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vendredi, 06 janvier 2012

John Brown, discutibile eroe abolizionista, perseguiva scientemente la guerra civile americana

John Brown, discutibile eroe abolizionista, perseguiva scientemente la guerra civile americana

di Francesco Lamendola

Fonte: Arianna Editrice [scheda fonte]




«John Brown giace nella tomba là nel pian,
dopo una lunga lotta contro l’oppressor;
John Brown giace nella tomba là nel pian
ma l’anima vive ancor…! […]
L’hanno impiccato come fosse un traditor,
ma traditore fu colui che lo impiccò;
John Brown giace nella tomba là nel pian,
ma l’anima vive ancor…!»

Immagino che a molti bambini che hanno frequentato le elementari negli anni Sessanta, come me, sia stata insegnata, nell’ora di musica, questa canzone dalle note squillanti e dal ritmo maestoso, quasi solenne, magari da una maestra di canto che s’infervorava come se stesse celebrando una solenne liturgia profana.
L’altra canzone preferita di quella maestra  era «Bella ciao», che ci faceva cantare ogni settimana, immancabilmente, e sempre con pari trasporto: mentre pestava sui tasti del pianoforte, ci guardava con occhio di falco, per scoprire se qualcuno faceva solo finta di cantare, muovendo in silenzio le labbra; si vedeva che, per lei, quella musica e quelle parole rappresentavano una dichiarazione di guerra a tutto ciò che considerava politicamente e moralmente riprovevole: lo schiavismo degli Stati Uniti del Sud e il fascismo, affastellati nella stessa, inesorabile condanna.
Ogni nuova religione ha le sue precise liturgie, come e più della vecchia, ch’essa pretende di soppiantare; il marxismo, che è stato la nuova religione dell’Occidente fin quasi alla vigilia del crollo del sistema sovietico, aveva le sue; e questa era una di quelle, dove la maestra comunista poteva contrapporre il suo giovane e trionfante credo laico, portatore di luce e di giustizia fra i popoli, a quello del prete che, in oratorio, somministrava ai bambini le preesistenti certezze, vetuste d’anni e perciò affascinanti, ma verosimilmente - così sembrava allora, quasi a tutti - destinate alla sconfitta, per disseccamento e consunzione.
John Brown, dunque, nella mitologia progressista e libertaria degli ani Sessanta, era una sacra icona di quella nuova religione laica, che era resa sempre più autorevole e suggestiva dai trionfi della “sua” scienza (i primi viaggi nello spazio e i primi sbarchi sulla Luna, sia pure con astronavi senza equipaggio, da parte dei Sovietici); egli aveva lottato, come un nobile cavaliere dell’ideale, per l’idea di giustizia sociale più evidente e d’immediata comprensione: il diritto di ciascun essere umano di nascere e rimanere libero da qualsiasi padrone.
E lasciamo perdere se, nel sistema della politica e dell’economia moderne, la tanto celebrata “libertà” dell’individuo sia davvero tutelata come quei sacerdoti della nuova fede, così come i loro irriducibili avversari capitalisti - nell’esaltazione dell’antischiavismo erano tutti d’accordo, così come nella esecrazione del fascismo e nell’azzeramento di vent’anni della storia italiana recentissima - andavano trionfalisticamente sostenendo; lasciamo perdere, perché ciò meriterebbe un discorso a parte.
Nella canzoncina, universalmente nota, dedicata alla celebrazione della figura di John Brown, vi sono molti tratti di derivazione religiosa: in effetti, più che una celebrazione laica, sembra un martirologio in piena regola; vi è, inoltre, un tacito parallelismo (e tutto a suo favore) con l’immagine del Cristo crocifisso, perché, se l’anima di entrambi vive ancora, John Brown è sceso nella tomba dopo aver lottato lungamente contro l’oppressore, mentre Cristo non ha saputo fare altro che amare tutti gli uomini, anche i nemici, e perdonare i suoi stessi carnefici…
Ma i bambini crescono e capita che vengano presi da strane curiosità; per esempio, da quella di verificare sino a che punto l‘agiografia di quei “santi” laici del Progresso, della Libertà e della Giustizia corrisponda, non diciamo alla palese idealizzazione che ne è stata fatta a scopo ideologico, ma, almeno un poco, a quella che gli storici hanno ancora il vizio incorreggibile di chiamare “la verità dei fatti”.
John Brown, dunque, è stato un profeta armato: questo è il primo dato di fatto che, sfrondato l’alone della leggenda, emerge incontrovertibile; nessuno scandalo in questo, la storia è letteralmente piena di profeti armati, più numerosi, senza dubbio, di quelli disarmati e specialmente sul terreno politico e sociale: per un Gandhi che pratica, e predica, la lotta nonviolenta, se ne trovano almeno dieci che danno senz’altro la parola al fucile, sia pure, beninteso, anzi specialmente, per affermare i sacrosanto principi dell’89: libertà, fraternità, uguaglianza.
Benissimo; risulta un po’ più difficile conciliare questa attitudine all’azione violenta con la Bibbia, la grande sorgente d’ispirazione di John Brown; ma anche questa apparente difficoltà scompare, o si riduce di molto, se si considera che, per il puritanesimo della Nuova Inghilterra, di cui egli era profondamente imbevuto, l’Antico Testamento, col suo Yahweh giusto, ma terribile e sovente poco misericordioso, sembra pesare assai più del Nuovo, tutto pervaso dalla lieta novella di Cristo sull’amore e sul perdono. Brown può aver visto benissimo gli schiavisti del Sud con lo stesso occhio col quale i Giudici dell’Antico Testamento guardavano ai Filistei, agli Amaleciti e agli altri popoli “idolatri” che avevano l’imperdonabile presunzione di abitare la terra che Yahweh aveva promesso a loro e solamente a loro, ossia come pagani da sterminare, contro i quali qualunque azione diventava lecita e santa.
Tutti sanno che John Brown fu catturato dopo aver dato l’assalto all’arsenale federale di Harper’s Ferry, le cui armi intendeva distribuire ai negri per provocare una insurrezione generale; che in quella azione caddero, combattendo, sia alcuni dei suoi seguaci, sia alcuni soldati; e che affrontò virilmente il processo per cospirazione, omicidio e insurrezione armata e la conseguente impiccagione, il 2 dicembre 1859, appena quattro mesi prima che gli Stati del Sud proclamassero la secessione dal Nord e avesse principio la Guerra civile americana.
Sono un po’ meno numerosi, nel grosso pubblico, coloro i quali sanno che, prima dell’azione di Harper’s Ferry, Brown aveva scorrazzato in lungo e in largo con le truculente milizie volontarie del Kansas, i cosiddetti “freesolilers”, e che, il 24 maggio 1856, a Pottawatomie Creek, aveva guidato una spedizione che si era conclusa con l’assassinio a freddo di cinque sudisti: episodio che incomincia già a gettare una luce un po’ diversa sulla sua figura, così come l’hanno divulgata e mitizzata, prima e soprattutto dopo la sua more, con tanto successo, i suoi estimatori.
La realtà è che egli fu l’artefice principale della propria leggenda: durante il processo, infatti, si rese conto di avere in mano uno strumento formidabile per presentare se stesso come il puro idealista senza macchia e senza paura e per guadagnare alla causa antischiavista larghi settori dell’opinione pubblica; un po’ come aveva fatto, solo un anno prima, Felice Orsini con la causa nazionale italiana, allorché era stato processato per aver tentato di assassinare l’imperatore francese Napoleone III (e chissà se Brown ne era a conoscenza e ne aveva tratto ispirazione).
Quello che, però, rivela pienamente la mentalità dell’uomo e la sua concezione dell’etica, in nome della quale pretendeva di combattere gli orrori dello schiavismo, è un altro fatto: e cioè la convinzione, ormai raggiunta pressoché unanimemente dagli storici, che egli già da tempo si fosse posto l’obiettivo preciso di scatenare, mediante una azione di tipo insurrezionale altamente spettacolare, una reazione tale da parte degli Stati schiavisti, da spingerli a rompere con l’Unione e, di conseguenza, da provocare una guerra civile fra il Sud e il Nord, dalla quale soltanto si aspettava l’abolizione della schiavitù.
Aveva osservato un acuto biografo italiano di John Brown, Giulio Schenone, nel suo libro «John Brown, l’apostolo degli schiavi» (Mursia, Milano, 1984, pp. 150-54):

«John Brown, sin dall’infanzia,si inserì pienamente nella realtà del suo tempo: nella formazione della sua personalità, infatti, entrarono in gioco due delle forze più permeanti del carattere americano di sempre, il puritanesimo della Nuova Inghilterra e la “frontiera”. Ne venne fuori un uomo tutto d’un pezzo, forte nell’animo quanto nel corpo, e deciso a vivere la sua vita ispirandosi ai sacri principi che la sua religione gli aveva inculcato: la sua visione  della vita fu però, per un certo tempo, deformata in parte per questo suo rigorismo biblico, in parte per l’incrollabile fiducia nelle sue capacità che lo condussero ad una considerazione delle cose troppo approssimativa e superficiale.  […]
Probabilmente fu una più attenta lettura  del vecchio testamento che lo convinse definitivamente ad imboccare la strada della violenza, ma non si deve per questo pensare che l’abolizionismo violento di Brown non avesse radici nella realtà del tempo.  Fu, al contrario, la realtà che lo aveva più volte sconfitto, la realtà di quegli anni, che esplodeva di tanto in tanto in lampi di violenza (culminati nel 1857 con l’assassinio di Lovejoy) a spingerlo a ripudiare l’abolizionismo fatto di parole dei suoi amici; gli esempi, poi, di Mosè, Giosuè, Gedeone, che anche con la violenza avevano liberato il loro popolo dal servaggio, fecero il resto e gli indicarono perentoriamente la via da seguire. Nacque così nella sua mente il “piano virginiano”, che la maggior parte degli studiosi ha definito impietosamente, ma anche ingiustamente, pazzesco o per lo meno utopistico; Sanborn, invece, accosta lo schema di Brown all’impresa dei Mille di Garibaldi, e il paragone è significativamente ripreso da Luraghi, che attribuisce il fallimento pratico del piano non alla sua presunta inattuabilità, ma all’idea sbagliata che Brown si era fatto della schiavitù.
Ma quella visione astratta e irreale del Sud non era frutto dell’immaginazione del solo Brown; era comune infatti ad una intera generazione di abolizionisti che anzi, con la loro letteratura, avevano indotto il Vecchio a credere ciecamente nella collaborazione attiva degli schiavi al suo piano. Questa fu l’unica utopia nella quale credette un uomo che era diventato invece, col passare degli anni, estremamente lucido e consapevole di quello che stava avvenendo nel suo Paese e soprattutto di quello che sarebbe potuto avvenire a determinate condizioni. Di fronte allo scoppio del conflitto civile nel Kansas e alle violente diatribe dei congressisti, che rendevano oltremodo chiara l’enorme distanza che separava ormai irrimediabilmente le due parti del Paese, Brown intravide forse la possibilità di costringere il Sud alla secessione e quindi il Nord al conflitto armato:; la testimonianza di Salmon Brown riguardo alle reali intenzioni del padre, CI PUÒ PORTARE ALLA CONCLUSIONE CHE GIÀ NEL 1854 BROWN AVEVA PREVISTO E SI ERA POSTO COME OBIETTIVO LA GUERRA CIVILE [il corsivo è nostro]. Questa è lungimiranza, non utopia, e del resto la susseguente attività del capitano nel Kansas testimonia la sua lucida e consapevole presenza nella realtà del tempo: appena giunto nel Territorio, si rese conto del terrore che immobilizzava i coloni “freesoilers”, e sferrò con l’eccidio del Pottawatomie un colpo così tremendo che cambiò immediatamente le carte in tavola e volse le sorti del conflitto a favore dei “freesoilers. […]
Ci voleva un’ulteriore provocazione perché le minoranze estremiste, che da tempo agitavano gli stendardi della secessione e della guerra, acquistassero una forza tale da impadronirsi definitivamente dell’opinione pubblica e da trascinare al conflitto anche la maggioranza riluttante.
BROWN COMPRESE CHE POTEVA CREARE QUESTA PROVOCAZIONE PROPRIO SERVENDOSI DELLE CATENE E DELLE FERITE CHE I SUOI NEMICI GLI AVEVANO INFLITTO: CREANDO UNA IMMAGINE PERFETTA E IDEALE DI SE STESSO POTEVA DIMOSTRARE ALL’OPINIONE PUBBLICA DEL NORD CHE LUI, JOHN BROWN, ERA IL SANTO MENTRE I SUDISTI, CHE LO PERSEGUITAVANO E LO CONDANNAVANO A MORTE, ERANO I DIAVOLI [corsivo nostro].[…]
Di fronte a questo John Brown umano e pietoso [durante il processo] sarebbe presto svanita nel Nord l’immagine truculenta del “giustiziere del Pottawatomie”, tanto più che al processo quello stesso John Brown recitò, con perizia e abilità da attore consumato, la parte del martire solo e indifeso di fronte ai suoi carnefici, così crudeli da non sentire pietà nemmeno per le sue precarie condizioni di salute [era rimasto ferito nello scontro di Harper’s Ferry, per cui presenziava alle udienze disteso in barella]. Il Nord fu letteralmente conquistato da questo nuovo personaggio che perorava così bene la sua causa di fronte alla Corte di Charlestown, e non si accorse minimamente delle palesi inesattezze presenti nell’ultimo discorso di Brown che, ponendo un suggello così splendido a tutta la recita precedente, riuscì ad ingannare l’America intera.»

