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dimanche, 07 août 2011

La contesa geopolitica sino-statunitense

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La contesa geopolitica sino – statunitense

Giacomo Giabellini
 
Ex: http://www.eurasia-rivista.org/ 

 

Che la prorompente ascesa di svariati paesi abbia assestato un duro colpo all’assetto mondiale incardinato sull’unipolarismo statunitense è un fatto che pochi oseranno contestare.

La resurrezione della Russia sotto l’autoritaria egida di Putin affiancata all’affermazione della Cina al rango di grande potenza costituiscono i due principali fattori destabilizzanti in grado di ridisegnare i rapporti di forza a livello internazionale.

 

Se la Russia, tuttavia, ha potuto contare sulla monumentale eredità sovietica, la Cina ha fatto registrare un progresso politico ed economico assolutamente straordinario.

 

Il lungimirante progetto di ristrutturazione messo a punto in passato da Deng Xiao Ping ha inoppugnabilmente svolto un ruolo cruciale nell’odierno riscatto cinese e tracciato un solco profondo entro il quale sono andati a collocarsi tutti i suoi successori, da Jang Zemin a Hu Jintao, passando per Jang Shangkun.

 

Come tutti i paesi soggetti a forte sviluppo economico, la Cina si trova a dover soddisfare una crescente seppur già esorbitante domanda di idrocarburi.

 

Per farlo, è costretta ad estendere la propria capacità di influenza ai paesi produttori Medio Oriente e a quelli dell’Africa orientale attraverso i territori dell’Asia centrale e le vie marittime che collegano il Golfo Persico al Mar Cinese Meridionale.

 

In vista di tale scopo, la diplomazia cinese ha escogitato una efficace strategia diplomatica imperniata sul principio della sussidiarietà internazionale e profuso enormi sforzi per dotarsi di un esercito capace di sostenere gli ambiziosi progetti egemonici ideati dal governo di Pechino.

 

L’Organizzazione per la Cooperazione di Shangai – che raggruppa Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tajikistan, e Uzbekistan e che annovera Iran, Pakistan, India e Mongolia in qualità di osservatori – patrocinata dalla Cina ha promosso una partnership strategica tra i paesi aderenti ad essa atta a favorire un’integrazione continentale in grado di far ricadere cospicui vantaggi su tutto l’insieme.

 

In aggiunta, va sottolineato il fatto che è in fase di consolidamento l’asse Mosca – Pechino nello scambio tra armamenti e petrolio.

 

La Cina acquista gran parte delle proprie forze militari dalla Russia dietro congrui conguagli e costituisce il primo cliente per il mercato bellico russo.

 

Caldeggia la realizzazione di una pipeline che attinga dai giacimenti russi e faccia approdare petrolio ai terminali cinesi, trovando però l’opposizione della Russia, incapace di far fronte tanto alla domanda cinese quanto a quella europea.

 

In compenso, Mosca sostiene la realizzazione del cosiddetto “gasdotto della pace”, un corridoio energetico finalizzato a far affluire il gas iraniano in territorio cinese attraverso Pakistan ed India, in grado di orientare gli idrocarburi iraniani verso est e consentendo in tal modo alla Russia di assestarsi su una posizione assolutamente dominante ed incontrastata sul solo mercato europeo.

 

Ruggini vecchie e nuove hanno impedito la rapida realizzazione dei progetti in questione portando il governo di Pechino ad individuare soluzioni alternative.

 

Non a caso, uno dei grandi scenari in cui si gioca attualmente la partita tra gli Stati Uniti in declino ma decisi a vender cara la pelle e la rampante Cina in piena ascesa economica è l’Africa, che grazie alle sue immense risorse di idrocarburi (e materie prime) costituisce l’oggetto del desiderio tanto dell’una quanto dell’altra potenza.

 

La Storia insegna sia che la scoperta di giacimenti di idrocarburi nelle regioni povere costituisce il reale movente dei conflitti che vedono regolarmente fazioni opposte combattere aspramente, quasi sempre a danno della popolazione, per garantirsene il controllo sia che dietro di esse si celano direttamente o indirettamente quelle grandi potenze interessate ad estendere la propria egemonia geopolitica.

 

Sudan, Nigeria, Congo, Angola, Yemen, Myanmar (l’elenco è sterminato).

 

La penetrazione di Pechino in Africa è proceduta gradualmente, ma il consolidamento di essa è stato reso possibile solo grazie ai passi da gigante fatti registrare dalla marina cinese.

 

Dietro suggerimento dell’influente ammiraglio Liu Huaqing, il governo di Pechino aveva infatti sostenuto il progetto riguardante l’adozione di sottomarini classe Kilo e di incrociatori classe Sovremenniy, oltre al potenziamento dei sistemi di intelligence e delle tecnologie militari necessarie a supportare una flotta efficiente ed attrezzata di tutto punto per fronteggiare qualsiasi tipo di minaccia.

 

Il Primo Ministro Hu Jintao e suoi assistenti di governo hanno inoltre potuto approfittare della risoluzione ONU di fine 2008 finalizzata alla repressione della pirateria del Corno d’Africa per insinuare la propria flotta fino al Golfo Persico e al largo del litorale di Aden, don licenza di sconfinare in aperto Mediterraneo attraverso il Canale di Suez.

 

La pirateria, ben supportata dal caos politico che governa la Somalia, in questi ultimi anni ha esteso consistentemente il proprio raggio d’azione arrivando a lambire le coste dell’Indonesia e di Taiwan ad est e del Madagascar a sud.

 

Ciò ha effettivamente sortito forti ripercussioni sui traffici marittimi internazionali, portando circa un terzo delle cinquemila imbarcazioni commerciali che transitavano annualmente per quella via a propendere per il doppiaggio del Capo di Buona Speranza pur di evitare di imboccare il Canale di Suez.

 

Ciò ha comportato un dispendio maggiore di denaro dovuto alla dilatazione dei tempi di trasporto e rafforzato le ragioni della permanenza della flotta cinese lungo le rotte fondamentali.

 

Tuttavia l’opera di contrasto alla pirateria – sui cui manovratori e membri effettivi ben poca luce è stata fatta – si colloca in un piano del tutto secondario nell’agenda cinese, interessata prioritariamente ad assumere il controllo delle rotte marittime fondamentali e dei paesi che si su di esse si affacciano.

 

Di fondamentale importanza a tale riguardo risultano gli stretti di Malacca e Singapore, specialmente in forza della quantità di petrolio che vi transita, ben tre volte superiore a quella che transita attraverso il Canale di Suez.

 

Circa quattro quinti dei cargo petroliferi provenienti dal Golfo Persico destinati alla Cina passa per lo Stretto di Malacca, mentre gran parte di quelli diretti al Giappone passano per quello di Singapore.

 

E’ interessante notare come, di converso, gli Stati Uniti e i loro alleati abbiano agito pesantemente per destabilizzare i paesi che costituiscono l’asse portante della strategia cinese.

 

La secessione del Sudan del Sud dal governo centrale di Khartoum ha minato l’integrità della Repubblica del Sudan privandola dell’area ricca di petrolio e compromettendone gran parte degli introiti legati alle esportazioni.

 

Nel fomentamento dei dissidi si è intravista la mano pesante di Israele, che per ammissione dello stesso ex direttore dello Shin Bet Avi Dichter aveva sostenuto attivamente le forze indipendentiste del sud.

 

Un’operazione atta a privilegiare le etnie e le tribù meridionali invise alla preponderanza araba del resto del paese, che segna una logica soluzione di continuità rispetto alla classica strategia antiaraba propugnata da Tel Aviv, interessata costantemente a stringere legami con i paesi regionali non arabi.

 

Gli Stati Uniti, dal canto loro, avevano rifornito di aiuti i paesi limitrofi al Sudan affinché sovesciassero il governo centrale di Khartoum fin dall’era Clinton, mentre attualmente si sono “limitati” a stanziare corpose iniezioni di denaro a contractors privati incaricati di addestrare le frange secessioniste.

 

La Cina era il principale sponsor del presidente sudanese Omar Hassan El Bashir, con il quale erano stati regolarmente barattati tecnologie, armamenti e infrastrutture in cambio di petrolio.

 

Un altro paese fortemente destabilizzato in relazione alla sua posizione strategicamente cruciale è lo Yemen, cui gli Stati Uniti hanno richiesto con insistenza la concessione dell’isola di Socotra per installarvi una base militare che, se unita alla Quinta Flotta stanziata nel vicino Bahrein, formerebbe la principale forza militare dell’intero Golfo Persico.

 

L’isola si situa a metà strada tra il Mar Rosso e l’Oceano Indiano ed occupa una posizione che coincide con il crocevia delle rotte commerciali che collegano il Mediterraneo, mediante il Canale di Suez, al Golfo di Aden e al Mar Cinese Meridionale.

 

Myanmar è stato invece oggetto di una vera e propria rivoluzione colorata, quella “color zafferano” che deve il suo nome al colore delle vesti indossate dai monaci buddhisti protagonisti delle rivolte antigovernative.

 

Non è un segreto che la giunta militare guidata dall’enigmatico generale Than Shwe si sia resa responsabile di efferatezze che la rendono difficilmente difendibile, ma siccome gli stati non hanno mai conformato il proprio operato alle tavole della legge morale non stupisce che il sostegno statunitense accordato alle frange rivoltose non abbia nulla a che vedere con la tutela dei diritti umani, ma risponda a ben precisi obiettivi geopolitici.

 

Il dominio degli stretti di Malacca e Singapore consente infatti di esercitare un controllo diretto sugli approvvigionamenti energetici destinati alla Cina.

 

La Cina ha però effettuato le proprie contromosse, fornendo il proprio appoggio politico all’isolato governo di Rangoon e raggiungendo con esso accordi commerciali e diplomatici di capitale importanza strategica.

 

Pechino ha rifornito la giunta militare al potere di armamenti e tecnologie militari, ha stanziato fondi sostanziosi per la costruzione di numerose infrastrutture come strade, ferrovie e ponti.

 

In cambio, ha ottenuto il diritto di sfruttare i ricchi giacimenti gasiferi presenti sui fondali delle acque territoriali ex birmane oltre a quello di dislocare le proprie truppe e di installare basi militari nel territorio del Myanmar.

 

Alla luce dei fatti, risulta che il Myanmar corrisponda a un segmento fondamentale del “filo di perle” concepito da Pechino, l’obiettivo strategico che prevede l’installazione di basi militari in tutti i paesi del sud – est asiatico che si affacciano sull’oceano indiano.

 

Tale obiettivo è oggettivamente favorito dall’evoluzione dei rapporti tra Pakistan e Stati Uniti, in evidente rotta di collisione.

 

Islamabad ha mal digerito tanto le accuse di connivenza con il terrorismo rivolte ai propri servizi segreti (ISI) quanto le sortite unilaterali compiute dai droni statunitensi in territorio pakistano e ha giocato sulla centralità mediatica di cui è stato oggetto il poco credibile blitz che avrebbe portato all’uccisione di Osama Bin Laden per esternare pubblicamente la propria ferma protesta nei confronti dell’atteggiamento di Washington, che ha a sua volta replicato aspramente per bocca del Segretario alla Difesa Robert Gates e poi  per il suo successore Leon Panetta.

 

Ciò ha spinto Pechino a scendere in campo al fianco del Pakistan, suscitando il plauso del Presidente Ali Zardari.

 

Tuttavia le relazioni tra Cina e Pakistan erano in fase di consolidamento da svariati mesi e hanno prodotto risultati letteralmente allettanti.

 

La realizzazione del porto sia civile che militare di Gwadar, dal quale è possibile dominare l’accesso al Golfo Persico,  è indubbiamente il più importante di essi.

 

Il progetto in questione comprende inoltre la costruzione di una raffineria e di una via di trasporto in grado di collegare lo Xinjiang al territorio pakistano.

 

Un valore aggiunto al porto di Gwadar  è già stato inoltre conferito dall’intesa raggiunta con Islamabad e il governo di Teheran relativa alla realizzazione di un corridoio energetico destinato a far approdare il gas iraniano ai terminali cinesi.

 

In tal modo  lo sbocco portuale di Gwadar promette di divenire una dei principali snodi commerciali per l’energia iraniana, attirando Teheran verso l’orbita cinese e consentendo quindi al governo di Pechino di inanellare un’ulteriore gemma alla propria “collana di perle”.

 

 

 

La chiara vocazione eurasiatica del progetto cinese ha ovviamente suscitato forti preoccupazioni presso Washington, che non mancherà di lastricare di mine la nuova “via della seta” finalizzata a compattare il Vicino e Medio Oriente all’Asia orientale e suscettibile di sortire forti contraccolpi sulla politica energetica europea, destinata a legarsi indissolubilmente alla Russia.

 

Die US-Hochfinanz treibt die Welt systematisch in die Zinsknechtschaft

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Die US-Hochfinanz treibt die Welt systematisch in die Zinsknechtschaft

Eine neue Form des Imperialismus

von Prof. Dr. Eberhard Hamer (ex: http://www.zeit-fragen.ch/)

Manches, was an der Euro-Krise und der Weltfinanzkrise widersinnig erscheint, könnte dennoch strategisch sinn- und planvoll sein:

  • Warum mussten die US-Bürger die Staatshaftung für die schiefgelaufenen Spekulationen der Hochfinanz-Banken übernehmen?
  • Und warum mussten auch die EU-Staaten die Haftung für die Verluste der internationalen Zockerbanken übernehmen?
  • Und warum hat die der Hochfinanz gehörende FED (Federal Reserve Bank) den Zinssatz für ihre Eigentümerbanken auf null gesetzt?
  • Warum haben die internationalen Zockerbanken den Ländern mehr Kredite aufge-drückt, als diese bei normalem Zins bedienen, geschweige denn zurückzahlen könnten?
  • Und warum haben die in die Politik gewechselten Bankster-Kollegen Sarkozy, Trichet, Strauss-Kahn und Obama die Regierungen der soliden Euro-Länder gezwungen, als Gesamtschuldner für die Schulden der überschuldeten Staaten mit einzutreten und die EU gegen alle Satzungen und Verträge zur Transferunion umzudrehen?
  • Und warum musste die EZB (Europäische Zentralbank) entgegen ihrer Satzung mehr faule Kredite der Zockerbanken für verschuldete Staaten (Griechenland, Portugal) übernehmen, als sie Eigenkapital hat?
  • Und warum dürfen die internationalen Banken, welche die faulen Kredite an die Pleitestaaten vergeben haben, nicht an der Haftung für diese Kredite beteiligt werden?
  • Warum darf nach privatisierten Supergewinnen an den faulen Finanzprodukten nur noch über sozialisierte Haftung und Rückzahlung diskutiert werden?
  • Und warum weigern sich die Weltfinanzindustrie und die ihr untertänigen Regierungen so beharrlich, längst vorhandene Zahlungsunfähigkeit von Schuldnerländern (Griechenland, Portugal, Irland u.a.) zuzugeben?
  • Und warum dürfen die überschuldeten Pleiteländer wie Griechenland oder Portugal keinen Staatsbankrott erklären und sich darüber wieder sanieren?

Zu all diesen Einzelfragen gibt es Tausende von politischen und wirtschaftlichen Erklärungen oder Lösungsvorschlägen, deren Nachteil aber darin liegt, dass sie selektiv erklären oder lösen, aber keine Gesamtschau und noch weniger eine Gesamtstrategie hinter diesen Fragen vermuten. Die offizielle Presse sekundiert sie damit, dass man an keine «Verschwörungstheorien» gegen die US-Hochfinanz denken dürfe.

Tatsächlich aber ergeben alle diese Einzelfragen einen gemeinsamen Sinn, wenn man in ihnen Auswüchse eines dahinterstehenden strategischen Planes sieht. Das gilt insbesondere für die Tatsache, dass die Überschuldungskrise einzelner europäischer Länder und der USA nicht kurzfristig und damit weniger schmerzhaft gelöst wird, sondern in die Länge gezogen wird.

John Perkins ist ein mutiger Mann. Er lebt noch – wenn auch unter neuer Identität. Er war jahrelang einer der Spitzenagenten der US-Hochfinanz und hat die von ihm und seinen «Economic Hit Men (EHM)»-Kollegen inszenierten kriminellen Machenschaften beschrieben. Sein atemberaubendes Buch «Bekenntnisse eines Economic Hit Man» (München 2007, ISBN 978-3-442-15424-1) zeigt die Machenschaften der US-Hochfinanz und der von ihr abhängigen US-Administration, welches auch für die heutige Finanzkrise Antworten gibt: «Economic Hit Men (EHM) sind hochbezahlte Experten, die Länder auf der ganzen Welt um Millionen Dollar betrügen. Sie schleusen Geld von der Weltbank, der US Agency for International Development (USAID) und anderen ausländischen ‹Hilfsorganisationen› auf die Konten grosser Konzerne und in die Taschen weniger reicher Familien, die die natürlichen Rohstoffe unseres Planeten kontrollieren. Die Mittel der EHM sind betrügerische Finanzanalysen, Wahl-manipulationen, Bestechung, Erpressung, Sex und Mord. Ihr Spiel ist so alt wie die Macht. Doch heute im Zeitalter der Globalisierung hat es neue und erschreckende Dimensionen angenommen.» (S. 9)

«Das ist die eigentliche Kompetenz der EHM: Wir bauen ein Weltreich auf. Wir sind eine Elite aus Frauen und Männern, die internationale Finanzorganisationen dazu benutzen, jene Bedingungen zu schaffen, mit denen andere Länder der Korporatokratie unterworfen werden sollen. Und diese Korporatokratie beherrscht unsere grössten Konzerne, unsere Regierung und unsere Banken. Wie unsere Pendants in der Mafia bieten wir, EHM, einen Dienst oder eine Gefälligkeit an. Das kann z.B. ein Kredit zur Entwicklung der Infrastruktur sein, Stromkraftwerke, Schnellstrassen, Häfen, Flughäfen oder Gewerbeparks. An den Kredit ist die Bedingung geknüpft, dass Ingenieurfirmen und Bauunternehmer aus unserem Land all diese Projekte bauen. Im Prinzip verlässt ein Grossteil des Geldes nie die USA. Es wird einfach von Banken in Washington an die Ingenieurbüros in New York, Houston oder San Francisco überwiesen.

Obwohl das Geld fast umgehend an Unternehmen zurückfliesst, die zur Korporatokratie (dem Geldgeber) gehören, muss das Empfängerland alles zurückzahlen, die Schuldsumme plus Zinsen. Wenn ein EHM richtig erfolgreich ist, dann sind die Kredite so hoch, dass der Schuldner nach einigen Jahren seinen Zahlungsverpflichtungen nicht mehr nachkommen kann. Dann verlangen wir wie die Mafia unseren Anteil. Dazu gehört vor allem: Die Kontrolle über Stimmen in der Uno, die Errichtung von Militärstützpunkten oder der Zugang zu wichtigen Ressourcen wie Öl oder die Kontrolle über den Panama-Kanal. Natürlich erlassen wir dem Schuldner dafür nicht die Schulden – und haben uns so wieder ein Land dauerhaft unterworfen.» (S. 22/23)

Das unbegrenzte Geld für solche Machenschaften hat die US-Hochfinanz durch die ihr gehörende FED. Es wird einfach neu gedruckt. In den letzten 35 Jahren hat sich die Dollarmenge auf diese Weise vervierzigfacht (bei nur vervierfachtem Güterwachstum). Dieses Geld ist die Macht, mit welcher die US-Hochfinanz die gesamte Welt beherrscht, sich dienstbar macht und diejenigen, welche ihr Geld angenommen haben, zu Zinssklaven macht.

Perkins beschreibt, wie mit gefälschten Gutachten übermässige Kredite in die Länder (und wieder zurück in die USA) gedrückt werden, wie mit Bestechungen oder Drohungen die Regierungen kreditgeneigt gemacht werden. Wer gar zu widerspenstig ist, erleidet Unfälle wie die Präsidenten Torrijos (Panama), Roldos (Ecuador), Allende (Chile) u.a.

«Wer das Geld hat, der beherrscht die Welt», wird S. Rothschild zitiert, und wer die FED besitzt, hat eine Gelddruckmaschine, die ihm unbegrenzte Geldmittel zur Welt-Geld-Herrschaft liefert.

Die neue Form der Weltherrschaft liegt nur darin, dass sie nicht mehr militärisch Völker unterjocht, sondern den Völkern zuerst übermässige Kredite andient, um mit Hilfe von deren Verzinsung die finanzielle und wirtschaftliche Herrschaft über dieses Volk zu erringen (Schuld-Zins-Knechtschaft).

Auch in der Euro-Krise kann man das gleiche Muster wiederentdecken:

Griechenland war eigentlich schon pleite, als es mit von Goldman Sachs gefälschten Bilanzen und Bonitäten in die Euro-Zone gezogen wurde. In diesem neuen Verbund haben die internationalen Banken nun Griechenland noch hemmungsloser kreditiert, bis Griechenland nicht nur überschuldet, sondern eigentlich auch zahlungsunfähig war.

Statt nun in Griechenland einen sauberen Staatsbankrott und danach Sanierung zuzu-lassen, haben die internationalen Banken «alternativlos» von den übrigen Euro-Ländern einen «Rettungsschirm» angeblich für Griechenland, in Wirklichkeit aber für die Bankenschulden verlangt und bekommen, so dass die internationalen Banken nicht nur Griechenland allein als Schuldner hatten, sondern die Einzelschulden zu Gesamtschulden aller europäischen Länder wurden und die EU im ESM (Europäischen Stabilitätsmechanismus) zur Transferunion.

Nicht nur für die Länder, sondern auch für die internationalen Banken wurde der Rettungsschirm zum Netz, mit dem sie ihre gesamten unsoliden Finanzprodukte erst an die einzelnen Länder und damit an die Gemeinschaft abladen konnten – eine so gewaltige Schuldensumme (Europa: 6000 Milliarden Euro), dass nicht nur die Schuldnerländer, sondern auch die freiwillig in die Gesamthaftung eingetretenen soliden Länder aus dieser Last nicht mehr herauskommen werden, sondern endgültig in die Schuldknechtschaft und Zinsknechtschaft der US-Hochfinanz fallen. In den nächsten 50 Jahren wird also in Europa weniger für den eigenen Wohlstand als für die Zinsen der Hochfinanzkredite gearbeitet.

Wenn man John Perkins gelesen hat, versteht man auch, weshalb man die Verschul-dung Deutschlands für fremde Banken und fremde Länder als «ohne Alternative» durchsetzen musste. Es ging nicht um den Euro und nicht einmal um Europa, sondern um die Erhaltung der Kredite der Hochfinanz und darum, dass nicht im Zusammenbruch eines Landes diese Kredite und die damit verbundene Zinsknechtschaft aufgelöst würden.

Aus diesem Grunde darf es auch keine «private Beteiligung» an den Schulden geben, dürfen nicht die Täterbanken zur Entschuldung der Staaten – etwa durch Schuldenschnitt – mit herangezogen werden. Die Schulden sollen nicht mehr das Problem der Gläubiger sein, sondern allein des Schuldnerstaates und der mit ihm in Gesamthaftung verbundenen Euro-Länder – insbesondere Deutschlands.

Die Weltherrschaft der US-Hochfinanz mit Hilfe von hemmungslos gedrucktem Geld, Krediten und Zinsen ist eine neue Form des Imperialismus, die nicht mehr auf Bajonette, sondern auf Schulden baut.

Die Verschuldung der Welt gegenüber der US-Hochfinanz hat zudem den Vorteil, dass sie auch die wohl kommende Abwertung des Dollars in andere Währungen überdauert, sogar relativ gleich bleibt. Das System ist so klug konstruiert, dass die einzelnen Bürger und Länder glauben, das geschähe in ihrem Interesse oder im Interesse «europäischer Solidarität», während es in Wirklichkeit allein dem Finanzimperialismus dient.

Würden allerdings die Schuldnerländer, wie vor Jahren Argentinien, abwerten und die Zinszahlungen einstellen, hätte die Hochfinanz grösste Probleme, weil damals die Mobilisierung ihrer Welthilfstruppen wie IWF, Weltbank, EMF o.a. nicht geholfen hat. Argentinien hat sich durchgesetzt und sich sogar saniert. Die Hochfinanz muss also alles daran setzen, dass sich solche Beispiele – z.B. in Griechenland? – nicht wiederholen, damit ihr die Steine nicht aus der Mauer brechen. Aber sie hat ja willige Helfer im Brüsseler Politbüro, bei der EZB, im IWF u.a., die gerade mit dem ESM daran arbeiten, die Verschuldung zumindest noch längerfristig zu erhalten.

Nun zeigt sich, dass es für die Finanzknechtschaftspolitik der Hochfinanz Sinn macht, vorerst noch am Schrecken ohne Ende zu halten, statt an einem Ende mit Schrecken, weil die Transferunion und zum Beispiel die endgültige Schuldenübernahme Deutschlands erst noch festgezurrt werden müssen, bevor es eine Lösung geben darf.    •

John Perkins, Bekenntnisse eines Economic Hit Man. München 2007. ISBN 978-3-442-15424-1

Keim für weitere krisenhafte Entwicklungen

Leider gibt es aber doch eine ganze Reihe von Faktoren, die zu einer vorsichtigeren Einschätzung mahnen. Eine zweite Grosse Depression konnte zwar abgewendet werden, aber die Kosten der Krisenbekämpfung waren ausserordentlich hoch und könnten den Keim für weitere krisenhafte Entwicklungen in sich tragen. Da sind zunächst einmal die offensichtlichen Kosten für die staatlichen Haushalte zu nennen. Zahlreiche Länder hat die Kombination aus krisenbedingt einbrechenden Staatseinnahmen und massiven Ausgaben-erhöhungen zur Krisenbekämpfung an den Rand des Staatsbankrotts gebracht. Die europäische Schuldenkrise ist nur die offensichtlichste Folge dieser Entwicklung. Die Tatsache, dass im Mai 2011 die Sorge um eine kaum vermeidbar scheinende Umschuldung Griechenlands bereits wieder die Schlagzeilen dominierte, zeigt, dass diese Krise noch nicht ausgestanden ist. Aber auch die finanzielle Situation in den USA auf Bundes- und Einzelstaatenebene ist so besorgniserregend, dass hier ohne weiteres der nächste grosse Krisenherd entstehen könnte. Es wird jedenfalls noch Jahre dauern, bis sich die Staatshaushalte erholt haben werden und sich die Lage normalisiert hat.

Aymo Brunetti. Wirtschaftskrise ohne Ende?, Seite 150f

thk. Das 2011 erschienene Buch von Aymo Brunetti «Wirtschaftskrise ohne Ende» ist eine lohnenswerte Lektüre, die die Hintergründe und Zusammenhänge der aktuellen Finanz- und Wirtschaftskrise darlegt. Für den Autor, der die Direktion für Wirtschaftspolitik im Staatsekretariat für Wirtschaft (SECO) des Eidgenössischen Volkswirtschaftsdepartements leitet und zudem als Titularprofessor an der Universität Basel und als Honorarprofessor an der Universität Bern lehrt, sind die Folgen der Krise noch nicht überstanden, und er sieht beträchtlichen Handlungsbedarf. Aymo Brunetti zeigt in leicht verständlicher Sprache und sachlicher Art und Weise auf, wie die globale Wirtschaftskrise entstanden ist, wie Regierungen und Zentralbanken darauf reagiert haben und wie die europäische Währungsunion ins Wanken geraten ist. Das Buch bietet eine leicht lesbare Orientierungshilfe, die es erlaubt, in kurzer Zeit einen Überblick über die komplexen Zusammenhänge der aktuellen Krise zu gewinnen.

Ehemaliger Ministerpräsident Erwin Teufel zur EU: «Die Staatschefs brechen das Recht»

zf. In einem Gespräch mit der Frankfurter Allgemeinen Sonntagszeitung vom 31. Juli nahm der ehemalige Ministerpräsident von Baden-Württemberg, Erwin Teufel, sehr kritisch zu den Euro-Plänen der Staats-und Regierungschefs der EU-Staaten Stellung. Teufel, so die Zeitung, «sieht das Vertrauen in die europäischen Staats-und Regierungschefs erschüttert, weil diese sich selbst nicht mehr an Recht und Gesetz hielten.» Teufel wörtlich: «Das Vertrauen in die handelnden Staatsmänner in Europa ist verlorengegangen. Wenn Staats-und Regierungschefs in einer Nacht wesentliche Stabilitätskriterien wegputzen, die in Verträgen festgehalten, also geltendes Recht sind, geht Vertrauen verloren. Vom Bürger erwartet man, dass er sich an Normen, an Recht und Gesetz hält […] - und Staats-und Regierungschefs tun es nicht.»

La liberté, la démocratie, l'autonomie, mais non sans une défense forte

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La liberté, la démocratie, l’autonomie, mais non sans une défense forte

Envisager l’avenir avec une conscience historique fondée sur des faits –  correctif nécessaire à la falsification de l’histoire par le Rapport Bergier

par Tobias Salander

Ex:http://www.horizons-et-debats.ch/

A quelles conditions les citoyens suisses de 2011 peuvent-ils envoyer au monde le message selon lequel ils veulent conserver leur liberté, leur démocratie et leur autonomie et en même temps rester le peuple le plus pacifique mais le plus apte à se défendre? C’est à cette question, posée à temps dans une période de grave crise économique et financière aux répercussions encore imprévisibles en Occident, en particulier dans les zones dollar et euro, que répond une nouvelle étude sur l’histoire de la Suisse entre 1933 et 1945 due à la plume d’un économiste et ex-commandant de bataillon d’infanterie qui a travaillé pour la Banque mondiale, l’ONU, l’OCDE, divers gouvernements et commanditaires privés dans plus de 100 pays.
S’appuyant sur une quantité de publications scientifiques concernant la Seconde Guerre mondiale, Gotthard Frick, dans son livre intitulé «Krieg und die Selbstbehauptung der Schweiz 1933–1945» propose une vision nouvelle et complète de la manière dont la Suisse a affirmé son autonomie et ses valeurs pendant la Seconde Guerre mondiale. Il indique les leçons à en tirer pour l’avenir et apporte un correctif aux travaux de la Commission Bergier. Cet ouvrage peut être chaudement recommandé à tous les citoyens et en particulier aux professeurs d’histoire et à leurs élèves. Il nous offre une vision de la Suisse pendant la Seconde Guerre mondiale qui, loin de tout dénigrement idéologique, rétablit les faits, vision que tous ceux qui les ont vécus ne pourront que confirmer.
Après les attaques des années 1990 contre la Suisse commandées par certains milieux financiers de la côte Est des Etats-Unis et livrées par une cinquième colonne de pseudo-artistes, de personnes «fatiguées de défendre la patrie» (Heimatmüde), de girouettes et de carriéristes vendus et vulnérables au chantage qui auraient voulu, au moyen d’une vaste manipulation psychologique, pousser le pays à intégrer le nouvel ordre mondial, Frick réussit, en évaluant clairement les événements historiques connus, à ressusciter la volonté du pays à affirmer son autonomie et ses valeurs et à aiguiser sa perception de l’avenir. Il ne s’agit pas pour lui uniquement d’apporter une contribution au débat sur l’avenir de l’Armée suisse. Si, à l’époque, il valait la peine de consentir d’importants sacrifices pour éviter la guerre au pays, il faudrait aujourd’hui également «engager des réflexions exhaustives et à long terme si nous voulons préparer notre pays à un avenir qui sera sans doute beaucoup plus difficile et exigeant et peut-être aussi beaucoup plus menaçant que ne le pensent aujourd’hui de nombreuses personnes». (p. 2 sqq.) Ce sont là des réflexions qui ne devraient pas être abordées sérieusement qu’à l’occasion des cérémonies du 1er-Août.

