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mardi, 14 décembre 2010

Zeev Sternhell: I diritti di Israele hanno bisogno di una guerra perpetua

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I diritti di Israele hanno bisogno di una guerra perpetua

 

 DI ZEEV STERNHELL

(ex: http://www.comedonchisciotte.org/)
Haaretz

Dal punto di vista del diritto, i negoziati sul partizionamento della terra sono un pericolo esistenziale perché riconoscono ai Palestinesi la stessa uguaglianza dei diritti degli Ebrei su Eretz Israel.

I fatti devono essere riconosciuti: i capi dei partiti di destra hanno una visione strategica e una capacita’ di visione a lungo termine, e sanno anche come scegliere gli strumenti giusti per svolgere la loro missione.

La proposta di modifica della nuova legge sulla cittadinanza, che mira a fomentare uno stato di continua agitazione tra gli Ebrei e tutti gli altri, e’ solo un aspetto di un piano di vasta portata il cui portavoce ufficiale e’ il ministro degli esteri Avigdor Lieberman.

L'altro aspetto è la promessa del ministro degli Esteri alle nazioni del mondo che la nostra guerra contro i palestinesi è una guerra eterna. Israele ha bisogno di un nemico interno ed esterno, un senso costante di emergenza, - perche’ la pace, sia con i palestinesi nei territori o con i palestinesi in Israele, rischia di indebolirla al punto di pericolo esistenziale.

E infatti, la verita’, che include la maggior parte dei leader del Likud, è permeata dalla consapevolezza che la società israeliana vive in un costante pericolo di rottura dall'interno. Il virus democratico ed egualitario si abbatte il corpo politico dall'interno. Questo virus si basa sul principio universale dei diritti umani e alimenta un comune denominatore tra tutti gli esseri umani, perché sono esseri umani. E che cosa gli esseri umani hanno di piu’ in comune se non il diritto ad essere padroni del loro destino ed uguali tra loro?

Dal punto di vista della destra, e’ qui dove sta’ il problema: i Negoziati sul partizionamento della terra sono un pericolo esistenziale perché riconoscono ai Palestinesi la stessa uguaglianza dei diritti degli Ebrei, su Eretz Israel. Pertanto, al fine di preparare i cuori e le menti per il controllo esclusivo della popolazione ebraica del paese intero, è necessario aderire al principio che ciò che conta davvero nella vita degli esseri umani non è ciò che li unisce, ma piuttosto ciò che li separa . E cosa separa di piu’ la gente della storia e della religione?

Oltre a ciò, vi è una chiara gerarchia di valori. Siamo prima di tutto Ebrei, e solo se siamo certi che non ci sarà nessuno scontro tra la nostra identità tribale-religiosa e le esigenze del dominio ebraico, da un lato, e dei valori della democrazia, dall'altro, anche Israele puo’ essere democratico. Ma in ogni caso, sara’ sempre data preferenza al suo carattere ebraico. Questo fatto garantisce una lotta senza fine, perché gli arabi si rifiutano di accettare la sentenza di inferiorità che (il Ministro degli Esteri) Lieberman e il ministro della giustizia Yaakov Neeman intendono per loro.

Questo è il motivo per cui questi due ministri, con il tacito sostegno del primo ministro Benjamin Netanyahu, hanno respinto la proposta che il giuramento di fedeltà dice essere "nello spirito della Dichiarazione di Indipendenza". Per come lo vedono, la Dichiarazione di Indipendenza, che promette l'uguaglianza per tutti, indipendentemente dalla religione e dall’origine nazionale, è un documento il cui vero scopo e’ distruttivo, e che in quel momento lo scopo reale era quello di calmare i non ebrei e di essere aiutati nella loro guerra di indipendenza. Oggi, in un Israele che è armato fino ai denti, solo i nemici del popolo vorrebbero dare uno status giuridico di una dichiarazione che in ogni caso pochi hanno mai preso sul serio.

Qui è dove la dimensione religiosa entra nell’immagine. Proprio come ha fatto tra i conservatori rivoluzionari del 20 ° secolo ed i nazionalisti neoconservatori dei nostri giorni, la religione gioca un ruolo decisivo nel cristallizzare la solidarietà nazionale e preservare la forza della società.

La religione è percepita, naturalmente, come un sistema di controllo sociale senza contenuto metafisico. Pertanto, le persone che odiano la religione e il suo contenuto morale possono essere al fianco di gente come Neeman, che spera un giorno di imporre la legge rabbinica su Israele. Dal loro punto di vista, il ruolo della religione è quello di imporre l'unicità ebraica e spingere i principi universalioltre il limite di esistenza nazionale.

In questo modo, la discriminazione e la disuguaglianza etnica e religiosa e’diventata la norma qui, e il processo di delegittimazione di Israele si è innalzato. E tutto questo è opera di mani ebraiche.

Titolo originale: "Israel's Right Needs Perpetual War"

Fonte: http://www.haaretz.com
Link
15.10.2010

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di JACKALOPE


"Groen" kapitalisme al even weinig respect voor de volkeren

"Groen" kapitalisme al even weinig respect voor de volkeren
 
Ex: Nieuwsbrief Deltastichting, n°42 (dec. 2010)
  
  
journal61.jpgAan het kapitalisme, liever: aan het liberalisme, gaan de volkeren ten onder, schreef de grote Duitse conservatieve auteur Arthur Moeller van den Bruck al. Dat het kapitalisme in zijn meest primitieve vorm inderdaad moordend is geweest voor heel wat originele culturen, wordt sinds decennia door niemand meer in twijfel getrokken. Het volstaat de wereld rond te trekken om er hier en daar bewijzen van te ontdekken.
  
De nieuwe vormen van energiewinning, die de basis van het oude kapitalistische systeem, de fossiele brandstoffen, aan het vervangen zijn, die nieuwe vormen zouden zorgen voor respect. Dit is toch wat ons werd voorgehouden. Groene, duurzame energie: dat was haast synoniem met de energiebronnen van de ‘goede mens’, van de mens die met respect naar de andere mensen keek, de energiebron van de multiculturele mens, zeg maar. De energie was ‘moreel goed’, het systeem dat erachter zat en dat het geheel stuurde, zou dus ook ‘moreel goed’ zijn, dacht men.
 
Om de vraag naar biodiesel bij te houden, wou de Indonesische regering de productie opdrijven. Indonesië is, samen met Maleisië, zowat de grootste palmolieproducent ter wereld. Samen zijn ze verantwoordelijk voor ruim 80% van alle productie wereldwijd. Door de export van palmolie haalde Indonesië in 2009 zo’n 10,4 miljard dollar binnen: cijfers die het belang van deze industrietak voor het land schetsen.
 
Voor de productie van palmolie is er natuurlijk grond nodig, heel veel grond. Indonesië verdreef dus heel wat inheemse volkeren van hun land, alleen om haar winst veilig te stellen. Om de nefaste gevolgen van de palmolieproductie – de ontbossing, de verschraling van de bodem, en andere – tegen te gaan, zou de regering van Djakarta een ontbossingsstop hebben afgekondigd. Maar nu blijkt dat de concessies aan grote bedrijven daar niet eens onder vallen. Gevolg van dit alles is, dat steeds vaker rechtszaken worden ingespannen. In 2004 werden er 174 rechtszaken over landconflicten geregistreerd in Indonesië, een cijfer dat in 2009 op 666 kwam en voor 2010 wordt zelfs een cijfer boven 3.000 rechtszaken uitgesproken.
 
Roofdierkapitalisme kan dus ook met groene energie. De regering van Indonesië zou plannen hebben om de oppervlakte voor de palmolieindustrie nog uit te breiden van 7,5 miljoen hectare naar 20 miljoen hectare. Een dialoog met de inheemse volkeren staat niet op het programma van de regering…


Peter Logghe

vendredi, 10 décembre 2010

Was Julian Assange treibt

Was Julian Assange treibt

Michael WIESBERG

Ex: http://www.jungefreiheit.de/

wikileaks-julian-assange.jpg„Mächtige spüren die Macht der Hackerethik“ übertitelte Christian Stöcker Ende letzter Woche einen Artikel für Spiegel-Online, in dem er unter anderem auf den Hacker-Guru Steven Levy zu sprechen kam. Levy brachte 1984 mit seinem Buch „Hackers. Herores of the Computer Revolution“ der Welt zum ersten Mal die Hackerszene nahe, deren Anfänge bereits in den 1950er Jahren lagen. Beschrieben wird, wie sich mit der schrittweisen Entwicklung des Computers „etwas Neues verdichtete ...: eine neue Lebensweise mit einer Philosophie, einer Ethik und einem Traum“.

Levy war es, der wohl als erster so etwas wie eine „Hackerethik“ entwickelte, die unter anderem im Beitrag von Boris Gröndahl zu dem Buch „Netzpiraten. Die Kultur des elektronischen Verbrechens“ (Hannover 2001, S. 145) nachgelesen werden kann. In Kürze lautet die sechs ethischen Prinzipien der Hackerszene:
1. Der Zugang zu Computern sollte unbegrenzt und umfassend sein.
2. Alle Informationen sollten frei sein.
3. Mißtraue Autorität – fördere Dezentralisierung.
4. Hacker sollten nur anhand ihres Hackens beurteilt werden.
5. Mit einem Computer kann Kunst und Schönheit erzeugt werden.
6. Computer können das Leben verbessern.
 

Offenere Formen des Regierens

Julian Assange, Gründer von WikiLeaks mit einschlägiger Hacker-Vergangenheit, hat aus diesem Kanon der Hackerethik insbesondere die Regel 2 radikal ausgelegt, wie Stöcker feststellt: Wenn alle Information öffentlich sei, so Assange, könne das für die Menschheit nur vorteilhaft sein. Dies deshalb, weil man nur so auf enthüllte Ungerechtigkeit antworten bzw. nur so die Ungerechtigkeit in der Welt bekämpfen könne.

Assange überbietet Levy indes in einem ganz bestimmten Punkt: er äußerte nämlich die Überzeugung, „ungerechte Systeme“ mit Datenlecks kippen zu können – damit sie durch „offenere Formen des Regierens ersetzt werden können“. In diesem Zusammenhang stellt sich unter anderem die Frage, wer darüber entscheidet, was ein „ungerechtes System“ ist. Nimmt man Assange beim Wort, fällt darunter wohl auch die USA, deren „Datenlecks“ er und seine Mitstreiter ohne Beachtung irgendeines Datenschutzes radikal ausnutzten. Assange nimmt in Kauf, daß durch sein Vorgehen unterschiedslos Politiker, Journalisten, Informanten, Botschaftspersonal etc. mit möglicherweise gravierenden Konsequenzen denunziert werden.

Die totale Informationsfreiheit

Polithacker wie Assange wollen – dieser Eindruck drängt sich zumindest auf – eine grundsätzlich andere Welt bzw. andere, „neue“ Menschen. Ein Hebel dazu ist die „totale Informationsfreiheit“. Dafür gibt es bereits einen Begriff, der sich „postprivacy“ nennt. Ein Vertreter dieser Szene, nämlich Michael Seemann, erklärt denn auch ganz lakonisch: „Wir steuern auf eine Gesellschaft zu, in der es keine Geheimnisse mehr gibt. Das wird nicht der Weltuntergang sein, wir müssen uns nur darauf einstellen.“

Stöcker resümiert den dahinterliegenden Kerngedanken wie folgt: „Wenn alles offen ist, muß sich niemand mehr vor Veröffentlichungen fürchten.“ Dieser „ideologische Ansatz“, so urteilte Christian Malzahn in einem Beitrag für Welt-Online, machen den „digitalen Revolutionsführer“ [Assange] „zu einem klassischen Anarchisten. Je mehr Leaks der Internet-Guevara produzieren kann, umso effektiver die digitale Revolution“.

Das Ende der Öffenlichkeit

Es bedarf keiner großen Phantasie, um zu erkennen, daß dieses Szenario nicht zu einer „offeneren Form des Regierens“ führt, sondern in eine menschenfeindliche Gesellschaft, die keine Abgrenzung mehr zwischen dem privaten und dem öffentlichen Raum zuläßt. Wo befürchtet werden muß, daß letztlich alles „öffentlich“ werden kann, gibt es keine Privatsphäre mehr. Es zerfällt dann aber auch die „Öffentlichkeit“ als Forum gesellschaftlicher Erfahrung und kulturellen Austauschs, der auf der Basis bestimmter Konventionen stattfindet.

Ein Austausch indes, der einzukalkulieren hat, daß all das, was auf der Basis gegenseitigen Vertrauens ausgetauscht wird, öffentlich werden kann, findet nicht mehr statt. Was das für die menschliche Kommunikation insgesamt bedeutet, mag man sich unschwer ausmalen. „Cablegate“, also die unterschiedslose (aktuell ins Stocken geratene) Veröffentlichung vertraulicher Diplomatendepeschen durch WikiLeaks, ist vor diesem Hintergrund ein erster Schritt in diese Gesellschaft, in „der es keine Geheimnisse mehr geben soll“.

Michael Wiesberg, 1959 in Kiel geboren, Studium der Evangelischen Theologie und Geschichte, arbeitet als Lektor und als freier Journalist. Letzte Buchveröffentlichung: Botho Strauß. Dichter der Gegenaufklärung, Dresden 2002.

jeudi, 09 décembre 2010

Rechtspopulisten auf dem rechten Weg?

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Rechtspopulisten auf dem rechten Weg?

Eigentlich  hatte die europäische Einigung nach amerikanischem  Muster das  ehrgeizige Ziel, das Modell National  zu überwinden.  Das ist nachweislich mißlungen. Die Europäische Union hat, im Gegenteil, mit ihrer verrückten Politik die nationalen Geister, die man verbannen wollte, vorerst zu neuen Taten erweckt. Es ist vor allem der rechte Populismus, der in diesem Europa ohne Grenzen seine Aktionsbasis gefunden hat, von der aus Fragen von nationalem Interesse und solche der Identitäten  in Angriff genommen werden konnten. Was man auch reichlich genützt hat und weiter nützt.                                           

Von Portugal bis Bulgarien, von Schweden bis Italien haben sich populistische Parteien und Organisationen mit unterschiedlichem Erfolg etabliert. Diesen  Erfolg verdankt man politischen Fehlern und ökonomischen Problemen der herrschenden Eliten, vermehrt aber der Gefahr einer Islamisierung durch ungezügelte Zuwanderung. Letzteres Problem hat nun eine weitere außereuropäische Kraft auf den Plan gerufen: die israelische Rechte und deren Ableger in Europa. Erst durch das stille bis offene Engagement dieser  an der Seite einiger rechten Parteien und Gruppieren hat sich die Lage für die bisher eher als Antisemiten und Ausgegrenzte geltenden Populisten entscheidend verbessert. Jetzt  sieht man sie, mit dem Segen der einen israelischen Reichshälfte ausgestattet, endlich regierungsfähig.                                                                                                                             

Ehe ich in einem späteren Kommentar auf diese  merkwürdige Kooperation  und  auf einige zu Philosemiten gewandelte Akteure näher zu sprechen komme, doch einige klärende Bemerkungen zum rechten Populismus  an sich.                                                                                                                                                                                                  Ein wichtiges  Merkmal dieser populistischen Bewegungen sehe  ich darin, daß sie als wählbare  und demokratische Kraft  anerkannt werden wollen. Also als  politische Organisation innerhalb des Verfassungsbogens in gleicher Weise respektiert zu werden  wie die etablierten großen  Parteien.  Die Populisten wollen das System gewiß nicht beseitigen, sondern nur dessen Auswüchse, dazu eben die unkontrollierte Einwanderung, die Ideologie der Globalisierung oder die Spekulation gehören.  Allerdings können oder wollen sie nicht begreifen, daß die von ihnen angeprangerten Fehler und Mißstände unentwirrbar mit dem so hoch gepriesenen demokratischen System universellen Zuschnitts verknotet  sind.                                                                                                   

Insofern  können  wir einen Widerspruch feststellen, der eben darin besteht, daß man nicht Vollmitglied und Stütze des Systems und gleichzeitig dessen entschiedener Kritiker sein kann, ohne früher oder später unglaubwürdig zu werden.  Außerdem  fehlt den Populisten, nicht selten sehr einfache Gemüter, das nötige in sich gefestigte ideologische oder weltanschauliche Brecheisen, eine Doktrin,  um die herrschenden Denkzirkeln und Ideologien aus den Angeln zu heben. Es ist jedoch, wie gesagt, unmöglich ein System zu ändern oder auszuwechseln, wenn man selbst zum Räderwerk des herrschenden gehört. Wenn überhaupt, müßte in diesem Fall  eine solche Initiative aus dem innersten Kern des Systems selbst kommen, um Erfolg zu haben. Diesem Kern aber gehören die rechten Populisten nicht an und werden ihm auch nicht angehören  können ohne sich selbst oder die Ideale, für die man angetreten ist, ganz aufzugeben.

Es ergibt sich also, daß alle rechten populistischen Bewegungen nur Erfolg haben können, wenn  sie die selbe politische und demokratische Philosophie vertreten und im Grunde das selbe materielles Glück verheißende  Ziel anstreben wie ihre das System stützenden Konkurrenten am Platz. Da stellt sich natürlich für andere die Frage: soll man an Wahlkämpfen gar nicht teilnehmen. Man soll, unter der Voraussetzung, daß man sich nicht in den Fängen des Systems  wiederfindet, daß man nicht (wie jetzt die linken Populisten in Wien) über den  Tisch gezogen wird (von welcher Seite auch immer) und daß man  nicht als nützliche Idioten  am pseudodemokratischen Spiel teilnimmt.                                              

Die Teilnahme an Wahlen oder an einer Regierung darf nicht dazu führen, daß das korrupte  System dadurch funktionsfähig bleibt oder gestärkt wird, sondern hat einzig und allein im Sinne der Sache des Volkes und der eigenen Philosophie den Interessen der Organisation  oder Partei  zu dienen. Die Möglichkeiten dazu sind mannigfaltig und hängen von den jeweiligen Umständen ab. Auf keinen Fall soll es dazu führen, daß jene, die ein Mandat errungen haben, nichts Besseres zu tun haben, als ihre guten Ideen so einzubringen, daß sie  dem kritisierten System zu gute kommen und sich zuletzt als Waffe gegen die Urheber erweisen.  Der Geist, der  eine gute Idee umsetzt, ist schließlich ein anderer  als jener der sie  ersonnen hat.                                                                                        

Nun ist der rechte Populismus an sich nicht in jedem Fall etwas Schlechtes, er ist vielfach  eine Art Hilfeschrei  der überfremdeten oder ausgebeuteten  europäischen Völker, Opfer der Globalisierung und Einwanderung, zuletzt auch der Wirtschafts- und Finanzkrise.  Eine sanfte Revolte gegen das „Establishment“, aber mehr  ist es nicht. Sicher, besser als gar nichts, doch am Ende eben nur ein symbolischer Akt eines Papiertigers , dem der entscheidende Biss, eine revolutionäre Doktrin also, fehlt. Eine solche haben aber jene sehr wohl, denen jetzt rechte Populisten anscheinend ihr  politisches Schicksal  anvertraut haben. Dazu ist, wie gesagt, demnächst an dieser Stelle noch einiges zu sagen.

mercredi, 08 décembre 2010

"Les Etats-Unis à l'origine des tensions au sein de la zone euro"

« Les Etats-Unis à l’origine des tensions au sein de la zone euro »

Ex: http://fortune.fdesouche.com/

dollar-euro-le-rapport.jpgL’Allemagne serait, en partie, à l’origine de l’envolée des taux d’intérêt sur les obligations portugaises et espagnoles de ces derniers jours. En cause, les récentes déclarations d’Angela Merkel sur l’éventualité de faire participer les créanciers privés en cas de restructuration de la dette publique de certains pays de la zone euro.

 

Arturo Bris, professeur de finance à l’IMD de Lausanne, partage cet avis. Lors d’une conférence qui s’est tenue jeudi au sein de la haute école de gestion, il n’a pas hésité à déclarer que l’Allemagne maintenait volontairement « au bord du précipice » les pays en proie à des difficultés – Irlande en tête. Selon lui, « les crises irlandaise, grecque, portugaise et espagnole sont une bonne chose pour l’économie allemande puis­qu’elles maintiennent l’euro à un niveau relativement bas – par rapport au dollar – et qu’elles profitent ainsi aux exportations allemandes ». Berlin aurait donc tout intérêt à ce que la situation européenne reste tendue.

Mais si l’Allemagne profite du « statu quo » en Europe, Arturo Bris relativise toutefois son rôle dans la crise actuelle. Car le moteur de l’Europe est confronté à un certain dilemme : son économie a beau profiter d’un euro faible, les Allemands ont de plus en plus l’impression de payer de leurs poches les sauvetages à répétition des autres pays européens. De plus, le marché européen est le troisième, en termes de grandeur, pour les exportations allemandes.

Pour le professeur espagnol, les principaux fautifs sont à rechercher de l’autre côté de l’Atlantique. Washington serait donc « à l’origine des confrontations que l’on observe actuellement en Europe ». Ou, plus particulièrement, sa politique monétaire. « Affaiblir le dollar a été la pire des choses pour la dynamique européenne », constate Arturo Bris. Si les Etats-Unis ont souffert de la crise grecque et de la hausse du dollar qui s’en est suivie, ils se seraient rattrapés grâce à leur politique monétaire et à l’injection de 600 milliards de dollars dans leur économie d’ici à la fin de 2011 (QE2).

 

Malgré tout, le professeur de finance reste optimiste. Dans les différents scénarios qu’il a présentés jeudi à son audience, l’implosion de l’euro – qualifiée « d’armageddon » – est considérée comme très improbable. « Les chiffres ne sont pas dramatiques et personne n’est en train de faire faillite », martèle-t-il. Et Arturo Bris a de bons arguments. Il fait notamment remarquer que le taux d’endettement de l’Espagne – 55% du PIB – fait bien pâle figure aux côtés des 190% du Japon et des 120% des Etats-Unis.