Pianificare e perseguire scientemente, a mente fredda, la massima sciagura che possa colpire la propria nazione: lo scoppio di una guerra civile, con tutto l’immancabile bagaglio di odio, di sete di vendetta e di violenza belluina che essa porta con sé, e che è destinata a trascinarsi per generazioni dopo la sua conclusione: questo, dunque, il disegno politico di John Brown; questa la sua utopia nera, la sua implacabile volontà di distruzione.
E la cosa è tanto più sconcertante, allorché si consideri che tale disegno nasceva da non tanto da un pensiero, quanto da un sentimento, che si ispirava direttamente alla Bibbia: la stessa Bibbia che i teorici dello schiavismo invocavano per giustificare l’istituto della schiavitù (la maledizione dei discendenti di Cam), a Brown serviva per pianificare, in nome di un’altissima istanza morale di giustizia, la deliberata preparazione non solo di una guerra, ma di una guerra civile: la più distruttiva, la più devastante fra tutti i tipi di guerra.
I carnai di Bull Run, di Fredericksburg, di Chancellorsville, di Gettysburg; le stragi seminate dalle nuovi armi, in particolare dalla mitragliatrice; gli incendi, i saccheggi, gli stupri, la fame, le devastazioni che prostrarono per sempre gli Stati sudisti: tutto questo ebbe inizio nella lucida follia di questo sinistro personaggio, che, la Bibbia in una mano e il fucile nell’altra, chiamava a raccolta i demoni dell’odio e della guerra e, incurante delle conseguenze, pensava soltanto al raggiungimento del suo scopo; non tralasciando di presentare un’immagine leggendaria di se stesso, tale da poter essere venerata nei tempi a venire, come quella di un santo laico.
Come, difatti, è avvenuto.


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jeudi, 05 janvier 2012

La Syrie et le projet de démembrement du monde arabe

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La Syrie et le projet de démembrement du monde arabe
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Interview de Gilles Munier
par Chérif Abdedaïm
(La Nouvelle République – 31/12/11)

http://www.lnr-dz.com/pdf/journal/journal_du_2011-12-31/lnr.pdf

Pour vous la campagne anti-Bachar est un complot. Qui sont les instigateurs de ce complot et à quel dessein ?


Le complot vise la Syrie, Bachar al-Assad se trouve en être le président. L’ordre instauré par les grandes puissances après la Première guerre mondiale est en fin de course. L’élan nationaliste qui a tenu la dragée haute aux Occidentaux est épuisé, faute d’avoir pu évoluer. Les peuples arabes se révoltent contre la corruption, l’arrogance et les compromissions de leurs dirigeants. L’influence grandissante de l’Iran, allié de la Syrie, gêne les plans géostratégiques de l’Otan. L’Occident tente de reprendre en main la situation.


La déstabilisation de la Syrie, comme celle de l’Irak, fait partie du projet de démembrement du monde arabe sur des bases ethniques, tribales ou confessionnelles. Les contre-mesures adoptées pour détourner les « Printemps arabes » de leurs objectifs semblent inspirées du plan Yinon de 1982, du nom d’un fonctionnaire du ministère israélien des Affaires étrangères qui préconisait la création de mini-Etats antagonistes partout dans le monde arabe. En Syrie, il s’agirait, au mieux, de reconstituer la fédération d’Etats confessionnels créée par le général Gouraud en 1920, du temps du mandat français, c'est-à-dire : un Etat d’Alep, un Etat de Damas, un Etat alaouite et un Etat druze. A l’époque, ce fut un échec. Rien ne dit que les occidentaux parviendront cette fois à leurs fins. En Libye, par exemple, le colonel Kadhafi a été renversé, mais la situation est loin d’être stabilisée, la donne peut changer. Le « chaos constructif et maîtrisé », prôné par les néo-conservateurs américains, sous George W. Bush, risque fort d’aboutir au chaos tout court. Cela, les multinationales n’en ont cure, le principal étant pour elles de contrôler les champs pétroliers… et qu’Israël survive en tant qu’Etat juif.


Parmi cette opposition, il faut compter également les Frères Musulmans; n’est-il pas à craindre une guerre civile si demain le régime de Bachar venait à chuter ?


La guerre civile, c’est le scénario du pire. La Syrie l’évitera si un dialogue franc et décomplexé s’instaure entre les Frères Musulmans et les baasistes, s’il aboutit à des élections réellement démocratiques, ouvertes à tous les courants politiques représentatifs. Bachar al-Assad y est favorable, mais il a trop tardé à le proposer. Les Frères Musulmans, incontournables, le refusent pour l’instant. Comme toujours, la confrérie mise sur les anglo-saxons pour accéder au pouvoir, une politique opportuniste à courte vue qui lui fait négliger les réalités du terrain, les arrières pensées de l’Otan et de la France, l’ancienne puissance coloniale.


Dans le cas syrien la situation semble plus complexe qu’on le croit notamment avec plusieurs acteurs dont les intérêts géostratégiques diffèrent. D’un côté, Washington, OTAN, Israël, les monarchies arabes sunnites et la Turquie ; et de l’autre, l’axe Téhéran-Damas comprenant le Hezbollah, le Hamas, soutenu par la Chine et la Russie. Une guerre contre la Syrie ne risquerait-elle pas de déborder et de provoquer un embrasement généralisé de la situation au Proche-Orient, dont les conséquences seraient incalculables.


Fin octobre dernier, le président Bachar al-Assad a déclaré au Sunday Telegraph qui si le but des Occidentaux est de diviser la Syrie, il embraserait toute la région, qu’il y aurait des dizaines d’Afghanistan. Mais, cela ne fera pas reculer les faucons de l’Otan car, au-delà de la campagne contre la Syrie, se profile un conflit de grande ampleur, aux conséquences imprévisibles, avec l’Iran des mollahs…


« Arc chiite » contre « Croissant sunnite » ?


Vous pensez, comme certains, que frapper la Syrie sous couverture « humanitaire » vise à « cacher en fait une opération complexe anti-chiite et anti-Iran »…


Le nombre des victimes civiles annoncé par l’ONU, qui donne une couverture « humanitaire » à l’opération contre la Syrie, n’a jamais été corroboré. Pour l’Otan et Israël, le renversement du régime de Damas, la liquidation du Hezbollah libanais et du Hamas palestinien, ne sont que des étapes. Les Américains et les Français ont demandé à plusieurs reprises à Bachar al-Assad de prendre ses distances avec son allié iranien. Il a refusé, se doutant que son tour viendrait ensuite et qu’à ce moment là, il serait seul face à la machine de guerre occidentale.


Les camps antagonistes font le compte de leurs partisans. A Bagdad, par exemple, la crise traversée par la Syrie a fait naître des clivages contre-nature. Les sunnites pro-américains, Al-Qaïda au Pays des deux fleuves et le conseil de la région d’Al-Anbar soutiennent le CNS (Conseil national syrien), tandis que le régime de Nouri al-Maliki, Moqtada al-Sadr et, dans une certaine mesure, la résistance baasiste réfugiée à Damas, sont du côté de Bachar al-Assad. Nouri al-Maliki s’est débarrassé du vice-président de la République Tarek al-Hashemi, pro-américain et ancien chef du parti islamique issu du mouvement des Frères Musulmans, en l’accusant, sans preuve, de diriger un escadron de la mort et d’avoir voulu l’assassiner. Hashemi s’est réfugié au Kurdistan – sunnite - et la Turquie « néo-ottomane » lui accordera l’asile, s’il le demande. A toute fin utile, si la situation à Bagdad se détériore encore plus, 50 000 GI’s, basés dans cette perspective au Koweït, sont prêts à intervenir à nouveau en Irak.


Face à l’ « arc chiite » pro-iranien - l’expression est du roi Abdallah II de Jordanie – les occidentaux veulent opposer un « croissant sunnite » réunissant les émirs du Golfe, les rois d’Arabie et de Jordanie, et les partis politico-religieux qui leur sont plus ou moins favorables, ne serait-ce que par opportunisme, comme les Frères Musulmans.


A Moscou, le 18 novembre dernier, Vladimir Poutine a dit clairement à François Fillon qu’en Syrie la France ferait mieux « de s’occuper de ses oignons ». Aussi, la flotte russe se dirige vers Tartous. On a le sentiment que cela a valeur de message aux Occidentaux. Qu’en pensez-vous ?


Vladimir Poutine a qualifié la guerre de Libye de « croisade », mais je m’étonne que la Russie se soit laissée berner en votant la résolution 1973 permettant à la France et à l’Otan d’intervenir et de renverser le colonel Kadhafi. Le porte-avion Maréchal Kouznetsov vogue vers Tartous avec une escadre importante. Le message est clair, mais je crains qu’il ne soit pas suffisamment dissuasif pour empêcher les Occidentaux d’effectuer, le moment venu, des « tirs ciblés » en Syrie et au Liban.


La réponse de Barack Obama a été toute aussi claire. Les Etats-Unis se sont fait le porte-voix des blogueurs russes et des ONG qu’ils financent et qui dénoncent des fraudes présumées lors des dernières élections législatives. L’ancien président Mikhaïl Gorbatchev, soutenu par des oligarques réfugiés en Grande-Bretagne, est monté au créneau pour réclamer de nouvelles élections. Hillary Clinton lui a emboîté le pas. Des manifestations anti-Poutine ont été organisées et Gorbatchev est revenu à la charge pour « conseiller » à Poutine de démissionner. Tous les ingrédients utilisés par le milliardaire George Soros, spécialiste des « révolutions oranges », ont été réunis. Des « centaines de millions de dollars de fonds étrangers » auraient d’abord circulé en Russie, selon Vladimir Poutine, pour influencer le scrutin. Les fonds finançant les ONG russes pro-occidentales ont, dit-on, transité par le NDI (National Democracy Institute) que préside l’ancienne secrétaire d’Etat Madeleine Albright, une organisation que l’on retrouve derrière les blogueurs des « Printemps arabes ». Se débarrasser de Poutine, ou le déconsidérer, est crucial pour éviter les veto russes au Conseil de sécurité lorsqu’il sera question d’intervenir militairement en Syrie ou en Iran.


On en est là, mais quand on sait que le président Dmitri Medvedev a décidé de déployer de nouvelles armes pour répondre à l’Otan qui va construire un bouclier anti-missiles aux frontières de la Russie, sous prétexte de protéger l’Europe de tirs provenant d’Iran, on est en droit de s’inquiéter. Il suffirait d’un rien pour déclencher l’apocalypse.


Qatar, dictature obscurantiste


A travers son engagement en Libye et son influence au sein de la Ligue arabe pour sanctionner la Syrie, à quoi joue d’après-vous le Qatar ? Chercherait-il un rôle de leadership arabe ou ne serait-il qu’un simple vassal au service de Washington et de Paris?


Les Al-Thani qui dirigent le Qatar sont des vassaux des Etats-Unis, comme ils l’étaient hier de Londres ou, au 19ème siècle, du gouvernement des Indes britanniques via le Bahreïn dont ils dépendaient. Les réserves financières inépuisables de leur micro-Etat de 11 437 km², l’ombrelle protectrice de la base militaire US d’Al-Eideïd, la plus grande du Proche-Orient et d’une petite base navale française, leur sont monté à la tête.


Ce pays montré en exemple aux militants des « Printemps arabes » n’a rien de démocratique : les partis politiques y sont interdits, les membres du Majlis al-Shoura sont désignés par le pouvoir et n’ont qu’un rôle consultatif, les travailleurs étrangers - 80% de la population de l’émirat - n’ont aucun droit, l’information est bâillonnée. C’est une dictature obscurantiste. Seuls 200 000 nantis profitent, en rentiers à vie, des revenus pétroliers et gaziers. La chaîne Al-Jazeera, devenue un organe de propagande de l’Otan, n’a pas le droit de couvrir l’actualité locale. On ne saura rien sur la tentative de coup d’Etat monté fin février 2011 par des officiers qataris, soutenus par des membres de la famille régnante, qui mettaient en cause la légitimité de l’émir et l’accusaient d’entretenir des relations avec Israël et de créer la discorde entre pays arabes pour le compte des Etats-Unis. Aujourd’hui, l’émir Hamad bin Khalifa Al-Thani et cheikha Mozah, sa seconde épouse, se croient tout permis. Plus dure sera leur chute…


« Il faut accorder à Bachar al-Assad au moins le bénéfice du doute »


Quelle est votre vision personnelle de l’avenir de la Syrie ? Quelle(s) solution(s) possible (s) pour dénouer cette crise ?


La Syrie devrait recouvrer les territoires dont elle a été dépecée par les accords secrets Sykes-Picot de 1916, puis par la France, notamment la province d’Alexandrette. Je regrette que Damas se soit laissé embarquer dans des négociations sans fin avec Israël à propos des territoires syriens occupés. Il y a quelques jours, une manifestation d’opposants druzes syriens a eu lieu à Magdal Shams, gros bourg du Golan. Ils brandissaient l’ancien drapeau syrien, conspuaient Bachar al-Assad, l’accusant de tuer des manifestants syriens alors qu’aucune balle n’a été tirée, depuis 1973, en direction des colons sionistes. Nul doute que ce genre de slogan démagogique atteint son but dans les milieux nationalistes arabes.