Ceux qui empêchent leurs concitoyens d’envisager le passé les privent d’une vision personnelle de l’avenir. Les interprétations tordues dont les idéologues de la Commission Bergier ont inondé le peuple – ils n’ont pas apporté de faits nouveaux mais uniquement des interprétations erronées de l’histoire – doivent maintenant être démontées patiemment pièce après pièce. Gotthard Frick a le grand mérite d’avoir accompli ce précieux travail d’assainissement. Son évocation de la volonté des Confédérés d’affirmer leur autonomie dans une situation difficile, c’est-à-dire entre 1933 et 1945, est si claire, si respectueuse des faits et toujours envisagée dans la perspective de l’époque actuelle qu’elle peut constituer pour la jeunesse un repère, un point d’ancrage à partir duquel elle pourra s’attaquer aux problèmes de l’heure en étant pleinement conscients de ce qu’ont réalisé nos ancêtres et de la spécificité de notre histoire, celle d’un peuple qui ne voulait pas se laisser asservir, qui aimait la liberté par-dessus tout et voulait prendre en main ses affaires, mais toujours en tenant compte de la situation, sensibles au sort du prochain au-delà des frontières, solidaires et apportant son aide en cas de nécessité. Frick nous offre un contrepoint bienvenu aux machinations déjà mentionnées et aux nouvelles machinations dont l’objectif facile à déceler est de faire entrer la Suisse dans l’UE et l’OTAN, à en faire par conséquent une vassale et un soutien occulte des intérêts des grandes puissances.

Chaque pays a une armée: la sienne ou une armée étrangère

Mettons l’accent sur certains aspects de la présentation de Frick qui sont importants pour notre époque: l’évocation concise des conquêtes d’Hitler et des plans des Alliés – que l’auteur ne présente pas dans l’ordre chronologique mais selon les motifs qui les sous-tendent et cela d’une manière éclairante – montre une chose qui doit paraître évidente aux personnes à l’esprit social et pacifiste: Dans un monde où il n’y a finalement, entre les Etats, jamais d’amitiés mais seulement des intérêts, il n’y a pas de place pour la liberté et la dignité quand les pays démocratiques n’envisagent ni ne préparent les situations de crise. Frick explique qu’on peut développer l’Etat providence, se déclarer neutre avec fierté et ne pas investir dans l’armement. Mais alors on ne doit pas s’étonner si la situation politique se modifie du jour au lendemain et si un pays autrefois ami vient remplir le vide ainsi créé. C’est ce qui s’est passé en 1940 avec le Danemark et la Norvège et ce serait de nouveau possible aujourd’hui. On pourrait dire que nous ne nous défendrons pas en cas d’attaque parce qu’il serait absurde de le faire contre une puissance plus forte. Quelles seraient les conséquences? L’occupant déporterait les hommes et les forcerait à travailler dans l’industrie d’armement pour remplacer les travailleurs et les paysans qui combattent dans l’armée de l’agresseur. Peut-être qu’on les contraindrait à se battre au sein de la machine de conquête, à tuer, ne serait-ce que pour ne pas être tués. Ces conséquences effroyables qu’ont subies les pacifistes belges, danois, norvégiens, français, etc. mais aussi ceux qui se sont bien défendus mais ont été vaincus, comme les Serbes, Frick les décrit fort bien et il détruit de manière salutaire l’illusion consistant à croire qu’on pourrait rester passif aujourd’hui, et que ce ne serait pas si terrible d’être asservi. Pour Frick, l’histoire dément cette attitude de manière douloureuse.

Des voix étrangères louaient la Suisse

S’appuyant sur une quantité de documents de généraux, d’hommes d’Etat et de journalistes, l’auteur montre que les efforts de défense de la Suisse, en particulier la création du Réduit national, étaient pris très au sérieux, et pas seulement en Allemagne. Grâce à ces déclarations d’éminents étrangers, il donne une image authentique de la Suisse de l’époque (cf. les encadrés). La Suisse n’y apparaît pas comme antisémite. Au contraire, dans l’opuscule «Welt-Dienst» de l’Erfurter Verlag – qui était financé par l’Etat – elle est décrite rageusement comme «le seul paradis d’Europe pour les juifs» (p. 15). Il n’y est pas question d’un prétendu défaitisme des Suisses mais de leur esprit combatif et de leur capacité à se défendre qui pourrait donner du fil à retordre à la Wehrmacht. C’est ce qu’écrivait le général des troupes de montagnes de la Wehrmacht Franz Böhme, qui se suicida pendant sa détention par les Alliés à Nuremberg, dans son étude relative à une éventuelle attaque contre la Suisse. Le Times de Londres soulignait qu’aucune armée au monde ne pouvait mobiliser ses troupes aussi rapidement que l’armée suisse et l’étude Tannenbaum de la Wehrmacht de 1940 confirme cette appréciation, bien qu’avec d’autres arrière-pensées.
Le «Kleines Orientierungsheft Schweiz» de l’état-major de l’armée de terre destiné aux troupes allemandes et datant du 1er septembre 1942 écrit à propos du système de milice suisse – que les idéologues de la Commission Bergier ont toujours dénigré: «Le système suisse de milice permet d’engager l’ensemble des soldats à un coût relativement modique. Il entretient l’esprit combatif très marqué depuis toujours dans le peuple suisse et permet la mise sur pied d’une armée qui, vu la petite taille du pays, est très forte, organisée de manière efficace et rapidement opérationnelle. Le soldat suisse se distingue par son amour de la patrie, sa résistance et son endurance.» (p. 55)

Le général Böhme est plein d’admiration pour le Réduit

Le général Böhme écrit à propos du Réduit – que les falsificateurs de l’histoire de la Commission Bergier considèrent comme un mythe: «La défense suisse du territoire dispose d’une armée de terre qui, notamment en raison de ses effectifs élevés représente un facteur extrêmement important. La prise du Réduit défendu par des troupes qui vont se battre avec acharnement représentera une tâche difficile.» (p. 57)
Cela semble étrange de voir vanter la valeur de nos ancêtres par un militaire de la Wehrmacht alors que grâce à des mensonges ordonnées par l’Etat, on voulait nous faire croire le contraire.
Frick montre parfaitement combien la préparation du retrait par le général Guisan du gros de l’Armée dans le Réduit était réfléchie et prévoyante. La faute capitale des généraux polonais, consistant à vouloir maintenir un front de 1500 kilomètres au lieu de s’appuyer sur les alliés naturels que sont les cours d’eau et de concentrer les forces armées, fut étudiée avec beaucoup d’attention par le général Guisan et son état-major. Ainsi, il fallut abandonner la ligne de défense de la Limmat établie à grands frais après la défaite française parce qu’elle était devenue inutile. Même si le flanc ouvert du Jura représenta pendant quelques semaines un danger considérable, il fut possible, grâce à un peu de chance, de mettre en place le Réduit sans que la Wehrmacht ne profite de la situation. La Suisse suivait aussi attentivement la lutte pour défendre les Alpes du Sud de la France où les troupes françaises résistèrent victorieusement aux forces de Mussolini et d’Hitler et elle pensait être sur la bonne voie avec son idée de forteresse alpine. Cela met dans un grand embarras les chefs de la guerre psychologique de la Commission Bergier avec leur dénigrement subjectif et fielleux de la conception du Réduit.

Les Alliés auraient pu raccourcir la guerre de plusieurs années

Frick réfute un autre argument incroyable, car sans aucun fondement, de notre cinquième colonne qui veut que la Suisse ait prolongé la guerre. Il constate en effet que les Alliés auraient pu réduire la durée de la guerre de plusieurs années en bombardant les installations allemandes de production de carburant. Les nazis savaient parfaitement que c’était leur talon d’Achille. Mais que s’est-il passé? Frick montre sans équivoque que les Alliés ont bombardé la population civile sans défense des villes protégée pourtant par le droit international. Ce fut un crime de guerre sans précédent au regard dudit droit et la plus grave erreur au point de vue stratégique. Ou ce «moral bombing», comme le qualifièrent Harris-la-Bombe et Churchill, n’était-il pas une erreur mais visait un autre objectif? Malheureusement, nous n’en saurons rien tant que les Alliés n’auront pas déclassifié les documents secrets de la Seconde Guerre mondiale. Il paraît qu’ils représentent plus de la moitié de la totalité des documents. Le fait que cela n’ait pas été fait après le délai habituel de quelques décennies est de mauvais augure.

La défense du pays aujourd’hui en 10 points

D’une part les mises au point de Frick nous permettent d’éclaircir nos idées et constituent un antidote à l’entreprise de démoralisation effectuée par la Commission Bergier et d’autre part son résumé en 10 points nous fournit des indications précieuses sur la manière dont nous pouvons tirer profit des leçons de l’histoire aujourd’hui dans une situation non moins explosive, si nous voulons garder la tête droite.

1.    Fidélité aux valeurs spirituelles

La condition la plus importante qui permet à un peuple d’affirmer son autonomie est la fidélité à ses valeurs spirituelles. Elles donnent au peuple la force morale de subsister dans les situations extrêmes. Ce sont en Suisse les valeurs suivantes, telles qu’elles sont confirmées par les sources étrangères de l’époque de la guerre et que seuls les idéologues de la Commission Bergier tournent en dérision: l’amour de la patrie, l’indépendance, la démocratie directe, le fédéralisme, le pacifisme associé aux capacités de défense, «c’est-à-dire la volonté, en cas d’agression, de défendre ces valeurs et l’intégrité territoriale du pays jusqu’à épuisement de toutes les ressources humaines et matérielles, sans se poser de questions sur les chances de succès.» (p. 116)
Le respect d’autrui et des convenances ainsi que le maintien de relations normales avec tous les Etats ont toujours fait partie de ces valeurs.

2. Cohésion politique vis-à-vis de l’extérieur

Une autre condition importante de l’affirmation de soi réside pour Frick dans la cohésion politique vis-à-vis de l’extérieur. L’auteur insiste sur le fait que contrairement à d’autres pays, les puissances étrangères n’ont pas réussi à instrumentaliser les partis gouvernementaux suisses pour qu’ils défendent leurs intérêts. Même pour le Parti socialiste, la défense du pays était devenue, certes tard, «l’alpha et l’oméga de la politique suisse» (Oprecht, président du Parti).

3.    Solidarité sociale

Il fallait également à l’intérieur une solidarité sociale. «Elle suppose une certaine mesure de la part de ceux qui détiennent le pouvoir économique et la conscience du fait que la force économique implique une responsabilité à l’égard de la société.» (p. 117) alors que les plus faibles renoncent aux luttes sociales. L’accord de paix entre employés et employeurs de l’industrie mécanique, de même que les allocations pour perte de gain et le rationnement alimentaire garantissaient que personne ne tomberait dans la misère en raison de son engagement pour la défense du pays.

4.    Une armée crédible capable de se défendre

Le 4e point de Frick est la capacité de défense et la mise sur pied d’une armée crédible. L’attaque de la Suisse doit apparaître trop chère à tout agresseur potentiel et s’il se risque quand même à attaquer, il doit s’attendre à des combats long et acharnés. Cependant cela présuppose de bons équipements, une instruction rigoureuse préparant à la guerre, de la discipline et une grande indépendance des chefs et des soldats. Si l’on néglige la capacité de se défendre, il devient difficile de la rétablir en peu de temps. (Précision importante face au concept de «montée en puissance» d’Armée XXI!)
L’histoire apporte un démenti à ceux qui croient que l’on est épargné si l’on renonce à se défendre. Les conséquences en sont les prises d’otages, le recrutement de travailleurs forcés ou l’incorporation des hommes dans l’armée de l’occupant pour servir de chair à canon. «Il n’y a qu’une solution, qui est d’ailleurs parfaitement morale: défendre la paix mais posséder une armée forte prête à se battre uniquement en cas d’attaque, mais alors avec une détermination inflexible.» (p. 119)

5.    Les Etats n’ont que des intérêts

Pour Frick, citant un Premier ministre anglais de jadis, les Etats n’ont ni amis ni ennemis, mais uniquement des intérêts: «Les petits pays surtout devraient se souvenir de cette maxime. Toutes les parties aux conflits n’agissent finalement qu’en fonction de leurs intérêts. Les sentiments d’amitié, l’identité des valeurs, la démocratie, les droits de l’homme n’ont joué aucun rôle quand il s’agissait de prendre des décisions.» (p. 119) A titre d’exemple, l’auteur mentionne notamment le fait que la Grande-Bretagne, entre 1939 et 1940, a étranglé économiquement la Suisse de manière impitoyable. Le ministre britannique des Affaires étrangères assura à l’envoyé de la Suisse que «la Grande-Bretagne éprouvait certes une grande sympathie pour la Suisse démocratique mais qu’elle menait un combat vital et qu’elle devait sauvegarder ses intérêts. Après la capitulation de la France, ce même gouvernement déclara qu’il était dans l’intérêt des Alliés que la Suisse maintienne sa capacité de défense et son indépendance le plus longtemps possible et qu’elle demeure un centre d’informations au cœur de l’Europe dominée par l’Allemagne. C’est pourquoi on ne devait pas exercer sur elle de trop grandes pressions économiques.» (p. 120)

6.    La neutralité implique nécessairement la capacité de se défendre

La neutralité ne protège ni des amis ni des ennemis et le pays a donc absolument besoin d’une armée crédible pour se protéger. «L’Allemagne a attaqué de nombreux pays neutres, même ceux qui, à son initiative, avaient conclu peu avant des pactes de non-agression. Mais les Alliés ont agi de même lorsque cela correspondait à leurs intérêts». (p. 121)
Pour que la neutralité soit crédible, il faut la défendre contre toutes les parties, sans égard pour les sympathies ou les antipathies. C’est dans ce contexte que Frick place la rencontre entre le général Guisan et le général SS Schellenberg. Le général a assuré le haut commandant allemand que la Suisse était déterminée à combattre tous ceux qui violeraient l’intégrité territoriale de la Suisse, également les Alliés: «Il s’agissait d’empêcher l’Allemagne d’attaquer la Suisse par précaution parce qu’elle pouvait douter de la volonté de la Suisse de résister de toutes ses forces à un passage des Alliés à travers son territoire.» (p. 122)

7.    Pas d’adhésion à des alliances

Pour Frick, il n’est jamais dans l’intérêt d’un petit pays d’adhérer à une alliance car les pays plus puissants ne font que défendre leurs intérêts même dans les alliances et utilisent les alliés plus faibles comme de la chair à canon.»

8.    Capacité de défense et de souffrance d’un peuple

Ce point concerne la capacité de défense et de souffrance des peuples qui veulent garder leur indépendance. Frick rend hommage aux Britanniques après la capitulation de la France, aux juifs affamés du ghetto de Varsovie luttant contre les SS, à l’armée de la Résistance polonaise et également à l’Union soviétique qui a compté le plus grand nombre de victimes des Allemands. En ce qui concerne la Suisse, Frick soulève la question suivante: «Nous autres Suisses jouissons aujourd’hui d’une prospérité sans précédent dans l’histoire de l’humanité. Peut-on attendre d’une telle société qu’elle comprenne quelle volonté de se battre et quels préparatifs matériels sont nécessaires pour persuader un agresseur potentiel que le rapport bénéfice-coût d’une attaque est négatif et qu’elle ne vaut pas la peine d’être tentée? Et pouvons-nous nous représenter la capacité de défense et de souffrance qu’il faudrait manifester si l’agresseur ne se laissait pas dissuader et que le peuple devait résister avec son armée dans une guerre?» (p. 124 sqq.)
Et il enfonce le clou: «Quelle proximité avec la terrible réalité d’une guerre, quels risques notre peuple protégé, gâté, démocratique et attaché aux droits de l’homme permet-il à son armée au cours de la formation des soldats? Quels moyens est-il disposé à lui accorder qui la rendent suffisamment forte pour tenir une guerre future, avec ses souffrances inimaginables, le plus éloignée possible du peuple ou, dans le pire des cas, pour combattre longtemps? Car notre victoire serait de résister longtemps et non pas d’aller défiler dans la capitale du pays agresseur.» (Frick, p. 125)

9.    Réflexion à long terme

Frick invite à engager une réflexion à long terme malgré la tendance de la politique quotidienne à se limiter au court terme. On ne peut pas mettre sur pied une armée en peu de temps: «En tout cas, il faut beaucoup de temps pour créer une tradition de capacité à se défendre. Or toutes les puissances ont reconnu cette capacité à la Suisse pendant la Seconde Guerre mondiale. Pour Machiavel déjà, au XVe siècle, elle expliquait que les Suisses étaient le peuple le plus libre d’Europe.» (p. 125 sqq.)

10.    Les décisions de politique intérieure sont toujours des signaux envoyés à l’extérieur

Pour Frick, nous devrions être conscients «que toutes les décisions que nous prenons ne sont pas uniquement de nature intérieure. Nous envoyons par là des signaux au monde qui les reçoit et les interprète.» (p. 126) Jusqu’en 1939, la plupart des démocraties européennes ont envoyé à Hitler le signal qu’elles étaient démoralisées et qu’elles n’étaient pas prêtes à se battre pour défendre leurs valeurs. La Grande-Bretagne et la France ont leur part de responsabilité dans la Seconde Guerre mondiale parce qu’à Munich, elles ne se sont pas opposées de manière catégorique à Hitler: «En capitulant, ces deux puissances ont également désavoué la population de Berlin qui, 3 jours avant Munich, avait manifesté avec détermination contre la guerre.» (p. 126) En revanche, la Suisse fit savoir sans ambiguïté qu’elle était décidée à se battre. Le chef d’état-major allemand Halder notait au printemps 1940 dans son journal de guerre qu’une attaque de la France à travers une Suisse sans défense aurait été une éventualité séduisante. Mais il dut exclure cette option car la Suisse n’était pas sans défense.

Se préparer au pire

Dans sa conclusion, Frick écrit qu’une attaque contre la Suisse ou une guerre en Europe semble aujourd’hui inimaginable à beaucoup de personnes, de même qu’après la Première Guerre mondiale, personne ne s’attendait à une nouvelle guerre mondiale. Il est dans la nature de l’homme «de considérer une longue période de paix et, de manière générale, une situation en général bonne et agréable quasiment comme un don de Dieu qui va durer indéfiniment et de refouler les éventualités effrayantes.» (p. 127) Malheureusement, bien que l’on aimerait donner raison aux optimistes, l’histoire montre que «les comportements et les décisions irrationnels, souvent associés aux instincts humains les plus vils, déterminent toujours et partout la politique et l’action militaire.» (p. 127) Comme l’homo sapiens sapiens n’a pas changé récemment, on ne peut exclure ni une guerre en Europe ni une attaque contre la Suisse, même pas au cours des prochaines années. Que ceux qui trouvent cette idée trop bizarre méditent les dernières phrases de Frick: «Qu’arriverait-il si, par exemple, le monde ou seulement l’Europe sombrait, à cause des dettes accumulées, dans une grave crise monétaire et économique, et même s’effondrait, et si les nombreuses et anciennes tensions ethniques et territoriales se déchaînaient?» (p. 128) Sommes-nous aujourd’hui, à l’été 2011, éloignés de ce scénario? La «malice des temps» invoquée par nos pères fondateurs n’est-elle pas éternelle, à notre grand regret?
Combien d’années se sont écoulées entre la prise du pouvoir par Hitler et la remilitarisation de la Rhénanie, l’écrasement de la Tchécoslovaquie et l’invasion de l’Autriche et le début de la Seconde Guerre mondiale? Trois, cinq et six ans ! C’est pourquoi Frick conclut qu’il est indispensable «que la Suisse se prépare au pire tout en espérant qu’il n’arrivera pas». (p. 128) Il y a là un espoir mais aussi un appel auquel tout contemporain vigilant et amoureux de la liberté ne peut qu’acquiescer.    •

Bibliographie
Gotthard Frick. Hitlers Krieg und die Selbstbehauptung der Schweiz 1933–1945. Eine neue, umfassende Sicht auf die Selbstbehauptung der Schweiz im Zweiten Weltkrieg und die daraus für die Zukunft zu ziehenden Lehren. Eigenverlag Gotthard Frick, CH-4103 Bottmingen, Februar 2011,
ISBN 978-3-033-02948-4.

S’emparer du Réduit: une tâche difficile

 

«La défense suisse du territoire dispose d’une armée de terre qui, notamment en raison de ses effectifs élevés, représente un facteur extrêmement important. La prise du Réduit défendu par des troupes qui vont se battre avec acharnement représentera une tâche difficile.»

Franz Böhme, général des troupes allemandes de montagne, dans un plan d’attaque de la Suisse élaboré à l’intention de la SS à l’été 1943 (in: Gotthard Frick, Hitlers Krieg und die Selbstbehauptung der Schweiz 1933–1945, p. 57)

 

La Suisse représente un problème ardu

«Un dixième de la population suisse est sous les drapeaux, c’est plus que dans tous les autres pays du monde. Elle est prête à se battre pour défendre son style de vie. […] Les Hollandais seront une proie facile pour les Allemands car leur armée est misérable. La Suisse représentera un problème ardu et je doute que les Allemands vont se risquer à le résoudre.»

(William L. Shirer, journaliste américain, peu après le début de la guerre
(in: Gotthard Frick, Hitlers Krieg und die Selbstbehauptung der Schweiz
1933–1945, p. 54)

 

L’amour de la patrie des Suisses est extrêmement profond

«Le désir de se battre des soldats suisses est élevé et doit être placé sur le même plan que celui des Finlandais. Un peuple qui a de bons gymnastes a toujours en de bons soldats. L’amour de la patrie des Suisses est extrêmement profond.»

Franz Böhme, général des troupes allemandes de montagne, dans un plan d’attaque de la Suisse élaboré à l’intention de la SS à l’été 1943 (in: Gotthard Frick, Hitlers Krieg und die Selbstbehauptung der Schweiz 1933–1945, p. 57)

 

Ce qui serait arrivé à une Suisse occupée

L’exemple de la Grèce

«La Grèce resta occupée pendant trois ans par les troupes de l’Axe. Elle fut systématiquement pillée et dut livrer au vainqueur non seulement une grande partie de son équipement industriel et de ses véhicules et machines agricoles mais également, pendant tout le temps de l’occupation, une grande partie de ses vivres. Dès le premier hiver, cela provoqua une famine catastrophique à laquelle succombèrent quelque 100 000 Grecs et 80% des nouveau-nés. […] Les Grecs menant bientôt une guerre de partisans féroce, les troupes allemandes se vengèrent souvent, comme ailleurs, en fusillant la totalité de la population – hommes, femmes, enfants – de villages situés à proximité des attaques de la guérilla ou en exécutant des otages civils.»

(Gotthard Frick, Hitlers Krieg und die Selbstbehauptung der Schweiz 1933–1945, p. 92 sqq.)

L’exemple de la Yougoslavie

«Ici aussi, les Allemands prirent la population civile en otage. Pour chaque Allemand tué par les partisans, on fusillait 100 otages, pour chaque blessé, 50 otages. L’auteur de l’étude de 1943 sur l’attaque éventuelle de la Suisse, le général des troupes de montagne Franz Böhme, fut, en 1941, pendant deux mois et demi, général en chef doté des pleins pouvoirs en Serbie. Pendant cette seule période, 30 000 otages furent exécutés. Jugé au Tribunal militaire international de Nuremberg, il échappa à la condamnation, le 27 mai 1947, en se suicidant.»

(Gotthard Frick, Hitlers Krieg und die Selbstbehauptung der Schweiz 1933–1945, p. 91)

Problèmes d’un petit Etat neutre hier et aujourd’hui

Il n’y a pas de paix sans capacité de défense

«Notre capacité de défense vieille de plusieurs siècles a toujours été la sœur jumelle de notre amour de la paix et devrait le rester à l’avenir, quoi qu’il nous réserve.» (Frick, p. 3)

Quand on ne s’attend pas à une grande guerre, on néglige l’Armée

La Suisse est un des rares pays à s’être rendu compte assez tôt du danger représenté par l’Allemagne. Elle commença à se préparer au pire. En 1934, elle commença par la protection aérienne (aujourd’hui protection civile). Le 24 février 1935, le peuple approuva le projet de défense qui ouvrait la voie à un programme d’armement extraordinaire […] Le 21 septembre 1936, la Confédération émit un emprunt de défense nationale qui rencontra un vif succès. La durée de l’école de recrues fut allongée et l’instruction améliorée. On acheta du matériel de guerre, dont des avions de combat, et l’on développa les fortifications. Mais les lacunes importantes ne purent pas être comblées jusqu’au début de la guerre. On avait pendant trop longtemps négligé l’Armée en raison de l’idée, répandue dans le peuple, qu’une autre grande guerre était impossible.» (Frick, p. 12)

Cohésion entre la gauche et la droite

Ce n’est qu’en 1938, peu avant le début de la guerre, que le président du Parti socialiste Oprecht déclara: «La défense du pays est l’alpha et l’oméga de la politique suisse. Ce changement d’attitude se produisit certes beaucoup trop tard pour préparer l’Armée à la future guerre, mais il créa, à propos de cette question décisive de politique intérieure, une cohésion entre la gauche et la droite.» (Frick, p. 13)

Renforcer les valeurs suisses

«Le Schaffhousois Oscar Frey, le conseiller national Gottlieb Duttweiler (fondateur de Migros) et le professeur Karl Meyer, firent, depuis l’été 1940, des conférences dans tout le pays au cours desquelles ils insistaient sur la nécessité et la possibilité de la résistance. Inspiré par cela, le général Guisan institua, en mai 1941, la section Armée et Foyer dont l’objectif était de renforcer les valeurs suisses dans l’Armée et la population civile et de lutter contre le défaitisme et le découragement. C’était nécessaire car au vu de l’occupation rapide de la Yougoslavie puis de la Grèce par l’Allemagne, la Suisse doutait de nouveau de ses capacités de résistance. Ces deux opérations de la Suisse, qu’Hitler n’avait pas prévues d’emblée, apportèrent un répit supplémentaire.» (Frick, p. 14)

Crise de la lutte pour la survie économique

«Avec le début de la guerre commença pour la Suisse la crise de la lutte pour la survie. Il s’agissait d’assurer l’approvisionnement en denrées alimentaires, en carburants, en combustibles, en matières premières et en produits semi-finis, de poursuivre le réarmement, de continuer à faire du commerce avec le monde et de sauvegarder les emplois. Un chômage important aurait fait le jeu de l’extrême-droite. La Suisse introduisit le rationnement et l’économie de guerre, mit en place un programme d’extension des cultures et s’assura, en créant la «protection des militaires» (aujourd’hui «régime des allocations pour perte de gain»), pour que les familles des soldats mobilisés ne tombent pas dans la misère.» (Frick, p. 19)

Brutalité extrême des Alliés

«Bien que le droit international de la neutralité autorise expressément aux pays neutres le commerce avec les parties au conflit, chacun voulait que la Suisse mette fin à son commerce avec l’ennemi et ne livre à ce dernier ni biens stratégiques ni armes. L’extrême brutalité et le manque de compréhension des Alliés, en particulier des Etats-Unis, pour la situation exceptionnelle et difficile de la Suisse ne se différenciait en rien de celle des Allemands. Le conseiller fédéral Stampfli déclarait en 1944: Nous n’avons jamais été plus mal traités par les Allemands que nous le sommes maintenant par les Alliés. Ils étaient insensibles à la sympathie, à la démocratie, à l’Etat de droit et à des valeurs similaires.» (Frick, p. 19 sqq.)

C’est l’Armée suisse qui a mobilisé le plus rapidement

«Aucune armée au monde ne peut mobiliser ses troupes aussi rapidement que l’Armée suisse. C’est ce qu’écrivait le 11 novembre 1938 le Lord-maire de Londres dans le Times après une visite en Suisse. Il recommandait au Royaume-Uni d’adopter le système suisse. L’étude stratégique Tannenbaum de l’état-major allemand datant de 1940 estimait qu’une partie des troupes de frontières serait prêtes au combat au bout de 5 heures, les brigades de frontières et de montagne et les brigades légères dans les 24 heures, les divisions et les grands états-majors, c’est-à-dire la totalité de l’Armée en 48 heures. (A titre de comparaison, le chef d’état-major allemand Halder estimait, le 27 mars 1940, que la mobilisation de 20 divisions italiennes en vue d’opérations aux côtés de l’Allemagne prendrait deux semaines. A cela il fallait ajouter le temps de déplacement vers les lieux de combat.» (Frick, p. 53 sqq.)

Le mythe tenace d’une supériorité de la Wehrmacht

«Le mythe d’une supériorité militaire prétendument écrasante en 1939/1940 de l’Allemagne nazie est tenace. Il sert aujourd’hui encore de justification aux pays d’Europe de l’Ouest – y compris à la France – qui, démoralisés, ont pour la plupart capitulé sans véritable résistance.» (Frick, p. 74)

On n’épargne pas ceux qui se soumettent

«Il existe aussi des gens prêts à se soumettre dans le but d’avoir au moins la vie sauve. Comme le montrent la Seconde Guerre mondiale et tous les conflits ultérieurs, ces individus succombent eux-mêmes à la folie guerrière, non seule­ment en tant que victimes civiles de bombardements ou d’attaques de missiles ou d’artillerie, mais parce que des forces d’occupation sans scrupules les anéantissent pour des raisons politiques, racistes ou autres. Ou encore on les exécute en tant qu’otages pour venger des soldats ou des citoyens tués par des résistants. En effet, il y a dans chaque peuple des hommes qui préfèrent combattre plutôt que d’être asservis. En d’autres termes, renoncer à se défendre ne permet pas d’épargner la population d’un pays. Il n’y a qu’une solution, qui est d’ailleurs par­sfaitement morale: défendre la paix mais posséder une armée forte prête à se battre uniquement en cas d’attaque, mais alors avec une détermination inflexible.» (Frick, p. 119)

Sommerakademie zur Konservativen Revolution

 

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Sommerakademie zur Konservativen Revolution

 

Cf: http://www.sezession.de/

Seit dem verheerenden Attentat in Norwegen haben bestimmte Kausalketten wieder Konjunktur. Beispielsweise wenn Volker Weiß bei Spiegelonline irgendein Zitat Oswald Spenglers für die Tat verantwortlich macht. Treffen will Weiß damit die ganze sogenannnte Konservative Revolution und möglichst auch jede Art von Demokratiekritik, die nicht von links kommt.

Carl Schmitt nannte solche Konstrukte „irreale Bedingungssätze“: Wenn Oswald Spengler nicht gelebt hätte, wäre Breivik nicht zum Mörder geworden. So einfach (in doppelter Hinsicht) kann Geistesgeschichte sein. Wir wollen Weiß auf seinen simplen Pfaden nicht folgen, sondern uns grundsätzlich mit dem Phänomen „Konservative Revolution“ auseinandersetzen, das immer wieder in einen Ruf gerät, der in einem so merkwürdigen Widerspruch zu seiner tatsächlichen Wirkungslosigkeit steht.

Die 12.Sommerakademie des IfS wird sich daher vom 16. bis 18. September 2011 dem Thema „Konservative Revolution“ widmen. Dabei geht es nicht um das Herunterbeten der fünf Mohlerschen Hauptgruppen, sondern um die gegenwärtig gültigen Gedanken dieser Geistesrichtung. Daher wird es nach einer ausführlichen Einleitung durch Karlheinz Weißmann u.a. um folgende Themen gehen: den Zusammenhang von Politik und Lebensreform, den Gedanken einer schöpferischen Restauration, um Heideggers konservative Revolution der Philosophie, um das Verhältnis von Deutschtum und Christentum…

Wie immer: 40 Teilnehmerplätze, sieben Vorträge, Film, Diskussionen, Sport: Wenn Sie 35 Jahre oder jünger sind, können und sollten Sie teilnehmen! Die 11. Winterakademie wird nicht in Schnellroda stattfinden, sondern in der Region zwischen Hannover und Kassel! Der Ausweichort ist gut mit der Bahn erreichbar. Genaue Informationen gibt es nach der Anmeldung. Die Hörerbeiträge sind nicht hoch, wer Geld verdient, bezahlt für zwei Übernachtungen, Vollpension und alle Vorträge 80,00 €, alle anderen bezahlen 35,00 €. Und: Keiner sollte wegen finanzieller Engpässe fernbleiben. Rufen Sie uns an, falls es knapp wird!

Tagungsfolge und Antwortbogen.

