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mercredi, 23 novembre 2011

1930, strategie Usa contro l’Inghilterra

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1930, strategie Usa contro l’Inghilterra

“Piano Rosso” era un nome in codice per una guerra apocalittica con la Gran Bretagna e tutte le sue colonie, con bombardamenti aerei ed armi chimiche

di David Gerrie*

Ex: http://rinascita.eu/

I dettagli riguardanti un sorprendente piano militare americano per spazzare via gran parte dell’esercito britannico vengono oggi rivelati per la prima volta.
Nel 1930, ben 9 anni prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, l’America allestì dei piani miranti specificatamente ad eliminare tutte le truppe di terra britanniche in Canada e nel Nord Atlantico, distruggendo così la forza commerciale inglese e mettere in ginocchio il paese.
Movimenti di truppe senza precedenti furono messe in campo per i preparativi di un invasione del Canada, il che prevedeva massicce incursioni aeree su obiettivi industriali primari e l’uso di armi chimiche, quest’ultimo avallato al più alto livello nientemeno che dal leggendario generale Douglas MacArthur.
I piani, rivelati in un documentario di Channel 5, erano soltanto alcuni di un numero di possibili piani militari preparati contro un numero di potenziali nemici, incluse le isole caraibiche e la Cina. Ce ne era uno addirittura previsto per combattere un sollevamento interno nel territorio statunitense.
Alla fine non ci fu alcuna approvazione da parte del presidente Franklin Delano Roosevelt per ciò che era conosciuto come Piano di Guerra Rosso. Anzi, i due paesi divennero gli alleati più uniti durante il secondo conflitto, un alleanza occasionalmente difficile che continua ancora oggi.
Tuttavia è interessante che ci fossero persone all’interno dell’apparato politico e militare americano che pensavano che una tale guerra fosse fattibile.
Mentre all’esterno dell’America sia Churchill che Hitler pensavano che fosse una possibilità durante gli anni 30, un periodo di profonda incertezza politica ed economica.
I documenti con classificazione di alta segretezza rivelano che si dovevano fare grossi sforzi nei Caraibi e nella Costa Occidentale per bloccare qualsiasi controffensiva britannica dall’Europa, India o Australia.
Nel 1931, il governo americano autorizzò perfino l’eroe del volo transatlantico conquistatore di record e noto simpatizzante nazista Charles A. Lindbergh ad essere inviato sotto copertura come spia sulla sponda occidentale della Baia di Hudson per valutare la possibilità di usare aerei idrovolanti e individuare punti di bassa resistenza come potenziali teste di ponte. Quattro anni dopo, il Congresso Americano autorizzò la spesa di 57 milioni di dollari per la costruzione di tre piste di volo segrete nella parte americana del confine canadese, ricoprendo le piste di strisce erbose per nascondere il loro intento.
Tutti i governi ipotizzano piani prevedendo la “peggiore delle ipotesi” che vengono tenuti nascosti al pubblico.
Questi documenti sono stati scoperti nel profondo dell’American National Archives di Washington, D.C., una documentazione top-secret considerata un tempo la più delicata del mondo.
Era nel 1930 che l’America preparò un piano di guerra con “L’Impero Rosso”, quello più pericoloso. Ma l’avversario americano in questa guerra non era la Russia o il Giappone e nemmeno la Germania Nazista che stava per germogliare.
Piano Rosso era un nome in codice per una guerra apocalittica con la Gran Bretagna e tutte le sue colonie. Dopo l’Armistizio del 1918 e per tutti gli anni 20, lo storico sentimento anti-britannico americano, ereditato dal XIX secolo, stava pericolosamente aumentando a causa del 9 milioni di sterline che l’Inghilterra doveva agli Stati Uniti per il loro intervento nella Grande Guerra.
Il sentimento britannico verso l’America era reciproco.
Agli inizi degli anni ‘30 l’America vide con inquietudine l’aumentare dei simpatizzanti nei confronti del Nazismo che marciavano, inneggiando a Hitler, a New York da Park Avenue al Madison Square Garden.
Oltre l’Atlantico la Gran Bretagna aveva il più grande impero al mondo, per non parlare della più potente forza navale.
Con questa panoramica, alcuni americani vedevano il loro paese emergere come una potenza mondiale di spicco e sapevano fin troppo bene come l’Inghilterra aveva spento in passato tali velleità: con la guerra e schiacciandole. In questo scenario l’America si vedeva perdente.
Nel 1935 l’America allestì le sue più grandi manovre mai effettuate prima, movimentando truppe e installando depositi di munizioni a Fort Drum, a mezzora di strada dal confine orientale canadese.
Da qui sarebbe stato lanciato il primo attacco su cittadini britannici, con la città di Halifax in Nuova Scozia come primo obiettivo.
“Questo avrebbe significato sei milioni di soldati che combattevano sul confine marittimo orientale americano”, dice Peter Carlson, editore della rivista American History.
 
