, Electrabel est dans une large mesure une entreprise d’Etat. Pour le PS, ce n’est pas un problème sur le plan idéologique. Pour le MR, qui est un parti libéral francophile, ce n’est pas gênant de voir le marché de l’électricité en des mains françaises. Les partis flamands sont amorphes, se cachent derrière des allumettes, ne réagissent pas. Les liens solides entre Electrabel et le monde politicien saute aux yeux quand on regarde les faits sans lorgnons déformants: la directrice générale Sophie Dutordoir a été la porte-paroles de l’ancien premier ministre Wilfried Martens et la chefesse des communications, Florence Coppenolle, est une féale servante d’Elio Di Rupo.

Deuxième élément important: le gouvernement tire profit de la situation financière qui règne actuellement sur le marché de l’énergie. Un part importante de la facture énergétique des ménages est constituée d’impôts. Seuls 40% de la facture d’électricité constituent le prix réel du courant réellement consommé. Si les prix sont gelés, cela signifie moins de taxes énergétiques pour les pouvoirs publics. Les communes et les intercommunales picorent également quelques graines (ou tout un sac de graines?) dans ce pactole; elles ne sont donc pas heureuses de ce gel des prix. En fait, toutes ces instances préfèreraient que les prix, et les taxes y afférentes, demeurent élevés. C’est ainsi que les intérêts du gros monopole de l’énergie et du monde politicien concordent. Les personnalités qui nous fabriquent notre politique boiteuse et le consortium Electrabel/GDF/Suez sont donc complices. Et vu que le marché monopoliste de l’énergie draine à grande échelle l’argent de nos concitoyens et de nos entreprises vers la France, nous pouvons bel et bien parler de “sinistres collabos du secteur énergétique”.

Ce terme n’est nullement une exagération. Nous ne rappelerons jamais assez que la soi-disant “libéralisation” du marché de l’électricité a échoué à cause de la gestion aberrante des gouvernements belges successifs. Personne ne s’étonnera que ce sont surtout les gouvernements socialistes/libéraux, les majorités violettes, qui ont aggravé la situation. Didier Reynders y a joué un rôle particulièrement perfide en tant “qu’homme de la France à Bruxelles”. Le socialiste flamand Johan vande Lanotte a, lui aussi, joué un bien mauvais rôle dans les accords forgés avec Electrabel. Le monde des politiciens a bel et bien vendu le secteur énergétique belge à la France, sans que cela ne lui ait posé un véritable problème. Nous avons affaires à des “collabos” du secteur énergétique. Des “collabos” qui persistent et signent. Le gouvernement pourrait parfaitement agir pour faire baisser le prix de l’électricité en permettant davantage de concurrence, en diminuant les frais de distribution et en limitant la pression fiscale. Mais rien ne se passe. De concert, Electrabel et les pouvoirs publics continuent à traire la vache à lait qu’est pour eux notre peuple.

Angélique VANDERSTRAETEN.
(article paru dans “’t Pallieterke”, Anvers, 28 mars 2012).

NOTE DE LA REDACTION:
Pour tous ceux qui en ont marre de payer trop cher leurs factures énergétiques: consultez les site flamand: www.dewakkerevlaming.be .

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Louis-Ferdinand Céline : Le gribouilleur céleste

Louis-Ferdinand Céline : Le gribouilleur céleste

Ex: http://www.lepetitcelinien.com/

 
Victor Hugo louait Charles Baudelaire pour avoir introduit « un frisson nouveau dans la poésie ». L’homme qui à introduit un frisson nouveau dans le roman ; c’est Louis-Ferdinand Céline.

Si le XIXème siècle a eu le privilège de le voir naitre, le XXème siècle a eu celui de le voir écrire. Écrire, déstructurer, casser, broyer, pour enfin révolutionner une langue française essoufflée. On entre dans l’œuvre de Céline comme on s’élance au cœur d’une cathédrale dévastée, car, n’en déplaise à Baudelaire, pas de place ici pour le luxe, le calme et la volupté. L’écrivain compose sur les ruines de l’humanité, assassinant jusqu’à l’amour qu’il « traque, abîme, et qui ressort de là : pénible, dégonflé, vaincu… ».
Atypisme revendiqué, populisme lyrique, musicalité de la prose ; la plume de Céline est un « scalpel de mage ». Chaque virgule est un rouage d’argent dans une mécanique d’or, chaque page se « débrousse comme le temple d’Anghkor », chaque couteau tiré est une larme qui tombe, chaque mensonge est une demi-vérité. Céline était médecin des pauvres. Sans doute a-t-il autant soigné par son œuvre que par sa médecine.
L’alchimiste des mots n’a pourtant pas compté ses détracteurs. L’anti-judaïsme philosophique, qu’il partage avec bon nombre de grands auteurs, Voltaire et Hugo en tête, lui aura valu la mise à l’index et l’opprobre de ses contemporains. À la suite de la publication de ses pamphlets, Sartre « l’agité du bocal », traducteur d’Heidegger, ira jusqu’à l’accuser de collaboration avec l’ennemi. C’était oublier que si Céline pouvait tremper sa plume dans l’ambroisie, il pouvait aussi la noyer dans le cyanure. La réponse qu’il fit à Sartre éleva jusqu’au mythe l’art de la diatribe. Il y a fort à parier que le « ténia aux yeux embryonnaires » regretta longuement son commentaire. Fort de cette séance épistolaire d’acupuncture au pic à glace, sonnant comme un rappel à l’ordre, il préféra le silence au ridicule. A croire que lui aussi sortit de là : pénible, dégonflé et vaincu.
Auteur controversé, à la fois adulé et maudit, Céline n’a incarné qu’une école: la sienne. Son histoire est celle d’un nihiliste marginal, chansonnier du chaos, pessimiste et lucide à l’égard de la nature humaine. Sa vision de l’homme se résume à la victoire de Caliban sur Ariel. Force est de constater que cinquante années après, la « révolte de l’esprit sur le poids » n’a pas eu lieu.
Les controverses à l’endroit de Céline en sont les exemples les plus probants. Douce mascarade que celle qui consiste à retirer le maudit de Meudon des célébrations nationales. Preuves que les pressions communautaristes prévalent sur la légitimité des ministres français. En attendant bienveillamment que la famille Klarsfeld, descendante directe de Tomas de Torquemada, prenne la peine de se déplacer outre-manche pour demander l’autodafé en grande pompe des œuvres de Shakespeare pour son « Marchand de Venise », finissant leur voyage en Allemagne afin de prétendre à la saisie de tous les ouvrages de Schopenhauer, notamment son « Foetor Judaicus ».
Un racket moral à deux vitesses qui confine au grotesque mais qui finit pourtant noyé dans les eaux troubles du conformisme. Et tous les demi-spécialistes qui s’excitent, pérorent, rhétorent sur l’ambivalence d’un talent schizophrène. Autant de commentateurs volontaires qui lisent sans projeter et dissertent sans comprendre qu’il n’y a jamais eu qu’un seul système, qu’une seule vision du monde, qu’un seul Céline.
On peut penser que la prolongation post-mortem de l’anathème aurait convenu au docteur Destouches, voire qu’il l’aurait souhaité. Quoi de plus mesquin, en effet, que d’être couronné par un siècle qui s’est fait un sacerdoce d’ériger la tartufferie en vertu cardinale. Les époques pardonnent tout à leurs contemporains, sauf le génie. Lui qui appréhendait avec beaucoup de quiétude le repos de sa mort, je crains que sa plume n’ait jouée contre lui.
Son talent l’a rendu immortel. Et s’il vous vient l’envie de vérifier ce céleste postulat, rendez-vous au cimetière de Meudon. Asseyez-vous près de la roche qu’il partage avec son épouse « à l’ombre du monument adjudicataire et communal élevé pour les morts convenables dans l’allée du centre ». Regardez la pierre gravée, respirez, ouvrez « le voyage ». Alors vous conviendrez que cet endroit est le seul au monde ou Louis-Ferdinand Céline ne se trouve pas.

Maxime LE NAGARD
Le Bréviaire des patriotes, 22 mars 2012.

Le Bulletin célinien n°340 - avril 2012

Le Bulletin célinien n°340 - avril 2012

Vient de paraître : Le Bulletin célinien n°340.

Au sommaire :

- Marc Laudelout : Bloc-notes
- M. L. : Céline dans la presse
- P.-L. Moudenc : Cette prose flamboyante
- P.-L. Moudenc : Les souvenirs de Henri Mahé
- Bernard Baritaud : Pour une association Mac Orlan
- Pol Vandromme : Maurice Bardèche et Céline
- André Suarès : Les rires de crocodile [1946]
- Louis-Albert Zbinden : La blessure d’un paradis perdu [1973]
- B.C. : Une version célinienne du mythe de Babel [1]

Un numéro de 24 pages, 6 € franco.

Le Bulletin célinien, B. P. 70, Gare centrale, BE 1000 Bruxelles.

 

Le Bulletin célinien n°340 - Bloc-Notes

La bibliographie Tout sur Céline serait-elle l’Arlésienne ? Annoncée pour l’année du cinquantenaire de la mort de l’écrivain, elle n’a pas encore vu le jour. Aussi convient-il de s’en expliquer auprès des souscripteurs. Cette bibliographie a, comme on le sait, trois co-auteurs : Arina Istratova, Alain de Benoist et Marc Laudelout. Le but de l’imposante Bibliographie des écrits de Louis-Ferdinand Céline, publiée il y a plus de vingt-cinq ans par Jean-Pierre Dauphin et Pascal Fouché, n’était pas de prendre en compte l’abondante littérature secondaire qui a été consacrée à l’auteur de Nord ¹. C’est cette situation que les auteurs de Tout sur Céline ont voulu pallier. Leur bibliographie référencera tous les livres, brochures, tirés à part, travaux universitaires et numéros spéciaux de revues, parus en langue française et dans d’autres langues, qu’il a été possible d’identifier. Elle ne citera ni les articles sur Céline, dont la recension exhaustive serait difficilement réalisable (mais a déjà été entreprise par Jean-Pierre Dauphin pour la période 1914-1961 ²), ni – sauf très rares exceptions qui ont paru justifiées – les livres qui ne consacrent à Céline que des sections ou des chapitres particuliers : histoires générales de la littérature, études diverses sur les « fascismes littéraires », etc.
Cette bibliographie comprendra cinq parties principales : (A) les publications périodiques et les séries éditoriales entièrement consacrées à Céline ; (B) les travaux universitaires (mémoires, masters et thèses) dont Céline a fait l’objet ; (C) les ouvrages publiés ; (D) la documentation filmographique (émissions télévisées essentiellement) ; (E) la documentation phonographique (émissions radiophoniques, discographie, partitions). Un complément relatif à Internet constituera la partie (F). Une dernière partie (G) recensera les associations spécialisées dans les études céliniennes.
Cette bibliographie fournira au total près de 2000 références, dont plus de 800 thèses ou mémoires universitaires identifiés. C’est précisément cette partie-là qui donne le plus de fil à retordre aux auteurs. Alors même qu’ils en étaient au stade des épreuves, ils ont encore constaté de trop nombreuses erreurs dues au fait que les travaux universitaires (non publiés) sont souvent mal répertoriés. Nombreux sont, dans ce domaine, les renseignements lacunaires ou tout simplement erronés. Cela s’explique par le fait que toutes les universités ne recensent pas de manière méthodique et précise les thèses soutenues en leur sein. La situation est, comme on s’en doute, encore plus complexe pour les mémoires de maîtrise. Les auteurs espèrent clôturer enfin ce vaste chantier cette année. Le tirage sera limité à 300 exemplaires. Tous ceux qui ont souscrit sont bien entendu assurés de recevoir cette bibliographie dès sa sortie de presse ³. Nous espérons qu’ils voudront bien ne pas (trop) tenir rigueur de ce retard aux auteurs. L’un des souscripteurs, célinien patenté et chercheur de talent, a bien voulu faire part de sa compréhension : « Pour ma part, perfectionniste comme je le suis, je sais trop bien qu’il faut prendre tout le temps nécessaire pour faire un travail se rapprochant le plus possible de la perfection. Par conséquent, même si votre bibliographie ne sortait que dans un an, je n’en ferai pas un drame. » Puissent tous les autres souscripteurs partager ce sentiment !

Marc LAUDELOUT


1. Jean-Pierre Dauphin & Pascal Fouché, Bibliographie des écrits de Louis-Ferdinand Céline, 1918-1984, BLFC, 1984. Cet ouvrage est épuisé mais une version électronique est disponible sur www.biblioceline.fr
2. Jean-Pierre Dauphin, Bibliographie des articles de presse & des études en langue française consacrés à L.-F. Céline, 1914-1961, Du Lérot, 2011.
3. La souscription est actuellement close. Le prix de vente est de 65 €, frais de port inclus.

Günter Grass difende l’Iran con una poesia

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Günter Grass difende l’Iran con una poesia

di Andrea Tarquini (Günter Grass)

Fonte: La Repubblica [scheda fonte]


Il testo del Nobel per la letteratura rifiutato dal settimanale di Amburgo "Die Zeit"
Attacco anche alla Germania per la fornitura di sottomarini allo Stato ebraico

Torna in campo Günter Grass. E lo fa con testo poetico destinato a suscitare polemica. Il Nobel della letteratura sostiene che il vero pericolo per la pace è Israele e non l´Iran, il deterrente nucleare israeliano e non l´arsenale che Ahmadinejad starebbe costruendo.
Rieccolo in campo, torna come sempre, da intellettuale impegnato di tutto il lungo dopoguerra, a lanciare le provocazioni più scomode possibili. Decenni fa in campagna elettorale per Brandt cancelliere della pace, questa volta sul tema caldo mondiale del momento, i piani atomici iraniani: secondo lui il vero pericolo per la pace è Israele e non l´Iran, il deterrente nucleare israeliano e non l´arsenale che Ahmadinejad sta costruendo. Di chi parliamo? Di Guenter Grass. Il Nobel per la letteratura, il massimo scrittore tedesco vivente, con la poesia che pubblichiamo vuole aprire un dibattito che si annuncia confronto lacerante, a livello globale.
"Quel che deve essere detto", s´intitola la lirica. In uno stile politico-didattico che ricorda il Brecht più impegnato e aggressivo, Grass lancia un attacco durissimo contro la politica dello Stato d´Israele, e contro la Repubblica federale. Perché, in nome della responsabilità per il passato chiamato Olocausto e del nuovo ruolo di potenza-leader di Berlino, la Germania di Angela Merkel ha fornito a prezzi stracciati sei sottomarini ultramoderni alla Hel ha´Halama le Israel, la Marina israeliana. Sottomarini che possono sparare missili da crociera.
Un´arma made in Germany per l´ultima difesa, deterrente da minacciare di usare per non usarlo, come fu con le atomiche tra Usa e Urss nella guerra fredda. In tecnica e strategia militari moderne, spieghiamolo al lettore, i missili lanciati da sottomarini servono a una risposta nucleare a un attacco nucleare subìto, non a un primo colpo. Il primo colpo atomico lo spari con i missili terrestri, come quelli che Teheran acquista in Corea del Nord. E non Gerusalemme e Washington, bensì l´Agenzia internazionale per l´energia atomica (Aiea) che fu guidata dal grande politico egiziano Mohammed el Baradei, denuncia per prima il programma atomico iraniano.
Grass non è d´accordo, non ci sta. Nel poema parla del deterrente israeliano come "minaccia alla pace". Una minaccia, si potrebbe sottintendere, va eliminata. Parla degli U-Boot tedeschi per Gerusalemme scrivendo di "crimine prevedibile, e nessuna delle nostre scuse cancellerebbe la nostra complicità". E denuncia "l´ipocrisia dell´Occidente". Tirades non nuove: da sempre Grass è un grande polemista, non solo un grande letterato. Anni fa, in "im Krebsgang", raccontando del piroscafo Wulhelm Gustloff carico di civili e silurato dai russi nel Baltico, dipinse i tedeschi in qualche modo come vittima della Seconda guerra mondiale. Più tardi, dopo un lunghissimo silenzio, in "Sbucciando la cipolla", confessò di aver prestato servizio nelle SS da giovane, credendoci. Passato e presente si confondono nell´eterno dramma tedesco. Ma questa volta è anche diverso. Die Zeit, l´illustre settimanale di Amburgo, ha rifiutato di pubblicare la poesia. La pubblicherà invece oggi (insieme a Repubblica, El Paìs, e a Politiken in Danimarca) la liberal Sueddeutsche Zeitung. «Grass è il più noto e massimo scrittore tedesco vivente, un Nobel, è sempre stato nel dibattito politico non si censura, si pubblica, in una certa misura i media sono anche bacheche, e Grass è uno dei tedeschi più famosi nel mondo», mi dice Heribert Prantl, direttore nella direzione collegiale della Sueddeutsche.
«Non si può censurare Grass, anche se si ritengono fuorvianti alcune sue opinioni», continua Prantl. «Forse riceverà applausi da una parte, interviene con una poesia nel dibattito, posso solo accettare l´intervento come contributo lirico al dibattito». Non si censurano i grandi intellettuali, insomma, neanche quando possono violare gravi tabù della Memoria o travisano la realtà odierna. La discussione è lanciata.


Quello che deve essere detto"
di Günter Grass


Perché taccio, passo sotto silenzio troppo a lungo
quanto è palese e si è praticato
in giochi di guerra alla fine dei quali, da sopravvissuti,
noi siamo tutt´al più le note a margine.

E´ l´affermato diritto al decisivo attacco preventivo
che potrebbe cancellare il popolo iraniano
soggiogato da un fanfarone e spinto al giubilo organizzato,
perché nella sfera di sua competenza si presume
la costruzione di un´atomica.

E allora perché mi proibisco
di chiamare per nome l´altro paese,
in cui da anni - anche se coperto da segreto -
si dispone di un crescente potenziale nucleare,
però fuori controllo, perché inaccessibile
a qualsiasi ispezione?

Il silenzio di tutti su questo stato di cose,
a cui si è assoggettato il mio silenzio,
lo sento come opprimente menzogna
e inibizione che prospetta punizioni
appena non se ne tenga conto;
il verdetto «antisemitismo» è d´uso corrente.
Ora però, poiché dal mio paese,
di volta in volta toccato da crimini esclusivi
che non hanno paragone e costretto a giustificarsi,
di nuovo e per puri scopi commerciali, anche se
con lingua svelta la si dichiara «riparazione»,
dovrebbe essere consegnato a Israele
un altro sommergibile, la cui specialità
consiste nel poter dirigere annientanti testate là dove
l´esistenza di un´unica bomba atomica non è provata
ma vuol essere di forza probatoria come spauracchio,
dico quello che deve essere detto.

Perché ho taciuto finora?
Perché pensavo che la mia origine,
gravata da una macchia incancellabile,
impedisse di aspettarsi questo dato di fatto
come verità dichiarata dallo Stato d´Israele
al quale sono e voglio restare legato
Perché dico solo adesso,
da vecchio e con l´ultimo inchiostro:
La potenza nucleare di Israele minaccia
la così fragile pace mondiale?
Perché deve essere detto
quello che già domani potrebbe essere troppo tardi;
anche perché noi - come tedeschi con sufficienti colpe a carico -
potremmo diventare fornitori di un crimine
prevedibile, e nessuna delle solite scuse
cancellerebbe la nostra complicità.

E lo ammetto: non taccio più
perché dell´ipocrisia dell´Occidente
ne ho fin sopra i capelli; perché è auspicabile
che molti vogliano affrancarsi dal silenzio,
esortino alla rinuncia il promotore
del pericolo riconoscibile e
altrettanto insistano perché
un controllo libero e permanente
del potenziale atomico israeliano
e delle installazioni nucleari iraniane
sia consentito dai governi di entrambi i paesi
tramite un´istanza internazionale.

Solo così per tutti, israeliani e palestinesi,
e più ancora, per tutti gli uomini che vivono
ostilmente fianco a fianco in quella
regione occupata dalla follia ci sarà una via d´uscita,
e in fin dei conti anche per noi.

(Traduzione di Claudio Groff)

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mercredi, 04 avril 2012

Réponses de Robert Steuckers à la Table Ronde, “Quel avenir pour les peuples d’Europe?”

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Réponses de Robert Steuckers à la Table Ronde, “Quel avenir pour les peuples d’Europe?” au colloque du Château Coloma, 3 mars 2012

Q.: Quelles réactions positives voyez-vous aujourd’hui parmi les peuples européens?

RS: Des réactions positives? Je n’en vois pas beaucoup. J’en retiens deux, marginales sur le plan géographique mais significatives, et, mutatis mutandis, dignes d’être imitées: la mobilisation populaire en Islande et la colère de la foule en Grèce. Il y a d’abord la réaction islandaise, celle de ce petit peuple insulaire de 350.000 habitants, qui a inventé une véritable représentation démocratique dès l’aube de son histoire et forgé la première littérature moderne et profane de notre continent. Dans ce pays, les responsables de la crise de 2008, les infects banksters qui ont commis l’acte abject et méprisable de spéculer, sont traduits en justice, de même que Haarde, le Premier Ministre qui a couvert leurs vilénies, tandis que notre “Commission Dexia” patine et qu’on ne verra pas de sitôt l’incarcération, pourtant dûment méritée, de Dehaene à Lantin ou à Jamioulx. En Islande, ses homologues ès-abjection sont derrière les barreaux ou devant les juges. Parallèlement à cette saine réaction, les Islandais ont refusé de rembourser les banques étrangères qui ont participé à la ruine de leur pays et se sont donné une constitution nouvelle où la spéculation est expressément décrite comme un délit et où tous les transferts de souveraineté sont d’emblée condamnés ou, éventuellement, soumis à référendum. Les Islandais ont fait montre de volonté politique: ils ont prouvé qu’un retour au politique était possible dans un monde occidental où règne la dictature subtile du “tout-économique”. Résultat: l’Islande connaît un redéploiement économique assez spectaculaire.

Dans le reste de l’Europe, c’est l’apathie.

En Grèce, nous avons vu, ces jours-ci, des émeutes plus violentes encore que celles qui ont secoué Athènes l’an passé. Le peuple refuse le diktat des banques, du FMI et de l’eurocratie. La RTBF comme la VRT ont interrogé des quidams dans la rue; trois de ceux-ci ont lancé: “C’est bientôt votre tour!”. C’est prophétique et réaliste tout à la fois. En effet, la faiblesse, la lâcheté et la veulerie du monde politique, qui n’ose faire cueillir les escrocs et les banquiers par la police dès potron-minet, en filmant la scène à titre de petite mise au pilori, ne peuvent avoir qu’une seule conséquence à moyen terme: la faillite totale de l’Etat et l’hellénisation/paupérisation de notre société. Malgré cette colère de la rue à Athènes, les Grecs, contrairement aux Islandais, ont dû accepter, tout comme les Italiens d’ailleurs, un gouvernement d’économistes, de banquiers, de technocrates qui n’ont aucun atome crochu avec la population et, forcément, aucune légitimité démocratique. La dictature a donc fait sa réapparition en Europe, non plus une dictature acclamative ou issue des urnes comme il y en a eu dans l’histoire récente de notre continent, mais une dictature sans acclamations populaires, sans légitimité électorale, qui s’apprête à ruiner toutes les familles grecques et italiennes. Mais où sont les protestataires anti-dictateurs, comme ceux qui s’agitaient contre Franco ou contre les Colonels grecs dans les années 60 et 70?

En France, les grandes leçons du gaullisme des années 60 sont bien oubliées. Aucune réaction saine n’est à attendre du sarközisme néo-libéral. En Espagne, le mouvement des indignés est certes fort sympathique, mais quelles seront ses suites? L’Espagne, vient de nous dire Jean David, compte aujourd’hui quatre millions de chômeurs, avec un nouveau gouvernement libéral, qui fera la politique du FMI, et préconisera des mesures anti-populaires comme le font déjà anticipativement, chez nous, un Decroo (le fils de son papa) ou un Reynders (qui, dit-on, brigue un haut poste à la BNP à Paris).

Le mouvement des indignés espagnols montre que toute contestation juvénile est désormais noyée dans ce que le regretté Philippe Muray nommait le “festivisme”. On transforme une protestation, dont les enjeux sont pourtant vitaux pour l’ensemble de la population, en un happening de style Woodstock, ce qui n’inquiète ni les banksters ni leurs serviteurs néo-libéraux. Le danger du “gauchisme”, comme on disait naguère, ne vient nullement de sa nature “contestataire”, antagoniste à l’égard des pouvoirs en place, mais de ses propensions au “festivisme”, tel qu’il a été défini par Muray. La culture festiviste, envahissante, tablant sur les émotions ou sur les désirs, tue de fait les réflexes politiques, basés sur le sérieux de l’existence, sur l’agonalité (Ernst Jünger, Armin Mohler) et sur la prise en compte, pessimiste et prévoyante, des risques et du pire (Clément Rosset). Les exemples abondent pour signaler le glissement des idées en apparence révolutionnaires de mai 68 dans la farce festiviste: l’itinéraire d’un Daniel Cohn-Bendit le prouve amplement, ce pseudo-révolutionnaire du Nanterre de 1968, qui avait mêlé verbiage pseudo-marxiste et obsessions sexuelles, est aujourd’hui un allié du néo-libéral thatchérien Guy Verhofstadt quand il s’agit, dans l’enceinte du Parlement européen, de vitupérer tout réflexe politique naturel, émanant du peuple réel; ou toute tentative de l’un ou l’autre ponte en place, comme Sarközy, d’utiliser un réflexe populaire naturel pour mener une politique quelconque, par pur calcul politicien et qui, si elle était réellement traduite dans la réalité, serait efficace ou écornerait les intérêts du banksterisme.

Le philosophe néerlandais Luk van Middelaar parlait, pour la France, d’une culture philosophique du “politicide”, qui s’est développée parallèlement à l’idéologie étatique rigide que la république a toujours tenté de faire triompher dans son propre pré carré. De Sartre aux contestataires de Mai 68, en passant par Michel Foucault ou par le néo-nietzschéanisme exigeant la libération joyeuse et immédiate des “machines à désirer”, par le nouveau néokantisme post-marxisant qui découvrait subitement l’horreur du goulag chez ses anciens alliés soviétiques dans les années 70 ou par l’hypermoralisme hystérique des médias dominants ou par la promotion médiatique d’une “république compassionnelle”, les intellectuels français ont perpétré en permanence un “assassinat du politique” qui ne peut mener qu’à une impasse. Celle dans laquelle nous nous trouvons (Luk van Middelaar, Politicide – De moord op de politiek in de Franse filosofie, van Gennep, Amsterdam, 1999).

Il faut par conséquent une bataille métapolitique pour éradiquer les affres du festivisme et contrer les effets délétères de l’apathie en laquelle somnolent la plupart de nos concitoyens.

Q.: A quels dangers serait soumise une Europe redevenue “populiste” au sens positif du terme?