 

samedi, 06 août 2011

Michael Collins, le leader perdu de l'Irlande

 

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Michael Collins,

 

le leader perdu de

 

l'Irlande

 

par Michael LOFTUS

 

Michael Collins a sans doute été l'un des plus remarquables et des plus dynamiques chefs révolutionnaires du XXème siècle. Un historien a même dit que Lénine faisait figure d'amateur à côté de Collins. Cet homme d'action formait une rare alliance de visionnaire et de réaliste. Pendant la lutte pour l'indépendance de l'Irlande, de 1916 à 1922, Collins joua un rôle de plus en plus important et, à la fin, il dirigea le combat contre la Grande-Bretagne.

 

Il est élu député du Sinn Feinn au parlement britannique lors des élections tenues après la signature de l'armistice de 1918. Le Sinn Feinn fondé par Arthur Griffith en 1905 avait été restructuré pour mener à bien ces élections ; il était constitué, en fait, d'an ensemble disparate d'organisations politiques et culturelles nationalistes.

 

À l'issue de ces élections, le parti rebelle récolte 74% du vote populaire. Ses députés refusent de siéger à Westminster. Ils forment un gouvernement séparé à Dublin : le Dail Eirann. Collins est nommé Ministre de l'Intérieur. Quelques semaines plus tard, il est également nommé Ministre des Finances. Les Britanniques réagissent avec rapidité : le gouvernement récemment formé est interdit et doit rentrer dans la clandestinité. Une des premières mesures de Collins sera de lever un emprunt national de soutien à l'action du gouvernement irlandais. Son but : lever 250.000 £ (environ 15 millions de DM actuels). Le total récolté dépasse ce montant, un exploit quand on pense que les banques sont perquisitionnées par les Britanniques à la recherche de dépôts et que les certificats d'obligations sont confisqués. Cinq millions de dollars supplémentaires parviennent des États-Unis.

 

Après 1919, la lutte contre l'occupation britannique s'intensifie et culmine dans une guérilla féroce opposant les forces britanniques et l'armée rebelle, connue populairement sous le nom d'«Armée Républicaine Irlandaise» (IRA) qui agit sous les ordres du Dail Eirann. L'Empire est représenté sur le terrain par les «Black and Tans», unités formées d'anciens soldats britanniques recrutés pour, selon le Premier Ministre Lloyd George, « combattre la terreur par la terreur ». Ces troupes sont soutenues par des «auxiliaires», d'anciens officiers constituant une élite de combat bien équipée et bien armée. L'armée régulière est également considérablement renforcée.

 

En sus de ses obligations gouvernementales usuelles, Collins accepte la responsabilité de l'organisation et de la gestion de l'armée révolutionnaire. Il crée de surcroît son propre service de renseignements pour contrecarrer les activités de l'efficace Secret Service britannique dont le centre nerveux est alors situé au Château de Dublin. Collins comprend que la clef du succès révolutionnaire réside, en tout premier chef, dans la neutralisation de ce Secret Service. Auparavant, tous les mouvements nationalistes avaient été infiltrés et détruits grâce aux espions et aux indicateurs à la solde de l'Empire. Collins est donc déterminé à ce que l'histoire ne se répète plus. Espions et indicateurs seront abattus. Il réussit à placer bon nombre de ses propres hommes au sein même du Secret Service et de la division G de la police métropolitaine de Dublin (la branche de la Sûreté responsable de la surveillance des milieux nationalistes). Ses hommes parviennent à percer le code utilisé pour la transmission de renseignements confidentiels entre les postes de police et ceux de l'armée. L'organisation secrète de Collins parvient ainsi à intercepter plusieurs messages officiels. Elle exerce une pression de plus en plus forte sur les services secrets britanniques en Irlande de sorte qu'à la fin de l'année 1921 approximativement 80 agents britanniques ont été exécutés. À ce stade, le service secret cesse virtuellement de fonctionner. Ce remarquable exploit mine la base même de l'influence et de l'autorité britannique. Collins vient, comme il le dira plus tard, « d'ôter la vue et l'ouïe de l'administration ».

 

La guérilla se poursuit, des «colonnes volantes» occupent la campagne, choisissent le lieu de l'attaque et frappent l'ennemi à l'improviste puis s'évanouissent pour frapper à nouveau subitement ailleurs. De la sorte, elles réussissent à immobiliser un grand nombre de troupes régulières. La lutte s'amplifie rapidement en une guerre sauvage. Les atrocités commises par les «Black and Tans» et leurs «Auxiliaires» sont fréquemment dénoncées par la presse britannique et internationale. Ces critiques répétées ébranlent le bien-fondé de la présence britannique. Sir Oswald Mosley, partisan de la cause nationaliste irlandaise, intervient alors à plusieurs reprises au Parlement pour dénoncer « l'illégalité et la flagrante iniquité présente en Irlande ». Pour mettre fin au conflit séculaire, il fonde le « comité pour la paix en Irlande ».

 

À cette époque, la majorité du peuple irlandais supporte l'armée révolutionnaire et les leaders du gouvernement clandestin. En 1921, le gouvernement britannique, conscient que l'issue de la lutte militaire est incertaine, propose une trêve. Michael Collins fait partie de la délégation irlandaise qui rencontre le Premier Ministre Lloyd George, Winston Churchill et d'autres politiciens britanniques en vue. Après des mois de difficiles tractations, un traité est signé : 26 des 32 comtés de l'Irlande formeront un État indépendant au sein du Commonwealth, l'État libre d'Irlande. Une commission frontalière, composée de représentants de l'État libre, de l'Irlande du Nord et de la Grande-Bretagne, décidera ultérieurement du sort des six autres comtés (l'Irlande du Nord). Un plébiscite pourra avoir lieu, si cela s'avère nécessaire, afin d'établir la préférence des habitants de l'Ulster. À cette époque, plus d'un tiers de la population du Nord est nationaliste et il voterait sans doute pour l'union avec l'État libre. Lloyd George laisse entendre que ce qui resterait de l'Irlande du Nord ne serait plus économiquement viable et qu'il soutiendrait un compromis entre les deux parties pouvant aboutir à l'unité de l'île. Collins lui aussi est prêt à reconnaître les aspirations légitimes des loyalistes britanniques en créant un état fédéral. Les circonstances et le destin s'opposeront à la tenue de ce plébiscite.

 

À la signature du traité, Sir Oswald Mosley déborde d'enthousiasme ; il déclare : « que ceux qui luttèrent seuls pour cette noble cause, méprisés et vilipendés au début soient encouragés par cette récente victoire de leurs principes humanitaires et pacifiques ». Mosley ne cache pas son admiration pour Michael Collins, par la suite il continuera à en parler en des termes élogieux et respectueux.

 

Le Dail se réunit enfin pour ratifier le traité. Collins se prononce en faveur d'un compromis qui, pour lui, représente la meilleure solution. La lutte contre la Grande-Bretagne peut maintenant être terminée en des termes honorables. Ainsi pourra-t-on mettre fin à la haine et aux destructions et construire ensemble le nouvel État. « L'irlande est un - peut-être le seul - pays aujourd'hui qui affronte encore l'avenir avec l'espoir de vivre demain d'une manière plus civilisée. Nous avons beaucoup de chance, tant de choses sont à notre portée. Qui peut toucher à notre liberté ? »

 

Eamon de Valera, un des membres importants du mouvement nationaliste et un des seuls leaders survivants de l'insurrection de la Pâques 1916 s'oppose au traité. Lui et ses partisans croient que la guerre contre l'Angleterre doit être poursuivie jusqu'à ce que la Grande-Bretagne accepte l'établissement d'une république complètement séparée d'elle. Pour Collins, la Grande-Bretagne peut continuer indéfiniment une telle guerre, ce qui ruinerait à jamais la reconstruction d'une «Nouvelle Irlande». « Nous avons devant nous la reconstruction de notre pays : ce ne sera pas un travail aisé, ce sera un pénible labeur mais quelle noble et enivrante entreprise ! ». Beaucoup comprennent alors que l'Irlande hypothéquerait le capital de sympathie acquis lors de sa lutte pour l'indépendance (ce fut un des facteurs décisifs dans la décision des Britanniques de négocier) si elle venait à rejeter ce qui est considéré comme un accord juste et équitable. Lors du vote, la majorité du Dail approuve le traité. De Valera et ses partisans quittent l'assemblée. C'est un triomphe politique pour Collins mais il est mitigé par une tragédie personnelle. Le mouvement nationaliste commence à se diviser et des hommes qui avaient été jusque là des frères en armes seront bientôt ennemis.

 

Collins est nommé président du nouveau Gouvernement Provisoire mis sur pied. La division s'accentue non seulement parmi les leaders politiques mais aussi au sein de l'IRA. Collins contrôle la société secrète révolutionnaire, l’IRB (Irish Republican Brotherhood) et, au travers de celle-ci, il parvient à gagner le soutien d'une grande partie des militants des mouvements politiques et de l'IRA. Il poursuit néanmoins les négociations avec De Valera et ses partisans ainsi qu'avec une faction de l'IRA qui envisageait d'établir une « dictature militaire ».

 

Après une occupation de plusieurs siècles, l'administration et l'armée britannique plient bagage. Le Château de Dublin, symbole de la puissance britannique en Irlande, est remis officiellement à Collins. Les casernes et autres installations militaires sont confiées au Gouvernement Provisoire. Entre-temps, quelques membres de l'IRA, hostiles au nouveau Gouvernement entament l'occupation d'édifices publics et de postes militaires. Afin d'éviter un conflit, Collins poursuit les négociations avec les opposants de son gouvernement. Lors d'une de ces réunions, il déclare « donnez-moi quatre jours et je vous donnerez une République ». En vain, la guerre civile se rapproche de jour en jour. Le point critique est atteint quand une brochette de chefs importants de l'IRA rebelle refuse d'évacuer le Palais de Justice de Dublin. On donne l'ordre de les expulser à coup de canons. La guerre civile est déclenchée. On chasse les forces anti-gouvernementales de leurs autres bastions de la capitale. Elles reforment en rase campagne des «colonnes volantes», très actives dans les comtés méridionaux. Elles continuent à s'appeler IRA, pour le gouvernement il s'agit de «troupes irrégulières». L'armée du nouvel État libre, constituée d'anciens de l'IRA, entraînés aux tactiques de la guérilla, vient rapidement à bout des Irréguliers qui, n'ayant pas le soutien de la population, sont vite sur la défensive. Collins accepte la responsabilité de mener cette guerre et en plus de ses autres fonctions officielles, il accepte le poste de Commandant en Chef de l'armée de l'État libre. Un conseil de guerre constitué de Collins, du général Mulcahy et du général O'Duffy est mis sur pied (O'Duffy devint par la suite le leader du mouvement des chemises bleues). Le 21 août 1922, Collins décide d'effectuer une inspection du comté de Cork occidental, un comté fraîchement repris par l'armée régulière. Le lendemain, lors d'un voyage non loin de son lieu de naissance, Collins et son convoi militaire tombe dans une embuscade tendue par les Irréguliers. Collins, âgé de 32 ans, meurt des suites de cette attaque.

 

Kevin O'Higgins, un des ses amis et collègues qui, en tant que Ministre d'État, fut lui-même tué par l'IRA en 1927 écrivit peu après cette tragédie : « ... Michael Collins est mort. Quel gâchis tragique ! Quelle souffrance infinie ! Cet esprit avec tout son potentiel emporté par une balle fratricide. Ce grand cœur arrêté, ce corps athlétique dont chaque nerf et muscle œuvraient sans compter pour son peuple bien aimé, est raide maintenant, éteint par une mort inopportune et violente. Pleure, peuple d'Irlande, car l'un de tes plus généreux fils vient de te quitter, il t'aimait et se battait sans relâche pour toi. Pleurez Irlandais, mais puissiez-vous lire au travers de vos sanglots la leçon à tirer de sa vie et de sa mort. Michael Collins œuvra dur en des temps difficiles. Jamais il ne douta du peuple irlandais ni de son avenir. C'est cette confiance inébranlable qui rallia notre peuple quand il vacillait au début de la Terreur anglaise. C'est cette confiance sublime qui mena notre difficile contre-offensive. Sa foi sema la récolte. Elle sera notre inspiration pendant la moisson. Pleurez donc, mais ne désespérez pas. La route a été tracée par Michael Collins. Son caractère intrépide nous accompagnera tout au long du chemin. »

 

Collins meurt ainsi avant qu'il ne puisse mettre en œuvre ses concepts de régénération et de développement de ce qu'il nommait la «Nouvelle Irlande». Il rêvait d'un pays uni, dur à la tâche, artiste et prospère. « Notre force comme peuple dépendra de notre liberté économique, de notre ténacité et de notre habilité intellectuelle. Grâce à celles-ci nous pourrons rayonner parmi les nations du monde ». Son sentiment développé d'appartenance au peuple irlandais et à sa culture s'étendait également aux irlandais exilés : « Notre but national - une nation irlandaise libre et unie et une race irlandaise unie par delà les frontières, toutes deux résolues d'accomplir notre dessein à tous : une Irlande à laquelle serait rendue sa prospérité et son renom ». Michael Collins possédait ce mélange unique de qualités qui distinguent les grands de l'Histoire. Sa mort tragique, survenue trop tôt, priva l'Irlande et l'Europe d'un chef couronné de grands succès et promis à un grand avenir.

 

Michael LOFTUS. (traduction française : Luc Sterckx).

 

► Vouloir n°52/53, 1989.

George Soros' International School of Youth Corruption

George Soros’ International School of Youth Corruption 

Marek Glogoczowski

Ex: http://freespeechproject.com/

 

 

soros.jpgGeorge Soros is a businessman-philanthropist, whose activities are known to professionals worldwide. In USA he operates the Institute of Open Society, in countries belonging to the former Soviet Block he operates a number of similar foundations, which in case of Poland holds the “royal” name of Bathory Foundation. These “philanthropist” institutions have – or had – a substantial influence on composition of consecutive post-communist governments in Eastern Europe, especially governments of big countries - in Poland, with George Soros Fund are linked three first “independent” Prime Ministers (Mazowiecki, Bielecki, Suchocka); in Russia to Soros’ “boys” belong such ardent reformers as PM Gajdar, Kirylenko and Niemcov. In his book “Underwriting Democracy” of 1993, George Soros claims to be – together with his associate, professor Jeffrey Sachs – a true Funding Father (or rather a Godfather) of all these “Protocols of Zion” styled reforms, which we had to suffer in Eastern Europe.

Today, with Soros Fund is linked in Poland the most influential journal “Gazeta Wyborcza” – which journal already in 1989 paved the way for the “Solidarity” electoral victory over PZPR, the declining at that time Polish Communist Party. In Slovakia with Soros’ Invisible Empire is linked the TV station “Markiza”, which helped to remove, during 1998 elections, the supposedly undemocratic Meciar’s government. Inside Serbia the Soros Fund operated in Kosovo, until 1999 NATO bombings, a Civil Center in Pristina, which fought for the national independence of the local Albanian majority, and in Belgrade it still operates the famous “Radio B-92”, which played a substantial role in anti-Milosevic’s student riots in 1996/7. (And than, in October 2000, it helped the “civilized” – i.e. bulldozer and Parliament fire assisted – destruction of the last socialist regime in Europe.) At present many of Soros Fund linked intellectuals are in key positions of institutions controlling economies and cultures of former East Block countries, and in Budapest this Foundation operates a whole International University of Central Europe. George Soros plays also an important role in USA foreign politics, already in 1980 he organized, together with his close associates, Secretaries of State Zbig Brzezinsky and Mad Albraight, a National Endowment for Democracy (NED) fund, which is a kind of joint venture of CIA and private business, greed oriented, activities.

The best summary of George Soros humanitarian activities in South-East Europe gave Gilles d’Aymery in an article “Mapping the Human Rights Crowd in the Balkans” published on July 23, 2001 in the Jugoinfo vitrine: "Behind the veil of legitimacy and humanitarian concerns can be found the same powerful people and organizations such as the Open Society Institute of the billionaire and - as always characterized - philanthropist, George Soros, the Ford Foundation, the United States Institute of Peace, the National Endowment for Democracy and many more, financing and using a maze of well known NGO’s such as Human Rights Watch, Amnesty International, the International Crisis Group, etc., as well as more obscure entities ... But, among all of them, shining as the Southern star, is George Soros who, like an immense Jules Verne octopus, extends his tentacles all over Eastern Europe, South-Eastern Europe, the Caucasus as well as the republics of the former Soviet Union. With the help of these various groups (it is possible) not only to shape but to create the news, the agenda and public opinion to further aims which are, in short, the control of the world, its natural resources and the furtherance of the uniform ideal of a perfect world polity made in America.

Despite such richness of this philanthropist activities, the general public hardly knows his name. During our meeting at Ljublana, young, 20 – 25 years old, EU sceptics from several countries virtually ignored the name of Soros, my equal age, 59 years old Swiss German friend from Zurich wrote me that in his well informed country perhaps 2 percent of people knows about this billionaire. And in Poland surely no more than 10 percent of adult population knows who was the true author of widely despised “Balcerowicz’s reforms”. Despite this “educated” public ignorance, Soros’ “missionary” role is perceptible at the planetary scale: according to Schiller’s Institute data, the “man of Soros” in the European Commission is professor Romano Prodi, in Malaysia our philanthropist is officially searched for enormous financial frauds, and in Italy he is officially considered persona non grata for similar reasons. We can take for granted that these last facts are only summits of a whole “iceberg” of fraudulent affairs in which our billionaire-philanthropist-politician is – or was – engaged in.

The mystery of his success in world-wide speculation George Soros explained in a surprisingly honest statement, during an interview he gave to the Swiss weekly “L”hebdo” of May 1993. He said “I SPECULATE ON DISCREPANCY BETWEEN THE REALITY AND THE PUBLIC IMAGE OF THIS REALITY, UNTIL A CORRECTIONAL MECHANISM OCCURS, WHICH APPROACHES THESE TWO.” It is evident that a skillful speculator is not used to wait passively until such discrepancy occurs. To the contrary, with his “creativity of an investor” he purposefully enlarges the gap between the ‘real reality” and its public image. (To put this statement into a plain language, a good speculator, knowing principles of the stock exchange, is feeding the public with the fake information – or, in more polite words, with DISINFORMATION – in order to gather personal profits.)

The "liberal” idea of a purposeful construction of a fake image of the world – in order to get the political power – is also expressed in Soros’ book „Underwriting democracy” (in French version “Sauver la démocratie a l’Est”) published in 1993. He writes there for example: “In a normal state of affairs it is necessary that a movement (a political one, but also commercial, scientific and religious ones – M.G.) is pushed sufficiently far, before forces occur, which are able to correct the deformation (of image of reality) which was at its base.” Putting this statement once again into a plain language, it means that the more aggressively a person – or a group, a coterie or a Mafia – is able to lie-up the image of reality, the longer this group is expected to remain in power. (The same maintained Goebbels 70 years ago: the bigger the lie is, the better it holds.)

George Soros even explains in detail how the elaborated by him program of “Americanization” of Eastern Europe works. He informs in “Underwriting Democracy” that behind his philanthropic idea of creation of Open Society Foundations was ” the creation of an international web (...) at the heart of which will be the computerized base of (personal) data, which enable the Western Multinational Societies to find candidates, which they are searching for”. In short, all these Soros-Fundation educated and kept in computer memories young men and women are prepared to fulfill functions of so-called “influence agents”, which behave in a way similar to that of Japanese geishas. These Young Urban Professionals, thanks to their fluent knowledge of languages and multiple, delicate social contacts with bureaucracy in target countries, facilitate the implementation in their homelands not only of Western Multinationals, but also of Western sub-cultures and Western habits of consumption of appropriate, personality enriching, commercial goods.

For the first time I heard that Soros Fundation corrupts young people, from the mouth of Piotr Ikonowicz, about twenty years younger than me leader of the Polish Socialist Party. How does this corruption is organized in detail? In general it takes the form of an ordinary training very similar to the one practiced while teaching young dogs to bark at a “stranger”. In case of ‘education’ of “Soros youth” (SorosJugend) the “food” necessary for such training consists of all these computers, lavish scholarships, luxury cars and invitations for dinners and seminars in four stars hotels. In general this was/is sufficient to bribe not only the young but also adult “intellectuals” in a target country. An example of this gave few years ago the former finance minister of Poland, Grzegorz Kolodko, in a Warsaw satirical “Nie” weekly. He reported there the story how a “well known investor” (his name he dared not to disclose) was able to buy, only at the cost of few dozens of millions of dollars spent for Warsaw’s “elite”, the Polish Bank Handlowy having the value of 1,5 billion of dollars.

The specific task of all these Bathory Foundation trained ‘watchdogs’ of Open Society consist of “barking” (in tune with Their Master’s Voice), against all individuals which may endanger the Private Property of ‘feeding’ them Lord. Observing the behavior of journalists linked with this ‘watchdog’ formation, one finds easily that all their vigor and sense of humor is exploited for the task of continuous, monotonous defamation of national leaders, which have an authentic, popular support. (This was the case, for example, of Soros/NED sponsored Students in Market Theology “Otpor” movement in Serbia; the similar baiting of Lukashenko we witness today in Belorussia.)

Once competent people are removed from key posts of a target country, its pillage, by the gang of “Global Investors”, can proceed at full speed, thanks to utter cretins (like Walesa or Buzek in Poland), or opportunists (like Djindzic in Serbia), which get installed at commands of the state. It is evident that in order to obtain the public (i.e. media) consent for such ‘reforms’, all more observant and honest people have to disappear from the public life. Usually it is sufficient to associate them with despised (by “Soros’ Family”, of course) ‘communists, fascists, reactionaries and populists’; but in particular cases it becomes necessary to kidnap them to the Hague’s ICTY. (Or simply, to murder them by the ‘invisible death squads” – inside Serbia, after Milosevic was ousted from power, about 20 personalities were liquidated in this way.) The best, and at the same the shortest description of the general direction of all “reforms” we have in Eastern Europe was given to me, in May 1999, by an old professor of Slavic literature, Vladimir Bozkov from Skopie, Macedonia. At that time he witnessed nearly every day how B-52 bombers fly towards his former homeland. Impressed by this techno-spectacle he told me, during our meeting at Moscow, “Oni chotiat’ ubit’ vsiech umnych ljudi”: (THEY WANT TO KILL ALL THINKING PEOPLE). I think that this is the essential goal, which our beloved “Global Investors” are aiming at.

The very ethics of “misinformation as a tool of survival and conquest” belongs to the “aristocratic” pattern of behavior, which spontaneously developed among Stock Exchange players. It is already in 1813 brothers Johannes and Nathan Rotschild, by a skillful, gossiped at London’s & Paris Stock Exchanges, lie about the outcome of the Waterloo battle, were able to earn in one “scoop” 40 million francs, making out of their family the richest Banking Group in Europe. (By the way, according to Schiller’s Institute, George Soros is associated with this famous Rotschild Banking Group.)

Here I come to the point, which I want to stress in the conclusion. Already in the Antiquity the Greek philosopher Socrates argued that (in contradiction with the Biblical version of original sin) people are not evil by their nature, but they are becoming evildoers out of their ignorance. The Global Stock Exchange is by its very nature the place where the MISINFORMATION (or the production of ignorances) has become the principal source of personal enrichment of ‘Investors’. By an imitation of Stock Exchange ‘Super Stars’ like George Soros, every day more and more numerous ‘young wolves of interest’ are polluting the Planet with lies supposed to bring them their selfish, pecuniary happiness. It is precisely from Stock Exchanges radiates in all directions the Lie – and thus automatically also the Evil and Ugliness – which has become the ever more visible symbol of Our Civilization. (By the way, these B-52 bombers, which 2,5 years ago impressed so much professor Bozkov from Skopie, I can see at present over Tatra Mountains, during their return to Germany from antiterrorist missions in Afghanistan.)
Stock Exchanges and bourgeois Banks were permitted to operate only in 16 century Europe by our religious reformers, dreaming about ‘New Jerusalem’. We can trace thus the origin of these modern ‘Temples of Lie’, back to the Old Jerusalem’s Temple of Merchants two thousand years ago. At that time Jewish dissidents considered their Temple of Hypocrites as “brigands cavern”. Considering this last expression as an ‘approaching the reality’ description, we can take for sure that nothing will turn for a better in our Brave (observe the military stout of Americans!) World until we kick Global Investors out of our homelands.

[The slightly enlarged version of speech delivered by Marek Glogoczowski during the EU(RO)-skeptic Youth Camp held at Ljublana, Slovenia, Sept. 26-27, 2001. Published at several websites, for ex. www.icdsmireland.org/resources/background/2003/soros-corruption.htm , also at www.left.ru  ]

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Le cauchemar pakistanais

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Le cauchemar pakistanais

Afghanistan, Pakistan, Inde: Pourquoi la guerre dans l’Hindou-Kouch va durer encore longtemps

par Jürgen Rose*

Ex: http://www.horizons-et-debats.ch/

AFPAK: c’est ainsi que les géostratèges appellent le théâtre des hostilités dans l’Hindou-Kouch qui oppose deux acteurs étroitement liés: l’Afghanistan et le Pakistan. Ces deux Etats sont davantage liés que séparés par une frontière longue de 2640 kilomètres qui traverse le territoire de 40 millions de Pachtounes, divisés en 65 tribus, qui vivent le long de cette ligne. Cette frontière est traversée quotidiennement par quelque 200 000 de ces personnes. C’est sous le couvert de cet incessant flux humain que tous les combattants irréguliers peuvent se déplacer entre leurs zones d’opérations en Afghanistan et leurs zones de repli au Pakistan, combattants qui, par leur guérilla, infligent depuis des années des pertes de plus en plus importantes aux troupes d’occupation internationales dans l’Hindou-Kouch.
Cette situation constitue la raison principale pour laquelle le président George W. Bush avait déjà ordonné des opérations de commando de ses Special Forces et des attaques de drones sur le territoire du Pakistan. Fraîchement entré en fonctions, Barack Obama, couronné du prix Nobel de la paix à Oslo, a ordonné d’intensifier ces lâches attaques de drones – pilotées depuis des postes de commandement inattaquables aux Etats-Unis, loin du théâtre des hostilités – qui font des quantités de victimes civiles innocentes. En outre, le chef de guerre du Bureau ovale exerce des pressions de plus en plus fortes sur Islamabad pour que l’armée pakistanaise «enfume» les nids de résistance et les zones de repli de la guérilla dans les zones tribales de la North West Frontier Province (NWFP) afin de mettre fin au conflit en Afghanistan.
Toutefois, cette stratégie, qui mise sur une victoire militaire sur la guérilla semble condamnée à l’échec. En effet, elle ignore des paramètres fondamentaux qui déterminent la politique pakistanaise, surtout la situation difficile dans laquelle se trouve enfermé le Pakistan entre l’Afghanistan à l’ouest et l’Inde à l’est. Cette situation conflictuelle a été désignée par l’acronyme plus approprié d’AFPAKIND. Ce «dilemme sandwich» résulte du conflit existentiel dans lequel se trouve le Pakistan, depuis sa fondation, avec la grande puissance nucléaire qu’est l’Inde dont la manifestation la plus visible est le conflit à propos du Cachemire qui a fait l’objet de trois guerres mais n’est toujours pas résolu.
L’engagement indien en Afghanistan ne peut qu’inquiéter les généraux pakistanais qui voient de toute façon leur pays menacé en permanence sur son front oriental. C’est que là-bas, pour ainsi dire à l’arrière du Pakistan, l’Inde n’a pas seulement créé un réseau de bases de ses Services secrets RAW appelées officiellement «consulats» ou «centres d’information». De là elle apporte notamment un soutien à des rebelles séparatistes dans la province pakistanaise du Béloutchistan et pilote des attaques de cibles situées au Pakistan. En outre, Delhi amène ses conseillers militaires à former également les forces armées afghanes (ANA) et investit d’importantes sommes d’argent dans la reconstruction et le développement de cet Etat d’Asie centrale. Dans ce but, elle coopère surtout avec les forces de l’Alliance du Nord que les Etats-Unis ont catapulté au pouvoir en 2001 et en même temps avec le régime taliban pachtoune soutenu par les Services de renseignements «Inter Services Intelligence» (ISI) et l’armée qui sert de représentant des intérêts stratégiques du Pakistan.
Il n’y a donc rien d’étonnant à ce qu’Islamabad associe le régime de Kaboul, de plus en plus lié à l’Inde, avec le développement d’un «Front occidental» visant à soutenir le terrorisme au-delà de la frontière du Pakistan et le considère comme un ennemi. L’importante menace pour ses intérêts stratégiques qui en résulte a pour conséquence que les militaires pakistanais, avec l’aide de l’ISI, continuent de soutenir de toutes leurs forces la résistance afghane selon la devise «L’ennemi de mon ennemi est mon ami.» Robert D. Blackwill, analyste américain réputé, a noté récemment à ce sujet dans un article de Foreign Affairs ce qui suit: «L’Armée pakistanaise, dominée par son attitude hostile à l’Inde et le désir de profondeur stratégique ne va ni cesser de soutenir les talibans afghans qui, pendant de nombreuses années, ont défendu leurs intérêts et de leur offrir un sanctuaire, ni accepter un Afghanistan vraiment indépendant.» Cette résistance, constituée avant tout des talibans, du réseau Haqqani et des combattants de Gulbuddin Hekmatyar, se recrute avant tout parmi les Pachtounes vivant de part et d’autre de la frontière afghano-pakistanaise. En sous-main, les militaires pakistanais concèdent sans détours qu’ils collaborent naturellement avec ces groupements parce qu’ils ont besoin en Afghanistan d’alliés sur lesquels ils puissent compter.
Pour Islamabad, le caractère fâcheux de cette situation consiste dans le fait qu’il doit d’une part soutenir la lutte des résistants afghans contre les troupes d’occupation internationales jusqu’à ce qu’elles s’en aillent afin que les forces valables pour une alliance contre l’Inde reprennent le pouvoir à Kaboul. L’ex-chef de l’ISI, le général de division Asad M. Durrani, a déclaré à ce sujet lors d’une interview menée par l’auteur de ces lignes: «Nous essayons naturellement de maintenir absolument le contact avec toutes les forces de la résistance et en particulier avec les talibans depuis qu’ils sont venus au pouvoir en 1995 en Afghanistan. Mais je serais personnellement très reconnaissant si l’ISI soutenait la résistance afghane. En effet, c’est seulement si la résistance afghane – celle des «nouveaux talibans», pas celle du mollah Omar – demeure suffisamment forte que les troupes étrangères se retireront. Sinon, elles resteront. […] Même si, depuis 2001, cela ne correspond plus à la position officielle du gouvernement pakistanais, les talibans, qui s’opposent aux forces d’occupation en Afghanistan, mènent à mon avis notre guerre au sens où, s’ils réussissent, les troupes étrangères se retireront. Mais s’ils échouent et si l’Afghanistan reste sous domination étrangère, nous continuerons d’avoir des problèmes. Si L’OTAN, la puissance militaire la plus forte du monde, s’incruste pratiquement à la frontière pakistanaise pour des raisons d’intérêts économiques et géopolitiques – songez au new great game – cela créera un énorme malaise au Pakistan.»
D’autre part cependant les forces armées pakistanaises, pour empêcher, en territoire pakistanais, des opérations militaires de plus grande ampleur que la guerre des drones et les opérations de commando des Special Forces, se voient contraintes, en tant qu’alliées des Etats-Unis dans la «guerre contre le terrorisme», d’intervenir contre les combattants irréguliers. Cette situation conflictuelle constitue en quelque sorte la garantie fatale que la guerre dans l’Hindou-Kouch durera aussi longtemps que les troupes occidentales d’occupation resteront dans le pays et que le conflit existentiel pakistano-indien ne sera pas résolu, celui-ci n’étant certes pas forcément dans l’intérêt absolu des généraux pakistanais car la paix avec l’Inde exposerait l’Etat et la société à une pression de légitimité durable et mettrait en péril l’aide considérable des Etats-Unis en matière d’armement. Dans ce contexte, l’assassinat du chef terroriste Oussama ben Laden, salué par le gouvernement Obama comme un succès politique éclatant, n’aura que peu d’influence sur la guerre en Afghanistan, d’autant plus que la politique d’occupation de l’«unique grande puissance» va de toute façon se poursuivre indéfiniment étant donné ses intérêts stratégiques et géoéconomiques à long terme, malgré toutes les déclarations sur le retrait des troupes. Par conséquent tout laisse penser que ces prochaines années, on va continuer à mourir et à tuer copieusement dans le lointain Hindou-Kouch, avec la participation fidèle de la vassale des Etats-Unis qu’est la Bundeswehr, cela s’entend.    •

Il faut cesser de livrer des armes a Benghazi

Le ministre russe des Affaires étrangères, Lavrov, a reproché à son homologue français Juppé, lors d’une visite à Moscou la semaine passée, d’avoir interprété les résolutions de l’ONU d’une manière très libre. […]
Lundi, le président d’Afrique du Sud, Zuma, avait présenté le nouveau plan de paix de l’Union africaine au président russe Medvedjew et au secrétaire général de l’OTAN Rasmussen lors de pourparlers à Sotchi. Des diplomates ont rapporté, qu’un cessez-le-feu était prévu, qui pourrait aboutir, par un dialogue national et une phase transitoire, finalement à une démocratie et des élections.