Le problème serait donc avant tout un problème de crédibilité. « Les gouvernements européens, à l’instar du Portugal et de l’Espagne, ont annoncé tout un tas de mesures ces dernières années sans jamais les respecter. Or, aujour­d’hui, sous la pression des marchés, ces gouvernements sont enfin obligés de réagir », observe-t-il avec satisfaction.

Le Temps

Cina e Russia, addio al dollaro tra politica ed economia

Cina e Russia, addio al dollaro tra politica ed economia

Yuan e rubli negli scambi bilaterali. Paolo Manasse: "Ricerca di stabilità e di autonomia da Washington. Ma non è guerra delle valute"

Cina e Russia hanno deciso di effettuare le transazioni commerciali bilaterali nelle proprie valute (yuan-renminbi e rublo), rinunciando al dollaro come moneta universale di scambio.
L'anno scorso, il commercio tra i due Paesi è stato stimato attorno ai quaranta miliardi di dollari. Si pensa che a fine 2010 ammonterà a sessanta miliardi.
Nell'accordo siglato da Vladimir Putin e Wen Jiabao a San Pietroburgo il 24 novembre, molti hanno visto un capitolo di quella "guerra delle valute" che agita sia i mercati finanziari sia la geopolitica mondiale, con il rinnovato interesse dell'amministrazione Obama per l'Estremo Oriente e la crescita record della Cina, nuova superpotenza.
PeaceReporter ha chiesto un parere a Paolo Manasse, professore di Macroeconomia e di Politica Economica Internazionale all'Università di Bologna, docente di Macroeconomia all'Università Bocconi di Milano.

Come si spiega la decisione di Russia e Cina?

C'è un motivo economico e ce ne è uno politico.
Dal punto di vista economico, siamo in un periodo di volatilità dei cambi legato alla crisi. Quando si parla di volatilità, ci si riferisce soprattutto al rapporto tra euro e dollaro. La Russia ha un grande volume di scambi con l'Europa, idem la Cina che ce l'ha anche con gli Usa, quindi sono esposte ai rischi di questa volatilità. E' probabile che almeno nello scambio bilaterale vogliano tutelarsi dai rischi di cambio delle valute, utilizzando le proprie.
L'aspetto politico sta nel fatto che soprattutto la Cina, così facendo, afferma la propria sovranità anche valutaria, mostrando di poter fare a meno del dollaro, cioè contrastando il privilegio tutto statunitense di battere moneta. Può essere letto in chiave di sfida.

C'entra con la cosiddetta "guerra delle valute"?

La guerra delle valute dura da anni. Muove dall'accusa Usa secondo cui la Cina terrebbe la propria moneta artificialmente bassa per guadagnare competitività. Nei meccanismi di mercato, alla domanda molto alta di merci cinesi dovrebbe corrispondere anche una domanda molto alta di yuan per pagarle. La conseguenza naturale dovrebbe essere la crescita di valore della moneta cinese e il deprezzamento del dollaro. Qui invece interviene la banca centrale cinese comprando dollari e vendono yuan per calmierarne il prezzo. Le conseguenze sono il valore basso dello yuan e un accumulo di dollari nelle riserve cinesi.
E' comunque una faccenda che riguarda soprattutto gli Usa, perché sono loro ad avere un enorme deficit commerciale con la Cina. L'Europa molto meno.
Tecnicamente, la scelta di Russia e Cina non c'entra molto con la guerra delle valute.
Anzi, potrebbe avere come effetto la riduzione della domanda di dollari e quindi l'indebolimento della valuta Usa. Chiaramente, non è scontato che ci sia un simile effetto, dipende da quali saranno i volumi degli scambi tra Cina e Russia. Ma comunque l'accordo non può essere visto come un tassello della guerra delle valute.

C'è anche il tentativo di diversificare le proprie riserve valutarie, riducendo la parte in dollari?

Il monopolio del dollaro come moneta di riserva [cioè la valuta con cui le banche centrali dei diversi Paesi accumulano le proprie riserve, date generalmente dal surplus commerciale, ndr] è già finito con l'avvento dell'euro. In genere le banche centrali tengono un portafoglio abbastanza bilanciato, diversificato, per evitare che fluttuazioni nel mercato dei cambi provochino problemi. Non si punta mai al cento per cento su una sola valuta.
In questo caso, mi sembra che si punti più a evitare l'impatto delle fluttuazioni sulle transazioni, sul commercio. A parte la valutazione politica, certo, cioè l'affermazione di indipendenza da parte della Cina.
Se un cinese esporta merci facendosi pagare in dollari o euro, e una delle due monete crolla, ci perde un sacco di soldi. Dal momento in cui si fanno le transazioni al momento in cui vengono liquidate, si rischia. Di solito ci si assicura con il mercato a termine: uno vende i dollari di domani a un prezzo che conosce oggi. Ma se fa gli scambi con la moneta nazionale, ha risolto il problema alla radice.

Gabriele Battaglia

mardi, 07 décembre 2010

Breve nota sulle rivelazioni di "Wikileaks"

Breve nota sulle rivelazioni di “Wikileaks”

Daniele SCALEA

Ex: http://www.eurasia-rivista.org/

Le recenti rivelazioni di “Wikileaks”, a detta del ministro Frattini, rappresenterebbero «l’11 settembre» della diplomazia, la manovra di chi vorrebbe «distruggere il mondo» colpendo il fondamento della diplomazia, ossia la reciproca fiducia tra gl’interlocutori.

Wikileaks-001.jpg

Tale valutazione è probabilmente esagerata. È nozione comune che la diplomazia sia l’arte della dissimulazione, ed includa la menzogna e l’inganno tra le sue tecniche. E gran parte delle rivelazioni di “Wikileaks” non sono altro che la conferma di fatti già risaputi da tutti gli addetti ai lavori, e da quella parte più informata e consapevole dell’opinione pubblica.

Ciò non toglie che sottrarre centinaia di migliaia di documenti riservati ad una grande potenza non sia cosa da poco. Tanto che riesce difficile credere che davvero “Wikileaks” possa essere riuscita ad impossessarsi di tali documenti, a pubblicarli, a farne parlare il mondo intero, eppure ad essere ancora disponibile on line ed il suo portavoce Julian Assange ancora libero, vivo e vegeto – è difficile credere a tutto questo, senza assumere che dietro a “Wikileaks” si nasconda un’operazione di intelligence. Probabilmente proveniente dagli USA stessi, ossia da una parte del suo establishment, che ha messo in imbarazzo l’amministrazione Obama – ma più che altro Hillary Clinton, ch’è sì una ministra di Obama ma anche la sua principale rivale in seno al Partito Democratico – ma fatto in modo che Washington, tra tutte le capitali coinvolte dalle rivelazioni, fosse quella che ne esce meno peggio. Infatti, un vantaggio di essere la potenza egemone è quello che tutti gli altri paesi sono ansiosi di piacerti. Se la fuga di notizie avesse riguardato, ad esempio, l’Italia, ciò avrebbe rovinato i rapporti di Roma col mondo intero. Avendo riguardato gli USA, ha prima di tutto rovinato l’immagine di quegli statisti di cui si parla male nelle rivelazioni. Rivelazioni che, per l’appunto, sembrerebbero concernere prima di tutto il giudizio della diplomazia statunitense su vari statisti mondiali, e quello di paesi terzi sui propri vicini. Vediamo qualche esempio di come le rivelazioni di “Wikileaks” mettano in imbarazzo gli altri paesi più degli USA.

Di Ahmadinejad si ripete l’immancabile refrain del “nuovo Hitler” e si asserisce che avrebbe armi in grado di colpire Russia e Europa. In più, si conferma la notizia, già trapelata mesi fa, che l’Arabia Saudita ed altri paesi arabi avrebbero chiesto agli USA di attaccare l’Iràn. Ahmadinejad dovrà giustificare in patria l’isolamento regionale del paese. La situazione è così scottante che si è subito prodigato per tacciare di falsità i documenti statunitensi.

Erdoğan è dipinto come un fanatico islamista pieno di conti in Svizzera. Nuovi succulenti argomenti per l’opposizione laicista in Turchia.

Chávez e la Fernandez-Kirchner sono descritti come dei pazzi. Anche in questo caso, le opposizioni interne ringraziano.

Della Cina si dice che condurrebbe azioni di pirateria informatica – un messaggio rivolto soprattutto all’Europa, dove già si sospettava Pechino in tal senso – e che mediterebbe di scaricare l’alleato nordcoreano. Facile immaginare che i prossimi colloqui tra Pechino e Pyongyang saranno meno cordiali del solito.

Dei giudizi su Berlusconi sarà superfluo ragguagliare i lettori. Ci permettiamo però d’evidenziare un paio di cose. Berlusconi ha indispettito gli USA per i suoi rapporti troppo stretti con Putin: ciò era affermato sulle pagine di “Eurasia” – e non solo sulle nostre, a dire la verità – già da parecchio tempo. A parte il nodo Berlusconi-Putin, l’Italia è tirata in ballo da un documento secondo cui Frattini avrebbe criticato pesantemente l’atteggiamento della Turchia. Questo è molto più grave, perché potrebbe incrinare i rapporti con Ankara. Probabilmente è stata proprio questa notizia ad innervosire a tal punto Frattini. È comunque interessante che “Wikileaks” tiri in ballo, per il nostro paese, proprio i rapporti con Russia e Turchia, ossia i due paesi che il direttore Graziani, nel suo ultimo editoriale [1], indicava come i necessari punti di riferimento della politica estera dell’Italia. Ciò fa supporre che l’analisi della diplomazia statunitense confermi quella di “Eurasia”, pur da una prospettiva opposta.

E chiudiamo proprio con la Russia. A parte le scontate e per nulla originali né imbarazzanti valutazioni sul rapporto Putin-Medvedev, della Russia si afferma che sarebbe uno Stato legato a filo doppio con la mafia nazionale. Questo sì è un giudizio pesante. Ed arriva proprio a proposito d’un paese con cui Obama sta cercando di distendere i rapporti dopo le tensioni dell’era Bush. A breve i parlamentari di Washington dovranno decidere se ratificare o meno il nuovo trattato START con la Russia, ed il fatto che i loro diplomatici considerino mafioso l’interlocutore non depone a favore dell’approvazione.


* Daniele Scalea, redattore di “Eurasia”, è autore de La sfida totale [2] (Fuoco, Roma 2010)

Wikileaks und ein kleiner Leckerbissen

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Wikileaks und ein kleiner Leckerbissen

Die globale Jagdsaison wurde mit der Abschuß-Freigabe eines  exotischen  Zweibeiners aus dem fernen Australien bereichert. Unzählige Kopfjäger sind mittlerweile auf der Pirsch  um Julian Assange  zu erlegen. So viel Jagdlust  wegen herrscht in den meisten Medien, anders als wenn einem Asylbetrüger ein nicht verbrieftes Recht verweigert wird, erstaunlich wenig  Empörung, aber umso mehr Vorverurteilung. Und nebenbei  Aufregung darüber, daß Assange den Rücktritt der US-Außenministerin verlange. Das sei  „Größenwahn“, diagnostiziert ein heimisches Blatt, das selbst schon einmal den einen oder anderen Ministerrücktritt  gefordert hat.                                                                                                 

Frau Clinton zeigt sich übrigens besorgt, der USA Bemühen „um eine bessere Welt“ könnte  durch Wikileaks unterminiert werden..  Oh, mein Gott!  Aber sie mag unbesorgt sein, Washington kann sich auf seine Freunde in Europa schon noch verlassen. Selbst Österreichs Außenminister wird ihr kaltes Pfötchen zu wärmen wissen. Auch wenn es umgekehrt nicht ganz so warm zurückkommt.                                                                       

„Wer wird uns noch vertrauen“ fragt also  besorgt der neokonservative  Falke Charles Krauthammer in der „Washington Post“, um dann auszuführen, daß dieser Assange doch weit gefährlicher sei, als etwa  jene deutschen Saboteure, die unter Roosevelt exekutiert wurden. So viel Anerkennung wird der Australier , dem eine gewiße Eitelkeit nachgesagt wird,  vielleicht gar nicht erwartet haben.

Doch nicht wegen der freigegebenen Dokumente, die in vielen Fällen die zwischenstaatlichen Beziehungen beeinträchtigen  – wie im Fall Jemen, wo dessen Präsident beklagt, daß die US-Boys und nicht die eigene  Flugzeuge Al  Qaida-Stellungen bombardieren dürfen – sondern wegen eines angeblichen Sexualdeliktes wird der Wikileaks-Gründer  von der  schwedischen Justiz  per internationalem Haftbefehl  verfolgt. Doch noch ehe überhaupt ein Gramm der Vorwürfe, er habe zwei Frauen  sexuell belästigt und vergewaltigt, Beweiskraft erlangt hat, wird die betreffende Anklage  von  unseren Medien genüßlich ausgebreitet.                                                                                            

Interessant an der Sache ist allerdings,  daß er gleich zwei Frauen auf einmal vergewaltigt haben soll, und dieselben keineswegs an Demenz leidenden Damen eine ganze Woche gebraucht haben, um den Weg zur Polizei zu finden. Ob ihnen da nicht doch irgendein internationaler Pfadfinder behilflich gewesen ist?  Bei einem  80 Milliarden Dollar-Hilflosenzuschuß  an die US-Geheimdienste, muß sich doch ein geeigneter Lotse finanzieren lassen können.

Nun, unabhängig davon, wie groß der Schaden für das Ansehen Amerikas und dessen „Verteidigungsanstrengungen“  nun wirklich ist und unabhängig davon, ob an der Vergewaltigungs-Sache etwas daran ist, ergeben  sich doch einige interessante Einblicke und Aussichten. Da  wäre  die von mir bereits in einem anderen Kommentar angeführte unerfreuliche Entwicklung hin zum gläsernen Bürger. Diesbezüglich  hat man nämlich  von Seiten der auf ihre eigene Freiheit eingeschworenen Obrigkeit absolut keine Bedenken. Jetzt aber, wo Regierungen oder deren Diplomaten ins Rampenlicht gezerrt werden, ist plötzlich Feuer am Dach. Gilt etwa nur mehr das Motto, der Einzelne ist nichts, der Machtapparat ist alles?                                                                                                                  

Die Eile, mit der der „selbsternannte Ober-Gutmensch“ („Krone“) gefangen werden soll, hat  möglicherweise nicht nur damit zu tun, daß weitere Dokumente folgen könnten. Ohne Zweifel wird man sich auch Gedanken darüber gemacht haben: Sein Fall und die außerordentliche Publizität könnten irgendwann gefährliche Nachahmer auf den Plan rufen. Potentielle neue Aktenüberbringer bzw. Spione werden ja trotz neuer Sicherheitsmaßnahmen nicht zu verhindern sein. Märtyrer für eine „gerechte Sache“ müssen dann nicht unbedingt nur mehr aus dem islamistischen Lager kommen.                   

Zum Schluß noch ein kleiner Leckerbissen:  Aus den Dokumenten  der US-Botschaft in Algier geht hervor, daß der CIA-Vertreter in der algerischen Hauptstadt zwei algerische Frauen vergewaltigt haben soll. Wird dieser jetzt auch mit einem internationalem Haftbefehl gesucht?

lundi, 06 décembre 2010

Monnaie, recherche désespérement souverain sérieux

Monnaie, recherche désespérement souverain sérieux

Par Jean-Claude Werrebrouck

Les images du bateau, et des passagers clandestins, évoquées dans « l’euro : sursaut ou implosion » se voulaient révélatrices de la réalité de la monnaie unique. Les passagers clandestins étaient les Etats eux-mêmes, et des Etats – puisque passagers clandestins – peu soucieux d’une stratégie de coopération.

Le bateau était lui-même le symbole de la monnaie, et une monnaie sans autre pilote qu’un fonctionnaire indépendant, voire en état d’apesanteur, et surtout dépourvu de gouvernail : la banque centrale est en effet indépendante et son rôle n’est que de maintenir le navire à flot, et ce, sans même lui assigner une direction.

Jadis, le pilote était l’Etat lui-même, et les passagers avaient le statut d’usagers d’un service monétaire largement soumis au caprice du prince. Bref la monnaie avait un maître, et il est vrai, souvent autoritaire, et peu scrupuleux, appelé souverain.

En sorte qu’il était exact que « battre monnaie était un attribut de la souveraineté ». Et souvent avec la violence du souverain : seigneuriage, dilution, assignats, « banqueroute des deux-tiers », inflation, etc. (cf. : « la crise : scénario pour 2010 »)

Le fonctionnement des marchés politiques en Europe, et leur histoire, devait pourtant aboutir à une « grande transformation » à la Polanyi : puisque « l’extériorité » qui tient les hommes ensemble peut devenir le marché, lequel rend faussement et magiquement obsolète l’Etat, alors il est possible d’engendrer une monnaie sans Etat et donc sans souverain : l’Euro était né.

 

Bien sûr, le bateau des passagers clandestins ne connaissait point de port – bateau aussi habité par des passagers voulant s’offrir à bon compte une « monnaie de réserve à l’américaine » (cf « l’euro : sursaut ou implosion ») – et pouvait rencontrer quelques hauts fonds, susceptibles de le faire chavirer : nous y sommes.

La grande crise était constitutive de ces hauts fonds, et de ce point de vue, elle ne fait qu’enclencher ou aggraver une crise monétaire, inscrite dans les gènes de la monnaie unique. Curieusement, c’est cette rencontre avec les hauts fonds, qui semble engendrer une course impossible de la « grande transformation à l’envers ».

C’est qu’en effet, les entrepreneurs politiques européens, aussi passagers clandestins, semblent vouloir ancrer le navire vers une extériorité, qui ne peut être qu’un souverain… dont on ne veut surtout pas…

C’est tout le sens qu’il faut donner, aux diverses rustines qui s’accumulent sur les flancs du navire, ayant eu à affronter les diverses convulsions des passagers : le grec, l’irlandais, etc.

Un premier pas dans la grande transformation à l’envers

Ainsi, une première extériorité que l’on peut appeler machine à fabriquer des rustines, fût mise en place dans le cadre d’un partenariat : le Fonds Européen de Stabilité Financière. Evidemment, cette institution basée au Luxembourg, est bien une extériorité, mais elle ne saurait être un souverain. Elle n’est même pas une union de transferts budgétaire, constitutive d’une caisse d’aide aux passagers, qui veulent rester clandestins.

Elle n’est qu’une abstraction, seulement susceptible de lever des fonds, au profit des passagers clandestins, invités à davantage de coopération. Et levées de fonds garantis, par la garantie des autres passagers, lesquels refusent de devenir responsables solidairement de façon illimitée.

Ainsi la loi du 7 juin 2010, votée au parlement français, expose l’Etat correspondant, dans la limite supérieure de 111 milliards d’euros. Les fonds levés, ne sont pas ceux des souverains, ne sont pas de la dette souveraine, et la responsabilité des souverains cautionneurs de dette est limitée, très exactement comme dans le cas de sociétés commerciales privées.

Et cette machine, initiée par la crise grecque du printemps 2010, se devait d’être légère, à peine d’entrer en délicatesse avec la clause de « no bail out » de l’article 125 du traité, lequel veille au principe de non solidarité financière entre les souverains. Principe instituant, ou autorisant de fait, le caractère de passager clandestin pour chaque signataire du traité.

Parce que la machine à fabriquer des rustines ne peut remettre le bateau à flot que fort temporairement, en raison du fait qu’elle participe à l’engendrement de nouvelles dettes, qu’il faut pourtant faire disparaitre, son usage est promis à bel avenir.

Clairement, le stock de dettes à l’échelle planétaire ne fait qu’augmenter, et le risque de nouveaux subprimes – de nouveaux hauts fonds – ne fait que se multiplier partout dans le monde.

C’est que le Fonds Européen de Stabilité Financière est aussi une machine, parmi d’autres dans le monde, à fabriquer de la nouvelle dette s’appuyant sur la garantie d’Etats insolvables : quelle espérance de mobilisation de la participation française (111 milliards d’euros) en cas de défaut grec par exemple, sachant que cette garantie représente environ 40% des recettes 2011 de l’Etat Français ?

Espérance d’autant plus réduite que, si un tel défaut devait se manifester, ledit Etat serait anéanti dans sa course à sauver les banques françaises, elles mêmes vitrifiées par le défaut grec, pour lequel elles sont si exposées : près de 0,3% du total des actifs bancaires, d’après l’étude de la Deutsche Bank en date du 26/11/2010… soit beaucoup plus que les capitaux propres…

Une autre étape de la grande transformation à l’envers

Le bel avenir de la machine à fabriquer des rustines est déjà écrit, avec fort gonflement de ses activités liées au secours, d’abord du passager irlandais, qui maintient malgré toutes les pressions et protestations, son jeu non coopératif en matière fiscale, ensuite des passagers portugais, espagnol, et sans doute d’autres encore. La taille de la machine pouvant augmenter en raison des convulsions à venir, cela signifiera de nouvelles garanties de la part des grands Etats insolvables.

L’accroissement de la taille ne la transformera pourtant pas en nouvelle extériorité, jouissant de la puissance d’un réel souverain monétaire. Sans doute l’aide du Fonds Européen de Stabilité Monétaire est-elle assortie de pressions sur les passagers afin de réduire leur clandestinité, toutefois les dites pressions ne les conduisent pas vers des stratégies coopératives.

C’est que le remède est uniformément déflationniste : réduction des déficits budgétaires gonflés par la crise financière, par diminution des dépenses publiques et, parfois augmentation de la pression fiscale. La purge déflationniste de chacun des passagers malades, entrainant une contagion, ankylosant le niveau d’activité du groupe, pris dans son ensemble.