RS: Dresser la liste des dangers qui nous menacent risque d’être un exercice fort long. Si nous prenons la spéculation en cours contre l’euro, phénomène emblématique de l’absence de souveraineté et de vigueur politiques au sein de l’Europe eurocratique, nous constatons que toutes les spéculations hostiles à la monnaie commune européenne ont une origine outre-Atlantique, proviennent du secteur bancaire spéculatif américain. J’en conclus que la spéculation contre les Etats et les monnaies, dont l’Asie avait connu un précédent en 1997, est un mode (relativement) nouveau de guerre indirecte. Saddam Hussein voulait facturer son pétrole en euro. Ahmadinedjad a envisagé de le faire à son tour pour le pétrole et le gaz iraniens. Les puissances du BRIC (Russie, Chine, Inde, Brésil) emboîtent le pas. L’euro constituait donc le danger le plus grave pour les Etats-Unis à court et à moyen termes, car il était sur le point de détrôner le roi-dollar. L’Europe, puissance civile et pacifique (Zaki Laïdi), aurait, sans coup férir, damé le pion à l’hegemon Il fallait dès lors frapper cet instrument de souveraineté européenne à son “ventre mou” méditerranéen. Les pays méditerranéens, ceux du groupe PIGS (Portugal, Italie, Grèce, Espagne), sont effectivement les plus fragiles, les plus aisés à faire basculer pour entraîner un effet domino et affaiblir simultanément les pays économiquement plus forts de l’ancienne zone mark (oui, la Belgique est menacée, on le sait; l’Autriche a perdu un “A” et les Pays-Bas sont inquiets car ils connaissent leurs points faibles, leurs éventuels talons d’Achille). L’Allemagne est encore en mesure de résister vu ses accords gaziers avec la Russie et les marchés qu’elle développe à grande échelle en Chine. L’Allemagne demeure forte parce qu’elle est davantage liée aux puissances du groupe BRIC, parce qu’elle a misé subrepticement sur une carte eurasienne sans renier avec fracas son option atlantiste officielle. Les anciens chanceliers Schmidt et Schröder se sont hissés à la position “catéchonique” de garants de cet axe énergétique Berlin/Moscou, avatar actuel des accords Rathenau/Tchitchérine, signés à Rapallo en 1922.

Pour revenir à la Grèce, aujourd’hui ruinée, on évoque fort souvent l’insouciance du personnel politique grec, qui a pratiqué une politique démagogique où l’Etat-Providence était particulièrement généreux et peu regardant (plusieurs centaines d’aveugles disposent de leur permis de conduire...) ou le gouffre financier qu’a constitué l’organisation des jeux olympiques de 2004 mais on omet curieusement de mentionner le coût exorbitant qu’ont entraîné les incendies de forêts et de garrigues que le pays a subi deux années de suite. Le feu a ravagé les campagnes et s’est avancé jusque dans les banlieues des villes dans des proportions hors du commun. De même, la Russie de Poutine, récalcitrante face aux diktats du “nouvel ordre mondial”, a subi sur son territoire des incendies de grande envergure, inédits dans l’histoire.

Ces incendies sont-ils dû à des hasards naturels, un peu vite mis sur le compte de l’hypothétique “réchauffement climatique”? Ou bien sont-ils les effets d’une nouvelle forme de “guerre indirecte”? La question peut être posée.

De même, on parle, avec le projet HAARP, de l’éventualité de provoquer artificiellement des catastrophes sismiques ou autres. Le tsunami qui a réduit à néant le nucléaire japonais l’an passé (et conduira à court terme au démantèlement total du secteur nucléaire de l’Empire du Soleil Levant) ou les tempêtes extrêmement violentes que la France a subies il y a quelques années, immédiatement après l’enthousiasme soulevé par la possibilité d’un Axe Paris/Berlin/Moscou, sont-ils des hasards ou non? Telles sont des questions à étudier avec toute l’attention voulue, comme le fait “Kopp-Verlag” en Allemagne.

L’arme de la grève sauvage a été utilisée contre Chirac en 1995, après des essais nucléaires à Mururoa. On sait que certains syndicats français, noyautés par des éléments trotskistes ou lambertistes, pendants économico-sociaux des “nouveaux philosophes” agissant dans l’espace médiatique, sont soutenus par la CIA (ou l’ont été par l’ex-OSS quand il a fallu mettre les anciens alliés communistes échec et mat). La France vit en permanence sous l’épée de Damoclès d’une paralysie totale, qui pourrait être due, par exemple, à une grève des routiers, qui bloquerait toutes les routes de l’Hexagone et toutes les voies d’accès à celui-ci. Dans de telles conditions, pas besoin de révolution orange en France...

Reste effectivement le danger des “révolutions colorées”, à l’instar de celle qui a réussi en Géorgie en 2003 et a porté Sakashvili au pouvoir. L’instrument des révolutions colorées est désormais connu et ne fonctionne plus de manière optimale, en dépit d’un personnel très bien écolé, recruté au départ du mouvement serbe OTPOR. En Ukraine, les conséquences de la “révolution orange” de 2004, soit un rapprochement du pays avec les structures atlantistes et eurocratiques, sont annulées sous la pression du réel géographique. L’Ukraine est liée aux espaces déterminés par les grands fleuves (Dniestr, Dniepr, Don) et par la Mer Noire. Elle est aussi liée territorialement à l’espace russe du Nord. La dernière tentative de “révolution orange” en Russie cet hiver, pour faire tomber Poutine, s’est soldée par un échec: les sondages créditent le Premier Ministre russe de 66% des intentions de vote! Pire pour les “occidentistes”, la majorité absolue des voix va non seulement vers le mouvement de Poutine mais aussi, au-delà des deux tiers de votes que les sondages lui attribuent, à des formations politiques d’inspiration communiste ou nationale (Ziouganov et Jirinovski) et non pas vers les tenants d’une ré-occidentalisation de la Russie, avec son cortège de “Gay-Prides” festivistes, d’oligarques et de politiciens véreux et falots.

Les “printemps arabes”, autre manière de mobiliser les foules pour libérer les marchés potentiels —que constituent les Etats arabo-musulmans—  des structures étatiques traditionnelles et des corruptions claniques, ont fonctionné en Tunisie et, partiellement seulement, en Egypte. En Syrie, cela n’a pas marché et on prépare au pays d’El-Assad un avenir libyen...

Les pays européens sont finalement à ranger parmi les Etats de faible personnalité politique. Outre la spéculation contre l’euro, quel instrument garde-t-on au placard pour la faire fléchir si jamais il lui prenait de branler dans le manche? L’ambassadeur américain Jeremy Rivkin a été trop bavard: il a révélé la nature de l’instrument dont on ferait usage pour déstabiliser les sociétés des Européens de l’Ouest, si ceux-ci devenaient trop récalcitrants. On leur balancerait les déclassés des banlieues dans les pattes. Jeremy Rivkin évoque, sans circonlocutions inutiles, la possibilité de mobiliser les masses immigrées des banlieues pour faire tomber ou pour désarçonner un gouvernement rebelle, surtout en France. Sarkozy doit savoir mieux que personne qu’il a été porté au pouvoir suite aux émeutes des banlieues françaises de novembre 2005. Elles avaient servi à éliminer Chirac, adepte de l’Axe Paris/Berlin/Moscou. Elles pourraient tout aussi bien servir à le faire tomber, lui aussi, s’il ne reste pas sagement dans le sillage de l’hegemon américain et fidèle à son alliance privilégiée avec la Grande-Bretagne de Cameron. Faye avait prédit, à la grande fureur du président français actuel, que la France ne pourrait pas se payer indéfiniment des émeutes de banlieues, surtout si elles éclataient simultanément dans plusieurs grandes agglomérations de l’Hexagone, non plus seulement dans le fameux département n°93, près de Paris, mais aussi à Lyon, Marseille et Lille. Les réseaux salafistes, comme les réseaux lambertistes, sont prêts à faire le jeu de l’hegemon, au détriment des Etats-hôtes, a fortiori si l’Arabie Saoudite, matrice financière wahhabite des mouvements salafistes, est une alliée inconditionnelle de Washington.

La méfiance à l’égard de certains réseaux salafistes ne relève donc pas du “racisme” ou de l’“islamophobie”, comme le vocifèrent les médias aux ordres ou le pensent certains magistrats croupions, dont la corporation est dénoncée comme inculte, à l’instar de tous les juristes modernes sans culture générale, par François Ost, ancien recteur des Facultés universitaires Saint-Louis de Bruxelles. Cette méfiance à l’égard des salafistes relève d’une simple analyse du terrain politique, où il faut établir l’inventaire des éléments en place: quelles sont les forces dangereuses qui pourraient, dans un avenir prévisible, disloquer la machine étatique, dont je suis citoyen, et plonger la société, en laquelle je vis, dans le chaos? Quelles sont les forces en présence dans ma société qui pourraient servir de levier, à toutes mauvaises fins utiles, à l’hegemon pour la déstabiliser ou l’affaiblir?

Q.: Quels sont les ennemis intérieurs et extérieurs des peuples européens dans le contexte actuel?

RS: Commençons par les ennemis extérieurs, les ennemis intérieurs n’étant que des instruments à leur service. L’ennemi extérieur est bien entendu l’hegemon qui refuse de nous élever à son rang, comme on le ferait en toute bonne logique avec des alliés fidèles à la façon romaine, et nous plonge en permanence dans l’assujetissement, brisant chaque fois, à l’aide d’instruments subtils propres aux nouvelles formes de guerre indirecte, tout nouvel élan économique ou politique de notre Europe. Cet hegemon est une thalassocratie, une puissance essentiellement maritime, une puissance qui domine les “res nullius” que sont les océans et l’espace circumterrestre, tout en imposant des règles internationales fluctuantes, chaque fois interprétées en sa faveur. Je veux bien évidemment parler des Etats-Unis d’Amérique, tels que les a décrits une figure comme Carl Schmitt. Ce n’est pas la place ici de rappeler les réflexions profondes et pertinentes que Carl Schmitt a émises sur la fabrication arbitraire et perfide de règles juridiques internationales floues et boiteuses car tributaires de l’esprit “wilsonien”, destinées à faire avancer les pions de l’impérialisme américain dans le monde ou sur le processus délétère de fluidification et de liquéfaction des certitudes et des traditions diplomatiques que ces règles perfides ont fait éclore. Plus accessibles me semblent les directives émises par un stratégiste américain, Nicholas J. Spykman, dans un bref vademecum en annexe de son ouvrage de 1942, America’s Strategy in World Politics.

Pour lui, l’Europe de son temps possède dix atouts qui la rendent supérieure aux Etats-Unis. Ces dix atouts, que j’énonce par ailleurs (cf. “Panorama théorique de la géopolitique”, in Orientations n°12, été 1990/hiver 1990-91), lui avaient été inspirés par un géopolitologue allemand de l’école de Haushofer, une certain Robert Strauss-Hupé, émigré aux Etats-Unis après la prise du pouvoir par les nationaux-socialistes parce qu’il avait quelque ascendance juive. Les atouts que doit avoir une superpuissance de l’acabit des Etats-Unis pour Spykman ou les atouts que possédait l’Europe sous hegemon germanique selon Strauss-Hupé sont notamment, je n’en cite ici que trois, l’excellence d’un système scolaire et universitaire, la cohésion ethnique et une économie plus ou moins autarcique (ou semi-autarcique auto-centrée comme le préciseront plus tard les Français François Perroux et André Grjébine) qui permet l’émergence et la consolidation d’un bloc économique concurrent des Etats-Unis et capable de conquérir et de conserver longtemps des marchés en Asie, en Afrique et en Amérique latine.

Pour démolir l’enseignement, il y a eu mai 68, avec son cortège de nouvelles pédagogies abracadabrantes et son laxisme implicite, suivi d’une offensive, classée à “droite”, du néo-libéralisme qui a imposé des schémas pédagogiques visant l’acquisition facile de savoirs purement utilitaires au détriment des humanités traditionnelles, totalement battues en brèche. Une fois de plus, ici, le festivisme gauchiste à la sauce 68 n’a jamais cessé de marcher de concert avec le néo-libéralisme utilitariste pour ruiner les acquis de notre civilisation et que leur antagonisme fictif, souvent médiatisé pour faire croire à des alternances démocratiques, ne servait qu’à leurrer les masses. Pour briser la cohésion ethnique, on a d’abord coupé l’Europe occidentale de ses réservoirs habituels de main-d’oeuvre supplétive en Europe orientale, on a ensuite freiné tous les processus d’intégration et d’assimilation avec l’aide des réseaux wahhabite/salafiste inféodés à l’allié saoudien (qui promettait aussi un pétrole bon marché à condition que l’Europe s’ouvre à toutes les immigrations musulmanes); on s’apprête, avec l’ambassadeur Rivkin, à inciter les nouveaux banlieusards déboussolés, toutes couleurs et toutes confessions confondues, à bloquer le fonctionnement total de l’Etat et de la société en générant des troubles civils dans les grandes agglomérations; en Allemagne, Erdogan et Davutoglu menacent de faire jouer, au détriment de l’Etat allemand, les “sociétés parallèles” turques, étant bien entendu que le néo-libéralisme a eu pour effet de favoriser, de “booster”, toutes les ‘économies diasporiques”, dont les réseaux turcs, axés, dans un premier temps, sur le trafic de l’héroïne; enfin, la pratique permanente du “politicide”, surtout en France, ne permet aucune restauration du “politique”, au sens où l’entendait le regretté Julien Freund. Sans restauration du politique, nous risquons le déclin total et définitif.

On s’aperçoit clairement que l’hegemon, qui entend freiner tous nos élans, aligne tout un éventail d’alliés circonstantiels, qui ne sont en aucun cas l’ennemi principal mais bien plutôt les instruments de celui-ci. La rébellion turque, mise en exergue par les médias depuis le “clash” entre Erdogan et son homologue israélien à Davos et depuis l’affaire de la flotille humanitaire turque amenant des médicaments aux Palestiniens de Gaza, est un “show”, destiné à gruger les masses arabo-musulmanes. Outre cette mise en scène, la politique turque n’a guère changé à l’égard de son environnement, en dépit du discours néo-ottoman de Davutoglu qui évoque les notions de “zéro problème avec les voisins” et de solidarité musulmane. En Syrie, depuis août 2011, la Turquie est bel et bien alignée sur l’hegemon américain: Erdogan, Gül et Davutoglu ont tenté de faire fléchir El-Assad, en lui suggérant de prendre dans son gouvernement des ministres appartenant aux “Frères Musulmans” et de ne plus favoriser les Alaouites, adeptes d’un islam à fortes connotations chiites, et de renoncer à la laïcité de l’Etat, préconisée par l’idéologie baathiste qui refuse toute discrimination entre musulmans (sunnites, chiites, alaouites, druzes, etc.) ou à l’égard des chrétiens arabes/araméens. Le pari baathiste sur la laïcité de l’Etat syrien, sans violence institutionnelle aucune à l’égard des communautés réelles composant la population syrienne, est plus souple que ne le fut le kémalisme turc, avant son éviction par l’AKP d’Erdogan. Aujourd’hui, c’est par la Turquie (par l’Irak et la Jordanie) que transitent les armes pour les opposants syriens et pour les mercenaires “afghans” ou “libyens” qui affrontent l’armée loyaliste syrienne. Par railleurs, la géopolitique implicite de la Turquie n’est pas assimilable à une géopolitique européenne cohérente: les “directions” qu’entend prendre la géopolitique turque sous-jacente ne vont pas dans le même sens qu’une bonne géopolitique européenne qui serait enfin devenue générale et cohérente: la Turquie, par exemple, entend reprendre indirectement pied dans les Balkans, alors que ceux-ci devraient constituer exclusivement un tremplin européen vers la Méditerranée orientale et le Canal de Suez. Enfin, l’actuel territoire turc constitue une zone de transit pour une immigration proche-orientale, moyen-orientale et asiatique tentant de s’introduire dans l’espace Schengen. La Turquie, en dépit des subsides considérables qu’elle reçoit de l’Europe eurocratique, ne garde pas ses frontières et laisse passer vers l’Europe des centaines de milliers de futurs clandestins. La police et la flotte grecques sont débordées. Les finances de l’Etat grec ont été déstabilisées par ce combat à la Sisyphe, tout comme par les incendies de grande ampleur que la Grèce a subi ces derniers étés, et non pas tant, comme veulent le faire accroire les médias véhiculant le discours néo-libéral dominant, par la mauvaise gestion des budgets olympiques de 2004 et par quelques milliers de pauvres grecs véreux et madrés qui escroquaient leur système national de sécurité sociale. Pour endiguer ce gigantesque flot de réfugiés, pire que ceux de Lampedusa aux portes de la Sicile et de Fuerteventura dans les Canaries, l’eurocratie ne débloque qu’un très petit budget pour l’envoi de 200 malheureux gendarmes qui doivent surveiller une frontière qui va des rives pontiques de la Thrace à toutes les îles de l’Egée jusqu’à Rhodes et à toutes les parties de l’archipel du Dodécannèse. L’agence Frontex, chargée en théorie de verrouiller les frontières extérieures de l’espace Schengen pour éviter tous les déséquilibres qu’apporterait une immigration débridée, ne reçoit en réalité aucun appui sérieux et se révèle une “coquille vide”.

On sait que toutes les menées salafistes ou wahhabites sont en dernière instance téléguidées par le tandem américano-saoudien et s’avèrent idéales pour perpétrer des opérations de guerre indirecte, dites de “low intensity warfare”, ou des actions “fausse-bannière” (false flag operations). On tue un Pim Fortuyn non pas tant parce qu’il serait “islamophobe” mais parce qu’il souhaitait supprimer la participation néerlandaise aux opérations en Afghanistan. On recrute un tueur dans la diaspora marocaine de Molenbeek pour éliminer le Commandant Massoud afin que ce combattant efficace ne prenne pas le pouvoir suite à la chute des talibans, programmée par le Pentagone. On envoie un Jordanien fondamentaliste pour prendre la direction de la rébellion tchétchène sur le tracé d’un oléoduc qui pourrait amener le brut russe et kazakh en Mer Noire, etc. La Russie, fournisseur principal d’hydrocarbures à l’Europe, est fragilisée dans la Caucase du Nord par les fondamentalistes tchétchènes et daghestanais mais aussi et surtout, comme le signale l’observateur allemand Peter Scholl-Latour, par une intervention wahhabite potentielle (et donc indirectement américaine) dans deux républiques musulmanes de la Fédération de Russie, le Tatarstan et le Baschkirtostan. Si ces deux républiques basculent dans le désordre civil ou si des fondamentalistes y arrivent au pouvoir, le territoire de la Fédération de Russie serait littéralement coupé en deux à hauteur de l’Oural, extrême nord excepté, soit au-delà de la limite méridionale de la zone des toundras. L’Europe serait réduite à ce qu’elle était au début du 16ième siècle, avant le déferlement des troupes d’Ivan le Terrible et de Fiodor I au 16ème siècle qui, parties de la région de Moscou, conquièrent tout le cours de la Volga et déboulent à Astrakhan en 1556. Kazan, la capitale tatar, était tombée en 1552. Peter Scholl-Latour rappelle que les Tatars ne sont que fort rarement séduits par le “wahhabisme” saoudien ou par l’idéologie égyptienne des Frères Musulmans d’Hassan al-Banna et de Sayyid Qutb et leur préfèrent une sorte d’islam modernisé, compatible avec la modernité européenne et russe, que l’on appelle le “yadidisme” ou la “voie tatar”, dont le penseur est actuellement Rafael Chakimov. Ce dernier s’insurge contre les volontés wahhabites de vouloir à tout prix imiter les moeurs et coutumes de l’Arabie des 7ème et 8ème siécles. Les adeptes de Chakimov sont peut-être majoritaires aujourd’hui au Tatarstan mais ils avaient dû prendre en compte les menées de la mosquée “Yoldiz Madrassa”, dans la ville industrielle de Naberechnié Khelny, animée par des enseignants tous issus du monde arabe. Ils ont été expulsés parce que certains de leurs étudiants avaient rejoint les rebelles tchétchènes. L’avenir est ouvert sur les rives de la Kama, affluent de la Volga qui prend ses sources loin au nord, à la limite de la toundra circumarctique. L’hegemon mondial et ses alliés saoudiens pourraient y semer le trouble en luttant contre le “yadidisme” tatar ou en réactivant une forme ou une autre de pantouranisme (pour connaître la question dans tous ses détails et en dehors de toute polémique politique, cf. L’islam de Russie – Conscience communautaire et autonomie politique chez les Tatars de la Volga et de l’Oural depuis le XVIIIe siècle, sous la direction de Stéphane A. Dudoignon, Dämir Is’haqov et Räfyq Möhämmätshin, éd. Maisonneuve & Larose, Paris, 1997; Peter Scholl-Latour, Russland im Zangengriff – Putins Imperium zwischen Nato, China und Islam, Propyläen Verlag, Berlin, 2006).

Passons maintenant aux ennemis intérieurs: j’en citerai trois. D’abord le système bancaire, totalement parasitaire et instaurateur d’une véritable ploutocratie (mot que réhabilitent à Paris Pierre-André Taguieff et Jean-François Kahn), qui n’a plus rien, mais alors plus rien de démocratique. A ce système bancaire s’ajoute d’autres instances parasitaires comme les chaînes de supermarchés, qui spéculent sur les denrées alimentaires et sont responsables de leur cherté, plus élevée que dans les pays voisins; pour bon nombre de produits de première nécessité, les prix varient du simple au double entre notre pays et l’Allemagne, par exemple. Le secteur énergétique, entièrement aux mains de la France, nous oblige à payer un gaz et une électricité à des prix incroyablement exagérés: chaque ménage hexagonale ne paie que 62% de notre facture énergétique, ou, autres chiffres, si le ménage hexagonal paie 100%, nous payons 160,97%!! Les déséquilibres provoqués par le gigantisme de ces structures privées, semi-privées ou para-étatiques doivent être impérativement corrigés par des moyens adéquats, si nous ne voulons pas voir s’effondrer définitivement les structures les plus intimes de nos sociétés. Le second ennemi est l’idéologie néo-libérale et ses relais, dont le premier animateur fut, rappellons-le, l’ancien premier ministre Guy Verhofstadt, qui dirigea le gouvernement “arc-en-ciel”, mélange de néo-libéralisme et de gauchisme festiviste. Cette idéologie est un ennemi intérieur dangereux dans la mesure où elle étouffe, en se parant d’un masque “boniste”, toutes les possibilités d’une révolte constructive. Ensuite, pour épauler la ploutocratie et le néo-libéralisme, nous avons, troisième ennemi, les diasporas manipulables. Elles sont telles parce qu’on les déclare telles, par la bouche de l’ambassadeur Rivkin ou par la voix du tandem Erdogan/Davutoglu.

L’objectif est donc de juguler le développement exponentiel du secteur parasitaire/ploutocratique en lui imposant des limites et des contrôles, en le soumettant à une fiscalité juste (le “mulcto” ou “multo” de la  République romaine) et à des directives à soubassement éthique, qu’il ne pourrait transgresser sans commettre automatiquement un délit punissable. Le néo-libéralisme et tout le cortège de  ses dérivés doit être perçu comme une idéologie “politicide”  et dès  lors dangereuse pour la sûreté de l’Etat et de l’Europe tout entière. Quant aux diasporas manipulables, elles sont, surtout depuis les menaces d’Erdogan et de Davutoglu, des “cinquièmes colonnes” passibles des juridictions d’exception. On ne sauvera pas notre civilisation sans des mesures drastiques.

Presseschau - April 2012 (1)

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Presseschau

April 2012 (1)

Anbei einige Links. Bei Interesse anklicken...

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AUßENPOLITISCHES

Bundesregierung rechnet mit Abzug US-amerikanischer Atomwaffen aus Deutschland
http://www.spiegel.de/spiegel/vorab/0,1518,820535,00.html

Wird der Iran angegriffen werden?
Paul Craig Roberts, der renommierte US-Publizist und ehemalige Staatssekretär unter
Ronald Reagan, untersucht, wann der Iran angegriffen wird, und enthüllt, dass US-Regierungen mit Koffern voller Geld ausländische Politiker kaufen.
http://www.luftpost-kl.de/luftpost-archiv/LP_12/LP04512_170212.pdf

Das kommende Purimfest
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5334e4b6ffe.0.html

Amerikanische Schule schafft St. Patrick’s Day ab
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5a355400b56.0.html

Hackergruppe wurde monatelang aus dem FBI geleitet
http://www.unzensuriert.at/content/007652-Hackergruppe-wurde-monatelang-aus-dem-FBI-geleitet

Justizminister Eric Holder
US-Regierung verteidigt gezielte Terroristen-Tötungen
http://www.sueddeutsche.de/politik/justizminister-eric-holder-us-regierung-verteidigt-gezielte-terroristen-toetungen-1.1301074

Netanjahus Rede gibt Grund zur Sorge
http://www.fnp.de/fnp/nachrichten/kommentare/leitartikel-netanjahus-rede-gibt-grund-zur-sorge_rmn01.c.9659382.de.html

Netanjahu-Rede
Warum 2012 nicht 1944 ist
http://www.zeit.de/politik/ausland/2012-03/israel-iran-auschwitzvergleich

Atomkonflikt mit Iran
Netanjahu nimmt Gegenangriff in Kauf
http://www.stern.de/politik/ausland/atomkonflikt-mit-iran-netanjahu-nimmt-gegenangriff-in-kauf-1796744.html

Frankreich steckt bis zum Hals im Syrien-Krieg
http://www.unzensuriert.at/content/007699-Frankreich-steckt-bis-zum-Hals-im-Syrien-Krieg

Peter Scholl-Latour über Syrien und Saudi-Arabien
Assad-Regime "ist auch nicht schlimmer als andere"
http://www.berliner-zeitung.de/politik/peter-scholl-latour-ueber-syrien-und-saudi-arabien-assad-regime--ist-auch-nicht-schlimmer-als-andere-,10808018,11803188.html

Libyen bricht auseinander und zerfällt in seine Stämme
http://www.unzensuriert.at/content/007651-Libyen-bricht-auseinander-und-zerfaellt-seine-Staemme

Nach Gaddafi-Sturz
Osten Libyens erklärt Autonomie
http://www.zeit.de/politik/ausland/2012-03/libyen-osten-autonomie

Stoned to death for being an emo: NINETY Iraqi students killed for having 'strange hair and tight clothes'
http://www.dailymail.co.uk/news/article-2112960/90-students-Iraq-stoned-death-having-Emo-hair-tight-clothes.html

Schottische Unabhängigkeitsbestrebungen empören Spanien
Mit Blick auf die Basken und Katalanen droht Madrid mit einem Veto gegen einen Beitritt Schottlands zur EU
http://www.heise.de/tp/blogs/8/151305

(tolle Zustände; die haben Sprengstofflager und Atomkraftwerke bewacht…)
55 Wachleute mit gefälschten Lizenzen in Spanien festgenommen
http://www.greenpeace-magazin.de/index.php?id=55&tx_ttnews%5Btt_news%5D=133797&tx_ttnews%5BbackPid%5D=55&cHash=4f52d4f46ce4531ef01d64aec7a5fef6

Marine Le Pen in Châteauroux
Der ewige Käse
http://www.faz.net/aktuell/feuilleton/marine-le-pen-in-chateauroux-der-ewige-kaese-11675705.html

(Auch darauf hat die Welt gewartet: „Die Vision eines transnationalen und multilingualen Südtirols ist die einzige, die einer Linken würdig ist…“)
Joachim Gatterer
„rote milben im gefieder”
Sozialdemokratische, kommunistische und grün-alternative Parteipolitik in Südtirol
http://www.kritisch-lesen.de/2012/03/zwischen-fuhrer-und-duce/

Niederländische Kirche ließ in 50ern Jungen kastrieren
http://www.focus.de/panorama/welt/kirchen-niederlaendische-kirche-liess-in-50ern-jungen-kastrieren_aid_725266.html

Punkband beleidigte Spaniens König: Geldstrafe
http://relevant.at/society/kings-queens/501887/punkband-beleidigte-spaniens-koenig-geldstrafe.story

Viktor Orbán im Gespräch
„Es gibt ein verborgenes Europa“
http://www.faz.net/aktuell/politik/europaeische-union/viktor-orban-im-gespraech-es-gibt-ein-verborgenes-europa-11671291.html

INNENPOLITISCHES / GESELLSCHAFT / VERGANGENHEITSPOLITIK

(Gefilterter Bürger-„Dialog“)
Merkel verschweigt Islam-Thema auch in Erfurt
http://www.pi-news.net/2012/03/merkel-verschweigt-islam-thema-auch-in-erfurt/#more-242756

Redeautomat „Merkelator 2.0“
Durchbruch in der Automatisierung von Redebeiträgen
http://www.freie-waehler-frankfurt.de/artikel/index.php?id=265

Klarsfelds Zusammenarbeit mit der DDR
http://www.pi-news.net/2012/03/klarsfelds-zusammenarbeit-mit-der-ddr/