L’avenir de la Syrie ne devrait appartenir qu’aux Syriens. Le président al-Assad a engagé le pays sur la voie des réformes. La question de savoir pourquoi il ne l’a pas fait plus tôt est dépassée. Pour dénouer la crise, il faut lui faire confiance, lui accorder au moins le bénéfice du doute. En août, il a autorisé, par décret, le multipartisme. L’article 8 de la Constitution qui faisait du parti Baas le parti dirigeant a été abrogé. Une nouvelle constitution sera proposée en février. C’est plus que ne réclamaient ses opposants en mars dernier, avant que l’Otan, enivrée par son expérience libyenne, les incitent à adopter des positions jusqu’au-boutistes. J’espère qu’au final les Frères Musulmans s’intègreront, comme en Egypte, dans le jeu démocratique. Sinon, la Syrie s’épuisera dans des combats sanglants, pires que ceux des guerres civiles au Liban.


Vers une 3ème guerre mondiale ?


D’après-vous, quelle serait la responsabilité de l’ONU dans les crimes qu’elle est en train de légaliser, notamment avec l’incongruité de son Conseil de sécurité, le principe des deux poids deux mesures appliqué par les cinq membres permanents et qui sert les intérêts d’une minorité, etc. ?


L’ONU a été créée pour servir les intérêts des vainqueurs de la Seconde guerre mondiale. Aucun membre de l’ONU ne devrait être au-dessus des lois et des conventions internationales, comme c’est le cas des Etats-Unis. Le secrétaire général de l’ONU et les officiers des missions dites de paix qui en dépendent, non plus. En avril dernier, la présidente brésilienne Dilma Roussef a déclaré que le temps des « politiques impériales », des « affirmations catégoriques » et des « sempiternelles réponses guerrières » n’étaient plus acceptables, qu’il fallait réformer l’ONU. Elargir le Conseil de sécurité aux grands pays émergents : Inde, Brésil, Afrique du Sud est nécessaire, mais pas suffisant. La réforme du droit de veto est primordiale ; mais on n’en prend pas le chemin. Estimant l’entreprise trop risquée, certains membres du Council on Foreign Relations, think tank américain qui a contribué au remplacement de la SDN (Société des Nations) par l’ONU, voudrait réduire l’organisation internationale à un « endroit pour faire des discours ». La gouvernance mondiale reviendrait au G20. Trop d’intérêts sont en jeu, il faudra peut-être, malheureusement, attendre une 3ème guerre mondiale pour que naisse une organisation plus représentative.


Certains considèrent que l’Occident est malade économiquement et politiquement, d’où cette politique de la canonnière au jour le jour. Qu’en pensez-vous ?


La politique de la canonnière – ou du porte-avion - est de retour, comme au 19ème siècle au service des intérêts économiques et géostratégiques occidentaux. L’Irak, la Yougoslavie, l’Afghanistan, la Côte d’Ivoire, la Libye et bientôt, peut-être, la Syrie et l’Iran en ont été, sont ou seront les victimes. Je ne suis pas le seul à penser que pour enrayer leur déclin économique et politique, les Etats-Unis et leurs alliés s’en prendront à la Fédération de Russie et à la Chine.


Le plan actuel d’encerclement et de déstabilisation de ces deux pays en est le signe avant-coureur. Dans un discours prononcé à Camberra en novembre dernier, Barack Obama a déclaré que la région Asie-Pacifique est désormais une «priorité absolue» de la politique de sécurité américaine. Il a annoncé que 2 500 Marines seront basés à Darwin, en Australie, déclenchant des protestations de la Chine. Une guerre, inévitablement thermonucléaire, est à craindre à moyen terme. Si elle n’est pas évitée, une grande partie de l’espèce humaine et de l’écosystème de la planète disparaîtra.
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Gilles Munier?
A Alger où il résidait, Gilles Munier a milité dès 1964 dans des associations françaises de solidarité avec le monde arabe et de soutien à la lutte du peuple palestinien. Son père, favorable à l’indépendance de l’Algérie, avait rejoint, symboliquement, le colonel Amirouche au maquis. Arrêté à son retour, il a été plus tard interdit de séjour dans les départements algériens.

Depuis 1986, Gilles Munier est secrétaire général des Amitiés franco- irakiennes. A ce titre, il a milité contre l’embargo et rencontré le président Saddam Hussein à plusieurs reprises. Il est l’auteur de plusieurs ouvrages, dont Les espions de l’or noir, collabore au magazine Afrique Asie, et analyse la situation au Proche-Orient sur le blog France-Irak- Actualite.com .

Algérie : la Turquie a la mémoire courte

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Algérie : la Turquie a la mémoire courte

par Bernard Lugan

Ex: http://www.polemia.com/

Les déclarations du Premier ministre turc, Monsieur Erdogan, à propos du « génocide » que la France aurait commis en Algérie, relèvent à la fois de l’hystérie verbale et de la plus grotesque manipulation historique. De plus, Monsieur Erdogan est bien mal placé pour parler de « génocide » en Algérie, région qui fut durant trois siècles une colonie ottomane sous le nom de Régence d’Alger (Wilayat el-Djezair en arabe et Gezayir-i Garp en turc), et dans laquelle les janissaires turcs s’illustrèrent par leurs méthodes particulièrement brutales et expéditives.

En 1520, Sidi Ahmed ou el Kadhi fut le premier résistant kabyle à la colonisation turque, réussissant même à s’emparer d’Alger et forçant le chef de bande Khar ad-Din Barberos à se replier à Djidjelli. En 1609, les Kabyles vinrent battre les murs d’Alger puis, entre 1758 et 1770, ce fut toute la Kabylie qui se souleva. Au début du XIX° siècle, plusieurs autres insurrections se produisirent, notamment entre 1805 et 1813, puis en 1816 et enfin en 1823. Il en fut de même dans les Aurès où les Chaouias réussirent à interdire toute présence effective du pouvoir ottoman. Constantine fut un cas à part car les Ottomans y avaient de solides alliés avec la tribu des Zemoul, ce qui n’empêcha pas les autres tribus kabyles de se soulever régulièrement.

Tous ces mouvements furent noyés dans le sang, à l’image de ce qui fut la règle en Libye : « La force est employée à la turque : les colonnes de réguliers, Turcs et Couloughlis, usent du sabre, du fusil et du canon, brûlent récoltes et villages, s’emparent d’otages, empalent et décapitent, exposant par dizaines les têtes coupées. L’usage de la force démontre la résolution du maître et l’irréversibilité de la situation » (1).

Dans la Régence d’Alger, les Turcs pratiquèrent une ségrégation institutionnalisée, la politique de l’élite dirigeante militaro administrative ottomane étant d’éviter de se dissoudre par mariage dans la masse de la population.

La violence ottomane ne s’exerça pas uniquement contre les populations locales.

Quelques exemples :

  • - Le 27 mai 1529, après un siège de trois semaines, les 25 survivants de la garnison espagnole qui défendait le fort construit dans la baie d’Alger capitulèrent contre la promesse qu’ils auraient la vie sauve ; or, leur chef, le comte Martin de Vargas, grièvement blessé, fut massacré à coups de bâton par les soldats turcs.
  • - Le 20 juillet 1535 Khayr ad-Din Barbaros lança un raid sur l’île de Minorque, aux Baléares, enlevant plusieurs centaines de captifs, hommes, femmes et enfants qui furent vendus sur le marché aux esclaves d’Alger.
  • - En 1682, après que le Dey eut déclaré la guerre à la France, l’amiral Duquesne se présenta devant Alger où les Turcs massacrèrent le père Jean Le Vacher, consul de France, en l’attachant à la bouche d’un canon (2).
  • - En 1688, pour lutter contre les pirates, le maréchal d’Estrées bombarda Alger et plusieurs captifs français furent également attachés à des canons.

La piraterie constitua jusqu’au début du XIXème siècle le cœur de la vie politique et économique de la Régence turque d’Alger. Il s’agissait bien de piraterie et non de Course puisque les raïs, les capitaines, n’obéissaient pas aux règles strictes caractérisant cette dernière. La recherche historique a en effet montré que son but n’était pas de s’attaquer, avec l’aval des autorités, à des navires ennemis en temps de guerre, mais que son seul objectif était le butin. A l’exception du raïs Hamidou, tous les acteurs de cette piraterie étaient des Turcs, de naissance ou renégats, aucun n’était d’origine algérienne.

Ceci étant, deux choses doivent être claires :

  1. Les lois mémorielles (loi Gayssot, loi Taubira et autres) interdisent et assassinent la recherche historique et c’est pourquoi tout historien sérieux doit exiger leur abrogation.
  2. Les politiques n’ont pas à encadrer l’Histoire ; quant aux députés, au lieu de voter des lois mémorielles électoralistes, ils feraient mieux de se préoccuper du sort des Français qui les ont élus. Mais, comme le disait Charles Maurras : « A quoi songe un élu ? A être réélu ».

Bernard Lugan
23/12/12
Bernard Lugan Blogspot. com

Notes :

(1) Martel, A.,  Souveraineté et autorité ottomane : la Province de Tripoli du Couchant (1835-1918), Université Paul Valéry, Montpellier, en ligne.
(2) En 1830, après la prise d’Alger, le canon surnommé la « Consulaire », fut envoyé à Brest où il se trouve actuellement.

Correspondance Polémia - 28/12/2011

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L’Allemagne sur le point de réaliser les projet gaulliens de l’Europe-puissance !

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L’Allemagne sur le point de réaliser les projet gaulliens de l’Europe-puissance !

par Marc ROUSSET

 

La France est à l’origine de l’idée européenne, mais depuis le départ du Général de Gaulle, elle n’est plus sérieuse, a perdu de sa puissance économique et se trouve dans l’incapacité de faire avancer l’Europe-Puissance ! C’est donc l’Allemagne qui prend le relais et met le projet à exécution car elle a réalisé, à la lumière de la crise de l’euro, que ses intérêts, sa prospérité, son avenir ne peuvent s’envisager en dehors de l’Europe ! Angela Merkel, le francophile Wolfgang Schaüble et le Vert (en retraite) Joschka Fischer ont parfaitement compris, tout en ne voulant pas faire à juste titre de l’Allemagne une vache à lait pour renflouer les cigales européennes irresponsables, que face à la crise, il fallait plus d’Europe ! Autrement dit, d’un mal en faire un bien pour sauvegarder l’Avenir européen et garder une place honorable dans le monde multipolaire des nouveaux géants du XXIe siècle.


Une France socialiste laxiste irresponsable depuis trente ans incapable de faire avancer le projet européen

 

François Mitterrand disait que pour combattre le chômage, on avait tout essayé ! Or il y a une  seule chose  que l’U.M.P.S. n’a pourtant pas  essayé depuis trente ans : se débarrasser une fois pour toutes de l’esprit laxiste socialiste « droit de l’hommiste — bo-bo — gauche caviar » qui a été inoculé aux Français en mai 68 , mis en place par François Mitterrand et Jacques Chirac avec les résultats catastrophiques que nous voyons aujourd’hui !

 

Pendant trente ans, l’U.M.P.S. a distribué de l’argent emprunté afin de satisfaire de nouveaux droits sans fin dont ceux d’une population immigrée (coût : soixante-dix milliards d’euros par an) pour lesquels on n’a jamais demandé  leur avis aux Français ! Alors que nous avons deux millions de fonctionnaires en trop par rapport à l’Allemagne (coût : cent vingt milliards d’euros par an), personne, pas même Marine Le Pen, a le courage d’aborder ce sujet tabou ! La crise française  actuelle est celle de l’État-Providence pour laquelle il nous faut un De Gaulle ou un Churchill alors que nous avons qu’un faux-dur, Nicolas Sarkozy, avec ses propos lénifiants pour distraire la galerie, mais qui ne combat en rien les vrais problèmes de l’immigration folle et des dépenses publiques irresponsables d’un État-Providence français  hypertrophié ! Même la retraite à 62 ans est une demi-mesure politicienne; le problème de la retraite et des régimes spéciaux n’est en rien réglé et d’ici cinq ans au plus tard, tout est à reprendre !

 

Gerhard Schröder a introduit les courageuses lois Hartz IV en Allemagne car, outre-Rhin, la retraite à 60 ans sonne comme une hérésie et les trente-cinq heures sont considérées comme un suicide économique. Dans une entretien à la télévision Al-Jezira, Jin Liqun, président du fonds  souverain  chinois C.I.C., n’a pas non plus mâché ses mots à l’égard de l’Europe : « Les troubles qui se sont produits dans les pays européens résultent uniquement de problèmes accumulés par une société en fin de course, vivant d’acquis sociaux. Je pense que les lois sociales sont obsolètes. Elles conduisent à la paresse, à l’indolence, plutôt qu’à travailler dur. Pourquoi est-ce que les habitants de certains pays de l’Eurozone devraient travailler jusqu’à 65 ans ou plus alors que dans d’autres pays, ils prennent aisément leur retraite à 55 ans et se prélassent sur la plage ? »

 

De quoi souffre l’Italie ? Des mêmes maux que la France ! Mario Monti estime que redonner confiance aux marchés implique l’adoption de réformes douloureuses que l’Italie esquive depuis des années : la réforme d’un code du travail désuet, la remise à plat du dossier des retraites, l’instauration de nouvelles règles en faveur de la mobilité sociale, la libéralisation des corps de métier et surtout, si l’on pense aux deux millions de fonctionnaires français en trop, l’allégement du  poids énorme de l’appareil d’État italien qui ponctionne trop lourdement le budget. Économiste technocrate politiquement correct de Bruxelles, Mario Monti oublie simplement  le coût de l’immigration…

 

L’Allemagne met en place « la nouvelle Europe Paris-Berlin-Moscou »

 

De la même façon, sans rien dire, très intelligemment, presque hypocritement, tout en le mettant à exécution, c’est l’Allemagne qui nous montre le chemin de La Nouvelle Europe Paris-Berlin-Moscou (1), de l’Europe européenne, de la Grande Europe continentale de Brest à Vladivostok. Le général de Gaulle en a eu l’intuition dès 1949, mais ses successeurs français, victimes des pressions du protectorat américain de l’O.T.A.N., de la folle idéologie droit-de-l’hommiste des André Glucksmann, B.H.L. et consorts, tout aussi irréaliste que suicidaire, n’ont pas du tout, la parenthèse exceptée de l’invasion de l’Irak, cherché à se rapprocher politiquement et économiquement de la Russie. Avec plusieurs années de retard sur l’Allemagne, l’État français, suite à la vente des Mistral, tout comme les grandes entreprises commencent tout juste à s’intéresser vraiment à la Russie et à mettre les bouchées doubles. Bref, Berlin-Moscou est en place depuis longtemps et là encore Gerhard Schröder, avec le gazoduc North Stream, tout comme pour Hartz IV, aura fait preuve de vision salutaire à long terme pour l’Allemagne. Le gazoduc sous-marin de la Baltique  devrait assurer à terme la moitié de la consommation allemande de gaz.