Mieux, le danger guette, et les clandestins peuvent se dire intéressés par leur assujettissement au bourreau déflationniste : il fait mal certes, mais peut être moins que si l’on restait victime du spread sur dettes souveraines. Si, en effet, les taux offerts par le fonds de stabilité sont moins élevés que ceux offerts dans un marché en ébullition, il devient ainsi intéressant de se placer sous la houlette de l’Europe, le bourreau y étant peut-être moins cruel.

C’est très exactement la question qui s’est déjà posée – le dimanche 28 novembre 2010 à Bruxelles – pour le passager irlandais à qui il fallait proposer un taux élevé (5,8%), taux sans doute irréaliste pour le malheureux passager clandestin, mais en même temps, peut-être trop faible pour dissuader les passagers portugais et espagnol qui connaissent, ou vont connaitre, des taux marginaux d’endettement sur les marchés supérieurs à 5,8%.

Cela signifierait qu’il y aurait, avec la machine à fabriquer des rustines, une possibilité supplémentaire pour gagner un peu de temps. En contrepartie, cela signifierait aussi que le Fonds Européen de Stabilité Financière serait pollué – avec des taux simultanément trop élevés et trop faibles – dans son action, par des effets pervers non initialement prévus. Le fonds « victime des marchés », alors qu’il devait constituer une extériorité, sur laquelle il eut été possible de s’appuyer.

Grande transformation à l’envers : une nouvelle étape

Et les choses ne s’amélioreront guère en 2013 avec le futur mécanisme européen de stabilisation, lequel ne sera toujours pas une extériorité, comme le souverain de jadis l’était.

A priori, il traduira dans la rigueur du droit, un début de modification du rapport de forces sur les marchés politiques européens. Chez nombre de clandestins, il devient de plus en plus difficile, pour les entrepreneurs politiques, de justifier le point de vue d’une finance et d’une rente, qui a pour contrepartie la relative disparition des Etats providence construits autour du pacte politique des « Trente Glorieuses ».

Le cas de l’Irlande – qui pourtant n’avait pas connu la période en question – est à cet égard particulièrement éclairant : dans « l’accord » qui vient d’être proposé aux entrepreneurs politiques au pouvoir, il est expressément prévu que le fonds irlandais de réserve des retraites sera, à hauteur de 15 milliards d’euros, mobilisé pour sauver les banques.

La finance se nourrit ainsi fort directement dans le garde-manger, de ce qui est réellement des salaires indirects. L’approfondissement d’un tel modèle devenant politiquement ingérable, les entrepreneurs au pouvoir, sont désormais invités par les marchés politiques, à restaurer un minimum de souveraineté monétaire.

C’est tout le sens qu’il faut donner aux « clauses d’actions collectives », qui devraient commencer à s’introduire à partir du 1er juillet 2013, dans les contrats d’émissions de dettes souveraines. Et clauses souhaitées par l’entrepreneur au pouvoir à Berlin.

Sur le fond, un tel mécanisme, s’il devait être mis en place, est un début du partage du désastre engendré par la crise : finance et rentes correspondantes seront mises à contribution, par le biais d’un défaut désormais négocié. Sur les marchés politiques, cela correspondra, assez probablement, à l’achat de voix chez des contribuables invités à financer moins de rente, contre une perte probable de voix chez les épargnants.

Pour autant, il ne s’agit encore que d’un projet, projet pouvant à chaque instant être balayé par la violence de la crise. Un tel mécanisme est en effet lourd, complexe, et probablement non exempt de dangers. Il pose de vraies questions : les taux ne vont-ils pas incorporer le risque de défaut résultant de la disparition de l’aléa moral ? Vont-ils faire disparaitre les spreads ? Ne vont-ils pas précipiter la panique, chez ceux qui voyaient dans la dette des clandestins, un placement particulièrement sûr ? Quel statut donner à la dette souscrite par des résidents ? Etc.

Mais surtout, la renégociation elle-même se trouve extrêmement complexe, en raison de l’extrême imbrication des dettes, et des risques associés avec le principal d’entre-eux : la possible pérennisation d’un effet domino. C’est qu’il serait imprudent, de considérer que les externalités développées par un défaut irlandais, serait du même type que ceux d’un pays émergent.

Autant de questions qui justifient la grande instabilité des marchés en cette fin d’automne 2010. D’où d’autres voies à explorer.

Grande transformation à l’envers : d’autres difficiles étapes

On pourrait maintenant imaginer que la conjonction de la pression des marchés, associée à la résistance croissante des salariés, inviterait les entrepreneurs politiques européens à bousculer le champ institutionnel, au profit de la création d’une extériorité plus solide : un véritable Trésor européen en charge de l’émission de bons du trésor européen.

L’affaire serait redoutable, puisque les marchés politiques de chacun des passagers de l’euro, seraient amenés à réduire le périmètre de leurs activités, et donc le « carburant du pouvoir ». Il y aurait effectivement bouleversement du champ institutionnel, avec renégociation d’un nouveau traité, permettant notamment à l’union européenne, de percevoir des impôts de masse, type TVA, et de s’endetter, ce qui est aujourd’hui juridiquement impossible.

Reposant sur un PIB de 9.000 milliards d’euros pour la seule zone euro, l’ensemble bénéficierait en première approximation, d’une puissance d’endettement considérable. De quoi imaginer la présence d’un vrai souverain, pour une monnaie jusqu’ici sans maitre.

Pour autant, cette transformation à l’envers, faisant naitre un nouveau souverain, est aujourd’hui encore difficile à envisager. Les fonctionnements des marchés politiques interne à chaque pays, d’une part, et entre les pays de l’euro zone , d’autre part, ne peuvent que s’y opposer.

Au niveau interne, donc au niveau de chacun des passagers, la naissance d’un embryon d’Etat européen, vaut réduction des marchés politiques internes. Ainsi qu’il vient d’être énoncé, le basculement d’une partie de la fiscalité interne, est réducteur du périmètre des activités des entrepreneurs politiques locaux.

Et face à cette perte collective du « carburant du pouvoir », le risque est d’assister à la cartellisation des grandes entreprises politiques, aux fins de résister au projet. Pour éviter le processus de cartellisation négative, il faudrait que les avantages politiques d’une dette devenue européenne, surcompense les désavantages de la montée en puissance de cette nouvelle extériorité, que serait l’Etat européen embryonnaire.

En admettant même que l’analyse coût/avantage soit indécise, quant à ses résultats au niveau interne (au niveau de chacun des passagers), la même analyse – menée au niveau externe – conduit plus probablement au refus de la naissance d’un souverain européen.

Car la collectivisation de la dette, en faisant disparaitre les spreads, aboutit nécessairement à la fixation d’un taux d’intérêt unique, défavorable au passager le plus important : l’Allemagne. La qualité de la dette européenne devenant inférieure à la qualité de la dette allemande seule. Il y aurait donc un spread de taux, sur la dette européenne, par rapport à la dette allemande d’aujourd’hui. D’où, ici, la cartellisation des entreprises politiques allemandes, en vue d’opposer un front du refus.

Décidément, le chemin de la grande transformation à l’envers dans le but d’accrocher l’euro à un souverain, est parsemé d’embûches…

Resterait à envisager un autre chemin pour envisager la grande transformation à l’envers. Puisqu’il est très difficile de faire naître un souverain pour l’euro, peut être serait-il possible de faire au moins disparaître ce pouvoir indépendant qu’est celui de la BCE.

Dans la présente situation, le dispositif institutionnel du système européen de banques centrales, a pour effet, de contenir le périmètre de la clandestinité des passagers. La BCE ne peut en effet favoriser tel ou tel passager en achetant directement sa dette, geste qui lui est juridiquement interdit. Elle ne peut pas non plus, émettre sans retenue de la liquidité auprès des banques, de tel ou tel passager, en raison de son statut de gardien de la stabilité monétaire.

Autant de dispositions qui limitent le périmètre de la clandestinité, ainsi que l’a clairement montré les péripéties de la crise irlandaise. Les entrepreneurs politiques locaux continuaient à chercher à gagner du temps – y compris en consommant cavalièrement, le fonds de réserve des retraites, pour retarder des adjudications, potentiellement calamiteuses en termes de taux – et laissaient sur active une BCE venant en aide aux banques insolvables.

La BCE, jugeant qu’elle quittait le champ traditionnel de ses interventions, fut le promoteur de l’organisation d’une aide coordonnée, que les entrepreneurs politiques irlandais furent amenés, dans un premier temps, à refuser. Ces derniers, préférant sauver les banques, par les liquidités distribuées par la BCE, plutôt que d’accabler davantage un citoyen pourvoyeur de voix.

« L’accord » du 28 novembre qui fut imposé aux entrepreneurs politiques irlandais, définit bien les limites de la clandestinité dans le paradigme dominant : en cette fin d’année 2010, il appartient encore aux contribuables de régler les factures de l’orgie financière.

Sans doute y aura-t-il, ici ou là, chez nombre de clandestins, cartellisation des marchés politiques pour faire évoluer le système européen de banques centrales. Et une cartellisation résultant possiblement d’une résistance croissante des citoyens.

Pour autant, les choses ne sont pas simples, et il y aura probablement un nouveau front du refus, issu de la cartellisation des entreprises politiques allemandes. En admettant même qu’il puisse être mis fin à l’indépendance de la BCE, le risque le plus important serait l’élargissement du périmètre de la clandestinité : l’euro était déjà pour nombre de clandestins une drogue – une « monnaie de réserve à l’américaine » – mais qui pourra, demain, si fin de l’indépendance il devait y avoir, contrôler l’ouverture du robinet à liquidités aux fins d’éviter l’overdose ?

L’euro, risque ainsi de rester encore quelque temps, la monnaie en quête d’un souverain très difficile à faire émerger. De quoi la menacer dans sa survie.

La crise des années 2010

(Les liens insérés dans le texte, l’ont été par fortune.fdesouche.com)

samedi, 04 décembre 2010

Presseschau (Dezember 2010/1)

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Presseschau

Dezember 2010 (1)

Liebe Angemailte, großer Kreis. Da die infokreis-Presseschau derzeit nicht erscheint, meine selber gesammelten Links für eine Presseschau spezial November. Umfangreich. Viel Spaß und manche Anregung beim Lesen.
C.W.

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Costa Rica
Nach "falschem" Armee-Einmarsch: Google ändert Karten
http://www.dnews.de/nachrichten/netzwelt/362634/falschem-...

Google-Street-View: Eier-Anschläge auf verpixelte Häuser
http://www.op-online.de/nachrichten/internet/eier-anschla...

USA
Einschüchterung von Wählern bleibt ungeahndet
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm....

Neues Gutachten im Fall Barschel belastet Geheimdienst Israels
http://nachrichten.rp-online.de/politik/neues-gutachten-i...

Neues Gutachten stützt Mordthese im Fall Barschel
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm....

Godfrey Bloom
„Ein Volk, ein Reich, ein Führer“
http://www.focus.de/politik/weitere-meldungen/godfrey-blo...

Wie gewonnen, so zerronnen: Nächster Abgang bei Stadtkewitz-Partei
http://deutschlandecho.wordpress.com/2010/11/02/wie-gewon...

Die Illusion der intellektuellen Teilhabe
http://www.sezession.de/21349/die-illusion-der-intellektu...

Spaziergang durch die Geschichte der humanistischen Ideale
http://www.dradio.de/dkultur/sendungen/kritik/1317745/

Karriere-Chancen mit einem Master in Holocaust Communication and Tolerance
http://www.sezession.de/21504/karriere-chancen-mit-einem-...

Leitartikel zur Wahl Graumanns
Aus einer anderen Zeit
von Arno Widmann
http://www.fr-online.de/politik/meinung/aus-einer-anderen...

Alter Text…
Die Wiedergeburt des Antiamerikanismus
Zum Neonationalismus prominenter Ex-68er
von Wolfgang Kraushaar
http://www.isioma.net/sds14401.html

Das endlose Gelaber
Standpunkt. Das paßt den führenden deutschen Medien in den Kram: Mit Thilo Sarrazins demagogischen Thesen läßt sich die Bevölkerung bestens von ihrer weiteren Ausplünderung ablenken
Von Kurt Pätzold
http://www.jungewelt.de/2010/09-15/021.php

20 Jahre deutsche Einheit - Kein Grund zum Feiern
http://www.linkezeitung.de/cms/index.php?option=com_conte...

gähn...
Zentralrat der Juden sieht bedrohlichen Antisemitismus
http://www.welt.de/print/die_welt/politik/article10819117...

Betrüger täuschen deutsche Fonds
Millionenbetrug bei Holocaust-Entschädigungen
http://www.tagesschau.de/ausland/holocaust108.html

Bielefeld: Ideologieschmiede rechts außen
Bielefeld – Für den 27. und 28. November kündigt die „Burschenschaft Normannia-Nibelungen zu Bielefeld“ ihre „6. Ideenwerkstatt“ an.
http://nrwrex.wordpress.com/2010/11/26/bi-ideologieschmie...

„Christdemokraten für das Leben“ fordern Rücktritt von BpB-Chef Krüger
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm....

Deutschland: Olympischer Unfriede bei den Grünen
http://diepresse.com/home/politik/aussenpolitik/612150/De...

Raphael Gross, die FAZ und Konrad Löw
http://www.sezession.de/21486/raphael-gross-die-faz-und-k...

Linksterrorismus
Seid faul und militant!
http://www.faz.net/s/Rub642140C3F55544DE8A27F0BD6A3C808C/...

Linke Militanz
Und was kommt dann?
http://www.fr-online.de/kultur/debatte/und-was-kommt-dann...

Hafeneger (gerne bei dpa zitiert) 1
Rechtsextremismus bei Jugendlichen
http://www.welt.de/print/welt_kompakt/vermischtes/article...

Hafeneger 2
Der Rechtsextremismus in Hessen wird jünger
http://www.fnp.de/nnp/region/hessen/der-rechtsextremismus...

EMOTIONSMANAGEMENT GEGEN RECHTSPOPULISMUS
Symbolische Integration
http://www.taz.de/1/archiv/digitaz/artikel/?ressort=ku&am...

Rechtspopulismus
Es gilt, jedes Gegenargument zu entwerten
Wir sind so echt
http://www.taz.de/1/debatte/kommentar/artikel/1/wir-sind-...

Knobloch fordert Bundesbeauftragten gegen Rechtsextremismus
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm....

Antifantisches (1)
http://www.sezession.de/21272/antifantisches-1.html

Der edle Linke
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm....

SPD hebt Unvereinbarkeitsbeschluß mit VVN-BdA auf
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm....

Freiburg: Linke Gruppen gegen Jesse-Vortrag
http://de.indymedia.org/2010/11/293803.shtml

Frankfurt
Burschenschaftler ausgepfiffen
Demo auf dem Römerberg gegen den Akademikertag
http://www.fnp.de/fnp/region/lokales/burschenschaftler-au...

Darmstadt
Protest gegen Burschenschafter
Orangerie mit Farbe beschmiert
http://www.hr-online.de/website/rubriken/nachrichten/inde...

(Die "Frankfurter Rundschau" macht aus den "Autonomen" einfach mal "Unbekannte"...)
Orangerie mit Farben beworfen
Aus Protest gegen einen Burschenschafter-Kongress in Darmstadt haben Unbekannte den Tagungsort, die Orangerie, mit Farbgläsern beworfen. Dabei entstand ein Schaden von rund 50.000 Euro
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Aus für Thor Steinar in Mitte
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Mit Rollkommandos gegen Läden
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Berlin
Linke: Anschlag auf S-Bahn
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Berlin
Militante AKW-Gegner bekennen sich zu Anschlag auf S-Bahn
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Vereitelte Anschläge
Griechenland stoppt Luftpostverkehr für zwei Tage
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Paketbombe für Merkel kam von Linksradikalen
http://www.derwesten.de/nachrichten/Paketbombe-fuer-Merke...

(Ja klar, "Nazis" beschmieren nun auch noch gerne die Gedenkstätten für Opfer des Bombenkrieges...)
http://www.mopo.de/2010/20101102/hamburg/panorama/nazi_sc...

Der gute Onkel Karl - war bei der SS
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Hanau
Souveräne Reaktion auf Rep-Antrag
Stadtparlament ließ sich nicht provozieren
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Razzia
BKA lässt Rechts-Radio verstummen
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Report Mainz wirft Verlagen Vertrieb von „Nazi-Literatur“ vor
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Antifa-Verein lehnt Bekenntnis zum Grundgesetz ab
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Wegen Hakenkreuz-Tattoo Arzt verweigert Operation
http://www.bild.de/BILD/news/2010/11/12/hakenkreuz-tattoo...

BRD-Sippenhaft: Beide Kinder von Bernhard Schaub fliegen von Waldorfschule in Schopfheim/Süd-Schwarzwald
http://de.altermedia.info/general/brd-sippenhaft-beide-ki...

Na so ein Fauxpas aber auch...
Wulff ehrt mutmaßliche Rechtsextreme
http://www.op-online.de/nachrichten/politik/aerger-ueber-...

Vlotho - Zwangsversteigerung des Collegium Humanum - Expose - 12.11.2010

[http://www.vlothoer-anzeiger.de/lokales/vlotho/3948970_Bu...]

[http://www.westfalen-blatt.de/nachrichten/regional/herfor...]

[http://www.mt-online.de/lokales/nachbarschaft/vlotho/3954...]

Fragen bei www.abgeordnetenwatch.de...
Migrationskosten:
http://www.abgeordnetenwatch.de/philipp_missfelder-575-37...
Zensur Aigner:
http://www.abgeordnetenwatch.de/ilse_aigner-575-37446--f2...
http://www.abgeordnetenwatch.de/ilse_aigner-575-37446--f2...
http://www.abgeordnetenwatch.de/ilse_aigner-575-37446--f2...
Meinungsfreiheit Reiche:
http://www.abgeordnetenwatch.de/katherina_reiche-575-3788...

Hartz IV geht doppelt so häufig an Ausländer
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm....

Türkische Gastarbeiter kamen auf Druck der USA
http://www.unzensuriert.at/002551-t-rkische-gastarbeiter-...

Ausländer in Deutschland
Einwanderungsland wider Willen
http://www.faz.net/s/Rub31A20177863E45B189A541403543256D/...

Interview mit Volker Bouffier
"Lebenslüge Einwanderungsland"
http://www.rp-online.de/politik/deutschland/Lebensluege-E...

Das Dschihad-System: Manfred Kleine-Hartlage
http://www.youtube.com/watch?v=eBCtdId15tk

Brandrede über Kadri Ecvet Tezcan von Mag. Ewald Stadler - BZÖ
http://www.youtube.com/watch?v=j0BOKGDSo7o&feature=pl...

Zentralrat der Juden
Knobloch verurteilt Anschlag auf Sehitlik-Moschee
Die Präsidentin des Zentralrates der Juden in Deutschland sieht in dem mutmaßlichen Brandanschlag "ein weiteres alarmierendes Indiz für ein Erstarken rechtsradikalen Gedankenguts in Deutschland".
http://www.morgenpost.de/berlin-aktuell/article1457296/Kn...

Die dänische Pest
Das kleine skandinavische Land rühmt sich seiner Fremdenfeindlichkeit. Und das Schlimmste daran ist: Dieses abschreckende Beispiel könnte sich ausbreiten über Europa.
http://www.fr-online.de/politik/meinung/die-daenische-pes...

Familienministerin kritisiert muslimische „Machokultur“
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm....

Kommentar zur Integrationsdebatte
Falscher Ansatz
http://www.op-online.de/nachrichten/politik/falscher-ansa...

Deutschsprachige Länder
Staatsoberhäupter in Lübeck: Brauchen Zuwanderung
http://www.abendblatt.de/politik/deutschland/article16817...

Christian Wulff
Bundespräsident Wulff trommelt für die Integration
http://www.focus.de/politik/weitere-meldungen/christian-w...

Wulff würdigt vielfältige Kulturen in Berlin
http://www.ad-hoc-news.de/wulff-wuerdigt-vielfaeltige-kul...

Sächsischer Innenminister will Einwanderungskriterien senken
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm....

Böhmer gegen Abschiebung von gut integrierten Kindern
http://www.saarbruecker-zeitung.de/sz-berichte/politik/Bo...

Frankfurter Asyl
Mehr Bewerber in Hessen
http://www.welt.de/print/welt_kompakt/vermischtes/article...

Sportlichkeit von Ausländern angemahnt...
Hessen will Integration genauer unter die Lupe nehmen
http://www.epd.de/hessen/hessen_index_82595.html

(Einwanderungslobbyisten sind nun mal wieder "Experten"...)
Experten fordern Abschiebestopp für junge Flüchtlinge
http://www.nh24.de/index.php?option=com_content&view=...

Kriminalität
Gewalt gegen Polizei nimmt zu – GdP fordert schärfere Strafen
http://www.focus.de/politik/weitere-meldungen/kriminalita...

(Artikel des Berliner Tagesspiegel zu sogenannten "Intensivtätern". Das ist das perfideste, das seit langem aus linker Feder bei einer großen Tageszeitung zu lesen war. Letztlich eine Rechtfertigung von Faustrecht und Sozialdarwinismus...)
Mentales Altersheim - Jugendbanden und Demographie
In Berlin gibt es ausländische Jugendbanden. Das ist ein Problem. Noch größer wäre das Problem, wenn es sie nicht gäbe.
http://www.tagesspiegel.de/meinung/mentales-altersheim-ju...

Generalverdacht
http://www.sezession.de/21513/generalverdacht.html#more-2...

Ein Diener für die Hausaufgaben
http://www.berlinonline.de/berliner-zeitung/berlin/318447...

(Es wird nicht nur das Opfer "Hassan" heißen...)
Frankfurt. Justiz im Kriechgang
Zwei Jahre nach schwerer Schlägerei stehen zehn Jugendliche vor Gericht
http://www.fnp.de/fnp/region/lokales/justiz-im-kriechgang...
(...wenn das Opfer überhaupt so heißt, denn bei der Frankfurter Rundschau hat es plötzlich gar keinen Namen mehr)
http://www.fr-online.de/frankfurt/zehn-gegen-elf/-/147279...