Bundespräsidentschafts-Kandidatin
Klarsfelds Ohrfeige war mit DDR abgesprochen
http://www.morgenpost.de/politik/inland/article1919046/Klarsfelds-Ohrfeige-war-mit-DDR-abgesprochen.html

Klarsfelds Gier nach dem eigenen Denkmal
Von Henryk M. Broder
http://www.welt.de/debatte/henryk-m-broder/article13894685/Klarsfelds-Gier-nach-dem-eigenen-Denkmal.html

(Die kleinen Freuden der Vuvuzela-Tröter…)
Netz feiert Wulff-Zeremonie
„Meinen Monitor mit Eiern bewerfen“
http://www.taz.de/Netzgemeinde-feiert-Wulff-Zeremonie/!89279/

Mitsingen ist Ehrensache
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M515d2c056a2.0.html

Frauen fordern Elternzeit für Gabriel
„Sie haben die Chance ...“
http://www.taz.de/Frauen-fordern-Elternzeit-fuer-Gabriel/!90442/

(Antisemitismus bei den „Piraten“? Oder wird versucht, die „Piraten“ auf Kurs zu bringen?…)
Antisemitismus in der Piratenpartei
Kevin Barth findet "den Juden an sich unsympathisch"
http://www.tagesspiegel.de/meinung/antisemitismus-in-der-piratenpartei-kevin-barth-findet-den-juden-an-sich-unsympathisch/6186544.html

Reinheim – Randalierer wüten in katholischer Kirche
http://www.hessen-tageblatt.com/reinheim-randalierer-wueten-in-katholischer-kirche-polizei-ermittelt-und-bittet-um-hinweise-31682
http://www.bild.de/regional/frankfurt/frankfurt-regional/randalierer-wueten-in-kirche--kerzen-als-23073122.bild.html

(Petra Roth und der „Große Diktator“)
Petra Chaplin
http://www.welt.de/print/welt_kompakt/vermischtes/article13923134/Petra-Chaplin.html

Ein unattraktives Angebot
Von Robert Hahn
Kölner Erziehungspsychologe findet Integrationshemmnisse durch deutsche Selbstzweifel
http://www.portal.uni-koeln.de/nachricht00+M54afd341329.html

DFB-Besuch in Auschwitz
„Zeichen von Verantwortung“
http://www.faz.net/aktuell/sport/fussball/dfb-besuch-in-auschwitz-zeichen-von-verantwortung-11677001.html

Graumanns Fußballtip
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5797cc8dadd.0.html

Denkt Podolski beim Elfmeter an Auschwitz?
Beim DFB zerbricht man sich den Kopf darüber, wie die Nationalmannschaft während der EM des Holocaust gedenken soll. Drei Möglichkeiten sind denkbar, sich der Verantwortung zu stellen.
http://www.welt.de/kultur/article106130314/Denkt-Podolski-beim-Elfmeter-an-Auschwitz.html

Holocaust-Mahnmal: Manschetten gegen Betonschäden
http://www.focus.de/kultur/diverses/architektur-holocaust-mahnmal-manschetten-gegen-betonschaeden_aid_724108.html

Wer kennt einen solchen Genozid?
Seit Richard von Weizsäcker ist es geschichtspolitischer Konsens der BRD, den Holocaust als einzigartiges Verbrechen zu bezeichnen. Joachim Gauck könnte diesen Konsens aufkündigen - und der Totalitarismus-Theorie 25 Jahre nach dem Historiker-Streit neue Bedeutung geben. Für Hannes Stein wäre dies ein Rückschritt. Ein Essay in sechs Punkten
Von Hannes Stein
http://www.welt.de/print/die_welt/kultur/article13905483/Wer-kennt-einen-solchen-Genozid.html

Das deutsche Selbstbild muss sich ändern
Gauck und die Geschichte: Der Historiker Thomas Weber widerspricht Hannes Stein
http://www.welt.de/print/die_welt/kultur/article13916692/Das-deutsche-Selbstbild-muss-sich-aendern.html

LINKE / KAMPF GEGEN RECHTS / ANTIFASCHISMUS

Mal wieder „Antirassismus“-Tag
http://www.sezession.de/31636/antirassismus-tag.html#more-31636

Rechtsterror: 17 Wohnungen durchsucht
http://www.op-online.de/nachrichten/politik/rechtsterror-wohnungen-durchsucht-1639088.html

Hannover: Wohnungen von Rechtsextremen durchsucht
Hamburgs Staatsschutz und das Landeskriminalamt Niedersachsen haben am Freitagmorgen die Wohnungen von 17 mutmaßlichen Mitgliedern der rechtsextremen Gruppe "Die Unsterblichen" durchsucht.
http://www.neuepresse.de/Hannover/Uebersicht/Hannover-Wohnungen-von-Rechtsextremen-durchsucht

(„Die Unsterblichen“ schmecken einigen gar nicht…)
Neonazi-Kampagnen-Themen in Sozialen Netzwerken (1): Die „Unsterblichen“
http://www.netz-gegen-nazis.de/artikel/neonazi-themen-sozialen-netzwerken-1-die-unsterblichen-1119

Mehr Hubschrauber bitte
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M59909bbdbf6.0.html

Sozialministerin fordert 500.000 Euro mehr für „Kampf gegen Rechts“
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5cc2e46f22e.0.html

Opferbeauftragte der Bundesregierung Neonazi-Untersuchungsausschuss hört Barbara John an
http://www.stern.de/panorama/opferbeauftragte-der-bundesregierung-neonazi-untersuchungsausschuss-hoert-barbara-john-an-1797183.html

Zwickauer Terrorzelle: Untersuchungsausschuß wirbt für Gedenkstätten
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M565a216b34c.0.html

Rechtsextremisten in Deutschland
Wo Neonazis untertauchen
http://www.sueddeutsche.de/politik/rechtsextremisten-in-deutschland-wo-neonazis-untertauchen-1.1309295

FPÖ geht neokommunistischer Agitation im SPÖ-Umfeld auf den Grund
http://www.unzensuriert.at/content/007534-FPOe-geht-neokommunistischer-Agitation-im-SPOe-Umfeld-auf-den-Grund

Kommunismus-Seminar empört Brandenburger CDU
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5b35393dfe3.0.html

(Die MLPD entdeckt die „Antideutschen“)
"Antideutsch" contra internationalistisch
http://www.mlpd.de/themen/themen-a-z/antideutsch-contra-internationalistisch

Proteste gegen Sarrazin-Lesung bei Literatur-Festival
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M50274447986.0.html?PHPSESSID=62bd805828dbc59682fa3aaf863ca6f9

BGH: Hotels dürfen Rechtsextremisten als Gäste ablehnen
http://www.zeit.de/news/2012-03/09/prozesse-bgh-hotels-duerfen-rechtsextremisten-als-gaeste-ablehnen-09134402

(Folgende angebliche Adresse des Autors kursiert im Netz, falls ihm jemand seinen Unmut mitteilen möchte: ufalke@gmx.de)
Schlagwort-Archive: Manuel Ochsenreiter
Zuerst! Ist das Letzte
Von Uwe Abel
http://rincewind1964.wordpress.com/tag/manuel-ochsenreiter/

Braune Gesinnung stört farbenfrohen Umzug
http://www.boulevard-baden.de/lokales/nachrichten/2012/03/03/braune-gesinnung-stort-farbenfrohen-umzug-484347/

Extremismus
500 Schilder gegen Neonazis: Kiel bundesweit erste Stadt
http://www.kn-online.de/Lokales/Kiel/500-Schilder-gegen-Neonazis-Kiel-bundesweit-erste-Stadt

Politische Hypersensibilität
http://www.sezession.de/31490/politische-hypersensibilitat.html

Die im Dunklen sieht man doch
Undercover unter Nazis: Thomas Kuban hat bundesweit heimlich bei Konzerten gefilmt. Auch in Ebersdorf war er dabei. Der Journalist bringt Licht in eine Szene, in der der blanke Hass regiert.
http://www.np-coburg.de/lokal/coburg/coburg/Die-im-Dunklen-sieht-man-doch;art83423,1928477

(seltsame Story)
beichthaus - Mein Opa, der SS-Mann
http://www.beichthaus.com/index.php?h=index&c=00024624#kommentare

Linksextreme Senioren erwarten späten Prozess
http://www.unzensuriert.at/content/007739-Linksextreme-Senioren-erwarten-spaeten-Prozess

Vortrag von Manfred Kleine-Hartlage bei Pro Deutschland, 24. März 2012 in Berlin-Spandau (ab Minute 8:53)
http://www.pro-berlin.net/?p=4307
http://www.youtube.com/watch?v=zZcfoe3yLm4

Ultrakatholische Hetzseite
Verfassungsschutz brandmarkt kreuz.net
http://www.sueddeutsche.de/politik/ultrakatholische-hetzseite-verfassungsschutz-brandmarkt-kreuznet-1.1321684

Bischöfe fordern: kreuz.net abschalten
Verfassungsschutz prüft
http://www.mainpost.de/ueberregional/politik/zeitgeschehen/Bischoefe-fordern-kreuz-net-abschalten;art16698,6705553

„Frankfurt nazifrei“
Das Versprechen der linken OB-Kandidatin Wissler
http://www.freie-waehler-frankfurt.de/artikel/index.php?id=263

Berlin
Linke Blockwart-Mentalität im Multikulti-Kiez
Linke verhindern in der Hauptstadt ein Kultur- und Wissenschaftsprojekt. Die selbsternannten Antifaschisten bedienen sich dabei Nazi-Methoden.
http://www.welt.de/debatte/kommentare/article13932898/Linke-Blockwart-Mentalitaet-im-Multikulti-Kiez.html

Farbanschlag auf Panzermuseum in Munster
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M50137769ec4.0.html

EINWANDERUNG / MULTIKULTURELLE GESELLSCHAFT

Namen für die Ausstrahlung
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M517b6cad0ec.0.html

Integrationsbeirat beschließt Aktionsplan gegen Rassismus
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M509eec3a036.0.html

Zwickauer Terrorzelle: Böhmer will Straße in Kassel nach Opfer benennen
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M53a5087802a.0.html?PHPSESSID=62bd805828dbc59682fa3aaf863ca6f9

(auch hier die Frage, warum eigentlich der Steuerzahler dafür herhalten muss…)
Opfer von Terrorgruppe NSU erhalten fast 500.000 Euro Entschädigung
http://www.stern.de/news2/aktuell/opfer-von-terrorgruppe-nsu-erhalten-fast-500000-euro-entschaedigung-1805076.html

Freiheitsstrafen nach „Hetzjagd auf junge Migranten“
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M534ef4a4f87.0.html

Mannheimer Jusos unterstützen Umbenennung von Stadtteil in „Klein Istanbul“
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5244e6908ca.0.html

Der Islamismus gehört jetzt auch noch zu Deutschland
Von Alan Posener
http://www.welt.de/debatte/kommentare/article13897963/Der-Islamismus-gehoert-jetzt-auch-noch-zu-Deutschland.html

„Die Mehrheit der Muslime leidet an Islamophobie“
Islamkritiker Udo Ulfkotte im CT-Interview über den Islam, die Wirtschaftskrise und warum letztere die Lösung ist
http://www.citizentimes.eu/2012/03/28/die-mehrheit-der-muslime-leidet-an-islamophobie/

Dschihad-Prediger zieht nach Hessen
http://www.derwesten.de/nachrichten/dschihad-prediger-zieht-nach-hessen-id6422209.html

Streit um Brautgeschenk
Limburger Gericht beruft sich bei Urteil auf Scharia
http://www.spiegel.de/panorama/justiz/0,1518,823792,00.html

Norwegen: Streit um Einwanderungs-Studie
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M56cdd2334e4.0.html

„Ein eigener Kosmos mit eigenen Gesetzen“ oder: Hat Sven N. sich verteidigt?
http://www.sezession.de/31584/ein-eigener-kosmos-mit-eigenen-gesetzen-oder-hat-sven-n-sich-verteidigt.html#more-31584

Ein Märtyrer in Berlin
http://www.blu-news.org/2012/03/10/ein-martyrer-in-berlin/

Begräbnis eines Märtyrers
http://www.sezession.de/31592/begrabnis-eines-martyrers.html#more-31592

Häusliche Gewalt in der Vielfalt-Stadt
Statistiken und politisch-korrekte Nebelkerzen
http://www.freie-waehler-frankfurt.de/artikel/index.php?id=264

Richter entscheiden
Gerichtsvollzieher darf Schuhe anlassen
http://www.express.de/recht/richter-entscheiden-gerichtsvollzieher-darf-schuhe-anlassen,4620958,11837752.html

Hartz-IV-Bezug für Zuwanderer erschwert
http://www.welt.de/print/die_welt/wirtschaft/article13913946/Hartz-IV-Bezug-fuer-Zuwanderer-erschwert.html

Gerichtsvollzieher lässt Türkische Hochzeit mit 2000 Gästen platzen
http://www.youtube.com/watch?v=I8POKXVgwz0

Multikulti & Co.: Die Realität ist einfach kein Spaziergang
http://www.blauenarzisse.de/index.php/rezension/3203-multikulti-a-co-die-realitaet-ist-einfach-kein-spaziergang

Neues vom „Abschiebär“ mit „brocki“ (Polizeipäsident von Hannover)
http://www.besseres-hannover.info/wordpress/?p=1592
http://www.youtube.com/watch?v=fOtolUbWMwI

(Die Rettung!!!)
Forscher entwickeln Pille gegen “Rassismus”
http://sosheimat.wordpress.com/2012/03/13/forscher-entwickeln-pille-gegen-rassismus/

(Etwas älter; Arne Schimmer im Interview)
NPD zeigt Präsenz gegen Ausländerkriminalität in Plauen
http://www.youtube.com/watch?v=1geZ749RJr8

(Kommentarbereich lesen; soviel zum Umgang einer SPD-nahen Zeitung mit der öffentlichen Meinung)
Essen
Brutale Schlägerei in der U 11 - Polizei fahndet nach fünf Männern
http://www.derwesten.de/staedte/essen/brutale-schlaegerei-in-der-u-11-polizei-fahndet-nach-fuenf-maennern-id6443106.html

Düsseldorf-Oberbilk
Pöbeleien gegen Schützen
http://www.rp-online.de/region-duesseldorf/duesseldorf/stadtteile/mitte/poebeleien-gegen-schuetzen-1.2743432

MP3-Player geraubt - Hanau
Ein 16-Jähriger aus Erlensee wurde am Donnerstag Opfer eines Raubüberfalls. Der junge Mann befand sich gegen 11.20 Uhr am Busbahnhof Freiheitsplatz, als drei Jugendliche an ihn herantraten. Plötzlich forderten sie die Herausgabe von Handy und Portemonnaie, wobei einer der Täter dem 16-Jährigen ein Butterflymesser vor die Brust hielt. In Ermangelung an Bargeld und eines "raubwürdigen" Handys nahmen die Gauner ihrem Opfer dessen MP3-Player der Marke Apple weg und rannten davon. Der Überfallene beschrieb alle drei Räuber als 15 bis 17 Jahre alte Türken.
http://www.presseportal.de/polizeipresse/pm/43561/2217837/pol-of-pressebericht-des-polizeipraesidiums-suedosthessen-vom-16-03-2012

KULTUR / UMWELT / ZEITGEIST / SONSTIGES

In Hamburg werden immer mehr historische Villen abgerissen
http://news.immonet.de/in-hamburg-werden-immer-mehr-historische-villen-abgerissen/10657

Denkmalschutz in Stuttgart
Das historische Erbe der Stadt verblasst
http://www.stuttgarter-zeitung.de/inhalt.denkmalschutz-in-stuttgart-das-historische-erbe-der-stadt-verblasst.cb73aa94-248b-4aac-a054-11cf5acdac96.html

Good bye Lenin! Was tun mit den sozialistischen Baudenkmälern?
http://www.br.de/radio/bayern2/sendungen/kulturjournal/unbequeme-baudenkmale100.html

(Bei den Athener Unruhen wurde unter anderem das "Attikon", ein prächtiges altes Kinogebäude - durch Brandstiftung zerstört. Das Gebäude wurde vom begnadeten deutsch-griechischen Historismus-Architekten Ernst Ziller in den Jahren 1870-1881 errichtet und dürfte wohl vollständig ausgebrannt sein.)
http://fr33domwriters.blogspot.com/2012/02/attikon-1870-2012-one-of-most-beautiful.html
http://www.rethymnoguide.gr/nea/ellada/8913-attikon-1870-2012#axzz1oQJ4fvlJ
http://trustyourtennant.tumblr.com/post/17520999390/let-me-say-that-while-in-the-uk-today-people-were

Arier
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M590030973c3.0.html

Die totalitäre Versuchung
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M512bc27000b.0.html

Der Kampf um Freiheit
Die Konservativen haben den Freiheitsbegriff geklaut. Die Progressiven sollten ihn sich jetzt schleunigst zurückholen
Von Robert Misik
http://www.taz.de/1/archiv/digitaz/artikel/?ressort=me&dig=2012%2F03%2F24%2Fa0196&cHash=742047e329

Mann der Mitte: Matthias Walden
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M51ec2527806.0.html

(etwas älter, aber dennoch lesenswert)
Neustart für Deutschland.
Über die Notwendigkeit eines konsensfähigen Staatsverständnisses
http://www.diefreiheit.org/neustart-fur-deutschland-uber-die-notwendigkeit-eines-konsensfahigen-staatsverstandnisses/

Warum ich deutsch bin
Und wieso ich dennoch daran zweifle.
http://www.freie-waehler-frankfurt.de/artikel/index.php?id=275

Kleine Reihe zu den größten Fehlern der Konservativen: (VIII) Untergangsstimmung. Oder: Optimismus und gesunder Menschenverstand
http://www.blauenarzisse.de/index.php/anstoss/3220-kleine-reihe-zu-den-groessten-fehlern-der-konservativen-viii-untergangsstimmung-oder-optimismus-und-gesunder-menschenverstand

Ich fordere nichts von Männern. Was ich stattdessen tue
http://antjeschrupp.com/2012/03/01/ich-fordere-nichts-von-mannern-was-ich-stattdessen-tue/

Warum wir Journalistinnen eine Frauenquote brauchen,
http://www.sezession.de/30972/warum-wir-journalistinnen-eine-frauenquote-brauchen.html#more-30972

Frauenquoten Pro und Contra - oder - Die etwas weniger sichtbaren Gründe gegen Quoten
http://bloganddiscussion.com/argumentevonfemastasen/923/argumente-fuer-und-gegen-frauenquoten/

(Zu sozialen Netzwerken)
Wieso wir uns veröffentlichen
http://carta.info/41830/wieso-wir-uns-veroffentlichen/

“Internetsucht” ist die Heilung, nicht die Krankheit
http://carta.info/41791/internetsucht-ist-die-heilung-nicht-die-krankheit/

(Zu den „Piraten“)
Liebe Generation meiner Eltern,
Ihr seid entsetzt.
http://dieliebenessy.wordpress.com/2012/03/26/liebe-generation-meiner-eltern/
(dazu auch Kommentar von Matthias Dorn lesen)

Liebe Tatort-Autoren
Ihr, die Ihr von Lebenslügen sprecht und auf Konzerne wie Google und die Piraten eindrescht, die euch vermeintlich eurer Leistungen berauben: Lasst mich euch ein paar Dinge erklären:
Das Informationszeitalter kommt
http://benjamin-siggel.eu/2012/03/29/liebe-tatort-autoren/

Sven Regeners Wut-Rede: "Eine Gesellschaft, die so mit ihren Künstlern umgeht, ist nichts wert"
Sven Regeners Wut-Rede: Die Rechte der Künstler
Eigentlich wollte Zündfunk-Autor Erich Renz von Sven Regener nur ein kurzes Statement zum Thema Urheberrecht. Daraus ist dann ein Instant-Pamphlet
geworden: "Man pinkelt uns ins Gesicht!", sagt der Autor und Element of
Crime-Sänger.
http://www.br.de/radio/bayern2/sendungen/zuendfunk/regener_interview100.html

Das Woodstock der Ideen
Fünf Tage Reizüberflutung: Ein Besuch auf der  Ted Conference, dem Weltgipfel der Optimisten
http://blogs.sueddeutsche.de/feuilletonist/2012/03/11/das-woodstock-der-ideen/

ARD-Doku "Schlachtfeld Politik" Bis es knack machte
Tabubruch: In Stephan Lambys Doku "Schlachtfeld Politik" kommen Menschen zu Wort, die in der Politik verletzt wurden - und auch andere verletzt haben. Der Regisseur erzeugt mit seinen Bildern eine große Wucht - und kommt so ohne Sprechertext und ohne Interpretation aus.
http://www.sueddeutsche.de/medien/ard-doku-schlachtfeld-politik-bis-es-knack-machte-1.1311173

Umsturzmarketing
Revolution als Pop
http://www.taz.de/Umsturzmarketing/!89760/

Früherer Chef von Mordkommission: Jeder kann zum Mörder werden
http://www.augsburger-allgemeine.de/bayern/Frueherer-Chef-von-Mordkommission-Jeder-kann-zum-Moerder-werden-id19189386.html

US-Geheimprojekt
Teststadt für den Feuersturm
http://einestages.spiegel.de/external/ShowTopicAlbumBackground/a24534/l0/l0/F.html#featuredEntry

Iron Sky: Nazis auf dem Mond. Die Spitze des Eisbergs unserer Popkultur
http://www.blauenarzisse.de/index.php/gesichtet/3198-iron-sky-nazis-auf-dem-mond-die-spitze-des-eisbergs-unserer-popkultur

Der weltweite Sehnsuchtsort Venedig im Dokumentarfilm portraitiert
http://www.blauenarzisse.de/index.php/rezension/3218-der-weltweite-sehnsuchtsort-venedig-im-dokumentarfilm-portraitiert

Réflexions non-conformistes et techniques sur les tueries de Toulouse

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Réflexions non-conformistes et techniques sur les tueries de Toulouse

 

par Marc-Antoine DE TYR

 

Au lendemain de l’élimination de Mohammed Merah, j’ai écris un petit texte que j’ai envoyé aux personnes qui pensent avant d’agir. Car il me semble que cette histoire de Toulouse est une grosse supercherie, en tout cas une machination (un peu comme l’affaire du 11 septembre semble avoir été le cas…).

 

Tout le monde ne sera pas d’accord avec moi, mais il est important de dire ce que l’on pense afin de ne pas tomber dans les travers de la pensée unique retransmise par nos médias tendancieux…

 

Pour ma part, je pense que c’est une histoire montée. Quand j’ai entendu que des juifs avaient été tués, je me suis immédiatement dit que soit c’est un coup des franc-maçon qui ont le pouvoir (mais a-t-on encore le droit de parler d’eux, ai-je même le droit d’écrire leur nom dans ce texte ? Je n’en suis pas si sûr… mais à la vérité je me fous de la censure française) ou un coup des Américains (ça revient à peu près au même) et ce, pour faire pencher la balance lors des élections imminentes. Car soit on découvre subitement que c’est un extrémiste nationaliste qui a fait le coup, une sorte de néo-nazi, et les médias de dénoncer les dérives de l’extrême droite et d’un Sarkozy qui a permit à cette même extrême droite de s’épanouir (pour ainsi inciter à voter socialiste), soit c’est un Arabe – plus précisément un Maghrébin – et les médias de « doucement » montrer du doigt les immigrés musulmans comme des gens potentiellement dangereux et donc de favoriser un vote pour le Front national. Cette dernière possibilité étant celle que les Étatsuniens privilégieraient car ils souhaitent garder Sarkozy à la tête du pays (on l’a vu avec l’éviction de Strauss-Khan au printemps dernier).

 

Donc, quand on sait que Marine Le Pen a conclu des accords avec des hauts-responsables judéo-américains, il devient logique qu’elle a probablement donné son accord pour jouer leur jeu, ceux-ci lui permettant de passer au second tour des élections présidentielles face à Sarkozy, dans lequel cas de figure ce dernier serait forcément réélu même si personne ne l’aime plus (comme ça c’est passé pour Chirac en 2002). Et pour faire passer Marine au second tour, il faut inciter les Français à voter F.N. D’où un matraquage médiatique très conciliant avec Marine et le F.N. Bien que de nombreux journalistes (socialistes) la critique, il n’y pas véritablement eu de campagne de diffamation ou autre contre le F.N. comme se fut le cas lors des précédentes élections présidentielles. Au contraire, on a tendance à entendre et voir de plus en plus d’articles et de reportages critiquant « doucement » les immigrés et surtout ceux d’origine maghrébine. Donc de ne plus rendre tabou le fait de voter F.N. Et l’idée de marquer les esprits avec un acte terroriste, idée typiquement étatsunienne, est destinée à choquer les esprits faibles de la masse populaire en montrant combien ces Arabes sont potentiellement dangereux. Et donc d’être sûr que les Français seront suffisamment nombreux pour voter : et pour Marine Le Pen et surtout pour Sarkozy (car nombre d’entre eux pensent encore que ce dernier est le défenseur des intérêts français et se dresse contre l’immigration de masse, alors que l’on sait qu’il est expert pour lancer des mots à la mode mais pour faire exactement le contraire…) et de permettre aux deux candidats de se retrouver au second tour.

 

Pour revenir à notre Mohammed qui aurait tué de sang-froid sept personnes avec un pistolet en quelques jours, personnellement je n’y crois pas. Ou du moins je ne crois pas qu’il ait fait cela de son propre chef. Je me suis immédiatement dit que c’est un coup monté quand j’ai entendu le mode opératoire du tueur. Un gars sur un scooter, casqué, avec soi-disant une caméra montée sur la casque, armé d’un Colt 45, qui tue rapidement et sans temps mort (ni de balles perdues apparemment) sept personnes dont d’abord trois militaires (chose étrange, ces derniers étant tous des Maghrébins), ce n’est pas l’œuvre d’un amateur. Toute personne qui sait tirer au pistolet sait combien il est difficile de toucher et surtout de tuer un individu à plus de cinq mètres, surtout si l’on cumule le stress et la mauvaise visibilité d’un casque de moto, d’autant qu’après la première cible abattue, les autres ont tendance à courir dans tous les sens ou du moins à bouger (mais pas toujours il est vrai : l’effet de la proie paralysée par son chasseur). Quoiqu’il en soit, ce n’est pas un gars des banlieues qui n’a pas au minimum tiré au moins ses mille cartouches du calibre dont il s’est servi (ici du 11,43 mm, plus difficile à maîtriser que du 9 mm) qui est capable de faire un tel carton. Un tel individu aurait tout au plus touché trois ou quatre personnes dont une ou deux seraient peut être mortes à la suite de leurs blessures, mais pas sept morts et deux blessés graves pour neuf personnes touchées. Le curriculum vitae fournit par la D.C.R.I. (contre-espionnage et sûreté du territoire français) de ce Mohammed ne correspond ni à un tueur professionnel ni à un Moudjahidine. Et même s’il aurait soi-disant fait un voyage au Pakistan et peut-être en Afghanistan, je veux bien qu’il ait appris à tirer avec une Kalash chinoise pourrie mais j’ai du mal à concevoir qu’il ait reçu un entraînement digne de nos meilleures écoles de tirs en matière de pistolet (1)…

 

Ensuite, si on lit tous les rapports qui ont été donnés par la D.C.R.I., le R.A.I.D., le ministre, etc., pas grand chose ne colle ni n’est logique. Lorsque l’on a appris la tuerie de l’école juive, je me suis dit que la police allait nous sortir un coupable de ses tiroirs d’ici quelques jours, mais je me suis demandé comment elle allait faire pour lui faire avouer des crimes qu’il n’avait sûrement pas commis. Et bien la solution où le coupable meurt une balle dans la tête se révèle être la plus simple. Il n’y a plus personne pour nier les faits. IL EST le coupable des tueries, rien à dire.