Piano di guerra rosso, verde, viola…

Durante gli anni 20 e 30 gli Stati Uniti usarono vari codici di colore per identificare i piani bellici con i potenziali avversari.
Molti di questi giochi di guerra furono sottoposti alla Divisione informativa dell’esercito da ufficiali di stanza all’epoca.
Molte di queste erano esercitazioni ipotetiche e fornirono soltanto ampi profili strategici. Comunque il progetto era considerato dall’esercito un buon addestramento per il personale.
“Sarebbe stato come a Verdun” alludendo al feroce conflitto fra le truppe tedesche e quelle francesi nel 1916 che lasciò sul campo 306.000 morti.
Mentre la gente considerava una guerra con gli Stati Uniti inconcepibile, perfino Winston Churchill pensava che non lo fosse.
“L’America si sentiva come se l’Inghilterra l’avesse spinta sotto l’autobus per poter rimanere la protagonista principale” dice il prof. Mike Vlahos della scuola navale di guerra statunitense.
“Gli Stati Uniti furono costretti a prendere in considerazione ogni misura per tenere a bada la Gran Bretagna”.
Perfino Hitler riteneva che una tale guerra fosse inevitabile ma sorprendentemente voleva che a vincere fosse l’Inghilterra, credendo che questo sarebbe stato il miglior risultato per la Germania poiché la Gran Bretagna avrebbe potuto allearsi con lui per attaccare gli Stati Uniti.
Usando modelli disponibili per questa guerra, i moderni esperti navali e dell’esercito oggi ritengono che la conseguenza più probabile di un simile conflitto sarebbe stata una massiccia battaglia navale nel Nord Atlantico, con poche reali vittime ma con l’esito che la Gran Bretagna avrebbe ceduto il Canada agli Stati Uniti in modo da conservare le proprie vitali rotte commerciali.
Comunque, il 15 giugno 1939, lo stesso anno dell’invasione tedesca della Polonia, una comunicazione di servizio interna americana ritiene che questi piani di invasione siano “totalmente inapplicabili”, ma che tuttavia “devono essere tenuti in considerazione” per il futuro. Questo viene ora visto come l’inizio e la ragione principale che stanno dietro alle “speciali relazioni” fra i due paesi.
 
Isolazionismo, prosperità e declino: l’America dopo la Prima Guerra Mondiale

Come succede a varie nazioni strettamente alleate, la Gran Bretagna e l’America hanno a lungo condiviso un “rapporto speciale”.
Iniziando da Churchill e Roosevelt, si passò poi alla Thatcher e Reagan, Clinton e Blair, la Regina e Obama.
Ora sappiamo che Roosevelt alla fine bocciò il piano di invasione dell’Inghilterra come “totalmente inapplicabile”. Ma quanto era speciale quel rapporto nel decennio precedente alla Seconda Guerra Mondiale?
All’inizio degli anni 20 l’economia americana attraversava il suo boom. I “Ruggenti Anni Venti” furono un periodo di una sempre maggior spesa al consumo e produzione di massa; ma dopo la Prima Guerra Mondiale, l’opinione pubblica americana diventava sempre più isolazionista. Ciò venne evidenziato col suo rifiuto di far parte della Lega delle Nazioni, la cui missione principale era quella di mantenere la pace mondiale.
La politica estera americana continuava a tagliarsi fuori dal resto del mondo durante quel periodo imponendo dazi sulle importazioni per proteggere i produttori nazionali.
Milioni di persone, per lo più dall’Europa, in precedenza furono le benvenute in America alla ricerca di una vita migliore. Ma nel 1921 furono introdotte le quote e nel 1929 soltanto 150.000 immigrati all’anno potevano entrare negli Usa.
Dopo un decennio di prosperità ed ottimismo, l’America cadde nella disperazione quando la Borsa affondò nell’ottobre del 1929, dando inizio così alla Grande Depressione.
Le conseguenti durezze economiche e la disoccupazione di massa segnarono il destino nella rielezione del presidente Herbert Hoover e così Franklin Delano Roosevelt conquistò la vittoria elettorale nel Marzo del 1933.
Di fronte a lui c’era un’economia sull’orlo del collasso: erano state chiuse banche in 32 stati e circa 17 milioni di persone erano state licenziate, quasi un terzo della forza lavorativa.
Mentre le tensioni in Europa salivano per la presa del potere dei Nazionalsocialisti, il Congresso introdusse una serie di Atti di Neutralità per impedire all’America di venire coinvolta in conflitti esterni.
Nonostante Roosevelt non fosse d’accordo con questa politica, l’accettò perché aveva ancora bisogno dell’appoggio del Congresso per i suoi programmi del New Deal, progettati per trascinare il paese fuori dalla Depressione.
Nel 1937 la situazione in Europa peggiorava ed iniziò in Asia la seconda guerra fra Cina e Giappone.
Un leggero cambiamento nell’opinione pubblica permise limitati aiuti americani agli Alleati.
L’attacco giapponese a Pearl Harbor nel dicembre del 1941 cambio però tutto.
 