Wortkarger Fahrgast zieht Messer - Offenbach
(iz) Mit einem Messer bedrohte am Dienstag kurz vor Mitternacht ein junger Mann einen Taxifahrer, zu dem er am Wilhelmsplatz ins Auto gestiegen war. Nachdem der Fahrer den Wunsch seines Gastes erfüllt und ihn in die Taunusstraße gefahren hatte, zog der Unbekannte in Höhe des Hauses Nummer 28 plötzlich wortlos ein Messer und bedrohte den Chauffeur. Der löste aber sofort Alarm aus und stoppte abrupt seinen Wagen; das beeindruckte den unliebsamen Fahrgast offensichtlich derart, dass er - ohne überhaupt ein Wort gesagt zu haben - aus dem Wagen sprang und flüchtete. Somit bleibt rätselhaft, ob der "Messermann" den Taxifahrer berauben oder nur den Fahrpreis nicht bezahlen wollte. Der Ausländer, der als 18 bis 25 Jahre alt und etwa 1,70 Meter groß beschrieben wurde, hatte ein auffälliges Palästinenser-Tuch um den Hals geschwungen. Vielleicht kann sich jemand an diesen Mann am Wilhelmsplatz oder später in der Taunusstraße erinnern. Hinweise bitte an die Kripo, Telefon 069/8098-1234.
http://www.presseportal.de/polizeipresse/pm/43561/1719148...
Hier ohne Nennung der Herkunft (es ist nur noch ein "junger Mann")
http://www.primavera24.de/lokalnachrichten/rhein-main-geb...

Junger Mann pinkelt Mädchen in Rüsselsheim an, tritt sie und klaut ihr Handy
(hier ohne Täterherkunft)
http://www.main-spitze.de/region/ruesselsheim/9654469.htm
(hier mit Täterherkunft)
http://www.mopo.de/2010/20101120/deutschland-welt/panoram...
http://www.wiesbadener-tagblatt.de/nachrichten/polizei/96...

Offenbach
Zuzügler aus Bulgarien und Rumänien werden für die Stadt zunehmend zum Problem
Kehrseite der Freizügigkeit
http://www.op-online.de/nachrichten/offenbach/zuzuegler-r...

Genossen werfen Bülent Ciftlik raus
http://www.mopo.de/2010/20101106/hamburg/politik/genossen...

Flughafen-Bande
Dreiste Diebe rauben Touristen in Frankfurt aus
http://www.welt.de/vermischtes/weltgeschehen/article10796...

Mitschuldig im Sinne der Anklage
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm....

Katholische Kirche wirbt fünf anglikanische Bischöfe ab
http://diepresse.com/home/panorama/religion/608958/Kathol...

RCQT-Designer Rodrigo Diaz: „Die Adressaten unserer Botschaft sind nicht Angehörige fremder Völkerschaften sondern eingeborene Multikulti-Volksverräter“ 
http://www.blauenarzisse.de/v3/index.php/aktuelles/2078-r...

(unfassbar originell...)
„Mein Kampf“
Schweigen im Schlachthaus
Amélie Niermeyer hat George Taboris „Mein Kampf“ am Schauspiel Frankfurt als fulminante Farce inszeniert – mit Hitler als grotesker Witzfigur.
http://www.faz.net/s/RubFBF93A39DCA8403FB78B7625AD0646C5/...

TV-Kritik: Liebe deinen Feind
Heillos überfrachtet
http://www.morgenpost.de/printarchiv/kultur/article144328...
http://www.evangelisch.de/themen/medien/tv-tipp-des-tages...

Jüngers Jünger
Der Nachlass des Kriegsschriftstellers Ernst Jünger
http://www.3sat.de/page/?source=/kulturzeit/tips/149356/i...

Martin Walser berauscht sich am Ruhm Ernst Jüngers
http://diepresse.com/home/kultur/literatur/608667/Martin-...

... nach der Wiener "Die Presse" hetzt jetzt die "Wienerzeitung" gegen die Jünger-Austellung in Marbach
http://www.wienerzeitung.at/DesktopDefault.aspx?TabID=390...

Hans-Jürgen Syberberg
Landnahme eines Mythomanen
http://www.welt.de/print/die_welt/kultur/article10884797/...

Ausstellung zu den Nürnberger Prozessen
Verbrechen und Strafe
http://www.taz.de/1/zukunft/wissen/artikel/1/verbrechen-u...

NS-Vergangenheit
Auswärtiges Amt lässt Bilder aus Ahnengalerien entfernen
http://www.spiegel.de/politik/deutschland/0,1518,730780,0...

Ein Anti-Sarrazin: Der Bestseller "Das Amt" zeigt, dass Deutschland sein Heil nicht mehr in Eliten suchen darf / Von Alan Posener
http://www.welt.de/print/die_welt/kultur/article10796370/...

(Nach dem Auswärtigen Amt ist nun das Reichsfinanzministerium dran. Studien, deren Ergebnis bereits am Anfang feststeht...)
Reichsfinanzministerium
NS-Beamte plünderten Juden aus
http://www.fr-online.de/politik/ns-beamte-pluenderten-jud...

Reichsfinanzministerium
Amt zur materiellen Vernichtung der Juden
http://www.faz.net/s/Rub0E9EEF84AC1E4A389A8DC6C23161FE44/...

NS-Finanzministerium
Raub für die Volksgemeinschaft
http://www.taz.de/1/politik/deutschland/artikel/1/raub-fu...

Bewältigungs-Perestroika?
http://www.sezession.de/21378/bewaeltigungs-perestroika.h...

"Der kleine Nazi" gewinnt Deutschen Kurzfilm-Wettbewerb
http://derstandard.at/1289608444936/Der-kleine-Nazi-gewin...

Die Passion der Anne Frank erscheint als Comic
http://www.welt.de/kultur/literarischewelt/article1082921...

Brennende Kinder
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm....

Frankreich: "Musikkarte" soll Jugendliche vom illegalen Herunterladen abhalten
http://www.gulli.com/news/frankreich-musikkarte-soll-juge...

Pilotenvereinigung "Cockpit":
Verbietet die Laser-Pointer!
Immer neue Blend-Attacken. Allein in diesem Jahr gab es laut Flugsicherung schon 330 Licht-Attacken
http://www.berlinonline.de/berliner-kurier/print/nachrich...

Remarque-Villa im Tessin droht der Abbruch
http://www.swissinfo.ch/ger/kultur/Remarque-Villa_im_Tess...

Haus im alten Pompeji eingestürzt
http://www.nzz.ch/nachrichten/international/haus_im_alten...

Abriss scheint unausweichlich
Wenn sich nicht bis Dienstag wider Erwarten ein Kaufinteressent für das Rosenzweighaus am Mühlhausener Marktplatz findet, wird es dem Erdboden gleich gemacht.
http://www.infranken.de/nachrichten/lokales/erlangenhoech...

Rosenzweighaus findet keine Gnade mehr
Bei drei Gegenstimmen beschloss der Mühlhausener Gemeinderat den Abriss des Rosenzweighauses. Ein junger Architekt aus Miami hatte vergebens um Aufschub gebeten.
http://www.infranken.de/nachrichten/lokales/erlangenhoech...

Streit um den Nürnberger Neptunbrunnen!
Ein Symbol für die wechselvolle Geschichte der Stadt
http://www.neptunbrunnen.info/pageID_10334657.html

Wiederauferstehung des Königsberger Schlosses?
Kaliningrad. Die Kaliningrader sollen über den Wiederaufbau des Königsberger Schlosses entscheiden.
http://www.kaliningrad.aktuell.ru/kaliningrad/stadtnews/w...

Leben ohne Partner
"Singles wandern auf schmalem Grat"
http://www.spiegel.de/panorama/gesellschaft/0,1518,728112...

Vorteile des Single-Lebens
Jung, ledig, gesund sucht...
http://www.spiegel.de/wissenschaft/mensch/0,1518,727929,0...

Seltsamer Vorfall
Frau bringt Sohn und Enkel zur Welt
http://www.bz-berlin.de/aktuell/welt/frau-bringt-sohn-und...

68er-Ikone Langhans:
"Das Dschungelcamp - die Urszene der Kommune"
http://www.stern.de/kultur/tv/68er-ikone-langhans-das-dsc...

Rainer Langhans geht ins Dschungel-Camp
„Auch in seltsamen Hüllen steckt immer ein lieber Mensch “
http://www.faz.net/s/Rub501F42F1AA064C4CB17DF1C38AC00196/...

Handy am Steuer
Die Jugend kann nicht ohne
http://www.focus.de/auto/news/handy-am-steuer-die-jugend-...

61 Prozent der Deutschen ziehen Ökostrom vor
http://www.welt.de/newsticker/dpa_nt/regioline_nt/hamburg...

Klebriges auf Kosten der Schüler
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm....

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Text: Frankfurter Allgemeine Sonntagszeitung, 28.11.2010, Nr. 47 / Seite 2

BROETCHE
Die antifaschistische Altenfront kämpft im Netz Und: Wie viele Frauen
braucht ein Mann?

Die Berliner Landeszentrale für politische Bildung mobilisiert unermüdlich
gegen rechts. Zum antifaschistischen Kampf kann jetzt auch die "Generation
50plus" beitragen. Deren "lebenserfahrene Meinungen und Ideen" sollen gegen
Neonazis in Stellung gebracht werden. Angesichts der Verfassung der
50plus-Antifaschisten ist an einen körperlichen Einsatz aber nicht zu
denken. Deswegen bietet die Berliner Landeszentrale für politische Bildung
gemeinsam mit der Amadeu Antonio Stiftung, dem Generali Zukunftsfonds und
dem Bundesverband der Arbeiterwohlfahrt "für Menschen der Generation 50plus"
einen Kurs zur Bekämpfung der Neonazis "im interaktiven Teil der virtuellen
Welt" an. Schirmherr des Unterfangens "Generation 50plus aktiv im Netz gegen
Nazis" ist der 72 Jahre alte ehemalige Bremer SPD-Bürgermeister Henning
Scherf. "Engagierte Interessierte aus der Generation 50plus" erhalten in dem
in Mecklenburg-Vorpommern und Nordrhein-Westfalen erprobten Bildungsprogramm
von erfahrenen Antifaschisten eine Unterweisung darin, "wie man im Internet
gegen Rechtsextremismus aktiv werden kann" und was 50plus tun muss, um "die
interaktiven Seiten des Internets zu erobern". Die Leitfragen für die
Antifa-Kursteilnehmer lauten: "Wie erkennt man und wie begegnet man
neonazistischen Argumentationen? Wie kann man seine Lebenserfahrung für
Demokratie einsetzen und Jugendliche erreichen?" Im dreigeteilten "Workshop"
geht es in "Part I" um die "modernen Nazis", um "ihre Ideologie, ihre
Strategien und ihre Erkennungsmerkmale" sowie "um Gegenstrategien in der
realen und in der virtuellen Welt". In "Part II" lernt 50plus "die
Grundlagen für die Nutzung des Internets und seiner interaktiven Angebote
kennen", und in "Part III" werden die aktiven Alten auf den "Einsatz als
Moderator oder Moderatorin bei netz-gegen-nazis.de oder ähnlichen
Communities vorbereitet." Der Lehrgang ist gebührenfrei. jos.

vendredi, 03 décembre 2010

Jeudi 16 décembre: Marc Rousset au Centre Charlier

Jeudi 16 décembre :

Marc Rousset au Centre Charlier...

Le Centre Charlier organise une conférence avec  

 

Marc Rousset (*)

Docteur en Sciences économiques

 

sur le thème :

 La nouvelle Europe,

l’axe Paris-Berlin-Moscou

 

Marc-Rousset-L-Europe-est-un-nain-politique-_.jpg

 

Jeudi 16 décembre 2010

à 19 h 30  

au Centre Charlier,

70, Boulevard Saint-Germain 75005 PARIS

(métro Maubert-Mutualité)

 

La conférence sera suivie du traditionnel buffet

L’auteur dédicacera son ouvrage

« La nouvelle Europe : l’axe Paris-Berlin-Moscou »

paru aux éditions Godefroy de Bouillon

 

Participation aux frais : 8 €

Étudiants, chômeurs : 4 €

 

(*) Marc Rousset collabore régulièrement à la revue Synthèse nationale.

 

 

jeudi, 02 décembre 2010

Les fuites surprenantes de Wikileads

wikileaks.jpg

Les fuites surprenantes de Wikileaks

Le billet de Patrick Parment

Ex: http://synthesenationale.hautetfort.com/

Les révélations du site Wikileaks ne manquent pas de surprendre, moins en raison de la teneur des propos que de leur saisie. Que l’on puisse pirater des documents confidentiels de l’administration américaine en dit long sur la sécurité de ces systèmes informatiques et pose le problème de leur accès. Bienvenue donc au pays des pirates. A ce petit jeu, on se demande bien ce qui va bien pouvoir rester secret face aux avancées technologiques. Le moindre homme politique qui pisse de travers se retrouve désormais sur Youtube par les vertus d‘un téléphone portable.

Reste la teneur des propos évidemment. On s’aperçoit à la lecture de quelques extraits parus dans la presse que le petit monde de la diplomatie n’est pas aussi guindé qu’il y paraît. On se lâche ici aussi. Sur le fond, rien de très neuf, les ambassadeurs vénitiens en poste dans les différentes capitales européennes, dès le XIIIème siècle, faisaient exactement la même chose et envoyaient rapport sur rapport à la Sérénissime qui était, alors, avec Rome, les villes les mieux informées d’Europe.

Cela dit, sur le fond, on y trouve surtout la confirmation de ce qu’il nous est donné de penser sur ces messieurs qui nous gouvernent : leurs faiblesses, leurs limites et l’idée qu’ils se font du monde. Pour ce qui nous concerne, les Américains considèrent Sarkozy comme un roi nu, susceptible et autoritaire. Et que David Levitte considère l’Iran comme un Etat fasciste ne surprendra guère. En revanche, on est pour le moins étonné des options d’un certain Damien Loras, conseiller diplomatique en charge de la Russie qui avance : « Les dirigeants russes manquent de vision suffisante à long terme pour leur pays, et, au lieu de cela, se concentrent sur un horizon à six mois et sur leurs intérêts commerciaux. » Et d’ajouter que d’ici quatre ou cinq ans, « la Russie ne pourra plus subvenir à la demande européenne » en matière d’énergie. Voici une opinion discutable, car on n’a pas le sentiment que Vladimir Poutine inscrive son action dans une vision à court terme. Par ailleurs, concernant ses ressources, la Russie dispose à elle seule de plus du tiers des ressources mondiales dont le pétrole et le gaz. N’y aurait-il pas là une forme d’intox dans la mesure où la politique étrangère élyséenne est franchement pro-américaine. Ce qui n’est pas le moindre des paradoxes dans la mesure où l’on apprend par la même source que Barack Obama s’intéresse assez peu à l’Europe et que ses regards se portent plutôt vers le Sud-Est asiatique. Quoi de plus normal d’ailleurs pour ce métis Américain qui n’a aucune vision culturelle de l’Europe – faute de racines européennes comme nombre de ses prédécesseurs – et qui vit au quotidien le rachat des Bons du Trésor par les banques chinoises. Il faut dire aussi que pour les diplomates américains en poste à Moscou, le couple Medvedev-Poutine, c’est Robin et Batman dans le film du même nom. On saisit tout de suite la portée de la métaphore.

Sur le fond, donc, cela ne fait que confirmer le sentiment que l’on a que l’Amérique est un continent qui s’éloigne de plus en plus de l’Europe et qu’il serait grand temps que l’on coupe le cordon ombilical. Mais, pour se faire, il faudrait une vraie conscience européenne, ce qui n’est pas le cas aujourd’hui avec toute la bande de guignols qui s’agitent au nom d’une Union européenne qui est totalement étrangère à la réalité des peuples.

La zone euro aux mains des spéculateurs

La zone euro aux mains des spéculateurs

Ex: http://fortune.fdesouche.com/

La crise des monnaies européennes n’est pas terminée. La difficulté est d’enrayer la contagion, voulue par les spéculateurs, qui s’attaquent maintenant au Portugal et à l’Espagne…

Ça commence toujours de la même manière. Le matin, le Premier ministre exclut « absolument » toute intervention extérieure, assurant que son pays s’en sortira tout seul, avant d’accepter l’intervention de l’Union européenne et du Fonds monétaire international (FMI). Et le soir, il est à la table des négociations. Vendredi, ils étaient deux dans le rôle de ceux qui n’ont besoin de personne : José Luis Zapatero, le chef du gouvernement espagnol et José Socrates, son homologue portugais.

L’inquiétude est contagieuse. Les États ne sont pas différents des ménages. Confiants, ils financent l’avenir en empruntant et comptent sur la croissance économique pour rembourser. Quand la croissance manque, la confiance s’en va.

Pourquoi ce jeu de dominos ?

 

Pour l’Irlande, la confiance s’est envolée avec la croissance (5 % par an entre 2000 et 2007). La récession dure depuis trois ans maintenant et fait craindre le pire. Un investisseur analyse la situation, conclut à un risque de défaillance et le premier domino tombe…  Si un domino tombe, la question se pose pour les autres. Hier, l’alerte se portait sur le Portugal et sur l’Espagne. A Lisbonne, comme à Madrid, on assurait qu’il n’y avait pas de souci, qu’on allait s’en sortir tout seul… Une attaque de l’Espagne poserait un problème d’une tout autre ampleur : plus que la Grèce, l’Irlande et le Portugal réunis. Avec elle, on entrerait dans la cour des grands d’Europe avec l’Italie, le Royaume-Uni ou… la France.

Pourquoi refuser l’aide avant de l’accepter ?

Question de standing et de souveraineté. Pour ne pas apparaître comme un nécessiteux. La honte qui tombe sur le gouvernement annonce des élections difficiles à l’avenir. Et puis accepter l’aide c’est accepter les contreparties. Il faut en général réformer, non plus sous l’œil de Moscou, mais sous le regard attentif de Bruxelles (UE) et de Washington (FMI). Adieu la souveraineté.

Pourquoi l’Euro baisse-t-il ?

La valeur d’une monnaie reflète la confiance que l’on a en elle. Elle s’apprécie quand les investisseurs estiment qu’elle va s’orienter à la hausse et, inversement, elles se déprécient quand on craint qu’elle perde sa valeur. En ce moment, le fonctionnement de la zone euro inquiète, l’euro ne semble plus être la meilleure manière de se protéger contre une perte de valeur de ses économies. On préfère vendre. D’autres vont faire pareil… Jusqu’à ce que la confiance revienne.

Quel est le prix de la défiance ?

Un état qui emprunte à dix ans paye, exactement comme un ménage, un taux d’intérêt qui reflète la confiance que lui accordent les investisseurs. Si la Suisse veut emprunter actuellement elle doit accorder un taux d’intérêt de 1,5 %. L’Allemagne doit accepter de payer un taux de 2,7 %, la France de 3,13 % et le Royaume-Uni de 3,34 %. Mais quand l’Irlande emprunte, elle doit payer 9 % et la Grèce 12 %. Des taux usuraires, ingérables à moyen terme. Là encore la mécanique est la même que pour les particuliers : on ne prête qu’aux riches.

Pourquoi est-ce la curée ?

Chaque jour un État se présente sur les marchés financiers pour trouver des moyens de financer ces dépenses. Il échange des obligations, ce que l’on appelait les emprunts d’État, contre des liquidités. Quand la peur de voir un État fait défaut se profile, plus personne ne vient acheter des titres qui n’inspire plus confiance. Quand la crainte se propage il faut intervenir rapidement pour retrouver du crédit. Alors on appelle l’UE et le FMI.

Qui sont les « investisseurs » ?

Ce sont les gestionnaires de fonds, c’est-à-dire les grandes banques de la planète, qui gèrent l’épargne collectée auprès des entreprises, dont la trésorerie est positive, celle des pays qui engrangent des réserves de devises ou les particuliers. Le premier investisseur est aujourd’hui la Chine, qui dispose de 2.000 milliards d’euros pour intervenir ou bon lui semble, mais pas à n’importe quel prix. Personne, ni les banques, ni les pays, ni les particuliers, n’a envie de perdre sa mise. D’où un taux d’intérêt qui augmente quand la confiance dans le pays diminue.

Comment agissent les spéculateurs ?

Ils se focalisent sur un pays réputé fragile, prennent des positions financières à la baisse, suscitent des rumeurs et des articles de presse alarmistes (en particulier dans les journaux économiques britanniques et allemands, considérés les plus crédibles) et rachètent les obligations d’État dès qu’elles ont assez baissé. Comme tout se passe a crédit, ils peuvent gagner des milliards. Mais aussi les perdre, si leurs manipulations échouent.

Pourquoi la Suisse ne sera jamais attaquée ?

La Confédération helvétique a tout pour rassurer : un excédent budgétaire en 2009 de 1,8 milliard d’euros, une dette qui représente 45 % du PIB, un taux d’épargne des ménages de 13 %. Alors que même l’Allemagne peut avoir du mal à placer ses emprunts. Jeudi, Berlin n’est pas parvenu trouver preneur pour 6 milliards d’obligations à dix ans, le compteur s’est arrêté à 4,8 milliards dont 20 % ont été placés auprès de la Bundesbank. C’est un signe de défiance qui peut expliquer que la chancelière Angela Merkel se soit montrée soudainement plus confiante que jamais dans l’avenir de la zone euro, au moins dans ses déclarations.

A quoi servent le Fonds européen et le FMI ?