 

Dans la réalité, un tel tueur, surtout s’il agissait en solitaire et de son propre chef, serait quasiment impossible à trouver, en tout cas il faudrait probablement des semaines ou des mois pour découvrir de qui il s’agissait (sauf s’il était surveillé, mais d’après les rapports de la D.C.R.I. ce n’était pas le cas, il était juste fiché suite à ses voyages aux pays des barbus). Mais comme par miracle, les flics nous trouvent un coupable quelques jours après la tuerie. Le prétexte : il aurait demandé à un concessionnaire s’il était possible d’enlever le dispositif de traçage G.P.S. de son scooter volé et le mécano l’aurait dénoncé, et puis l’ordinateur de sa mère aurait servi à consulter une petite annonce mise sur Internet par un des militaires tués (2). Ben voyons, un gars demande à modifier son scooter et sa mère consulte la petite annonce d’une des victimes et il devient le responsable de tueries et on envoie immédiatement le R.A.I.D. s’occuper de lui. À ce  compte, je pense qu’un bon million de « jeunes » ont du souci à se faire en tentant d’enlever les trakers (traceurs) sur leurs scooters volés et leurs mères de consulter « Le Bon Coin »… ils risquent de voir arriver directement le R.A.I.D. dès qu’un assassinat est commis !

 

Je m’étais dit que le coupable fictif serait soit un jeune néo-nazi paranoïaque ou un jeune Arabe des banlieues n’ayant à son casier que des vols à main armé et peut-être une ou deux relations avec des islamistes. Le deuxième type de coupable a été choisi.

 

Ensuite, le R.A.I.D. est envoyé à l’assaut de l’appartement du coupable, assaut qui ne réussit pas. Au lieu d’attendre que le coupable ne sorte et de le prendre vivant dehors, le R.A.I.D. tente de le prendre dans son appartement, mais sans armes létales d’après le chef du R.A.I.D. (un incapable et un intriguant de première ordre, Amaury de Hauteclocque). Même le créateur et ancien chef du G.I.G.N. a dénoncé la nullité de toute cette opération (3) ! Entre-temps, le ministre de l’Intérieur et beaucoup de monde (mais sans des spécialistes au moins, sinon meilleurs, que les gars du R.A.I.D.) se sont donnés rendez-vous devant l’appartement du suspect. Et le ministre de commenter en direct le second assaut ! On croit rêver…

 

Ensuite le R.A.I.D. attend patiemment une trentaine d’heures afin d’épuiser le forcené, en profite pendant ce temps pour recueillir ces aveux avec force détails, la révélation de l’endroit où il a caché la caméra qu’il avait sur son casque lors des assassinats, les prochaines cibles qu’il voulait éliminer, qu’il appartenait à Al-Qaïda, etc., etc., bref, de quoi écrire un roman. Après quoi le R.A.I.D. se décide enfin à l’éliminer et donne l’assaut, mais toujours sans armes létales (4) ! Mais bon, comme celui-ci les a accueillis avec trois pistolets Colt 45, ils lui ont balancé des tas de grenades et pas moins de trois cents cartouches de divers calibre. Les gars du R.A.I.D. ont mis plusieurs minutes pour le tuer et ont subi plusieurs blessés (entre trois et neufs suivant les versions).

 

Ensuite, la version de sa mort varie : l’un dit qu’il a été tué par un sniper placé sur le balcon (sic le chef du R.A.I.D.), un autre dit qu’il est mort en tentant de sauter par le balcon (le ministre), d’autres qu’il est mort dans sa baignoire… Ce qui est sûr, c’est qu’il est bel et bien mort et ne pourra plus parler. Le gars paraissait assez bon pour le combat, en tout cas assez déterminé pour être prêt à mourir. Mais il est étrange qu’il ne posséda que « trois » colt 45 et pas d’armes longues (même pas un fusil de chasse, arme légale en France et qui est bien plus dévastatrice qu’un simple pistolet dans un tel combat; s’il avait été formé comme le laisse entendre la D.C.R.I., il l’aurait su).

 

Maintenant, de nombreux amis autour de moi croient que c’est vraiment ce Mohammed Merah qui est l’auteur de ces meurtres. Pourquoi pas. Mais dans ce cas, il faut le considérer comme un agent d’une organisation étatique ou privée capable de former un tel individu, de lui donner des objectifs clairs et précis, des modes opératoires, de lui donner les moyens financiers (5) et de le sacrifier pour « la bonne cause ». Car j’insiste encore là-dessus, ces meurtres ne sont pas l’œuvre d’un amateur. Il aurait pu se former à titre individuel en fréquentant divers école de tirs, en faisant des stages particuliers, mais je pense que la D.C.R.I. en aurait eu vent. Donc il y a bien une organisation derrière ce Merah. Et qui dit organisation, dit objectifs (politiques en l’occurrence) à la hauteur de tels risques. Et si on cherche le mobile du crime, en cette veille d’élection présidentielle, il est difficile de penser à autre chose qu’à la manipulation des masses en vue de les mouvoir dans un sens précis, de les faire voter pour les candidats choisis et servent certains intérêts. Ces meurtres, ces « tueries », ont été comme les aboiements et les coups de dents du chien de berger qui rassemble et dirige le troupeau de moutons bêlants là où le berger lui ordonne. Les moutons sont « libres » tant qu’ils restent dans le troupeau, mais dès qu’ils s’éloignent du troupeau, ou pire, dès que le troupeau souhaite prendre une autre voie, les chiens sont là pour leur faire peur. Et ça marche. C’est aussi vieux que le monde…

 

Donc, pour résumer, engagez un tueur professionnel. Faites-lui commettre des assassinats destinés à choquer l’opinion publique juste un petit mois avant les élections présidentielles. Sélectionnez auparavant un jeune merdeux, fantasmant plus ou moins sur les djihadistes et en se masturbant toute la journée sur des vidéos sordides de Tchétchènes décapitant des infidèles, et armé (pourquoi pas les lui vendre ?) de pistolets (du même modèle bien sûr que les assassinats). Et attendez quelques jours. Quand l’opinion public est gonflée à mort, envoyer vos pitbulls débiles l’éliminer, mais en ayant pris soin d’annoncer auparavant haut et fort que vous avez récupéré tous ses aveux avec force détails. Le travail est fait. Ne reste plus qu’à palabrer et à s’exhiber pour se faire élire au nom de la défense des citoyens contre les extrémistes, les méchants, les terroristes, les salopards, les agitateurs, les merdeux, les antisociaux, les étrangers, pourquoi pas contre les musulmans (ah, pardon, les islamistes) et finalement contre tout le monde entier (mais pas contre les Américains, car on ne peut pas se faire élire si on est contre eux…). Et une fois élu, on aime tout le monde, tout le monde devient beau et gentil, et on s’assure alors de réprimer sévèrement les racistes, les négationnistes, tous ces pauvres cons qui n’aiment personnes et qui sont toujours contre tout le monde, bref les gars qui nous ont élus car ils croyaient qu’on était de leur côté, qu’on était comme eux, les gens qui croyaient que l’on voulait faire de notre pays une nation… Les pauvres crédules !

 

À bon entendeur…

 

Marc-Antoine de Tyr

 

Notes

 

1 : Pour les néophytes : il est beaucoup plus difficile de bien apprendre à tirer avec un pistolet qu’avec une kalashnikov.

 

2 : cf. http://www.lemonde.fr/societe/article/2012/03/21/le-suspect-des-tueries-cerne-par-les-forces-de-l-ordre_1673182_3224.html

 

3 : cf. http://www.ouest-france.fr/actu/actuDet_-Mort-de-Merah.-L-assaut-du-Raid-mene-sans-schema-tactique-_39382-2058316_actu.Htm.

 

Nombre de mes amis, issus des forces spéciales françaises ou étrangères et des forces d’intervention de la police de leurs pays jugent également que cette opération semble avoir été mal préparée et mal exécutée. Si les policiers du R.A.I.D. redoutaient la présence d’explosifs dans l’appartement (ce qui est pris en considération dès qu’on a affaire à des islamistes radicaux), pourquoi ont-ils tenté un premier assaut sans avoir fait évacuer les voisins ni avoir coupé le gaz, l’eau et l’électricité. Il ne semble pas non plus que le premier assaut n’est été fait qu’avec des armes non létales comme l’a déclaré de Hauteclocque étant donné qu’une colonne d’eau a été touchée par un tir et a explosé dans l’appartement de Merah. Les policiers s’étant retrouvés dans 30 cm d’eau lors du second assaut. Quoiqu’il en soit, les policiers eux-mêmes ne sont pas les principaux responsables du cumul d’erreurs faites lors de cette intervention. Les officiers et autre supérieurs qui s’occupent de l’organisation, de la tactique, etc., et surtout les politiciens qui donnent les ordres, sont les vrais responsables.

 

4 : cf. http://www.lemonde.fr/societe/article/2012/03/22/mohamed-merah-l-homme-aux-cent-visages_1674097_3224.html

 

5 : Personne n’a trop parlé semble-t-il du comment il pouvait louer un trois-pièces à Toulouse (500 euros par mois), payer le leasing d’une Renault Mégane à 800 euros par mois, se déplacer, manger, boire, acheter ses armes et munitions, etc., tout ça avec environ 400 euros par mois ?… Il aurait pu faire des trafics, mais cela aurait été risqué, car lorsqu’on prépare une telle opération, on ne tient pas à attirer l’attention de la police en se « grillant » à cause d’un petit trafic de stupéfiant ou autre… Donc cette question du financement de Merah restent énigmatiques et mériterait un approfondissement, car elle répondrait à beaucoup de questions et déterminerait qui sont les supérieurs directs de Merah (et de là, de remonter vers les commanditaires).

 


 

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mardi, 03 avril 2012

Du Mali à la Libye, la recomposition de l'Afrique sahélo-saharienne est en cours.

 

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Bernard LUGAN:

Du Mali à la Libye, la recomposition de l'Afrique sahélo-saharienne est en cours

Pour s'abonner à l'Afrique Réelle pour l'année 2012 :
 
Au Mali, après Gao, Tombouctou, la « cité mystérieuse » qui fit tant rêver les explorateurs du XIX° siècle, semble désormais à la portée des combattants touaregs. Sans une intervention étrangère de dernière heure, on ne voit pas comment la ville pourrait leur échapper. Toute la rive nord du fleuve Niger sera donc entre leurs mains. L’actuel conflit a débuté le 17 janvier 2012, à Menaka et dans la région de Kidal, les Touaregs revendiquant l’autodétermination et l’indépendance, leur guerre étant destinée à « libérer le peuple de l’Azawag de l’occupation malienne ».
 
Plus à l’Est, en Libye, dans les régions de Sebha et de Koufra, les combats meurtriers entre les Toubou et les tribus arabes  ont repris le 26 mars et les Toubou revendiquent désormais, eux aussi, un Etat indépendant.  Comme la moitié de l’ethnie toubou vit au Tchad où elle est connue sous le nom de Goranes, les actuels évènements risquent d’y rallumer par contagion une autre guerre, interne celle là, entre les Toubou-Goranes et les  Zaghawa qui sont au pouvoir à N’Djamena.  
 
Voilà le double résultat de l’intervention franco-otanienne en Libye. Le président tchadien Idriss Déby Itno avait vu juste quand il avait mis en garde Paris, affirmant qu’elle allait déstabiliser toute une région aux fragiles équilibres[1].
 
Face à cette situation, qu’est-il possible de faire ?
 
Pour le moment, au Tchad, le président Déby a la situation sous contrôle, mais il ne peut pas laisser les Toubou de Libye se faire massacrer au risque de voir les Toubou-Goranes échapper à son autorité.
 
Au Mali, l’alternative est simple :
 
- Soit nous laissons le cours de la longue histoire reprendre son déroulé et nous admettons la réalité qui est que le Mali n’a jamais existé et que les Touaregs ne veulent plus être soumis aux Noirs du Sud. Dans ce cas, nous entérinons le fait accompli séparatiste et nous veillons à ce que les Touaregs qui auront obtenu ce qu’ils demandaient deviennent nos alliés dans le combat contre Aqmi.
- Soit, de concert avec les Etats de l’Ouest africain, nous intervenons militairement contre les Touaregs pour reconstituer une fiction d’Etat malien et nous  jetons ces derniers dans les bras d’Aqmi avec tous les risques de contagion qu’une telle politique implique.
 
Bernard Lugan
01/04/2012


[1] Le point sur ces conflits sera fait dans le numéro de l’Afrique réelle du mois d’avril que les abonnés recevront prochainement.

Krantenkoppen April 2012 (1)

Krantenkoppen
 
April 2012 (1)

DE VRIENDEN VAN WIE IN SYRIE?
"Het beeld van de Syrische oppositie heeft recentelijk een grimmigere vorm aangenomen die alle andere onenigheden doet verbleken. Er is sprake van een evidente islamisering van de oppositie die zich manifesteert in het uit de grond schieten in heel Syrië van radicale salafistische groeperingen, waarvan Al Qaeda er slechts één is. (…) Met de toenemende activiteit van dit soort jihadistische bewegingen in Syrië heeft de strijd in dit land een nieuwe gevaarlijkere wending genomen. Eerdere ervaringen in zowel Afghanistan, Somalië als Irak leren dat dit soort bewegingen precies beogen wat zowel Syrië’s buurlanden als de internationale gemeenschap vrezen: de totale instorting namelijk van de Syrische staat en het ontketenen van een bloedige sektarische oorlog. Vandaar dat dit soort bewegingen er alles aan gelegen is om een meer vreedzame politieke oplossing onmogelijk te maken."
 
ALAIN JUPPE ACCUSED BY HIS OWN ADMINISTRATION OF HAVING FALSIFIED REPORTS ON SYRIA.
"On 19 March 2012 (...) the French Ambassador in Damascus, Eric Chevallier, whose embassy had just been shut down and who had returned to Paris, challenged Minister Juppé in front of his colleagues. He accused Alain Juppé of having ignored his embassy reports and of having falsified summaries of them to provoke a war against Syria. (...)
In March 2011, at the beginning of the events currently besetting Syria, the Foreign Ministry hurriedly dispatched fact finders to Deraa to appraise what was happening. Their report, submitted to Paris, indicated that tensions had dissipated following several demonstrations, information that contradicted Al-Jazeera and France 24 reports that the city of Deraa was being violently torn apart. The ambassador requested the mission be extended in order to follow developing events. The Foreign Minister, furious about the first report, telephoned him and demanded that he alter it to state that a bloody repression of the city was occurring. The Ambassador then arranged a teleconference between the Chief of Mission in Deraa and the Minister and had him repeat that no such repression had occurred. The minister then threatened the ambassador and the conversation ended icily. Immediately afterwards, Alain Juppé’s cabinet pressured Agence France Press to publish cables aligned with the view of the Minister."
 
THE LATE HAFEZ AL-ASSAD: MUSLIM BROTHERHOOD ARE FOREIGN AGENTS.
"The criminals of the Muslim Brotherhood (...) deal directly with the foreigner and the American agents on our borders, receiving money and armed with weapons, to kill and murder this country, to weaken this country, at a time when you all – fellow citizens – stand alone in facing the fiercest enemy and the brutal aggression."
 
LIZZIE PHELAN, EEN MOEDIGE EN EERLIJKE JOURNALISTE.
"Lizzie Phelan is een Engelse journaliste die free lance werkt voor Russia Today en Press TV. Zij werd bekend door haar eerlijke verslaggeving vanuit Libië, toen dat land werd aangevallen door de CIA-Al Qaida rebellen. (...) Lizzie werkt ook voor Voltaire Netwerk, een website voor onafhankelijke journalistiek. (...) Lizzie legt (...) uit hoe het is gesteld met de politieke agenda van de Westerse media. Zij geeft de voorkeur aan de waarheid en ze mag die spreken van Press TV en RT."
http://www.boublog.nl/02/02/2012/lizzie-phelan-een-moedige-en-eerlijke-journaliste/
 
DE NAVO WEET DAT DE BOMBARDEMENTEN OP LIBIE CRIMINEEL WAREN.
"Tien dagen na de opstand in Benghazi, in het oosten van Libië, richtte de Raad voor de Mensenrechten van de VN een Internationale Onderzoekscommissie over Libië op. Bedoeling van deze commissie was ‘alle beweerde schendingen van de internationale mensenrechten in Libië te onderzoeken’. (…) Op 2 maart 2012 heeft de Commissie uiteindelijk een document van 200 pagina's voorgelegd aan de Raad voor de Mensenrechten in Genève. De publicatie van dit rapport kreeg zeer weinig aandacht en de besprekingen van de Raad waren eveneens zeer terughoudend. Desalniettemin is het rapport tamelijk onthullend op 2 vlakken:  1. dat alle partijen ter plaatse oorlogsmisdaden begingen, zonder enige vermelding van een eventuele genocide uitgevoerd door de strijdkrachten van Khaddafi;  2. dat er een duidelijk gebrek aan openheid is over mogelijke oorlogsmisdaden van de NAVO. (…) Die 2 punten impliceren dat de (…) 'humanitaire interventie' door de NAVO mogelijk gebaseerd was op overdreven bewijzen en dat de militaire interventie van de NAVO wel eens minder 'humanitair' is geweest. (...)
De voorbije maanden hebben de Russen een degelijk onderzoek gevraagd door de VN-Veiligheidsraad van de bombardementen van de NAVO op Libië. Er is een grote terughoudendheid om daar aan te beginnen. (…) Na VN-resolutie 1973 en het einde van de oorlog hebben de NAVO-lidstaten hier enkel discussies over toegelaten in gesloten sessies. (…) Meer nog, toen het duidelijk werd voor de NAVO dat de commissie de rol van de NAVO in de Libische oorlog wilde onderzoeken, weigerde Brussel dat."
 
AFGHANISTAN IS EEN ELDORADO VOOR FINMECCANICA.
"Het Italiaanse ministerie van Defensie heeft enkele bedrijven van de groep Finmeccanica gekozen om de bescherming van de Italiaanse militaire bases in Afghanistan te verbeteren. Er is een contract mee gemoeid voor een bedrag van iets minder dan 100 miljoen euro. Onderzoeksjournalist Antonio Mazzeo stelt vast dat de Italiaanse defensie-industrie gouden zaken doet met de oorlog in Afghanistan. (...) 
Dat het bloedige Afghaanse conflict steeds meer Italiaanse militaire industriële bedrijven gouden zaken laat doen, blijkt uit het bericht van eind januari dat de US Air Force een contract van 12 miljoen dollar heeft afgesloten met DRS Defense Solutions (groep DRS Technologies Inc.), een Finmeccanica-bedrijf met zetel in Maryland (...). Vorig jaar haalde DRS Defense Solutions een contract binnen ter waarde van 23,5 miljoen dollar voor informatica-ondersteuning van de vliegbasis van Bagram, een van de belangrijkste infrastructuren van het Amerikaanse leger in Afghanistan. (...) Bagram wordt ook het Afghaanse Guantanamo genoemd: ze is inderdaad de belangrijkste gevangenis voor Afghaanse burgers die van terrorisme verdacht worden, slachtoffers van zware mishandelingen, folteringen en schendingen van de mensenrechten.
Eind 2008 ondertekende Alenia North America, een andere Amerikaanse onderneming onder controle van Finmeccanica, een contract met US Air Force voor de verkoop van 18 tactische transportvliegtuigen C-27, niets anders dan de oude G.222 van de Italiaanse luchtmacht, die achtereenvolgens van de hand gedaan werden en in de fabrieken van Alenia in Capodichino, in de buurt van Napels, gemoderniseerd. De transactie riep nogal wat twijfels op rond de wettelijkheid en transparantie: de vliegtuigen werden namelijk besteld door de Combined Security Transition Command, de leiding van de Amerikaanse operaties in Afghanistan, om daarna doorverkocht te worden aan de Afghanistan National Army Air Force (ANAAF), de opnieuw gevormde Afghaanse luchtmacht. Het totaal van de bestelling, inclusief de levering van de vliegtuigen en wisselstukken en de logistieke ondersteuning in Italië en Afghanistan bedroeg 287 miljoen dollar. Twee jaar later bestelde het Pentagon bij Finmeccanica weer twee G.222. Ook die werden via Washington aan het Afghaanse leger geleverd. Met een bijkomend contract ter waarde van 30 miljoen dollar moest Alenia North America de extra vliegtuigen ombouwen voor VIP-transport en ze uitrusten met een nieuwe automatische piloot en ballistische bescherming. De maatschappij ontving van US Air Force nog eens 20 miljoen dollar voor verdere reparaties en onderhoud van de vliegtuigen in Madison (VS) en in Italië. (...) De technici van Alenia North America zorgen ook voor de opleiding van de Amerikaanse en Afghaanse piloten en het onderhoudspersoneel. Die cursussen worden bij de Alenia-fabriek van Capodichino gegeven en op de luchtmachtbasis van San Antonio (Texas). (...) 
De managers van Finmeccanica hopen ook nog op een ander groot driehoekspel met uiteindelijke bestemming Afghanistan. Twee jaar geleden stelden ze de US Air Force voor om een twintigtal oude AMX-jachtbommenwerpers van het Italiaanse leger te kopen om vervolgens over te dragen aan de Afghaanse luchtmacht (...), maar na (...) de ordonnantie van Obama 'koop Amerikaans' kan men gemakkelijk veronderstellen dat de 'nieuwe' jachtvliegtuigen uiteindelijk zullen worden besteld bij oorspronkelijk Amerikaanse oorlogsholdings."
 
STAATSGREEP IN MALI: WORDEN DE PUTSCHISTEN GESTEUND DOOR DE BEVOLKING?
"Al gedurende 2 jaar groeien de frustraties bij het leger en de bevolking over het beleid van de president om de rebellen in het noorden een halt toe te roepen. Neem hierbij de enorme prijsstijgingen, (...) corruptie en een algemeen wantro...uwen in de overheid en je krijgt een situatie waarbij één enkele druppel frustratie volstaat om de emmer te doen overlopen. (...) 
Sinds 17 januari 2012 zorgt de MNLA (Mouvement National pour la Libération d’Azawad), een rebellenbeweging van Toearegs, voor heel wat zorgen in de regio’s Tombouctou en Gao. De MNLA eist een onafhankelijk territorium ‘Azawad’ (...). De Toearegs werden onlangs versterkt door de komst van oud-militairen van het gevallen regime van kolonel Khaddafi in Libië. Ze (...) brachten zware oorlogswapens met zich mee. (...) Malinezen getuigen dat hooggeplaatste ex-Khaddafi-strijders een grote geldsom kregen en geïntegreerd werden in het Malinese leger. Plots moesten militairen uit het zuiden van Mali gehoorzamen aan nieuwe officieren, die uit Libië waren gekomen en waarvan zij lang niet zeker waren dat ze wel de Malinese nationaliteit hadden. Het gevolg was dan ook dat er veel spanningen ontstonden binnen het Malinese leger en dat veel, vooral jonge soldaten uit het zuiden, deserteerden.
Volgens de zuidelijke bevolking van Mali gaat het de MNLA niet zozeer om het grondgebied zelf, dat vooral bestaat uit woestijn. In het gebied zouden echter zeer belangrijke doorvoerroutes lopen voor drugs- en wapensmokkel. Het feit dat het Malinese leger zo weinig middelen krijgt om de MNLA te stoppen, dat de president contact zou hebben met hooggeplaatste Toeareg-krijgers, maar hen niet oppakt, doet de bevolking vermoeden dat de president en zijn entourage baat hebben bij het behouden van de drugs- en wapenroutes. (...)
Een manifestatie van (...) echtgenotes van militairen die ingezet werden in het noorden, vertaalde nog heel recent deze frustraties. De woedende soldatenvrouwen eisten meer middelen voor hun mannen om te vechten tegen de Toeareg-rebellen en eisten zelfs het ontslag van president ATT. Tijdens een onderhoud met de president, zei één van de vrouwen: 'Mijnheer de president, het lijkt erop dat u de grootste rebel bent'. (...) De eerste reacties, de ochtend na de staatsgreep, deden vermoeden dat de bevolking achter de putschisten stond. De groep militairen uit Kati had de frustraties van zichzelf en een groot deel van de bevolking vertaald in actie, die al lang verwacht werden. Het moest er ooit van komen … (...) 
Op vrijdag 23 en zaterdag 24 maart veroordeelden meer en meer Malinese politieke partijen en organisaties van de civiele maatschappij openlijk de staatsgreep. Tegen zaterdagavond hadden al 38 politieke partijen en vertegenwoordigers van de société civile zich verenigd in een alliantie tegen de putschisten. Deze alliantie heet (...) FUDR. Een enkele politieke partij, SADI (Solidarité Africaine pour la Démocratie et l’Indépendance) van Oumar Mariko, steunt de putschisten. Ook hij richt een ‘beweging’ op, de MP22: Mouvement Populaire du 22 mars.
De putschisten vinden zich dus meer en meer geïsoleerd. Hier en daar gaan geruchten dat de jonge en onervaren putschisten zich willen overgeven, op voorwaarde dat ze amnestie krijgen. Ook de verdeeldheid in het leger zelf wordt meer en meer duidelijk. De putschisten zijn jonge militairen, waarvan de legergraden die van kapitein niet overstijgen. Behalve het arresteren van verschillende hoge officieren, trachtten zij ook hooggeplaatste militairen aan hun kant te krijgen, wat lijkt te mislukken."
 
DE BRICS-LANDEN GAAN MEER SAMENWERKEN.
‎"De belangen van de BRICS-landen komen dichter bij elkaar en daarom gaan ze op hoog niveau meer samenwerken. (...) De frustratie over de geïndustrialiseerde landen was merkbaar tijdens de ontmoeting van de handelsministers, woensdag. De Braziliaanse minister Fernando Pimentel klaagde over de traagheid van hervormingen die het IMF heeft beloofd. De slotverklaring sprak bezorgd over de westerse economieën, met hun enorme staatsschuld, bezuinigingen op lange termijn en vooral het agressieve beleid van centrale banken om geld in de economie te pompen, wat stabiele kapitaalstromen en prijzen in opkomende economieën in gevaar brengt.
Uitgesproken negatief waren de BRICS-landen over de westerse sancties tegen Iran: 'We respecteren de VN-resolutie, maar tegelijkertijd verbiedt dat landen niet om te handelen in essentiële goederen en wat nodig is voor het menselijk welzijn. (...) De periode van verandering in het Nabije Oosten en Noord-Afrika moet niet als voorwendsel worden gebruikt om de oplossing van langdurige conflicten uit te stellen, (...) maar moet juist dienen als prikkel om ze te beëindigen, vooral het Arabisch-Israëlische conflict.' (...) China en Rusland erkennen dat de 3 anderen een sterkere positie binnen de VN moeten krijgen. (...) 
De kracht van de top in Delhi ligt (...) in het Delhi-actieplan dat gisteren ook werd gepresenteerd. Daarin wordt afgesproken dat de buitenlandministers elkaar voortaan zullen spreken tijdens de Algemene Vergadering van de VN en de ministers van Financiën tijdens de G20-toppen en andere financiële bijeenkomsten. Dit alles betekent dat we meer samenwerking kunnen verwachten zoals we ook hebben gezien in de Veiligheidsraad in 2011."
 
BRICS NEMEN AFSCHEID VAN DE DOLLAR.
"De BRICS-landen – Brazilië, Rusland, Indië, China en Zuid-Afrika – ondertekenden dinsdag 2 handelspacten om hun interne handel in de toekomst in de eigen nationale munt te voeren. (...) Zo hoopt men de transactiekosten van de intra-BRICS-handel te verlagen. De interne handel tussen deze landen kende de laatste jaren een enorme groei (28%), maar ligt, met een totaal van 175 miljard euro, nog steeds ver onder hun potentiëel. Het doel is om tegen 2015 deze interne handelsstroom op te trekken tot 375 miljard euro."
http://www.express.be/business/nl/economy/brics-nemen-afscheid-van-de-dollar/165135.htm
 
BRICS MOVE TO REPLACE DOLLAR WITH SUPER-SOVEREIGN GLOBAL CURRENCY.
‎"Brazil, Russia, India, China and South Africa, collectively known as the BRICS nations, are moving forward with their plan to unseat the US dollar from its throne as the global trade currency and to replace it with a Chinese-denominated '...super-sovereign' international currency.
This Geo-political game (...) is merely the first defensive action of a concerted campaign of worldwide economic defence which may erupt into open warfare if the West once again seeks to forcefully continue its attempt to suppress the world economies and continue maintain and impose its own failed system upon the world. This campaign seeks to bring the United States and its Western allies to face reality that Western banker-monopoly capitalism is dead and other nations will not continue to pay the price of trying to preserve it."
 