Source: «Frankfurter Allgemeine Zeitung» du 6/7/11

L’Union africaine: Ne pas arrêter Kadhafi

Tripolis, le 3 juillet (dapd). Le Président de la Commission de l’Union africaine, Jean Ping, a invité tous les gouvernements du continent à ignorer le mandat d’arrêt de la Cour pénale internationale contre le chef d’Etat libyen Kadhafi. Le tribunal de la Haye a été «discriminatoire» et poursuit uniquement des crimes commis en Afrique tout en ignorant ceux que les puissances occidentales ont commis en Irak, en Afghanistan ou au Pakistan, a déclaré Ping vendredi soir.

Source: «Frankfurter Allgemeine Zeitung» du 4/7/11

D. Jamet: "Est-il interdit de parler d'immigration en France"?

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Dominique Jamet : “Est-il interdit de parler d’immigration en France ?”

Source Atlantico cliquez ici

 

L'extrême droite et la droite populiste responsables moraux des attentats d'Oslo ? C'est ce qu'on peut lire dans plusieurs médias nationaux. Preuve qu'il est toujours difficile de parler sereinement d'immigration en France...


ll y a huit ans, le nommé Richard Durn remplissait la mission - « cruelle mais nécessaire » – qu’il s’était assignée, à savoir tuer un maximum de membres du Conseil municipal de Nanterre, ville qu’il disait « exécrer ». Personne – je veux dire personne de bonne foi - ne prétendit alors que le Parti socialiste, les Verts ou la Ligue des Droits de l’homme, trois organisations dont il avait été membre, étaient pour quelque chose dans l’acte de ce dément. Durn lui-même, dans une lettre-testament, avait expliqué qu’il voulait seulement une fois dans son existence se sentir libre et puissant, et conclure sur ce coup d’éclat sa « vie de merde ».

 

L'extrême droite et la droite populiste responsables des attentats d'Oslo ?

 

Aussi bien, dans un premier temps, aucun journal, aucune organisation politique n’ont accusé le Parti du progrès norvégien, et pas davantage le Front national ou l’UMP, d’avoir organisé ou commandité le massacre conçu et perpétré par Anders Breivik, tant il était évident que l’idée tordue d’exterminer le plus grand nombre possible de jeunes Norvégiens pour mieux contenir l’Islam avait germé et fleuri toute seule dans ce cerveau fêlé. Laurent Joffrin a même tenu, avec beaucoup d’élégance, à disculper Robert Ménard et Eric Zemmour et, après réflexion, Elisabeth Lévy : ils n’étaient pas dans le coup.

 

Une telle sagesse, une telle modération ne pouvaient pas durer. Deux jours ne s’étaient pas écoulés que, s’étant ressaisis, le MRAP, SOS Racisme, Rue 89, Libération, après une enquête expresse, désignaient les responsable moraux de la récente tuerie et des tueries à venir : les droites extrêmes, les partis populistes, les apprentis-sorciers de la majorité qui, en faisant de l’immigration le bouc émissaire de tous nos maux, font souffler sur l’Europe et la France, les vents mauvais, les vents « délétères », les vents « nauséabonds » de la xénophobie et du racisme. D’où le réchauffement climatique de la haine, à l’origine de la vague de terrorisme chrétien fondamentaliste que pressentent les augures. Au fait, Benoît XVI a-t-il condamné les crimes de M. Dupont de Ligonnès ?

 

 Il n’est pas douteux que le carnage d’Oslo et les justifications qu’avance son auteur, mégalomane narcissique mais parfaitement conscient de ses actes et cohérent dans son délire, apportent une bouffée d’oxygène bienvenue au discours quelque peu fané des professionnels de l’antiracisme et des docteurs de l’angélisme.

 

L’occasion était trop tentante de ressortir du placard les amalgames les plus éculés et de confondre dans une même condamnation tous ceux qui, sur la base d’analyses, d’inquiétudes, d’intentions et de propositions bien différentes, ont tenu à un moment ou un autre des propos politiquement incorrects sur l’immigration et plus précisément sur la menace que l’Islam ferait peser sur notre culture et notre civilisation. C’est une chaîne longue et lâche dont les premiers maillons s’appellent François Mitterrand (« le seuil de tolérance »), Valéry Giscard d’Estaing (« l’invasion »), Jacques Chirac (« le bruit et l’odeur »), Nicolas Sarkozy (« la racaille »), Alain Finkielkraut (« la France se métisse »).

 

La doxa politiquement correcte de l'immigration

 

Jusque là, tout va bien, mais le discours de Grenoble est-il si différent du discours de Le Pen, M. Guéant ne persécute-t-il pas les sans-papiers, M. Longuet n’a-t-il pas appartenu au mouvement Occident, la Droite populaire, composante de l’UMP n’est-elle pas une passerelle vers le Front national, le Front national est-il aussi éloigné qu’il voudrait le faire croire des Identitaires, lesquels sont bien proches des néonazis qui ne désapprouvent pas Anders Breivik, propagandiste par l’exemple d’une nouvelle solution finale ? Tous populistes, tous extrêmistes, tous racistes ! C’est l’habituelle et insupportable reductio ad hitlerum, l’anathème qui dispense d’explication, l’arme absolue, dans le dialogue, de ceux qui refusent le dialogue, la forme contemporaine du « fasciste ! » qui, des années cinquante aux années quatre-vingt, fut l’efficace joker par lequel les communistes mettaient victorieusement fin à tout débat.

 

Il existe actuellement une doxa politiquement correcte de l’immigration dont il est aussi dangereux de s’écarter que d’un chemin sécurisé à travers un champ de mines.

 

France : terre d'immigration...

 

L’article premier en est que la France a toujours été une terre d’immigration. Les preuves en surabondent d’ailleurs : Blanche de Castille, Pétrarque, Vinci, Anne d’Autriche, Jean-Baptiste Lully, Marie-Antoinette…

 

Aucun immigré en particulier, et l’immigration en général, si l’on en croit la doxa, ne posent aucun problème d’aucune sorte, ni d’ordre public, ni d’ordre social, ni d’ordre culturel, ni d’assimilation. Les seuls problèmes viennent de ceux que nous leur créons, à travers la discrimination, la chasse au faciès, la ghettoïsation, la répression des sans-papiers.

 

Il n’y a aucune différence d’aucune sorte, dans aucun domaine, entre un Français de souche, français depuis vingt générations et un Français naturalisé depuis cinq minutes, un Français binational, un Français francisé, même s’il ne le souhaite pas, parce qu’il est né et a grandi sur notre sol, et un Français heureux bénéficiaire d’un mariage blanc.

 

L’immigration est un enrichissement : elle ouvre notre culture sur les autres cultures, remplit les caisses de la Sécurité sociale, diversifie notre cuisine et crée notamment dans le secteur agricole (l’herbe) et dans le secteur industriel (héroïne, crack et cocaïne) des dizaines de milliers d’emplois.

 

Mais cessons d’enfiler les perles. La vérité est que la France est confrontée depuis la fin de la seconde guerre mondiale à une situation sans équivalent dans son histoire depuis qu’elle existe, c’est-à-dire depuis le dixième siècle et la fin des grandes invasions. Ce pays – le nôtre – à la démographie stagnante, comme tous ses voisins à la population vieillissante, est passé en soixante ans seulement de quarante à soixante-cinq millions d’habitants. Cette augmentation extraordinaire, signe et source de vitalité, s’explique pour l’essentiel (sans que quiconque puisse fournir un chiffre exact, puisque la loi nous interdit de savoir qui nous sommes) par un apport de sang nouveau. Autant qu’on puisse le mesurer, il semble qu’aujourd’hui un habitant de la France sur trois soit étranger, fils ou petit-fils d’étrangers.

 

... en pleine mutation

 

Comment une telle mutation, qui a d’ailleurs coïncidé avec le passage d’une société plus qu’à demi-rurale à une société urbanisée et qui a coïncidé avec la perte d’un certain nombre de repères anciens (l’Eglise, l’armée, la patrie, le drapeau, la famille traditionnelle) pourrait-elle ne poser aucun problème d’adaptation ?

 

Et cela d’autant plus que l’immigration qui a modifié et modifie chaque jour le visage de la France n’est pas une immigration de proximité, géographique et ethnique, donc aisément assimilable, mais une immigration largement africaine et asiatique, principalement musulmane, démographiquement jeune et féconde, socialement pauvre, culturellement différente. Quel rapport avec le racisme ou l’antiracisme a le fait de s’interroger, très légitimement, sur les conséquences que l’immigration peut avoir en termes de niveau de vie, d’évolution des mœurs et de la culture, de sécurité et sur les nouvelles bases de l’identité nationale ? Nous sommes à un tournant, et un tournant difficile, d’une histoire dix fois séculaire.

 

On peut évidemment regarder ailleurs. On peut évidemment n’en jamais parler et n’y jamais penser. On peut estimer que l’immigration est une chance pour la France. Mais la meilleure attitude consiste-t-elle à nier ou à affronter la réalité ?

 

Face à cette réalité, la classe politique installée – les deux grands partis de gouvernement - reste majoritairement sur la ligne qui a sépare la France d’en haut de la France d’en bas, et qui a coupé les élites bien portantes des masses bien souffrantes. Elle sait mieux que le peuple ce qui est bon pour le peuple, et n’aime pas que celui-ci se mêle de ses affaires. A l’inverse, ceux qui, à gauche comme à droite, exploitent les colères et les frustrations du peuple et lui murmurent à l’oreille ce qu’il a envie d’entendre peuvent être dits populistes, entendez démagogues. Mais est-il si choquant d’écouter le peuple, et de tenir compte de ce qu’il vit et de ce qu’il veut ? Le populisme est aussi un visage de la démocratie.

 

vendredi, 05 août 2011

Les Islandais ne veulent pas casquer pour les dettes des banques

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Les Islandais ne veulent pas casquer pour les dettes des banques

Ex: http://www.horizons-et-debats.ch/

gk. Il n’y a pas une seule manière pour les gouvernements et les peuples d’Europe de réagir à la crise financière. Un pays de l’UE, l’Irlande, a, sans consulter le peuple, repris les dettes dues aux spéculations hasardeuses de ses grandes banques et a plongé dans la crise des dettes souveraines. Elle a ensuite été enfermée par l’UE dans une cage politique, économique et financière appelée «plan de sauvetage». L’Islande, quant à elle, qui n’est pas membre de l’UE, a choisi une autre voie.
A la suite de la crise économique et financière de 2008, les trois banques islandaises Kaupthing, Glitnir et Landsbanki avaient été emportées dans le tourbillon de la débâcle financière américaine. Pendant des années, louées vivement par les analystes et les politiques responsables de l’économie, elles avaient participé à d’incroyables spéculations financières qui avaient atteint un volume énorme. Et cela, comme c’était l’habitude jusque-là, avec très peu de fonds propres. En quelques jours, ces trois banques étaient devenues insolvables. Leurs faillites figuraient parmi les 10 plus importantes du monde. En tout, elles avaient accumulé 100 milliards de dettes, une somme représentant trois fois le PIB de l’Islande qui compte quelque 311 000 habitants. Le gouvernement n’eut pas d’autre solution que de nationaliser les trois banques afin de maintenir au moins les transactions financières. De nombreuses PME firent également faillite et le chômage quadrupla pour atteindre 8%. Les Islandais pensaient qu’un changement de gouvernement et une adhésion prochaine à l’UE allaient les sortir de leur situation catastrophique. Par bonheur, la Norvège et la Suède, pays voisins, leur accordèrent des crédits à long terme. Et il fallut demander l’aide du FMI. Tout d’abord, le nouveau gouvernement social-démocrate fut dans l’incapacité de se porter garant des dettes des trois banques surdimensionnées et les spéculateurs européens, avant tout de Grande-Bretagne et des Pays-Bas, exercèrent des pressions sur lui. Pendant des années, ils avaient, avant tout grâce à l’Icesave, banque en ligne filiale de la Landsbanki, empoché de juteux intérêts et ne voulaient pas admettre qu’ils devaient supporter les conséquences de leurs spéculations. Ils avaient une telle influence en Grande-Bretagne et aux Pays-Bas que ces deux pays leur remboursèrent leurs mises et réclamèrent cet argent à l’Islande. Ils voulaient empêcher l’adhésion de l’Islande à l’UE si elle ne remboursait pas les 3,8 milliards des spéculateurs. La Grande-Bretagne est même allée jusqu’à se servir de la loi antiterroriste pour menacer de bloquer les transactions financières internationales de l’Islande et de saisir les avoirs islandais. Le gouvernement et le Parlement islandais ont cédé, prêts à rembourser l’argent.
Cela signifie que chaque Islandais se serait endetté de 18 000 euros plus les intérêts courus. Ces 3,8 milliards d’euros correspondaient à environ 40% du PIB et dépassaient le budget total du pays. 90 000 Islandais adressèrent une pétition au gouvernement et réclamèrent, avec succès, un référendum sur la question. En mars 2010, 93% des citoyens refusèrent de cautionner les dettes occasionnées par les spéculations étrangères.
La Grande-Bretagne et les Pays-Bas lâchèrent alors un peu de lest, baissèrent le taux d’intérêt à 3,2% et prolongèrent les échéances jusqu’en 2046. Malgré le résultat du référendum, le gouvernement et le Parlement islandais cédèrent une nouvelle fois et acceptèrent cette offre, toujours dans l’intention d’adhérer à l’UE.
Le peuple islandais était en ébullition, des personnalités en vue s’opposaient à cette solution malgré les menaces du gouvernement social-démocrate qui agitait la menace du chaos économique et social. L’écrivain Einar Már Gudmundsson, notamment, protesta contre la décision du gouvernement prétendument inévitable: «Nous ne pouvons pas nous permettre de jeter dans la gueule du capital international nos ressources telles que les pêcheries et l’énergie thermale. Le 5 janvier 2010, de manière tout à fait inattendue, le Président Olafur Ragnar Grimmsson surprit le gouvernement en refusant de ratifier la nouvelle loi sur le remboursement des clients étrangers de la banque Icesave adoptée par le gouvernement et le Parlement. Il exigea la tenue d’un nouveau référendum qui eut lieu en avril 2011. La perspective de devoir, sous le diktat de l’UE, vendre les pêcheries et les ressources énergétiques trouva, malgré les promesses et les menaces, peu d’écho dans la population et 60% des Islandais réitérèrent leur «non».
La Grande-Bretagne et les Pays-Bas continuèrent de soutenir les spéculateurs et menacèrent alors de porter plainte contre l’Islande devant la Cour de justice de l’AELE. L’affaire est en cours. Jusqu’ici, aucun document n’a pu être produit qui prouverait que l’Etat a offert des garanties aux spéculateurs.
La situation économique de l’Islande s’améliore peu à peu, le chômage baisse, les pêcheries et le tourisme sont en plein boom. La chute du taux de croissance qui avait atteint, en 2010, son point le plus bas, -7%, a pu être freinée. Le taux d’inflation, qui était monté à 19% en 2001, est redescendu à 1,9% en février dernier. La production industrielle également a augmenté de 19% en 2009 l’année dernière. Les économistes parlent déjà du «miracle de l’après-crise». Une des raisons en est que l’Islande a sa propre monnaie. 

Oslo: massacre et idéologie

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Oslo : massacre et idéologie -

Breivik théoricien et terroriste 2.0 disait ce qu'il ferait

François-Bernard Huyghe

Ex: http://www.polemia.com/

Le massacre d'Oslo est indéniablement un crime idéologique. Si l'on peut qualifier Breivik de fou, ce fou-là raisonnait et son action n'était que la logique d'une idée. S''il reconnaît son acte et revendique la responsabilité de près de 80 morts, les victimes restent pour lui les simples lettres d'un message. Tuer est un moyen efficace de démontrer quelque chose (en l'occurrence que les travaillistes « mutlikulti » pro-immigration doivent être châtiés), d'avertir ou de réveiller le peuple, mais aussi de donner une sinistre publicité à son idéal. On notera que Breivik terroriste très « 2.0 », solitaire comme un joueur en ligne de jeu vidéo, fréquentait les réseaux sociaux, publiait et mettait en ligne et partageait des vidéos de propagande au style très moderne. Mais, au-delà de sa mégalomanie (être l'homme le plus détesté depuis la seconde guerre mondiale !), son action pose des problèmes plus généraux.

Cette tragédie illustre deux principes généraux valables pour toutes les stratégies terroristes :

-1 Les terroristes disent toujours ce qu'ils vont faire (titre d'un ouvrage que j'ai co-écrit avec A. Bauer) : en l'occurrence, Breivik laisse un film vidéo disponible sur You Tube et un texte de près de 1600 pages, accessible sur Internet, où il explique ce qu'il fera, pourquoi il le fera et comment il s'y prépare

-2 Les terroristes tuent des idées, pour répandre des idées et au nom des idées. Quand nous disons qu'ils « tuent des idées », cela signifie que, dans leur logique, on ne frappe pas des gens pour des raisons individuelles (logique du crime) ni pour causer le plus de pertes possibles à l'ennemi (logique militaire). On tue des gens pour que leur mort produise un effet psychologique (peur chez les uns, enthousiasme chez les autres) et un effet pédagogique (elles démontrent la justesse ou la faiblesse d'une cause).

La peur comme doctrine

Cette idéologie comment la qualifier ?

On a beaucoup écrit que Breivik était un « fondamentaliste chrétien ». Se qualifiant de protestant plutôt traditionnel, il comptait certes la religion parmi les valeurs identitaires européennes. Pour autant, il ne citait pas la Bible à tout bout de champ et se disait lui-même modérément croyant.

D'extrême-droite ? Certes, quelqu'un qui déteste les immigrés au point de tuer n'est ni modéré ni de gauche. Mais « extrême-droite » est une catégorie très floue.

Racisme ? Si Breivik détestait les Arabes, c'était parce qu'il voyait en eux les instruments d'une domination du monde par l'Islam, pas au nom de la supériorité des Aryens.

Antisémitisme ? Breivik soutient les sionistes pour leur fermeté et voit certains juifs comme les meilleurs alliés des bons Européens.

Admiration pour Hitler ou des dictateurs ? Au contraire, Breivik dénonce le génocide (mais, il est vrai pour le relativiser par rapport au génocide communiste et surtout aux 2000 millions de morts dont il attribue la responsabilité à l'Islam au cours de l'Histoire).

Valeurs antidémocratiques ? Une des raisons pour lesquelles Breivik hait les travaillistes norvégiens (il a finalement massacré des protestants blonds aux yeux bleus, non des musulmans ou des Arabes) est leur politique de tolérance (droits concédés aux immigrés, protection des minorités ethniques ou sexuelles, refus de la répression). Mais cette ouverture à la norvégienne, il la condamne comme suicidaire : elle profite au vrai ennemi, l'Islam. Il progresse grâce à l'abaissement des défenses immunitaires des Européens et à cause de leur haine d'eux-mêmes (ce que Breivik appelle le « marxisme culturel » le politiquement correct : le souci de ne marquer aucune discrimination envers aucune différence). Mais Breivik explique que ce triomphe de l'Islam, religion autoritaire et « génocidaire » signifierait la fin des libertés et de la démocratie typiques de la culture européenne.

Populiste ? Certes Breivik a été membre du parti du Progrès norvégien (encore qu'il l'ait quitté comme traître à l'Europe), de la nébuleuse des populistes européens, craignant l'immigration et la perte d'identité, inquiets de la mondialisation et de l'État providence. Mais cette étiquette s'appliquerait à des millions de gens.

Islamophobie ? On a compris que l'ennemi principal est pour lui l'Islam ou plutôt le projet fantasmique dit « Eurabia » de conversion de notre continent entier à la religion musulmane, objet de tous ses fantasmes. Breivik se croit donc en légitime défense.

D'autres loups solitaires ?

Sur cette bouillie idéologique, qui emprunte d'ailleurs à d'autres par « copié/collé », se sont surajoutés deux éléments. D'une part une attirance pour tout ce qui est occulte, avec des références à un bizarre ordre de templiers après un passage dans la franc-maçonnerie. D'autre part une capacité intellectuelle à tout expliquer par une cause unique : tout procède d'un plan diabolique de conquête du monde (que partageraient donc secrètement tous les musulmans). Il aurait deux complices objectifs : le capitalisme mondialiste favorable à la circulation des hommes et des capitaux, et les « belles âmes » humanistes soucieuses de non agressivité et bonne volonté à l'égard tout ce qui est minoritaire ou étranger, pour lui des collabos. Le tout fait un motif de tuer, d'ailleurs sans réflexion stratégique (l'acte de Breivik sera probablement très anti-productif et va disqualifier, au moins dans certaines parties de l'Europe, tout discours aux relents anti-islamiques comme produisant de telles horreurs.

Mais l'idéologie n'est devenue mortelle que pour deux raisons. Breivik avec l'obstination d'un maniaque a réussi un « exploit » au sens technique (en impact psychologique et nombre de morts) auquel n'est parvenu jusqu'à présent aucun « loup solitaire » islamiste ou autre. Mais ce qu'il a réussi à faire avec beaucoup de temps et de méthode, un autre peut peut-être le rééditer demain. Ensuite, il a agi seul (si cela est confirmé) ou du moins sans appartenir à une organisation bien repérée.

Deux conditions qui peuvent se retrouver chez un autre, éventuellement pour une tout autre cause : cela change singulièrement les perspectives des politiques anti-terroristes, jusqu'à présent orientées vers le danger islamiste et al Qaïda.

François-Bernard Huyghe
Huyghe.fr
27/07/2011

Correspondance Polémia – 3/08/2011

Thierry Mudry - Irlande: la guerre de la liberté

Thierry Mudry

Irlande: la guerre de la liberté

Brochure téléchargeable librement (44 pages)

soit à :

soit à :

 
 
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T. S. Eliot: Ultra-Conservative Dandy

T. S. Eliot:
Ultra-Conservative Dandy

 

 

By Jonathan Bowden

Ex: http://www.counter-currents.com/ 

 

eliot1.jpgFor a brief period in the late 1990s there was an attempt to demonize T. S. Eliot as an anti-Semite. This opinion was most ably canvassed by Anthony Julius’ T. S. Eliot, Anti-Semitism and Literary Form [2], but the attempt failed, and Eliot’s reputation as a poet now stands even higher than ever.

Thomas Stearns Eliot’s most controversial book was the collection of essays drawn from a series of lectures he gave in 1934 called After Strange Gods: A Primer of Modern Heresy [3]. In this book, Eliot argued for an organic society — primarily from a Christian perspective — and he took a decidedly non-philo-Semitic position, considering that the more organic the society, was the better its prospects.

It seems an utter travesty, at this date, that the most famous English language poet of the twentieth century should be treated in this way.

For the interesting things to say about this fey, classical, and austere man have little to do with this (or his marriage to Vivienne Haigh-Wood in 1915) but, rather, revolve around his contribution to literary criticism. In this regard, his development of the idea of a tradition within a writer’s oeuvre proves crucial — witness his own distancing over time from the thesis of “The Wasteland” and “The Hollow Men” as he turned to Christianity, metaphysically speaking. The idea of not seeing works in isolation but from a whole perspective is very interesting in a deeply conservative way.

This further ramifies with Eliot’s coolness and classicism in the arts — if compared and contrasted to his hostility to the Romantics, particularly a left-wing revolutionary like Shelley. (Eliot would have had no time for the literary prognosis of the Trotskyist Paul Foot in his Red Shelley [4].) Nonetheless, for him, poetry was a codification but never a standardization. It was an escape from emotion through distancing — rather than an achievement of emotional excess through revelation. All of this led to his espousal of the metaphysical poets — Donne, Vaughan, Marvell, and Thomas — as he praised their use of metaphysics in poetry to provide a unified sensibility.

Possibly Eliot’s most famous literary idea was the objective correlative — whereby he sought a general, and culturally relevant, explanation of works which transcended personal responses to them. This involved a semi-objective as well as a subjective reading of the text. A piece attempts to mean what it says, but it also indicates states of mind and experiences which are factual and that can be essayed without being unduly personal about literature.

This hunt for a more general meaning indicates a social vision for art in a man whose own work is very abstruse and ‘difficult’ to understand. This is particularly true of the early poems such as “The Love Song of J. Alfred Prufrock” (1917) and “The Wasteland” (1922), but changes somewhat after “Ash Wednesday” in 1927.

If we might turn to the poetry now: “Prufrock” begins with a stream of consciousness which is typical of early modernism — although much of Eliot’s early poetic vision owes something to his discovery of Arthur Symonds’ The Symbolist Movement in Literature [5] in 1908. Prufrock begins with comparing the evening to an etherized patient upon a table which was considered scandalous at the time when Georgian poetry was all the rage. There is even a hint of the right-wing nihilism of Gottfried Benn in early Eliot. In “Prufrock” he deals with a disappointed life, states of physical and intellectual inertia, and the absence of both carnal love and spiritual progress.

In October 1922 “The Wasteland,” edited extensively by Ezra Pound, made its appearance and extended the analysis, amid many other concerns, to his failing marriage to Vivienne, both of whom were suffering from nervous and mental disorders at the time. The poem definitely chimes with the post-First World War disillusionment of an entire generation.

“The Hollow Men” in 1925 confirms and extends this triad of despair until his conversion to Anglicanism from Unitarianism in 1927. This event was definitely the key metaphysical moment in this very fastidious man’s life. The hunger for meaning and a dormant metaphysical purpose came out. For, in his conversion or re-conversion, Eliot illuminated the idea that life is spiritually barren and meaningless without an over-arching quest, sensibility or teleology.

Certainly once his conversion is definite, the pitch of Eliot’s life and his poetry (above all) takes a decisive turn. “Ash Wednesday,” the “Ariel” poems, and the “Four Quartets” (for which he was awarded the Nobel Prize in 1948) are much more certain in their direction, as well as being more casual, melodic, and contemplative in their creative method. Although secular literati remain discomfited by these poems’ transparent religiosity. This is nowhere more apparent than in the “Four Quartets” which is immersed in Christian thought, traditions, and imagery.

Much of his creative energy after “Ash Wednesday” went into writing plays in an attempt to broaden the poet’s social role — all of these pieces were verse dramas. The whole point of Sweeney Agonistes (1932), The Rock (1934), and Murder in the Cathedral dealing with Thomas a Beckett’s assassination was to bring a larger or wider audience to a conservative purpose for Christian poetry.

For Eliot is that rare thing in twentieth century literary art — an ex-nihilist, someone who reverses the positions of Dostoyevsky’s The Possessed (without the enervation) and wanders back towards C. S. Lewis, Belloc, and Chesterton. I think the key point about these partial dandies and Right-wing conservative intellectuals is their belief in belief. . . . For, without the prospect (even in its absence) of metaphysics, life had no ultimate meaning for them, or for us. Almost everything else about them is incidental to this truth.