Cette mécanique implacable qui veut que l’on parvienne à se financer en fonction de la confiance que l’on inspire explique la mise en place du Fonds européen de stabilité financière (FESF) qui se substitue aux États défaillants. Cela revient à aller chercher son père ou sa mère pour être caution d’un emprunt ou pour obtenir la location d’un appartement. Mis en place en juillet, il peut lever 440 milliards d’euros avec un taux d’intérêt proche des meilleurs.

Un pays peut-il faire faillite ?

Oui et non. Quand un pays renégocie sa dette avec ses créanciers on peut considérer qu’il a fait faillite. Il n’est pas en mesure de faire face à ces engagements immédiats. Dans cette situation, une entreprise dépose son bilan. La liquidation viendra ensuite si aucune solution de relance ne se dessine. Quand l’Irlande doit accepter la caution de l’Europe, on peut considérer qu’elle est en faillite.

France Soir

De vierde onmacht

De vierde onmacht
Journalisten, politici en critici over media en
journalistiek

 


journaliste.gif'De achteruitgang van ons vak komt ook doordat we alleen nog maar bereid en in staat zijn om het liefst zo vrolijk mogelijk naar onszelf te kijken.
Journalistieke formules moeten vooral heel erg leuk zijn. Harde
journalistiek mag eigenlijk niet meer, want dat wordt niet gewaardeerd. Uiteindelijk kun je nergens meer terecht als je hard bent geweest.'
Fons de Poel, Nederlands journalist

In 2009 riep The Guardian-journalist Nick Davies op tot een wedergeboorte van het eerzame vak van journalist. De meeste journalisten zijn fatsoenlijke
mensen, maar een paar bad guys hebben onze reputatie verknald', verklaardehij aan de Volkskrant.

Belangenverstrengeling die de berichtgeving over de openbare omroep beïnvloedt, de vele misvattingen over de teloorgang van de gedrukte media, faits divers en pulp die het nieuws overwoekeren, de censuur van elke
'onbetamelijke mening': het is slechts een kleine greep uit wat er allemaal
misgaat in de wereld van de media.

Over deze en nog vele andere misstanden gaat De vierde onmacht, een
verzamelwerk waarin 22 spraakmakende en gezaghebbende auteurs de toestand
van onze media en de journalistiek in Vlaanderen scherp op de korrel nemen.
Journalisten, politici, academici en mediawatchers laten de lezer binnen in
de achterkamers van de media, de plekken waar personaliteiten worden gemaakt
en gekraakt, waar nepnieuws wordt geproduceerd en informatie geruisloos
verdwijnt of verpulvert tot desinformatie.

Dit boek is een vervolg op Media & journalistiek in Vlaanderen. Kritisch
doorgelicht . Een actuele verkenningstocht die een nieuwe reeks onthullende
feiten en verhelderende inzichten aan het licht brengt. Ook de mediakritiek
zelf wordt in deze bundel kritisch aangepakt.
De vierde onmacht toont niet alleen dat de media machtig zijn, maar ook dat
ze dagelijks geconfronteerd worden met hun onmacht als sterke,
onafhankelijke vierde macht op te treden.

INHOUD:

Voorwoord: Journalistiek tussen blog en print - Luc Van der Kelen

“Zowat alle beroepen denken na over de evolutie van hun vak. Van de
metselaars ben ik niet zeker, maar de journalisten hebben daarin hoegenaamd
geen traditie. Ze klagen als de politici geen ernstig werk leveren, de
dokters, de camioneurs. Maar journalisten? Die hebben dat niet nodig.
Mevrouw Ingrid Lieten, minister bij de gratie van Steve Stevaert, heeft dus
maar het plan opgevat om de pers en de journalisten te bespieden via een
Observatorium, geleid door een partijgenote, Katia Segers.Tweede kandidaat
op de SP.A-lijst in de vermaledijde kieskring Brussel/ Halle-Vilvoorde en
voorzittervan de Vlaamse Regulator van de Media, een publieke instelling die
de pretentie heeft om mediabedrijven te beoordelen en desnoods te
sanctioneren. Een vermenging van belangen om u tegen te zeggen.”

Inleiding: Het jaar van de Media Culpa. Wat ging vooraf en wat hebben we
geleerd? - Frank Thevissen, samensteller ‘De vierde onmacht’

“Zonder gefundeerde mediakritiek dreigen de media op termijn hun eigen
ondergang te organiseren, al moet ook dat laatste worden gerelativeerd. Veel
media en redacties hollen immers blindelings hun publiek achterna met
smeuïgheid en effectbejag, of volharden in een tomeloze missioneringsdrang,
vanuit de ervaring dat hun journalistiek en bedrijfseconomisch succes
vooralsnog niet wordt gehinderd door het oordeel van een handvol
mediacritici en een groeiend aantal kritische nieuwsgebruikers.”

DEEL I. MACHT EN ONMACHT TOT DE VIERDE MACHT

Praatjes vullen geen gaatjes: De verbreding van de journalistiek tot faits
divers of hoe de media hun invloed als vierde macht verkwanselden - Walter
Zinzen

“Zou iemand eens aan de journalisten willen vertellen dat politici in de
media moeten komen met hun beleid, hun programma en hun opvattingen, en
kunstenaars met hun artistieke prestaties en niet met hun hobby’s, al dan
niet in bed beleefd met hun al dan niet wettige partner? En dat ze dus
desnoods tegen zichzelf beschermd moeten worden?”

De dramademocratie, een drama voor journalistiek, politiek en democratie?
Het einde van de grote verhalen en de opmars van politieke anekdotiek als
politiek nieuwsgenre - Bart De Wever

“Ik ben een exponent van het politiek vedettisme. De Slimste Mens heeft mij
niet gemaakt als politicus. En hoewel in het programma op geen enkel moment
aan politiek werd gedaan, kan geen mens ontkennen dat er wel een politieke
invloed van uitging.”

België verdampt: E quindi uscimmo a riveder le stelle - Jef Lambrecht

“Met gemengde gevoelens wuifde De Standaard op 3 juli 2010 zijn chef uit.
Vier pagina’s in de binnenlandsectie, nog eens twee in het katern Mens &
Economie en een column. Het profiel van deze Zonnekoning, zoals hij werd
genoemd, gelijkt op dat van de man die hem kwam te feliciteren en die net
als hij een omwenteling belichaamde die inzette op binnenlands nieuws en
human interest, en drastische middelen gebruikte om dat door te drukken.
Vandermeersch aarzelde niet om journalisten in het publiek uit te kafferen.
Ook dat was een gemeenschappelijk trekje en allicht voor beiden een motief
om een oudere en mondige generatie te liquideren.”

De vijfde macht: De media vermaken, terwijl de journalistiek verzaakt, maar
wie controleert ondertussen de vierde macht? - Guido Van Liefferinge

“Spelprogramma’s worden geanalyseerd en becommentarieerd alsof onwetendheid
over dergelijke trivia de bevolking tot infowees zou degraderen. Het
afgelopen jaar verschenen er in De Standaard maar liefst 210 artikels met
verwijzingen naar, beschouwingen en commentaren over het spelprogramma De
Slimste Mens.”

Van wie zijn de media? Media moeten in handen zijn van journalisten en
gedragen door de samenleving - Dirk Barrez en Han Soete

“Wat te denken van de hoofdredactrice en drie journalisten van Le
Vif/L’Express die, na ca. twintig jaar trouwe dienst, van de ene dag op de
andere worden ontslagen en, zonder zelfs maar tijd te krijgen om hun rijke
archief van jaren te mogen meenemen, onder begeleiding van
veiligheidspersoneel ‘hun blad’ moeten verlaten. U weet dat niet? Dat kan,
vele collega-bladen – althans hun hoofdredacteuren – verkiezen daarover niet
te berichten.”

Gramsci, mei ’68, het postmodernisme en de journalistiek: Hoe marxisten
uiteindelijk toch de toon konden zetten in de media - Wim van Rooy

“Die bovenbouwrevolutie en dat humorloze en narcistische moralisme van een
gezalfde elite die het zelfbeeld van een nieuw soort Zarathoestra koesterde,
zouden de toon zetten voor de volgende decennia en in de media hun ultieme
bekroning vinden in de vorm van een nieuw soort entertainmentnihilisme met
Nietzsche als grote inspirator, ook al hadden en hebben de meeste
mediamensen natuurlijk nooit iets van de man met de grote snor en de schele
ogen gelezen, en zou de filosoof zich absoluut niet herkennen in de
postmoderne vertaling van wat hij oorspronkelijk voor ogen had: een dansante
en esthetische mens.”

DEEL II. DIT WAS HET NIEUWS

De stakeholders van het nieuws: Over terechte en minder terechte
mediakritiek - Pol Deltour

“Mediamanagers verwennen hun adverteerders graag met maximale zichtbaarheid
en enkelen gaan daarin zo ver dat ze hun redacties onder druk zetten om die
visibiliteit in de verslaggeving binnen te smokkelen.”

Het nieuws is van ons: Over de verbeelde gemeenschap van journalisten en
hun publiek, en wie daar geen deel van uitmaakt - Tom Naegels

“Zeker in de populaire media krijgen journalisten meer dan eens te horen dat
ze niet voor zichzelf of hun vrienden werken, maar voor ‘de lezer’, ‘de
Vlaming’, die niet kickt op de nieuwe film van de Coen Brothers of de
laatste cd van Nick Cave, maar die houdt van Clouseau en Helmut Lotti, die
verontwaardigd is als Natalia een wat korter rokje aandoet (maar er wel
foto’s van wil zien), en die een gezond wantrouwen koestert tegen ‘de
elite’, die hij als links, libertair en volksvreemd ervaart – reden te meer
om, áls je als journalist al links of libertair zou zijn, dat zorgvuldig
verborgen te houden.”

‘Ecce Homo: De anatomische les - Erwin Vanmol

“Bedenk dat een wolf niet deugt als schaap; zijn wol deugt niet en de andere
schapen haten hem omdat hij nooit hetzelfde niveau van makheid kan halen –
voor een schaap nu eenmaal het hoogste goed.”

Het kwaliteitskrantendebat: Over het (ir)relevante onderscheid tussen
kwaliteits- en populaire pers - Philippe Van den Abeele

“Ik heb net zo goed recht op juiste informatie over de zwangerschap van
Kidman als Reynebeau over de Belgavox-concerten. Wie, afhankelijk van de
hiërarchie van de ‘edelheid’ van een bericht, toelaat dat er verzinsels
worden gepubliceerd, tast de geloofwaardigheid van de hele journalistiek
aan. Daar ligt een onverantwoord interessante krant dus blijkbaar niet van
wakker.”

Elke dag is het Dag van de Krant: Over de toekomstkansen van de gedrukte
krant en de twijfel van uitgevers daaromtrent - Wim Schamp

“De boulevardisering van de journalistiek heeft zulke dimensies aangenomen
dat binnenkort het onderscheid tussen boulevardpers en kwaliteitspers nog
louter theoretisch is.”

We horen ze nauwelijks, behalve als het over lingerie gaat: Over vrouwelijke
deskundigen in de Vlaamse media - Christ’l De Landtsheer

“Men zou verwachten dat als er meer vrouwelijke mediaprofessionals
ingeschakeld worden er ook makkelijker vrouwen aan het woord gelaten worden,
maar dat klopt niet. Zolang er te weinig vrouwen in leidinggevende
media/journalistieke rollen zijn, sluiten deze weinige vrouwen zich
blijkbaar bewust of onbewust aan bij de bestaande gang van zaken.”

DEEL III. DE OPENBARE OMROEP KRITISCH DOORGELICHT

Tot uw dienst: Pleidooi voor een gezonde openbare omroep - Cas Goossens

“Natuurlijk heeft een publieke omroep zijn gebreken. Deze kunnen aanzienlijk
zijn: politieke inmenging, ideologische vooringenomenheid van medewerkers,
commerciële belangenvermenging van managers of gebrek aan financiële
transparantie, bijvoorbeeld wanneer men onder het voorwendsel van
bedrijfsgeheim weigert om de aandeelhouder - voor de VRT is dat de Vlaamse
Gemeenschap; u en ik dus - inzage te geven van contracten die met externe
bedrijven afgesloten worden.”

Het gewenningsbeestje in ons: Onze wazige antwoorden op de écht fundamentele
vragen over de openbare omroep - Luc van Doorslaer

“Tim Pauwels en Lieven Verstraete kunnen iedereen stevig interviewen, van
welke politieke strekking ook. Ik zou niks durven verwedden op hun
persoonlijke politieke voorkeur. Daartegenover staat bijvoorbeeld Kathleen
Cools: een goede interviewster als ze een politieke tegenstander voor zich
heeft, maar veel meegaander en goedlachser als ze ideologische verwantschap
met de geïnterviewde voelt of veronderstelt. Er is ook het voorbeeld van
Marc van de Looverbosch, bij wie de eigen voorkeur of vooral afkeur eminent
aanwezig is in de teksten, de vragen en de gelaatsuitdrukking. Hij leunt
misschien het dichtst aan bij de oude, wat paternalistische opvatting dat de
politiek journalist zijn eigen vermeende morele superioriteit kan inzetten
om de kijker en luisteraar op te voeden.”

Verstoor de markt: Een openbare omroep die de markt niet verstoort, is zijn
geld niet waard. Een commerciële omroep die alleen de markt volgt, is zijn
publiek niet waard - Tim Pauwels

“Het vertrouwen in de onpartijdige berichtgeving moet absoluut kunnen zijn.
Zodra het publiek kan vermoeden dat bepaalde nieuwsfeiten niet worden
gegeven, of worden bijgekleurd omdat het publiek moet worden ‘opgevoed’, is
het vertrouwen weg en is – in alle consequenties doorgeredeneerd – de
totalitaire staat vlakbij. Een nieuwsuitzending kan de burger niet
betuttelen, moet informatie en zelfs duiding geven, maar moet het finale
oordeel aan de kijker overlaten.”

Inspiratiebronnen voor VRT-bashen: Hoe het tweestromenland in de media de
onafhankelijke berichtgeving over de openbare omroep ondermijnt - Carl
Decaluwé

“Het Mary-tijdperk werd gekenmerkt door de actieve inschakeling van de pers
als communicatie-instrument naar de Vlaamse overheid, de politiek en de
publieke opinie. De printmedia, met Corelio als koploper, boden graag een
forum voor VRT-persberichten, allerhande verklaringen van Tony Mary en Aimé
Van Hecke, tekens wanneer het duo wilde communiceren naar de politieke
wereld of als instrument voor de perceptiebeïnvloeding.”

De diagonale derde weg voor de vrt. Ja, betere televisie met minder
belastinggeld is mogelijk - Bart Caron

“De publieke opdracht moet evenmin beperkt blijven tot de openbare omroep.
De overheid kan ook specifieke publieke opdrachten uitbesteden aan private
en regionale zenders en hier een financiering voor toekennen.”

De Vlaamse mediawaakhond: een politieke pitbull? De wurggreep van de vlaamse
politiek op de media - Jurgen Verstrepen

“Als Ingrid Lieten op 20 mei 2010 in De Standaard laat verklaren dat het
‘wenselijk is om de inhoudelijke monitoring van de Vlaamse media uit te
bouwen’, dan is dat doorgestoken kaart en speelt de mediaminister een
duidelijk partijpolitiek onderonsje. De Standaard biedt de betrokkenen
gewillig een podium voor de opvoering van deze politieke schijnvertoning.”

15 x 23 cm - 480 p.

mercredi, 01 décembre 2010

La visione di un mondo multipolare è la chiave per un futuro possibile

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La visione di un mondo multipolare è la chiave per un futuro possibile

di O. Pesce

Ex: http://conflittiestrategie.splinder.com/

Ascoltando le unanimi opinioni in merito all’Afganistan di La Russa, Fassino e le disquisizioni di Frattini viene spontaneo pensare perché si formano certe idee o meglio cosa nascondono.

Mentre in Afganistan Karzai apre un terreno di discussione con i Talebani per porre fine alla guerra e annuncia: “Via gli army contractors entro la fine dell’anno”, da noi si parla di armare gli aerei del contingente italiano con bombe (ovviamente da usare). Si precisa che il ritiro delle truppe dell’ISAF è condizionato dall’esito delle trattative con i Talebani moderati. Creando così delle discriminazioni e degli ostacoli che intralciano il processo di pace.

Tutti possono osservare che di fronte a una situazione che si muove velocemente, con mutevoli scenari, non è plausibile riproporre le ormai vecchie storielle sulla presenza delle truppe ISAF in Afganistan, cioè per la “democrazia” eccetera…

Veniamo al dunque:

1. Brasile, Venezuela e Turchia esprimono nel loro ultimo incontro un’unanime dichiarazione favorevole alle posizioni di Teheran;

2. Negli ultimi tempi si nota che in Turchia l’esecutivo legislativo (la politica) si è rafforzato rispetto all’esercito (da sempre stretto alleato della NATO). La stessa alleanza che la Turchia ha con Israele è a una svolta, si consideri che Israele è un alleato strategico statunitense. Il primo ministro turco Erdogan esprime opinioni che non caldeggiano l’entrata della Turchia nella UE;

3. Nello stesso Iran si è rafforzata la posizione di Ahmadinejad (sostenuto dalle forze armate) mentre si sente di meno la guida degli ayatollah. Il presidente iraniano vuol trattare, ricerca soluzioni politiche dimostrando che non vuole lo scontro militare ( l’attenzione agli armamenti è uno strumento per far avanzare la trattativa e scoraggiare l’aggressione);

4. Karzai ha reso pubbliche le trattative con il Mullah Omar;

Quali previsioni e considerazioni trarre da questi nuovi fatti?

Il problema reale è che sia l’Iran che la Turchia sono potenze regionali e come tali si muovono in uno scacchiere che riguarda in particolare l’Afganistan e le ex-repubbliche sovietiche dell’Asia centrale. L’interesse di queste potenze regionali non è nel ricercare lo scontro militare con l’occidente, ma nel trovare tra loro la soluzione dei problemi dell’intera area cercando una convivenza con la Cina e la Russia come potenze confinanti. Tutto ciò proprio in funzione dello sviluppo economico e sociale dell’intera area, che è ricca di materie prime, che possiede antiche culture e ha possibilità reali di sviluppo economico. Non dimentichiamoci che anche gli stessi iracheni del post Saddam hanno sempre chiesto di risolvere i loro problemi da soli, senza la presenza di truppe occidentali. Se la trattativa di Karzai avesse un esito positivo si verrebbe a porre in atto il ritiro totale delle truppe ISAF.

L’occidente non ha nulla a che vedere con questi paesi, l’occidente per tali popoli è l’espressione del colonialismo. La stessa rivalità tra Sciiti e Sunniti non è una questione reale, ma una forzatura dell’occidente come la montatura della ricerca delle armi chimiche di Saddam.

Queste analisi sono indicatori che nel mondo si fa sempre più strada la tendenza verso un mondo multipolare. Magari questa propensione potrebbe non tradursi subito in realtà, ma certe riflessioni e previsioni vanno ugualmente fatte perché possono delineare gli sviluppi futuri. Da noi si ignorano queste realtà e si continua a perseverare nella vecchia maniera delle bugie, a negare l’evidenza delle cose sulla base di una supremazia oggi svanita e molto spesso nel voler essere più realisti del re. Per cui, pur senza assumere toni trionfalistici e senza farci prendere da facili entusiasmi è necessario ribadire che il nostro paese, ma soprattutto l’Europa deve avere una sua politica che si apra a una modernizzazione minima del pianeta, che si ponga come interlocutore a questi paesi nello sviluppo economico e commerciale su un piano di parità. Il primo atto dell’Italia e dell’Europa consiste nel ritirare le missioni militari “di pace” da tutti i paesi. Occorre anche invertire la rotta sbagliata seguita finora e cioè considerare utili solo i paesi emergenti, mentre per i restanti del terzo mondo vi è solo rapina.


mardi, 30 novembre 2010

La Chine et la Russie abandonnent le dollar comme devise de leurs échanges commerciaux

La Chine et la Russie abandonnent le dollar comme devise de leurs échanges commerciaux

Ex: http://fortune.fdesouche.com/

La Chine et la Russie ont convenu de ne plus utiliser le dollar dans leurs échanges commerciaux mais leur propre devise, ont annoncé mardi le Premier ministre chinois, Wen Jiabao et son homologue russe, Vladimir Poutine, à l’issue de la quinzième rencontre de haut-niveau entre les deux nations.

Les deux dirigeants ont déclaré que cette décision reflétait un renforcement des liens entre Pékin et Moscou et n’était pas destinée à remettre en cause la devise américaine mais à protéger leurs économies respectives.

Par le passé, la Chine et la Russie utilisaient dans leur commerce bilatéral d’autres devises, dont le dollar, mais la crise financière internationale et la baisse du billet vert ont conduit les deux parties à considérer une autre alternative.

 

La rouble est actuellement la sixième devise étrangère, après le dollar, l’euro, la livre Sterling, le dollar de Hong Kong et le ringgit malais à être autorisée par la Chine dans ses échanges commerciaux, annonce le Moscow Times.

Le China Foreign Exchange Trade System, le régulateur chinois d’échanges commerciaux avec l’étranger, a indiqué dans un communiqué que cette décision permettra de réduire les risques et de faciliter le commerce bilatéral entre la Chine et la Russie.

La première transaction commerciale de cette nouvelle donne a eu lieu lundi et concerne l’Industrial & Commercial Bank of China Ltd. et la Bank of China Ltd., pour un montant d’un million de yuans (151.000 dollars), selon Bloomberg.

La National Bank of China évalue un yuan à 4,6 roubles pour le départ de ces nouvelles régulations, annonce RT.

Cette annonce conjointe est perçue comme le résultat d’une augmentation des échanges commerciaux entre les deux pays. Durant les dix premiers mois de l’année 2010, le volume global des échanges a atteint 45,1 milliards de dollars, soit une hausse de 43,4% par rapport à la même période, l’année passée.