FRENCH TERROR ATTACK: ALL THE HALLMARKS OF AN INTELLIGENCE PSY-OP AND FALSE FLAG.
‎"Mohammed Merah (...) fits the pattern of an al-Qaeda intelligence asset. (...) Merah, a French citizen of Algerian origin, was arrested on December 19, 2007, and was sentenced to 3 years in jail for planting bombs in the southern province of Kandahar in Afghanistan. In April of 2011, the United States admitted it has operated secret military prisons in Afghanistan where suspected terrorists are held and interrogated without charges. (...) 
The Pentagon and the CIA specialize in creating terrorists as part of a so-called covert and unconventional war doctrine dating back to the end of the Second World War. Although virtually ignored by the corporate media, it is an established fact that the CIA and Pakistani intelligence created what is now known as al-Qaeda out of the remnants of the Afghan mujahideen following the CIA's covert 3 billion dollar war against the Soviet Union in Afghanistan. It was the so-called Safari Club - organized under the CIA and with the participation of intelligence agencies in France, Egypt, Saudi Arabia, Morocco and (under the Shah) Iran - that ramped up the largely contrived threat of international terrorism prior to and during the CIA's manufactured war in Afghanistan.
Intelligence agencies have specialized in the covert - and not so covert - creation of terrorists which are then used to provide a cynical raison d'être for launching military intervention around the world and also providing a pretext to build and expand a domestic surveillance police state. (...) 
The fact Mohammed Merah was in the custody of the Joint Special Operations Command in Afghanistan - and his supposed jail break at the Sarposa Prison was reportedly orchestrated by the Taliban (...) - certainly raises questions about the attack in France, where a national election will soon be held. The (...) attacks of the supposedly al-Qaeda connected Merah (...) provided Nicolas Sarkozy with a pretext to put the southern part of the nation on high alert and cancel the campaigns of presidential contenders. Sarkozy stands to benefit from the terror attacks and play the role of a strong leader during a national crisis. In the short term it is likely that President Nicolas Sarkozy will benefit. Very quickly he took charge. He rushed to the scene. He suspended his campaign. He spoke as the president of the republic."
 
BETEKENT AANPAK TOULOUSE KEERPUNT VOOR SARKOZY?
"De crisis in Toulouse kan de herverkiezingscampagne van (...) president Nicolas Sarkozy ten goede kan komen. Sarkozy heeft in de crisis de eenheid van het land geïncarneerd en heeft geprofiteerd van een 'wapenstilstand' in de strijd rond het Elysée. Nauwelijks iets meer dan een uur na de afloop in Toulouse kwam Sarkozy op televisie al de Franse 'koelbloedigheid' prijzen, alsmede het feit dat het land 'eendrachtig' is gebleven. Hij kondigde ook maatregelen aan tegen de verheerlijking van terrorisme en tegen indoctrinatie, terwijl veiligheid al een centraal thema is van zijn politiek discours.
(...) Zijn tegenstrevers worden min of meer in een figurantenrol gedwongen. Meteen zitten ze ook in de beklaagdenbank wanneer zij hun mond openen om te zeggen dat het campagneteam van Sarkozy het drama in eigen voordeel gebruikt. 'De affaire rond de moorden in Toulouse en Montauban zijn een succes voor de zittende president', oordeelt het invloedrijke dagblad Le Monde. Ook politicoloog Gael Sliman van het opiniepeilingsinstituut BVA meent dat Sarkozy versterkt uit het drama komt."
 
SPECULATIE NEEMT TOE: WAS MERAH EEN POLITIE-INFORMANT?
"In Frankrijk wordt druk gespeculeerd over de vraag of (...) Mohamed Merah (...) een informant was van de politie in een poging om te verklaren waarom Merah zo lang aan de aandacht van de politie is ontsnapt. Het hoofd van de inlichtingend...ienst (DCRI), Bernard Squarcini, ontkent dat gerucht met klem (...). Het was Squarcini zelf die vorige week aan de basis lag van de speculatie toen hij bekendmaakte dat (...) Merah tijdens de belegering van zijn woning met een plaatselijke agent van de DCRI wilde spreken met wie hij eerder, na een trip naar Pakistan, al contact had gehad. De 2 zouden een goed contact hebben gehad. 
Squarcini benadrukte dat het ging om 'ondervragingen' en dat de DCRI van Merah wilde weten waarom hij naar Afghanistan was gegaan. De voorganger van Squarcini, Yves Bonnet, deed de speculatie nog aanzwellen nadat hij bevestigde dat Merah 'gekend' was bij de DCRI. Ook de trip van Merah naar Israël en de bezette Palestijnse gebieden wordt opnieuw bekeken. Hij zou die reis volgens nog onbevestigde beweringen hebben kunnen maken met de hulp van de Franse inlichtingendiensten."
 
TOULOUSE GUNMAN WAS INFORMANT OF FRENCH INTELLIGENCE?
"Yves Bonnet, a former intelligence chief, says Merah might have passed information onto the DCRI, a French domestic intelligence agency: 'He was known to the DCRI, not especially because he was an Islamist, but because he had a correspondent in domestic intelligence'."
http://rt.com/news/toulouse-shooter-french-intelligence-informant-603/
 
LE MYSTERIEUX DEPLACEMENT DE MOHAMED MERAH EN ISRAEL.
"Mohamed Merah (...) a pu se rendre en Israël, selon une information divulguée dans un article du Monde: '(...) Un officier supérieur américain, en poste à Kandahar, a assuré au Monde, mercredi, que sur le passeport de l'intéressé figurait un certain nombre de tampons révélant ses derniers déplacements. Le plus ancien mentionnait sa présence en Israël, puis en Syrie, en Irak et en Jordanie. Avant d'être arrêté, il se serait rendu au consulat d'Inde à Kandahar en vue d'obtenir un visa pour se rendre dans ce pays'. Une question se pose: que faisait Mohamed Merah en Israël?"
http://oumma.com/11941/le-mysterieux-deplacement-de-mohamed-merah-en-israel
 
SLOPEN MET SUBSIDIE.
"Door 2 oude vissersboten (...) definitief aan het economisch verkeer te onttrekken, krijgt de familie (...) een compensatie van de Europese Unie van 140.000 euro. (...) Langzaam begeeft iedereen zich naar de landtong naast het strand, waar 3 kaïkia op het droge liggen, gestut met stukken hout. (...) Een half uur later gaan de tanden van een gele graafmachine door het dek van de eerste vissersboot. Stoere kerels pinken een paar tranen weg. Twee uur later zijn alleen nog grote splinters hout over. Ze worden in de bak van een kiepwagen geschept, brandhout. (...) 
De vereniging voor het behoud van Griekse traditionele boten schat dat sinds het van kracht worden van de Europese regeling voor het uit bedrijf nemen van vissersboten in 1999 in Griekenland 10.000 van de 15.000 houten boten zijn verwoest. Nog eens duizenden rotten weg op het droge. (...) Het verdwijnen van de kaïkia uit de Griekse havens symboliseert de dodelijke cocktail van slecht EU-beleid in een slecht geleid land."
 
CUBAN MEDICAL SCHOOL TRAINS US DOCTORS.
 
VATICAAN VERWERPT BLOKKADE TEGEN CUBA.
"Padre Federico Lombardi, de perswoordvoerder van het Vaticaan, zei tijdens een persconferentie in Rome dat het Vaticaan zich kant tegen het embargo tegen Cuba. Volgens pater Lombardi is de Cubaanse bevolking er het grootste slachtoffer van: 'Wij geloven niet dat dit embargo bijdraagt tot het algemeen welzijn'."
http://cubanismo.net/cms/nl/artikels/vaticaan-verwerpt-blokkade-tegen-cuba
 
WAT GAAT DE PAUS IN GODSNAAM IN CUBA GAAN ZOEKEN?
"Het is opvallend hoe de media het pausbezoek proberen te politiseren. Terwijl de paus in Mexico ‘zijn gelovigen een hart onder de riem gaat steken’, gaat in Cuba de hoofdaandacht naar mogelijke verklaringen over democratie of het pushen van contacten met de zogenaamde dissidentie. Wil men daarmee verbergen hoe dit bezoek de VS in het defensief zet en die veelbesproken dissidentie in de feiten tot haar ware proporties herleidt?"
http://www.dewereldmorgen.be/artikels/2012/03/25/wat-gaat-de-paus-in-godsnaam-in-cuba-gaan-zoeken
 
PAUS BEKRITISEERT AMERIKAANS EMBARGO TEGEN CUBA.
"De paus had het over 'van buitenaf opgelegde restrictieve economische maatregelen die zwaar op de bevolking wegen'. Een duidelijke verwijzing naar het Amerikaanse embargo."
http://www.standaard.be/artikel/detail.aspx?artikelid=DMF20120329_003
 
TEGELIJK MET DE PAUS EEN ANDER BELANGRIJK BEZOEK AAN CUBA DAT NIET IN DE PERS KOMT.
"Toevallig kwam Margaret Chan van de World Health Organisation op dezelfde dag als Benedictus XVI in Cuba aan om er de vergadering van de werkgroep voor globaal beleid van de WHO te leiden, die voor het eerst op het Amerikaanse continent plaatsvindt. In de Cubaanse pers verklaarde Anarfi Asamo-Baah, de onderdirecteur van de organisatie, (...) dat Cuba op het vlak van gezondheid veel kan leren aan de rest van de wereld omdat de gezondheidscijfers er van de beste ter wereld zijn (...) ondanks de beperkingen opgelegd door de VS-blokkade. Hij vernoemt de gratis toegankelijkheid van de kwaliteitsvolle en hoogtechnologische gezondheidsvoorzieningen als een voorbeeld voor de wereld.
Chan (...) verklaarde op de Cubaanse televisie dat Cuba over een benijdenswaardig gezondheidssysteem beschikt en loofde ook de internationale samenwerking en de opleiding van gezondheidswerkers bij verschillende volkeren. Die heeft zeker bijgedragen tot de verbetering van de gezondheidsstandaarden in die landen, zei ze.
Chan werd niet opgewacht door een wolk camera’s zoals het weekend daarvoor de ‘Damas de Blanco’ (nvdr: die vorige zondag een protestwandeling hielden), van wie elke zucht door de media werd opgevangen midden de rustige zondagse straten van Havana. Bewijzen die Wikileaks aan het licht bracht maar nergens in de grote media verschenen, tonen aan dat deze vrouwen zwaar betaald worden door de VS-regering die zo hun agressieve politiek tegen en hun blokkade van het eiland pogen te legitimeren. De woorden van de leiding van de WHO, die nochtans erg relevant zijn voor het welzijn van miljoenen mensen op deze planeet, zijn ook nergens verschenen in diezelfde grote media die nochtans meer dan 800 journalisten op het eiland hebben dezer dagen!
'Veertien jaar na het bezoek van Johannes-Paulus II blijft de economische, politieke en mediablokkade (nvdr: door deze en de vorige paus veroordeeld) voortduren en ze werd intussen zelfs versterkt op het financiële vlak. (...) Deze criminele politiek kan o.a. blijven bestaan door de medeplichtigheid van hen die erover zwijgen en die ook zwijgen over de mooie dingen die het Cubaanse volk heeft gedaan voor elkaar en voor de wereld'."
 
11 MILLIONS DE PAUVRES EN FRANCE.
"Le bilan social du sarkozysme et de sa gouvernance libérale est désormais sans appel: selon un rapport de l’Observatoire national de la pauvreté paru aujourd’hui, plus de 11 millions de Français sont touchés par la pauvreté ou l’exclusion, un chiffre en constante augmentation depuis plusieurs années. (...) Plus inquiétant encore, l’organisme constate que 'disposer d’un emploi n’est plus une condition suffisante pour franchir le seuil de pauvreté', tant l’emploi s’est raréfié et précarisé (chômage, CDD, intérim, temps partiel)."
http://fr.novopress.info/110554/11-millions-de-pauvres-en-france/
 
150.000 POTUGEZEN EMIGREERDEN IN 2011 DOOR DE CRISIS.
"Uit vrees voor werkloosheid en honger verlaten veel Portugezen hun land, dat diep in de schulden zit. Alleen al vorig jaar emigreerden 150.000 Portugezen (...). Het gaat naar verluidt om een van de grootste emigratiegolven ooit in Portugal, die enkel te vergelijken is met de massale emigratie van de jaren '70 van de vorige eeuw. De voorbije 5 jaar verlieten in totaal ongeveer 500.000 burgers het armste land van West-Europa (...). De vroegere kolonies Brazilië en Angola staan bovenaan de lijst, maar ook Engeland."
 
GRIEKSE 'AARDAPPELBEWEGING': RECHTSTREEKS VAN BOER NAAR CONSUMENT.
"[De Griekse] aardappelbeweging [is] een initiatief dat consumenten toelaat voedsel bij de producent te kopen, aan minder dan de helft van de prijs die ze er in de supermarkt zouden moeten voor betalen. (...) Duizenden tonnen aardappelen en andere landbouw- en veeteeltproducten worden door de boeren direct aan de consumenten verkocht. (...) 
'Iedereen vaart er wel bij', verklaart professor agricultuurmarketing Christos Kamenides, die de beweging hielp op de rails zetten. 'De consument krijgt voedsel van topkwaliteit voor een derde van de prijs die hij er normaal voor zou betalen. De producenten krijgen meteen hun geld' (...). Kamenides en zijn studenten steken de beweging een handje toe op het vlak van organisatie en officiële ondersteuning. (...) Ook de boeren zijn blij. (...) Hun winsten liggen niet hoog, maar ze (...) hebben de tussenpersonen weten uit te schakelen die voordien met de grote winsten aan de haal gingen. 
Aangemoedigd door het succes van de beweging, die in heel Griekenland wordt toegejuicht door burgemeesters, werkt Kamenides nu aan een bredere organisatie van co-operatieven die producenten en consumenten verenigen. Dit kan leiden tot een nieuw economisch model voor het verkopen en aankopen van essentiële voedingsproducten."
 
ISRAEL WORDT IN VERSNELD TEMPO EEN VERSTERKTE BURCHT.
"Tegen het einde van dit jaar zou de grens tussen Israël en Egypte volledig dicht gemaakt moeten zijn. In snel tempo wordt een 5 meter hoge en 240 kilometer lange ijzeren muur gebouwd (...). De Israëlische regering besliste om versneld werk te maken van de nieuwe constructie na de grensconflicten afgelopen zomer (...) [en] toenemende economische migratie vanuit Zwart Afrika. (...) Niet iedereen in Israel is gewonnen voor het project. De Israëlische defensiespecialist Alex Fishman schreef in een opiniestuk in Israëls meest verkochte krant Yedioth Ahronoth: 'We have become a nation that is burying itself behind walls, behind fences. It shows we are going much more towards isolation. (...) A fence is a kind of weakness. I’m not a psychiatrist but it shows something of the mentality of a nation'."
http://www.apache.be/goed_gelezen/2012/03/28/israel-wordt-in-versneld-tempo-een-versterkte-burcht/?utm_source=De+Werktitel+Nieuwsbrief&utm_medium=email&utm_campaign=66298e3577-RSS_EMAIL_CAMPAIGN
 
EEN OPLOSSING VOOR KERNENERGIE DIE  NIEMAND WIL ZIEN.
"Iedereen lijkt blind voor een zeer voor de hand liggende oplossing, die komaf kan maken met een aantal kerncentrales en niet de noodzaak heeft om nog 20 jaar te moeten wachten op nieuwe windmolens, nl. een verbruikslimiet per burger. Er kan een limiet opgesteld worden waar ieder comfortabel kan leven, maar verspilling (10 maal daags de droogkast laten draaien) tegengaat. Er wordt zoveel energie verbruikt die eigenlijk niet moet verbruikt worden. (...) Bij een lager elektriciteitsverbruik moet er minder elektriciteit geproduceerd worden. Het is zo simpel. Echter is onze consumptie in vraag stellen een taboe."
http://www.dewereldmorgen.be/blog/scndsky/2011/03/31/een-oplossing-voor-kernenergie-die-niemand-wil-zien
 
DE 'UNCOOL' VAN FACEBOOK.
"Het posten van een bericht heeft veel weg van iets posten in een zwarte doos. Wie mijn bericht effectief te lezen krijgt en wat ermee gebeurt, ontgaat me meer en meer. Niet enkel lezen de cafévrienden mee, maar ook collega's, tantes, ex-liefjes en een resem ooit ontmoete passanten. Zij kunnen niet enkel mijn nieuwe berichtjes lezen, maar ook mijn verjaarde berichten van toentertijd. Met de nieuwe 'timeline' profielen (die binnenkort verplichte kost worden), wordt het verleden zelfs nog toegankelijker. Bovenstaande is slechts klein bier in vergelijking met de bezoekjes die je getrakteerd krijgt van verzekeringsagenten, belastingcontroleurs, marketeers, human resource managers, multinationals, onbekende applicatiebeheerders en iedereen waarvan je eigenlijk niet wil dat ze meeneuzen.
Het configureerbaar privacy-paneel dat Facebook aanbiedt, is slechts een dunne pleister, want zelfs voor wie elke instelling kan terugvinden, wordt het gebruik ervan almaar omslachtiger. Facebook is bovendien niet te verlegen om geregeld eens een privacy-optie toe te voegen of te verwijderen zonder heldere communicatie. (opties die zelden ten dienste staan van de gebruiker, maar wel handig meegenomen zijn voor 'derde partijen')
En omdat heel internet zich tegenwoordig een Facebookprofiel heeft aangemeten, wordt je login ook gebruikt voor reacties op andere websites (vindbaar via Google) en op software die los van Facebook staat. Waarom Spotify bijvoorbeeld recht heeft op om het even welke data van Facebook, is mij een raadsel. Toch zijn de twee naadloos in elkaar verweven. (...) 
Wie bepaalde producten leuk vindt (...), kan dat zeer gebruiksvriendelijk doorspelen aan Facebook. Als je Coca Cola aangeduimd hebt, is de kans groot dat bij je vrienden een reclame verschijnt waarin jij hen de frisdrank aanbeveelt zonder jouw medeweten. Facebook wil namelijk liefst jouw voorkeuren zo luid mogelijk door de gangen schallen; bij voorkeur met winstoogmerk.
(...) Het radertje knelt echter bij de vrijheid die je op zo'n site nog rest. Wie wil nog praat op een site verkopen als je weet dat de halve aardkloot meeleest? Als je weet dat elke voorkeur die je ingeeft gebruikt wordt als advertentie bij vrienden en vreemden? Uiteindelijk zorgt die marketing-infiltratie ervoor dat het medium gedegradeerd wordt van een onschuldige vriendjessite naar een achterbakse speurhond met glinsterende Big Brother-ogen. Op Facebook heb jij het gedaan en mag jij je uitlatingen uitleggen aan wie ze niet bedoeld waren. Het gevolg is dat Facebook steeds zakelijker wordt, de echte vriendschapsberichten uitsluitend privé naar elkaar verstuurd worden, en Facebook z'n 'cool' langzaam verliest."
 
EEN JOB? EERST JE FACEBOOK-PASWOORD, A.U.B.
"Werkgevers, vooral Amerikaanse overheidsbedrijven, (...) polsen zonder schroom naar het Facebook-paswoord van de sollicitant. ‘Dat is net hetzelfde als aan iemand vragen om zijn huissleutels af te geven ’, zegt Orin Kerr, een rechtenprofessor aan de George Washington University: ‘Een ongehoorde schending van de privacy’. (...) Vaak kunnen sollicitanten immers niet weigeren, omdat ze zo minder kans maken op de job. ‘Wie hopeloos op zoek is naar werk, kan helaas bijna niets anders dan toegeven'."
http://www.jobat.be/nl/artikels/een-job-eerst-je-facebook-paswoord-aub/?utm_source=standaard&utm_medium=content&utm_content=link&utm_campaign=artikel
 
TRADITIONELE SPIONNEN NIET MEER NODIG, WANT INTERNET NEEMT HUN WERK OVER.
"Spionnen zullen niet langer afluisterapparatuur in huizen moeten plaatsen; de opkomst van met apps geconnecteerde gadgets zal ervoor zorgen dat mensen zich in hun eigen huis laten bespieden, zegt CIA-directeur David Petraeus. De Amerikaanse inlichtingendienst zegt dat de informatie die deze apparaten vrijgeven via internet en eventueel zelfs via radiogolven kan worden ontcijferd. Zowat alles kan vandaag de dag via apps worden gecontroleerd. (...) Zo onthulde ARM, een van ‘s werelds grootste chipfabrikanten, recent nog een nieuwe processor die toelaat om internet aan te sluiten op zowat elk elektronisch apparaat (...). Futuristen voorspellen dan ook dat deze geconnecteerde apparaten het internet ten alle tijde zullen vertellen waar we zijn en wat we doen en dat die informatie door computers in kaart zal worden gebracht."
http://www.express.be/business/nl/technology/traditionele-spionnen-zijn-niet-meer-nodig-want-internet-neemt-hun-werk-over/164312.htm
 
 
 
 
 
 

lundi, 02 avril 2012

Politische Naivität

Politische Naivität

Ein Schuldenerlaß der EU wird Nordafrika keine Demokratie bringen

Andreas MÖLZER

Ex: http://www.andreas-moelzer.at/

Dem Vernehmen nach erwägen die Mitgliedstaaten der Europäischen Union einen Schuldenerlaß für jene nordafrikanischen Ländern, in denen es im vergangenen Jahr im Zuge des „Arabischen Frühlings“ zu einem Regimewechsel gekommen ist. Als Gegenleistung werden demokratische Reformen erwartet, was ein Zeugnis für den in den europäischen Staatskanzleien vorherrschenden politischen Realitätsverlust ist.

Wie nämlich die Wahlergebnisse in Ägypten und Tunesien gezeigt haben – und auch die vom Gaddafi-Regime befreiten Libyer werden aller Voraussicht nach denselben Weg einschlagen –, ist die Annahme, in Nordafrika würden nun Demokratien nach europäischen Vorbild entstehen, geradezu naiv. Nicht Parteien der „Generation Facebook“ oder westlich-liberale Kräfte haben einen überwältigenden Wahlsieg eingefahren, sondern Islamisten jedweder Schattierung. In den Umbruchstaaten am südlichen Rand des Mittelmeeres sehen die Menschen ihr Heil also nicht in irgendwelchen Menschenrechtskonventionen westlichen Zuschnitts, sondern im islamischen Recht, der Scharia. Wenn es daher zu Schuldenerlässen kommen soll, dann werden diese nicht die geringsten Auswirkungen haben und nicht die erhofften demokratischen Reformen bringen.

Anstatt über zusätzliche Belastungen der EU-Staaten in Form von Schuldenerlässen nachzudenken, müßte bei den reichlich aus Europa fließenden Förderungen oder bei den von der EU gewährten Vergünstigungen angesetzt werden. Diese Zuwendungen sind an Gegenleistungen zu koppeln, und zwar in der Verpflichtung der betreffenden Staaten, ihre Staatsbürger, die illegal in die Europäische Union eingereist sind, zurückzunehmen. Nicht zuletzt auch deshalb, weil es für die nach Europa „geflüchteten“ Nordafrikaner in ihren Heimatländern viel  und vor allem Wichtiges zu tun gibt – nämlich neue, funktionierende Gemeinwesen aufzubauen.

Keith Preston on Balkanization and the state of exception

Marginalia on Radical Thinking: Keith Preston on Balkanization and the state of exception

Keith Preston writes the blog Attack the System,  which attempts to tie together both left and right anarchism in a Pan-secessionism against the empire.   While I come from a radically different perspective than Keith, I find his critique of the way many left anarchists are militant shock troops of liberalism to be a serious and disturbing critique as well as the Nietzschean critique of modernity to be taken seriously and not softened as it has been in French post-structuralism. 

Skepoet:  You started out in the libertarian socialist tradition but have moved towards a pan-anarchist movement than includes decentralized nationalists and non-socialists.   Could you describe how you left ”left” anarchism in its socialist variety?

Keith Preston:  I never really renounced “socialist-anarchism.” I’m still interested in schools of thought that fall under that banner like syndicalism and mutualism, and I still very much consider the founding fathers (and mothers!) of classical anarchism to be influences on my thought. But I did abandon the mainstream (if it could be called that) of the socialist-anarchist movement. The reason for that is the left-anarchist milieu in its modern form is simply a youth subculture more interested in lifestyle issues (like veganism and punk music) than in revolutionary politics. And to the degree that these anarchists have any serious political perspective at all, it’s simply a regurgitation of fairly cliched left-progressive doctrines.

If listen to what the mainstream anarchists talk about-gay rights, global warming, immigrants rights, feminism, anti-racism, animal rights, defending the welfare state. the whole laundry list-they don’t sound much different than what you would hear in the local liberal church parish, or at a Democratic party precinct meeting, or a university humanities course. Eventually, I came to the realization that a serious anti-state movement would need to be grounded in population groups whose core values really do put them at odds with the mainstream political culture. There are plenty of these: the urban underclass and underworld, religious sects whose exotic beliefs get them in trouble with the state, ethnic separatists, pro-gun militias, radical survivalists, drug cultures and sex cultures that are considered deviant or criminal, etc. I’ve been very happy to witness the growth of the anti-civilization movement within the ranks anarchism. What you label “decentralized nationalists” and non-socialists who oppose the state also fall into this category. So it’s not so much about abandoning what I was before as much as building on that and expanding my perspective a bit.

S:  Well, these movements have been around since the middle 1990s on my radar, but I have noticed that Occupy movement seems to have pushed this tensions back into the radical milieu, so to speak. What have you noticed in the past year on the ground?

K.P.:  I consider Occupy Wall Street to largely be a recycling of the anti-globalization movement of the late 1990s and early 2000s. I am skeptical as to whether it will fare any better than the anti-globalization movement did. From what I have observed thus far, OWS is a fairly standard representation of the left-wing subculture, in the sense that the OWS movement seems to roll out a hodge-podge of relatively conventional left-of-center issues in a very chaotic way that lacks direction or vision. OWS is a movement that is easily ignored or coopted by the establishment because it is does not threaten the system in any particularly significant way.

I essentially see OWS as the left’s counterpart to the Teabaggers who were easily coopted by the neocons. Where are the Teabaggers today? It will be fairly easy for the Democrats to coopt OWS over the long haul. Look how easily the New Left of the 1960s was coopted and that was a far more radical movement than OWS. The problem is that OWS offers no radical vision that is fundamentally at odds with the survival of the system. OWS has not developed a position of what might be called “radical otherness” in regards to its relationship to the political establishment.

I should probably add to my answer to your first question that I still very much consider socialist-anarchism of the leftist variety to be a legitimate part of the anarchist paradigm. My criticisms of that milieu are based on my perspective that it is too narrowly focused and that it is ineffective at actually attacking the state. The number of strands of anti-state, libertarian, or anti-authoritarian radicalism are quite numerous. I consider all of these, from anarcha-feminism to Islamic anarchism to queer anarchism to national-anarchism, to be different denominations of the broader anarchist philosophy, just like the Christian religion has all of its different denominational or sectarian variations. The problem I have with the left-anarchists is that I regard them as playing the same role in anarchism that a form of sectarian fundamentalism might play in Christianity. I wish to embrace of all of the different tribes of the anarchist paradigm as brothers and sisters within the anarchist “faith,” if you will, despite our own tribal, sectarian, or denominational differences and however much the different types of anarchists may hate each other.