 

Par ailleurs, Gerhard Schröder n’a jamais adhéré aux critiques des droits de l’homme : « Il faut être juste à l’égard de la Russie. Prenez ses cent cinquante dernières années d’histoire. Après le despotisme des tsars et soixante-quinze ans de dictature communiste, il y a eu la déliquescence de l’État dans les années 1990. Vladimir Poutine a eu le mérite historique de reconstruire l’État dans sa fonction la plus essentielle, qui est d’assurer la sécurité (2) ».

 

Historiquement, la Prusse et la Russie ont souvent fait bon ménage et la Grande Catherine était allemande. Les Allemands sont situés entre les peuples de l’Ouest européen et les Slaves. Le rapprochement avec la France, c’est la petite Europe avec la solution franque. Le rapprochement avec la Russie, c’est l’accès aux grands espaces russes et la grande Europe continentale ! Nietzsche affirmait déjà qu’une synthèse européo-slave était la seule possibilité d’échapper à un effacement total de l’Europe.

 

L’Europe centrale, l’« Hinterland » de l’Allemagne absorbe aujourd’hui 9,4 % des ventes allemandes à l’étranger, soit davantage que les États-Unis (8,7 %). Le commerce de l’Allemagne se détourne, en part relative, de plus en plus des États-Unis. Lors d’une réunion d’un traditionnel « dialogue de Saint-Pétersbourg » coprésidé par Lothar de Maizière, dernier chef de gouvernement de l’ex-R.D.A. et Mikhaïl Gorbatchev, certains participants ont évoqué une stratégie de « rapprochement par interpénétration » entre l’U.E. et la Russie, mais qui concernait l’Allemagne et la Russie au premier chef. L’Allemagne est de loin le premier partenaire commercial de la Russie (14 % des exportations et 7,8 % des importations), le premier investisseur étranger (plus de dix milliards de dollars) et fut le premier créancier, détenant jusqu’à vingt milliards de dollars de la dette extérieure, soit la moitié très exactement, jusqu’à son remboursement intégral dans le cadre du Club de Paris.

 

L’Allemagne éternelle est européenne et continentale

 

L’Allemagne éternelle est européenne, continentale et non pas atlantiste. L’Allemagne n’est plus « la fille aînée de l’O.T.A.N. » car, dès  février 2003, l’hebdomadaire Der Spiegel pouvait titrer en couverture : « Révolte contre l’Amérique – David Schröder contre Goliath Bush ». Depuis cette date, selon Günther Grass, elle n’est plus un « protectorat américain ». 25 % seulement des Allemands continuent à « aimer les États-Unis ».

 

Avec le temps, les Allemands deviennent donc de moins en moins dupes et se demandent à juste titre pourquoi ils devraient remercier les États-Unis d’avoir concouru à leur défaite; tout au plus, peuvent-ils les remercier pour n’être pas devenus communistes, ce qui est par contre parfaitement exact et indubitable. Selon Godard, « l’Allemagne a été le pays le plus proche des États-Unis. C’était leur concurrent dans beaucoup d’industries. Il fallait qu’ils la réduisent à leur merci ».

 

L’évènement capital de la période actuelle, c’est la prise d’autonomie de l’Allemagne, premier exportateur au monde, son retour sur la scène internationale. L’Allemagne n’a plus la volonté de faire survivre l’idéal impérial romain et ne fait plus peur à ses voisins; elle n’a  donc plus de raisons d’avoir peur d’elle-même. Elle est une grande nation démocratique, pacifique et soucieuse de maintenir sa prospérité au  cœur du continent européen que, dans la première moitié du XXe siècle, elle a mis par deux fois à feu et à sang au nom de l’idée, aujourd’hui heureusement oubliée, d’Empire allemand.

 

Les milieux dirigeants allemands  cherchent avec, dans les  faits, plus de détermination que la France, une réponse européenne au formidable déséquilibre qui marque les relations avec les États-Unis. L’Alliance Atlantique, même si elle demeure une pierre angulaire, n’est plus «  une vache sacrée » comme avait pu le rappeler  Rudolf Scharping, ancien  ministre de la Défense.  La fin du tabou transatlantique est l’évènement majeur de la politique allemande depuis la fin de la Seconde Guerre mondiale. Les États-Unis découvrent avec stupeur que, désormais réunifiée et le danger soviétique disparu, l’Allemagne n’a plus besoin de leur protection nucléaire et dispose enfin des moyens de mener une politique plus indépendante  à leur égard.

 

Dans son essai  Après l’Empire, Emmanuel Todd montre qu’il existe bien un « conflit de civilisation » entre l’Europe, mais plus particulièrement entre l’Allemagne, et les États-Unis. « En Europe, le comportement nouveau de l’Allemagne, puissance économique dominante, est le phénomène important. La révolution libérale américaine menace beaucoup plus la cohésion sociale allemande que le modèle républicain français, plus libéral dans ses habitudes, combinant individualisme et sécurisation par l’État. Si l’on pense en termes de “ valeurs sociales ”, le conflit entre la France et les États-Unis est un demi-conflit; l’opposition entre les conceptions américaine et allemande est en revanche absolue… Les Français, empêtrés dans le souvenir du général de Gaulle, se croyaient jusqu’à très récemment seuls capables d’indépendance. Ils ont du mal à imaginer une Allemagne se rebellant, au nom de ses propres valeurs. Mais l’émancipation de l’Europe, si elle se fait, devra autant au mouvement de l’Allemagne qu’à celui de la France (3). » La majorité des Allemands attend de ses hommes politiques qu’ils inventent un « nouveau modèle rhénan » adapté à l’époque; ce dernier ne reposerait pas sur la « domination de l’argent ».

 

Comment faire de la crise de l’euro un bien, suite au sérieux de l’Allemagne !

 

« Nous voulons être des Européens d’Allemagne et des Allemands d’Europe » disait Thomas Mann. Lorsque la chancelière Angela Merkel, en pleine crise de l’euro, déclare  très intelligemment : « Il est temps de réaliser des progrès vers une Europe nouvelle. Une communauté qui dit, quoi qu’il se passe dans le reste du monde, qu’elle ne pourra plus changer ses règles fondamentales ne peut tout bonnement  pas survivre […]. Parce que le monde change considérablement, nous devons être prêts à répondre aux défis. Cela signifiera davantage d’Europe, et non pas le contraire », la Chancelière s’efforce de faire un bien à partir d’un mal. Il n’est pas étonnant que la perfide Albion n’apprécie pas en voyant ses rêves de domination anglo-saxonne s’écrouler et qu’elle menace de se retirer de l’U.E. La Chancelière ne fait que mettre à exécution les paroles prophétiques et géniales du Général de Gaulle, le 29 mars 1949 lors de sa conférence de presse au Palais d’Orsay : « Moi je dis qu’il faut faire l’Europe avec pour base un accord entre Français et Allemands. Une fois l’Europe faite sur ces bases, alors on pourra essayer, une bonne fois pour toutes, de faire l’Europe toute entière avec la Russie aussi, dût-elle changer de régime. Voilà le programme de vrais Européens. Voilà le mien ».

 

Marc Rousset

 

Notes

 

1 : Cf. mon livre, La nouvelle Europe Paris-Berlin-Moscou, Éditions Godefroy de Bouillon, 2009, 538 p.

 

2 : dans Le Figaro du lundi 13 novembre 2006.

 

3 : Emmanuel Todd, Après l’Empire, Gallimard, 2002, p. 208.

 


 

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Desafios Pós-modernos: Entre Fausto & Narciso

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Desafios Pós-modernos: Entre Fausto & Narciso

Por Robert Steuckers (1987)

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Tradução: para o inglês por Greg Johnson
[Para o português pela Equipe Yrminsul]

Parte 1

Nos termos de Oswald Spengler, nossa cultura Europeia é o produto de uma “pseudomorfose, isto é, do acréscimo de mentalidade estrangeira sobre nossa nativa, original e inata mentalidade. Spengler chama a mentalidade inata de “a Faustiana”.

O Confronto entre a mentalidade Inata e a Adquirida

A mentalidade estrangeira é teocêntrica, a “mágica” perspectiva nascida no Oriente Próximo. Para a mentalidade “mágica”, o ego se curva respeitosamente perante a substância divina, como um escravo diante de seu senhor. No âmbito desta religiosidade, o indivíduo deixa-se guiar pela força divina que ele absorve através do batismo ou iniciação.

Não há nada comparável ao antigo espírito Faustiano europeu, diz Spengler. O Homo europeanus, apesar do verniz mágico / Cristão cobrindo o nosso pensamento, tem uma religiosidade voluntarista e antropocêntrica. Para nós, o bom é não permitir-se guiar passivamente por Deus, mas sim, reconhecer e realizar a nossa própria vontade. "Para ser capaz de escolher", esta é a base fundamental da religiosidade nativa Europeia. No cristianismo medieval, esta religiosidade voluntarista aparece, perfurando a crosta do “magismo" importado do Oriente Médio.

Por volta do ano 1000, este voluntarismo dinâmico aparece gradualmente na arte e em épicos literários, juntamente com uma sensação de espaço infinito dentro do qual o auto de Fausto seria, e pode, se expandir. Assim, para o conceito de um espaço fechado, no qual o eu se encontra bloqueado, se opõe o conceito de um espaço infinito, no qual um aventureiro graceja por diante.

Do Mundo "Fechado" ao Universo Infinito

De acordo com o filósofo americano Nelson Benjamin [1], o velho sentido helênico de physis (natureza), com todo o dinamismo que isso implica, triunfou no final do século 13, graças ao averroísmo, que transmitiu a sabedoria empírica dos gregos (e de Aristóteles, em particular) para o Ocidente. Aos poucos, a Europa passou do "mundo fechado" para o universo infinito. Empirismo e nominalismo suplantou uma escolástica que havia sido inteiramente discursiva, auto-referencial e auto-fechado (self-enclosed). O Renascimento, seguindo Copérnico e Bruno (o trágico mártir do Campo dei Fiori), renunciou o geocentrismo, tornando-o seguro para proclamar que o universo é infinito, uma intuição essencialmente faustiana de acordo com os critérios de Spengler.


No segundo volume da História do Pensamento Ocidental, Jean-François Revel, que anteriormente oficiou no Ponto e, infelizmente, ilustrou a ideologia ocidentalista Americanocêntrica, escreve bastante pertinente: "É fácil entender que a eternidade o infinito do universo anunciada por Bruno poderia ter tido, sobre os homens cultos da época, o efeito traumatizante da passagem da vida no útero para o projeto vasto e cruel de um vortex frígido e sem limites”. [2]

O medo "mágico", a angústia causada pelo colapso da certeza reconfortante do geocentrismo, causou a morte cruel de Bruno, que se tornaria, no total, uma apoteose terrível. . . Nada poderia refutar o heliocentrismo, ou a teoria da infinitude dos espaços siderais. Pascal dizia, em resignação, com o acento de arrependimento: "O silêncio eterno desses espaços infinitos me assusta."

Do Logos Teocrático à Razão Fixa

Para substituir o pensamento mágico de "logos teocrático," o crescente e triunfante pensamento burguês, seria elaborado um pensamento centrado na razão, uma razão abstrata perante a qual é necessário se curvar, como as pessoas do Oriente Próximo se curvam diante de seu deus. O aluno "burguês" desta “razão mesquinha", virtuoso e calculista, ansiosos para suprimir os impulsos de sua alma ou do seu espírito, encontra assim uma finitude confortável, um espaço fechado e seguro. O racionalismo deste tipo virtuoso humano não é o aventureiro, audacioso, ascético e criativo descrito por Max Weber [3], o qual educa o homem interior, precisamente para enfrentar a infinitude afirmada por Giordano Bruno. [4]

A partir do final da Renascença, Duas Modernidades são justapostas

O racionalismo mesquinho denunciado por Sombart [5] domina as cidades por rigidificarem o pensamento político, restringindo construtivos impulsos ativistas. O genuíno racionalismo Faustiano e conquistador descrito por Max Weber, impulsionaria a humanidade europeia para fora dos seus limites territoriais iniciais, dando o impulso principal para todas as ciências do concreto.