 

 

Article printed from Counter-Currents Publishing: http://www.counter-currents.com

jeudi, 04 août 2011

Presseschau - August 2011 (1)

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Presseschau

August 2011 (1)

 

AUßENPOLITISCHES   

Anders B.
Ein einsamer Sonderling voll hasserfüllter Gedanken
http://www.welt.de/politik/ausland/article13503960/Ein-einsamer-Sonderling-voll-hasserfuellter-Gedanken.html

Massaker angekündigt
Terrorist veröffentlicht vor der Tat Manifest
http://www.welt.de/vermischtes/article13504232/Terrorist-veroeffentlicht-vor-der-Tat-Manifest.html

Anders Behring Breivik
Spuren eines Todesschützen
http://www.spiegel.de/netzwelt/netzpolitik/0,1518,776087,00.html

Breiviks Vordenker
Ein bisschen Reue, ein bisschen Ausrede
http://www.spiegel.de/politik/ausland/0,1518,777315,00.html

(Die „taz“ gewohnt niveauvoll…)
Anti-Islam-Events in Berlin
Rechtspopulisten grillen
http://www.taz.de/Anti-Islam-Events-in-Berlin/!75308/

Vom Gedankengut zur Tat: Über den Umgang mit dem Attentat von Oslo
http://www.tagesschau.de/multimedia/video/ondemand100_id-video950190.html

Borbeck: Dreiste Nazi-Provokation angesichts rassistisch motivierten Massakers in Norwegen
http://www.lokalkompass.de/essen-nord/politik/borbeck-dreiste-nazi-provokation-angesichts-rassistisch-motivierten-massakers-in-norwegen-d78419.html

Norwegen
Wie gefährlich ist Thilo Sarrazins Buch?
http://www.derwesten.de/nachrichten/politik/Wie-gefaehrlich-ist-Thilo-Sarrazins-Buch-id4916012.html

Die Protokolle der Weisen von Mekka
http://www.heise.de/tp/artikel/35/35228/1.html

Frankfurts Attentäter heißt Arid U.
Zwei Mörder - unterschiedliche Reaktionen
http://www.freie-waehler-frankfurt.de/artikel/index.php?id=139

Terror in Norwegen: Zur ideologischen Antonymisierung durch die imperiale Hegemonie
http://rotefahne.eu/headline165145.html

Der Oslo-Attentäter ist Freimaurer dritten Grades (Meister)
Großloge von Norwegen bestätigte Mitgliedschaft
http://www.news4press.com/Meldung_603213.html

Das politische Geschäft mit dem Leid
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5c333a9af04.0.html

Der Unterschied
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5c3e5963cd2.0.html

Das Blutbad von Norwegen
http://www.sezession.de/25949/25949.html#more-25949

Norwegian Psycho
http://www.sezession.de/26028/norwegian-psycho.html

Porträt des Attentäters: "Mein Freund Anders"
http://nachrichten.t-online.de/anschlaege-in-norwegen-mein-freund-anders-/id_48354770/index

(Zu Norwegen)
Warum?
http://korrektheiten.com/2011/07/23/warum-oslo-hintergruende/

Osloer Merkwürdigkeiten
http://korrektheiten.com/2011/07/24/osloer-merkwuerdigkeiten/

Fjordman antwortet
http://www.sezession.de/25996/fjordman-antwortet.html

As der Schwerter
Thematische Liste der übersetzten Fjordman-Essays
http://fjordman.wordpress.com/thematische-liste-der-ubersetzten-essays/

(besonnen…)
Sicherheitsdebatte
Kommentar: Weniger wäre mehr
http://www.op-online.de/nachrichten/politik/kommentar-sicherheitsdebatte-weniger-waere-mehr-1336639.html

(auch besonnen…)
Norwegen-Attentat: Innenminister Friedrich warnt vor Aktionismus
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M51b44290726.0.html

(......man beachte die Feststellung ganz am Ende des Interviews...)
„Hohe operative Intelligenz“
Interview
Kai Hirschmann, stellvertretender Leiter des Instituts für Terrorismusforschung in Essen, hält die These vom Einzeltäter für wahrscheinlich.
http://www.welt.de/print/wams/politik/article13504286/Hohe-operative-Intelligenz.html

The Political Thinking of Anders Behring Breivik
http://dougsaunders.net/2011/07/political-thinking-anders-behring-breivik/

(Sehr interessant und kritisch zum Thema Antisemitismus)
Defamation - Antisemitismus (german) 1 / 7
http://www.youtube.com/watch?v=Y17DaTL5D2k

Gaddafi: Zum Abschuß freigegeben
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5291624072a.0.html

Ahmed Wali Karsai - Schattenmann und Partner
Er galt als zwielichtiger König von Kandahar. Der ermordete Präsidenten-Bruder Ahmed Wali Karsai hinterlässt in der umkämpften südafghanischen Provinz ein Machtvakuum.
http://www.dw-world.de/dw/article/0,,15228515,00.html

Afghanistan Bombenanschlag bei Trauerfeier für Karsais Halbbruder
http://www.zeit.de/politik/ausland/2011-07/anschlag-afghanische-moschee

Palmas Moslems sind sauer
http://www.comprendes-mallorca.de/balearen/balearennewsdetails/datum/2011/07/17/palmas-moslems-sind-sauer/

(Welches Geschenk hatte er denn dabei?...)
De Maizière spricht in Israel vom "Geschenk der Versöhnung"
http://www.morgenpost.de/printarchiv/politik/article1700953/De-Maiziere-spricht-in-Israel-vom-Geschenk-der-Versoehnung.html

(ach so…)
De Maizière will Rüstungskooperation mit Israel ausbauen
http://www.spiegel.de/politik/ausland/0,1518,774076,00.html

Israels Wissenschaftsminister im Gespräch
Wir helfen dem, der sich vergeblich Kinder wünscht
http://www.faz.net/artikel/C30351/israels-wissenschaftsminister-im-gespraech-wir-helfen-dem-der-sich-vergeblich-kinder-wuenscht-30459786.html

Griechenland
Minidemo vor dem Minigolf - Wie Urlauber die Schuldenkrise erleben
http://www.eu-info.de/dpa-europaticker/191371.html

Robert Kurz
Giftmülldeponien des Kredits
http://www.exit-online.org/textanz1.php?tabelle=aktuelles&index=0&posnr=527

Inside 9/11
http://www.inside-911.de/film.html
http://juergenelsaesser.wordpress.com/2011/07/02/inside-911-das-erste-video-zu-unserer-911-konferenz-und-zum-neuen-911-buch/

(Die nächste Hysterie?...)
Terrorismus
USA besorgt wegen „Körper-Bomben“
http://www.focus.de/politik/ausland/terrorismus-usa-besorgt-wegen-koerper-bomben_aid_643731.html

Dänische Grenzkontrollen: Hessens Europaminister für Urlaubs-Boykott
http://www.all-in.de/nachrichten/boulevard/vermischtes/Vermischtes-Daenische-Grenzkontrollen-Hessens-Europaminister-fuer-Urlaubs-Boykott;art15814,984289

Gesellschaft für bedrohte Völker wirft China anhaltende Unterdrückung der Uiguren vor / Delius: „Wohlstand statt Freiheit wird scheitern!“
http://www.blauenarzisse.de/index.php/aktuelles/2647-gesellschaft-fuer-bedrohte-voelker-wirft-china-anhaltende-unterdrueckung-der-uiguren-vor-delius-wohlstand-statt-freiheit-wird-scheitern

(Tenor der geplanten Revolution: Regierungen und Unternehmen sind tendenziell böse, private Internetuser sind per se gut und dürfen gesinnungsethisch im Internet tun, was immer sie möchten…)
"Wir haben eine Schlacht zu schlagen"
Der Internetaktivist Richard Stallman über die Bedrohung durch Unternehmen und Regierungen, die die Freiheit im Netz einschränken wollen
http://www.taz.de/1/archiv/digitaz/artikel/?ressort=tz&dig=2011%2F07%2F04%2Fa0127&cHash=0ad60230d4

Es ist eindeutig Topiary
Lulzsec-Sprecher vor Gericht
http://www.n-tv.de/technik/Lulzsec-Sprecher-vor-Gericht-article3947811.html

Azerbaidschan rüstet sich zum Krieg gegen Armenien (wg. Bergkarabach)
http://www.youtube.com/watch?v=w2eLairE740

Ungarn: Sieg über Türken wird Feiertag
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5a30888b40f.0.html

Airlines verwehren Demonstranten Flug nach Tel Aviv
http://www.tagesanzeiger.ch/ausland/europa/Airlines-verwehren-Demonstranten-Flug-nach-Tel-Aviv-/story/20973617

Krieg in Libyen
Mehr als 1300 Bootsflüchtlinge erreichen Lampedusa
http://www.spiegel.de/politik/ausland/0,1518,773538,00.html

Arte-Doku über Akustikfolter
Satanische Töne
Dauerbeschallung mit Heavy Metal und Sesamstraßen-Songs: "Musik als Waffe" (Arte, 23.25 Uhr) seziert die Akustikfolter von Guantánamo – und enttäuscht dabei.
http://www.taz.de/1/leben/medien/artikel/1/satanische-toene/

SOS – Österreich
http://sosheimat.wordpress.com/

Casa Pound
Italien - Neofaschismus im linken Gewand
http://wissen.dradio.de/italien-neofaschismus-im-linken-gewand.37.de.html?dram:article_id=11484&sid=

Mexiko
14-jähriger Killer zu drei Jahren Haft verurteilt
http://www.focus.de/politik/schlagzeilen/nid_78334.html

Ärger mit PayPal
Kuba-Embargo in Deutschland
http://www.taz.de/!75445/

China warnt USA vor "großer Sauerei"
Größter Kreditgeber sieht Schuldenstreit mit Sorge
http://www.heute.de/ZDFheute/inhalt/7/0,3672,8312679,00.html

Ethnische Spannungen
Pekings Angst vor islamistischen Uiguren in Xinjiang
http://www.welt.de/politik/article13520053/Pekings-Angst-vor-islamistischen-Uiguren-in-Xinjiang.html

INNENPOLITISCHES / GESELLSCHAFT / VERGANGENHEITSPOLITIK

Ein Geldzyklus geht zu Ende
http://www.ehrenhauser.at/lang/de/blog/unser-geld-entsteht-durch-verschuldung/

Der Welt-Geldbetrug
https://krisenfrei.wordpress.com/2011/07/14/gelddeckung-und-gold/#more-1545

Bankrotterklärung Europas durch einen Wirtschaftsweisen
https://krisenfrei.wordpress.com/2011/07/10/bankrotterklarung-europas-durch-einen-wirtschaftsweisen/

Neue Netzstudie
Die Grünen sind im Internet eine Volkspartei
http://www.welt.de/politik/deutschland/article13448661/Die-Gruenen-sind-im-Internet-eine-Volkspartei.html

Kleine Reihe zu den größten Fehlern der Konservativen: (II) Die Kulturmißachtung. Oder: Das Ende der Postmoderne verpasst
http://www.blauenarzisse.de/index.php/anstoss/2633-kleine-reihe-zu-den-groessten-fehlern-der-konservativen-ii-die-kulturmissachtung-oder-das-ende-der-postmoderne-verpasst

Kleine Reihe zu den größten Fehlern der Konservativen: (III) Der falsche Ansatz. Oder: Konservative Frauen sind keine vom Aussterben bedrohte Spezies
http://www.blauenarzisse.de/index.php/anstoss/2657-kleine-reihe-zu-den-groessten-fehlern-der-konservativen-iii-der-falsche-ansatz-oder-konservative-frauen-sind-keine-vom-aussterben-bedrohte-spezies

Junge Freiheit
Thomas Goppel gratuliert ultrarechter Wochenzeitung zum Geburtstag
http://www.sueddeutsche.de/bayern/umstrittener-gastbeitrag-herr-goppel-und-die-junge-freiheit-1.1120846

Wowereit von der Opernbühne gebuht
http://nachrichten.rp-online.de/kultur/wowereit-von-der-opernbuehne-gebuht-1.1329579

(rein apologetisch…)
Facebook-Partys passé?
Das Sommerloch ist gefüllt – mit Bullshit
http://www.giga.de/top-themen/00153515-facebook-partys-passe-das-sommerloch-ist-gefuellt-mit-bullshit/

(tiefdenkender, wenngleich letztlich naiv…)
Zwischenruf
Das große Erbe der "Facebook-Partys"
http://www.tagesspiegel.de/meinung/das-grosse-erbe-der-facebook-partys/4360738.html

Bosbach gegen generelles Verbot von Facebook-Partys
http://www.abendblatt.de/politik/article1945109/Bosbach-gegen-generelles-Verbot-von-Facebook-Partys.html

Hamburg
Senat gegen Verbot von Facebook-Partys
http://www.welt.de/print/die_welt/hamburg/article13468357/Senat-gegen-Verbot-von-Facebook-Partys.html

(organisiertes Chaos…)
Facebook-Partys
Plötzlich wollen alle zur CDU
http://www.tagesspiegel.de/medien/digitale-welt/ploetzlich-wollen-alle-zur-cdu/4374934.html

Forum Deutscher Katholiken fordert Rücktritt von CDU-Abgeordneter Grütters
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M53b5d0b76d7.0.html

Das politische Pendel
Jetzt schlägt es wieder zurück
http://hartgeld.com/filesadmin/pdf/Art_2011-190_PolitschesPendel.pdf

CDU-Abgeordneter fordert Transferunion in der Euro-Zone
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M567b83e8a5e.0.html

Die Hurra-Europäer als Totengräber
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M511ef23a8d3.0.html

(Und hier ein Hurra-Europäer, der das Gift mit noch mehr Gift bekämpfen möchte…)
Leitartikel: Rettung, aber keine Hilfe
Euro-Partner schnüren Paket für Griechenland
Von Detlef Drewes
http://www.mainpost.de/ueberregional/politik/zeitgeschehen/Leitartikel-Rettung-aber-keine-Hilfe;art16698,6250147

die kommenden
http://die-kommenden.sozrev-m.info/

Kopp-Online
http://www.kopp-online.com/

Aktionsbündnis Direkte Demokratie – Gegen den EURO-Rettungswahnsinn
http://eurodemostuttgart.wordpress.com/

Die Welt vor Wichtigtuern und Titelhubern schützen
Die Grünen wollen den Doktortitel aus dem Personalausweis streichen lassen. Was fällt ihnen als nächstes ein? Und was sagt das über die Partei aus?
http://www.tagesspiegel.de/meinung/die-welt-vor-wichtigtuern-und-titelhubern-schuetzen/4395862.html

Die Natur siegt immer: Der genderisierte SPIEGEL kämpft gegen die Neue Rechte und ihre Mehrheitsmeinung
http://www.blauenarzisse.de/index.php/anstoss/2662-die-natur-siegt-immer-der-genderisierte-spiegel-kaempft-gegen-die-neue-rechte-und-ihre-mehrheitsmeinung

Marine-Zeitschrift verunglimpft tote Gorch-Fock-Kadettin
http://www.abendblatt.de/politik/deutschland/article1951567/Marine-Zeitschrift-verunglimpft-tote-Gorch-Fock-Kadettin.html

„Gorch Fock“, Erik Lehnert und die Internetdemoskopie
http://www.sezession.de/25611/gorch-fock-erik-lehnert-und-die-internetdemoskopie.html#more-25611

„Wir. Dienen. Deutschland.“
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M52167e094b1.0.html

Familiäres und militärisches Ethos
http://www.sezession.de/25674/familiares-und-militarisches-ethos.html

Über Martin Böcker, das „Campus“-Magazin und das Institut für Staatspolitik …
http://www.sezession.de/25766/uber-martin-bocker-das-campus-magazin-und-das-institut-fur-staatspolitik.html#more-25766

„Aber unsere Leutnants …“
http://www.sezession.de/26184/aber-unsere-leutnants.html

Die heilige Kuh
http://www.sezession.de/25775/die-heilige-kuh.html#more-25775

(während auf den Teufel Gaddafi gebombt wird, erhalten die Musterdemokraten in Saudi-Arabien Panzer…)
Wulff verteidigt Panzer-Deal
http://www.welt.de/print/welt_kompakt/print_politik/article13479476/Wulff-verteidigt-Panzer-Deal.html

Über Sinn und Unsinn von Studentenverbindungen im Jahre 2011
http://www.blauenarzisse.de/index.php/gesichtet/2688-ueber-sinn-und-unsinn-von-studentenverbindungen-im-jahre-2011

Grafenwöhr
Schüsse auf Wohnhaus
http://www.br-online.de/bayerisches-fernsehen/rundschau/militaer-grafenwoehr-usa-ID1310457871401.xml

Wir sind das Tätervolk
Katastrophe! Seattle ist überschwemmt und Kalifornien eine fiese Ökodiktatur: Dirk C. Fleck hat den faszinierenden Klimawandel-Roman "Maeva!" geschrieben. Eine Begegnung mit dem Autor
http://www.taz.de/1/archiv/digitaz/artikel/?ressort=tz&dig=2011%2F07%2F13%2Fa0145&cHash=bad96cb05c

Promotionsbetrug? Schaut Euch mal das Abi an!
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M50a8addc23c.0.html

(Pauschalverurteilung einer ganzen Generation. Zitat: „unleugbare Tatsache (…): Nationalsozialismus und Holocaust sind Familiengeschichte“)
Familie in der Nazi-Zeit
http://www.hiergeblieben.de/pages/textanzeige.php?limit=10&order=datum&richtung=DESC&z=1&id=32785

Bischof Williamson und die Piusbrüder
Fall des Holocaust-Leugners erneut vor Gericht
http://www.dradio.de/dlf/sendungen/hintergrundpolitik/1495728/

Bundesregierung lehnt Entschädigung von Rotarmisten ab
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M58476d85ebf.0.html

Menschenrechte auch für Deutsche in den alten Ostgebieten? „Flächendeckend deutsche Kindergärten und Schulen östlich von Oder und Neiße“
http://www.blauenarzisse.de/index.php/gesichtet/2676-menschenrechte-auch-fuer-deutsche-in-den-alten-ostgebieten-flaechendeckend-deutsche-kindergaerten-und-schulen-oestlich-von-oder-und-neisse

Problem Metalldiebe
http://www.echo-online.de/region/darmstadt-dieburg/weiterstadt/Metall-Diebe-stehlen-fuenf-Tonnen-Leitplankenteile;art1302,2029670
http://www.wiesbadener-tagblatt.de/region/untertaunus/aarbergen/10983946.htm

Links, Rechts, „Querfront“: Zeitschriften außerhalb des Mainstreams
http://www.blauenarzisse.de/index.php/rezension/2717-links-rechts-querfront-zeitschriften-ausserhalb-des-mainstreams

LINKE / KAMPF GEGEN RECHTS / ANTIFASCHISMUS

Linksextremismus: Betteln um die Watschen
http://www.sezession.de/25885/linksextremismus-betteln-um-die-watschen.html

Brandenburgs roter Sumpf
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5ef627d75bc.0.html

(Bzgl. Robert Andreasch)
Bayerischer Rundfunk distanziert sich von linkem Journalisten
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5af49be79e9.0.html

ver.di beschließt Rüge gegen “Grünen Sarrazin” Rolf Stolz
http://www.pi-news.net/2011/07/ver-di-beschliest-ruge-gegen-grunen-sarrazin/#more-199064

Kampf gegen Rechts – Kampf gegen Israel
http://www.pi-news.net/2011/07/kampf-gegen-rechts-kampf-gegen-israel/

Grüne kritisieren Einsparungen im „Kampf gegen Rechts“
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5747051c79c.0.html

(Nun ist auch die geballte Faust nicht mehr konform. Der nächste Promi-Nazi-Schwachsinn…)
Nazi-Tattoo überstochen
Michelle Hunziker gibt Leibwächter neue Chance
http://www.focus.de/panorama/boulevard/nazi-tattoo-ueberstochen-michelle-hunziker-gibt-leibwaechter-neue-chance_aid_646811.html

Ochsen- und Eselquoten
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M55aec90de16.0.html

„Den Papstbesuch in Berlin zum Desaster machen!“ / Antifa-Bündnis ruft zur Blockade und Störung auf
http://www.blauenarzisse.de/index.php/aktuelles/2650-den-papstbesuch-in-berlin-zum-desaster-machen-antifa-buendnis-ruft-zur-blockade-und-stoerung-auf

Lunapark wird seit 2008 von dem ex(?)-Trotzkisten Winfried Wolf herausgegeben
http://www.lunapark21.net/index.html

Schwere linksextreme Ausschreitungen in Berlin
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5e21d42826c.0.html

Hanau
Feuer im „autonomen Kulturzentrum“
http://www.op-online.de/nachrichten/hanau/feuer-autonomen-kulturzentrum-1341861.html

EINWANDERUNG / MULTIKULTURELLE GESELLSCHAFT

(Ein Einzelkämpfer…)
Ponchomann am Kölner Dom
http://quotenqueen.wordpress.com/2011/04/19/ponchomann-am-kolner-dom/

(Jetzt müssen schon die Ameisen für die Einwanderungsgesellschaft herhalten…)
Forscher finden Multi-Kulti im Ameisenstaat
http://www.bild.de/regional/frankfurt/frankfurt-regional/forscher-finden-multikulti-im-ameisenstaat-18902990.bild.html

Freizeitpöbel
http://www.sezession.de/25825/freizeitpobel.html#more-25825

Was Stephan Voß nicht sieht
http://www.sezession.de/25531/was-stephan-vos-nicht-sieht.html

Drecksthema „Deutschenfeindlichkeit“
http://www.sezession.de/25545/drecksthema-deutschenfeindlichkeit.html#more-25545

Boxen statt Knast für ausländische Intensivstraftäter: Der Film „Friedensschlag“
http://www.blauenarzisse.de/index.php/rezension/2658-boxen-statt-knast-fuer-auslaendische-intensivstraftaeter-der-film-friedensschlag

Türkische Fernsehmacher in Offenbach wollen Landsleute aus der Image-Schublade holen
http://www.op-online.de/nachrichten/offenbach/diskussion-bei-frankfurt-1304784.html

Deutscher Kulturrat setzt auf mehr Türken in der Kultur
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M50f5ee73092.0.html

Müller wirbt für lockerere Zuwanderungsregeln
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5e8ef400c75.0.html

Böhmer wünscht sich mehr Ausländerinnen im Sport
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5a881d7bedd.0.html

Grüne wollen Muslimen Beerdigungen ohne Sarg ermöglichen
http://nachrichten.t-online.de/gruene-wollen-muslimen-beerdigungen-ohne-sarg-ermoeglichen/id_47790412/index?news

Annäherung in Hessen
Alle wollen integrieren
http://www.fr-online.de/rhein-main/alle-wollen-integrieren/-/1472796/8642654/-/

Frankfurt
Parolen an der Moschee
http://www.fr-online.de/frankfurt/parolen-an-der-moschee/-/1472798/8629388/-/index.html

....der Slogan steht jetzt gut sichtbar auf der Fassade der Christus-Kirche in Bochum:
http://www.christuskirche-bochum.de/2011/07/multikulturelles-stammesbewusstsein/

„Tötet die Deutschen“ und „Lügen, die man gerne glaubt“
http://www.sezession.de/25676/totet-die-deutschen-und-lugen-die-man-gerne-glaubt.html#more-25676

(man beachte z.B. mal den Kommentar von delice über Jesus. Zitat: „Es mag sein, dass Sie Jesus germanisiert haben mögen, woran sie glauben, dennoch bleibt er der Jesus aus Nazareth und nicht der aus Rom oder der Ockermark oder aus Oslo! Jesus blieb zeitlebens in Palästina und gleiche galt bis zum Tode von Jesus auch für seine Apostel und Weggefährten.
Wie krank Personen im Westen selbst damit umgehen verdeutlicht solche verdrehten Aussagen. Es verdeutlicht geradezu den unsäglichen und unstillbaren Genuss an unerträglich gewordenen Götzenbildern. Ein ergötzendes Bild ist die eines am Kreuze leidenden jungen Menschen.
Der (sexistische) Voyeurismus kennt da wahrlich keine Grenzen mehr, wenn beinahe schon an jeder Weggabelung oder Straßenkreuzung unbedingt eines dieser Jesusabbildungen aufgestellt sein muss. Eine gestandene Feministen mag es gefallen, wenn ein junger Adonis leidet, aber nicht ein gesunder Menschenverstand. 
Wo ein germanisch aussehender Blondschopf seit nunmehr über 2000 Jahren halbnackt, also exhibitionistisch und an mehreren stellen blutüberströmt und zusätzlich am Kreuze angenagelt hängt, vielmehr baumelt; versehen noch mit einem Dornenkranz auf dem Haupte, das den Kopf auch beschwerend rein pikest, um noch mehr Blut strömen zu lassen.
Solches herzzerreißendes Leidensbild steht dann im und um eine Ortschaft so dicht aufgereiht, dass jeder aufs Neue täglich darauf schauen muss.
Graf Dracula lässt im gleichen Sinne grüßen. Bei ihm verwesten wenigstens die aufgespießten Leichen nach einer gewissen Zeit; hier aber, beim – Jesus am Kreuze – angeschlagen bleibt alles immer noch recht frisch!...)


Terror in Norwegen
Norwegischer Attentäter war besessen von der Türkei
http://www.deutsch-tuerkische-nachrichten.de/2011/07/149690/

Bürgermeister von Guben fordert Grenzkontrollen
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5de277e1696.0.html

Haft für Menschenschmuggler aus Offenbach
http://www.op-online.de/nachrichten/offenbach/drei-jahre-haft-menschenschmuggler-offenbach-1341313.html

Marseille
Zugüberfall in Wildwestmanier auf Deutsche Bahn
http://www.tagesschau.sf.tv/Nachrichten/Archiv/2011/07/08/Vermischtes/Zugueberfall-in-Wildwestmanier-auf-Deutsche-Bahn

Sarrazin warnt vor Kreuzberger Zuständen
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5bbb78f2c60.0.html

(Sarrazin ist der Provokateur, der Menschen mit „abstrusen Meinungen“ angreift. Diese tätigen nur Überreaktionen…)
Sarrazin in Neukölln
Kommentar: Fremde Welten
http://www.op-online.de/nachrichten/politik/kommentar-fremde-welten-1327893.html

Linken-Politikerin wirft Sarrazin „Rassismus und Dummheit“ vor
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M54ce6cfbb5d.0.html

Henryk M. Broder
Warum ich diesen Journalistenpreis zurückgebe
http://www.welt.de/debatte/henryk-m-broder/article13497770/Warum-ich-diesen-Journalistenpreis-zurueckgebe.html

(„Antifanten“ hetzen Ausländer auf…)
Was machte Dirk Stegemann bei den Aleviten?
http://www.pi-news.net/2011/07/was-machte-dirk-stegemann-bei-den-aleviten/

Sarrazin, Kreuzberg und der Vorbürgerkrieg
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M51d1287c0fa.0.html

Ausländergewalt: Neue Fälle in Duisburg, Hamburg, Frankfurt/Main und Osterholz-Scharmbeck
http://www.blauenarzisse.de/index.php/aktuelles/2639-auslaendergewalt-neue-faelle-in-duisburg-hamburg-frankfurtmain-und-osterholz-scharmbeck

Bonn: Eskalation bei Musikfestival “Rheinkultur”
http://www.pi-news.net/2011/07/bonn-eskalation-bei-musikfestival-rheinkultur/#more-199009

Offenbach
Räuber-Duo überfällt drei Seniorinnen
http://www.op-online.de/nachrichten/offenbach/ueberfall-jugendliche-raub-waldstrasse-1308781.html

Raubüberfälle in Offenbach aufgeklärt
Raub von Taschen trainiert
http://www.op-online.de/nachrichten/offenbach/raub-taschen-trainiert-1332275.html

Offenbach
Schnellrestaurant überfallen
http://www.presseportal.de/polizeipresse/pm/43561/2076219/pol-of-pressemitteilung-des-polizeipraesidiums-suedosthessen-von-samstag-dem-09-07-2011

Angst vor kleinem Freund
http://www.op-online.de/nachrichten/offenbach/angst-kleinem-freund-1331851.html

Jugendschöffengericht schickt 20-jährigen aus Offenbach für dreieinhalb Jahre hinter Gitter
Beispiellose Überfallserie
http://www.op-online.de/nachrichten/offenbach/beispiellose-ueberfallserie-1334587.html

KULTUR / UMWELT / ZEITGEIST / SONSTIGES

Sozialistische Architektur
Schlachtschiffe des Kommunismus
http://einestages.spiegel.de/external/ShowTopicAlbumBackground/a23045/l0/l0/F.html#featuredEntry

Rekonstruiertes Rathaus von Wesel
Ein Glücksfall für die alte Hansestadt
http://www.derwesten.de/staedte/wesel/Ein-Gluecksfall-fuer-die-alte-Hansestadt-id4892185.html

590 Millionen Euro
Politiker geben finales Okay für Stadtschloss-Bau
http://www.spiegel.de/kultur/gesellschaft/0,1518,772721,00.html

Stadt ohne Mitte – Parteien ohne Plan
http://www.tagesspiegel.de/berlin/stadt-ohne-mitte-parteien-ohne-plan/4411002.html

Makler und Stadtplaner
"Wir brauchen mehr Hochhäuser"
http://www.rp-online.de/region-duesseldorf/duesseldorf/nachrichten/bauprojekte/wir-brauchen-mehr-hochhaeuser-1.1321908

Stadtplanung
Hochhäuser haben ihr schlechtes Image verloren
http://www.rp-online.de/region-duesseldorf/duesseldorf/nachrichten/bauprojekte/hochhaeuser-haben-ihr-schlechtes-image-verloren-1.1324971

P&C-"Weltstadthaus": Brutalarchitektur in Wien
Die Wiener verteidigen ihre Stadt schon lange nicht mehr. Sie haben resigniert – gegenüber Behörden und Primat der Wirtschaft.
http://diepresse.com/home/immobilien/wissen/672360/PCWeltstadthaus_Brutalarchitektur-in-Wien?_vl_backlink=/home/immobilien/wissen/636657/index.do&direct=636657

So sehr hat sich Bremen verändert
http://www.weser-kurier.de/Bilder/Bremen/Historisch/396503/So-hat-sich-Bremen-veraendert.html?id=411288

Wieder ein Abriss in Nürnberg
Milchversorgung: Investor zwingt Mieter in die Knie
http://www.nordbayern.de/nuernberger-nachrichten/nuernberg/milchversorgung-investor-zwingt-mieter-in-die-knie-1.1359177#commentsForm-982174

Architektur
Recycelte Plastikflaschen sind Baustoff der Zukunft
http://www.welt.de/wissenschaft/article13474015/Recycelte-Plastikflaschen-sind-Baustoff-der-Zukunft.html

Der zweite Wiederaufbau
Freiburg hat nach dem Krieg seine Struktur weitgehend bewahrt, Städte wie Frankfurt wollen nun ihre modernistischen Sünden wiedergutmachen.
http://www.badische-zeitung.de/freiburg/der-zweite-wiederaufbau--47460453.html

(Antwort: Wohl keiner.)
Publikumspreis für zeitgenössische Architektur
Welches Gebäude ist Ihr Favorit?
http://www.stuttgarter-zeitung.de/inhalt.publikumspreis-fuer-zeitgenoessische-architektur-welches-gebaeude-ist-ihr-favorit.668d7b09-ae62-41a6-95a9-043c470a85fc.html
(Die Leserkommentare tendieren recht eindeutig in kritische Richtung)

Dreiste Diebe: 22 Klotüren gestohlen
http://www.op-online.de/nachrichten/deutschland/dreiste-diebe-klotueren-gestohlen-zr-1343119.html

Disney-Planstadt Celebration
Zu schön, um schön zu sein
http://einestages.spiegel.de/static/topicalbumbackground/23121/zu_schoen_um_schoen_zu_sein.html

(Seltsame Form von „Humor“ bei der „taz“. Man lese die Leserdebatte dazu…)
Schämt euch, ihr Schlampen!
Kolumne von Deniz Yücel
http://taz.de/1/sport/die-wm-kolumnen/artikel/1/schaemt-euch-ihr-schlampen/

Otto von Habsburg gestorben
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5b1923c6854.0.html
http://www.pi-news.net/2011/07/otto-von-habsburg-der-letzte-kronprinz-ist-tot/#more-199071

Gepäckwagen
Das Ende der Kofferkulis an den Bahnhöfen
http://www.focus.de/reisen/urlaubstipps/bahn/gepaeckwagen-das-ende-der-kofferkulis-an-den-bahnhoefen_aid_642896.html

Fünf Prozent fettleibig
Mehr als jeder zehnte Schulanfänger zu dick
http://www.faz.net/artikel/C30840/fuenf-prozent-fettleibig-mehr-als-jeder-zehnte-schulanfaenger-zu-dick-30462637.html

The New Antaios Journal
http://www.new-antaios.net/

Der Puddingprotest: Die en-Tarte-te Kunst
Nicht nur Rupert Murdoch, auch Bill Gates, Emma Thompson und Calvin Klein bekamen schon eine Torte ins Gesicht
http://sz-magazin.sueddeutsche.de/blogs/promileaks/709/der-puddingprotest-die-en-tarte-te-kunst/

„Mixed Martial Arts“…
"Prügelei" wird stattfinden
http://www.mittelhessen.de/lokales/region_giessen/giessen/486029_Pruegelei_wird_stattfinden.html

(auch eine Karriere…)
Rekord
US-Geschäftsmann fliegt zehn Millionen Meilen
http://www.welt.de/reise/Fern/article13482063/US-Geschaeftsmann-fliegt-zehn-Millionen-Meilen.html

Sascha Lobo und Holm Friebe
Nie mehr Marionette im "Firmen-Kasperletheater"
http://www.sueddeutsche.de/karriere/sascha-lobo-und-holm-friebe-im-gespraech-nie-mehr-marionette-im-firmen-kasperletheater-1.1119137

Eine bessere Welt ist googlebar!
http://www.spiegel.de/kultur/gesellschaft/0,1518,777162,00.html

Ein Blick in die deutsche Literaturgeschichte: Das Nibelungenlied – Ist Hagen von Tronje ein feiger Mörder?
http://www.blauenarzisse.de/index.php/rezension/2677-ein-blick-in-die-deutsche-literaturgeschichte-das-nibelungenlied-ist-hagen-von-tronje-ein-feiger-moerder

Meredith
Germanische Comic-Kunst
http://www.meredyth.de/

Förderverein Nibelungenhort e.V.
https://www.facebook.com/pages/Nibelungenhort-eV/153436611399966?sk=info

Er schlägt sie alle
Der Schlagzeuger Martin Grubinger hat Hände wie ein Bauarbeiter. Kommt vom Trommeln. Zehn Stunden pro Tag. Längst ist er der beste der Welt – wirklich wichtig ist ihm etwas anderes
http://sz-magazin.sueddeutsche.de/texte/anzeigen/36037/1/1

USA
"Badesalz" – eine neue Horrordroge
http://www.badische-zeitung.de/panorama/badesalz-eine-neue-horrordroge--48086985.html

Julien Freund et la dynamique des conflits

Julien Freund et la dynamique des conflits.jpg
 
Julien Freund et la dynamique des conflits
 
Caractéristiques :

Auteur :
DELANNOI GIL/HINTERM
Editeur : BERG INTERNATIONAL EDITIONS
Paru en : mars 2011
Présentation : 499 g - 15 cm * 23 cm
Collection : BERG INTERNATIO Code barre :9782917191361ISBN :
2917191368
 
Résumé
 
 
Julien Freund (1921-1993), auteur d’une oeuvre abondante au rayonnement international, s’est fait connaître par sa thèse de philosophie, préparée sous la direction de Raymond Aron et intitulée L’Essence du politique (1965). Il y tient le conflit pour l’une des données fondamentales de la vie sociale et politique. Comme pour d’autres universitaires très influents de leur vivant, la mort de Julien Freund a ouvert une période où la réception de son oeuvre est restée en suspens. C est à l’université de Strasbourg, qu’il avait suivie en tant qu’étudiant lorsqu’elle s’était repliée à Clermont Ferrand au début de la Seconde Guerre mondiale, qu’un premier colloque a été consacré à son oeuvre les 11 et 12 mars 2010. Ce colloque, résolument transversal, a réuni des philosophes, sociologues, politistes, anthropologues, juristes, linguistes, autour de la manière dont Julien Freund a renouvelé les recherches sur le conflit dans les sciences sociales contemporaines. Le présent ouvrage est le prolongement de ces perspectives croisées et de cette réflexion commune.
À partir de ses connaissances et de ses réflexions sur l’histoire, Julien Freund s’est beaucoup interrogé sur l’instabilité des sociétés contemporaines et notamment sur les multiples conflits qui les traversent et les opposent, donnant lieu à d’incessantes résurgences. Cette permanence des risques délétères que comportent les conflits le conduit à s’intéresser à toutes les ressources permettant de les stabiliser, de les désamorcer et d’en tirer parti. Cela le conduit à réaffirmer l’importance du politique et de sa vocation à assurer la sauvegarde collective. En même temps, Freund élabore une conception d’ensemble des processus conflictuels envisagés comme un continuum. À la suite de Georg Simmel, il relève les conditions propices à l’actualisation des potentialités socialisatrices des conflits et précise selon quelles modalités les conflits peuvent être source de transformations et de structurations sociales.
Les contributions ici réunies se proposent de montrer la fécondité de l’approche de Julien Freund pour analyser et comprendre les dynamiques conflictuelles contemporaines.
 