My goal is for a civilization to emerge eventually where anarchism becomes the prevailing political, social, and economic philosophy, just as Christianity dominated medieval European civilization, Islam dominates the civilization of the Middle East, or Confucianism dominates traditional Chinese civilization.

I try to approach controversial social, political, or economic questions from an objective, scholarly perspective  and I try to understand all different sides of issues and glean what tangible facts are available rather than simply relying on the established left-liberal paradigm that dominates the academic world as most anarchists seem to do. This ultimately leads to my taking a lot of unorthodox positions, although my primary concern in the the area of anarchist strategy. I think philosophical abstractions are worthless if they can’t be transmitted into real life action. I’m interested in question like what should the priorities of anarchists be given our current political conditions? What should be our principal goals? What are some real world goals we can set for ourselves that are actually achievable? What is the most practical approach to the question of what a civilization where the anarchist paradigm is the prevalent paradigm might look like? Questions of that nature.

S:  It has been interesting to see your post-left readings of Carl Schmitt who is a jurist whose work was ignored for a long time and I think re-popularized primarily by the works of the left-wing philosophy Agamben and by thinkers on in the European New Right.  How is an anarchist like yourself informed by Schmitt?

K.P.: Schmitt’s thought really unmasks the essence of the state in a way that I think is more penetrating that even much anarchist thought because it lacks the ideological predisposition towards attacking the state that an anarchist would obviously have and there’s also a lot of moral pretentiousness found in much anarchist writing. Schmitt is writing from the perspective of a brutally honest realist. He is one of those rare political theorists like Machiavelli, Hobbes, or Nietzsche that is able to analyze politics without much in the way of illusions.

Schmitt considered the true nature of the political to be organized collectives with the potential to engage in lethal conflict with one another. His concept of political sovereignty is also quite penetrating. As Schmitt said: “Sovereign is he who decides on the state of the exception.” What he meant by that is that the real power in any society resides in those who are able to set aside the formal rule-making process and codified system of laws when it suits the interests of the state. The law is intended for subjects rather than rulers. The state is a ruler or collection of rulers who act in their own interests. The law serves to restrain subjects, and not to restrain rulers in any authentic sense. Within the realm of the truly political, rulers engage in perpetual brawling with other rulers or potential rulers.

S.:  The sovereign exception is an interesting issue. So what is the anarchist answer to the idea of the sovereign exception?

K.P.:  I think that in a civilization where anarchism was the prevailing political perspective the sovereign would be non-state entities that were capable of repelling physical threats to the anarchist polities. For instance, there might be anarchist-led militias, citizen posses, or private defense forces that would serve the function of resisting either an external invasion or the attempted seizure of power by any one political faction for the purpose of creating a new state.

This one reason why I think fourth generation warfare theory is so interesting because it postulates that the sovereignty of the state is receding and giving way to non-state actors in the realm of military conflict.

There are some interesting historical examples of sovereignty without the state. The Icelandic Commonwealth existed for several centuries minus a single sovereign entity with a monopoly on coercion. During the Spanish Civil War, the anarchist militia confederations essentially replaced the state in certain regions of Spain. An interesting contemporary example is Hezbollah, which has for the most part replaced the Lebanese state as the sovereign in Lebanese society. Of course, Hezbollah are not anarchists, but they are an illustration of how a sovereign can emerge that eclipses the state.

S.: On the Fourth generation warfare:  This seems to also seem to be used as an excuse to strengthen the state.  Do you see this is a trend that is, at root, a sign that elements of the larger culture(s) are separating and going into radically different directions?

K.P.:  Sure. I think a major part of the premise behind the US’s “war on terrorism” is awareness on the parts of the overlords of the empire that the fourth generation resistance is rising and challenging the state in many different areas. So the state is trying to strengthen its position.

At present, most serious fourth generation efforts come from the periphery and conflict between these regions and the empire which is for the most part centered in the West has existed for centuries, of course. So there’s nothing particularly new going on there. However, within the center of the empire itself there does seem to be a separation taking class due to a lack of cultural cohesion. In Europe, the conflict is fueled by mass immigration into what were until very recently mostly homogenous societies. In America, I think the conflict is largely a class conflict on two different levels. First, there is the broader widening of class divisions that has simultaneously generated a strengthened plutocracy at the top, a shrinking middle class and a growing lower prolertarian and lumpenproletarian classes. Large scale immigration has played a role in this obviously, but I don’t think it’s the principal cause. Second, there seems to be a particularly intense class struggle between the dying WASP elites and their constituents among the traditional middle class and the rising upper middle class that is informed by the values of political correctness or what I call totalitarian humanism. This is what I consider to be the source of the US culture wars.

K.P.:  I think what you call “totalitarian humanism,” I call liberalism without the gloves on.  This, however, confuses people since the term liberal is linked to the center-left, which is only one of its manifestations.  Do you see the contradictions within totalitarian
humanism leading to more or less balkanization?

S:  Oh, more balkanization. Very much so. In fact, I think the contradictions within totalitarian humanism will be what eventually brings about its demise. Totalitarian humanism will end when the PC coalition fractures and its component parts eventually turn on each other. A key fault line is going to be the incompatibility of Western liberalism with the social conservatism endemic to most non-Western cultures. For instance, I’ve seen some research that shows anti-gay attitudes are more prevalent among African-Americans than any other ethnic group in the US. Secularism is certainly far more prevalent among Western liberals than among Third world immigrants. Right now, the line that the totalitarian humanist Left takes is something along the lines of “Oppressed peoples everywhere, unite against the white bourgeoisie!” or some variation of that. But these fault lines are very real and will increasingly find their way to the surface over time.

S.:  Is this why you have done so much work with alt right? That the Marxist and anarchist left no longer distances itself from liberalism in a meaningful way?

K.P.:  I’d say there are four things that drew me towards the alt right. First, the alt right is about 100% consistently opposed to American imperialist military adventurism. The Left often falls down on this question and gets taken in by supposed “humanitarian interventions,” for instance. The alt right also has a strong Nietzschean foundation which overlaps quite well with my own philosophical and meta-political stance. The alt right is much more willing to critique or criticize Christianity in a way that would be unthinkable to American-style conservatives and in a way that offers a lot more dept than the reflexive secular humanism or theological liberalism found on the Left. Lastly, as you point out, the alt right is the only political tendency that consistently criticizes totalitarian humanism and does so in a penetrating way.

I consider totalitarian humanism to a very dangerous force that is on the rise in the West, and despite their professed oppositional stance, the Marxist and anarchist left have swallowed the totalitarian humanist bait hook, line, and sinker so to speak, essentially making them the useful idiots of the liberal establishment.

S.:  A friend of mine says the same thing: “Lately the rhetoric between liberals and leftist, you’d think the far left would be an alternative to a lot of PC platitudes, but it isn’t anymore.”   This leads me to some serious questions: I have noticed a lot of professed anti-Fascists using fascist-style intimidation against other forms of anarchism. I suspect you see these anarchists essentially reflecting the anarcho-liberal confusion and becoming a sort of militant-wing for liberal identity politics?

K.P.:  The “anti-fascists” are the mirror image of the Nazi stormtroopers who went about physically attacking Jews and Marxists during the Weimar period. Essentially they are the brown shirts of totalitarian humanism. The tendencies that I refer to as the “anarcho-leftoids” are a kind of parody of PC. Describing them as a “militant wing for liberal identity politics” would be apt in some ways, though perhaps too charitable. They are the new fascists in every essential aspect.

Your question here brings up a very important point. I’ve stated before that my ultimate goal is to build a kind of confederation or agglomeration of tribes of anarchists, libertarians, and another anti-authoritarian radicals who may have many, many profound differences of opinion or ways of life but who are united in their commitment to attacking the state. And, of course, I’ve developed the concept of pan-secessionism as a tactic to be used towards that end. I am sometimes asked if whether my persistent criticisms of the left-anarchists in these areas is not antithetical to my larger goal of a unified anarchist resistance. Am I not acting as a divider rather than as a bridge-builder?

But the immediate problem that we are confronted with is the fact that this totalitarian leftist mindset dominates the mainstream of the anarchist movement, certainly in the English-speaking countries. The leftist-anarchists insist on excluding the other anarchist tribes from their midst on the ground that they are not pure enough in doctrine. For instance, anarcho-capitalists, national-anarchists, Tolkienesque anarcho-monarchists, Nietzschean anarchists of the right, religious anarchists, conservative anarchists similar to the late Joe Sobran, sometimes even left-libertarians like the agorists, mutualists, or voluntarists are rejected for their supposed deviance from official doctrine in one way or another. The leftist fundamentalism that dominates the mainstream anarchist movement is comparable in many ways to the Protestant fundamentalism that dominates American Christianity. I know because I’ve been both a Protestant fundamentalist and a left-anarchist at various points in my life.

So I’m in a situation where in order to pursue my long-terms goals of unifying anti-state radicals against our common enemy, it’s necessary to become a divider in the short-term. I’m divisive because I attack the grip that doctrinaire leftism has on the movement, particularly in the USA. Whenever you speak out against the prevailing trend, you automatically become a divisive figure. So of course those within the mainstream anarchist movement will often come to regard someone like me as the equivalent of heretic who has rejected articles of the true faith. But then there are other anarchists who start to think, “well, you know, maybe Preston has a point with some of his criticisms” and maybe I provide a platform for those anarchists who are aware of some of these problems and have been hesitant to speak up. I’m also opening the door for those anarchists whose own beliefs differ from those of the hard leftists to eventually become accepted by and integrated into the wider anarchist milieu. There are a number of trends in left-anarchism that I see as encouraging such as the post-leftist, situationist, and Stirner-influenced tendencies. While I have my differences with primitivists I have not found them to be as hostile towards other types of anarchists as the leftoids. I also very much appreciate those anarchist tendencies that assert a kind of tribal identity among minority ethnic groups, such as Anarchist People of Color or native anarchists. This is of course very consistent with my broader goal of building a confederation of anti-state tribes.

S.:  Do you see the tribe as the only viable and possibly just political unit?

K.P.:  I should probably clarify what I mean by “tribe.” I’m using the term as a metaphor for any kind of voluntary association sharing a common purpose or identity and functioning independently of the state. So in this context there could certainly be anarchist “tribes” in the common sense of a population group sharing a particular language, culture, religion, or ethnicity, but there could also be tribes committed to a specific political stance, or economic system, or lifestyle interest. For instance, some years ago I came across a group advocating a “stoner homeland” for potheads in northern California. Presumably, there could be stoner anarchist tribes and there could be straight edge anarchist tribes just like there can be tribes representing Christians or Muslims or other kinds of identities. Within in the anarchist tradition, for instance, I would consider the syndicalists to be a tribe, the individualist-anarchists to be a tribe, the Kropotkinites to be a tribe, the Catholic Workers to be a tribe, and so forth.

I think tribes are the most natural form of human social organization. Therefore, they are probably the most viable in terms of durability as well. As to whether they are the most just, I think that’s a subjective question. I don’t really believe in the concept of abstract justice found in much of traditional Western metaphysics of the kinds associated with, for instance, Plato or the Church fathers or the natural rights theorists of the Enlightenment. I’m very much a Nietzschean, possibly a Foucaultian, on this question.

S.:  What do you think is Nietzche’s relevance to anarchism?

K.P.:  Of all the great thinkers of the modern era, Nietzsche was probably the most prescient and penetrating. He recognized that the core foundations of Western civilization-philosophical, cultural, moral, religious-had essentially been overthrown by the advancements in human knowledge that came out of the scientific revolution, the industrial revolution, and the Enlightenment. Not only had Christianity been discredited, but so had traditional Western metaphysics. What distinguishes the thought of Nietzsche is that he takes things a step further and attacks the intellectual systems that grew out of the Enlightenment and had taken hold among educated people in his own era. In particular, he understood the progressive faith associated with movements like liberalism and socialism to essentially be secular derivatives of Christianity. Nietzsche regarded the intellectuals of his time as not having really abandoned faith in God, but rather as having invented new gods to believe in like progress, utopianism, equality, universalism, nationalism, racialism, anarchism, and so forth. All of these became forms of secular millenarianism in Nietzsche’s day.

Nietzsche considered all of these trends to be efforts to come to terms, or perhaps avoiding coming to terms, with the death of the foundations of traditional values. He saw these new gods as creating a cultural powder keg that would explode in grotesque warfare in the twentieth century, which is precisely what happened. He also believed it would be the twenty-first century before Western people began to really confront the crisis generated by the erosion of the foundations of their civilization and that cultural nihilism would be the greatest obstacle that the West would have to overcome. We see this today in the self-hatred and wish for cultural self-destruction that exists among Western peoples, particularly the educated elites. For instance, it is quite obviously seen in the thrill with which Western intellectuals anticipate the potential demographic overrun and cultural dispossession of the West.

What is ironic is that the leftist fundamentalism that dominates the mainstream of the anarchist milieu is perhaps the most advanced form of this nihilism. They’ve essentially absorbed the nihilism of the Western elites and amplified it several times over. In particular, they often epitomize the slave morality Nietzsche regarded as having its roots in Christianity and having been carried over into its secular derivatives on the political left.

So I think that the thought of Nietzsche, properly understood, could contribute to an awakening in the anarchist community, and provide us with the intellectual armour necessary to effectively combat our establish overlords rather than simply parroting them as so many of us do now. It does no good to simply regurgitate the values of political correctness when these are simultaneously the legitimizing values of the ruling class.

S.:  Thank you for your time. Anything you’d like to say in closing?

K.P.: Just to say that the first principal of any authentic radicalism has to be independence of mind above all other values. It’s not about how much you agree or disagree with me. Rather, it’s about your ability to apply critical analysis to every question and to every situation. It’s about being able to see every side of every question and giving due recognition where it’s merited. Any set of ideas, no matter what they are, can become menacing when they are dogmatized to the point of becoming unquestionable articles of faith, particularly when intertwined with the authority of the state. No matter how righteous a particular crusade may seem if its presumptions are not subject to regular critical scrutiny then it becomes a potential foundation for yet another tyranny.

Marginalia on Radical Thinking Series can be found hereherehereherehere, here hereherehereherehere  here, and here. 

 

Keith Preston

Keith Preston

Keith Preston is the chief editor of AttacktheSystem.com and holds graduate degrees in history and sociology. He was awarded the 2008 Chris R. Tame Memorial Prize by the United Kingdom's Libertarian Alliance for his essay, "Free Enterprise: The Antidote to Corporate Plutocracy."

dimanche, 01 avril 2012

Martin van Crevelds neues Werk

Martin van Crevelds neues Werk „Kriegs-Kultur“ und die Frage, warum wir kämpfen      


Geschrieben von: Wolfram Wehl   

Ex: http://www.blauenarzisse.de/

 

Es spielt Marschmusik. Schwere Stiefel dröhnen auf dem Asphalt. Ein Offizier ruft Befehle. Langsam marschiert der Trauerzug im Gleichschritt die Straße entlang. Ähnlich wie viele Passanten, die innehalten, bin auch ich von der Zeremonie gebannt und vergesse das eigentliche Ziel meines Spaziergangs. Es ist die „Macht des Militärischen“, die den Menschen fasziniert und nach Meinung des Militärhistorikers van Creveld eine ganze Kultur ins Leben gerufen hat.

Martin van Creveld zählt zu den renommiertesten Militärhistorikern weltweit. Nach seinem umstrittenen Werk Kampfkraft, erschien vor kurzer Zeit eine neue Publikation. In: Kriegs-Kultur. Warum wir kämpfen: Die tiefen Wurzeln bewaffneter Konflikte beschreibt van Creveld den Krieg als kulturelles Phänomen.

Der Autor zeichnet in fünf Abschnitten ein detailliertes Bild verschiedener Kriegs-Kulturen. Diese reichen vom antiken Griechenland bis in die heutige Zeit. Nach van Creveld spiegelt sich eine Kriegs-Kultur vor allem in Bräuchen, besonderen Kriegs-Regeln (deren Überschreitung als schlimmstes Verbrechen galt), Kriegsspielen und dem Gedenken an den Krieg wieder.

Waffen als Phallus-Symbole

Zu Beginn stellt van Crefeld die These auf, dass Waffen nicht nur einfache Werkzeuge sind. Dies wird seiner Meinung nach bereits anhand der ausgewählten Namensgebung von Kriegsgeräten deutlich, wie beispielsweise die „Dicke Bertha“, ein Geschütz aus dem ersten Weltkrieg, oder die großen amerikanischen Flugzeugträger „Eisenhower“ und „McArthur“ bezeugen. Flugzeuge wurden häufig individuell angemalt, zeitweise auch mit leicht bekleideten Frauen. Lange Zeit war der Krieg schließlich eine reine Männerdomäne. Dies führt den Militärhistoriker zu einem spannenden Vergleich: Inwiefern können Kriegsgeräte als sexuelle Symbole wirken? So wird zum Beispiel bei Geschossen und Projektilen die Ähnlichkeit mit dem männlichen Geschlechtsteil dadurch verstärkt, dass ihre Spitzen oftmals einen hellen Farbanstrich erhalten. Gerade deswegen werden scharfe Waffen oft von Männern geschätzt, da sie nicht nur den Körper einer anderen Person zerreißen, sondern auch in ihn eindringen können.

Krieg ist allgegenwärtig und ein Bestandteil menschlichen Lebens

Dass der Krieg grausam und schrecklich ist, bestreitet van Creveld nicht. Dennoch übt er bis heute auf jeden Einzelnen eine persönliche Wirkung aus, wie sie in zahllosen Feldtagebüchern und Memoiren dokumentiert sind. Nicht nur in der Literatur (man denke an die Ilias), sondern vor allem in der Filmindustrie (Hollywood) hat das Thema Krieg einen festen Bestanteil. Die Regisseure wissen, dass man mit Filmstreifen wie Terminator oder Apocalypse Now ein breites Publikum begeistern kann.

An vielen Stellen weist der Autor darauf hin, dass Krieg und Kriegsspiele (als Vorläufer vom Krieg) Männersache sind. Das fängt bei Schach, dem klassischen Kriegsspiel, an und geht über Gladiatorenkämpfe bis hin zu den großen Feldzügen des 20. Jahrhunderts weiter. In diesem Zusammenhang benennt er den Krieg als „großes Spiel“, wo es um Leben und Tod geht. Dazu schreibt van Creveld: „Füllt der Geruch der Gefahr die Luft, werden Soldaten von teuren Nichtstuern zu sehr wertvollen Erzeugnissen verwandelt.“

Am Ende steht die Frage, ob eine Nation auch ohne eine Kriegskultur auskommen kann. Dieser Gedanke wird vom Autor schnell verneint, denn diesen Ländern drohe der gesellschaftliche Zerfall und ihre Streitkräfte seien allerhöchstens noch „wilde Haufen ohne Manneszucht, ohne soldatische Regeln, die kaum noch kämpfen, sondern höchstens Gräuel verursachen.“ Schlimmer allerdings sei es, wenn die Streitkräfte „Opfer des Feminismus“ würden. Dadurch leide die gesamte Kriegs-Kultur und somit auch „die Fähigkeit, einen Krieg zu führen.“

Clausewitz widerlegen

Das umfangreiche Werk Kriegs-Kultur ist aufgrund seiner Detailliertheit keine leichte Kost. Und doch liegt darin auch seine Stärke, da sich dem Leser aufgrund der Fülle des Materials völlig neue Zusammenhänge ergeben. So widerlegt van Creveld provokanterweise die These von Clausewitz, wonach Krieg lediglich ein Mittel zum Zweck sei, einen Gegner zu vernichten oder in die Handlungsunfähigkeit zu treiben. Der Autor zeigt nämlich vielmehr, dass der Krieg selber über die Jahrhunderte eine Faszination auf den Menschen ausgeübt hat, so sehr er sich auch dagegen wehren mag. Diese Begeisterung ist sowohl wichtiger Bestandteil wie auch Triebkraft der Kultur eines Krieges. In diesem Zusammenhang fügt er auch hinzu, dass jede Art „menschlicher Aktivität“ besser ausgeführt werde, wenn die Beteiligten bei ihrem Tun Vergnügen empfinden. Warum also sollte der Krieg davon eine Ausnahme bilden?

Martin van Creveld: Kriegs-Kultur. Warum wir kämpfen: Die tiefen Wurzeln bewaffneter Konflikte. 560 Seiten, mit zahlreichen Abbildungen. Ares-Verlag, Graz. 34,90 Euro.

Le cas du Jundallah

Jundallah, groupe terroriste redoutablement djihadiste, contre lequel lutte l'Iran. Ce groupe hyper dangereux est utilisé par certains occidentaux, notamment israéliens pour l'assassinat des savants iraniens. Son danger est réel et direct alors que...

La guerre iranienne contre le terrorisme. Le cas du Jundallah

Par Didier CHAUDET*, http://mbm.hautetfort.com/

Enseignant à Sciences Po

 

Géopolitique de l’Iran: Enseignant à Sciences Po, Didier Chaudet démontre que les Iraniens mènent en ce moment leur propre guerre contre le terrorisme. Plus précisément contre un groupe utilisant des moyens terroristes, et appelé « Jundallah », « les Soldats d’Allah ». L’auteur en présente les racines et s’interroge sur les influences extérieures.

LA « guerre contre le terrorisme » a été, dès le départ, assez mal nommée. On épargnera aux lecteurs la critique la plus facile, répétée ad nauseam, qui dit qu’on ne fait pas la guerre à un moyen d’action. On rappellera plutôt qu’il s’agit d’une guerre américaine contre ce que les Américains considèrent comme du terrorisme. Ou même, parfois, comme une simple menace terroriste. De ce point de vue, en fait, tout ce qui semble s’opposer, de près ou de loin, à l’influence américaine, notamment de la part d’Etats moyens ou faibles, devient terrorisme. C’est ce qui explique pourquoi l’Iran a été inclus dans l’ « Axe du Mal », alors que le pays avait abandonné l’emploi du terrorisme comme moyen d’action, et surtout ne pouvait pas être associé ni au 11 septembre 2001, ni au djihadisme sunnite. L’inclusion de ce pays dans la liste aura été d’autant plus choquante que la République islamique a été d’une aide non négligeable dans la lutte contre les Taliban. L’insulte a été d’autant plus mal ressentie par les Iraniens qu’ils mènent en ce moment leur propre guerre contre le terrorisme. Plus précisément contre un groupe utilisant des moyens terroristes, et appelé « Jundallah », « les Soldats d’Allah ».

Les racines du Jundallah

Quelles sont les racines de ce mouvement terroriste ? Elles se confondent avec les tensions entre le centre, persan et chiite, et la périphérie à l’est, sunnite et baloutche. Plus exactement dans la province du Sud-Est appelée Sistan-Baloutchistan. C’est dans cette province artificielle, créée par Rezah Shah [1] dans les années 1930, que vivent les Baloutches iraniens (1,5 millions de personnes) [2]. Ces derniers représentent un peuple qui comme les Kurdes, est divisé entre plusieurs Etats. Ici une séparation entre l’Afghanistan, l’Iran, et le Pakistan. Encore une fois comme les Kurdes, les Baloutches ont gardé le sentiment d’une identité forte, et sont considérés par les centres qu’ils dominent comme farouchement attachés à leur indépendance. Rien d’étonnant à cela : tout comme les Pachtounes, ils ont à l’origine une structure tribale qui leur a permis historiquement de mieux résister au centre persan. Et depuis le Grand Jeu, les Baloutches, en tant que peuple transfrontalier, ont été au cœur d’un réseau de contrebande particulièrement important. Et cela est tout particulièrement vrai au niveau du trafic d’armes, qui aura été conséquent tout au long du 20ème siècle. Là aussi, on peut faire une comparaison avec les Pachtounes. Dans les deux cas, cela donne aux peuples évoqués les moyens de s’opposer physiquement au centre quand le besoin s’en fait sentir, et une grande familiarité à l’emploi des armes. De fait, l’Iran n’a réussi à contrôler ses Baloutches qu’à partir des années 1930. D’abord indirectement, en utilisant les chefs tribaux, ou « Sardars ». Puis plus directement, par la force, par une politique visant à liquider les chefs traditionnels. Et si la Révolution khomeyniste a suscité des espoirs chez les nationalistes baloutches, ils ont vite été dissipés. Au début de ladite révolution, ce sont les Gardiens de la Révolution qui ont pris en main le territoire. Téhéran s’est alors imposé particulièrement durement [3]. Malgré la chute du Chah, c’est donc la continuité qui l’a emporté : la population baloutche en périphérie se ressent, de par sa situation, comme un groupe de citoyens de seconde zone, vivant dans un environnement économique trop peu développé.

Nationaliste et djihadiste anti-chiite

Ce dangereux cocktail de tensions historiques, de manque d’influence politique, et de misère économique, est bien sûr le terrain rêvé pour un groupe violent. Cela a expliqué la naissance du PKK chez les Kurdes turcs. Et le groupe Jundallah en tant que tel a émergé à cause de cette situation locale. Mais il serait simpliste d’en rester là : le Jundallah ne se définit pas uniquement comme nationaliste. Le groupe s’est formé à partir d’une idéologie djihadiste anti-chiite proche de celle d’Al Qaïda et des Taliban. De fait, les combattants du Jundallah sont les héritiers de deux décennies d’influence extrémiste venant du voisinage de l’Iran : on pense notamment aux écoles religieuses basées au Pakistan, qui ont été financées par des activistes de la péninsule arabique, mais aussi par Saddam Hussein. Pendant la guerre Iran-Irak, en effet, l’excitation des tensions à l’intérieur de l’Iran semblait de bonne guerre [4]. Il y a eu également une influence des Taliban sur les Baloutches, surtout en territoire pakistanais. Une telle situation a eu une influence sur le nationalisme baloutche en terre iranienne. Se battant en terre chiite, certains Baloutches iraniens trouvaient dans l’extrémisme sunnite une idéologie qui pouvait être attrayante. Et surtout, une idéologie qui leur donnait des alliés naturels, parmi les groupes actifs en Afghanistan et au Pakistan. Ces liens sont très clairs dès la création du mouvement, en 2003 : « les Soldats d’Allah » auraient été créés sur un territoire contrôlé par le Taliban pakistanais le plus important du moment, Nek Mohammed Nazir (mort en 2004). Le jeune fondateur et leader du Jundallah, Abdel Malik Rigi, a d’ailleurs été formé à la mosquée Binori. C’est dans cette même mosquée que nombre de Taliban et de djihdistes pakistanais ont été endoctrinés [5]. Si on ne peut pas associer directement Al Qaïda et le Jundallah avec les sources accessibles, on sait malgré tout que le groupe a des liens avec les Taliban pakistanais combattant Islamabad. Ils ont également des relations avec le Lashkar-e-Jhangvi, un mouvement terroriste anti-chiite frappant au Pakistan [6]. Les liens avec les Taliban afghans semblent clairs également : la naissance du mouvement se fait post-2001, une fois que les combattants baloutches du mollah Omar sont revenus au pays après la chute du régime tenu par les Taliban. Ces liens avec les forces les plus extrémistes d’Asie du Sud expliquent leurs tactiques de terreur, au sens propre. Il s’agit ainsi du premier groupe ayant usé de la décapitation contre des représentants des forces de l’ordre iranien, pour mieux marquer les esprits. A partir de 2008, ils ont introduit l’utilisation de l’attentat suicide en territoire iranien. En mai 2009, le Jundallah s’est directement impliqué dans une logique de guerre sectaire : un attentat a frappé une importante mosquée chiite de Zahedan, la capitale du Sistan-O-Baloutchistan, pendant la prière du soir. 19 personnes sont mortes, et 60 ont été blessées [7]. Certes, par la suite, le leader du groupe, Rigi, a été capturé. Mais si le groupe a été décapité, il n’a pas disparu, loin de là. En fait, en décembre 2010, on a encore eu la preuve de la force de frappe sanglante du groupe, même sans Rigi à sa tête. Deux attentats suicide ont visé une procession religieuse chiite dans le port de Chabahar, et ont fait au moins 40 morts [8]. De fait, le groupe bénéficie encore d’une situation locale et régionale assez « favorable » pour continuer à exister.