 
Traduzione dal Daily Mail a cura di: Gian Franco Spotti
 


20 Ottobre 2011 12:00:00 - http://rinascita.eu/index.php?action=news&id=11022

samedi, 09 avril 2011

Joschka Fischer: belliciste vert!

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Anton SCHMITT :

Joschka Fischer : belliciste vert !

 

L’ancien ministre allemand des affaires étrangères Joschka Fischer appelle son pays à faire la guerre à la Libye !

 

Le paragraphe 80 du code pénal de la République Fédérale d’Allemagne prévoit des sanctions pour tout citoyens qui appelle à lancer une guerre d’agression. Concrètement, tout appel à une guerre d’agression devrait, selon le code pénal « être puni de détention à perpétuité ou d’une détention non inférieure à dix années ». Ce paragraphe n’a jamais été sollicité avant la réunification allemande de 1989-1990. Cette disposition du code pénal correspond aux principes sous-tendant l’article 26 de la Loi Fondamentale (Grundgesetz). Le passé très récent nous montre que la justice allemande cherche des échappatoires pour ne pas avoir à poursuivre le délit d’appel à la guerre d’agression.

 

Lorsqu’en 2006 plusieurs plaintes sont déposées contre d’importants décideurs politiques de la RFA à cause de la participation d’agents allemands du renseignement à la guerre contre l’Irak, ces plaintes ont été considérées comme non recevables.  Ainsi, le Procureur général de la République, écrivait, le 26 janvier 2006, dans le texte du Document 3 ARP 8/06-3 : « D’après le texte univoque de l’ordonnance, c’est la préparation à une guerre d’agression, et non la guerre d’agression en elle-même, qui est punissable, si bien que la participation à une guerre d’agression, préparée par d’autres, n’est pas punissable ».

 

Indépendamment du fait que l’on rejette ou non comme abominable la guerre civile que mène le dictateur libyen Kadhafi, l’immixtion perpétrée par l’OTAN et, plus particulièrement, par la France, la Grande-Bretagne et les Etats-Unis, dans ce conflit intérieur libyen constitue bel et bien une guerre d’agression. L’ONU n’a décrété que l’établissement d’une zone de « non survol » et décidé que des mesures soient prises pour protéger les civils contre les attaques lancées par les fidèles du Colonel Kadhafi.

 

Les résolutions de l’ONU n’ont jamais évoqué l’intervention militaire de l’OTAN aux côtés des adversaires de Kadhafi. L’Allemagne, avec le Brésil, la Chine, la Russie et l’Inde, s’est abstenue lors du vote au Conseil de sécurité de l’ONU. Malgré cette sagesse, il se trouve des follicules, en Allemagne, pour déplorer le fait que le pays « se soit isolé » sur le plan international. Pourtant, vu l’article 26 de la Loi Fondamentale, l’Allemagne ne pouvait pas faire autre chose que s’abstenir.

 

Or voilà que Joschka Fischer  —membre du parti écologiste qui fut le ministre fédéral des affaires étrangères sous Gerhard Schröder—  a exigé que le pays se positionne autrement. Dans les colonnes du « Süddeutsche Zeitung », cet « homme d’Etat » (?) manifeste bruyamment sa désapprobation : « Il ne me reste que la honte face à la démission de notre gouvernement et, hélas aussi, face à celle des dirigeants rouges et verts de l’opposition, qui ont encore eu le toupet d’applaudir à cette scandaleuse erreur ». A la suite de cette déclaration, Fischer adoptait le ton moralisant : « cette option [du gouvernement fédéral allemand actuel] n’a plus rien à voir avec une politique étrangère liée à de hautes valeurs morales ni avec les intérêts de l’Allemagne et de l’Europe ».  Bien qu’en prononçant ces vives paroles, Fischer légitime par le verbe une guerre d’agression, il ne doit pas craindre qu’un policier vienne l’arrêter au petit matin à son domicile. Quand on applique les paragraphes du code pénal allemand en matières d’ « excitation du peuple à la haine » (« Volksverhetzungsparagraphen »), on pense à toutes sortes de choses mais certainement pas à la conduite d’une guerre d’agression.

 

Anton SCHMITT.