Are the Smurfs crypto-fascist?

 
 

Surely, only a Western academic leftist could come up with something as stupid as this. This is reminiscent of when the late televangelist yahoo Rev. Jerry Falwell suggested the Teletubbies were really just a bunch of closeted homos working subversively to turn good Christian children into fudge-packers. Totalitarian humanism is the fundamentalist theocracy of our era. Burn the universities!

 

Are the Smurfs crypto-fascists?

Editor's Note: The following article comes from Worldcrunch, an innovative, new global news site that translates stories of note in foreign languages into English. This article was originally published in Le Nouvel Observateur.

By Tristan Berteloot, Worldcrunch

The stars of an upcoming summer blockbuster, the world-famous Smurfs are once again the talk of the town – though not necessarily for all the right reasons.

Known as Schtroumph in the original French, Puffi in Italian, Pitufos in Spanish, Stroumfakia in Greek, Kumafu in Japanese and Schlümpfe across the Rhine (since “schtroumpf” means “sock” in German), the little blue imps have been going strong for more than half a century, entertaining children the world over in comic books, animated cartoons and feature films.

More recently, however, the Smurfs have also caught the attention of a controversial French academic who says there may be more than meets the eye when it comes to the pint-sized characters. Hidden behind their charming veneer are some pretty dark undertones, argues Antoine Buéno, whose work “Le Petit Livre Bleu” (The Little Blue Book) accuses the Smurfs of being maybe just a bit fascist.

Buéno, who is both a senior lecturer at SciencePo University in Paris and a novelist, never set out to destroy the magical energy that emanates from these blue-colored characters. Nevertheless, he analyzes their society and ideology – Smurfology – through an unforgiving political lens.

“Le Petit Livre Bleu” focuses specifically on the man behind the cryptic cartoons, original Smurf author Pierre Culliford, aka Peyo. Whether he meant it or not, Culliford endowed his magical little creatures with some Stalinist, racist and anti-Semitic leanings, argues Buéno.

Read: Here comes the McBaguette.

Buéno first questioned the Smurfs' biological nature and sexuality: by the way, why is there only one Smurfette? Then, he tried to show that Smurf society is the archetype of a totalitarian utopia marked by Stalinism and Nazism.

Peyo came up with the word “Smurf” while dining in 1958 with his friend André Franquin. Peyo reportedly asked Franquin: “could you pass me the Smurf?” He meant to say “could you pass me the salt?” The rest is cartoon history.

The spirit of an era

Born in 1928 in Brussels, Peyo lived in German-occupied Belgium. As an adult, he did not look back fondly on that time in history. Nonetheless, Buéno thinks that “a piece of work can convey an imagery that the author himself does not support. Thus, the Smurfs seem to reflect more the spirit of an era than Peyo's political leanings.”

The Smurfs are self-sufficient. Smurf society is collectivist and interventionist. Its only leader, Papa Smurf, is all-powerful. And, like Stalin, his favorite color is red.

They all eat at the canteen and are all ridiculously puritan. In “The Black Smurfs” album, racism is obvious: blood purity becomes something vital and the dark brown Smurf is referred to as "the ugly one." In another album called “Smurfette,” Buéno notes how the Aryan blond is idealized.

The Smurfs are also united against a sworn enemy called Gargamel, a large-nosed, black-haired possibly anti-Semitic caricature, and his cat Azrael.

Smurf lovers have been quick to challenge Buéno’s “Little Blue Book,” saying his arguments are neither serious nor credible. “Generally speaking I’ve gotten two types of knee-jerk reactions: people saying that I’m either an idiot, or a crook,” says Buéno’s.

“But my analysis isn’t just coming out of nowhere,” he goes on to say. “People from other institutions have been looking at [the Smurfs] before me. People in the United States at one point suspected Peyo’s Smurf albums of being socialist propaganda, going so far as to say the word Smurf was actually an acronym for ‘Small Men Under Red Forces.’”

After Peyo died in 1992, his son, Thierry Culliford, continued to draw the Smurfs. Culliford's albums offered a much more educational approach. According to Buéno, that explains why “the Smurfs' village becomes more explicitly a metaphor for reality.”

The Smurfs make their next big appearance this summer in a 3D live-action movie directed by Raja Gosnell. The blue-colored creatures will besiege New York City for the occasion.

But before the movie is released, the Lombard Editions will publish a 29th album called “The Smurfs and the Golden Tree,” and in November, “the Smurf Encyclopedia”.

 
 
 
 
 
Keith Preston

Keith Preston

Keith Preston is the chief editor of AttacktheSystem.com and holds graduate degrees in history and sociology. He was awarded the 2008 Chris R. Tame Memorial Prize by the United Kingdom's Libertarian Alliance for his essay, "Free Enterprise: The Antidote to Corporate Plutocracy."

 

Guerre contre l'Europe

Pour Burak Turna, l'image qu'ont les Turcs de l'Europe inspire le conspirationnisme. L'Europe est perçue comme terre de conquête.

Guerre contre l’Europe

par Tancrède JOSSERAN
 
Guerre contre l'Europe
 
Alors que les négociations avec l’Union européenne sont entrées dans une phase de doute, un puissant courant eurosceptique est en train d’émerger en Turquie. L’un des succès de librairie les plus significatifs de ces derniers mois : « La troisième guerre mondiale » (1), décrit dans un futur proche l’invasion de l’Europe par l’armée turque.

Avec la « Troisième guerre mondiale », (Üçüncü dünya Savasi), Burak Turna (photo) récidive le succès de son précédent roman de politique fiction : « Tempête de métal » (500 000 exemplaires vendus). Il ne s’agit plus cette fois pour l’auteur d’imaginer l’attaque de la Turquie par les États-Unis, mais de mettre en scène une vaste confrontation à l’échelle planétaire entre l’Orient et l’Occident. Dans le climat d’incertitude et de méfiance qui prévaut aujourd’hui dans les relations entre la Turquie et l’Union Européenne et, plus globalement, de l’Occident avec le monde musulman, le livre de Burak Turna apparaît comme un véritable miroir de l’image que les Turcs se font et de l’Europe, et d’eux-mêmes. C’est cette vision tendue, pleine de contradictions, oscillant entre désir et rejet, que cette œuvre de fiction, bien que confuse et manichéenne, permet d’appréhender.

L’Orient contre l’Occident

En 2010, une crise économique d’ampleur mondiale provoque l’effondrement des principales places financières de la planète, les unes après les autres. Profitant du chaos ainsi généré, une société secrète, « la fraternité des chevaliers de la mort » alliée au Vatican, déclenche une guerre à l’échelle planétaire. Le but final de la mystérieuse confrérie étant l’instauration d’ « un État mondial » (2) blanc et chrétien. Pour ce faire, cette société encourage la dialectique du choc des civilisations à travers le monde, en manipulant les mouvements identitaires et populistes en Europe, ainsi que des sectes comme la Falong en Chine. L’Allemagne, l’Autriche, la Hollande, la France sont en proie à une vague de pogroms contre les musulmans, et plus particulièrement contre les Turcs. Ce déchaînement de violence, touche aussi les ressortissants russes des pays baltes, ce qui force Moscou à intervenir. De même, la tension entre la Chine et les États-Unis pour le contrôle du Pacifique, débouche sur une opération aéronavale à Taiwan. L’Inde, alliée à la Chine, profite de la confusion générale pour anéantir la flotte américaine dans sa base de Diego Garcia et s’emparer des possessions françaises dans l’Océan Indien.
Décidés à mettre fin aux exactions contre leurs ressortissants, Ankara et Moscou alliées au tandem Pékin-New-Dehli unissent leurs efforts militaires. Une spectaculaire opération aéroportée est menée contre l’Allemagne. Les parachutistes turcs, largués par des Antonovs, hissent l’étendard écarlate frappé du croissant sur le Reichstag. Les Américains, trop occupés à faire face aux Chinois dans le Pacifique, abandonnent leurs alliés européens. Un nouvel ordre continental émerge des décombres de l’ancienne Europe dont la capitale est transférée à Istanbul.

Tout au long du récit l’auteur prend bien soin de ne pas isoler l’Islam des autres civilisations non-occidentales. Aussi, l’axe islamo-orthodoxo-hindou-confucéen créé pour la circonstance, valide davantage la thèse du choc entre l’Orient et l’Occident, qu’entre ce dernier et l’Islam. Comme Samuel Huntington avant lui, Burak Turna fait de la Russie un corps étranger à l’Europe en la plaçant dans le camp de l’Orient. En dépit de cette volonté de faire passer au second plan le facteur religieux et les divergences propres à chacune des civilisations de « l’axe oriental », l’auteur à quelque peine à expliquer la disparition des conflits entre musulmans et chrétiens dans le Caucase, l’apaisement subit des tensions dans le Cachemire et au Singkiang (Kirghizstan chinois). Finalement, le grand paradoxe de cet ouvrage réside dans cette volonté des Turcs à vouloir se faire accepter comme Européens en se comportant en conquérants, tout en rejetant l’identité occidentale.

L’Europe une terre de conquête ?

Ultime cap de l’Asie, point d’aboutissement des invasions, marche occidentale de l’Empire ottoman et extrémité nord-occidentale de l’avancée arabe, l’Europe demeure dans l’imaginaire turc un espace d’expansion. Dans une certaine mesure, le processus d’adhésion à l’UE est vécu comme une revanche sur l’Histoire, et la continuation des guerres ottomanes par d’autres moyens. Il est significatif qu’au lendemain de la validation de la candidature d’Ankara par le conseil des ministres des Vingt-Cinq, dans la capitale autrichienne, en décembre 2004, un grand quotidien turc ait titré « Vienne est tombée ! ». Au retour de son périple européen, Erdogan était accueilli triomphalement à Istanbul et surnommé : le « conquérant de l’Europe ».

Malgré son appartenance à un milieu laïc et occidentalisé, Burak Turna reste lui-même marqué par cette rhétorique belliciste. Dans son livre, sa représentation de l’ennemi européen emprunte beaucoup au registre religieux. Les soldats européens y sont décrits comme un ramassis de soudards dépravés et criminels, à l’instar des « croisés avant eux » (3). Le Vatican incarne le danger spirituel qui guette la Turquie et le monde non-occidental. La conspiration qui en émane, a pour but « d’effacer les cultures traditionnelles partout dans le monde et de créer une société d’esclaves » (4) . Nous serons les « propriétaires de la planète » (5), fait s’exclamer Burak Turna à un cardinal, porte-parole de Benoît XVI.

Ici, la figure de l’ennemi alimente l’imaginaire du complot. L’idée que l’action du Vatican puisse faire peser une menace sur l’existence de la Turquie prend sa racine dans le projet du pape Clément VIII (1592-1605) de reconquérir Istanbul et de convertir l’Empire ottoman. Plus récemment, les propos de Jean-Paul II dans son message pascal de 1995, ont été relevés avec suspicion. Le saint Père appelait les organisations armées, et spécialement les Kurdes, à s’asseoir autour de la table de négociations. Le Vatican conviait aussi Ankara à s’associer à cette initiative. Peu après, une campagne de presse relayée par le Catholic World Report aux États-Unis, s’en prenait violemment à la Turquie en l’accusant de « génocide » à l’égard des populations Kurdes. En 1998, la nomination par Jean-Paul II de deux cardinaux, dont l’identité n’a pas été dévoilée, a suscité des interrogations dans les milieux nationalistes turcs (6).

Si ces inquiétudes peuvent apparaître très exagérées, pour ne pas dire dénuées de fondement sérieux, elles n’en recoupent pas moins des « pensées réflexes » ancrées dans le psychisme turc.

En-dehors de Burak Turna, ces théories conspirationistes sont, ces derniers temps, largement reprises dans les médias. Le chroniqueur vedette de télévision, Eröl Mütercimler, s’est fait une spécialité de la dénonciation de ces forces occultes qui dirigent le monde. Pour Mütercimler, l’Europe ne voudra jamais de la Turquie car elle est intrinsèquement un club chrétien (hiristiyan kulübü). Les « architectes du nouvel ordre mondial » auraient selon lui, abouti à une forme de syncrétisme entre leur déisme maçonnique et les valeurs chrétiennes des pères fondateurs de l’Europe. Cette synthèse humanitaro-chrétienne exclurait de fait la Turquie musulmane. Pour appuyer ses propos, Mütercimler prend l’exemple du drapeau européen dont les 12 étoiles sur fond bleu représenteraient la robe de la Sainte Vierge… (7)

Ce regard turc sur l’Europe, si ambigu, si paradoxal, qu’offre le livre de Turna, est à l’image d’un pays prisonnier entre son enracinement oriental et sa marche vers l’Occident. Une Europe perçue à la fois comme une terre de conquête, comme un lieu d’affrontement, mais aussi comme la dispensatrice d’une manne précieuse, un club de riches, un Occident chrétien qui, même pour des musulmans, demeure un idéal de civilisation.

Tancrède Josseran


1) Burak Turna, Üçüncü dünya savasi, Timas Edition, Istanbul, 2005
2) Idem. p 271
3) Idem. p 348
4) Idem. p 130
5) Idem. p 271
6) Erol Mütercimler, Komplo teorileri, Alfa, Istanbul, 2006: “AB’hiristiyan kulübü’dür“ [L’Union Européenne est un club chrétien], p176-180
7) Idem. “Vatikan’in gizli ilisskileri“ [Les relations secretes du Vatican], p 293-300

 

À propos de l'auteur

 

mercredi, 03 août 2011

Somalie: merci, mais nous avons déjà amplement donné...

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Somalie : merci, mais nous avons déjà amplement donné…

 

Communiqué de Bernard Lugan

 

29 juillet 2011

 

 

La Somalie étant encore frappée par une famine, une nouvelle fois les médias déversent des images atroces accompagnées de commentaires dégoulinants de bons sentiments et chargés de reproches culpabilisateurs. Comme si nous, Européens, avions la moindre responsabilité dans ce drame dont les deux principales causes répétitives sont clairement identifiées :

 

- Une guerre tribale que se livrent des clans historiquement rivaux.

- Une surpopulation suicidaire qui a détruit le fragile équilibre écologique régional. Comment pourrait-il d’ailleurs en être autrement avec un taux de natalité brute de plus de 48% et un indice de fécondité par femme atteignant 6,76 enfants ?

 

Au moment où une intense campagne vise à préparer les esprits à une intervention, il est impératif de donner les clés du problème somalien tant il est vrai que seul le retour à l’histoire permet de tempérer les émois humanitaires :

 

1) La Somalie est en guerre depuis 1978. Le problème n’y est pas ethnique mais tribal, le grand ensemble ethnique somali qui occupe une vaste partie de la Corne de l’Afrique est en effet divisé en trois grands groupes (Darod, Irir et Saab), subdivisés en tribus, en clans et en sous clans qui se sont toujours opposés. Hier pour des points d’eau et des vols de chameaux, aujourd’hui pour des trafics plus « modernes ».

 

2) Le 15 octobre 1969, après l’assassinat du président Ali Shermake, le général Siyad Barre prit le pouvoir. C’était un Darod de la tribu Maheran. En 1977, il lança son armée dans l’aventureuse guerre de l’Ogaden. Dans un premier temps, l’armée éthiopienne fut balayée, puis l’offensive somalienne se transforma en déroute. Après cette défaite, les réalités tribales s’imposèrent avec encore plus de force qu’auparavant et le gouvernement ne fut plus désigné que sous l’abréviation MOD, qui signifiait Marehan-Ogadeni-Dhulbahante, à savoir les trois clans associés aux affaires.

 

3) Une terrible guerre tribale opposa ensuite les Darod entre eux. Finalement, la tribu Hawiyé l’emporta sur celle des Maheran et le 27 janvier 1991 le général Siyad Barre fut renversé.

 

4) La Somalie subit alors la loi de deux factions antagonistes du CSU (Congrès  somalien unifié), mouvement tribal des Hawiyé, qui éclata sur un critère clanique opposant le clan agbal d’Ali Mahdi Mohamed au clan Habar Gedir dirigé par le « général » Mohamed Farah Aidid. Dans le nord du pays, le 18 mai 1991, le Somaliland, ancien protectorat britannique, se déclara indépendant.

 

5) La guerre des milices provoqua une atroce famine et l’opinion américaine se mobilisa. En France le docteur Kouchner lança la campagne du « sac de riz pour la Somalie ». Puis, au mois de décembre 1992, un corps expéditionnaire  US débarqua dans une mise en scène théâtrale pour « rendre l’espoir » aux populations somaliennes. L’opération « Restore Hope » avait été déclenchée au nom d’une nouvelle doctrine inventée pour la circonstance, l’ingérence humanitaire, ce colonialisme des bons sentiments. Ce fut un échec cuisant et le 4 mai 1993, l’ONU prit le relais des Etats-Unis en faisant débarquer un corps expéditionnaire de 28.000 hommes. Le 5 juin, 23 Casques Bleus pakistanais furent tués par les miliciens du « général » Aidid et le 12 juin, un commando américain échoua dans une tentative de représailles contre le chef de guerre somalien. Le 3 octobre enfin, 18 soldats américains perdirent la vie dans l’affaire de la « chute du faucon noir ».

 

6) Au mois de mars 1994, à Nairobi, un accord de réconciliation fut signé entre les deux chefs hawiyé, mais il demeura lettre morte. A partir du mois d’août, l’anarchie fut totale, les hommes d’Ali Mahdi contrôlant le nord de Mogadiscio et ceux du « général » Aidid le sud. Le 22 août, 7 Casques Bleus indiens furent tués. Les Américains rembarquèrent alors, abandonnant dans le bourbier somalien le contingent de l’ONU composé de soldats pakistanais et bengalais. Le 28 février 1995, il fallut un nouveau débarquement baptisé opération « Bouclier unifié » pour extraire les malheureux devenus otages. L’ONU quittait  la Somalie sur un cuisant échec politique et militaire qui lui avait coûté 136 morts et 423 blessés.

 

7) Les clans somalis se retrouvèrent  alors entre eux et ils s’affrontèrent de plus belle. Le 1° août 1996, le « général » Aidid, grièvement blessé au combat mourût. Son fils Hussein Aidid lui succéda à la tête de son parti, le CSU/UNS (Congrès somalien unifié/Union nationale somalienne), c’est à dire sa milice tribale composée du noyau dur du sous clan des Saad, lui-même étant une sous division du clan des Habr Gedir de la tribu hawiyé. Dans le sud du pays, les miliciens de Hussein Aidid s’opposèrent aux Rahanwein, ces derniers s’affrontant ensuite en fonction de leur appartenance clanique tandis que dans le nord-est, plusieurs composantes des Darod dirigées par Abdullahi Yussuf Ahmed créaient au mois d’août 1998 une région autonome baptisée  Puntland.

 

8) En 2004, après d’interminables discussions entre les factions claniques, un accord  de partage du pouvoir fut trouvé, mais le Gouvernement Fédéral de Transition, incapable de s’installer en Somalie fut contraint de « gouverner » depuis le Kenya.

 

9) Puis un nouveau mouvement fit son apparition sur la scène somalienne, les Tribunaux islamiques dont les milices, les Shababs (Jeunes) menacèrent de prendre Mogadiscio. Au mois de décembre 2006, pour les en empêcher, l’armée éthiopienne entra en Somalie sans mandat international, mais encouragée par les Etats-Unis.

 

10) Par le vote de la Résolution 1744 en date du 21 février 2007, le Conseil de sécurité de l’ONU autorisa ensuite le déploiement d’une mission de l’Union Africaine, l’AMISOM. L’UA avait prévu qu’elle serait composée de 8000 hommes, or les pays volontaires ne se bousculèrent pas.

 

Depuis, à l’exception du Somaliland et dans une mesure moindre du Puntland, les islamistes contrôlent  la majeure partie du pays. Or, pour eux, la famine est une véritable aubaine car :

- Elle va leur permettre d’être reconnus par la « communauté  internationale » qui devra traiter avec eux pour l’acheminement de l’aide alimentaire.

- Elle va leur permettre d’achever la prise de contrôle du pays.

- Elle va leur permettre de tirer de juteux profits des détournements de cette aide, comme cela avait été le cas lors de la grande famine d’Ethiopie dans les années 1984-1985. 

 

La conclusion de cette mise au point est donc claire : nous n’avons rien à faire dans cette galère. A moins, naturellement, de vouloir verser dans le « tonneau des Danaïdes » somalien une aide qui serait pourtant tellement utile à nos SDF et à toutes ces familles françaises qui ne mangent plus à leur faim.

Enfin, mes pensées vont à cet officier français - et à sa famille -, prisonnier des milices somaliennes depuis deux longues années et dont le sort n’émeut pas particulièrement l’opinion. Mais il est vrai qu’il n’a pas la chance d’appartenir à la corporation journalistique...

 

Pour en savoir plus sur l’actualité africaine libérée du prisme de la pensée unique et du politiquement correct, je ne puis que vous conseiller de vous abonner à la revue l’Afrique Réelle envoyée par PDF le 15 de chaque mois. Pour en savoir plus : 

http://www.bernard-lugan.com

http://afriquereelle.blogspot.com

 

Bernard Lugan  

Schutter in Noorwegen: wat u verzwegen wordt

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Schutter in Noorwegen: wat u verzwegen wordt

Yves Pernet
 
 
 

Voor de aanslagen in Oslo publiceerde dader Anders Behring een manifest. Van dichtbij bekeken blijkt nu dat dit werk, dat meer dan 1.000 bladzijden omvat, geen eigen werk bevat. Het is een knip-en-plak-werk van onder andere het Anarchist Cookbook, een verzamelig wapenwinkels… en het manifest van de Unabomber. Ondertussen blijkt ook dat de man een ratatouille aan denkbeelden had. Nationalist, christen, maar tegelijkertijd vrijmetselaar en overtuigd zionist. Het is op z’n minst merkwaardig aangezien vrijmetselaars en nationalisten of christenen niet altijd even goede vrienden zijn. De reden hiervoor is simpel: deze informatie is gebaseerd op een vals Facebook-profiel en niet op gedegen journalistiek.

Het manifest van Anders Behring is nu links en rechts op websteks van nieuwskanalen te vinden. Zoals hierboven reeds besproken, is dit geen werk van een gestoord genie, maar een knip-en-plak-werk van een gestoord man. Wij kunnen ondertussen op basis van het lezen van de stukken die geen beschrijving van winkelproducten zijn en bepaalde feiten in het leven van de man en zijn slachtoffers een paar belangrijke conclusies trekken.

1. Identiteit: gepolitiseerd en “joods-christelijk”

Anders Behring praat in zijn manifest, dat de titel “de Europese verklaring van onafhankelijkheid” draagt, over de Europese identiteit. Wanneer hij over dit laatste spreekt, heeft hij het echter over eenzelfde soort identiteit die we kunnen vinden bij radicale islamitische jongeren die een “internetislam” aanhangen. Via opzoekwerk (lees: Google) rapen zij allerlei aspecten van verschillende, vaak vijandige, visies bij elkaar en steken zij zo hun eigen visie op de wereld in elkaar. In het geval van Anders Behring ging het over een joods-christelijk Europa, een superieure cultuur, dat in constant conflict zou zijn met de moslims. Het is een volledige politisering van de identiteit. Waar nationalisten vertrekken vanuit het feit van de identiteit en het bestaan van volkeren om een politieke visie te ontwikkelen, zijn dit soort “internetstrijders” (aangezien al hun ervaring opgedaan wordt op fora en internetspreekgroepen, nooit door enig contact met anderen) aanhangers van het radicale omgekeerde. Zij ontwikkelen een bepaalde politieke visie, in dit geval een pure anti-islamitische, en gebruiken allerlei diverse elementen uit de Europese geschiedenis om dat te onderbouwen. Dit is vertrekken vanuit een te bewijzen feit en vervolgens het bewijs manipuleren of bedenken om gelijk te krijgen.

2. Logebroeder, “nationalist en christen”

In de media is ondertussen uitgebreid gesproken over het feit dat de man zich nationalist en christen noemt. Wat maar zeer zelden wordt vermeld, is zijn lidmaatschap van de loge. De man was een actief lid van de St. Olaus til de tre Søiler-loge, de grootste van Noorwegen. Graag belichten de media het feit dat nationalisten tegen de grote immigratie is en belichten zij maar al te graag de anti-islamitische visie van een Wilders, etc… Wat zij echter maar zéér zelden tot niet vermelden, is de grote  wederzijdse haat tussen veel vrijmetselaarloges en de islam. Zo staat de islam, net zoals het christendom, radicaal tegenover de visie van Verlichting van de loge. Hamas schrijft dan ook in zijn manifest dat in de gebieden waar de islam de macht heeft, de loge zal vernietigd worden (http://www.vecip.com/default.asp?onderwerp=1326).

Wanneer we verder ingaan op de denkwijze van Anders Behring zien we ook dat de man veel meer bij het Verlichtingsdenken van de vrijmetselaars staat dan bij de visie van conservatieve nationalisten. Het Vlaams Belang doet hij af als racistisch en anti-homoseksueel. Deze partij zou “vele hervormingen nodig hebben om ons niveau te bereiken”. Met “ons niveau” mag het wel duidelijk zijn dat hij hier niet sprak over nationalisten onder de noemer “ons”, maar over het neoconservatieve denken dat enkel de progressieve verwezenlijkingen met betrekking tot volledige persoonlijke vrijheid wil behouden. Het homohuwelijk, eventueel -adoptie, recht op abortus, etc… zijn dingen waar conservatieve nationalisten zich tegen verzetten, het is iets waar neoconservatieven als Anders Behring voor zullen strijden. Zonder enige kennis ter zake vermeldt hij ook de VMO als afgedaan en contraproductief. De man lijdt duidelijk aan een zeer ernstige vorm van zelfwaan waarin hij zichzelf ziet als grote oordeler van organisaties en partijen. Men kan zich dan ook de vraag stellen of hij, in plaats van dingen opgezocht te hebben, niet gewoon dingen neerschreef die hij in logemiddens in private gesprekken hoorde en zelf verder uitwerkte.

3. Het valse Facebook-profiel

Over de media gesproken. Momenteel wordt er gesproken over het beruchte Facebook-profiel van Anders Behring. Hierin zou hij zich voordoen als christen, conservatief, etc… Het is echter toonaangevend voor de kwaliteit van de media dat de pers een vals Facebook-profiel als bron aan het gebruiken is.  Reeds in het verleden bleek dat sommige mensen valse Facebook-profielen aanmaken wanneer iemand voor gruwelijke feiten in het nieuws is. Het eerste Facebook-profiel dat ontstond na deze feiten, werd dan ook snel gewist door Facebook. Daarna, na deze feiten, verscheen er opnieuw een profiel. Een profiel in de Engelse taal, niet in de Noorse. Doorheen de uren na de aanslagen en na zijn arrestatie verschenen er steeds nieuwe dingen op het Facebook-profiel. De media nemen dit graag over, zonder ook maar één moment na te denken over het feit dat hijzelf niet meer in de mogelijkheid was iets aan te passen. Het is dan ook pas na de aanslagen dat op dit profiel christelijk en nationalistisch verscheen, aangepast door iemand die niets met de man te maken heeft. Hier het “originele” profiel, hier het profiel dat de media graag gebruikt.

De man was immers geen fervent gebruiker van Facebook om zijn denkbeelden te verspreiden, maar wel via de webstek www.document.no.  Eigenaar van deze webstek is een joodse voormalig linkse journalist Hans Rustad, die een neoconservatieve anti-islam visie heeft ontwikkeld. Ondertussen heeft Rustad besloten een collectie van commentaren van Anders Behring geplaatst, geen enkele van die commentaren geen een visie weer van een extremistische visie. Enkel het napraten van neoconservatieve denkbeelden over een joods-christelijk Europa met een “rechtsliberale” ordening in een permanent bondgenootschap met Israël. Dat het kamp werd uitgekozen voor een aanval kan wel eens te maken hebben met het feit dat het voor een groot deel in het teken stond van de oproep om Israël te boycotten. Niet dat daarmee gezegd moet worden dat het een groot zionistisch complot was, verre van. Anders Behring was echter de fase van normale politieke dialoog volledig ontstegen, opgezweept door neoconservatieve “joods-christelijke” denkbeelden, dat hij zo’n bijeenkomsten als legitiem doelwit zag.

4. Politieke denkbeelden

De media slaagt er ook niet in om de grote sympathie die de man had voor Israël weer te geven. Had hij bij hem thuis ook maar één minieme foto gehad met Hitler erop, dan was dit reeds uitvergroot. In zijn documenten maakt hij echter constant melding aan de grote steun die Europa dient te geven aan Israël in de strijd met de Palestijnen. Zo maakt hij melding van een ridderorde die opgericht zou zijn te Londen in 2002 door 12 personen met de naam Knights Templar. Doel van deze ridderorde: het grijpen van de politieke macht in Europa, het verdrijven van de moslims en de onvoorwaardelijke steun aan Israël. Dit door moordaanslagen en het gebruik van massavernietigingswapens. Niet echt een visie met veel steun in rechtsnationalistische middens, zo is de neoconservatieve pro-Israël visie van bepaalde parlementsleden reeds genoeg aangevallen door nationalisten.

Ook wordt u niet verteld dat de man lid is geweest van een politieke partij: de conservatieve Noorse Partij van Vooruitgang. Sindsdien heeft hij op internet denkbeelden geplaatst die meer aan een neoconservatieve Bush doet denken, dan aan nationalistische denkbeelden. Het doet denken aan de beschrijving van de schutters die in Columbine op school het vuur opende op leerlingen. Deze schutters werden toen allebei afgedaan als radicale antisemitische extreem-rechtse militanten, terwijl één van de twee zelf een jood was. Het toont maar aan hoe de media graag hypewoordjes gebruiken, zonder ook maar één keer zelf iets op te zoeken.

5. Plagiaat

Ondertussen hebben nationalisten in Frankrijk het manifest van Anders Behring ook onder de loep genomen. Zij kwamen tot de conclusie dat de man gewoon zeer grote delen gekopieerd heeft van het manifest van de Unibomber, waarbij hij gewoon termen veranderde. “Vooruitgangsdenken” werd “multicultureel” denken, etc… Hieronder vindt u dan ook, als slot van dit artikel, enkele voorbeelden (in het Frans) van de gelijkenissen tussen de twee manifesten die door de mensen van Égalité & Reconcliation werden gevonden. Laat u dus niet beliegen door de pers. Deze man was geen nationalist en geen christen. Zijn visie was neoconservatief, neoliberaal, pro-zionistisch en gericht op een progressieve persoonlijke vrijheid. Vier denkbeelden die haaks staan op het conservatieve rechtse nationalisme in Europa. Dringend tijd dat nationalistische partijen dit soort denkbeelden officieel afzweert, identiteit is immers een beginpunt los van politiek denken dat leidt tot conclusies. Identiteit is geen middeltje om een perverse visie op de wereld goed te praten.