Les discussions entres les deux pays devraient maintenant porter sur les prix du gaz naturel importé par Pékin et que les Chinois espèrent réviser à la baisse…

Tout sur la Chine

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Article lié :

La Chine et la Russie éjectent le dollar

Le Premier ministre chinois Wen Jiabao et son homologue Vladimir Poutine ont annoncé, à l’issue de leur rencontre du 23 septembre à Saint-Pétersbourg, que le dollar n’est désormais plus la monnaie utilisée pour leurs échanges commerciaux bilatéraux.

C’est la première fois que le dollar est ainsi déréférencé par deux puissances économiques majeures. La première fois, mais peut-être pas la dernière… Alors que les Etats-Unis, noyés dans les déficits, tentent de relancer leur économie et que la Fed révise à la baisse ses prévisions de croissance.

Le rouble et le yuan servent maintenant à régler les échanges commerciaux bilatéraux, se substituant au dollar, utilisé par la Russie et la Chine à ce jour. Le Premier ministre russe le confirme : « Le rouble et le yuan ont déjà commencé à se négocier sur les marchés interbancaires des deux pays. Dans une étape ultérieure, le renminbi sera lui aussi utilisé ». Et le ministre russe des Finances Alexeï Koudrine, d’enfoncer le clou : « Le yuan pourrait devenir une monnaie de réserve au cours des dix prochaines années ».

Les deux pays ont également signé un accord pour renforcer leur coopération dans les secteurs de l’aviation, de la construction ferroviaire, de l’énergie y compris le nucléaire. Le document couvre également les questions douanières et de propriété intellectuelle. Wen Jiabao a salué cet accord, déclarant que « le partenariat stratégique entre les deux nations avait atteint un niveau sans précédent ».

Le moniteur du commerce international

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Autre article lié :

Poutine appelle à contrer le « monopole excessif » du dollar

Le premier ministre russe Vladimir Poutine, en visite à Berlin, a qualifié l’euro de monnaie stable et appelé à renoncer au monopole excessif du dollar en tant que devise de réserve, rapporte vendredi le correspondant de RIA Novosti.

« On observe actuellement des problèmes au Portugal, en Grèce et en Irlande, l’euro chancelle quelque peu, mais, somme toute, c’est une bonne devise mondiale, une monnaie stable », a indiqué le chef du gouvernement russe lors d’un forum économique réunissant les dirigeants des plus grandes entreprises allemandes.

« Le monopole excessif exercé ces derniers temps par le dollar en tant qu’unique monnaie mondiale de réserve était à mon sens mauvais, et nous devons y renoncer. C’est mauvais pour l’économie mondiale. Cela l’a déséquilibrée », a estimé M.Poutine.

Le forum économique berlinois a été organisé par le journal allemand Süddeutsche Zeitung.

Ria Novosti

La guerre des empires selon F. Lenglet

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La guerre des empires (F. Lenglet)

 

Pour François Lenglet (FL), la « guerre des empires » est inéluctable. L’hypothèse d’une alliance structurelle USA-Chine est, à ses yeux, une « bulle géopolitique » qui finira par exploser, et sans doute assez vite. Nous sommes d’accord, même si (on le verra plus loin), nous marquons quelques fortes divergences avec l’analyse de l’auteur, à notre avis trop pro-US.

La thèse, dans les  grandes lignes :

FL établit un parallèle inquiétant entre le rapport actuel Washington-Pékin et le rapport Londres-Berlin en 1899. Deux économies interdépendantes, l’une ayant longtemps été en avance sur l’autre, plus puissante et plus avancée. Puis, progressivement, l’économie «  à la remorque » se renforce, et finit par battre son alliée à son propre jeu. Dès lors, l’alliance n’est plus possible, parce qu’on ne sait plus qui est le maître de qui. La rivalité commence.

 

Les arguments qu’on oppose à ce parallèle ne satisfont par FL.

La Chine, se démocratiser ? Pur occidentalo-centrisme. Pour qui voit les choses du point de vue chinois, quel est le meilleur régime politique : une démocratie occidentale corrompue, dévorée par le cancer financier, virtualisée par le marketing tout puissant, ou un régime pékinois autoritaire, mais qui garantit à son peuple le doublement du PIB tous les sept ans ? A part le droit de vote, dont ils ne sauraient sans doute pas quoi faire, les Chinois n’ont rien à gagner à se « démocratiser », si la « démocratie » veut dire, concrètement, le règne de Goldman Sachs.

La Chine, puissance pacifique qui ne s’intéresse qu’à elle-même ? Niaiserie. Il existe un très fort ressentiment chinois. Pour Pékin, les guerres de l’opium et le « siècle de l’humiliation », qui suivit, jouent un peu le rôle du traité de Versailles dans l’Allemagne de Weimar : une honte, et surtout, une injustice. Les occidentaux ont souvent tendance à croire que leur suprématie mondiale de ces deux derniers siècles traduit un ordre des choses quasi-essentialisable. Illusion : c’est oublier qu’à l’échelle du temps long, le pays le plus développé et le plus puissant du monde a été, le plus souvent, la Chine. Et de cela, les Chinois, eux, se souviennent parfaitement.

Alors, USA, Chine : un fauteuil pour deux ?

Première question : comment en est-on arrivé là ?

FL commence par rappeler l’histoire des relations américano-chinoises. La visite de Nixon, en 1972, a été le coup d’envoi d’un partenariat USA/Chine qui, pour ne pas avoir été sans nuages, s’est bon an mal an maintenu pendant quatre décennies.

Au départ, pour les  USA, il s’agit surtout de contrer l’URSS. Exemple, l’opération Chestnut, lancée en 1979, permet aux Américains d’implanter une station d’écoute ultra-perfectionnée dans le désert occidental chinois. Pour écouter qui ? Les soviétiques, sur le point d’entrer en Afghanistan (où la CIA s’active, afin précisément d’attirer Moscou dans le piège). Face à l’enjeu représenté par le soutien chinois contre l’URSS, l’amitié avec Taiwan ne pèse pas lourd, aux yeux des conservateurs réalistes (Kissinger, puis Brzezinski).

Pour la Chine, dès le départ, l’alliance aigre-douce avec les USA est surtout une affaire économique  Pékin n’a pas vraiment besoin des investissements occidentaux (la Chine n’a jamais manqué de capital, parce qu’avec un coût du travail quasi-nul, on n’a pas besoin de capitaux importants pour produire – le travail, au besoin, fabrique le capital productif). Mais la Chine a en revanche désespérément besoin des technologies occidentales.

Dans les années 80, Deng lance donc la modernisation à marche forcée de l’économie chinoise, et pour récupérer de la technologie sans permettre l’implantation en profondeur des USA, il invente une solution aussi simple que redoutable : les « zones économiques spéciales », sorte de Far West chinois ultra-capitaliste, qui va servir de filtre (la technologie occidentale passe, mais, le pouvoir restant aux Chinois dans les joint-ventures, l’influence est bloquée). Les firmes américaines, qui pensent leur planification à beaucoup moins long terme que Pékin, vont se laisser attirer dans le piège, fascinées qu’elles sont par le gigantesque marché chinois. Un marché de dupe, où la dupe n’est pas celui qu’on croit : les capitalistes occidentaux sont persuadés qu’ils viennent de gagner la guerre contre leurs propres peuples (en mettant en concurrence le salarié occidental et l’esclave chinois) ; c’est vrai, mais ils ont aussi, sans le savoir, perdu la guerre à l’échelle géopolitique, contre une oligarchie rivale…

Quoi qu’il en soit sur le long terme, au fil des années 80-90, une sorte de symbiose s’instaure progressivement entre les deux géants. Pékin offre aux firmes US sa main d’œuvre quasiment illimitée, très bon marché et remarquablement docile. Les Américains, en retour, offrent la technologie, le savoir-faire, et un appui massif à la Chine pour son intégration dans l’économie mondiale (clause de la nation la plus favorisée, puis OMC).

Mais cette symbiose n’a jamais été sans ambiguïté et nuages. Dès 1982, les Chinois se sont rendu compte que, contrairement aux accords passés, la CIA construisait des réseaux sur leur sol (plus tard, cela débouchera sur la secte Falun Gong). Aussitôt, exploitant la diaspora, profitant de l’envoi aux USA de dizaines puis de centaines de milliers d’étudiants, ils bâtissent leurs propres réseaux (les services secrets chinois sont potentiellement plus puissants que la CIA elle-même – nous y reviendrons dans une note de lecture ultérieure).

Surtout, le mode de développement choisi par Pékin présente un inconvénient pour la population : une génération entière est sacrifiée. Le PIB chinois présente en effet, à partir de la fin des années 80, une structure tout à fait atypique : exportations gigantesques (jusqu’à 35 % certaines années, soit un taux d’extraversion absurde pour une économie de cette taille), investissement fabuleux (jusqu’à 50 % certaines années, un taux qui ferait presque passer le décollage japonais pour une entreprise au rabais !)… et, donc, obligatoirement, une part du PIB réservée à la consommation très faible (certaines années, à peine 20 %).

L’avantage de cette formule, évidemment, c’est que le développement des capacités productives se fait à une vitesse foudroyante. Si vous investissez 50 % de votre PIB, étant donné que dans les conditions chinoises, 5 points d’investissement rapportent à peu près 1 point de capacité productive, vous faîtes croître vos capacités de production de 10 % par an (ce que feront les Chinois pendant trente ans). Mais si en plus, vous exportez 30/35 % de votre PIB (pour accumuler des réserves de change et acheter, en réalité, de la technologie), il vous reste peu pour la consommation. Conséquence : les salaires versés aux ouvriers qui produisent pour l’investissement ou l’exportation n’ont pas de contrepartie dans le marché intérieur, et le risque de surchauffe inflationniste est permanent. La Chine pourrait en sortir en remplaçant les exportations par le marché intérieur, mais comme Pékin veut absolument acheter de la technologie (et de l’influence), le choix sera maintenu durablement en faveur de ce modèle qu’on pourrait qualifier de « stakhanovisme à l’échelle d’un pays-continent ».

Comme le rappelle FL, le « printemps de Pékin » en 1989 fut donc beaucoup plus une demande de remise en cause de ce modèle (moins d’exportation, plus de consommation) qu’une revendication démocratique (même si, peut-être du fait de l’existence de réseaux CIA, les étudiants pékinois mirent en avant la revendication politique stricto sensu). Et donc, la boucherie de Tian Anmen ne signifiait pas que le « communisme » était maintenu, mais plus simplement que la Chine, pour ne pas avoir à tolérer l’influence occidentale (en échange des technologies) continuerait à acheter du savoir-faire en exportant à tout va – au prix de sa « génération sacrifiée ».

Ce message, d’ailleurs, fut reçu en Occident : pour la galerie, Bush père prit quelques sanctions peu durables ; mais en arrière-plan, le très puissant lobby patronal US-China Business Council a parfaitement décodé Tian Anmen : pour lui, cela veut dire, tout simplement, que la Chine va poursuivre son développement en sacrifiant une génération, et qu’il y a donc beaucoup, beaucoup d’argent à gagner dans les « zones économiques spéciales ». De fait, ce qui s’est décidé à Tian Anmen, c’est donc une alliance objective entre l’oligarchie postcommuniste chinoise et l’oligarchie néolibérale US – alliance dont les consommateurs surendettés américains et les ouvriers surexploités chinois vont faire les frais (une analyse que, bien entendu, FL s’abstient de formuler aussi brutalement – ici, c’est nous qui décodons).

Les années 1990-2008 voient le triomphe de la « Chinamérique ». Les flux commerciaux croissent vertigineusement, au rythme de la bulle financière occidentale et de l’économie productive asiatique. Il en découle une période de forte croissance apparemment globale, en réalité purement chinoise ; l’Amérique réelle est en train d’imploser – même si, au départ, personne n’accepte de le voir.

Ici, FL propose une analyse qui, à notre humble avis, fait la part trop belle aux élites occidentales. Pour lui, les dirigeants du capitalisme occidental auraient toléré la dévaluation de 50 % du Yuan en 1994 parce qu’ils souhaitaient maintenir coûte que coûte les liens avec la Chine (et non, comme nous le pensons, parce qu’ils y voyaient un moyen d’intensifier la guerre de classes en Occident même). Idem, FL estime que lorsque les taux longs US n’ont pas immédiatement suivi la remontée des taux courts en 2005, les dirigeants US n’ont pas compris que cela venait des achats chinois de bons du trésor US (sans rire ?). Et il ajoute que la crise des subprimes trouve son origine dans le dérèglement du marché des taux par les achats chinois à partir de cette date, ce qui est tout simplement faux (l’explosion du marché des subprimes est antérieur de trois ans au décrochage des taux longs, il remonte à 2001/2002, et il trouve son origine dans les taux directeurs bas de la FED – lire à ce sujet « Crise ou coup d’Etat ? »).
Bref, l’analyse de FL fait à notre avis la part un peu trop belle au discours officiel US ; nous croyons quant à nous que les USA ont accepté le Yuan comme monnaie de guerre chinoise parce que cette monnaie de guerre était, aussi, celle de leur propre guerre, contre leurs propres peuples, en vue d’un ajustement brutal de la structure de classe.

Quoi qu’il en soit, le double marché de dupes s’est maintenu pendant deux décennies, de 1990 à 2008. Ni l’incident de 1994 (bâtiment chinois intercepté car soupçonné de livrer des armes chimiques à l’Iran), ni celui de 1999 (bombardement « par erreur » de l’ambassade de Chine à Belgrade lors de l’opération US/Otan pour le Kosovo) n’ont remis en cause les dynamiques commerciales formidables enclenchées par la « Chinamérique »…

Jusqu’au moment où ces dynamiques ont produit ce qu’elles devaient produire : le basculement du centre de gravité du capitalisme global. Voilà comment nous en sommes arrivés où nous sommes aujourd’hui.

Deuxième question : et où va-t-on, après ?

Fondamentalement, le heurt va opposer deux puissances qui sont, et l’une, et l’autre, des empires. Il ne faut pas ici tomber dans le simplisme : il n’y a pas d’un côté une puissance malsaine, de l’autre une puissance saine. Il y a deux systèmes de pouvoirs immenses, l’un sur le déclin (donc plus prédateur à court terme), l’autre en expansion (donc n’ayant pas besoin d’être prédateur à court terme), mais aussi brutaux l’un que l’autre.

Oui, oui, on sait, l’Amérique est « démocratique », pas la Chine – mais allez donc poser la question à Bagdad, vous allez voir… Et oui, oui, on sait, la Chine n’a pas attaqué de pays récemment – mais allez poser la question de son « émergence pacifique » aux millions d’esclaves qui triment dans ses usines, et là aussi, vous verrez…

FL nous apprend qu’en 1999, deux colonels de l’armée chinoise inventent le concept de « guerre hors limite », notion pratiquement identique au concept US du « Fourth Generation Warfare » : la guerre qui se déploie sur tous les fronts, en impliquant tous les aspects de la vie politique, économique et culturelle, parce que la confrontation directe, par l’armement, est devenue impensable (trop grande puissance de destruction). Et quand les USA inventent la « lutte contre le terrorisme » pour justifier leur impérialisme, la Chine conçoit la théorie de « l’émergence pacifique » pour désamorcer les critiques que son offensive économique tous azimuts pourraient susciter.

Chine et USA jouent chacun avec leurs atouts propres, mais en réalité, ils jouent sur le même échiquier, et avec des logiques de puissance précontraintes par la nature même de leur affrontement. Les Chinois font semblant de ne pas avoir de prétention à la domination globale (sauf quand il s’agit de mettre la main sur le pétrole du Soudan et du Tchad – alors là, on y va franchement, soutien militaire inclus), et les Américains font semblant de coopérer sans arrière-pensée (sauf quand une firme chinoise veut s’emparer d’Unocal – alors là, pas touche, il y va du contrôle US sur le pétrole d’Asie centrale…).

A ce petit jeu, la puissance montante part a priori gagnante. Plus grand marché du monde, Pékin va progressivement supplanter les USA comme le pays qui définit les normes (une des sources de la puissance US au XX° siècle). Ayant désormais refait l’essentiel de son retard technologique, la Chine n’a plus vraiment besoin des USA ; ce qu’elle achetait jusqu’ici à l’Ouest, c’était de la technologie ; mais désormais, la technologie, elle peut dans une large mesure la produire elle-même.

Plus structurant peut-être, le modèle de « socialisme de marché » inventé par Pékin (l’Etat possède en réalité l’outil de production, mais tolère l’enrichissement du management) semble, à ce stade, mieux fonctionner qu’un modèle US néolibéral en chute libre. Comme le rappelle FL, depuis 30 ans, la Chine fait exactement le contraire de ce qui est préconisé par le FMI – et le moins qu’on puisse dire, c’est qu’elle s’en sort mieux que ceux qui ont obéi au « consensus de Washington ».

Privatiser l’économie, dit le FMI. Restructurer les entreprises d’Etat, répond Pékin. Libéraliser le compte de capital du pays, dit le FMI. Contrôle des changes, répond Pékin. Banque centrale indépendante, dit le FMI. Contrôle politique sur le crédit, répond Pékin.

Jusque dans la gestion de la crise financière, Pékin donne une leçon de pragmatisme et d’efficacité à l’Occident : sauver les banques, dit l’Occident ; relancer par l’économie productive, répond Pékin (l’UE sauve les créanciers de la Grèce, la Chine investit dans ses usines…).

En somme, pour FL, ce qui vient de se passer, en 2008, c’est une rupture d’environnement géostratégique : ce n’est pas la chute du capitalisme, non. C’est la chute du capitalisme occidental néolibéral. Un mur vient de tomber : celui que l’Occident avait érigé autour de son pouvoir global. La chute de ce mur-là joue, pour les Chinois, le rôle joué par la chute du Mur de Berlin pour les Occidentaux : l’annonce qu’on vient de gagner une guerre « de quatrième génération ». Nous ne dirons pas le contraire. Lire à ce sujet « Crise économique ou crise du sens ? ».

Conséquence  de cette rupture géostratégique : la « Chinamérique » va exploser.

Ici, deux théories s’opposent : le « découplage » (la Chine poursuivra sa croissance sans la « Chinamérique ») et la crise globale (les USA entraîneront la Chine dans leur faillite, car Pékin ne pourra pas maintenir sa croissance folle une fois la « Chinamérique » disparue).

Sur ce point précis, nous marquons un désaccord avec l’auteur de « La guerre des empires ».
FL prend position pour la crise globale, donc contre le « découplage ». Il invoque pour cela les premières conséquences de la crise, qui aura entraîné un effondrement des exportations chinoises (voir « Crise ou coup d’Etat ? »). La croissance chinoise réelle passe sensiblement sous le seuil des 8 % annuels (nécessaire pour éviter la hausse du chômage, dans un pays qui voit un gigantesque exode rural interne).
Pour notre part, nous doutons de la viabilité de cette analyse. Que dans un premier temps, la Chine subisse un ralentissement de croissance est évident, logique. Mais nous estimons que le marché intérieur chinois pourrait très rapidement prendre la relève des exportations ; encore une fois, ce qui explique la croissance chinoise, c’est un taux d’investissement énorme et des débouchés solvables (l’exportation) ; si les exportations calent, il reste le développement du marché intérieur, et rien n’empêche Pékin de le lancer, à présent, puisque l’acquisition des technologies est en passe d’être achevée (donc plus besoin des exportations pour financer l’acquisition de technologie), et les ressources financières existent (taux d’épargne élevé, réserves de change énorme : marché solvable).
Peut-être la crise US arrive-t-elle quelques années trop tôt pour la Chine ; mais à moyen terme, à notre avis, sauf problème écologique ou énergétique, on ne voit pas ce qui empêcherait la Chine de se développer par l’investissement et la consommation (lire, à ce sujet, « Crise économique ou crise du sens ? »).
Le fond du désaccord : FL pense que la relance chinoise par l’investissement va enclencher un cycle inflationniste ; à notre avis, il oublie que si la Chine développe son marché intérieur au lieu d’exporter, le risque social lié à la surchauffe va beaucoup baisser (puisque les salaires augmenteront avec l’inflation, laquelle sera contenue par un afflux de produits enfin destinés au marché intérieur). FL pense que la dette chinoise est trop importante pour développer le marché intérieur : à notre avis, il oublie qu’une dette totale (tous acteurs confondus) à 200 % du PIB (son estimation, à notre avis maximaliste) n’est pas insurmontable, si le taux d’épargne est élevé (il l’est en Chine) et, surtout, si la croissance permet de couvrir les intérêts (à ce stade, elle le permet). En outre, il ne faut pas négliger que les flux du commerce international peuvent très bien rebondir via les pays émergents entre eux (c’est d’ailleurs ce qui se passe depuis un an).
Bref, comme FL, nous croyons effectivement que la crise marque la fin d’un système : la mondialisation néolibérale occidentalo-centrée ; mais à la différence de cet auteur, nous estimons que la théorie du « découplage » est tout sauf absurde. Il ne s’agit pas de nier que la Chine va éprouver des difficultés (on ne reconvertit pas sans casse une industrie bâtie pour l’export), mais simplement d’estimer, tout bien considéré, que Pékin a de fortes chances de surmonter ces difficultés. Encore une fois, avec 10 % de croissance et un fort taux d’épargne, on couvre les intérêts d’une dette totale, tous acteurs confondus, à 200 % du PIB (situation chinoise). Alors qu’avec une croissance faible (2, 3 %), voire nulle, et une épargne anéantie, on ne couvre pas une dette totale (tous acteurs confondus) qui doit maintenant dépasser largement 300 % du PIB (situation US).
Donc, disons-nous, la Chine va souffrir – mais elle passera le cap (ce qui ne sera pas le cas des USA).
L’avenir dira qui avait raison…

FL est en revanche tout à fait intéressant quand il nous renseigne sur les premières étapes de l’explosion de la « Chinamérique ».