Quelles influences extérieures ?

Cette analyse ne serait pas complète sans réfléchir aux possibles influences extérieures face au phénomène Jundallah. Certes, très clairement, le groupe terroriste est d’abord né de tensions locales et régionales. On ne peut pas considérer le groupe comme une créature inventée par des forces hostiles à Téhéran. Malgré tout, on connaît les tensions, parfois sanglantes, entre l’Iran d’une part, et les Etats-Unis, Israël, ou d’autres acteurs. On ne peut pas nier que l’idée d’une utilisation par des forces extérieures des ennemis intérieurs de l’Iran puisse être considéré « de bonne guerre ». Nous allons donc passer en revue les différents « suspects », et mettre en avant ce que la littérature ouverte nous dit de leur implication.

A la question : « Les Occidentaux soutiennent-ils le Jundallah ? », on peut répondre « Probablement non ». Ici, quand on parle d’Occidentaux, on pense en fait, en premier lieu, aux Américains. Il est très probable que ces derniers mènent des actions clandestines en Iran. Des ordres exécutifs, signés fin 2004 et en 2005 par le président G. W. Bush, ont donné au Pentagone la possibilité de mener des actions clandestines sans passer par la CIA. Et donc sans possibilité de contrôle de la part du Congrès. Les opérations secrètes menées par des services américains sont généreusement dotées à cette période, et on sait qu’elles ont eu lieu [9]. De même, selon certains analystes, il y aurait eu prise de contact avec le Jundallah, mais uniquement dans le cadre d’une collecte de renseignements. Selon Robert Baer par exemple, cela n’est pas allé plus loin, le groupe se montrant vite incontrôlable, et surtout, dangereusement proche d’Al Qaïda [10]. A partir de là les informations ouvertes nous amènent à penser que Washington a fait en sorte d’éviter à tout prix tout contact avec les djihadistes baloutches. Quoi qu’on pense des Américains, ils sont, tous comme les Iraniens d’ailleurs, des acteurs relativement rationnels sur ce dossier : soutenir le terrorisme en Iran amènerait le régime à revenir à ses vieux démons, et à soutenir le tourisme transnational contre les Etats-Unis et ses alliés. Mais tout le monde n’est pas aussi prudent : il semblerait que les Israéliens aient utilisé le Jundallah dans leur lutte contre le régime iranien [11]. Des « memos » de la CIA tendent à prouver que des membres du Mossad, les services secrets israéliens, se sont fait passer pour des agents de la CIA. Ils ont utilisé cette couverture pour recruter des membres du Jundallah. Plusieurs officiels liés aux services de renseignements américains, encore actifs ou à la retraite, ont confirmé les informations livrées par ces documents. On a déjà vu les services israéliens travailler avec une autre force considérée comme terroriste, le MEK, ou « Moudjahidine du Peuple ». Ces derniers auraient travaillé ensemble, notamment pour assassiner les scientifiques nucléaires iraniens [12]. Les informations de la CIA dévoilées par le journal Foreign Policy, n’ont donc, en soi, rien d’étonnant. Israël joue une partition à court terme, pour obtenir des gains rapides dans sa lutte indirecte contre Téhéran. Le problème de cette approche est qu’elle finance un groupe djihadiste potentiellement dangereux au delà de l’Iran. Et cette façon de procéder ne peut qu’avoir des répercussions régionales, et nourrir le complotisme et l’anti-américanisme autant en Iran qu’au Pakistan, et dans les pays alentours. Car même si les Américains sont responsables, des questions restent sans réponse, comme : pourquoi les Américains n’ont-ils pas stoppés leurs alliés israéliens ? Il s’agissait d’abord d’inertie politique. Mais pour les Pakistanais, les Iraniens, les Moyen-Orientaux, hélas, cela ressemble à une division des tâches entre Occidentaux, qui a un impact diplomatique désastreux.

L’influence extrémiste sunnite venant notamment de la péninsule arabique

On sait également que le groupe extrémiste est proche des Taliban, notamment de la variation pakistanaise de cette mouvance. Indirectement, l’influence extrémiste sunnite venant notamment de la péninsule arabique est donc également responsable : ici on ne fait que retrouver une énième conséquence de la « guerre froide » opposant Arabie Saoudite et Iran. Et malgré les fantasmes que ce pays suscite, si le Pakistan est indirectement impliqué aujourd’hui, c’est d’abord en tant que base de repli, et de victime des tensions entre chiites et sunnites. Il serait difficile pour Islamabad de soutenir un groupe qui s’oppose avec fermeté au pipeline Iran-Pakistan-Inde (IPI), essentiel pour la sécurité énergétique du pays [13]. Et depuis le second semestre 2011 au moins, nombreux sont ceux à Islamabad qui applaudissent au début de rapprochement entre Iran et Pakistan. Dans un tel contexte la coopération anti-terroriste existe bien entre les deux pays. Et on peut dire que Rigi a été capturé en partie grâce aux services pakistanais [14]. Mais il n’est pas impossible que pendant ses premières années, les services pakistanais aient laissé le Jundallah se développer sans objection de leur part. Après tout, l’Iran a de très bonnes relations avec l’Inde, et un tel groupe peut toujours servir comme moyen de pression. Mais quel que soit le niveau de tolérance pakistanais, voire de connivence de la part de certains individus, dans un passé proche, il faut éviter le fantasme d’un ISI tout puissant ici. Mais même en excluant Islamabad, un à deux alliés des Américains peuvent donc être considérés comme jouant, au moins indirectement, un jeu dangereux avec le Jundallah et d’autres forces utilisant le terrorisme comme moyen d’action. Une telle attitude ne fait que renforcer les faucons iraniens, mais aussi des esprits plus modérés. Pour un pays déjà frappé par des sanctions non négligeables depuis plus de deux décennies, cela ne peut être que la preuve d’une opposition radicale à l’Iran en tant que puissance moyenne. Cette politique qui ne fait que nourrir les extrêmes est bien entendu, potentiellement dangereuse pour les intérêts des Américains et de leurs alliés européens, au Proche-Orient et en Afghanistan.

Le Jundallah est d’abord le produit de tensions intérieures et régionales

En bref, à bien des égards, le Jundallah semble être le produit de tensions d’abord intérieures et régionales. Pour l’Iran aussi, tant que l’Afghanistan ne sera pas stabilisé, le terrorisme ne sera pas éradiqué sur son territoire à l’est. Et tant que le problème terroriste au Pakistan continuera à frapper ce pays, il soutiendra l’extrémisme sunnite en territoire chiite. En cela, en fait, on voit que l’Iran et les Etats-Unis ont, à bien des égards, des objectifs communs en AfPak, allant dans le sens d’une stabilisation de la région. La guerre iranienne contre le terrorisme peut offrir des points d’entente entre Téhéran et l’Occident. Un tel sujet devrait être plus au cœur des discussions avec la République islamique aujourd’hui. Toute possibilité de dialogue est impossible tant que tout est considéré comme secondaire hors le dossier nucléaire. Une victoire du djihadisme anti-chiite et anti-occidental en AfPak est sans doute un danger sécuritaire autrement plus réel qu’une arme nucléaire non encore obtenue, qui sera sans doute bien rudimentaire, et bien limité face à l’arsenal russe ou américain. Si on est sérieux dans la lutte contre les réseaux terroristes, on devrait savoir se concentrer sur les véritables menaces, et non en rester à une logique de Guerre froide en relations internationales.

Copyright Mars 2012-Chaudet/Diploweb.com

[1] Qui fut Chah d’Iran jusqu’en 1941.

[2] Cette province a spécifiquement été créée pour contrôler les Baloutches. Le Sistan se trouve au nord du Baloutchistan et sa population est persane et chiite. C’est de cette partie de la province qui nourrit l’administration pour l’ensemble du territoire. Voir Stéphane Dudoignon, Voyage au pays des Baloutches (Iran, début du XXIème siècle), Paris : éditions Cartouche, 2009, p.86.

[3] Adun Koolstadt Wiig, « Islamist Opposition in the Islamic Republic : Jundullah and the spread of extremist Deobandism in Iran », FFI Report, juillet 2009, p.11.

[4] Idem, p.19.

[5] Pepe Escobar, « Jundallah versus the mullahtariat », Asia Times, 21 octobre 2009, atimes.com

[6] Amir Rana, « Enemy of the State : Lashkar-e-Jhangvi and Militancy in Pakistan », Jane’s Information Group, 5 aout 2009, janes.com

[7] BBC News, « Iran : Many die in Zahedan mosque bombing », 28 mai 2009, news.bbc.co.uk.

[8] Al Arabiya, « Undallah remains a danger and a thorn in Iran’s side », 19 janvier 2011, alarabiya.net.

[9] Seymour Hersh, « Preparing the Battlefield », The New Yorker, 7 juillet 2008, newyorker.com.

[10] Robert Baer, « Iran’s Biggest Worry : Growing Ethnic Conflict », Time, 21 octobre 2009, time.com.

[11] Les informations ici viennent d’un article qui a particulièrement fait du bruit il y a deux mois à Washington : Mark Perry, « False Flag », Foreign Policy, 13 janvier 2012, foreignpolicy.com

[12] Muhammad Sahimi et Richard Silverstein, « Israel Iran attack ? What goes around comes around », The Christian Science Monitor, 21 février 2012, csmonitor.com.

[13] Pepe Escobar, op.cit.

[14] Conclusions sur le sujet d’entretiens menés entre Islamabad et Karachi en novembre et décembre 2011.

Les pays BRICS préparent un « coup d'Etat » financier

 

Le BRICS se rebiffe. Les cinq pays qui prennent de plus en plus de poids économique et financier de sorte à faire la balance avec les locomotives occidentales, veulent réaliser un putsch au sein du FMI et de la Banque Mondiale.

 

Les pays BRICS préparent un « coup d'Etat » financier

 

 

 

BRICS préparent un « coup d'Etat » financier

 

Photo: EPA
 
     

 

La Russie et les autres pays du groupe BRICS – Brésil, Inde, Chine et Afrique du Sud – veut que le FMI et la Banque mondiale modifient les règles du jeu. C'est ce qui ressort de la déclaration finale du sommet de New Delhi jeudi dernier.

 

Les leaders des cinq pays de BRICS sont mécontents : la répartition des quotas du FMI prend beaucoup trop de temps. Ils ont exigé d'avoir plus de voix dès l'année en cours. Selon l'expert russe Maxime Braterskiy, les pays de BRICS ne veulent plus accepter ce que l'Occident ne respecte pas des accords trouvés en ce qui concerne la répartition des voix a la faveur des pays émergents. La part de ces derniers dans l'économie mondiale est, d'ailleurs, en progression rapide, fait remarquer l'expert.

« Cette question ne date pas d'hier. Il y a deux ou trois ans, en marge d'un sommet du G20, les pays du groupe BRICS ont dit que leur poids au sein du FMI ne correspondait pas à l'importance de leurs économies. Ils ont pris une position commune en ce qui concerne la répartition des quotas, cela a produit de l’effet, les choses ont bougé et la Chine et l'Inde ont eu plusieurs voix supplémentaires. La Russie, elle n'a pratiquement rien gagné. Ce processus est vraiment très lent. Les pays de BRICS ont peut-être raison de vouloir donner un coup de fouet à la redistribution des quotas ».

De la même façon la réforme de la Banque mondiale qui peine à s'avancer, préoccupent les leaders des pays du groupe. On pourrait lancer les réformes visant à transformer la Banque mondiale en une institution polyvalente dès l'élection du nouveau président de l'organisation prévue pour avril prochain.

C'est la politique menée par les pays riches qui a eu des effets dévastateurs sur l'économie mondiale en engendrant la crise économique globale, ont affirmé les participants du sommet de New Delhi.

De façon plus générale, le sommet a démontré que les pays de BRICS était déterminés à lancer la réforme du système financier du monde ce qui témoigne de leur poids politique plus grand et du renforcement de leurs positions sur la scène internationale.

Ephémérides d'avril

Ephémérides d'avril

AVRIL :

3 avril 1866 : Naissance à proximité de la ville de Wellington dans la Colonie du Cap de James Barry Munnik Hertzog, militaire et homme politique au service des Britanniques, qui devint Premier Ministre de l'Union Sud-Africaine entre 1924 et 1939. Face aux gouvernements de Londres, Hertzog a toujours défendu deux principes de base: primauté des intérêts sud-africains propres, même aux dépens de ceux de Londres, et la politique dite des “deux courants” (Two-Streams-Policy), où les deux communautés européennes d'Afrique du Sud, la Britannique et l'Afrikaander pourraient amorcer un développement séparé mais harmonieux, où ni la première ni la seconde ne domineraient l'autre de manière insupportable. Hertzog, juriste de formation, avait présidé la Haute Court de justice de l'Etat Libre d'Orange, pour ensuite devenir un organisateur hors pair de la guérilla des Boers contre les Britanniques. Après ce conflit sanglant, qui n'a certes pas doré le blason de l'Empire britannique, Hertzog fonde le "Orangia Unie Party", réclamant l'auto-détermination des colons de souche hollandaise, allemande et huguenote. Dans ce combat politique, il sauve de la disparition la langue afrikaander, en en faisant l'une des deux langues officielles de l'Union Sud-Africaine. En désaccord avec Louis Botha, il fonde en 1914, l'Afrikaander Nationalist Party, qui gagne rapidement le soutien de certaines strates de la population, parce qu'il s'oppose à la guerre contre l'Allemagne. Hertzog fait ensuite voter des lois pour protéger l'industrie sud-africaine contre la spéculation libérale et cosmopolite, dès qu'il accède au pouvoir en 1924, avec l'appui des travaillistes. Il oblige Londres à concéder la “Statut de Westminster” (1931), accordant aux républiques afrikaander le droit de faire sécession de l'Empire britannique. Il amorce également une politique équilibrée de “développement séparé” des Noirs et des Blancs, que dénonceront les extrémistes du “Purified Nationalist Party” de Daniel F. Malan, préconisant un apartheid pur et dur. En 1938, Hertzog triomphe aux élections et en­tend mener une politique de neutralité dans le conflit qui s'annonce en Europe. Mais Smuts, son allié, est pro-britannique et fait passer une motion qui condamne la neutralité; logique avec lui-même, Hertzog démissionne et devient le chef de file de l'opposition au nouveau gouvernement Smuts, allié aux extrémistes de Malan, qui, finalement, torpillent ses mesures de ségrégation tempérée. Il se retire, dégoûté, de la politique à la fin de l'année 1940. Il meurt à Pretoria le 21 novembre 1942.
 
4 avril 1949 : Les Etats-Unis, le Canada et dix pays européens signent à Paris le “Pacte Atlantique”, l’OTAN. En réalité, ce pacte ne représente nullement l’adhésion libre de pays souverains mais l’aliénation totale de la souveraineté des membres européens de ce pacte. Il n’a pas servi à contrer le communisme, comme le croient les naïfs et les traitres, mais à placer les pays européens sous un contrôle étroit, afin qu’ils soient incapables de développer une industrie militaire, aéronautique et navale autonome. En théorie, l’OTAN devait, en matière de développement de matériels militaires et de commerce des armements, être une “Two-Ways-Street”, une “voie à deux sens”. Les Américains ont intrigué, acheté de vils politiciens corrompus, des canailles souvent socialistes, pour que cette “voie à deux sens” devienne rapidement une “voie à un seul sens”, une “One-Way-Street”, où les Etats-Unis  devenaient les principaux fournisseurs de matériels, surtout en aviation (on se rappelera du “contrat du siècle” de 1975, ayant servi à fourguer des F-16 sous-équipés au plein prix pour casser l’élan de Dassault et de Saab; l’opération s’est répétée récemment en Pologne). De Gaulle a tenté de réagir à cette inféodation dangereuse, car l’industrie militaire est presque toujours à l’origine de développements civils importants, mais sans les résultats escomptés à long terme. Dans un premier temps, la France a effectivement pu accroître ses industries aéronautiques, en vendre les produits, dont les Mirages III, dans le monde (Amérique Latine, Israël, Australie, Inde), mais la crise de mai 68, plus que probablement téléguidée depuis Washington, a chassé le vieux général du pouvoir et surtout privé ses collaborateurs, plus intelligents que lui, de tout soutien politique. Comme aiment à le dire les “vieux gaulliens”, la France est alors tombée aux mains des “comploteurs auvergnats” (Pompidou, Giscard, Mitterrand), qui ont détricoté les acquis de ce gaullisme offensif des années 60 et ramené bravement la France dans le giron atlantiste.
 
5 avril 1920 : En dépit des engouements pro-américains qui sévissent en Europe à la suite de l’intervention des troupes du Général Pershing en France en 1918, le journaliste de Paris-Midi, Maurice de Waleffe, fustige l’invasion des écrans français par les films américains. Il s’agit là d’un des tout premiers actes de résistance identitaire face à un fléau qui allait disloquer les fondements mêmes de l’identité européenne, soit l’invasion de fictions distrayantes dont l’objectif est de créer des loisirs artificiels déconnectés des traditions folkloriques et littéraires et de l’histoire réelle des peuples. Cette réaction de Maurice de Waleffe montre que l’intention américaine de coloniser le mental des peuples européens ne date pas seulement d’après la seconde guerre mondiale. Dès la fin de la première des “grandes conflagrations” fratricides d’Europe, l’industrie américaine du loisir avait planifié la mise au pas des peuples de notre continent, par le biais d’une technique nouvelle, celle de l’art cinématographique, qui en était à ses premiers balbutiements.
 
6 avril 1875 : Mort à Paris du socialiste et militant juif Moses Hess, fortement influencé dans ses démarches par sa lecture approfondie de Spinoza et de Hegel. Hess fonde une forme de socialisme libertaire, idéaliste, assorti de la création de groupes ouvriers de travail politique, auxquels participera également Karl Marx. Mais Marx se détachera rapidement de lui et l'insultera dans le “Manifeste Communiste”, qualifiant son système d'“utopique”. Moses Hess passera surtout à la postérité pour son ouvrage Rom und Jerusalem, qui aura un impact considérable sur des figures du sionisme comme Ahad Ha'am et Théodore Herzl : Hess y définit l'identité juive, considérée comme inassimilable dans toute autre nation. Il en déduit que les Juifs doivent avoir un sol quelque part dans le monde. Hess critique toutes les formes d'universalisme qu'adopte le judaïsme réformé, car elles abandonnent la spécificité juive pour se perdre dans des mirages sans consistance. La lecture d'Hess demeure des plus intéressantes aujourd'hui, dans la mesure où il plaide, au sein du judaïsme, pour une spécificité qu'il ne faut pas noyer dans des discours soi-disant universalistes (constat qui vaut évidemment pour toutes les nations, celles qui sont considérées par lui comme nomades, dont les Juifs, ou celles qui sont sédentaires). Ipso facto, ses démonstrations peuvent nous aider à lutter contre les discours universalistes médiatiques actuels, notamment en francophonie, où l'on assiste à cette curieuse collusion entre un certain discours prononcé par de vrais ou de faux Juifs sur un nomadisme qui serait universaliste et transcenderait toutes les appartenances, et l'idéologie ethnocidaire et arasante de la République, qui refuse de tenir compte des données anthropologiques naturelles et des idiosyncrasies individuelles ou communautaires.

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8 avril 1946 : Juan Peron est élu président de la République argentine avec 1.527.231 voix, soit 55% des suffrages exprimés. La gauche avait déçu la classe ouvrière argentine en s’alliant avec des partis de droite, peu enclins à satisfaire ses aspirations sociales légitimes. Les vieux partis sont déconsidérés. Les schémas politiques traditionnels sont fracassés. Le peuple argentin a réussi une révolution en toute légalité. Il est intéressant de noter que lors de la campagne électorale, à l’instigation de l’ambassadeur des Etats-Unis, Braden, les services américains avaient composé de toutes pièces un “Livre Bleu”, qui attestait, soi-disant, de la collusion entre Peron et les nazis (pourtant vaincus depuis un an). Toute l’opposition à Péron reprenait à l’unisson ce thème du “nazisme” du Général et de son épouse. La classe ouvrière argentine n’a pas été dupe. Mais, sur fond de révolution orange en Ukraine et en Biélorussie aujourd’hui, on voit que les méthodes d’agit-prop n’ont pas changé, à la seule différence que les hitlériens ne sont plus guère invoqués, mais, en revanche, on agite à qui-mieux-mieux le croquemitaine du stalinisme... Dès le 22 février 1944, ce montage se dégonfle comme une baudruche: on peut prouver que le “Livre Bleu” est un montage fabriqué par Braden. L’objectif américain de déstabiliser l’Argentine et de la condamner à n’avoir que des gouvernements inefficaces s’inscrivait dans une logique géopolitique déjà ancienne. En 1933, le Pacte Roca-Runciman avait mis l’Argentine sous la coupe des Britanniques et arrêté ainsi toute pénétration américaine. Avec l’affaiblissement définitif de l’Angleterre à la suite de la deuxième guerre mondiale, les Américains ont tenté de remettre les pieds dans les pays du bassin du Rio de la Plata. Un pouvoir, tel celui qu’annonçait Peron, aurait bloqué ce retour. Voilà la raison pour laquelle, Péron était l’ennemi à abattre, le nouveau “nazi” de service. Ironie de l’histoire: les Britanniques ne manqueront pas de critiquer sévèrement les maladresses de Braden et de la politique étrangère américaine, vu que c’était eux qui étaient évincés du bassin du Rio de la Plata. Cependant, ni la tutelle britannique sur le commerce des viandes ni la tutelle américaine ne sont acceptables pour les peuples du Cône Sud de l’Amérique ibérique.
 
9 avril 1940 : Le chef du mouvement nationaliste norvégien “Nasjonal Samling”, Vidkun Quisling, forme un gouvernement qui annonce tout de go qu’il sera pro-allemand et mettra un terme à la politique traditionnellement pro-britannique de la Norvège. Les troupes allemandes entrent en Norvège, dans le but premier d’empêcher un débarquement britannique visant à couper à l’Allemagne la route du fer suédois. Quisling, qui n’avait jamais obtenu un seul mandat lors des législatives d’avant-guerre, devient chef d’un gouvernement sans assises populaires, comptant huit autres membres, tous issus du “Nasjonal Samling”. Les autorités allemandes dissolvent ce gouvernement le 15 avril 1940, vu  son impopularité et son absence d’ancrage dans la population. Quisling est nommé par les autorités d’occupation “Haut Commissaire à la Démobilisation”. Le pays sera gouverné par l’ancien Gauleiter de Düsseldorf, Josef Terboven. Quisling s’engagera dans une collaboration totale avec l’occupant, bien que le tribunal qui le jugera et le condamnera à mort en 1945 ne retiendra pas l’accusation d’avoir favorisé l’invasion ennemie. La biographie de Quisling est cepandant plus intéressante avant la création de  ses mouvements politiques dans les années 30, qui l’ont conduit à sa perte. Brillant étudiant au lycée puis à l’académie militaire norvégienne, il deviendra attaché militaire en Russie en 1917, au moment où éclate la révolution. Il sera à Moscou avec son compatriote Prytz (qui le rejoindra au “Nasjonal Samling” dans les années 30) et renseignera son gouvernement sur les événements tragiques qui secouèrent la Russie à l’époque. On s’étonnera d’apprendre, aujourd’hui, où son nom même désigne le “traitre” ou le “collaborateur” (des Allemands) en langue anglaise, qu’il a d’abord sympathisé avec la cause communiste et favorisé l’engagement de ses compatriotes dans l’armée rouge. En 1921, il accompagne Frithjof Nansen dans le cadre des activités de l’explorateur norvégien en Ukraine, au sein d’une “ONG” avant la lettre, le “Russian Relief Committee”. La situation épouvantable qu’il découvre en Ukraine, où la population connaît famines et massacres, l’oblige à prendre ses distances avec le communisme, qu’il avait trouvé dans un premier temps intéressant, rénovateur et prometteur. En 1925, toujours avec Nansen, il se rend en Arménie pour le compte de la SdN. Cette longue expérience soviétique fait de lui un anti-communiste convaincu. Il adhère aussi à certaines idées réformatrices de ce grand humaniste nordique que fut Frithjof Nansen (décédé en 1930). Dans son testament politique, Nansen avait appelé le peuple norvégien “à libérer la patrie de la lutte des classes et de la politique des partis et à lutter sur base de principes politiques et économiques sains pour l’unité nationale et la renaissance du pays”. Quisling reste donc fidèle à son ancien “patron”. Il n’abandonne pas pour autant sa vision d’un socialisme populaire: il écrit vouloir des “soviets sans communisme”. Les partis qu’il fonde dans les années 30 ne sont malheureusement qu’un simple calque du “grand frère” allemand. Toutefois, soucieux de maintenir la Scandinavie dans la paix, il adoptera des positions pacifistes dès les accords de Munich, entendra soustraire la Norvège à l’influence prépondérante de la Grande-Bretagne, et lancera en octobre 1939 un appel à la paix qu’il adressera au Premier Ministre britannique. Quand les troupes allemandes et leurs alliés entrent en Union Soviétique en 1941, Quisling, dont l’épouse est russe, lance un appel à la mansuétude des envahisseurs: il demande aux Allemands de rentrer dans les villes et les villages russes, biélorusses et ukrainiens en libérateurs, de donner l’autonomie aux peuples et de rendre la terre aux paysans. Il n’a guère été entendu.
 
10 avril 1864 : Maximilien d’Autriche devient empereur du Mexique, grâce au soutien de la France et de la Belgique. L’Europe profite par là de la Guerre de Sécession qui ravage les Etats-Unis pour reprendre pied dans le Nouveau Monde.  Nommer un “empereur” dans cette région peu paraître désuet, et ce l’est, mais ce geste, qui nous apparaît maintenant comme un vaudeville à la fin tragique, demeure malgré tout la dernière tentative européenne de contenir les Etats-Unis, de les empêcher de faire main basse sur toute l’Amérique ibérique. Mais dès la fin de la guerre civile nord-américaine, les Etats-Unis, sans perdre de temps, font pression et obligent les Mexicains à demander le retrait des troupes françaises du Maréchal Bazaine, le 18 décembre 1866. Sans l’appui de ces troupes européennes, l’Empereur Maximilien est battu par les armées de Benito Juarez, qu’appuient les Etats-Unis. Maximilien est capturé et exécuté le 19 juin 1867. Juarez restaure la République et entame une répression féroce, éliminant physiquement toutes les notabilités liées à la tradition européenne. La barbarie, une fois de plus, s’est déclenchée sous le masque d’une “libération”, qui n’annonçait évidemment rien d’autre qu’une domination américaine.
 
11 avril 1818 : Naissance à Hsiangyin dans la province chinoise du Hunan de Kuo Sung-tao, qui fut le premier ambassadeur de Chine à l'étranger, en l'occurrence à Londres. Il prit ses fonctions dans la capitale anglaise en 1877. En observant la vie quotidienne de la capitale britannique et l'explosion économique de la métropole impériale, il écrit à son gouvernement qu'il faut d'urgence introduire en Chine une politique d'occidentalisation technique, c'est-à-dire construire des chemins de fer et introduire le télégraphe. Ce conseil a été très mal vu dans les milieux officiels chinois, si bien que son journal de voyage (“De Changhaï à Londres”) est interdit de parution. En 1878 déjà, il reçoit l'ordre de revenir à Pékin. Méfiant, il se retire dans son village natal, où il meurt en 1891. Kuo Sung-tao a voulu un Meiji chinois. Ceux qui ne l'ont pas écouté sont responsables du retard chinois. Ils en portent la responsabilité devant l'histoire.
 