(Article paru dans « zur Zeit », Vienne, n°13/2011 ; http://www.zurzeit.at/ ).

mardi, 08 juin 2010

Un général américain annonce de nouvelles guerres

Un général américain annonce de nouvelles guerres pour les « dix années qui viennent »

Lors de la visite du président fantoche de l’Afghanistan, Hamid Karzaï, qui s’est déroulée du 10 au 14 mai dernier à Washington, des attachés militaires français ont rapporté une surprenante déclaration du général James Cartwright, l’adjoint du patron des armées US :  les forces armées américaines vont s’engager dans de nouvelles guerres.

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Depuis plusieurs semaines, en prévision de l’accueil réservé à Karzaï au Département d’État, au Pentagone et à la Maison-Blanche, Obama avait interdit à ses ministres, à ses chefs militaires et à ses diplomates de se livrer à la moindre critique de son hôte. Oubliées, les incartades de Karzaï, qui avait accusé l’ambassadeur américain à Kaboul d’avoir voulu le faire battre à l’élection présidentielle. Passées par pertes et profits, les déclarations publique du chef afghan, qui récemment encore menaçait de « rejoindre les talibans» si les Américains continuaient à se comportent en « occupant ». Et surtout, plus question de voir, dans la presse, un commentaire sur la corruption du clan Karzaï et ses relations avec les trafiquants d’opium.

Cela n’aura néanmoins pas suffit à réduire au silence certains membres du Pentagone. Passionnés de statistiques, ces bavards ont sélectionnés, pour leurs chefs, plusieurs chiffres déprimants sur cette guerre lointaine.

Recrudescence des opérations de la résistance afghane

Selon le dernier numéro du Canard Enchainé, dont les sources seraient des attachés militaires français, en mars dernier les services américains ont recensé 40 attaques de la résistance par jour, et , mieux encore, il faudra s’attendre à enregistrer, au total, 21′000 agressions de ce genre à la fin 2010.

Autre information révélée par l’hebdomadaire : l’offensive dirigée par le général McChrystal dans le Helmand serait loin d’être un « franc succès » : les talibans continuent de contrôler cette zone proche du Pakistan. Voilà qui n’augure rien de bon à quelques semaines de la « grande offensive » dans la région de Kandahar, ou des commandos américains ont déjà détecté la présence de jeunes insurgés, qui ont rasé leur barbe et sont porteur d’armes modernes.

Des guerres pour les dix prochaines années

Le Canard Enchainé, rapporte surtout une surprenante déclaration du général James Cartwright, l’adjoint du patron des armées US. Le 13 mai, au Centre des études stratégiques, il s’est autorisé à prédire l’avenir devant un auditoire médusé : « Pendant les dix années qui viennent, les forces armés américaines resteront engagées dans le même genre de conflit qu’elles ont connu en Irak et en Afghanistan »

Faudra-t-il que Sarkozy, ou son successeur, accepte d’envoyer des Français participer à de nouvelles guerres américaines ? Les nombreux candidats à la future élection présidentielle de 2012 devraient y réfléchir. Les électeurs aussi.

Agata Kovacs, pour Mecanopolis

mercredi, 21 avril 2010

Dîner-Débat: Geen oorlog! Stop USA-Imperialisme!

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Diner-debat : Geen oorlog! Stop USA-imperialisme!

[ENGLISH UNDERNEATH]

We stellen vast dat de VS de laatste jaren meer en meer interventies plegen : gemiddeld om de 16 maanden. Het Amerikaans militair-industrieel complex, de Angel-Saksische economie en de internationale bankiers willen wereldwijd zoveel mogelijk grondstoffen in hun handen krijgen. Daarom overwegen ze als volgend land Iran aan te pakken. Bush vertelde ooit openlijk dat indien er oorlog met Iran komt, deze wel een nucleair zou kunnen zijn. Gezien de militaire en maatschappelijke moeilijkheden de VS-troepen vandaag ondervinden in Irak en Afghanistan is het niet moeilijk te voorspellen dat de VS-troepen wel eens heel veel lijkzakken naar het Iraanse front zouden moeten meenemen. De nucleaire optie is voor de VS de zo goed als enige om een vlotte overwinning te behalen. Daarom zijn de VS en Israël zo furieus dat Iran met zijn kernenergie – ooit geleverd door hetzelfde Westen ! – wel eens iets anders zou kunnen doen dan 220 volt opwekken. Israël wil namelijk de enige nucleaire mogendheid in het Midden-Oosten zijn.

Het N-SA stelt duidelijk dat wij Vlamingen recht hebben op een vreedzaam en gelukkig leven in eigen land met behoud van onze waarden en tradities. Het N-SA stelt duidelijk dat alle volkeren ter wereld ditzelfde recht  hebbben. Ook het Iraanse volk heeft recht op een vredig bestaan. Het Palestijnse volk toont ons dagelijks wat het is om onder een dictatoriale bezetter te leven. Het Amerikaanse en het Israëische leger mogen ongehinderd door enig verbod of resolutie vrij mensen vermoorden. Dat zich tussen de slachtoffers ook vrouwen en kinderen bevinden, deert hun niet.