Du côté américain, deux tendances s’affrontent. Les « gentils garçons » veulent la paix avec la Chine (on les appelle les « panda huggers », les « embrasseurs de panda ») ; Obama, a priori, appartient à cette école « mondialisation avant tout » (son demi-frère est d’ailleurs marié à une chinoise), tout comme une bonne partie de son administration. Mais une autre tendance, qui prime au Congrès, « America first » en quelque sorte, veut la confrontation. Arme envisagée : le protectionnisme (enfin, on y vient) – la campagne de presse en cours aux USA sur la sécurité des biens fabriqués en Chine, ou encore les tentatives du Congrès pour faire accuser la Chine de manipulation monétaire, traduisent d’ailleurs une volonté de faire sentir aux Chinois que les « panda huggers » ne sont pas forcément les seuls à décider, à Washington.

On ne s’étonnera pas ici que l’administration Obama (financement : Soros donc Rothschild ; conseil stratégique : Brzezinski dont Rockefeller) soit « panda hugger » (finir de gagner la guerre de classes), tandis que le Congrès (soumis au vote de l’Amérique profonde et en partie financé par l’industrie US) soit nettement plus hard avec la Chine (préserver la puissance US)…

Du côté chinois, on prend progressivement conscience de sa puissance, et on teste le rival, à petites touches. Remise en cause du dollar comme monnaie de réserve mondiale (discours de Zhou Xiaochuan, gouverneur de la banque centrale chinoise). Pesée au sein du FMI en faveur d’une monnaie de réserve mondiale constituée d’un panier de monnaie. Accords avec des pays asiatiques qui officialisent le rôle de monnaie internationale régionale du Yuan.

Ce qu’il faut bien comprendre, en tout cas (et là-dessus, FL est très clair), c’est que le discours officiel sur la Chine « manipulatrice de monnaie » est surtout rhétorique. En réalité, les USA souhaitent d’un côté la réévaluation du Yuan (pour regagner des parts de marché), et la redoutent d’un autre côté (si le Yuan est réévalué, la puissance financière de Pékin, déjà considérable, deviendrait peut-être suffisante pour que la Chine remplace les USA comme première puissance monétaire du monde – ce qui lui permettrait de racheter les entreprises un peu partout, y compris en Occident).

En fait, Chine et USA sont, l’un comme l’autre, enfermés dans une manipulation commune qu’ils ont tolérée pour des raisons symétriques, et dont ils ne savent plus comment sortir.

Le problème, c’est qu’en sortant de cette manipulation commune, les USA et la Chine vont s’apercevoir qu’une fois le Yuan et le dollar convertibles, il n’y aura qu’un seul gagnant. Une des deux puissances va se trouver en situation de modeler l’économie mondiale – et il n’est pas du tout certain que ce soit les USA.

Conclusion de FL : tous les ingrédients sont réunis pour une nouvelle guerre planétaire – la quatrième (après les deux guerres mondiales et la guerre froide).

Troisième et dernière question : puisque ce qui vient, c’est une guerre, à quoi ressemblera cette guerre ?

Réponse : la « guerre sans limite », pour parler chinois, ou encore la « guerre de quatrième génération », pour parler US.

La guerre des mers : la Chine est en train  de construire une flotte capable de rivaliser avec l’US Navy. C’est logique : puisque les Chinois mettent la main sur les matières premières partout où ils peuvent, avec leurs réserves  de devise, ils veulent aussi pouvoir sécuriser les routes maritimes vers ces matières premières.

C’est aussi une mesure défensive : pour Pékin (que FL juge paranoïaque et que nous estimons simplement prudente), la Mer de Chine est un poste avancé. Surtout qu’il y a, au large, une bombe diplomatique prête à exploser : Taiwan, qui, en déclarant officiellement son indépendance, pourrait provoquer une intervention chinoise.

La Chine peut-elle rivaliser à termes avec la puissance militaire US ? Réponse : oui. Officiellement, Pékin dépense 10 fois moins que Washington en dépenses militaires (60 milliards de dollars contre 600 milliards). Mais la réalité serait, d’après FL, toute autre. Le chiffre réel des dépenses chinoises serait probablement du double du chiffre avoué, et comme les salaires chinois sont beaucoup plus faibles que les salaires US, on peut considérer que les 60 milliards officiels équivalent à 120 milliards réels au taux de change courant, et à 250 milliards à parité de pouvoir d’achat. Pékin dépenserait donc à peu près 40 % de ce que dépense Washington – et, en outre, n’ayant pas à financer d’expéditions coûteuses en Irak et en Afghanistan, ses dépenses d’équipement ne sont pas rognées par les dépenses de fonctionnement.

Au final, il semble peu probable que Pékin puisse jamais se donner les moyens de gagner une guerre conventionnelle contre les USA. Mais il est probable, en revanche, qu’elle puisse interdire à l’Amérique de considérer possible une victoire dans ce domaine.

Ce qui reportera le conflit vers d’autres théâtres d’opération, extérieurs à la sphère militaire…

La guerre du cyberespace : ils ont l’air malin, ceux qui annonçaient que l’Occident pouvait abandonner sans remord l’économie physique, puisqu’il allait gagner l’économie de la connaissance !

La Chine possède désormais le supercalculateur le plus puissant du monde. Elle possède aussi des entreprises performantes dans le secteur des télécoms. Elle compte 400 millions d’internautes. Elle forme chaque année des centaines de milliers d’ingénieurs dans les technologies de l’information. Le quart des tentatives de piratage observées dans le monde proviendrait de Chine. Le moteur de recherche Baidu domine Google en Chine même, tandis que les encyclopédies en ligne Baidu Baike et Hudong, contrôlée par le gouvernement chinois, n’ont même pas de concurrent (wikipedia est bloquée).

La Chine n’a pas le contrôle d’Internet, mais celui de son Internet. La Chine se met en situation de gagner, en tout cas sur son sol, la « guerre de l’information ». L’opération « faux SMS » conduite semble-t-il par la CIA en Iran, après la réélection d’Ahmadinedjad, n’est tout simplement pas « jouable » en Chine.

La guerre de l’or noir : la Chine n’a pas de pétrole. Pendant longtemps, ça ne l’a pas empêchée de dédaigner la grande stratégie globale : elle n’avait besoin du pétrole, n’ayant pas d’industrie. Cette période est révolue : la Chine va désormais se projeter à l’extérieur, contrairement à sa longue tradition, pour le pétrole (et d’autres matières premières).

Au total, et sur ces opérations récentes, la Chine s’est assurée l’exploitation de 8 milliards de barils hors de ses frontières (environ quatre ans de sa consommation au rythme actuel). Il est à noter que 30 % de cette manne vient d’Afrique… et 30 % d’Iran (où un seul champ représente 2,5 milliards de barils). Où l’on comprend pourquoi « l’axe du Mal » associe le Soudan et l’Iran…

En 2008, les investissements chinois à l’étranger ont dépassé 50 milliards de dollars, soit plus que les investissements étrangers en Chine. L’essentiel de cet effort porte sur les matières premières et les hydrocarbures.

La guerre du capital : la Chine n’a pas de pétrole, mais elle a tellement de devises qu’elle peut se permettre d’acheter bien d’autres choses encore.

On a récemment fait remarquer que l’évaluation de l’investissement nécessaire pour remettre en état l’ensemble du parc d’infrastructures des Etats-Unis (totalement délabré après 30 ans de néolibéralisme) correspond approximativement au montant des réserves de change chinoises. Ou pour le dire autrement (et cela donne une idée du raid financier qui se prépare potentiellement), les USA pourraient rembourser 20 ans de consommation de produits chinois à bas prix en vendant à la Chine… leurs ports, leurs routes, leurs aéroports, leurs ponts et leurs chemins de fer ! (où l’on comprend, encore une fois, que la réévaluation du Yuan est à la fois souhaitée et redoutée par Washington).

On n’en est pas là. Mais ça commence. Savez-vous que Volvo est, depuis quelques mois, une entreprise chinoise ? Et que si EDF s’est désengagée de l’électricité britannique, c’est parce que son concurrent chinois alignait les zéros ?

La guerre des modèles : le déluge d’argent chinois qui peut à tout moment fondre sur les entreprises occidentales va imposer au capital une révision drastique de son discours dominant (antiprotectionniste jusqu’ici). Ce n’est pas tant qu’il s’agisse de défendre le marché intérieur (les capitalistes occidentaux ne s’en préoccupent pas vraiment, ils pensent global avant tout) ; c’est qu’il va falloir défendre le contrôle exercé sur les entreprises par les institutions financières occidentales.

Cette défense va réhabiliter l’idée de compétition entre deux modèles. Non plus « la démocratie de marché » contre « l’économie dirigée par le Parti Unique », mais le néolibéralisme US contre le néo-colbertisme chinois. Or, dans cette guerre, il n’est pas certain que le modèle occidental prédomine. Si l’Amérique s’est longtemps imposée, rappelle FL, c’est parce qu’elle faisait rêver. Mais aujourd’hui, c’est la croissance chinoise qui fait rêver (en tout cas les peuples pauvres).

La Chine a d’ailleurs commencé cette guerre. Elle forme les élites des pays émergents. Il y a des milliers d’étudiants africains à Pékin. Partout, la Chine propose aux peuples longtemps dominés par l’Occident un modèle de rechange (lire la note de lecture sur « La Chinafrique »)… et cela ne se limite pas aux fonctions techniques ou d’encadrement intermédiaire : le directeur d’HEC s’est récemment étonné de la capacité des Chinois à rattraper leur retard dans la formation des gestionnaires !

La guerre culturelle : verrons-nous un jour un cinéma français proposer non plus trois films US (très bien faits) et un film français  (minable), mais trois films chinois (très bien faits) et un film français (toujours aussi minable) ? Pas impossible, même si c’est peut-être le seul terrain où les USA dominent encore …

Le mandarin va-t-il remplacer l’anglais comme langue la plus usitée  sur Internet ? Qui a répondu : jamais ? – perdu, c’est déjà le cas.

Pékin est pragmatique : pour développer l’apprentissage du chinois, le pouvoir chinois a copié rigoureusement le système des « alliances françaises », avec les « instituts Confucius » (60 dans le monde). En 2010, 30 millions de courageux ont entrepris l’apprentissage du Chinois (simplifié, tout de même – sinon, c’est dix ans d’études à raison de 4.000 idéogrammes par an).

Nous ne nous rendons pas compte de cet effort culturel, parce qu’il porte prioritairement sur la périphérie de l’Empire chinois. Pour l’instant, ce que veulent les dirigeants de Pékin, c’est réaffirmer leur prédominance culturelle sur les anciens Etats tributaires du système mandarinal.

Mais demain ?...

La guerre monétaire : Ce sera le terrain décisif. L’équation est simple : tant que le Yuan n’est pas réévalué, le dollar reste monnaie de réserve, mais l’Amérique implose. Le jour où le Yuan est réévalué, et où il devient convertible, il y aura deux monnaies de réserve possibles pour le monde (trois si l’euro existe encore, ce dont beaucoup doutent ici).

On en est peut-être très proche : voici un véritable symbole, la firme Mc Donald vient d’annoncer qu’elle s’endetterait en Yuans pour financer son implantation en Chine…

Le jour où le Yuan sera réévalué et convertible, on verra se produire un évènement décisif : les USA seront obligés soit d’emprunter en Yuan, ou, s’ils le font encore en dollars, de rembourser avec des dollars stabilisés, appuyés sur des actifs réels.

Ce jour-là, estime FL, l’Empire thalassocratique anglo-saxon aura perdu la suprématie mondiale. Et la guerre pourra opposer deux camps, parce qu’il y aura deux camps.

On pourra alors vérifier, pour la centième fois dans l’Histoire, que l’interdépendance économique ne garantit pas la paix. Au contraire : elle crée des opportunités de guerre, parce qu’elle oblige à définir le sens de la dépendance.

 

lundi, 29 novembre 2010

Warum kriminelle Migranten unsere Rettung sind

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Warum kriminelle Migranten unsere Rettung sind
Ellen KOSITZA - Ex: http://www.sezession.de/

Sich über Namen, für die einer im Normalfall wenig kann, auszulassen, gilt als ähnlich unfein wie öffentliches Lästern über Äußerlichkeiten. Sei’s drum, ich gehe davon aus, daß Malte Lehming ein Problem mit seinem Namen hat. Psychologen wissen, daß Leute, die etwa „Klein“ und Maus“ heißen – zweifellos anständige Namen! –, im Schnitt stärker nach Rebellion streben und gewissermaßen aufsässiger auftreten als solche, die „Groß“ oder „Hund(t)“ heißen.

Mein Verdacht ist, daß sich jemand mit Namen Lehming eventuell sowohl von den bekannten Gerüchten, die mit Lemmingen verbunden werden, mit aller Kraft absetzen will als auch von Eigenschaften, die man mit „Lehm, lehmig“ assoziiert, einem trägen, amorphen, schwerfälligen Stoff.

Zu dieser These würde passen, daß Malte Lehming ausgerechnet als „Meinungschef“ beim Tagesspiegel reüssiert und in dieser Funktion hauptsächlich „klare Kante“ zeigen will, und zwar auf Teufel-komm-raus. Hauptsache, mal was „Widerborstiges“ sagen, Sinn, Zweck und Verstand spielen da selten eine Rolle. In seinem „Kontrapunkt“ vom 16.11. hat sich der Profilierungswütige einmal mehr selbst übertroffen.

Man lese:

In Berlin gibt es ausländische Jugendbanden. Das ist ein Problem. Noch größer wäre das Problem, wenn es sie nicht gäbe.

Sie sind jung, mutig, mobil, hungrig, risikobereit, initiativ. Solche Menschen braucht das Land. Natürlich ist es nicht schön, wenn Jugendliche – ob mit türkischem oder libanesischem Hintergrund – in den Straßen von Berlin Banden bilden, Reviere verteidigen und mit Messern hantieren. Aber hinter der Kritik an ihrem Verhalten verbirgt sich oft bloß der Neid derer, die Vitalität als Bedrohung empfinden, weil sich die eigene Mobilität auf den Wechsel vom Einfamilienreihenhaus in die Seniorenresidenz beschränkt. Lieber ein paar junge, ausländische Intensivtäter als ein Heer von alten, intensiv passiven Eingeborenen.

Nebenbei soll es solche „jungen, mutigen, initiativen…“  Jugendbanden ja auch außerhalb Berlins geben. Man hörte davon aus östlichen Bundesländern. Dürfte man wohl entsprechend umformulieren: „Natürlich ist es nicht schön, wenn Jugendliche – ob mit Glatzen und Springerstiefeln oder in unauffälligen Klamotten wie Kapuzenpullis und Palästinensertüchern – in den Dörfen und Kleinstädten Vorpommerns Banden bilden, mit Messern hantieren, Reviere verteidigen; aber: “?

Weiter Lehming, nun mit absurden Vorstellungen bürgerlicher Bildungswelten:

Jugendbanden? Igitt! So tönt es voll Abscheu und Empörung just aus jenen bürgerlichen Wohnzimmern, wo das Video des Musicals „West Side Story“ in keiner Sammlung fehlt und „Maria“, „Tonight“ und „America“ in Originalsprache auswendig mitgesungen werden können. In dem Tanzfilm befehden sich zwei Banden, die amerikanischen „Jets“ und die „Sharks“, die aus Puerto Rico zugewandert sind. (…) Gerade das Wilde und Gesetzlose der beiden Gangs, plus der sich auf die Ethnie gründende Zusammenhalt ihrer Mitglieder, machen den Charme des Stückes aus. (…) Demographisch, das weiß man, steht Deutschland vor dem Super-Gau.

Hier fügte ein Kommentator, an Lehming gerichtet, ein:

„Intellektuell auch.“

Lehming ist nun keineswegs ein linker Vogel, der nicht anders kann. Er ist nur immer sehr durcheinander. Zuletzt hatte er die USA um ihre attraktive, erfolgreiche, „vitale“ und „mobile“ Tea-party-Bewegung (die er eigentlich genauso gut als dicke, weiße „Altersheimer“ mit Verlustängsten bezeichnen hätte können) beneidet. Möglicherweise stellen die „mobilen, intiativen“ Türkenbanden für ihn einfach das gültige deutsche Pendant zur ähnlich (wenn auch anders) „initaitven“ Tea-Party- dar?

Jedenfalls, für Deutschland findet Lehming:

Eine solche Gesellschaft braucht vor allem junge, tatkräftige, durchsetzungsfähige, agile Menschen, um das psychologische Gesamtgefüge auszugleichen. Ein Volk, das schnurstracks in die Seniorenrepublik der Schneeköpfe tapst, schafft sich in der Tat selbst ab. Zu Recht beklagen wir die Kriminalität vieler ausländischer Jugendgangs. Aber das Maß an Phantasie, Mut und Vitalität, was deren Mitglieder oft aufbringen, zeigt auch: In diesen Menschen steckt, im Gegensatz zu den mentalen Altersheimern, noch ein Wille, ein Drang. Das sollten wir zu würdigen lernen – und uns fragen, wie wir die positiven Eigenschaften der Jugendlichen trennen können von den negativen Zielen, auf die sie sich richten. Wenn Deutschland nicht einmal mehr Jugendbanden hat, ist alles zu spät.

Wie es um das „psychologische Gesamtgefüge“ des Herrn Lehming bestellt ist, will ich gar nicht wissen. „Ein Wille, ein Drang“ scheinen irgendwie vorhanden zu sein, ein klitzekleiner Dachschaden möglicherweise auch. Da ich mich nun schon auf seinen Namen kapriziert habe  möchte ich (Kositza, slaw., heißt übrigens Ziege) dem doch auch noch ein Gesicht geben. Dieser Mann macht mir Angst.

dimanche, 28 novembre 2010

Nobelprijswinnaar niet welkom in Turkije

Ex: http://www.telegraaf.nl/buitenland/

Nobelprijswinnaar niet welkom in Turkije
Van onze correspondent
ISTANBOEL -  De Britse schrijver V.S. Naipaul, die in 2001 de Nobelprijs
voor de Literatuur won, kan vanwege zijn kritiek op de islam niet deelnemen
aan een internationale literaire bijeenkomst in Istanboel.

naipaul_wife_prize_photo.jpgAanvankelijk was de in Trinidad geboren Naipaul als eregast uitgenodigd voorhet European Writers Parliament, een groot internationaal literair evenement dat vandaag in Istanboel van start gaat. Toen dat bekend werd, protesteerde een groep Turkse schrijvers fel en dreigde met een boycot.

De komst van Naipaul zou "een belediging zijn voor moslims", vanwege eerdere uitlatingen van de schrijver over de islam.

Zo heeft de Nobelprijswinnaar eens gezegd dat islamisering een vorm van
kolonisatie is die rampzalige gevolgen met zich meebrengt. Dat zou volgens
Naipaul vooral gelden voor mensen die zich tot de islam bekeren, omdat ze
hun afkomst en eigen verleden moeten verloochenen.

Volgens de Turkse dichter en filosoof Hilmi Yavuz beledigt de schrijver met
zulke opmerkingen de islam en moslims. Daarom is zijn komst naar het
literaire evenement niet gewenst, aldus Yavuz. Vele andere Turkse schrijvers
zijn dezelfde mening toegedaan. "De uitnodiging aan Naipaul moet worden
ingetrokken en men moet de schrijver vertellen wat daarvan de reden is",
aldus Özdenören. "De aanwezigheid van Naipaul is een belediging voor
moslims", aldus de linkse Turkse schrijver Cezmi Ersöz.

De organisator van het evenement, Ahmet Kot, probeerde nog de protesterende
Turkse schrijvers tegemoet te komen door Naipaul niet meer als eregast te
verwelkomen. Naipaul zou alleen de openingsspeech houden. Het
compromisvoorstel mocht niet baten. De protesterende Turkse schrijvers
hielden voet bij stuk. Daarna hebben het organisatiecomité en Naipaul
gezamenlijk besloten dat het beter is dat hij thuisblijft.

Le renversement du monde / Politique de la crise

« Le renversement du monde - politique de la crise »

Un livre de Hervé Juvin

par Michel Geoffroy

Ex: http://www.polemia.com/

 

9782070130511.jpgIl est difficile de résumer en quelques mots l'ouvrage d'Hervé Juvin Le renversement du monde. Il faut le lire tout simplement. Car ce livre marquera.
Il est comme un fleuve tumultueux, comme un torrent : il vous saisit dès les premières pages et ne vous lâche plus. Car ce fleuve charrie des trésors. En 260 pages, écrites d'une langue vive, claire, ponctuées de formules qui frappent comme l'éclair, Hervé Juvin embrasse tout, explique tout et traite de l'état du monde dans une approche remarquablement non réductionniste : économique, mais aussi sociale, culturelle, géopolitique ou ethnologique et bien sûr politique. Le monde se renverse effectivement car le voile de l'utopie marchande se déchire brutalement .

C'est une crise ? Non Sire c'est une révolution

La révolution qui vient, c'est celle de la fin de la prétention du marché libéré de toutes les entraves à fonder une société. La révolution du libre échangisme mondialiste n'est qu'une sinistre utopie, paravent des intérêts anglo-saxons : elle n'aboutit qu'à la destruction des sociétés qui ont la naïveté de croire à ses tabous. Elle sème partout des décombres. Le libre échangisme mondialiste signifie aussi la rupture entre le capitalisme – de plus en plus financier - et la démocratie. C'est un renversement par rapport aux siècles précédents, où libéralisme et démocratie cheminaient de concert. C'est la raison principale de l'impasse dans laquelle se trouve l'Europe.