A partir do final da Renascença, assim descobrimos, por um lado, uma modernidade rígida e moralista, sem vitalidade, e, por outro lado, uma modernidade aventureira, conquistadora e criativa, assim como estamos hoje no limiar de uma pós-modernidade suave ou de uma pós-modernidade vibrante, auto-confiante e potencialmente inovadora. Ao reconhecer a ambiguidade dos termos "racionalismo", "racionalidade", "modernidade" e "pós-modernidade", entramos em um nível de domínio das ideologias políticas, até mesmo um militante Weltanschauungen.

A racionalização saturada com arrogância moral descrita por Sombart em seu famoso retrato do "burguês", gera os messianismos moles e sentimentais das grandes narrativas tranquilizantes das ideologias contemporâneas. A racionalização conquistadora descrita por Max Weber provoca as grandes descobertas científicas e o espírito metódico, o refinamento engenhoso da conduta de vida e crescente domínio do mundo externo.

Esta racionalização conquistadora também tem seu lado negativo: Desencanta, drena e esquematiza excessivamente o mundo. Embora especializados em um ou outro domínio da tecnologia, a ciência, ou o espírito, sendo totalmente investidos ali, os "Faustianos" da Europa e América do Norte muitas vezes levam a um nivelamento de valores, um relativismo que tende a mediocridade porque nos faz perder o sentimento do sublime, da mística telúrica, e isola cada vez mais os indivíduos. No nosso século, a racionalidade elogiada por Weber, se positiva no início, entrou em colapso com um americanismo quantitativista e mecanizado que instintivamente levou como forma de compensação, para o suplemento espiritual do charlatanismo religioso combinando o proselitismo mais delirante e a religiosidade lamurienta.

Esse é o destino do "faustinianismo" quando cortado dos seus fundamentos míticos, das suas mais antigas memórias, de seu solo mais profundo e fértil. Este rompimento é sem dúvida o resultado da pseudomorfose, o enxerto "mágico" no tronco Fausto / europeu, um enxerto que falhou. O "Magismo" não poderia imobilizar a unidade perpétua Faustiana; para isso, deve-se - e isso é mais perigoso – cortá-la de seus mitos e de sua memória, condená-la a esterilidade e dessecação, como observado por Valéry, Rilke, Duhamel, Céline, Drieu, Morand , Maurois, Heidegger, ou Abellio.

Racionalidade Conquistadora, Racionalidade Moralizante, Dialética do Iluminismo, as "Grandes Narrativas" de Lyotard

A racionalidade conquistadora, se arrancada de seus mitos fundadores, da sua base étnico-identitária, da sua matriz indo-europeia, cai - depois de ataques impetuosos, inertes, vazios - nas armadilhas de um racionalismo mesquinho e na ideologia imatura das "grandes narrativas" do racionalismo e do fim da ideologia. Para Jean-François Lyotard, a "modernidade" na Europa é essencialmente a "Grande Narrativa" do Iluminismo, na qual os heróis do conhecimento trabalham pacificamente e moralmente para alcançarem um final ético-político feliz: a paz universal, onde não haveria nenhum antagonismo. [6] A "modernidade" de Lyotard corresponde à famosa "Dialética do Iluminismo" de Horkheimer e Adorno, os líderes da famosa "Escola de Frankfurt". [7] Na visão deles, a ação do político ou o trabalho do homem de ciência, deve ser submetido a uma razão racional, um corpo ético, uma autoridade moral fixa e imutável, a uma catequese que retarda a sua unidade, que limita o seu ardor Faustiano. Para Lyotard, o fim da modernidade, portanto, o advento da "pós-modernidade", é a incredulidade - progressiva, astuta, fatalista, irônica, zombeteira - em relação a esta metanarrativa.

Incredulidade também significa um possível retorno do dionisíaco, o irracional, o carnal, o turvo, e áreas desconcertantes da alma humana reveladas por Bataille ou Caillois, tal como previsto e esperado pelo professor Maffesoli, [8] da Universidade de Estrasburgo, e pelo alemão Bergfleth [9], um jovem filósofo não-conformista; ou seja, é possível que vejamos um retorno do espírito fáustico, um espírito comparável com o qual nos legou o gótico ardente, de uma racionalidade conquistadora que tem sido reconectada com a velha e dinâmica mitologia européia, como Guillaume Faye explica em Europa e Modernidade. [10]

Notas

1. Benjamin Nelson, Der Ursprung der Moderne, Vergleichende Studien zum Zivilisationsprozess [A Origem da Modernidade: Estudos Comparativos do Processo de Civilização] (Frankfurt am Main: Suhrkamp, 1986).

2. Jean-François Revel, Histoire de la pensée occidentale [História do Pensamento Ocidental], vol. 2, La philosophie pendant la science (XVe, XVIe et XVIIe siècles) [Filosofia e Ciência (Séculos XV, XVI, e XVII)] (Paris: Stock, 1970). Cf. também a obra-prima de Alexandre Koyré, Do Mundo Fechado ao Universo Infinito (Baltimore: Johns Hopkins University Press, 1957).

3. Cf. Julien Freund, Max Weber (Paris: P.U.F., 1969).
Paul-Henri Michel, La cosmologie de Giordano Bruno [A Cosmologia de Giordano Bruno] (Paris: Hermann, 1962).
Cf. essentially: Werner Sombart, Le Bourgeois. Contribution à l’histoire morale et intellectuelle de l’homme économique moderne [The Bourgeois: Contribuição à História Moral e Intelectual do homem econômico moderno] (Paris: Payot, 1966).

4. Jean-François Lyotard, A condição pós-moderna: Um Relatório sobre Conhecimento, trad. Geoff Bennington e Brian Massumi. (Minneapolis: University of Minnesota Press, 1984).

5. Max Horkheimer eTheodor Adomo, A Dialética do Esclarecimento, trad. Edmund Jephcott (Stanford: Stanford University Press, 2002). Cf. também Pierre Zima, L’École de Francfort. Dialectique de la particularité [A Escola de Frankfurt: Dialética do Particularidade] (Paris: Éditions Universitaires, 1974). Michel Crozon, “Interroger Horkheimer” [“Interrogando Horkheimer”] e Arno Victor Nielsen, “Adorno, le travail artistique de la raison” [“Adorno: o trabalho artístico da Razão”], Esprit, Maio 1978.

6. Cf. principalmente Michel Maffesoli, L’ombre de Dionysos: Contribution à une sociologie de l’orgie [Sombra de Dionísio: contribuição a uma Sociologia da Orgia] (Méridiens, 1982). Pierre Brader, “Michel Maffesoli: saluons le grand retour de Dionysos” [Michel Maffesoli: Vamos Saudar o Grande Retorno de Dionísio], Magazine-Hebdo no. 54 (Setembro 21, 1984).

7. Cf. Gerd Bergfleth et al., Zur Kritik der Palavernden Aufklärung [Para uma Crítica da Razão Palavreada] (Munich: Matthes & Seitz, 1984). Nesta notável pequena antologia, Bergfleth publicou quatro textos fatais para a rotina "Moderno-Frankfurtista": (1) “Zehn Thesen zur Vernunftkritik” [“Dez Teses Sobre a Crítica da Razão”]; (2) “Der geschundene Marsyas” [“O Abuso de Mársias”]; (3) “Über linke Ironie” [“Sobre a Ironia Esquerdista”]; (4) “Die zynische Aufklärung” [“O Iluminismo Cínico”]. Cf. também R. Steuckers, “G. Bergfleth: enfant terrible de la scène philosophique allemande” [“enfant terrible da cena filosófica alemã”], Vouloir no. 27 (Março 1986). Na mesma edição, ver também, “Bergfleth: critique de la raison palabrante” [“Bergfleth: Crítica da Razão Palavreada”] e “Une apologie de la révolte contre les programmes insipides de la révolution conformiste” [“Uma Apologia para a Revolta Contra os Programas Insípidos da Revolução Conformista”]. Ver também M. Froissard, “Révolte, irrationnel, cosmicité et . . . pseudo-antisémitisme,” [“Revolta, irracionalidade, cosmicity e. . . pseudo-anti-semitismo”], Vouloir nos. 40–42 (Julho–Agosto 1987).

8. Guillaume Faye, Europe et Modernité [Europe e Modernidade] (Méry/Liège: Eurograf, 1985).

Desafios Pós-Modernos:
Entre Fausto & Narciso, Parte 2

A Metanarrativa Encistada. . .

Uma vez que a metanarrativa Iluminista foi estabelecida - "encistada"- na mente ocidental, as grandes ideologias seculares progressivamente apareceram: o liberalismo, com sua idolatria da "mão invisível", [1] e do Marxismo, com seu forte determinismo e metafísica da história, contestada no alvorecer do século 20 por Georges Sorel, a figura mais sublime do socialismo militante europeu. [2] Após Giorgio Locchi [3], quem ocasionalmente chama a metanarrativa de "ideologia" ou "ciência" - pensamos que este complexo "metanarrativa / ideologia / ciência” não há mais regras por consenso, mas por constrangimento, na medida em que há uma resistência muda (especialmente na arte e na música [4]) ou um desuso geral da metanarrativa como uma das ferramentas de legitimação.

A metanarrativa liberal-iluminista persiste por golpe de força e propaganda. Mas na esfera do pensamento, poesia, música, arte, ou letras, esta metanarrativa não diz e nem inspira nada. Ela não impulsionou uma grande mente por 100 ou 150 anos. Já no final do século 19, o modernismo literário expressou uma diversidade de línguas, uma heterogeneidade de elementos, uma espécie de caos desordenado que o "fisiologista" Nietzsche analisou [5] e que Hugo von Hoffmannstahl chamou de “die Welt der Bezuge” (o mundo das relações).

Estas inter-relações e sobredeterminações onipresentes nos mostram que o mundo não é explicado por uma história simples, limpa e arrumada, nem submete-se à regra de uma autoridade moral desencarnada. Melhor: eles nos mostram que as nossas cidades, nosso povo, não podem expressar todas as suas potencialidades vitais no âmbito de uma ideologia determinada e instituída uma vez para tudo e para todos, nem podemos indefinidamente preservar a instituições resultantes (o corpo doutrinário derivado da "metanarrativa do Iluminismo ").

A presença anacrônica da metanarrativa constitui um freio sobre o desenvolvimento do nosso continente em todas as áreas: ciência (informática e biotecnologia [6]), economia (o apoio dos dogmas liberais dentro da CEE), militares (o fetichismo de um mundo bipolar e servilismo em relação aos Estados Unidos, paradoxalmente um inimigo econômica), cultural (a mídia concussiva afavor de um cosmopolitismo que elimina a especificidade Faustiana e visa o advento de uma grande aldeia de convívio global, executa os princípios da "sociedade fria" à maneira dos queridos Bororos para Lévi-Strauss [7]).

A Rejeição do Neo-Ruralismo, Neo Pastoralismo…


A desordem confusa do modernismo literário no final do século 19 teve um aspecto positivo: o seu papel era para ser o magma que, gradualmente, torna-se o criador de uma nova luta Faustiana [8] É Weimar a arena do criativo e fértil confronto do expressionismo, [9] neo-marxismo, e a "revolução conservadora" [10] - que nos legou, com Ernst Jünger, uma idéia de modernidade "pós-metanarrativa" (ou pós-modernidade, se chama "modernidade" da Dialética do Iluminismo, posteriormente teorizada pela Escola de Frankfurt). O modernismo, com a confusão que inaugurou, devido ao progressivo abandono da pseudo-ciência do Iluminismo, corresponde um pouco com o niilismo observado por Nietzsche. Niilismo deve ser superado, ultrapassado, mas não por um retorno sentimental, então negado, por um passado completo. O niilismo não é superado pela Wagnerismo teatral, fulminado por Nietzsche, tal como hoje o naufrágio da "Grande Narrativa" marxista não é superado por um pseudo-rústica neoprimitivismo.[11]

Em Jünger- o Jünger do Tempestades de Aço, O Trabalhador, e Eumeswil – não se encontra referência alguma sobre o misticismo do solo: apenas uma admiração sóbria pela perenidade do camponês, indiferente a perturbações históricas. Jünger nos diz da necessidade de equilíbrio: se houver uma recusa total do rural, do solo, da dimensão estabilizadora da Heimat, o futurismo construtivista Faustiano já não terá uma base, um ponto de partida, uma opção reserva. Por outro lado, se é dada muita ênfase na base inicial, no ponto de lançamento, sobre o nicho ecológico que dá origem ao povo Faustiano, então eles estão envoltos em um casulo e privados de influência universal, prestados cegos para a chamada do mundo, impedidos de saltarem para a realidade em toda sua plenitude, o "exótico" incluído. O regresso tímido à pátria priva o faustinianismo de sua força de difusão e relega seus "vasos humanos" para o nível dos "eternos camponeses a-históricos" descrito por Spengler e Eliade. [12] O equilíbrio consiste em desenhar internamente (a partir das profundezas do solo original) e difundir externamente(em relação ao mundo exterior).

Apesar de toda nostalgia para o "orgânico", rural, ou pastoral –apesar do sereno, idílico e da beleza estética que recomendam Horace ou Virgil - Tecnologia e Trabalho são a partir de agora as essências do nosso mundo pós-niilista. Nada escapa por muito tempo da tecnologia, tecnicidade, mecânica, ou da máquina: nem o camponês que ara com o seu tractor, nem o padre que conecta um microfone para dar mais impacto para sua homilia.