12 avril 1931 : Les républicains espagnols remportent les élections municipales, couplées à un référendum sur la monarchie, confirmant de la sorte une nette majorité en faveur de l’instauration d’une république plus sociale, que l’Europe, y compris l’Italie mussolinienne, s’empresse de reconnaître. Cette victoire force le roi Alphonse XIII à quitter le pays. La 2ième République est proclamée. Le 9 décembre, elle se donnera une constitution. Le 6 septembre 1932, les Cortes accordent l’autonomie à la Catalogne. Une ère nouvelle faite de liberté et de modernité semble s’annoncer au Sud des Pyrénées. Mais en octobre 1934, la République ordonne de réprimer cruellement le soulèvement ouvrier de la “Commune des Asturies”. 3000 ouvriers sont massacrés. 40.000 personnes sont arrêtées. Cela conduit à une radicalisation de la gauche, contre la gauche modérée mais répressive, permettant au “Front Populaire” d’emporter une victoire électorale aux Cortes le 16 février 1936. Le 18 juillet 1936, l’armée se soulève, amorçant ainsi la terrible guerre civile que connaîtra le pays jusqu’en 1939. La gauche n’aime pas rappeler que ce sont justement les Républicains qui ont maté, de la manière la plus cruelle qui soit, le soulèvement ouvrier des Asturies. La guerre d’Espagne, à la lumière de ces faits, ne doit pas être jugée et analysée selon des schémas binaires et manichéens.
 
200px-Frank_murphy_supreme_court_justice.jpg13 avril 1890 : Naissance à Harbor Beach dans le Michigan de Frank Murphy, juriste américain, appointé près la Court Suprême des Etats-Unis. Plusieurs principes politiques ont animé sa carrière : la défense absolue des libertés individuelles et civiles, la volonté de faire triompher une justice se basant sur l'argumentation de fond (substantielle) contre le poids des techniques de droit. Maire de Détroit de 1930 à 1933, il luttera efficacement contre le chômage et, gouverneur du Michigan, en 1937-38, il refusera de faire usage de la troupe pour briser les grèves non violentes dans l'industrie automobile. Haut commissaire américain aux Philippines, il œuvrera pour la décolonisation et l'indépendance de l'archipel. En 1944, il dénonce comme racisme et injustice l'internement systématique des citoyens américains de souche japonaise.
 
14 avril 1971: Le Président des Etats-Unis, Richard Nixon, amorce sa politique de normalisation à l’égard de la Chine communiste, dans la mesure où, désormais, le commerce entre les deux Etats est libéralisé. Cette mesure prend la suite d’une autre, décidée un mois auparavant, le 15 mars 1971, et qui autorisait dorénavant les citoyens américains à voyager en Chine. La normalisation commence par un acte symbolique et sympathique, bien médiatisable: la visite de joueurs américains de ping-pong en Chine, où ils affronteront l’équipe nationale chinoise. L’objectif géopolitique, basé sur les principes de la diplomatie traditionnelle, est de parfaire, par le biais d’une normalisation des relations sino-américaines, l’encerclement de l’Union Soviétique, où la Chine de Mao jouerait le rôle de l’allié de revers. Après Nixon, avec Reagan, le mode d’approche  des présidences républicaines ne sera plus diplomatique et traditionnel, mais basé sur un schéma manichéen, de lutte contre l’ “empire du mal”, qui sera encore renforcé sous les deux Bush, au point de devenir franchement caricatural. Les démocrates seront, eux aussi, atteint par cette maladie idéologique consistant à mêler diplomatie et théologie. Si Nixon était encore un Républicain classique, ses successeurs feront reculer les acquis de la diplomatie traditionnelle, donc de la civilisation et du principe du 18ième siècle, cher à Carl Schmitt, de la “guerre de formes”. Les guerres ne sont donc plus de “formes”, et, par voie de conséquence, limitées dans leurs objectifs et finalités, mais idéologisées et absoluisées, donc sans mesure ni modération, car, dans cette optique, l’ennemi n’est plus un Etat qui défend ses intérêts légitimes, mais l’incarnation du mal absolu, qu’il convient d’éradiquer. De telles postures sont susceptibles de déclencher des conflits sans fin, où la personnalité de l’ennemi n’est plus respectée comme telle. Aujourd’hui, les néo-conservateurs, anciens trotskistes reconvertis, qui ont investi et perverti le parti républicain américain, se moquent ouvertement des principes de la diplomatie, qu’ils considèrent comme des vieilleries bonnes à jeter aux orties, comme des oripeaux désuets d’un passé révolu, dont relève la “Vieille Europe”, centrée autour du binôme franco-allemand. La normalisation des rapports sino-américains, amorcée par Nixon et Kissinger au début des années 70 du 20ième siècle, portera bel et bien un premier coup dur à l’Union Soviétique, déjà en perte de vitesse. Ce coup de maître de la diplomatie nixonienne et kissingerienne scindera aussi définitivement le camp communiste en deux partis antagonistes, inféodés l’un à Moscou, l’autre à Pékin. Cela aura pour résultat que le Vietnam obtiendra le soutien de Moscou, le Cambodge celui de la Chine; les deux petites puissances du Sud-Est asiatique s’affronteront dans un combat sanglant, scellant définitivement la fin de l’unité dans le camp communiste. Dans la mouvance identitaire, l’ancien général italien Guido Giannettini, limogé et réprouvé parce qu’il n’était pas un béni-oui-oui atlantiste, sera le seul à avoir posé, à l’heure et à temps et de façon cohérente, une analyse méticuleuse de cette problématique, exhortant les européistes traditionalistes à soutenir la Russie dans ce combat  planétaire. Le reste de la mouvance restant désespérément fidèle à un atlantisme délirant ou refusant, par myopie politique et désintérêt pour la marche du monde, d’analyser les clivages au sein des divers communismes (trotskistes pro-occidentaux, communistes fidèles à Moscou, maoïstes soudainement devenus pro-occidentaux, etc.). Si le mouvement identitaire barbote, empétré dans ses contradictions, et se retrouve à la traîne aujourd’hui, c’est faute d’avoir posé les bonnes analyses au début des années 70, dene pas avoir suivi les leçons du Général Giannettini.

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15 avril 1927 : Pierre-Georges Latécoère, l’avioneur français, vend 93% de ses actions de la CGEA à Marcel Bouilloux-Lafont de la SUDAM, afin de pouvoir disposer d’une couverture financière plus solide pour assurer les liaisons, coûteuses et difficiles à l’époque, entre l’Europe et le continent sud-américain. De la fusion de ces énergies naîtra la fameuse “Aéropostale”, où s’illustreront Mermoz et Saint-Exupéry. Le 15 octobre, deux aviateurs, Costes et Le Brix réussisent pour la première fois à traverser l’Atlantique Sud au départ du Sénégal, sur un Bréguet 19, un appareil produit par la concurrence de Latécoère. Leur destination était Natal au Brésil. La France comptait exploiter ses atouts géopolitiques dans la conquête des lignes aériennes; possédant le Sénégal, elle est la plus proche du continent sud-américain. Les lignes longent l’Afrique du Nord en quelques escales, puis s’élancent vers le Brésil. C’est la réponse à un défi américain: en effet, au nom du “désarmement naval”, les Etats-Unis et la Grande-Bretagne ont imposé à leurs alliés français et italiens de la première guerre mondiale, ainsi qu’aux Allemands vaincus, une réduction drastique du nombre de leurs bâtiments et de leur tonnage. Les Allemands  sont condamnés à  ne plus avoir de flotte.  Les Européens tentent donc de remplacer les navires par une technique nouvelle, l’aviation, et pour les Allemands en particulier et en plus, par les dirigeables. L’objectif est aussi de renforcer les liens entre l’Europe et l’Amérique ibérique. Mais ils n’unissent pas leurs efforts, se font concurrence, et, après 1945, seront supplantés par les avioneurs américains. Airbus est une seconde tentative pour redonner à l’Europe une industrie aéronautique digne de ce nom: heureusement, cette fois, dans un esprit de coopération.
 
17 avril 1897 : L’Empire ottoman déclare la guerre à la Grèce, qu’il accuse d’avoir favorisé l’agitation de patriotes grecs-crétois, voulant libérer leur île du joug turc. La Grèce est écrasée par les armées ottomanes. Le 4 décembre 1897, le traité de Constantinople accorde toutefois l’autonomie à la Crète, que garantissent les grandes puissances européennes, mais elle reste sous suzeraineté ottomane. La Grèce conserve l’intégralité de son territoire, mais doit payer une lourde indemnité. Ce traité montre qu’il n’y a pas eu de solidarité européenne en faveur de la Grèce, alors qu’il aurait simplement suffi d’élever la voix pour faire reculer un empire ottoman aux abois. La maîtrise des grandes îles de la Méditerranée orientale est un atout stratégique majeur. La Turquie a du mal à y renoncer. Le scénario s’est répété en 1974 à Chypre. Pour justifier leur débarquement et leur conquête de la partie septentrionale de Chypre, les Turcs ont également accusé le gouvernement des colonels grecs d’avoir soutenu des milices hostiles aux Turcs et favorables à l’annexion de Chypre à la Grèce (l’ “Enosis”). Pour le mouvement identitaire, c’est une question de principe intangible: Chypre doit redevenir entièrement grecque.
 
18 avril 1912 : La marine italienne pénètre dans les Dardanelles et y bombarde des positions turques. A la suite de cette attaque surprise, dans le cadre de la guerre italo-ottomane dont l’enjeu premier était la Libye, les Turcs font fermer les Détroits. La guerre avait commencé en octobre 1911, par la volonté italienne de chasser toute présence turque hors de l’Adriatique, une menace ancienne, qui date du 15ième siècle. Ensuite, pour dégager les côtes africaines qui font face à la péninsule italique, l’armée de terre italienne envahit la Libye et en chasse les Turcs. Benito Mussolini est emprisonné pour avoir organisé des protestations violentes contre la conquête colonialiste de la Libye. En prison, il lira Nietzsche et abandonnera son socialisme eudémoniste, pour adopter l’idéologie plus belliciste et plus volontariste qui sera la sienne et donnera ultérieurement le fascisme. L’armée italienne, bien organisée, utilise de manière coordonnée et efficace sa marine, son aviation (avant toutes les autres puissances), ses fusiliers marins et son armée de terre. En février 1912, la marine italienne avait coulé deux contre-torpilleurs turcs dans le port de Beyrouth et bombardé la ville. Les troupes italiennes avaient débarqué dans les Iles du Dodécanèse en Mer Egée et en avaient fait des possessions italiennes, excellentes bases en Méditerranée orientale. Le 15 octobre 1912, la Turquie signe le Traité d’Ouchy (une petite ville suisse près de Lausanne), cède les Iles du Dodécanèse et la Libye aux Italiens. Au même moment, les petites nations balkaniques, avec l’appui de la Russie, déclenchent une guerre commune contre la présence ottomane résiduaire en Europe: Monténégrins, Serbes, Bulgares et Grecs pénètrent dans les territoires européens encore occupés par la Turquie et en chassent les armées ottomanes, qui s’enfuient en déroute, précédées par des flots de civils musulmans, autant de bourreaux détalant devant leurs victimes, qu’ils avaient oppressées pendant de longs siècles. L’armée bulgare campe même sur les rivages de la Mer de Marmara et menace directement Constantinople. Cet épisode montre que la solidarité entre Européens, quand ils mènent des actions communes, est invincible. Les victoires de 1912 seront toutefois réduites à néant par la zizanie entre pays balkaniques, qui déclenchera une seconde guerre des Balkans en 1913, une guerre fratricide entre Européens.
 
19 avril 1928 : Des troupes japonaises entrent en Chine pour prendre le contrôle de la ligne de chemin de fer de Pékin à Changhaï. C’est le début d’une volonté japonaise de mettre un terme à l’anarchie totale qui régnait en Chine, où les troupes du Kuo Min-Tang de Tchang Kaï-Tchek avaient noyé  dans le sang une révolte communiste à Changhaï en avril 1927, et à amorcer ainsi le projet impérial de “sphère de co-prospérité est-asiatique”. Cette volonté se heurte aux vieux projets américains de conquérir et de se réserver le marché chinois en toute exclusivité. Le débarquement de 1928 conduira au conflit nippo-américain de 1941 à 1945. A l’occasion de ce débarquement de 5000 soldats nippons, les Etats-Unis mettront au point un arsenal juridique fallacieux, dont ils ont le secret, pour exciter l’opinion internationale contre l’Empire du Soleil Levant. Derrière un paravent de beaux principes de droit, se dissimule en réalité la volonté de bloquer et de ruiner un adversaire et de prendre sa place. Cette méthode de manipulation du droit sera par la suite appliquée à d’autres, jusqu’à nos jours, où elle sert contre l’Irak et l’Iran. Carl Schmitt, juriste allemand, dénoncera l’inanité de ce droit, en démontera les  mécanismes et l’hypocrisie.  L’Europe n’a pas retenu sa leçon...
 
20 avril 1792 : Sous la pression des Girondins, l’Assemblée républicaine française déclare la guerre “au Roi de Bohème et de Hongrie”, autrement dit au Saint-Empire, l’Empereur étant simultanément roi de Bohème et roi de Hongrie. La première cible des hordes de sans-culottes sera notre pays, et plus particulièrement Anvers et la rive occidentale du Rhin.  Notre pays était directement, à l’époque dite “autrichienne”, sous la souveraineté de l’Empereur. Les puissances légitimes d’Europe centrale rassemblent leurs troupes et les Prussiens, mieux aguerris, reprennent les places fortes lorraines de Longwy et de Verdun, mais seront arrêtés à Valmy le 20 septembre. La retraite prussienne change le cours de la guerre: les sans-culottes marchent sur Mons et remportent la victoire de Jemmapes, le 6 novembre. La garnison hennuyère, dont le fer de lance est le Régiment du Feld-Marschall de Beaulieu n’est pas assez nombreuse pour contenir les centaines de milliers de baïonnettes, que l’on a recrutées de force dans les bas-fonds de Paris. Le pays est livré au pillage et les ancêtres idéologiques de notre crapulocratie politique socialiste et libérale participent à la curée, inaugurant une ère d’illégitimité fondamentale qui dure encore. L’année suivante, le retour de l’armée impériale, commandée par deux maréchaux impériaux wallons, un Hennuyer et un Namurois, de Beaulieu et de Clerfayt, emporte quelques victoires, libère une partie de la Flandre et du Hainaut arrachés aux Pays-Bas hispano-autrichiens par le “Roi-bandit” Louis XIV, mais, dès septembre 1793, les révolutionnaires, grâce à la pratique de la levée en masse, qui leur donne toujours une longueur d’avance face à des armées de métier au recrutement plus laborieux, finissent par battre la coalition à Hondschoote, en Flandre occupée, et à redresser la situation en leur faveur. Clausewitz, qui était à Valmy comme cadet à l’âge de douze ans, en tirera les conclusions et plaidera plus tard pour la levée en masse et la participation du peuple aux armées, dans ses mémoranda qui conduiront aux réformes prussiennes des années 1806-1815. Les “réformes prussiennes” visaient à moderniser la structure de l’Etat et de l’armée et surtout à les ouvrir aux classes populaires. Elles ont une connotation “nationale-révolutionnaire” évidente.
 
21 avril 1927 : En Italie, Mussolini promulgue la “Charte du Travail”, faisant de l’Italie fasciste un “Etat corporatiste”. Les industriels créatifs sont protégés contre tout débordement ouvrier (en fait: contre tout risque de grèves manipulées depuis  l’étranger pour briser un élan innovateur national), les ouvriers, en revanche, reçoivent la garantie d’une protection sociale généralisée. Mais les industriels doivent obéir aux injonctions de l’Etat, qui coordonne ainsi le développement de l’industrie nationale. Cette Charte est proclamée dans un contexte international houleux. L’Italie venait de s’allier à la Hongrie de Horthy, de lui livrer des armes, ruinant ainsi les projets perfides de la France de créer un vide politique au centre de notre continent, au nom d’une haine viscérale à l’endroit de la légitimité continentale que représentait, avant 1918, l’Autriche-Hongrie. Par cette alliance avec la Hongrie, réduite et enclavée, Mussolini réduit à néant les manigances de Poincaré et Clemenceau; il réarme Budapest et fragilise les satellites de la France dans la région. En Libye, les Anglais ont soudoyé les Senoussistes de l’est du pays pour créer des  manoeuvres de diversion et éloigner les Italiens d’Egypte: les généraux Graziani et Mezzeti mettent tous les moyens militaires en oeuvre pour mater cette rébellion d’intégristes musulmans se réclamant du wahhabitisme saoudien (l’alliance entre le wahhabitisme intégriste et les puissances anglo-saxonnes ne date pas d’hier...). Churchill, pourtant, lance un appel à Mussolini, pour tenter d’en faire un allié en Méditerranée. Cependant, Mussolini recule devant les protestations françaises à l’endroit de sa politique hongroise. Il refuse, épouvanté, les propositions du Comte Bethlen, ministre hongrois, qui souhaite forger un bloc  italo-germano-austro-hongrois, sanctionnant de facto l’Anschluss, pour réduire à néant les effets du Traité de Versailles. Julius Evola était partisan, lui, de ce bloc traditionnel, opposé à l’Ouest, au jacobinisme français et à la ploutocratie anglaise. Notons que les propositions de Bethlen ont été formulées bien avant l’avènement de Hitler au pouvoir, quand l’Allemagne était sociale-démocrate. Les nécessités géopolitiques transcendent les clivages idéologiques.
 
22 avril 1836 : Défaite mexicaine à San Jacinto au Texas. Le président du Mexique, Santa Anna, est pris prisonnier par des soldats texans commandés par Samuel Houston. Les hostilités avaient commencé en novembre 1835, quand les colons américains refusèrent d’abolir l’esclavage et le fédéralisme qui donnait une certaine autonomie au Texas. Le leader des Texans était Stephen Austin. L’objectif était de contrôler un maximum de côtes du Golfe du Mexique au bénéfice des Etats-Unis, puissance émergeante.  Cependant le Congrès refusera en août 1837 d’entériner l’admission de la nouvelle république dissidente du Texas au sein de l’Union, car ce Texas est constitutionnellement esclavagiste. Il faudra attendre le 28 mars 1845 pour que le Texas soit accepté dans l’Union, entraînant la rupture des relations diplomatiques entre les deux Etats. Le 13 mai 1846, à la suite d’un incident de frontière, les troupes américaines pénètrent sur le sol mexicain. En janvier 1847, la Californie est entièrement occupée. Les troupes américaines, commandée par Zachary Taylor débarquent à Veracruz. Le 20 septembre 1850, la Californie sera admise dans l’Union comme “Etat libre” (non esclavagiste), tandis que le Nouveau-Mexique et l’Utah le seront également, mais, eux, comme esclavagistes. On mesure toute l’hypocrisie de l’anti-esclavagisme de Washington, qui est, on le remarque, à la lumière de ces faits historiques, un “anti-esclavagisme à géométrie variable”, comme il y aura, plus tard, du “démocratisme” ou du “droit-de-l’hommisme” à géométrie variable. L’objectif  stratégique réel de la guerre contre le Mexique était de créer un Etat bi-océanique, de l’Atlantique au Pacifique, de lui donner une dimension continentale et donc, à terme, un statut de grande puissance globale. La conclusion du Traité de Washington du 15 juin 1846, entre les Etats-Unis et la Grande-Bretagne, fixe la frontière entre le Canada, possession britannique, et les Etats-Unis, au 49ième parallèle, assurant ainsi la domination américaine sur les territoires qui formeront les futurs Etats de Washington et de l’Oregon, riverains du Pacifique. L’élmination de la présence mexicaine du Texas à la côte californienne est donc l’étape suivante dans ce projet “bi-océanique”.
 
23 avril 1925 : Les troupes berbères rifaines d’Abd-el-Krim pénètrent dans le territoire marocain sous protectorat français. C’est le début de la guerre du Rif. Le conflit, qui avait commencé contre les Espagnols en 1921, durera, après l’invasion du protectorat, un an. Au bout de cette année, les insurgés berbères seront battus par une armée franco-espagnole de 250.000 hommes, commandée par le Maréchal Pétain. Abd-el-Krim est contraint de signer une capitulation inconditionnelle le 26 mai 1926. Issu de la tribu berbère du Rif, les Banu Uriaghel, Abd el-Krim avait reçu une éducation espagnole de haut niveau, était secrétaire au Bureau espagnol des affaires indigènes, puis juge musulman du district de Melilla. Insatisfait de la gestion par Madrid du Maroc septentrional, il soulèvera le Rif contre les dominations espagnole et française dès 1921, battant les troupes du Général espagnol Fernandez-Silvestre. En franchissant la frontière du protectorat français, il marche sur Fez/Fès, mais les troupes de Pétain s’emparent de la vallée de Wargha, d’où provenaient son approvisionnement et ses munitions. C’est la fin de l’insurrection. Il connaîtra l’exil à l’Ile de la Réunion, puis, à partir de 1947, en Egypte, où il dirigera le “Bureau maghrébin” en charge d’organiser la libération des pays d’Afrique du Nord-Ouest. Il meurt le 6 février 1963 au Caire. L’action d’Abd el-Krim est paradigmatique d’une guerre de libération menée par des partisans, enracinés dans leur sol. Il sera en cela l’inspirateur de Ho Chi Minh et de Giap, dans leur lutte pour la libération de l’Indochine contre les Français d’abord, contre les Américains ensuite.
 
24 avril 1877 : A la suite de répressions féroces perpétrées par la soldatesque turque en Bosnie-Herzégovine, après les interventions à l’issue malheureuse des Serbes et des Monténégrins en faveur des Bosniaques insurgés, les Russes, lassés de tant de violences à l’encontre des peuples slaves et orthodoxes, se décident à déclarer la guerre à l’Empire ottoman. Fortes contre des paysans faiblement armés, les hordes ottomanes ne font pas le poids devant les armées russes qui les écrasent sans pitié. Les malheureux peuples des Balkans sont vengés de la sauvagerie ottomane. Les Russes attaquent également dans le Caucase, libérant encore quelques portions du territoire caucasien de la présence turque. Le 9 mai 1877, les Roumains se déclarent indépendants, mobilisent leurs troupes et se joignent aux Russes et aux Serbes dans l’espoir de chasser définitivement la présence étrangère du sol européen. Les Anglais interviennent aux côtés des Turcs, comme en Crimée une vingtaine d’années auparavant. En échange de leur appui, ils exigent du Sultan qu’il leur abandonne Chypre. Le 3 mars 1878, le traité de San Stefano règle les nouvelles frontières dans les Balkans, mais sera révisé par le traité de Berlin du 13 juillet 1878, où l’Angleterre protège systématiquement les Ottomans, en voulant éviter la satellisation par la Russie de quelques puissances balkaniques, surtout la Bulgarie, ce qui lui donnerait un débouché sur l’Egée, donc sur le bassin oriental de la Méditerranée, que les Britanniques estiment être leur chasse gardée.
 
26 avril 1828 : Le Sultan turc déclare la guerre à la Russie. Les Grecs se soulèvent contre l’oppresseur, dans l’espoir de voir débouler les troupes du Tsar sur les rives de l’Egée. Le 11 octobre 1828, les Russes infligent aux Turcs une cuisante défaite à Varna en Bulgarie. Le 20 août 1829, ils prennent Andrinople (Edirne). Le Sultan doit signer la paix dans cette ville, le 14 septembre 1829: les Russes obtiennent le libre passage de leurs navires de commerce dans les Détroits; ils contrôlent désormais les bouches du Danube. Le Traité oblige les Turcs à accorder l’autonomie aux peuples balkaniques, soit à la Serbie, à la Moldavie et à la Valachie. La Grèce reste vassalle de l’Empire ottoman, en théorie, mais réussit à obtenir son indépendance, garantie par la France, la Grande-Bretagne et la Russie (protocole de Londres, 3 février 1830). Les armées russes ont permis une première libération (incomplète) des Balkans du joug étranger, extra-européen, qui pesait sur eux depuis la victoire des Ottomans au Champs des Merles (Kosovo) en 1389. Mais la Grande-Bretagne, obligée de composer en 1829-1830, voit d’un mauvais oeil cette avancée russe et slave en direction de la Méditerranée orientale. Elle reconnaît le fait accompli mais travaillera désormais à la ruine de la Russie dans la région. Les victoires russes contre l’ennemi héréditaire de l’Europe jetteront les bases d’un conflit ultérieur, la Guerre de Crimée, où la Russie perdra certains des atouts gagnés lors du Traité d’Andrinople de 1829. Londres ne cessera plus de soutenir l’Empire ottoman en pleine liquéfaction.
 
27 avril 1463 : Mort à Rome d'Isidore de Kiev, qui fut patriarche grec-orthodoxe en Russie, puis cardinal à Rome. Il a tenté de réunir les églises chrétiennes de l'Est et de l'Ouest devant la menace turque. L'Empereur byzantin Jean VIII Paléologue l'envoie en 1434 au Concile de Bâle, pour parfaire la réunification des églises. Byzance le nomme Patriarche de Kiev et de toutes les Russies. Après de nombreux avatars, il rédige, avec le Cardinal grec Jean Bessarion, le document de l'unification, proclamée le 5 juillet 1439, ce qui lui permet de devenir en même temps “Cardinal de Ruthénie” (= Ukraine). Kiev est donc “unie”, mais Moscou refuse la teneur du document d'unification. Le Pape Nicolas V renvoie Isidore à Constantinople en 1452. Il participe activement à la défense de la ville contre les Turcs; au cours du siège, il annonce aux Byzantins l'unification des deux églises au cours d'un prêche dans Sainte-Sophie, ce qui sied à la Cour et à la hiérarchie mais non au peuple, qui continue à proclamer sa haine de la papauté romaine. Isidore de Kiev et ses hommes prennent alors les armes et montent au créneau pour défendre la ville. Isidore y sera blessé, mais parviendra à fuir, vers la Crète d'abord, avant de rentrer à Rome en 1454, où il rédige un récit poignant de la chute de Constantinople, Epistula lugubris. Le Pape Pie II le nomme, à titre honorifique, “Patriarche Grec de Constantinople”.
 
27 avril 1959 : Décès à Talahassee en Floride du sociologue américain, professeur à la Columbia University et à l'Université de Chicago, William Fielding Ogburn, qui a forgé le concept de “cultural lag” (de sédiment culturel). Statisticien de premier ordre, il travaillera pendant de nombreuses années, au titre de directeur de recherches, auprès d'un institut fondé par le Président Herbert Hoover, chargé d'étudier les “tendances” (“trends”) de la société américaine. Pour Ogburn, les sociétés évoluent quand elles réussissent à combiner des éléments culturels déjà présents d'une manière nouvelle et originale. Cependant, les “sédiments culturels” ont la vie dure : ils résistent systématiquement à l'innovation, notamment sur le plan du droit. Les sédiments freinent l'avènement des novismes de tous ordres. Généralement, les sédiments culturels sont présents dans l'esprit des peuples de façon inconsciente, mais quand une innovation les menace, ils peuvent venir à la conscience de manière très aiguë, générer des désordres et faire courir le risque de la désintégration sociale. La sociologie d'Ogburn nous invite à innover sans toucher aux fondements quasi ontologiques d'une société, à adapter le rythme des changements nécessaires ou induits par la technique, afin de ne pas provoquer des désordres dangereux sur le moyen ou le long terme. Ogburn peut nous aider à combattre les prophètes anarchiques et délirants qui veulent à tout prix jeter aux orties les fondements anthropologiques de base de nos sociétés. On ne peut se débarrasser impunément des “cultural lags”. La folie de vouloir “intégrer”, de manière absoluisée et irréfléchie, des ressortissants de cultures possédant d'autres sédiments culturels conduit à la dislocation des sédiments autochtones et donc à l'implosion de la société, car ces sédiments ne sont pas des matières neutres, à la disposition des virtuoses de l'“ingénierie sociale”.

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