Extrait de « La société industrielle est son avenir », de Théodore Kaczynski :

« 6. Tout le monde ou presque reconnaîtra que nous vivons dans une société profondément troublée. Une des manifestations les plus répandues de la folie de notre monde est le gauchisme, donc une discussion de la psychologie du gauchisme peut servir d’introduction à la discussion des problèmes de la société moderne en général.

7. Mais qu’est-ce que le gauchisme ? Pendant la première moitié du 20ème siècle le gauchisme aurait pratiquement pu être identifié avec le socialisme. Aujourd’hui le mouvement est fragmenté et il n’est pas clair de définir qui peut correctement être appelé un gauchiste. Quand nous parlons des gauchistes dans cet article nous entendons principalement les socialistes, les collectivistes, les gens « politiquement corrects », les féministes, les activistes gays et du handicap, les activistes des droits des animaux et tout ce genre de gens. Mais ceux qui sont associés avec un de ces mouvements ne sont pas tous des gauchistes. Ce que nous essayons de décrire dans la discussion du gauchisme n’est pas tant un mouvement ou une idéologie qu’un type psychologique, ou plutôt une collection de types associés. Ainsi, ce que nous entendons par « le gauchisme » apparaîtra plus clairement au cours de notre discussion de la psychologie gauchiste »

Extrait de « 2083, une déclaration d’indépendance européenne », de Behring Breivik :

« Une des manifestations les plus répandue de la folie de notre monde est le multiculturalisme, donc une discussion sur la psychologie des multiculturalistes peut servir d’introduction à la discussion sur les problèmes de l’Europe occidentale en général.

Mais quel est le multiculturalisme ou le communisme culturel ? Le mouvement est fragmenté et il n’est pas clair de définir qui peut correctement être appelé culturels marxiste. Quand nous parlons des gauchistes dans cet article nous entendons principalement des individus qui appuient le multiculturalisme : socialistes, collectivistes, les gens « politiquement correct », les féministes, les militants homosexuels et les défenseurs des droits des animaux animaux, environnementaliste, etc. Mais ceux qui sont associés avec un de ces mouvements ne soutiennent pas tous le multiculturalisme. Ce que nous essayons de décrire dans la discussion du marxisme n’est pas tant un mouvement ou une idéologie qu’un type psychologique, ou plutôt une collection de types associés. »

Extrait de « La société industrielle est son avenir », de Théodore Kaczynski

« 8. Même ainsi, notre conception du gauchisme restera beaucoup moins claire que nous ne le souhaiterions, mais il ne semble y avoir aucun remède à cela. Tout que nous essayons de faire est d’indiquer d’une façon grossière et approximative les deux tendances psychologiques dont nous croyons qu’elles sont la principale motivation du gauchisme moderne. Nous n’affirmons en aucun cas donner TOUTE la vérité sur la psychologie gauchiste. De plus, notre discussion est censée ne s’appliquer qu’au gauchisme moderne. Nous laissons ouverte la question de la mesure dans laquelle notre discussion pourrait s’appliquer aux gauchistes du 19ème et du début du 20ème siècle.

9. Nous appelons les deux tendances psychologiques qui sont à la base du gauchisme moderne « le sentiment d’infériorité » et « la sursocialisation ». Le sentiment d’infériorité est une caractéristique du gauchisme moderne dans son ensemble, tandis que la sursocialisation est caractéristique seulement d’un certain segment du gauchisme moderne ; mais ce segment est hautement influent. »

Extrait de « 2083, une déclaration d’indépendance européenne », de Behring Breivik

« Notre conception des marxistes culturels restera beaucoup moins claire que nous ne le souhaiterions, mais il ne semble y avoir aucun remède à cela. Tout que nous essayons de faire est d’indiquer d’une façon grossière et approximative les deux tendances psychologiques dont nous croyons qu’elles sont la principale motivation du multiculturalisme moderne. De plus, notre discussion est censée ne s’appliquer qu’aux deux tendances du marxisme moderne.

Nous n’affirmons en aucun cas donner TOUTE la vérité sur la psychologie culturelle marxiste. Aussi, notre discussion est signifié deux appliquer deux marxistes modernes culturel uniquement, que nous appelons « sentiments d’infériorité » et « sur-socialisation. »

Le sentiment d’infériorité est une caractéristique de la culture marxiste dans son ensemble, tandis que la sursocialisation est caractéristique d’un seul segment de la diversité culturelle du marxisme, mais ce segment est très influent. »

Endgültiges Nein

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Endgültiges Nein

Von Bernd Posselt

Ex: http://www.jungefreiheit.de/

Grenzübergang auf Zypern: Echte Partnerschaft ist geboten

Ausgerechnet über dem Sonnenland Zypern liegt mitten im Sommer ein tiefer Schatten: die Ankündigung des türkischen Ministerpräsidenten Erdogan, die zypriotische EU-Ratspräsidentschaft im nächsten Jahr nicht anzuerkennen und für sechs Monate die europäischen Institutionen zu boykottieren.

Ginge es nur um die Beitrittsverhandlungen mit Ankara, könnte man aus dieser Drohung sogar Hoffnung schöpfen: Es ist höchste Zeit, den illusionären und für beide Seiten verhängnisvollen Prozeß zu stoppen, der nach wie vor von einer EU-Vollmitgliedschaft der nichteuropäischen Türkei ausgeht. Diese würde die EU massiv desintegrieren und die Türkei destabilisieren.

Intensive Bemühungen um Ankara sind geboten

Echte Partnerschaft ist geboten. Doch genau die gefährdet jetzt Erdogan mutwillig, obwohl sie für den Friedensprozeß auf Zypern und die geopolitischen Interessen beider Seiten in der arabischen Welt dringender gebraucht wird denn je. Die Antwort kann nur lauten: Endgültiges Nein zum türkischen Beitritt, aber intensive Bemühungen, um Ankara wieder auf den Weg einer verantwortungsvollen Außenpolitik zu führen, die es als eigenständige Macht besser entwickeln kann dann als Randgebiet unserer europäischen Föderation, die ihrerseits dringend der Festigung bedarf.

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Bernd Posselt ist außenpolitischer Sprecher der CSU im Europaparlament

JF 31-32/11 

Généalogie de l'individualisme moderne

Généalogie de l'individualisme moderne

par Edouard Rix

Ex: http://tpprovence.hautetfort.com/

S’interroger sur la filiation de l’individualisme moderne, c’est poser la question des origines et de l’évolution historique d’un des principes fondateurs de nos sociétés contemporaines.

« Le terme “individualisme“ recouvre les notions les plus hétérogènes que l’on puisse imaginer » (1) écrivait le sociologue Max Weber dans L’Ethique protestante et l’Esprit du capitalisme. Nous définirons l’individualisme comme une dimension de l’idéologie moderne qui érige l’individu, en tant qu’être moral, en valeur suprême.

De la famille à l’individu

Pour établir notre généalogie de l’individualisme moderne, nous commencerons par les travaux d’un juriste britannique, sir Henry Sumner Maine. Ce dernier, grand spécialiste du droit comparé, est l’auteur d’un ouvrage publié en 1861 et qui a connu de nombreuses rééditions, Ancient Law, dans lequel il examine les concepts juridiques des sociétés anciennes en s’appuyant sur le droit romain, les systèmes juridiques de l’Inde et de l’Europe orientale, ou encore les jurisprudence contemporaines.

Selon Maine, les sociétés humaines ont connu successivement deux grands principes d’organisation  politique : la parenté de sang, puis la communauté de territoire. Dans un chapitre intitulé « La société primitive et l’ancien droit », consacré au droit dans les sociétés archaïques, il écrit : « L’histoire des idées politiques commence, en fait, avec l’idée que la parenté de sang est la seule base possible d’une communauté de fonctions politiques ; et aucun de ces renversements de sentiments que nous appelons solennellement révolutions n’a été si surprenant et si complet que le changement survenu lorsque quelque autre principe, celui de contiguïté locale par exemple, fut établi pour la première fois comme base d’une action politique commune » (2). Sa thèse est limpide : c’est lorsque le cadre territorial s’est substitué aux liens de parenté comme fondement du système politique que l’organisation sociale moderne que nous connaissons est apparue.

Pour Maine, tout commence avec la famille : « la famille est le type même de la société archaïque ». Pour retracer l’histoire des sociétés les plus anciennes, il va s’appuyer, dans son enquête, sur des sources variées : les observations des contemporains, les archives, mais surtout les institutions et les systèmes juridiques primitifs qui se sont transmis jusqu’à nos jours. Il analyse ainsi les premiers chapitres de la Genèse, où l’organisation politique de la société apparaît fondée sur le pouvoir patriarcal. Utilisant également la littérature antique, il cite le passage de l’Odyssée concernant les cyclopes : pour Homère, ces monstres incarnent « le type de civilisation étrangère et moins avancée » (3). Les cyclopes n’avaient ni assemblées, ni thémistes, et les chefs de famille exerçaient le pouvoir sur leurs épouses et leur descendance. Dans la Grèce ancienne et à Rome, Maine trouve la trace des groupes de filiation à partir desquels s’est constitué l’Etat. On peut donc supposer que les premières communautés politiques apparurent partout ou les familles, au lieu d’éclater à la mort du patriarche qui les dirigeait, gardèrent leur unité. Les institutions romaines ont conservé les vestiges de cette tradition : « Le groupe élémentaire est la Famille, rattachée au plus ancien descendant mâle. L’agrégation des Familles forme le Gens ou la Maison. L’agrégation des tribus constitue l’Etat (Commonwealth) » (4). Maine en conclut que l’idée d’un lien lignager commun est une donnée fondamentale des sociétés archaïques. Ce phénomène est commun aux Indo-européens qui retracent leurs origines à partir d’un même rameau familial.

Les thèses de Maine sur les origines lignagères de la sociétés sont à mettre en rapport avec les discussions sur le droit naturel. Pour Maine, l’état de nature est une notion « non historique, invérifiable », de même que l’idée de contrat social qui est au centre des doctrines philosophiques. Sa position est à l’opposé des thèses défendues par Hobbes, Locke et Rousseau. Pour lui, les philosophes voient l’état de nature, l’état d’avant l’Etat, avec les yeux de l’individualisme moderne, présupposant l’existence d’un contractualisme avant l’heure.

Au modèle de l’autorité patriarcale, les sociétés modernes opposent une autre conception du lien politique, la cellule de base n’étant plus la famille mais l’individu. « L’unité de la société archaïque était la famille, celle de la société moderne est l’individu » (5) insiste-t-il. La grande nouveauté du monde moderne, c’est le remplacement du lien statutaire qui prévalait dans les sociétés anciennes par la relation purement contractuelle. Comme le résume Maine dans un célèbre aphorisme : « Le mouvement progressif des sociétés jusqu’à nos jours a été un mouvement du status au contrat » (6). Certes, au XIXème siècle, il n’a pas été le seul à opposer le caractère individualiste des sociétés modernes aux sociétés archaïques communautaires. Tocqueville, par exemple, a fort bien analysé le développement et le triomphe de l’individualisme dans l’Amérique démocratique et, au-delà les pays développés d’Occident. De même, dans Gemeinschaft und Gesellschaft, publié en 1887, Ferdinand Tonnies oppose la communauté (gemeinschaft), unité organique, à la société (gesellschaft), construction mécanique et rationalisée. « Maine inaugure une pensée du politique à deux vitesses, selon laquelle une scission fondamentale sépare archaïsme et modernité, ou, selon une formulation plus moderne, sociétés holistes et sociétés individualistes » (7) écrit Marc Abélès dans Anthropologie de l’Etat.

Sociétés holistes et sociétés individualistes

C’est à Louis Dumont, dont l’œuvre embrasse l’ensemble des domaines des sciences sociales (sociologie, anthropologie, philosophie, histoire, droit et sciences politiques), que l’on doit l’analyse la plus pertinente sur les concepts d’individualisme et d’holisme, permettant une appréhension nouvelle de la modernité. En effet, Dumont distingue les sociétés traditionnelles de la société moderne. « Dans les premières, écrit-il, comme par ailleurs dans la République de Platon, l’accent est mis sur la société dans son ensemble, comme Homme collectif ; l’idéal se définit par l’organisation de la société en vue de ses fins (et non en vue du bonheur individuel) ; il s’agit avant tout d’ordre, de hiérarchie, chaque homme particulier doit contribuer à sa place à l’ordre global et la justice consiste à proportionner les fonctions sociales par rapport à l’ensemble » (8). Le sociologue qualifie ce type de sociétés de « holiste ».

Il poursuit : « Pour les modernes au contraire, l’Etre humain c’est l’homme “élémentaire“, indivisible, sous sa forme d’être biologique et en même temps de sujet pensant. Chaque homme particulier incarne en un sens l’humanité entière. Il est la mesure de toute chose (…) Le royaume des fins coïncide avec les fins légitimes de chaque homme, et ainsi les valeurs se renversent. Ce qu’on appelle encore “société“ est le moyen, la vie de chacun est la fin. Ontologiquement la société n’est plus, elle n’est plus qu’un donné irréductible auquel on demande de ne point contrarier les exigences de liberté et d’égalité » (9). Dumont constate que « parmi les grandes civilisations que le monde a connues, le type holiste de société a prédominé » (10). Il ajoute que « tout se passe même comme s’il avait été la règle, à la seule exception de notre civilisation moderne et de son type individualiste de société » (11). La civilisation européenne est donc, à l’origine, une civilisation holiste, la société y étant perçue comme une communauté, comme un tout organique auquel on appartient par héritage.

« Ce n’est pas en tant qu’individu, note Jean-Pierre Vernant, que l’homme grec respecte ou craint un dieu, c’est en tant que chef de famille, membre d’un genos, d’une phratrie, d’un dème, d’une cité ». De même, aucune tradition philosophique classique ne pose l’homme comme un individu isolé. Ainsi, pour Aristote, l’homme est par nature un zoon politikon, un animal politique, qui n’est nullement détaché des autres hommes. Toutefois, « la transition dans la pensée philosophique de Platon et d’Aristote aux nouvelles écoles de la période hellénistique montre une discontinuité », souligne Louis Dumont, « l’émergence soudaine de l’individualisme » (12). En effet, précise-t-il, « alors que la polis était considérée comme autosuffisante chez Platon et Aristote, c’est maintenant l’individu qui est censé se suffire à lui-même. Cet individu est, soit supposé comme un fait, soit posé comme un idéal par les épicuriens, cyniques et stoïciens tous ensemble » (13).

Dans son ouvrage, désormais classique, A History of Political Theory, Georges Sabine classe les trois écoles philosophiques comme différentes variétés de “renonciation“ (14). En effet, ces écoles enseignent la sagesse, et pour devenir un sage, il faut d’abord renoncer au monde… Comment interpréter la genèse de cet individualisme philosophique ? Dumont l’explique ainsi : « L’activité philosophique, l’exercice soutenu par des générations de penseurs de l’enquête rationnelle, doit avoir par lui-même nourri l’individualisme, car la raison, si elle est universelle en principe, œuvre en pratique à travers la personne  particulière qui l’exerce, et prend le premier plan sur toutes choses, au moins implicitement » (15). Si Platon et Aristote, après Socrate, avaient su reconnaître que l’homme est essentiellement un être social, leurs successeurs hellénistiques posèrent comme idéal supérieur celui du sage détaché de la vie sociale. La ruine de la polis grecque et l’unification du monde – Grecs et Barbares confondus – sous l’égide de l’empire universel d’Alexandre, événement historique sans précédent, aura sans doute favorisé l’avènement de cet individualisme.

L’individualisme chrétien

Ainsi que l’a montré Louis Dumont dans ses travaux, c’est avec le christianisme que l’individualisme fait véritablement son apparition dans l’espace mental européen, de pair avec l’égalitarisme et l’universalisme.

L’universitaire écrit : « Il n’y a pas de doute sur la conception fondamentale de l’homme née de l’enseignement du Christ : comme l’a dit Troeltsch, l’homme est un individu-en-relation-avec-Dieu, ce qui signifie, à notre usage, un individu essentiellement hors du monde » (16). Et d’ajouter : « La valeur infinie de l’individu est en même temps l’abaissement, la dé-valuation du monde tel qu’il est : un dualisme est posé, une question est établie qui est constitutive du christianisme et traversera toute l’histoire » (17). Il précise : « Il suit de l’enseignement du Christ et ensuite de Paul que le chrétien est un “individu-en-relation-à Dieu. Il y a, dit Ernst Troelsch, “individualisme absolu et universalisme absolu“ en relation à Dieu. L’âme individuelle reçoit valeur éternelle de sa relation filiale à dieu, et dans cette relation se fonde également la fraternité humaine : les chrétiens se rejoignent dans le Christ dont ils sont les membres » (18). Conclusion : « L’individu comme valeur était alors conçu à l’extérieur de l’organisation sociale et politique donnée, il était en dehors et au-dessus d’elle, un individu-hors-du-monde » (19). A l’aide de l’exemple indien, Dumont soutient que l’individualisme n’aurait pas pu se développer autrement à partir du holisme traditionnel.

La relation de l’individu et du monde va subir toute une évolution dans la conception chrétienne. Dans un premier temps, correspondant à l’époque du christianisme primitif, l’opposition au monde est très forte. Les obligations sociales, confondues avec le service des valeurs païennes, sont niées ; la vie dans le monde est à la fois une condition et un obstacle au salut individuel. Dans un deuxième temps, l’Eglise ayant triomphé du paganisme, revendique son droit au pouvoir politique. La conversion de l’Empereur et ensuite de l’Empire impose à l’Eglise une relation plus étroite à l’Etat. Elle se « mondanise » : ce qui est du monde devient simplement subordonné à ce qui est hors-du-monde. Du même coup, l’individualisme, porteur de l’élément extramondain, peut se développer librement au détriment de la communauté. Cette « mondanisation » s’opère en deux étapes. D’abord, le pape Gélase développe une théorie de la relation entre l’Eglise et l’Empereur qui aboutit à une dyarchie hiérarchique, faisant la distinction hiérarchique entre l’auctoritas du prêtre et la potestas du souverain. Le prêtre est subordonné au souverain dans les affaires mondaines qui concernent l’ordre public. On a affaire à une « complémentarité hiérarchique » (20). Puis, au VIIIème siècle, se produit un changement majeur. Les papes rompent leurs liens avec Byzance et s’arrogent le pouvoir temporel suprême en Occident. L’Eglise prétend maintenant régner, directement ou indirectement, sur le monde, ce qui signifie que l’individualisme chrétien est maintenant engagé dans le monde à un degré sans précédent.

Tels sont les stades de la transformation de l’individu-hors-du-monde à l’individu-dans-le-monde : l’individu chrétien, étranger au monde à l’origine, s’y trouve progressivement de plus en plus profondément impliqué. L’Histoire de l’Europe chrétienne va devenir l’Histoire de la diffusion progressive de l’individualisme. « Par étages, la vie mondaine sera ainsi contaminée par l’élément extramondain jusqu’à ce que, finalement, l’hétérogénéité du monde s’évanouisse entièrement. Alors le champ entier sera unifié, le holisme aura disparu de la représentation, la vie dans le monde sera conçue comme pouvant être entièrement conformée à la valeur suprême, l’individu hors-du-monde sera devenu le moderne individu-dans-le-monde » (21).

Laïcisation de l’individualisme

L’étape suivante est la laïcisation. A partir de la Renaissance, le christianisme, confronté à la Réforme protestante, ne peut plus organiser naturellement la vie collective. La religion « cesse le garant d’une structure hiérarchique : elle révèle, au plan politique, sa charge égalitaire » écrit Paul Claval (22).

La laïcisation des valeurs chrétiennes fait de l’individualisme, de l’égalitarisme et de l’universalisme des notions concrètes de la vie profane. L’Etat moderne est une « église transformée », dixit Louis Dumont, qui ne règne que sur des individus. L’individualisme progresse, à partir du XIIIème siècle, à travers l’émancipation d’une catégorie : le politique, et la naissance d’une institution, l’Etat. Le processus culmine chez Calvin qui fait du monde une vaste théocratie, où règne la valeur individualiste. Avec lui, « la dichotomie hiérarchique qui caractérisait notre champ d’étude prend fin : l’élément mondain antagonique, auquel l’individualisme devait jusque-là faire une place, disparaît entièrement dans la théocratie de Calvin. Le champ est absolument unifié. L’individu est maintenant dans le monde, et la valeur individualiste règne sans restriction ni limitation. Nous avons devant nous l’individu-dans-le-monde » (23).

Le libéralisme a hérité de la conception individualiste, égalitariste  et universaliste, induite par le christianisme. Pour Dumont, à partir du XVIIIème siècle, l’émancipation de la catégorie économique représente, à son tour, par rapport à la religion et à la politique, à l’Eglise et à l’Etat, un progrès de l’individualisme. « La vue économique est l’expression achevée de l’individualisme » précise-t-il (24). Dans un premier temps historique, le libéralisme hérite de la justification religieuse de l’individualisme : « Pour Locke, concevoir la société comme juxtaposition d’individus abstraits fut possible seulement parce que, aux liens concrets de la société, il pouvait substituer la moralité en tant qu’elle réunit ces individus de l’espèce humaine sous le regard de Dieu » (25). Il insiste : « La substitution à l’homme comme être social de l’homme comme individu a été possible parce que le christianisme garantissait l’individu en tant qu’être moral » (26). La moralité prend alors appui sur la foi « pour offrir un substitut au holisme dans l’espèce humaine en tant que porteur de l’obligation morale » (27). Dans un deuxième temps, lorsque la religion, victime du processus de désacralisation, de désensorcellement, de désenchantement (Entzauberung) du monde, mis en œuvre par le rationalisme, commence à perdre de son influence, les bases morales du libéralisme tendent à s’effacer tandis que, parallèlement, le goût de l’effort et de la discipline du travail individuel sont progressivement remplacés par la recherche hédoniste du bonheur individuel. Avec l’affaiblissement de la croyance en Dieu, l’individualisme changera de pôle : il ne s’exprime plus sous la forme d’une volonté tendue vers l’effort, la glorification de Dieu dans le monde, mais sous celle d’un pur hédonisme, d’un désir de jouissance et la recherche du bonheur.

La sécularisation des idéologies religieuses, la laïcisation de l’individualisme entraîne, nécessairement, le matérialisme. La recherche individuelle du bonheur, sans prise en considération de l’intérêt collectif, fait de la conquête des choses, et non plus du dépassement de soi, le but essentiel de l’existence. C’est ainsi que La Déclaration d’Indépendance américaine, proclamée à Philadelphie, le 4 juillet 1776, insiste moins sur les droits politiques du citoyen que sur la recherche pour l’homme du bonheur, sur le droit de l’individu à résister à toute souveraineté qui entraverait son libre arbitre et son bon plaisir. On y trouve, en effet, cette formule révélatrice : « Nous considérons comme des vérités évidentes par elles-mêmes que les hommes naissent égaux ; que leur Créateur les a dotés de certains droits inaliénables, parmi lesquels sont la vie, la liberté, la recherche du bonheur (pursuit of happiness); que les gouvernements humains ont été institués pour garantir ces droits ». Chez les Pères de l’Indépendance on retrouve donc l’idée, déjà formulée chez Hobbes, Locke ou Rousseau, que l’individu constitue l’unité de base de la vie. Or, remarque à juste titre Guillaume Faye, « une telle idée, aujourd’hui, rejetée par les sciences sociales et l’éthologie, provient, comme l’on montré Halbwachs et Baudrillard, de la transposition politique du dogme chrétien du salut individuel. Le destin collectif et historique se trouve mis entre parenthèses, rendu provisoire, au profit du destin existentiel de l’individu » (28).

Karl Marx n’échappe pas à cette vue-du-monde. Le sociologue et économiste révolutionnaire-conservateur autrichien Othmar Spann avait déjà souligné la prédominance des traits individualistes chez lui (29). De même, Dumont soutient la thèse que « Marx est essentiellement individualiste » (30). Dans le marxisme, peuples et nations ne sont qu’accessoires par rapport à cette humanité potentielle, simple somme d’individus elle aussi, qu’est la classe. « Le but de Marx demeure l’émancipation de l’homme par la révolution prolétarienne, écrit Dumont, et ce but est construit sur la présupposition de l’individu » (31). La conception de l’homme comme individu est ainsi à la base de la théorie de la valeur-travail, chez Ricardo comme chez Marx. Pour lui, la cause est entendue : « Le socialiste Marx croit à l’Individu d’une manière qui n’a pas de précédent chez Hobbes, Rousseau et Hegel et même, dirait-on, chez Locke » (32).

Postmodernité et néo-individualisme

Dans les années 70, les sociétés occidentales développées entrent dans un processus de changement radical quant à leur mode d’organisation social, culturel et politique, qui équivaut à un changement complet de civilisation. C’est alors que le concept de postmodernité fait son apparition pour désigner ce changement complet de civilisation. Il renvoie à plusieurs éléments : l’effondrement de la rationalité et la faillite des « grands récits » ou « métarécits » (33), la fin de l’ère industrielle productiviste, la consommation de masse, la montée de l’individualisme, le dépérissement des normes d’autorité et de discipline, la désaffection pour les passions politiques et le militantisme, la désyndicalisation.

Le philosophe Gilles Lipovetsky a produit une magistrale analyse de ce phénomène dans des essais brillants comme L’ère du vide et L’Empire de l’éphémère. Il estime que la société postmoderne est caractérisée avant tout par un néo-individualisme hédoniste et autiste, ce qu’il appelle la « seconde révolution individualiste » : engouement pour les nouvelles technologies et les sports de glisse, indifférence à autrui, désinvestissement de la vie publique, perte de sens des grandes institutions sociales et politiques, dissolution de la mémoire collective, relativisme moral, narcissisme exacerbé, « cocooning » de la jeunesse. Autant de thèmes à rapprocher des travaux du sociologue américain Christopher Lasch qui, dans La culture du narcissisme, met l’accent sur l’apparition d’un nouveau type d’individu caractérisé par une « personnalité narcissique ». Loin de s’alarmer de l’inéluctable progression de cet individualisme de masse, Lipovetsky s’en félicite. Finie la contrainte autoritaire, voici venu le temps de l’explication et du dialogue. Pour lui, cet individualisme contemporain est une « chance démocratique ».

Mais, depuis les attentats du 11 septembre 2001, les choses auraient changé. L’individu jouissif de la postmodernité serait devenu un individu anxieux. Au désir d’affranchissement de toutes les normes, aurait succédé une demande généralisée de protection, une obsession de la santé, et une inquiétude vis-à-vis du futur. Nous aurions basculé dans les Temps hypermodernes (34), caractérisés par l’ « hyper » : hyper-puissance américaine, hyperconsommation et hypernarcissisme. Fin de la postmodernité, bienvenue à l’hypermodernité ! Lipovetsky insiste sur la recomposition de notre rapport au temps. C’est le règne de l’économie du stock zéro, de la production à flux tendu, de la consommation immédiate. Le passé étant invalidé, le futur apparaissant comme incertain voire risqué, reste le présent qui devient l’axe central du rapport au temps. L’ici et maintenant est prédominant. Le triomphe de l’instantanéité signe l’abandon de toute attitude prométhéenne. Le présent hédoniste l’emporte.

Robert Steuckers a parfaitement résumé la généalogie intellectuelle de l’individualisme moderne tel que nous venons de la décrire : « L’Occident a raisonné depuis mille ans en termes de salut individuel, lors de la phase religieuse de son développement, en termes de profit individuel, lors de sa phase bourgeoise et matérialiste, en termes de narcissisme hédoniste, dans la phase de déliquescence totale qu’il traverse aujourd’hui ».

Edouard Rix, Terre & Peuple magazine, solstice d’été 2011, n°48, pp. 11-15.

NOTES

(1) M. Weber, L’Ethique protestante et l’esprit du capitalisme, Plon, Paris, 1964, p. 122, note 23.

(2) H.S. Maine, Ancient Law, Oxford University Press, Londres, 1959, p. 106.

(3) Ibid, p. 103.

(4) Ibid, p. 106.

(5) Ibid, p. 104.

(6) Ibid, p. 141.

(7) M. Abélès, Anthropologie de l’Etat, Petite bibliothèque Payot, Paris, 2005, p. 46.

(8) L. Dumont, Homo hierarchicus. Essai sur le système des castes, Gallimard, coll. Bibliothèque des sciences humaines, Paris, 1966, p. 23.

(9) Ibid.

(10) L. Dumont, Homo aequalis. Genèse et épanouissement de l’idéologie économique, Gallimard, Paris, 1977, p. 12.

(11) Ibid.

(12) L. Dumont, Essais sur l’individualisme. Une perspective anthropologique sur l’idéologie moderne, Seuil, coll. Esprit, Paris, 1983, p. 37.

(13) Ibid.

(14) G. H. Sabine, A History of Political Theory, Londres, 1963, p. 137.

(15) L. Dumont, Essais sur l’individualisme, op.cit., p. 39.

(16) L. Dumont, « La genèse chrétienne de l’individualisme. Une vue modifiée de nos origines »,  Le Débat, septembre-octobre 1981, 15, p. 127.

(17) Ibid, p. 129.

(18) L. Dumont, Essais sur l’individualisme, op.cit., p. 40.

(19) Ibid, p. 58.

(20) Ibid, p. 53.

(21) L. Dumont, « La genèse chrétienne de l’individualisme », op. cit., p. 130.

(22) P. Claval, « Idéologie et démocratie », in Michel Prigent, éd., Les intellectuels et la démocratie, PUF, Paris, 1980, p. 81.

(23) L. Dumont, Essais sur l’individualisme, op.cit., p. 60.

(24) Ibid, p. 23.

(25) L. Dumont, Homo aequalis, op. cit., p. 81.

(26) Ibid.22)

(27) Ibid, p. 80.

(28) G. Faye, Le Système à tuer les peuples, Copernic, Paris, 1981, p. 100.

(29) O. Spann, Der wahre Staat, 1931, pp. 130-131.

(30) L. Dumont, Homo aequalis, op. cit., p. 139.

(31) Ibid, p.197.

(32) L. Dumont, Essais sur l’individualisme, op.cit., p. 111.

(33) J.F. Lyotard, La condition postmoderne, éditions de Minuit, Paris, 1979.

(34) G. Lipovetsky, Les Temps hypermodernes. Entretien avec Sébastien Charles, Grasset, Paris, 2004.

BIBLIOGRAPHIE

M. Abélès, Anthropologie de l’Etat, Petite bibliothèque Payot, Paris, 2005, 253 p.

L. Dumont, Homo hierarchicus. Essai sur le système des castes, Gallimard, coll. Bibliothèque des sciences humaines, Paris, 1966, 445 p.

L. Dumont, Homo aequalis. Genèse et épanouissement de l’idéologie économique, Gallimard, Paris, 1977, 270 p.

L. Dumont, Essais sur l’individualisme. Une perspective anthropologique sur l’idéologie moderne, Seuil, coll. Esprit, Paris, 1983, 272 p.

C. Lasch, La culture du narcissisme, Champs Flammarion, Paris, 2006, 332 p.

G. Lipovetsky, L’ère du vide. Essais sur l’individualisme contemporain, Gallimard, Paris, 1983, 246 p.

G. Lipovetsky, L’empire de l’éphémère : la mode et son destin dans les sociétés modernes, Gallimard, Paris, 1987, 345 p.

G. Lipovetsky, Les Temps hypermodernes. Entretien avec Sébastien Charles, Grasset, Paris, 2004, 186 p.

J.F. Lyotard, La condition postmoderne, éditions de Minuit, Paris, 1979, 128 p.