A Era da “Tecnologia”

A tecnologia mobiliza totalmente (Total Mobilmachung) e impulsiona o indivíduo para uma infinitude inquietante, em que nós não somos nada mais que engrenagens intercambiáveis. A metralhadora, nota o guerreiro Jünger, dizima o bravo e o covarde com uma igualdade perfeita, como no total material de guerra inaugurado em 1917 em batalhas de tanques da Frente francesa. O “Ego” Faustiano perde sua introversão e se afoga em um vórtice incessante de atividade. Este Ego, tendo modelado o rendilhado de pedra e pináculos do Gótico exuberante, caiu no quantitativismo Americano, ou, confuso e hesitante, adotou as inundações de informações do século XX, sua avalanche de fatos concretos. Isso foi nosso niilismo, nossa indecisão congelada, devido à um subjetivismo exacerbado, que nos mira na bagunça enlameada dos fatos.


Cruzando a “linha”, como Heidegger e Jünger dizem,[13] a mônada Faustiana (sobre o quê Leibniz[14] falou) cancela seu subjetivismo e encontra o puro poder, puro dinamismo, no universo da Tecnologia. Com a chegada Jüngeriana, o círculo é fechado de novo: como o universo fechado da “magia” foi substituído pelo pequeno e não-autêntico mundo da burguesia – sedentário, tímido, embalsamado na esfera utilitária – assim o dinâmico “Faustiano” universo é substituído com uma arena Tecnológica, despojando esse tempo de subjetivismo.

A Tecnologia Jüngeriana varre a falsa modernidade da metanarrativa Iluminada, a hesitação modernismo literário do fim do século XIX, e a trompe-l’ oeil do wagnerismo e do neopastoralismo. Mas essa modernidade Jüngeriana, perpetuamente mal entendida desde a publicação do Der Arbeiter (O Trabalhador) em 1932, permanece como uma escritura morta.

Notas:

1. Na fundação teológica da doutrina da “mão invisível”, ver Hans Albert, “Modell-Platonismus. Der Neoklassische Stil des ökonomischen Denkens in Kritischer Beleuchtung” [“Platonismo Modelo: O Estilo Neoclássico de Pensamento Econômico em Elucidação Crítica”], em Ernst Topitsch, ed., Logik der Sozialwissenschaften [Lógica das Ciências Sociais] (Köln/Berlin: Kiepenheuer & Witsch, 1971).
2. Há abundante literatura francesa em Georges Sorel. Não obstante, é deplorável que a biografia e a análise valiosas como a de Michael Freund não foi traduzida: Georges Sorel, Der revolutionäre Konservatismus [Georges Sorel: Conservadorismo Revolucionário] (Frankfurt a.M.: Vittorio Klostermann, 1972).
3. Cf. G. Locchi, “Histoire et société: critique de Lévi-Strauss” [“História e Sociedade: Crítica de Lévi-Strauss”], Nouvelle Ecole, no. 17 (Março 1972) and “L’histoire” [“História”], Nouvelle Ecole, nos. 27–28 (Janeiro 1976).

4. Cf. G. Locchi, “L’idée de la musique’ et le temps de l’histoire” [“A ‘Idéia de Música’ e os Tempos de História”], Nouvelle Ecole, no. 30 (Novembro 1978) e Vincent Samson, “Musique, métaphysique et destin” [“Música, Metafísica, e Destino”], Orientations, no. 9 (Setembro 1987).

5. Cf. Helmut Pfotenhauer, Die Kunst als Physiologie: Nietzsches äesthetische Theorie und literarische Produktion [Arte como Fisiologia:: A estética Teoria e Produção Lietrária de Nietzsche] (Stuttgart: J. B. Metzler, 1985). Cf. no livro de Pfotenhauer book: Robert Steuckers, “Regards nouveaux sur Nietzsche” [“Novas visões sobre Nietzsche”], Orientações, no. 9.
6. Biotecnologia e as mais recentes inovações biocybernéticas, quando aplicadas para a operação da sociedade humana, fundamentalmente põe em questão as mecânicas e teóricas fundações da “Grande Narrativa” do Iluminismo. Menos rígido, leis mais flexíveis, porque adaptadas às vias profundas da psicologia e da fisiologia humana, restauraria um dinamismo às nossas sociedades e as colocaria sincronizadas com as inovações tecnológicas. A Grande Narrativa – que está sempre ao redor, apesar do seu anacronismo – bloqueia a evolução das nossas sociedades; o pensamento de Habermas, cujo categoricamente recusa cair no passo com os descobrimentos epistemológicos de Konrad Lorenz, por exemplo, ilustra perfeitamente a genuína rigidez reacionária do neo-Iluminismo nas suas derivações Franfurtianas e neo-liberais. Para entender a mudança que está tomando lugar independentemente da reação liberal-Frankfurtiana, veja o trabalho do bio-cyberneticista Alemão Frederic Vester: (1) Unsere Welt—ein vernetztes System, dtv, no. l0,118, 2º ed. (München, 1983) e (2) Neuland des Denkens. Vom technokratischen zum kybernetischen Zeitalter (Stuttgart: DVA, 1980). A restauração do pensamento social holista (ganzheitlich) pela biologia moderna é discutida, mais notavelmente, em Gilbert Probst, Selbst-Organisation, Ordnungsprozesse in sozialen Systemen aus ganzheitlicher Sicht (Berlin: Paul Parey, 1987).

7. G. Locchi, “L’idée de la musique’ et le temps de l’histoire.”

8. Para enfrentar a questão do modernismo literário no século XIX, ver: M. Bradbury, J. McFarlane, eds., Modernism 1890–1930 (Harmondsworth: Penguin, 1976).

9. Cf. Paul Raabe, ed., Expressionismus. Der Kampf um eine literarische Bewegung (Zürich: Arche, 1987)—Uma antologia útil dos principais manifestos expressionistas.

10. Armin Mohler, La Révolution Conservatrice en Allemagne, 1918–1932 (Puiseaux: Pardès, 1993). Ver principalmente o texto A3 entitulado “Leitbilder” (“Idéias Norteadoras”).

11. Cf. Gérard Raulet, “Mantismo e as Condições Pós Modernas” e Claude Karnoouh, “O Paraíso Perdido do Regionalismo: A Crise da Pós Modernidade na França,” Telos, no. 67 (Março 1986).

12. Cf. Oswald Spengler, The Decline of the West, 2 vols., trans. Charles Francis Atkinson (Nova Iorque: Knopf, 1926) para a definição do “camponês a-histórico” ver vol. 2. Cf. Mircea Eliade, The Sacred and the Profane: The Nature of Religion, trans. Willard R. Trask (San Diego: Harcourt, 1959). Para o lugar dessa visão do “camponês” na controvérsia contemporânea em relação ao neo-paganismo, ver: Richard Faber, “Einleitung: ‘Pagan’ und Neo-Paganismus. Versuch einer Begriffsklärung,” em Richard Faber e Renate Schlesier, Die Restauration der Götter: Antike Religion und Neo-Paganismus [The Restoration of the Gods: Ancient Religion and Neo-Paganism] (Würzburg: Königshausen & Neumann, 1986), 10–25. Esse texto foi revisado na França por Robert Steuckers, “Le paganisme vu de Berlin” [“Paganismo como é visto em Berlim”], Vouloir no. 28–29, Abril 1986, pp. 5–7.

13. Na questão da “linha” em Jünger e Heidegger, cf. W. Kaempfer, Ernst Jünger, Sammlung Metzler, Band 20l (Stuttgart, Metzler, 1981), pp. 119–29. Cf também J. Evola, “Devant le ‘mur du temps’” [“Frente à ‘Parede do Tempo’”] em Explorations: Hommes et problems [Explorations: Men and Problems], trans. Philippe Baillet (Puiseaux: Pardès, 1989), pp. 183–94. Vamos tomar essa oportunidade para lembrar que, contrariamente às idéias aceitadas em geral, Heidegger não rejeita a tecnologia de uma maneira reacionária, nem em sobre ser perigoso em si mesmo. O perigo é devido ao erro de pensar no mistério de sua essência, preservando os homens de retornar à um mais originário desocultamento e de ouvir o chamado da verdade mais primordial. Se a idade da tecnologia parece ser a forma final do Esquecimento do Ser, em que a ansiedade adequada ao pensamento aparece como uma abstinência de ansiedade na garantia e objetivação do ser, é também desse extremo perigo que a possibilidade de um novo começo é concebível uma vez que a metafísica da subjetividade é completa.

14. Para avaliar a importância de Leibniz no desenvolvimento do pensamento orgânico Alemão, cf. F. M. Barnard, Herder’s Social and Political Thought: From Enlightenment to Nationalism (Oxford: Clarendon Press, 1965), 10–12.

DESAFIOS PÓS MODERNOS:
ENTRE FAUST & NARCISUS,
PARTE 3

O Babbitt com o paradoxo Sartreano

Em 1945, o tom do debate tecnológico foi estabelecido pelas ideologias vitoriosas. Nóspoderíamos escolher o liberalismo Americano (a ideologia do Sr. Babbitt) ou o Marxismo, uma alegada versão burguesa da metanarrativa. A Grande Narrativa assumiu responsabilidade, caçou qualquer filósofo ou movimento “irracionalista”, [1] manteve uma polícia do pensamento, e, finalmente, brandindo o bicho-papão do feroz barbarismo, inaugurou uma área completamente vazia.

Sartre e seu elegante existencialismo parisiense deve ser analisado na luz da sua restauração. Sartre, crente no seu “ateísmo”, sua recusa em privilegiar um valor, não acreditou nas fundações do liberalismo ou Marxismo. Por fim, ele não estabeleceu a metanarrativa (na sua versão mais recente, o Marxismo vulgar dos partidos Comunistas[2]) como uma verdade, mas como um “inevitável” imperativo categórico, pelo qual se deve militar caso não se quer ser um “bastardo”, i.e., um desses desprezíveis seres que veneram “ordens petrificadas”[3] Isso é o paradoxo por inteiro do sartreanismo: por um lado, nos estimula não adorar “ordens petrificadas”, o quê é propriamente faustiano, e, por outro lado, nos determina “magicamente” a adorar uma “ordem petrificada” do Marxismo vulgar, já derrubada por Sombart e De Man. Portanto, pelos anos cinqüenta, a idade dourada do sartreanismo, o consenso é de fato um constrangimento, uma obrigação ditada pelo pensamento cada vez mais midiatizado. Mas um consenso alcançado pelo consentimento, pela obrigação de acreditar sem discussão, não é um consenso eterno. Por isso, o contemporâneo esquecimento do sartreanismo, com seus excessos e exageros.

O Anti-Humanismo Revolucionário de Maio de 1968

Com o Maio de 68, o fenômeno de uma geração, “humanismo”, o atual rótulo da metanarrativa, foi agredido e destruído pelaas interpretações francesas de Nietzsche, Marx e Heidegger. [4] No sulco da revolta estudantil, acadêmicos e popularizadores tanto proclamaram o humanismo uma ilusão “petite-bourgeois”. Contra o Ocidente, o navio geopolítico da metanarrativa Iluminista, os rebeldes de 68 alçados a montagem das barricadas, tomando lados, algumas vezes com um ingênuo romantismo, em toda luta dos anos 70: Vietnã espartana contra o imperialismo americano, guerrilhas latino-americanas (“Ché”), o separatismo basco, o patriotismo irlandês, ou os palestinos.

A irritabilidade faustiana, incapacitada de ser expressada por modelos autóctones, foi transposta para uma exótica: Ásia, Arábia, África, ou Índia. O Maio de 68, em si mesmo, pela sua fixação resoluta na Grande Política, pelo seu ethos de guerrilha, pela sua opção de luta, apesar de tudo tomou uma dimensão muito mais importante que os bloqueios tensos do sartreanismo ou a grande regressão do contemporâneo neo-liberalismo. Na direita, Jean Cau, escrevendo seu maravilhoso livro sobre Che Guevara[5], entendeu essa questão perfeitamente, considerando que a direita, a qual é fixada em seus dogmas e memórias da esquerda, não queria ver.

Com a geração de 68 – combativa e politizada, consciente das grandes questões geopolíticas e econômicas do planeta – os último fogos históricos queimaram no espírito público francês antes do grande surgimento da pós-história e pós-política representadas pelo narcisismo do neoliberalismo contemporâneo.

A tradução dos escritos da “Escola de Frankfurt” anunciam o Advento do Neo-Liberalismo Narcisista

A primeira fase do ataque neo-liberal contra o anti-humanismo político do Maio de 68 foi a redescoberta dos escritos da Escola de Frankfurt: nascida na Alemanha, antes da chegada do Nacional Socialismo, amadureceu durante o exílio da California de Adorno, Horkheimer, e Marcuse, e estabeleceu-se como um objeto de veneração na Alemanha Ocidental do pós-guerra. Em Dialektik der Aufklärung, um pequeno e conciso livro que é fundamental para entender a dinâmica do nosso tempo, Horkheimer e Adorno clamam que há duas “razões” no pensamento Ocidental que, no sulco de Spengler e Sombart, somos tentados a nomear “razão faustiana” e “razão mágica”. O molde, para os dois antigos exílios na Califórnia, é o pólo negativo da “razão complexa” na civilização Ocidental: essa razão é puramente “instrumental”; é usada para acrescentar o poder pessoal daqueles que utilizam. É razão científica, a razão que doma as forças do universo e coloca nas mãos de um líder ou de um povo, um partido ou um Estado. Com isso, de acordo com Herbert Marcuse, é de Prometeu, não Narcisista/órfico.[6] Para Horkheimer, Adorno, e Marcuse, esse é o tipo de racionalidade que Max Weber teorizou.