Het N-SA stelt dat onze troepen niet mogen meedoen aan het vermoorden van mensen die in wezen vreedzaam in eigen land willen leven. Wij dulden niet dat iemand zich met onze cultuur en andere binnenlandse aangelegenheden bemoeit en vinden het aldus logisch dat het internationale grootkapitaal zich niet hoeft te bemoeien met de binnenlandse aangelegenheden van andere volkeren waar ter wereld. Onze troepen zouden in principe werk genoeg hebben met het bewaren van de orde in onze Vlaamse steden. Onze troepen moeten niet in Afghanistan of (in geval van oorlog) in Iran ingezet worden, maar in eigen land.

Weg met de NAVO, weg met de EU, weg met het VS-imperialisme, weg met het zionisme !

Geen oorlog ! Vrede nu !

Kris Roman

N-SA coördinator Buitenlandse Contacten

N-SA coördinator geopolitieke denktank "Euro-Rus"

 

Sprekers : 

Dr. Tomislav Sunic (Voormalig Diplomaat Kroatië)

Eddy Hermy (N-SA)

Kris Roman (N-SA)

Rien Vandenberghe (KVHV)

Peter Verheyen (NSV)

Erik Langerock (Kasper)

Datum : 24 april 2010

Deuren : open om 19u00

Prijs : 20€

Maaltijd : soep - warm en koud Breughelbuffet  naar believen - koffie/thee

Nette kledij vereist.

Op voorhand inschrijven door 20€ te storten op rekeningnummer 738-0146444-93 van het N-SA met vermelding "diner-debat" en aantal personen.

Gelieve om organisatorische redenen bij betaling een mailtje te sturen naar : dinerdebat@n-sa.be Dit emailadres is beveiligd tegen spambots, u heeft javascript nodig om het te kunnen bekijken

Inschrijvingen aanvaard tot een kleine week voor aanvang. Plaatsen zeer beperkt!

Wie vegetarisch wenst te eten : gelieve op voorhand te melden: dinerdebat@n-sa.be Dit emailadres is beveiligd tegen spambots, u heeft javascript nodig om het te kunnen bekijken

Info : 

0032 (0) 479/585781




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The United States have been a warring nation since its modern founding. It is a known given, the US-economy can't survive without perpetual war. It is a known fact, foreign support troops are frequently pulled along. This isn't new. At one time, Romans and Huns set the example.

We observe an increasing amount of US-interventions over the past years: 16 months on average. The American military-industrial complex, the Anglo-Saxon economy and international finance are out to acquire a maximum amount of resources. Iran, you're next on the list. Bush once openly declared, if a war with Iran would ever take place, it would be a nuclear war. Considering the military and societal difficulties the US-troops experience today in Afghanistan and Iraq, it doesn't take much thinking what amount of body bags would be necessary for an Iranian front. The nuclear option is the only way the USA can attain a smooth victory in such a conflict. No wonder the USA and Israel are furious about the possibility Iran would do something else with its nuclear power than produce 220 volts AC. Nuclear power once given to them by the West, by the way. Israel is hell bound to staying the only nuclear force in the Middle East.

The N-SA is clear about the right for the Flemish to lead peaceful and happy lives in their own region, safeguarding their values and traditions. The N-SA is also clear this right is not an  exclusive, but applicable to all people of the world. The Iranians too have the right to a peaceful existence. The Palestinians are living proof of how it can be like to live under dictatorial occupation. The American and Israeli army have a license to kill, unrestricted by any sort of international treaty. Whether women and children fall victim to collateral damage is of no importance.

The N-SA states our troops should not engage in the killing of people who seek to live peaceful lives in their own region. We do not tolerate interference in our cultural and other domestic affairs and we find it goes without saying domestic affairs of any nation should not be hindered by the interests of international finance. There is enough we can put our troops to use for in our own nation. There is no reason to deploy our troops in Afghanistan or (should the day ever come) Iran. It is time to end the dictate.

No more NATO, no more EU, no more US-imperialism, no more Zionism.

No to war! Peace now!


Kris Roman
Coordinator N-SA Foreign Relations
Coordinator N-SA Geopolitical Thinktank "Euro-Rus"
 

Guest orators:

Dr. Tomislav Sunic (Former Croatian Diplomat)

Eddy Hermy (N-SA)

Kris Roman (N-SA)

Rien Vandenberghe (KVHV)

Peter Verheyen (NSV)

Erik Langerock (Kasper)

 

Date: April 24th 2010

Doors: open at 19h00

Price: € 20

Dinner: soup (entrance) - Brueghelesque buffet of traditional warm and cold dishes - coffee/tea

Casual dress code

Register in advance by deposit of € 20 on the following account:

IBAN: BE98 7380 1464 4493

BIC: KREDBEBB

Please send a registration confirmation to
dinerdebate@n-sa.be Dit emailadres is beveiligd tegen spambots, u heeft javascript nodig om het te kunnen bekijken

Registrations accepted until a small week in advance. Places very limited!