H.S. Maine, Ancient Law, Oxford University Press, Londres, 1959, p. 106.

mardi, 02 août 2011

Arnolt Bronnen: Entre o Communismo e o Nacional-Socialismo

Arnolt Bronnen: Entre o Comunismo e o Nacional-Socialismo

 
por Werner Olles
Ex: http://legio-victrix.blogspot.com/
Arnolt Bronnen nasceu em 19 de agosto de 1895 em Viena. Desde muito jovem decidiu mudar seu nome verdadeiro (Arnold Bronner) pelo que anos mais tarde conhecerá a celebridade no mundo das letras. Esta tendência a maquiar a realidade acompanhar-lhe-á ao longo de sua existência. Assim é como converteu-se de judeu vienense em ário-germânico; de cidadão alemão em cidadão austríaco, para voltar à cidadania alemã; de comunista a nacional-revolucionário, mais tarde nacional-socialista, para regressar anos mais tarde ao comunismo.
Após a Grande Guerra, na qual participou como Kaiserjäger (Caçador Imperial) no front do Tirol, onde foi ferido gravemente no pescoço, iniciou sua carreira literária em 1922 com a publicação de uma obra teatral entitulada Vatermord (Parricida), que havia começado a escrever sendo prisioneiro dos italianos. Naquela época Bronnen pertencia a um grupo de dramaturgos, escritores e atores vanguardistas comprometidos com o expressionismo e vinculados a Bertold Brecht, com quem mantinha estreitos laços de amizade. Brecht havia encarregado-se da montagem de dita obra porém, desgraçadamente, abandonou esta iniciativa depois de haver escrito inclusive os arranjos para a encenação.
Após sua estréia em Frankfurt, representou-se em Berlim pela primeira vez em 14 de maio de 1922, a cargo da companhia "Deutscher Theater", convertendo-se em um autêntico escândalo. Sua segunda obra, Anarchie in Sillian (Anarquia em Sillian), levou à maioria dos críticos a considerar que o dramaturgo do futuro não era Brecht, senão Bronnen.
Em 1924 estreou-se sua obra Katalaunische Schlacht (A batalha dos Campos Catalaúnicos) no Grande Teatro de Frankfurt. Um ano mais tarde, Bronnen escreveu Die Rheinischen Rebellen (Os rebeldes renanos), obra que suscitou profundas polêmicas entre a crítica: o autor, conhecido até esse momento com um simpatizante das correntes marxistas, havia passado ao campo do nacionalismo. Bronnen, porém, todavia não havia dado esse passo.
Mais tarde escreveu Ostpolzug (Campanha ao Polo Leste), drama no qual explorava a personalidade de Alexandre o Grande. Em 1925 estreou Exzesse (Excesso) obra com a qual, uma vez mais, provocou um grande alvoroço como consequência de suas cenas e diálogos eróticos Um ano mais tarde estreou Reparationen (Reparações), obra dedicada à resistência nacional contra a ocupação francesa da Renânia e contra o pagamento de reparações de guerra.
Do marxismo ao nacionalismo-revolucionário
Em 1929, Bronnen publicou um romance sobra a Alta Silésia entitulado O.S., onde recria a luta dos Freikorps contra os insurgentes polacos antes de iniciar-se a Primeira Guerra Mundial e do significativo e sangrento assalto dos voluntários alemães contra Annaberg. Tucholsky repreende-o por ter feito um "biscate insensato" e de propagar "mentiras próprias de fascistas de salão". Pelo contrário, Joseph Goebbels, escreveu: "O.S. de Bronnen é o livro que todos gostaríamos de ter escrito." Ernst Jünger considerou este romance como "um primeiro sinal, que indica que nos ambientes de Bronnen, cabe a responsabilidade". Em Der Tag e no Münchener Neueste Nachrichten podia ler-se: "É algo mais que um romance, é uma profissão de fé política de altos voos", enquanto que Alfred Rosenberg, no Völkischer Beobachter chama a atenção sobre Bronnen, porém isso sim, sem deixar de considerá-lo um "bon vivant" e um autor "perigoso".
Politicamente, Bronnen já havia convertido-se em um nacional-revolucionário, próximo ao grupo de intelectuais que expressavam-se em revistas como Die Standarte, Deutsches Volkstum, Arminius, Deutsche Front, Das Dritte Reich, Gewissen, Die Kommanden, Nationalsozialistische Briefe, Der Vormarsch, Der Wehrwolf e Widerstand, as quais pertenciam os irmãos Ernst e Friedrich-Georg Jünger, Friedrich Hielscher, Franz Schauwecker, Ernst von Salomon, Herbert Blank, Otto Strasser, Ernst Niekisch e A.Paul Weber. Como antigo intelectual da esquerda marxista, partidário de uma sorte de socialismo popular e combativo, Bronnen sentiu-se atraído por tais círculos.
No plano profissional, Bronnen começou sua carreira na UFA e na Reichsrundfunkgesellschaft (Sociedade Radiofônica do Reich), ao tempo que rompe os laços que ainda o uniam com os extremistas de esquerda. Após um congresso sob o título "Literatura e Rádio", produz-se uma azeda polêmica com seus colegas, os escritores Alfred Döblin, Walter von Molo, Börries von Münchhausen, Alfons Paquet, Ludwig Fulda, Herbert Euleberg e Arnold Zweig, na medida em que ele era partidário de pôr a rádio "a serviço do povo", "não estava ali para servir aos literatos, senão ao povo", e, em qualquer caso, não devia converter-se em "uma instituição beneficente para escritores aposentados". Para Bronnen, o escritor é tão somente "o instrumento da expressão das idéias da nação".
Em janeiro de 1930 organiza um debate que, com os anos, converter-se-á em emblemático frente aos microfones da Radio Berlim, com Kurt Hiller, dirigende do Grupo de Pacifistas Revolucionários, e Franz Schauwecker, conhecido escritor nacional-revolucionário. Bronnen escreve uma biografia de Von Rossbach, chefe dos Freikorps, e pouco depois, conhece Goebbels, com cuja personalidade fica fascinado. Bronnen converte-se desta maneira no provocador número um da Alemanha. Quando Thomas Mann sustenta em um ato público que a burguesia alemã defende, lado a lado com os social-democratas, as instituições da República de Weimar, Bronnen abandona a sala flanqueado por vinte SA pedindo a dissolução da reunião. Por ocasião da estréia do filme Nada de novo no front, baseada no romance do mesmo nome de Erich Maria Remarque, Bronnen, com sua mulher Olga, uma amiga de Goebbels - que dar-lhe-á uma filha em 1938, Bárbara, que, anos mais tarde, como seu pai, converter-se-á em escritora - e vários camaradas, provocarão um grande alvoroço soltando ratos brancos na sala. Goebbels conhecia a ascendência judia de Bronnen, razão pela qual o responsável da propaganda nazi dar-lhe-á seu apoio diante das denúncias de alguns colegaso que desprezavam-no e de não poucos artigos publicados na imprensa.
A partir da tomada de poder pelos nacional-socialistas em 1933, Bronnen conheceu algumas dificuldades como consequência de sua origem racial. Em um princípio, disse ser filho natural, depois fez-se um estudo antropométrico do crânio para provar seu caráter "ariano". Não participava das idéias de resistência antinazi de alguns de seus antigos amigos nacional-revolucionários e nacional-bolcheviques. Antes de 1933, por exemplo, Bronnen havia protegido Ernst Niekisch contra as injúrias lançadas por Goebbels, porém quando os nazis subiram ao poder Bronnen cuidou-se muito de dar a conhecer sua posição contra o anti-hitlerismo de Niekisch.
Stalingrad: a estrela de Bronnen apaga-se
Bronnen teve muito poder através daso ndas da Radio Berlim. Depurou os profissionais de esquerda, liberais e judeus. Escreveu um romance sobre o ambiente radiofônico, Der Kampf in Äther (Combate pelas ondas), que Alfred Rosenberg chegou inclusive a censurar, por entender que criticava subliminalmente a política cultural nacional-socialista. Meses mais tarde, Bronnen converter-se-á em um pioneiro da televisão, à cabeça de uma pequena equipe que filma os Jogos Olímpicos de Berlim de 1936.
A estrela de Bronnen, não obstante, começa a apagar-se após a tragédia de Stalingrad. Alfred Rosenberg, inimigo das vanguardas nas artes e na literatura, a quem nunca havia gostado o dandy Bronnen e a quem, definitivamente, considerava um produto da boêmia literária, começa a maquinar. Em uma conversação entre Hitler e aquele, Rosenberg ataca aos literatos "bolcheviques culturais" entocados na retaguarda, enquanto que os jovens soldados alemães regavam com seu sangue o front russo ou congelavam no inverno das estepes. Rosenberg cita dois nomes: Erich Kästner e Arnolt Bronnen. Depois de um processo de intenções e da proibição de toda atividade literária, Bronnen é expulso da Câmara de Escritores do Reich. Quando Bronnen pede explicações por esta sanção, é-lhe respondido que é como consequência de suas antigas atividades e "escandalosas" atividades vanguardistas. Meses mais tarde, por conta de escutas por parte da Gestapo, Bronnen é inclusive detido, como anos mais tarde explicará em sua autobiografia.
Em 1944 Bronnen saiu da Alemanha e instalou-se em Goisern im Salzkammergut, onde reúne-se com um grupo da resistência antinazi, não sem antes vestir o uniforme da Wehrmacht, chegando à Áustra em 8 de maio de 1945. Até 1959, trabalhou como jornalista do diário Neue Zeit de Linz.
Na República Democrática Alemã
A princípios da década de 50 Bronnen traslada-se a Berlim Oriental. Afilia-se ao SED social-comunista e escreve sua autobiografia em 1954, Arnolt Bronnen gibt zu Protokoll, que embelezará a seu gosto. Mais tarde aparecem Deutschland Kein Wintermärchen (Alemanha, não és um pequeno conto de inverno), em 1956, e Tage mit Bert Brecht (Dias junto a Bert Brecht), em 1959. Em 1957, reeditou um de seus velhos livros, o romance Film und Leben der Barbara La Marr (Filme e vida de Bárbara La Marr). A imprensa da República Democrática ataca-o duramente acusando-o de "antissemitismo e pornografia". Fala-se inclusive de "atitude fundamentalmente anti-humana de sua consciência", faz-se alusão a "seus vícios desagradáveis de juventude", de seu "estilo amaneirado", e suas "posturas cínicas e insolentes" nos "baixos estádios da pirâmide literária da época". A nova edição de dito romance foi proibida, o que supôs o imprevisto final da carreira como dramaturgo de Bronnen. Brecht interveio apelando à bondade intrínseca de Bronnen e em memória de sua velha amizade. Brecht oferece a Bronnen a possibilidade de converter-se em crítico teatral, o que permite ao inconformista visceral escapar do muro de silêncio que a exclusão definitiva do mundo cultural representa. Bronnen, não obstante, já não poderá jogar papel político nenhum na República Democrática comunista.
Em 12 de outubro de 1959, Bronnen morreu à idade de 64 anos em Berlim. Durante toda sua vida foi um personagem controvertido: de dramaturgo esquerdista a romancista nacional-revolucionário e nacional-socialista. Arnolt Bronnen encarnou essa mistura de inconformismo, oportunismo e dandismo. Jamais foi um renegado, senão um eterno convertido, responsabilidade, sem dúvida alguma, de sua vocação e seu secreto talento.

Le terrorisme d'Etat est l'arme de guerre centrale du gouvernement du spectacle mondial...

Dans la crise généralisée de la pourriture marchande, le terrorisme d’État est l’arme de guerre centrale du gouvernement du spectacle mondial…

par Gustave LEFRANÇAIS

« Au fil du temps, la production spectaculaire en série des assassinats d’État qui dévoilent les faux comparses et masquent les vrais commanditaires; Kennedy, Aldo Moro, Sadate, Olaf Palme, Pierre Bérégovoy, Yann Piat, François de Grossouvre, Rabin, Rafic Hariri … a clairement prouvé que l’État était devenu le centre indistinct des espaces maffieux à mesure que la Mafia devenait, elle, l’espace central des États… »

L’Internationale, Critique de la société de l’indistinction, Éditions Révolution sociale, 2007.

 

Partout où règne le spectacle de la crise de l’économie politique, les seules forces terroristes véritablement organisées sont celles qui veulent le renforcement paranoïaque du spectacle de l’économie politique de la crise.

 

Les États ne combattent pas le terrorisme puisqu’ils en sont eux-mêmes le centre de manœuvre, de duplicité et de diffusion internationale. Ce sont eux qui le sécrètent et le font prospérer. De plus en plus et clairement tous les États, grands ou petits, commanditent, infiltrent, manipulent et utilisent les fractions, groupes et nébuleuses terroristes partout dans le monde pour défendre ou faire valoir leurs  intérêts dans la faillite généralisée de la société de l’argent. Ce phénomène constitue un pur produit du spectacle de l’économie pourrissante, une des manifestations les plus criantes de l’inhumanité pathologique de l’ordre du profit. Mais le plus grand des terroristes c’est évidemment  le gouvernement du spectacle planétaire qui profite ainsi d’un sentiment mondialiste d’insécurité, de peur et d’impuissance permanentes suscitées par ses propres actes de manipulation dans les populations pour se présenter comme le seul rempart possible contre la montée des attentats qu’il organise lui-même sous faux drapeau, à la fois pour le partage commercial des marchés et la soumission mentale des hommes.

 

Sven Olof Joachim Palme était un homme politique socialiste suédois qui fut de 1968 à sa mort, dirigeant du Parti social-démocrate du travail suédois. Il fut à deux reprises chef du gouvernement. Il mena toujours une politique de refus d’alignement sur les menées impérialistes de l’ordre américain notamment pendant la guerre du Vietnam et il s’opposa fermement durant la crise dite des euromissiles au déploiement des Pershing. Ami personnel d’Arafat, lui-même probablement mort empoisonné par des mains très cabalistiques, il défendit toujours la population palestinienne contre l’horreur du colonialisme israélien. L’enquête officielle concernant sa disparition conclut évidemment à la piste de l’assassin solitaire et déséquilibré. Ainsi, Olof  Palme est  mort  mystérieusement assassiné le 28 février 1986 après qu’une piste kurde oblique qui remontait à Tel-Aviv n’ait jamais été exploitée qu’à l’envers. Depuis, la Norvège qui a toujours refusé d’entrer dans l’Euroland soumis à Washington a continuellement  résisté à l’anathémisation du Hamas et a même demandé une enquête internationale sur l’abordage par Israël de la flottille turque humanitaire qui se rendait à Gaza tout en refusant qu’aient lieu dans ses eaux territoriales des exercices de sous-marins israéliens, construits par l’Allemagne.

 

Dans ces conditions, l’attentat d’Oslo et la tuerie de l’île d’Utoeya, qui ont coûté la vie à au moins 77 personnes viennent clairement dire que l’opposition norvégienne au projet de bouclier anti-missiles yankee et à la volonté d’OTANISER toujours plus le vieux continent est de moins en moins admise par l’ordre mondial de la marchandise. Méticuleusement préparé dans un tissu spectacliste d’extravagances, d’aberrations et de loufoqueries toutes plus fantastiques les unes que les autres par un franc-maçon illuminé et télépiloté, cette attaque sanglante dans le pays d’Europe le plus pro-palestinien vient là soudainement nous rappeler que dans le monde de la marchandise où toute réalité est systématiquement renversée, le vrai n’apparaît jamais que sous la forme du faux.

 

Il est bien entendu facile d’appliquer ici le principe Cui prodest ? dans un univers où tous les intérêts agissants de la tyrannie démocratique de la marchandise sont de plus en plus visibles et à mesure que la cinématographie terroriste s’épuise à tenter de les cacher. Depuis le grand mensonge du 11 septembre et toutes ses suites madrilènes et londoniennes, tout le monde – à condition de réfléchir par delà le despotisme du marché démocratique du fallacieux – peut enfin savoir que le terrorisme désormais règne en fait comme le modèle de toutes les entreprises étatiques les plus avancées.

 

 

Gustave Lefrançais
pour le collectif L’Internationale, juillet 2011

Article printed from Europe Maxima: http://www.europemaxima.com

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Krantenkoppen - Augustus 2011 (1)

oude_kranten.jpg

Krantenkoppen

Augustus 2011 (1)

LES ATTENTATS D'OSLO, UN NOUVEL 11 SEPTEMBRE:
 
 
THE OSLO ATTACKS: UNANSWERED QUESTIONS:
"Who gains and loses from every terror incident must also be asked, certainly not suspects charged, convicted and imprisoned. Geopolitical interests are central. This time Western and Israeli ones are key."
http://www.countercurrents.org ​/lendman240711A.htm
 
 
LES JEUNES VICTIMES D'OSLO MILITAIENT POUR LE BOYCOTT RACISTE D'ISRAEL:
“Comment un seul et même homme peut-il avoir commis un double attentat avec 2 voitures chargées d’explosifs et traverser Oslo en 60 minutes ?"
http://jssnews.com/2011/07/24/ ​les-jeunes-victimes-doslo-mili ​taient-pour-le-boycott-raciste ​-disrael/
 
 
ATTENTATS D'OSLO: LE MANIFESTE DE BEHRING BREIVIK EST UN GROSSIER PLAGIAT:
"Le «manifeste» d’Anders Behring, intitulé «2083, une déclaration d’indépendance européenne», reprend mot à mot des pans entiers du manifeste de Théodore Kaczynski, «La société industrielle et son avenir»":
http://www.mecanopolis.org/?p= ​23762
 
 
NOUVEL ORDRE MONDIAL: OSLO GROUND ZERO DES REPRESSIONS DOMESTIQUES?
"Cet évènement se fond en fait dans une tendance grandissante des gouvernements occidentaux visant à tourner leur appareil anti-terreur vers l’intérieur":
http://www.egaliteetreconcilia ​tion.fr/Nouvel-Ordre-Mondial-O ​slo-ground-zero-des-repression ​s-domestiques-7513.html
 
 
ATTENTAT EN NORVEGE: UNE PROFESSEUR DE L'UNIVERSITE DE SEVILLE ACCUSE ISRAEL:
Professor Maria Joseé Lera (University of Sevilla) accuses Israel of the Oslo attacks:
http://techouva.unblog.fr/2011 ​/07/25/attentat-en-norvege-une ​-professeur-de-luniversite-de- ​seville-accuse-israel/
 
 
OLAV ET KNUTTE SONT SUR UN BATEAU:
Norway has 2 special force units: the Forsvarets spesialkommando (specialized in antiterrorism) and the Marinejegerkommandoen (specialized in fighting along coasts). They have helicopters and a lot of experience. Though it took 1,5 hour to arrive on the island ...
http://www.egaliteetreconcilia ​tion.fr/Olav-et-Knutte-sont-su ​r-un-bateau-7526.html
 
 
ANDERS BEHRING BREIVIK: MANUFACTURING A PATSY:
"Placing complete trust in the details emerging about gunman Anders Behring Breivik would be foolish, especially since there are innumerable inconsistencies and contradictions that need to be studied":
http://www.prisonplanet.com/an ​ders-behring-breivik-manufactu ​ring-a-patsy.html
 
 
US-REGIERUNG GIBT OFFEN ZU MEXIKANISCHE DROGENBANDEN MIT 30.000 WAFFEN BELIEFERT ZU HABEN:
"Es wird offen zugegeben, dass diese Operation vom BATFE (Bureau of Alcohol, Tobacco, Firearms and Explosives, die dem Justizministerium untersteht) auf Befehl Washingtons durchgeführt wurde. Das Programm trug den Namen »Fast and Furious«":
http://info.kopp-verlag.de/hin ​tergruende/geostrategie/mike-a ​dams/us-regierung-gibt-offen-z ​u-mexikanische-drogenbanden-mi ​t-3-waffen-beliefert-zu-haben- ​aber-wa.html
 
 
SOLIDARITAT MIT DEM GRIECHISCHEN VOLK:
"Weitere Milliarden nach Athen zu tragen, hieße ja zum derzeitigen Zeitpunkt eine von Brüssel lange Zeit unterstützte korrupte Politiker-Clique am Leben zu erhalten. Bevor diese nicht abdankt, dazu gezwungen wird, wird sich nichts ändern":
http://helmutmueller.wordpress ​.com/2011/06/13/solidaritat-mi ​t-dem-griechischen-volk/
 
 
POLICE KNEW GUNMAN'S NAME BEFORE ARREST:
"How authorities knew the gunman’s identity before his slaughter of young Norwegians on the island of Utoya had even come to an end, and while the overwhelming speculation still centered around Islamic terrorists, is a mystery":
http://www.prisonplanet.com/po ​lice-knew-gunmans-name-before- ​arrest.html
 
 
LIBYA: WASHINGTON PREPARES ITS REVENGE:
"After the cease-fire takes effect, the United States will deploy an intense secret activity to reverse the political equation":
http://www.voltairenet.org/Lib ​ya-Washington-prepares-its
 
 
DE GLADIO AUX ATTENTATS D'OSLO: TERRORISME OU PROTECTION D'ETAT?
"Il est intrigant d’apprendre que, comme lors des évènements du 11 septembre 2001, les forces de sécurité d’Oslo étaient, 48 heures avant l’explosion devant le siège du gouvernement, en train d’effectuer un « exercice d’attentat à la bombe »":
http://www.mecanopolis.org/?p= ​23788
 
 
ATTENTAT D'OSLO: DES ZONES D'OMBRES:
"Toutes ces questions ont forcément leurs réponses… mais ce ne sont certainement pas celles données par les médias qui défient toute logique. Tout le monde a désormais bien conscience que ces mêmes médias sont passés maîtres dans l’art de nous présenter des images tout en nous racontant autre chose. Alors, quelle est la «vraie» vérité ? Et à qui profite ce crime?
En tout cas, une chose est sûre maintenant : le portrait-type du terroriste qui circule dans le monde entier est celui d’un «grand, blond, les yeux bleus, chrétien, d’extrême droite, islamophobe, anti-marxiste»."
 
 
TERRORANSCHLAGE IN NORWEGEN UNTER FALSCHER FLAGGE:
"US-Geheimdienste haben ein Programm verfolgt pensionierte norwegische Polizeioffiziere zu rekrutieren, für Beobachtungsoperationen im Land. Dieses Programm SIMAS lieferte der NATO ein perfektes Instrument für Infiltration der norwegischen Polizei":
http://info.kopp-verlag.de/hin ​tergruende/europa/webster-g-ta ​rpley/terroranschlaege-in-norw ​egen-unter-falscher-flagge-nic ​ht-nur-ein-schuetze-auf-der-in ​sel-anti-terro.html
 
 
BREIVIK ZEIGT EINEN WAHRHAFTIGEN KULT FUR DEN STAAT ISRAEL UND SEINE ARMEE:
"Breivik hat nicht nur den Islam als Feind, sondern auch einen Freund – die jüdische Welt. (...)
Breivik besaß Kontakte zur 'Kirche Satans'. Diese predigt eine Form des 'rationalistischen' Satanismus und preist die Herrschaft des Starken über den Schwachen sowie einen wilden Kapitalismus. Breivik zitiert dabei die Theorien der jüdisch-russischen US-Schriftstellerin Ayn Rand.
Breivik ist [auch] den Zigeunern wohlgesonnen."
http://www.kreuz.net/article.1 ​3608.html

lundi, 01 août 2011

A Whimper and a Bang

A Whimper and a Bang

Richard Lynn

Ex: http://www.wermodandwermod.com/

Byron M. Roth, The Perils of Diversity: Immigration and Human Nature. Washington Summit Publishers, 2010, 577 pages.

Dr. Byron Roth, Professor Emeritus of psychology at Dowling College on Long Island, has written an important book on the damage that has been done to the United States and Europe by the large scale immigration of non-European peoples that has taken place in recent decades.

Roth begins The Perils of Diversity by documenting how elite opinion-makers in academia and the mainstream media almost all assume that the peoples of all races are similar, and therefore that they can all be accommodated in the United States and Europe. The principal “debate” is between those who advocate assimilation and those who advocate multiculturalism. While acknowledging that different racial groups can sometimes be in conflict, assimilationists argue that these ethnic problems can be solved through “the magic of assimilation,” in which all races and religions are gradually transformed into Americans or Europeans. The multiculturalists argue that we should let the immigrants keep their culture, beliefs, and practices; this can be accomplished, they say, peacefully, and different communities can live in social harmony. They blame the intolerant attitudes of the host populations in the United States and Europe for the discord that is frequently present: It is the fault of the indigenous American and European peoples, who do not do enough to accommodate immigrants.

Roth argues that both the assimilationists and the multiculturalists fail to understand human nature.

Assimilationists believe that all races have the intelligence and values required to maintain Western civilization, while multiculturalists believe that all races and cultures can live together in social harmony. These beliefs are, Roth argues, seriously incorrect in the light of historical experience and scientific evidence.

To sustain these beliefs, the academy, the legal profession, and philanthropic foundations ignore and suppress the scientific evidence that has shown that genes have a major impact on both individual and racial differences. But academics who state that there are genetic racial differences come in for tremendous criticism and punishment—they are deemed “racists” are run out of the academy. Dr Roth describes the fate of Chris Brand, who was fired from the University of Edinburgh, as well the attacks on Bruce Lahn of the University of Chicago, and on James Watson, who was forced to resign from the research institute at Cold Springs Harbour. All of these scientists were punished for suggesting that there are race differences in IQ.

Discussion of these issues is further suppressed in a number of countries by “hate speech” laws that prohibit public debate on race and intelligence. It is effectively illegal to publish a book criticizing immigration on these grounds in Canada, and publishers are highly reluctant to do so in Europe.

Philanthropic foundations sponsor publications and conferences on race, but do not invite anyone who might make the case for genetic racial differences. They also give huge sums for studies of “racism” to pro-immigration groups, including The National Council of La Raza, as well as Hispanic lobbies that have advocated the return of the southern states to Mexico.

Roth notes the vested interests of many of those that favor mass immigration. Business leaders often like open borders because immigrants provide cheap labor. Liberals and leftists favor mass immigration because they care little about the preservation of Western civilization and have adopted a form of racialized Marxism, in which Whites have effectively taken the place of Marx’s bourgeoisie and non-Whites, the proletariat. They regard the Europeans as the oppressors and non-Europeans as the oppressed.

In making his case, Dr. Roth outlines human evolutionary history—that is, “Big History” of the past tens of thousands of years. Early man lived in bands of some 50 to 100 close relatives. These bands were, in many ways, altruistic, and each member participated in reciprocal co-operation (what is often called “inclusive fitness.”) On the other hand, each band typically had relations with outside bands in varying degrees of hostility. This in-group/out-group dual code, as the British sociologist Herbert Spencer described it in the 19th century, has evolved as human nature. The remaining hunter-gatherers that survive in the Amazon basin and elsewhere typically make frequent attacks on neighboring bands; the victors pass on their genes for hostility to out-groups.

In multiracial societies, the integration of ethnic groups is hard enough when the groups have the same abilities; the strains on social harmony are much greater when the abilities of the groups differ widely. Dr Roth has three chapters explaining racial differences in ability and the effect that climate has had on selecting for intelligence. He summarizes the numerous studies that have shown the existence of race differences in intelligence. The essential facts are that with the average European IQ set at 100, the North East Asians have an average IQ of approximately 105, Hispanics have an average IQ of approximately 89, South Asians and North Africans, an average IQ of approximately 84, and sub-Saharan Africans, an average IQ of approximately 70. These racial differences present difficulties for multiracial societies.

Furthermore, because (apart from small numbers of Chinese, Japanese, and Koreans) the immigrants into the United States and Europe have lower average IQs than the European peoples, the IQs of the populations will decline. As their numbers increase by further immigration and higher fertility, the average IQ in the United States and Europe will fall further and this will seriously impair the economic and intellectual world leadership of the European peoples.

Additional problems are that all multiracial societies are stratified by ability such that the more intelligent races achieve more power and wealth. The groups with lower IQs resent this and lobby for legislation and “affirmative action” to redress the perceived inequity. In Indonesia, for example, the ethnic Chinese have an average IQ of approximately 105, while Indonesians average around 87. The Chinese are approximately 3 percent of the population but control about 70 percent of the private economy. This generated resentment among the Indonesians, who in 1998, killed about 2,000 Chinese and looted and burned their homes and businesses.

Roth gives an account of how it has come about that non-European immigrants have flooded into the United States and Europe in the last few decades. The first American immigrants came mainly from Northwest Europe. Between 1881 and the early 1920s, larger numbers came from Southern and Eastern Europe, particularly Italians, Poles and Jews. In 1924, an immigration act was passed that imposed quotas restricting the numbers from Southern and Eastern Europe, in order to preserve that the Northwest European ethnic identity and culture. There were no restrictions on immigration from Latin America, but at this time few Latin Americans arrived.

By the 1960s, the American elites viewed immigration restriction as what Roth describes as “morally compromised” and “inconsistent with American ideals.” The Immigration Act of 1965 was passed that abolished national preferences favoring Northwest Europeans. The act set a total limit of 290,000 admissions per year, but also admitted immigrants’extended families outside the quota. It was this act that opened the floodgates of non-European immigrants, who, together with Blacks, are projected to become a majority of the population by around the year 2042. From 1965 onwards, numerous illegal immigrants entered the United States. In 1986, amnesty was granted to 3.1 million illegal aliens who had arrived in the country before 1982. By this time, about 600,000 people were entering the United States legally every year, so in 1990 Congress raised the quota to 700,000.

The flow continued to increase, reaching approximately one million a year in the 1990s. Only about 16 percent of the immigrants were now coming from Europe or Canada.

Roth documents similar mass immigration of non-Europeans into Western Europe after the Second World War. The two main reasons for this were the shortage of manual labor and immigration from former European colonies.

Germany brought in large numbers of mainly Turkish “guest workers” to help rebuild the country in the 1950s. Many of these workers brought in their families, and there are now over three million Muslims in Germany (most of them being Turks.) These newcomers do not do well by any social measure, and a government survey in 2004 found that they are becoming increasingly alienated from German society. Mosque attendance is rising, and a survey [PDF] has shown that a bout 40 percent consider “the use of physical violence as a reaction to the threat presented to Islam by the West is legitimate.”

Nearly two-thirds of those aged 14 to 18 report having few or no German friends. Immigrants from former colonies have come in large numbers to Britain, France, the Netherlands, Belgium, Spain and Portugal. In France, Muslims from Africa are estimated at 5.7 percent of the population.

Muslims have high rates of crime throughout Western Europe. In Britain they are overrepresented in jails by a factor of 3.67; in France by four to five, and in Germany by six to seven. In Denmark, where they constitute only 4 percent of the population, Muslims have been convicted for more than half the rapes, and these are almost always of non-Muslim women.

In the last chapter Roth discusses the likely future of the West and the world. He estimates that the average American IQ will decline from 98 to 95 by mid-century. This may seem a small drop, but it will have dire effects for elites, because the percentage of Americans with an IQ of at least 120 will fall from 7.1 to 4.8. In the United States and Western Europe, there will likely emerge a rich White-and-Asian elite and a Black-and-Brown majority. This demographic transformation will profoundly impair their economic and military strength and their intellectual world leadership.

China will likely emerge as the new world superpower. Over the next 40 years, the number of well-trained Chinese with IQs over 120 will outnumber their American counterparts by about eight to one. Roth writes, “The upshot is that the gap in the potential for innovation and economic growth between China and the U.S. will grow enormously and begin to have its effects in the very near future.”

Roth also predicts an American fiscal disaster that will produce high inflation and an inability to fund social programs. This will lead to a political conflict between the productive, mostly White part of the population threatened by inflation, and the less productive, mostly non-White part threatened by the loss of welfare handouts.

Roth is even more pessimistic about Europe. He regards the European Union leaders as left-wing authoritarians who aim to turn the European Union into a centrally controlled unified state. The higher fertility rates of Muslims will likely produce Islamic majorities throughout Western Europe by the end of the present century.

Byron Roth has done a terrific job setting out his gloomy but indisputable analysis of the future of the European peoples in his closely argued book. When we reach the end of book, we can only reflect that we are living in a unique moment in human history, in which the European peoples are complacent about the destruction of their genetic and cultural heritage brought about by the invasion of alien peoples.

One is reminded of the Chinese curse—“May you live in interesting times.”

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Source: http://tinyurl.com/6g3csgd