Por outro lado, a “razão mágica”, de acordo com a terminologia genealógica de Spengler, é, amplamente falada, a razão da metanarrativa de Lyotard. É uma autoridade moral que dita uma conduta ética, alérgica à uma expressão de poder, e assim a qualquer manifestação da essência da política.[7] Na França, a redescoberta da teoria da razão de Horkheimer-Adorno próximo do fim dos anos 1970 inaugurou a era da despolitização, a qual, substituindo disconexão generalizada por história concreta e tangível, deu-se para a “era do vazio” descrita tão bem pelo professor de Grenoble Gilles Lipovetsky.[8] Segundo a efervescência militante do Maio de 68, chegou uma geração a qual atitudes mentais são caracterizadas justamente por Lipovetsky como apatia, indiferença (também para a metanarrativa na sua forma crua), abandono (dos partidos políticos, especialmente do Partido Comunista), dessindicalização, narcisismo, etc. Para Lipovetsky, essa resignação e abdicação generalizada constitui uma oportunidade de ouro. Essa é a garantia, ele fala, que a violência irá recuar, portanto nenhuma “totalitarismo”, vermelho, preto, ou marrom, será possível de ganhar poder. Essa fácil mudança fisiológica, unida à uma indiferença narcisista, constitui a idade “pós-moderna”.

Há Várias Definições Possíveis de “Pós-Modernidade”

Por outro lado, se nós compreendemos – contrário ao costume de Lipovetsky – “modernidade” ou “modernismo” como expressões da metanarrativa, assim como quebra a energia faustiana, a pós-modernidade irá necessariamente ser um retorno para a política, uma rejeição de criacionismo para-normal e suspeita anti-política que emergiu depois do Maio de 68, no sulco de especulações na “razão instrumental” e “razão objetiva” descritas por Horkheimer e Adorno.

A complexidade da situação “pós-moderna” fez ser impossível dar uma única definição de “pós-modernidade” que possa ser exclusiva. No limiar do século XXI, várias pós-modernidades se tornam incultas, lado a lado, diversos modelos sociais pós-modernos potenciais, cada uma com base em valores fundamentalmente antagônicos, preparados para o confronto. Essas pós-modernidades diferem – na linguagem ou no seu ‘estilo’ – das ideologias que as procedem; elas são, não obstante, unidas com os eternos, antiqüíssimos, valores que permanecem sobre elas. Conforme a política entra na esfera histórica pelas confrontações binárias, confrontos de clãs opostos e a exclusão das minorias, ousam evocar a dicotomia possível do futuro: uma pós-modernidade neo-liberal Ocidental Americana contra uma brilhante pós-modernidade faustiana e nietzscheana.

A “Geração da Moral” & a “Era do Vazio”

Essa pós-modernidade neo-liberal foi triunfantemente proclamada, com delírio messiânico, por Laurent Joffrin em sua imposição da revolta dos estudantes de Dezembro de 1986 (Un coup de jeune [Um golpe da Juventude], Arlea, 1987). Para Joffrin, quem previu [9] a morte da extrema esquerda, do proletarianismo militante, o Dezembro de 86 é o precursor de uma “geração da moral”, combinada em uma mentalidade levemente de esquerda, coletivismo de preguiça cultural, e egoísmo neo-liberal, narcisista, e pós-político: o modelo social dessa sociedade hedonista centrada na praxis comercial, que Lipovetsky descreveu como a Era do Vácuo. Um vazio político, um vazio intelectual, e um deserto pós-histórico: essas são as características do espaço bloqueado, o horizonte fechado característico do neo-liberalismo contemporâneo. A pós-modernidade constitui um impedimento preocupante para a grande Europa que deve emergir assim que tenhamos um futuro viável e preso a lenta decadência anunciada pelo desemprego massivo e pelas demografias declinantes que espalham devastação sob a luz abatida das ilusões consumistas, a grande mentira dos anunciantes, e os sinais de néon que louvam os méritos de uma fotocopiadora japonesa ou de uma linha aérea americana.

Por outro lado, a pós-modernidade que rejeita e velha metanarrativa anti-política do Iluminismo, com suas metamorfoses e metástases; que afirma a audácia de um Nietzsche ou de um ideal metálica de um Jünger; que cruza a “linha”, como Heidegger estimula, deixando para trás o dandismo estéril de tempos niilístas; a pós-modernidade que reune o aventuroso, para um programa político ousado concretamente implica a rejeição dos blocos de poder existentes, a construção de uma economia autárquica e Eurocêntrica, enquanto luta selvagemente e sem concessões contra todos estilos antigos de religiões e ideologias, desenvolvendo o eixo principal de uma diplomacia independente de Washington; a pós-modernidade que carregará voluntariamente seu programa e negar as negações da pós-história – essa pós-modernidade terá nossa total adesão.


Nesse breve ensaio, eu gostaria de provar que há uma continuidade na confrontação das mentalidades “faustiana” e “mágica”, e que essa continuidade antagônica é refletida no debate decorrente da pós-modernidade. O Ocidente centro-americano é o realce do “magismo”, com o seu cosmopolitismo e facções autoritárias.[10] A Europa, a herdeira do faustianismo muito abusado pelo pensamento “mágico”, reafirmar-se-á a si mesma com uma pós-modernidade que recapitulará os temas inexpressivos, recorrentes mas sempre novos, do intrínseco faustianismo para a alma Européia.

Notas:

1. O clássico entre os clássicos na condenação do “irracionalismo” é a suma de György Lukács, The Destruction Of Reason, 2 volumes (1954). Esse livro tem objetivo de ser um tipo de Discourse on Method para a dialética do Iluminismo-contra-Iluminismo, Racionalismo-Irracionalismo. Através de uma técnica de fusão que traz uma breve semelhança à um panfleto estalinista, amplo setor da cultura alemã e européia, de Schelling à neo-Thomismo, são culpados de preparar e apoiar o fenômeno Nacional Socialista. É uma visão paranóica de cultura.

2. Para entender a racionalidade fundamental do Comunismo de Sartre, deve-se ler Thomas Molnar, Sartre, philosophie de la contestation (Paris: La Table Ronde, 1969). Em Português: Sartre, Ideologia do Nosso Tempo (New York : Funk & Wagnalls, 1968).

3. Cf. R.-M. Alberes, Jean-Paul Sartre (Paris: Éditions Universitaires, 1964), 54–71.

4. Na França, a pontaria polêmica numa rejeição final do anti-humanismo de 68 e seus fundamentos filosóficos nietzscheano, marxista, e heideggerianos, é encontrado em Luc Ferry e Alain Renault, French Philosophy of the Sixties: An Essay on Anti-Humanism, trans. Mary H. S. Cattani (Amherst: University of Massachusetts Press, 1990) e seu apêndice ’68–’86. Itinéraires de l’individu [’68-’86: Routes of the Individual] (Paris: Gallimard, 1987). Contrariamente à essas defendidas em primeiro a esses dois trabalhos, Guy Hocquenghem em Lettre ouverte à ceux qui sont passés du col Mao au Rotary Club [Open Letter to those Went from Mao Jackets to the Rotary Club] (Paris: Albin Michel, 1986) deplorou a assimilação do hiper-politismo da geração de 68, para a onda liberal contemporânea. De um ponto de vista definitivamente polêmico e com o objetivo do debate restaurador, assim como é, no campo da abstração filosófica, deve-se ler Eddy Borms, Humanisme—kritiek in het hedendaagse Franse denken [Humanism: Critique in Contemporary French Thought (Nijmegen: SUN, 1986).

5. Jean Cau, o ex-secretário de Jean-Paul Sartre, agora classificado como polemista da “direita”, que se delicia em desafiar as manias e obsessões dos conformistas intelectuais, não hesitou em prestar homenagem à Che Guevara e dedicar um livro à ele. Os “radicais” da burguesia o acusaram “body snatching”! Os admiradores de Cau da extrema direita também não apreciaram sua mensagem. Para eles, os sandinistas nicaraguenses, que não obstante admiravam Abel Bonnard, e o “fascista” americano Lawrence Dennis, são emanações do Mal.

6. Cf. A. Vergez, Marcuse (Paris: P.U.F., 1970).

7. Julien Freund, Qu’est-ce que la politique? [O Quê é Política?] (Paris: Seuil, 1967). Cf Guillaume Faye, “La problématique moderne de la raison ou la querelle de la rationalité” [“O Problema Moderno da Razão ou a Questão da Racionalidade”] Nouvelle Ecole no. 41, Novembro de 1984.

8. G. Lipovetsky, L’ère du vide: Essais sur l’individualisme contemporain [The Era of the Vacuum: Essays on contemporary individualism] (Paris: Gallimard, 1983). Logo depois que esse ensaio foi escrito, Gilles Lipovetsky publicou um segundo livro que reforçou seu ponto de vista: L’Empire de l’éphémère: La mode et son destin dans les sociétés modernes [Império do Efêmero: Estilo e seu Destino nas Sociedades Modernas] (Paris: Gallimard, 1987). Quase simultaneamente, François-Bernard Huyghe and Pierre Barbès protestaram contra a opção “narcisista” em La soft-idéologie [A Ideologia Suave] (Paris: Laffont, 1987). Desnecessário dizer, minhas visões estão fechadas para aqueles dos dois últimos escritores.

9. Cf. Laurent Joffrin, La gauche en voie de disparition: Comment changer sans trahir? [A Esquerda em Processo de Desaparecimento: Como Mudar Sem Trair?] (Paris: Seuil, 1984).

10. Cf. Furio Colombo, Il dio d’America: Religione, ribellione e nuova destra [O Deus da América: Religião, Rebelião, e a Nova Direita] (Milano: Arnoldo Mondadori, 1983).

Fontes:

http://www.counter-currents.com/2010/12/postmodern-challenges-between-faust-and-narcissus-part-1/

http://www.counter-currents.com/2010/12/postmodern-challenges-between-faust-and-narcissus-part-2/

http://www.counter-currents.com/2010/12/postmodern-challenges-between-faust-and-narcissus-part-3/

Der sakrale Charakter des Königtums

Der sakrale Charakter des Königtums

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Ex: http://www.centrostudilaruna.it/

Jede große “traditionelle” Kulturform war durch das Vorhandensein von Wesen charakterisiert, die durch ihre “Göttlichkeit”, d.h. durch eine angeborene oder erworbene Überlegenheit über die menschlichen und natürlichen Bedingungen, fähig erschienen, die lebendige und wirksame Gegenwart des metaphysischen Prinzips im Schoße der zeitlichen Ordnung zu vertreten. Von solcher Art war, dem tieferen Sinn seiner Etymologie und dem ursprünglichen Wert seiner Funktion nach, der Pontifex, der “Brücken-” oder “Wege-Bauer” zwischen dem Natürlichen und dem Übernatürlichen. Weiter identifizierte sich der Pontifex überlieferungsgemäß mit dem Rex, entsprechend dem herrschenden Begriff einer königlichen Göttlichkeit und eines priesterlichen Königtums [Vgl. Servius, Ad Aened., III 268: "Majorum haec consuetudo at rex esset etiam sacerdos et pontifex". Dasselbe läßt sich – wie bekannt – für die urnordischen Stämme sagen.]. Die “göttlichen” Könige verkörperten also im Dauerzustand jenes Leben, welches “jenseits des Lebens” ist. Durch ihr Vorhandensein, vermöge ihrer “pontifikalen” Vermittlung, durch die Kraft der ihrer Macht anvertrauten Riten und der Institutionen, deren Urheber oder Stützen sie waren, strahlten geistige Einflüsse auf die Welt der Menschen aus, die deren Gedanken, Absichten und Handlungen durchdrangen, die einen Schutzwall bildeten gegen die dunklen Kräfte der inferioren Natur; die dem gesamten Leben eine Ordnung gaben, welche es geeignet machte, als fruchtbare Basis für die Verwirklichungen von Höherem zu dienen; die infolgedessen die allgemeinen Voraussetzungen schufen für “Gedeihen”, für “Wohlfahrt”, für “Glück”.