Seuls les européens ont oublié qui ils sont

Le libre échangisme mondialiste n'aboutit qu'à la destruction des hommes, réduits à l'état d’eux mêmes, interchangeables, donc sans qualité ni raison de vivre. Mais, mauvaise nouvelle, ce mal ne frappe plus que les seuls occidentaux. Les occidentaux sous direction anglo-saxonne croyaient pourtant qu'en diffusant leurs techniques et leurs produits, ils soumettraient le reste du monde à leur idéologie. Mais la bonne nouvelle, c'est que cette illusion se déchire aussi : le reste du monde s'est approprié les sciences et les techniques occidentales, mais les chinois restent des chinois, les indiens restent des indiens et les musulmans restent des musulmans. Seuls les européens ont oublié qui ils sont. Et en outre, ils sont de moins en moins nombreux, alors que les autres peuples redécouvrent la vertu du nombre. Le réveil promet d'être brutal. Vae victis !

« L’insurrection de la différence »

Ce livre dresse aussi le constat de décès d'une certaine Europe, réduite au contrat et au marché. Mais il trace aussi, et c'est son mérite, les voies du renouveau : préférence régionale et nationale, localisme, retour de la régulation politique, réciprocité, défense des identités.

Le monde qui vient sera en effet celui de « l'insurrection de la différence » : comme l'écrit l'auteur « le temps est revenu des séparations vitales, des discriminations fécondes, de la frontière fondatrice ». La ligne de fracture ne va plus séparer comme dans le passé les peuples entre eux, mais bien d'un côté les partisans de l'utopie mondialiste et de l'autre les défenseurs des identités et de la diversité du monde. Et cette ligne de fracture passe au travers des sociétés elles même. Elle marque le retour de l'histoire et de la politique, c'est à dire de la violence.

A lire et à relire absolument !

Michel Geoffroy
17/11/2010

Hervé Juvin, Le renversement du monde ? - politique de la crise, Editions Gallimard, 23 septembre 2010, 264 p. 17,90 euros

Voir aussi : « Les limites de l'utopie multiculturelle »

Correspondance Polémia – 22/11/2010

Les dirigeants turcs: vrais islamistes et faux bisounours

Les dirigeants turcs: vrais islamistes et faux bisounours

Jean-Gilles MALLIARAKIS

Ex: http://www.insolent.fr/

erdogan-davutoglu-hasa-hz_-peygamber-mi-1011101200_l.jpgOn peut reprocher, certes, beaucoup de choses aux dirigeants turcs mais on doit leur reconnaître une qualité. Ils se préoccupent avant tout, pour ne pas dire exclusivement, de l'idée qu'ils se font du destin de leur pays.

On l'a vu encore à la faveur des réunions de Lisbonne du 20 novembre. Beaucoup d'observateurs croient découvrir une dérive les éloignant quelque peu de la vieille alliance atlantique. Mais en fait plus on analyse leur action et plus on finit par en considérer le sérieux.

I. Quelques mots d'abord sur le pouvoir civil en Turquie

Il existe bien évidemment, des nuances, des débats et même des contradictions parmi les dirigeants politiques d'Ankara et au sein des élites d'Istanbul.

Les détenteurs du pouvoir politique civil actuel se situent dans la mouvance d'un courant islamique précis. Ne les confondons ni avec les terroristes qui ont ouvertement déclaré la guerre au monde occidental, ni même avec les rétrogrades "salafistes" rêvant de revenir au monde de ceux qu'ils appellent leurs pieux ancêtres. Ce courant d'idées a toujours voulu rénover, moderniser un pays, et ceci dès la fin de l'Empire ottoman. La doctrine remonte Saïd Nursi et aux "nourdjous" (1). Son réformisme s'oppose à celui des jeunes-turcs et à leurs continuateurs actuels qui brandissent le drapeau du kémalisme et de sa laïcité. Essentiellement croyant, il entend refaire de sa patrie une grande puissance en s'appuyant sur l'islam et en sortant celui-ci de son archaïsme. Il tentera de convaincre, l'un après l'autre, les maîtres du pouvoir, à commencer par le sultan. Il s'adresse à une nation fondamentalement différente des peuples du Proche-Orient, soumis aux sultans-califes de Constantinople à partir du XIVe siècle. Son espace de rêve va "de l'Adriatique [et c'est en cela qu'il met l'Europe en danger] à la Muraille de Chine". Il se reflète donc aujourd'hui dans le parti "AK" qui tient le gouvernement [Ergogan] et la présidence de la république [Abdullah Gül]. Son journal "Zaman" constitue la meilleure source de données sur le pays. est inspiré depuis des années par Fethullah Gülen. Plusieurs fois arrêté dans son pays natal pour ses activités anti-laïques, celui-ci est depuis 1999 installé aux États-Unis. Certes ce chef de file se prononce, par exemple, pour le dialogue interreligieux et contre le terrorisme.

Mais il faut la naïveté, et l'ignorance sans faille des responsables occidentaux, pour le définir comme "modéré". D'ailleurs, on se souviendra que naguère cette étiquette passe-partout servait déjà à désigner les Saoudiens, mesurés certes, mais seulement dans leur modération. Pour l'avenir comprenons avant tout que ce pouvoir agit et agira en toute circonstance pour réislamiser le pays à long terme, notamment par le biais de l'éducation.

II. Les Turcs participaient donc, comme tous les autres pays membres du pacte, à la réunion de l'Otan qui s'est tenu à Lisbonne le 20 novembre.

Le traité fondateur a été signé en 1949. Il tendait alors à répondre au "coup de Prague" opéré par les Soviétiques l'année précédente. Contemporain de l'écriture par Jules Monnerot de sa "Sociologie du communisme" (2), il souffre, – par rapport à cette analyse puissante, qui vaut aujourd'hui encore pour comprendre l'entreprise islamiste, – d'une bien plus forte obsolescence.

En particulier, on se réunissait entre alliés de l'OTAN, puis on rencontrait les dirigeants russes pour adopter le "nouveau concept stratégique" impulsé par la diplomatie des États-Unis.

Celle-ci s'accroche évidemment encore, sous l'impulsion de Hillary Clinton, à l'idée d'une "alliance avec les musulmans modérés". Soulignons à cet égard que cette doctrine a notamment permis le développement, avec le soutien américain, de l'Organisation de la conférence islamique, qui réclame depuis 1970 "la libération de Jérusalem" en vue de laquelle elle a été constituée. Ceci tend sans doute à une convergence politico-financière avec les émirs du pétrole. En revanche il ne semble pas besoin de poser au spécialiste de la politologie new-yorkaise pour saisir les forces qui s'y opposent. Elles exercent une influence plus notoire encore chez les élus du parti démocrate qu'au sein des républicains.

De nombreuses et grandes questions préoccupaient les intervenants.

Selon les pays, et selon les opinions, les médias ont pu mettre ainsi l'accent sur l'évolution du conflit en Afghanistan, sur le désir d'en sortir, sur l'intervention d'unités blindées sur le terrain de ce conflit, sur la lutte anti-terroriste en général, ou sur la mise en place d'un bouclier anti-missiles destiné à lutter contre le danger nucléaire des États-voyous, désignant la Corée du nord et l'Iran.

Dans ce contexte, comment ne pas comprendre le désir des principaux participants d'associer la Russie aux efforts de l'alliance occidentale. Malgré les difficultés des dernières années, certains voudraient tenir pour un simple contretemps l'intervention dommageable contre la Géorgie et les pressions de Moscou sur ce qu'on y appelle "l'étranger proche". Ce rapprochement fait partie des évolutions incontournables à [plus ou moins long] terme.

III. Les réserves turques

On ne trouve cependant jamais de si bonne ambiance qu'on ne puisse gâcher. Cette roborative constatation du regretté Witold Gombrowicz répond à l'affirmation un peu utopique chère au ministre turc Ahmet Davutoglou, qu'on ne peut énoncer autrement qu'en basic english "no problem with out neighbours".

Avant, pendant et après la réunion de Lisbonne, Abdullah Gül, accompagné de son épouse voilée, faisait part (3) des réserves que son pays pose à l'évolution "globale" de l'alliance. À son retour il déclarait avoir "sauvé" les principes fondateurs défensifs de l'organisation. Ce disant, du reste, il ne semble pas avoir pris connaissance du traité d'origine qui, certes, prévoit une intervention en cas d'attaque contre un quelconque des alliés, ses navires ou ses aéronefs, mais fait également référence à la démocratie. L'Espagne franquiste en était tenue à l'écart. L'évolution actuelle de l'Alliance correspond à une nécessité. Il se révélera de plus en plus difficile à Ankara de vouloir ménager ses relations avec divers pays islamistes, et notamment avec l'Iran

À Lisbonne le fossé apparu depuis 2003 avec l'arrivée au pouvoir de l'équipe Erdogan-Gül, a continué de se creuser avec l'occident.

M. Gül a particulièrement voulu marquer ses distances avec l'Europe. Son ondoyante diplomatie continue à marteler son contentieux avec un membre de l'Union européenne, la république de Chypre. Il la rend toujours responsable majeur des nombreux blocages et déboires de la candidature, à laquelle on fait pourtant mine d'accorder de moins en moins d'importance.

Du point de vue européen on doit donc mesurer les dangers.

Rappelons les.

Le plus ancien péril, d'ordre territorial, porte traditionnellement sur les confins balkaniques de notre continent.

Aujourd'hui cela pèse sur l'archipel grec de la mer Égée, sur la Thrace occidentale ou sur une partie de la Bulgarie, où la Turquie revendique son droit de protéger les "pomaks". Ne doutons pas non plus que les orthodoxes des Balkans ne doivent se faire aucune illusion quant au soutien à attendre des occidentaux. Qu'il s'agisse des Américains, des Européens, des Britanniques ou même des Russes, personne ne lèvera le petit doigt pour les défendre en dépit de toutes les assurances théoriques du droit international.

Or le fait même que le Dr Ekmeleddin Ihsanoglu, secrétaire général turc de l'Organisation de la conférence islamique depuis 2004, ait fait inscrire (4) le "soutien aux musulmans" des Balkans comme objectif mondial des 56 pays membres souligne la réalité des menaces qui pèsent à terme sur les deux États européens limitrophes de la Turquie et sur la région.

Pendant de nombreuses années Bülent Ecevit était ainsi apparu comme le principal porte-parole de la gauche républicaine turque. En 1974, à la tête d'un gouvernement auquel s'associa le vieux chef islamiste Necmettin Erbakan, il commence par supprimer l'interdiction de la culture du pavot en Anatolie. Puis il envahit Chypre en invoquant son droit d'y protéger la minorité turque. Ceci en fait pendant quelque temps une sorte de héros national.

Or, c'est seulement en septembre 2002, sur la chaîne turque TRT que Bülent Ecevit le reconnut lui-même, pour la première fois depuis plus d'un quart de siècle. Cette occupation par l'armée d'Ankara en 1974 du nord de la république de Chypre, et qui dure encore, correspondait exclusivement à des motifs stratégiques. Autrement dit tous les arguments en faveur des Chypriotes musulmans servaient de simples prétextes. Cette minorité représentait 18 % de la population de l'île, colonie de la Couronne britannique. Les Anglais avaient cru bon de l'organiser et de l'instrumentaliser pour contrecarrer, après la seconde guerre mondiale, la revendication des Grecs. (5)

Mais les périls se concentrent de plus en plus sur d'autres dossiers et notamment sur l'influence que la Turquie exerce et exercera sur les communautés immigrées, revendiquant l'ensemble des gens supposés "d'origine musulmane", dans la vie politique de plusieurs pays en manipulant le poids électoral et le chantage du communautarisme.

On ne peut donc pas évaluer jusqu'où ira sa dérive hors de l'Otan.

On doit mettre dès aujourd'hui un terme à cette incongruité de la candidature à l'Union européenne. (6)
JG Malliarakis

2petitlogo

jeudi, 25 novembre 2010

Jean Parvulesco nei cieli

Jean Parvulesco nei cieli

Ex: http://centrostudinadir.org/

 

Jean Parvulesco nacque in Valachia, Romania, nel 1929.
Nel 1948, non ancora ventenne, questo grande ammiratore di Codreanu sfuggì il comunismo attraversando il Danubio a nuoto. Fu catturato in Jugolsavia dove rimase prigioniero per due anni in un campo di lavoro prima di raggiungere Parigi nel 1950.
Si legò ad alcune componenti golliste ma sostenne l’Oas e collaborò con la Nouvelle Droite del Grece. Amico di Raymond Abélio, di Aurora Cornu, di Louis Powell, questo guenoniano che conobbe Ava Gardner, Carole Bouquet e tante altre belle donne, dialogò con  Martin Heidegger, Ezra Pound, Julius Evola e fu amico di cuore di Guido Giannettini.
Giornalista, politico, metafisico, mistico, Parvulesco ha lasciato un’impressionante mole di romanzi intrisi di mistero – esistenziale ma anche cosmico e simbolico – i cui personaggi oscillano tra il meraviglioso e l’autobiografico.
Tanto che fu notato e ammirato da registi francesi di primo piano quali  Eric Rohmer, Jean-Luc Godard o Barbet Schroeder. In “A bout de souffle” Goddard fece impersonare il vero Parvulesco dall’attore Jean-Pierre Melville.
Per l’occasione, Parvulesco, alla domanda su quali fossero le sue ambizioni, replicò: “diventare immortale e poi morire”.
Nell’ultima uscita pubblica, in studio televisivo lo scorso giugno,  ostentò invece uno straordinario silenzio.
Era evidentemente pronto all’ultimo passaggio e all’immortalità e decise di lasciarci il segnale più rumoroso e incisivo: il silenzio appunto.
Nel suo ultimo libro, Un retour en Colchide, appena pubblicato dalla Guy Trédaniel, scrisse  “non siamo noi che decidiamo l’ora. Io faccio quel che posso ma non so se sarò presto costretto ad abdicare. D’altronde ho l’impressione che il momento della fine stia sopraggiungendo”.
E’ asceso ai cieli la sera di domenica  nella sua Parigi.

Gabriele Adinolfi

Club Med Brussel

 Club Med Brussel
Eddy Hermy
 
bellevie.jpgTerwijl de meerderheid van onze werkende mensen tussen de 80 en 120 euro bruto per dag verdienen. Terwijl uitkeringstrekkers 50 euro of minder per werkdag ontvangen, zijn er in dit land toch gelukkige zielen die zonder uitkering of zonder zelfs maar te werken kunnen genieten van Club Med-faciliteiten. De plaats van gebeuren: Brussel.

Daar genieten 1200 asielzoekers in 24 verschillende hotels die zijn aangesloten bij de FOD-afdeling vertier van een welverdiende pretvakantie. Elke maand kosten die hotelkamers 1,3 miljoen euro. Elke maand! Natuurlijk is de ene asielzoeker niet de andere. Je hebt ook asielzoekers die niet zo tuk zijn op een simpele kamer en die graag ietsje vrolijker en chiquer van hun verblijf in Brussel willen genieten. En om dat te realiseren hebben we onze gilde van advocaten...

Als echte bookmakers schuimen die advocaten de asielscène af op zoek naar meerwaarde zoekende asielanten. Het spel zit als volgt in elkaar: een advocaat belooft een asielzoeker dat hij er voor kan zorgen dat hij tot 500 euro per dag kan ontvangen zonder te moeten stelen en zonder te moeten werken. De buit wordt bij een eventuele toekenning van schadevergoeding wegens gebrek aan opvang verdeeld tussen de racketeer van de advocatengilde en de asielzoeker.

Het grappige aan het spel is bovendien dat deze schadevergoedingen worden toegekend door de ARBEIDSRECHTBANKEN. Kunt u zich dat voorstellen, een instelling die over arbeidsconflicten en arbeidsgeschillen gaat en die beslist over een toelage voor iemand die nog nooit van zijn leven een klop gedaan heeft en die niet eens over papieren beschikt?

Ik begrijp die linkse belgicisten soms wel: wie wil er nu een landje afschaffen dat dergelijke kluchtige toestanden kent? Dat is nog eens wat anders dan Cuba of China waar je papieren moet hebben om in een andere stad dan de eigen stad te mogen gaan werken.

Als het geld niet vlug wordt opgedokt, dan helpen de raceteers van de advocatengilde een handje. Zo is het geval bekend van een Congolees (handige gasten die Congolezen!) die Fedasiel een deurwaarder op het dak stuurde om zo 15 000 euro aan prijzenpot af te dwingen. In een stuk in Knack wordt onthuld dat deze Congolees daarvoor beslag liet leggen op auto’s en computers van de dienst Vreemdelingenzaken. Geen wonder dat de achterstand in het verwerken van asielaanvragen steeds meer oplopen als hun boel zo nu en dan wordt aangeslagen door een ontevreden klant.

Intussen is de prijzenpot gewonnen met het bingospel georganiseerd door de advocatengilde en uitbetaald aan asielzoekers opgelopen tot 300 000 euro dit jaar. BINGO! De blijde boodschap van een “Win for Life in Belgium” heeft zich dan ook wereldwijd verspreid. Wat tot een recordaantal van 2000 asielaanvragen in oktober heeft geleid.

In de hotels is het intussen elke dag feest: er is thuisverzorging, er zijn verpleegsters die komen kijken of er geen vakantiekwaaltjes verzorgd moeten worden.  En bij dit alles wordt een gedurfde en progressieve mix van vakantiegangers aangehouden. Om een jeugdige sfeer aan te houden hebben ze in die hotels ook een pak minderjarigen gelogeerd. Nu moet u zich als minderjarige maar eens proberen in te schrijven in een hotel. U zult nogal een gang gaan!

Maar die jeugdige asielzoekers hebben daar geen last van. In een verslag van de dienst Fedasiel wordt gewag gemaakt van een verregaande vorm van promiscuïteit (iedereen neukt met iedereen) in sommige van de vakantieverblijven, waar dus ook die jongere minderjarige vriendinnen of vrienden op bezoek krijgen. Maar we zijn een modern land, een milde vorm van hedonisme mogen we die jongens en meisjes niet ontzeggen, tenslotte is het voor hen vakantie.

Uit getuigenissen van hoteluitbaters blijkt dat die minderjarigen (van wie de meesten Marokkanen zijn) zich goed hebben geïntegreerd en dat ze zichzelf nuttig vermaken. Ze kunnen gratis naar school, ze hebben een gratis verblijf, het eten is kosteloos en ze skypen en sms’en naar de vrienden in Marokko dat het een lieve lust is. En een prettige bezigheid staat garant voor een verlengd verblijf in die hotels. Seks hebben om kindjes te maken, want niks is zo efficiënt om een verlengd verblijf af te dwingen als een kindje produceren. En iedereen weet dat een vakantiestemming bijdraagt aan seksuele activiteit. Dan maar van een nood een deugd maken!

Als asielzoekers te moe worden van het vakantie vieren, dan hebben zij nog mogelijkheden. Er zijn gevallen bekend van asielzoekers die plots verdwijnen uit hun Brusselse vakantiehotel om na twee of drie weken terug in te checken. En wat blijkt? Die mensen waren met vakantie gegaan naar het land van waaruit ze gevlucht waren! Effekes uitblazen van de stress die het vluchtelingschap met zich meebrengt. In het land waar je zogezegd vervolgd wordt. Is dat niet mooi!?

mardi, 23 novembre 2010

Le décès de Jean Parvulesco

Le décès de Jean Parvulesco

L’écrivain Jean Parvulesco, né en Roumanie en 1929, est décédé le dimanche 21 novembre à l’âge de 81 ans.

984949610.jpg« Devenir immortel… et puis mourir ». C’était la grande ambition que lui confiait Jean-Luc Godard dans À bout de souffle, qui lui prêtait les traits de Jean-Pierre Melville. L’écrivain d’origine roumaine, Jean Parvulesco s’est éteint le 21 novembre à l’âge de 81 ans. Entre littérature, cinéma, et engagement politique, sa trajectoire artistique se distingue par sa singularité. Il n’a pas 20 ans lorsqu’il fuit le régime communiste de son pays et réussit à rejoindre Paris. Il y fréquente différents milieux artistiques, dont celui de la Nouvelle Vague. Son personnage apparaît dans À bout de souffle, et il a un petit rôle dans un film d’Éric Rohmer. En politique, Parvulesco est proche de la Nouvelle Droite, lié à certains gaullistes, ainsi qu’à l’Organisation de l’Armée secrète (OAS). Il commence à écrire dans les années 1960 et entame une carrière de journaliste. De nombreux articles sont publiés notamment dans le quotidien Combat. Son entrée en littérature ne s’effectue qu’à la fin des années 1970. Le recueils de poèmes, Traité de la chasse au faucon (L'Herne, 1978), est très remarqué. Une dizaine d’essais et une trentaine de romans, dont La servante portugaise (éd. L’âge d’homme), suivront. Un retour en Colchide, son dernier roman, est paru en 2010 chez Guy Trédaniel.

dimanche, 21 novembre 2010

Moslims en joden struikelen over speelgoedvarken

fermeanimaux.jpg

Moslims en joden struikelen over speelgoedvarken

Ex: http://www.ad.nl/

LONDEN - In het Verenigd Koninkrijk heeft een keten van speelgoedwinkels een
varkentje uit een speelgoedboerderij gehaald. De directie wil zo voorkomen
dat joodse en islamitische ouders aanstoot nemen aan het 'onreine' dier.
De merkwaardige maatregel kwam aan het licht nadat een moeder bij de winkel
had geklaagd dat er een varkentje ontbrak in de boerderijset HappyLand
Goosefeather Farm. Die had de vrouw voor de eerste verjaardag van haar
dochtertje gekocht, meldt The Sun

"De boerderij had wel nog een varkenshok en een knop die een knorgeluid
maakt als je er op duwt. Maar het varken was spoorloos", aldus de vrouw.

Klachten
De moeder schreef een brief naar de directie van de Early Learning
Centre-winkel en kreeg een mail terug met de verklaring voor de mysterieuze
verdwijning van het plastic varkentje. Het speelgoeddiertje was uit alle
boerderijpakketten verwijderd om joodse en islamitische ouders niet voor het
hoofd te stoten. Beide religies verbieden het nuttigen van varkenvlees. De
beslissing was genomen na enkele klachten van klanten.