Vegetarians and people with specific allergies, please state so in advance at:
dinerdebat@n-sa.be Dit emailadres is beveiligd tegen spambots, u heeft javascript nodig om het te kunnen bekijken

Info :

0032 (0) 479/585781


 

samedi, 13 février 2010

Nicholson Baker et le mythe de la "guerre juste"

Nicholson Baker et le mythe de la “guerre juste”

 

nicholson baker.jpgNicholson Baker est un romancier américain bien connu: il a acquis une réputation (sulfureuse) en Allemagne, où son roman “Vox”, consacré à cette nouvelle forme de sexualité et d’érotisme qui se construit via le téléphone, a connu un succès retentissant. Mais Nicholson Baker a décidé, récemment, de ne plus se consacrer exclusivement aux romans ou à la sexualité par procuration technologique qui turlupine ses contemporains. Son nouvel ouvrage, “Menschenrauch” en allemand, “Fumée humaine”, est consacré à la seconde guerre mondiale. Quelle est la motivation qui a poussé notre auteur à changer de registre? La guerre en Irak! Elle a été vendue au public américain et britannique comme une “guerre juste”, menée par les “bons” contre un “méchant”, que l’on vouait à l’avance au gibet. Cette simplification propagandiste et belliciste, profondément cruelle parce qu’assénée avec bonne conscience, Nicholson Baker l’a tout de suite rejetée, instinctivement. Comme plus d’un pacifiste anglo-saxon, l’hypocrisie et l’hystérie des “guerres justes” menées tambour battant par Londres et Washington l’ont induit à se poser la question cruciale: existe-t-il vraiment une “guerre juste” en soi, et les guerres décrétées  “justes” de jadis ont-elles été vraiment été aussi “justes” qu’on nous l’a enseigné?

 

Nicholson Baker va se pencher sur la “guerre juste” considérée urbi et orbi comme “paradigmatique”: la seconde guerre mondiale. Dans le langage quotidien, dans les évidences médiatiques assénées à tire-larigot, cette deuxième guerre mondiale est bien la guerre la plus juste d’entre toutes les guerres justes, puisqu’elle a éradiqué le “mal absolu”, le nazisme, animé par d’abominables croquemitaines, aidés par des légions grouillantes de petits belzébuths zélés (selon Goldhagen) ou des esthètes pervers (selon Jonathan Littell). La rééducation médiatique, cinématographique et hollywoodienne nous enseigne tout cela avec grande acribie depuis des décennies, a fortiori depuis “Holocauste” et, tout récemment encore avec “Inglorious Bastards”. L’intention de Nicholson Baker n’a nullement été de pondre le énième essai “révisionniste”, « relativiste » ou critique, comme on en trouve des quantités industrielles dans les rayons des librairies anglophones. Son approche peut paraître sobre, voire sèche, mais, en tout cas, elle est très innovatrice: son livre appelle, sans pathos ni trémolos, à dénoncer la marotte de mener des “guerres justes” et à démasquer la colossale hypocrisie anglo-saxonne d’avoir baptisé “guerre juste” la seconde guerre mondiale ; pour atteindre cet objectif, l’ouvrage, volumineux, est construit d’une manière absolument originale ; il juxtapose un nombre impressionnant de coupures de textes, d’extraits de livres ou de discours, glanés dans les bibliothèques ou les archives, dans les collections de vieux journaux. Nicholson Baker les a classés par ordre chronologique. Il n’a utilisé que les sources accessibles, en posant comme principe cardinal de sa démarche que « la vérité se cache dans le monde ouvert, visible ».

 

Sa collection de citations et d’extraits de presse commence en 1892 par un fragment d’Alfred Nobel, qui dit espérer que l’invention de ses explosifs terrifiants va mettre un terme à l’envie de faire la guerre. Elle se termine par un extrait du journal de l’antifasciste judéo-allemand Victor Klemperer; il est daté du 31 décembre 1941 et son auteur exprime ses doutes quant à l’avenir de l’humanité, tant les appels au carnage le désolent et le révulsent. Entre cette première et cette dernière citation, une quantité d’assertions posées par des personnalités connues ou inconnues ou d’anecdotes révélatrices comme celles-ci : le 3 novembre 1941, l’ambassadeur britannique est bombardé d’œufs par des pacifistes américains alors qu’il tient un discours à Cleveland aux Etats-Unis ; le 4 novembre, un avion japonais lance des denrées alimentaires contaminées sur une ville chinoise ; le 5 novembre, le ghetto de Lodz en Pologne est ceinturé d’une nouvelle barrière de barbelés – motif : on attend un « arrivage » de Tziganes venus d’Autriche.

 

humansmoke2222.jpgCe livre a provoqué un tollé aux Etats-Unis : on n’a pas manqué de reprocher à Nicholson Baker de professer un « pacifisme naïf et spécieux » ; on l’accuse d’avoir « trahi la mémoire des morts », et surtout de deux grands morts, Churchill et Roosevelt, rien que parce qu’il a cité quelques-uns de leurs textes, pour prouver qu’ils ont délibérément voulu la guerre. On reproche aussi à Nicholson Baker d’avoir voulu prouver l’antisémitisme des alliés et donc d’avoir dit, par ricochet, que l’antisémitisme n’était pas une caractéristique exclusive de l’Axe. En refusant ainsi de localiser l’antisémitisme dans le seul camp allemand, Nicholson Baker aurait dédouané le nazisme et la personne d’Hitler. Telle n’était pas son intention, bien sûr, mais les manichéisme qui président aux discours bellicistes et aux narrations véhiculées par les médias ne tolèrent aucune entorse à leurs schémas binaires : il faut les accepter benoîtement ou subir ostracisme et inquisition. Si Hitler a été indubitablement antisémite, ses adversaires n’étaient pas exempts du même mal, sauf que, chez eux, il était sans doute moins virulent, déclamé de manière moins spectaculaire. Il est vrai que l’historiographie israélienne actuelle, qui n’est pas tendre avec la « narration sioniste » dominante jusqu’ici au sein de l’Etat hébreu, n’omet pas de rappeler que les maximalistes sionistes de l’entre-deux-guerres avaient des sympathies pour l’Axe et pour l’IRA, considéraient que les Britanniques étaient tout à la fois les ennemis principaux de la cause sioniste et les alliés des Arabes en Palestine et en Transjordanie et que les membres du LHI et de l’Irgoun ont lutté contre la présence anglaise et, partant, contre l’Angleterre en guerre contre le Reich et l’Italie fasciste, jusqu’en 1942, année où leurs activistes principaux ont été éliminés par l’action conjuguée des services britanniques et de la Haganah sioniste mais pro-alliée. Pour reprendre le combat contre l’Angleterre dès 1944, bien avant l’effondrement définitif du IIIème Reich (!!), et le continuer jusqu’en 1948, notamment contre la Légion Arabe du général écossais Glubb Pacha. Là encore, dans l’histoire récente du Proche-Orient, les manichéismes ne sont plus de mise dans la communauté scientifique, que l’on appartienne ou soutienne l’un camp ou l’autre.

 

On est peut-être en droit de dire, sans risque de fort se tromper, que les citations alignées par Nicholson Baker au fil des pages de son dernier ouvrage sont « subjectives ». Mais en alignant de tels textes, qui ne cadrent pas avec ce que l’on nous prie instamment de croire dur comme fer aujourd’hui, Nicholson Baker ne juge pas : il fait parler les citations et laisse son lecteur libre de former son propre jugement, parce qu’il lui apporte des éclairages nouveaux, lui ouvre des perspectives nouvelles et insoupçonnées. Ce livre nous enseigne surtout que cette fameuse « guerre juste d’entre les plus justes » que fut la seconde guerre mondiale n’a pas été menée pour les grands principes, pour la liberté ou la démocratie, ou par solidarité pour les communautés israélites d’Europe centrale persécutées, mais pour de simples raisons de puissance et d’hégémonie, d’égoïsme impérial. Avec cet ouvrage, et sans doute bien d’autres que les machines médiatiques nous dissimulent, nous entrons dans l’ère d’une historiographie allergique à toutes les orthodoxies imposées, d’une historiographie qui nous fait voyager dans le réel même, c’est-à-dire dans une immense zone grise, entre le « bien »  lumineux et le « mal » obscur.

 

Version allemande du livre de Nicholson Baker :

« Menschenrauch. Wie die Zweite Weltkrieg begann und die Zivilisation endente » (= « Fumée humaine. Comment la deuxième guerre mondiale a commencé et la Civilisation s’est achevée »), Rowohlt, Hambourg, 640 pages, 24,90 euro.

 

(source : Christel Dormagen, «  ‘Menschenrauch’ : Nicholson Baker viel gelobtes, viel gescholtenes Buch gegen den Mythos vom ‘gerechten Krieg’ », in : « Rowohlt Revue », n°87, Frühjahr 2009. Adaptation française : Dimitri Severens).

mercredi, 29 avril 2009

Vuelve la tension al Caucaso

Vuelve la tensión al Cáucaso

Ex: http://labanderanegra.wordpress.com/

A una veintena de kilómetros de la capital georgiana, Tiflis, se encuentra la base militar de Vaziani, que hasta mediados del año 2001 albergó unidades militares soviéticas, herencia de los años en que Georgia fue una república constitutiva de la URSS. Fue devuelta al Gobierno georgiano, que en ella instaló algunas de sus unidades de reacción rápida.

Precisamente en esa base tuvieron lugar en el verano de 2008 unos ejercicios combinados con las Fuerzas Armadas de EEUU, financiados por el Pentágono, justo un par de semanas antes de que estallara el conflicto ruso-georgiano. Éste, irreflexivamente provocado por el presidente Saakashvili en relación con los territorios independentistas de Osetia del Sur y Abjasia, elevó peligrosamente la tensión en tan crítica zona del Cáucaso y deterioró las relaciones entre Rusia, la OTAN y EEUU, como es de sobra sabido.


Tras el relevo en la Casa Blanca y los nuevos esfuerzos desplegados por Washington y Moscú para mejorar el entendimiento entre ambas potencias, la tensión internacional parecía haberse reducido en esa zona, aunque el descontento popular con el Gobierno de Saakashvili no ha dejado de manifestarse periódicamente a través de una oposición política cada vez más activa.

En estas circunstancias, la OTAN ha anunciado que no modificará sus planes para desarrollar unos ejercicios militares en colaboración con Georgia, previstos para el próximo mes de mayo. El hecho de que esos ejercicios se centrarán en la citada base de Vaziani, de claras connotaciones relacionadas con la guerra del año pasado, añade un crítico interés al asunto, al que no son ajenos los medios de comunicación georgianos.

La televisión local concede amplios espacios al acontecimiento, que las autoridades del país valoran como un claro indicativo de que Georgia tiene gran importancia estratégica para Occidente. El ministro de Defensa declaró que “los ejercicios militares sirven para situar a Georgia más cerca de las estructuras euro-atlánticas y mejorar el cumplimiento de los estándares occidentales”.

Conocedor del peculiar modo de actuar del presidente georgiano, el representante de Rusia en la OTAN sospecha que aquél “considerará la presencia de tropas y equipos militares de la OTAN en su territorio como un renovado beneplácito para atacar a las repúblicas vecinas de Abjasia y Osetia del Sur”. Y añadió: “Estos ejercicios parecen ser un apoyo moral y armado al régimen de Saakashvili”. En la misma línea, Moscú ha decidido no participar en el próximo Consejo Rusia-OTAN, previsto para el 7 de mayo, si las maniobras no son suspendidas.

La OTAN intenta quitar hierro al asunto aduciendo que tales maniobras no implican el empleo de material militar pesado y recordando que estaban planeadas con anterioridad a la guerra del Cáucaso del año pasado. Por su parte, Tiflis denuncia a su vez otras actividades militares que Rusia está llevando a cabo con ambas repúblicas independentistas. El Gobierno georgiano alega que lo que Moscú persigue con esto es que su país aparezca a los ojos del mundo como “un Estado agresivo, con el que no es aconsejable tener tratos”.

Desde Tiflis, un analista georgiano considera que no se deberían esperar “grandes dividendos” de las maniobras, pues la OTAN no quiere perjudicar sus relaciones con Rusia, dados los problemas que tiene pendientes en Afganistán: “La OTAN está más interesada en obtener la cooperación rusa que Rusia en cooperar con la Alianza”. Basa su opinión en el hecho de que Rusia no aspira a entrar en la OTAN, no depende de ésta para su seguridad y no considera prioritarias las relaciones con la organización atlántica.

En Moscú se advierte del riesgo de que se produzcan en Georgia actos de provocación contra las tropas de la OTAN, que se atribuirían a los servicios secretos rusos, para enconar la ya complicada situación. El citado representante de Rusia en la OTAN opina que Saakashvili anhela internacionalizar el conflicto como modo de reforzar su inestable posición política: “Este hombre es peligroso para el mundo”, declaró.

Por último, el ministro ruso de Asuntos Exteriores declaró a una agencia local de noticias: “La OTAN ha vuelto a la Guerra Fría y a la lógica de la confrontación. Pero la guerra tiene sus propias reglas, como todos sabemos”.

Es probable que se trate solo de un desahogo verbal, a tono con la situación, pero los términos del conflicto están ya sobre la mesa y las posturas negociadoras parecen sofocadas bajo una arriesgada dinámica militar, propia y peculiar de la organización atlántica, que habrá que vigilar muy de cerca. La oscura sombra de Afganistán se cierne también sobre el Cáucaso, para una OTAN que parece crear más problemas que los que resuelve.

Alberto Piris

dimanche, 26 avril 2009

Nog eens 60 jaar NAVO?

Nog eens 60 jaar NAVO?