Die Grundlagen der Autorität von Königen und Herrschern, das, wofür sie verehrt, gefürchtet und verherrlicht wurden, war im antiken Weltbild im Wesentlichen diese ihre heilige und übermenschliche Eigenschaft, nicht als leere Redensart verstanden, sondern als Wirklichkeit. Wie man das Unsichtbare als vorausgehendes und höheres Prinzip gegenüber dem Sichtbaren und Zeitlichen empfand, dementsprechend erkannte man solchen Naturen unmittelbar den Vorrang über alle und das natürliche und absolute Herrscherrecht zu. Was allen traditionellen Kulturen fehlt und erst Sache eines darauffolgenden und schon absteigenden Zeitabschnittes wird, ist die laienhafte, weltliche, lediglich politische Idee des Königtums und deshalb auch die eines Vorrangs, der gegründet ist, sei es auf Gewalt und Ehrgeiz, sei es auf natürliche und weltliche Eigenschaften, wie Intelligenz, Stärke, Geschicklichkeit, Mut, Weisheit, Sorge für das materielle Allgemeinwohl und so weiter. Noch fremder ist der Überlieferung die Idee, daß die Macht dem König von denen übertragen werde, die er regiert; daß seine Gesetze und seine Autorität Ausdruck des Volksbewußtseins seien und dessen Billigung unterstellt. An der Wurzel jeder zeitlichen Macht fand sich vielmehr die geistige Autorität eines gleichsam “göttlichen Wesens in Menschengestalt” [Im Mânavadharmçastra (VII, 8) wird der König als "große Gottheit in Menschengestalt" bezeichnet. Der ägyptische König galt als Manifestation von Râ und von Horus. Die Könige von Alba und von Rom personifizierten Jupiter, die urnordischen Odin und Tiuz, die assyrischen Baal, die iranischen den Gott des Lichtes, und so fort. Die Idee einer göttlichen oder himmlischen – wie wir sehen werden, vor allem einer solaren – Abstammung ist allen vormodernen Königstraditionen gemein.]. Bâsileis ieroí: der König – mehr als ein Mensch, ein heiliges kosmisches Wesen – verfügt über die transzendente Kraft, die ihn von jedem Sterblichen distanziert, indem sie ihn befähigt, seinen Untertanen Gaben zu spenden, die außerhalb der menschlichen Reichweite liegen, und ihn imstande setzt, den überlieferungsgemäßen rituellen Handlungen zur Wirksamkeit zu verhelfen, auf die er, wie wir sagten, das Vorrecht besitzt und in denen man die Glieder des wahren “Regierens” und die übernatürlichen Stützen des gesamten traditionsgebundenen Lebens erkannte [Umgekehrt konnte der König in Griechenland und Rom nicht mehr König sein, wenn er sich des Priesteramtes als unwürdig erwies, um dessenwillen er rex sacrorum war. Erster und höchster Vollzieher der Riten für diejenige Wesenheit, deren gleichzeitiger Temporalfall er war.]. Deshalb herrschte das Königtum und wurde für natürlich gehalten. Materielle Macht hatte es nicht nötig. Es zwang sich zuerst und unwiderstehlich durch den Geist auf. “Herrlich ist die Würde eines Gottes auf Erden”, steht in einem arischen Text, “aber für die Unzulänglichen schwer zu erlangen: würdig, König zu sein, ist lediglich der, dessen Sinn sich zu solcher Höhe erhebt”.

In der Überlieferung entsprach der königlichen Göttlichkeit wesentlich das Sonnen-Symbol. Man erkannte dem König denselben “Ruhm” zu, der der Sonne und dem Lichte gehört – Symbolen der höheren Natur –, wenn sie allmorgendlich über die Finsternis triumphieren. “Als König steigt er des Horus (der Sonne) Thron der Lebenden empor, gleich seinem Vater Râ, jeglichen Tag”; “Ich habe bestimmt, daß du dich als König des Südens und des Nordens auf dem Throne des Horus erhebst, gleich der Sonne, ewiglich” – das sind Wendungen, die sich auf das altägyptische Königtum beziehen. Sie stimmen übrigens genau mit den iranischen überein, wo vom König gesagt wird, er sei “vom selben Geschlecht wie die Götter”, er “hat denselben Thron wie Mithra, er steigt mit der Sonne empor”, und wo er particeps siderum genannt wird, “Herr des Friedens, Heil der Menschen, ewiger Mensch, Sieger, der mit der Sonne emporsteigt”.

Dieser solare “Ruhm” oder “Sieg”, der also die Königsnatur und ihr Recht von oben bestimmte, beschränkte sich übrigens nicht auf ein bloßes Symbol, sondern identifizierte sich mit einer realen und schaffenden Kraft, als deren Träger der König als solcher angesehen wurde. Im alten Ägypten wurde der König auch “kämpfender Horus” – hor âhâ – genannt, um diesen Charakter des Siegs oder Ruhms des im König verkörperten solaren Prinzips zu bezeichnen: der König war in Ägypten nicht nur “göttlicher Herkunft”, sondern wurde auch als solcher “eingesetzt” und dann periodisch durch Riten beglaubigt, die eben den Sieg des Sonnengottes Horus über Typhon-Seth, den Dämon des inferioren Bereiches, darstellten. Solchen Riten schrieb man übrigens die Macht zu, eine “Kraft” und ein “Leben” an sich zu ziehen, die auf übernatürlichem Wege die Fähigkeiten des Königs “umschlangen”. Aber das Ideogramm uas, “Kraft”, ist das Zepter, das die Götter und die Könige tragen, ein Ideogramm, das in den älteren Texten für ein anderes Zepter in Zackenform steht, in welchem man den Zickzack des Blitzes erkennt. Die königliche “Kraft” erscheint so als eine Manifestation der himmlischen Blitzeskraft; und die Vereinigung der Zeichen “Leben-Kraft”, ânshûs, bildet ein Wort, das auch die “Flammenmilch” bezeichnet, von der sich die Unsterblichen nähren, seinerseits nicht ohne Beziehung zum uraeus, der göttlichen Flamme, die bald lebenserweckend, bald zerstörerisch wirkt und deren Symbol das Haupt des ägyptischen Königs umgibt. Die verschiedenen Elemente konvergieren also ausschließlich in der Idee einer “nicht irdischen” Macht (oder Fluidums) – sa – , die die sieghafte Sonnenatur des Königs weiht und beglaubigt und die von einem König zum anderen “schnellt” – sotpu – , die ununterbrochene “goldene” Kette des “Königsgeschlechts” bildend, das zum Regieren bestimmt ist [Einer der Namen der ägyptischen Könige ist "Horus aus Gold gemacht", wo das Gold das "solare" Fluidum bezeichnet, aus dem der "unverwesliche Leib" der Unsterblichen entsteht: gleichzusetzen der obengenannten "Flammenmilch" und der "Blitzeskraft", die beide sich ebenfalls an der Sonnenflamme stärken und sich auf den König beziehen. Nicht uninteressant ist der Hinweis, daß der Ruhm in der christlichen Überlieferung als Attribut Gottes figuriert – gloria in excelsis deo – und daß nach der mystischen Theologie in der "Glorie" sich die Vision der "Seligpreisung" erfüllt. Die christliche Ikonographie pflegt sie als Aureole um das Haupt der Heiligen zu breiten, die den Sinn den königlichen ägyptischen uraeus und der Strahlenkrone des iranisch-römischen Königtums wiedergibt.].

Nach der Überlieferung des Fernen Ostens hat der König, der “Sohn des Himmels” – t’ien – tze – , d.h., der nicht nach den Gesetzen der Sterblichen Geborene, den “himmlischen Auftrag” – t’ien – ming – , der gleichfalls die Idee einer übernatürlichen realen Kraft mit einbegreift. Die Art dieser Kraft “vom Himmel” ist nach der Bezeichnung des Lao-tze Tun – ohne – Tun (wei – wu – wei) oder immaterielle Tat durch Gegenwart. Sie ist unsichtbar wie der Wind und hat gleichwohl das Unwiderstehliche einer Naturgewalt: die Kräfte des gewöhnlichen Menschen – sagt Meng-tze – biegen sich darunter wie sich die Halme unter dem Wind biegen [Über die Art der "Tugend", deren Inhaber der König ist, vgl. Dschung-yung, XXXIII, 6, wo es heißt, daß die geheimen Aktionen des "Himmels" den äußersten Grad des Immateriellen erreichen – "sie haben weder Klang noch Geruch", sie sind zart "wie die leichteste Feder". Zum Tun – ohne – Tun vgl. ebd. XXVI, 5 – 6: "Es gleichen sich die im höchsten Grade vollkommenen Menschen durch die Weite und die Tiefe ihrer Tugend der Erde an; durch die Höhe und den Glanz derselben gleichen sie sich dem Himmel an; durch die Ausdehnung und die Dauer gleichen sie sich dem Raum und der Zeit an, die ohne Grenzen sind. Der, welcher in dieser herrlichen Vollkommenheit lebt, er zeigt sich nicht und dennoch offenbart er sich, wie die Erde, durch seine Wohltätigkeit; er bewegt sich nicht und dennoch bewirkt er, wie der Himmel, vielfachen Wandel; er handelt nicht und dennoch bringt er, wie Raum und Zeit, seine Werke zur letzten Vollendung". Weiter unten – XXXI, 1 – wird gesagt, daß nur ein solcher Mensch "würdig ist, die höchste Autorität zu besitzen und den Menschen zu befehlen."]. In dieser Kraft oder “Tugend” verankert, bildete der Herrscher im alten China tatsächlich das Zentrum einer jeden anderen Sache oder Energie. Man war überzeugt, daß von seinem Verhalten insgeheim nicht nur Glanz oder Elend seines Reiches abhing (es ist die “Tugend” – te’ – des Herrschers, weniger sein Beispiel, wodurch das Betragen seines Volkes gut oder böse wird), sondern auch der geregelte und günstige Verlauf der Naturereignisse selbst. Seine Funktion als Mittelpunkt implizierte sein Verharren in jener innerlichen, “sieghaften” Seinsart, von der die Rede war und der hier der Sinn des bekannten Ausdrucks “Unveränderlichkeit in der Mitte” entsprechen mag. Aber wenn dem so ist, kann keine Macht gegen seine “Tugend” aufkommen, um den überlieferungsgemäß geordneten Verlauf der menschlichen und selbst der natürlichen Dinge zu stören. Bei jedem normalen Ereignis mußte also der Herrscher die letzte Ursache und die geheime Verantwortung dafür in sich selbst suchen.

Allgemeiner gesagt, die Idee von heiligen Eingriffen, durch die der Mensch mit seinen verborgenen Kräften die natürliche Ordnung aufrecht erhält und sozusagen das Leben der Natur erneuert, gehört einer frühesten Überlieferung an und interferiert sehr häufig mit der Königsidee selbst. Daß die erste und wesentlichste Funktion des Königs im Vollzug jener rituellen und sakrifikalen Handlungen besteht, die den Schwerpunkt des Lebens in der traditionsgebundenen Welt darstellten, ist jedenfalls eine Idee, die in allen regulären Formen der Überlieferung fortdauert, bis zu den griechischen Städten und bis auf Rom [Aristoteles (Pol. VI, 5, 11; vgl. III, 9) sagt: "Die Könige haben diese ihre Würde dadurch, daß sie Priester eines gemeinschaftlichen Kultes sind." Die wichtigste Handlung, die dem König von Sparta zukam, war die Darbringung von Opfern; und dasselbe ließe sich von den ersten römischen Königen sagen und dann auch von den Herrschern der Kaiserzeit.], indem sie die schon erwähnte Untrennbarkeit der königlichen Würde von den sakrifikalen und pontifikalen erzeugt. Der König, mit nichtirdischen Kräften versehen, ein göttliches Wesen, erschien auf natürlichem Wege als der, welcher unmittelbar fähig ist, die Macht der Riten zur Entfaltung zu bringen und die Wege zur höheren Welt zu erschließen. In jenen Formen der Überlieferung, in denen eine besondere Priesterkaste erscheint, gehört deshalb der König, wenn er seiner ursprünglichen Würde und Funktion entspricht, ihr an, und zwar als ihr Oberhaupt, pontifex maximus. Wenn wir, umgekehrt, bei gewissen Völkern den Brauch vorfinden, beim Eintritt eines Versagens das Oberhaupt abzusetzen oder zu beseitigen – denn dieses Versagen galt ihnen als ein Verfallszeichen der mystischen Kraft des “Glücks”, derentwegen man das Recht hatte, Oberhaupt zu sein – , so haben wir hier den Widerhall von etwas, das, wenn auch in Formen materialistischer Entartung, uns auf dieselbe Ideenfolge zurückführt. Und bei den nordischen Völkern, bis zur Zeit der Goten, wo das Prinzip der königlichen Göttlichkeit zwar unangetastet blieb (der König wurde hier Ases genannt, der Eigenname einer bestimmten skandinavischen Götterkategorie), galt als ein unglückliches Ereignis, wie z.B. eine Hungersnot, eine Seuche oder eine Mißernte, wenn auch nicht gerade als das Fehlen der an den König gebundenen mystischen Macht des “Glücks”, so doch als der Effekt von etwas, das der König begangen haben mußte, und das die objektive Wirksamkeit seiner Macht unterband.

Man verlangte deshalb vom König, daß er die symbolische und solare Eigenschaft des invictussol invictus, élios aníketos – bewahre und damit den Zustand einer unerschütterlichen und übermenschlichen Zentralität aufrecht erhalte, die genau der Idee des Fernen Ostens von der “Unerschütterlichkeit in der Mitte” entspricht. Andernfalls ging die Kraft, und mit ihr die Funktion, auf denjenigen über, der bewies, daß er sie besser an sich zu ziehen verstand. Schon hier kann man auf einen der Fälle hinweisen, in denen die Vorstellung vom “Sieg” zum Knotenpunkt verschiedener Bedeutungen wird. Wer sie richtig versteht, für den ist in dieser Beziehung höchst bedeutungsvoll die Legende vom König der Wälder von Nemi, dessen Würde in einer Zeit des König – und Priestertums auf den überging, dem es gelungen wäre, ihn zu überraschen und zu “töten” – und bekannt ist auch Frazers Versuch, mannigfache Überlieferungen gleichen Typs, die es so ziemlich überall auf der Welt gibt, auf eben diese Legende zurückzuführen. Natürlich ist hier die “Probe” als körperlicher Kampf – sollte er auch in Wirklichkeit nie stattgefunden haben – nur die materialistische Reduktion von etwas, dem eine höhere Bedeutung innewohnt. Um den tieferen Sinn erfassen zu können, der sich in der Legende des Priester-Königs von Nemi verbirgt, muß man sich erinnern, daß nach der Überlieferung den Rex Nemorensis zu stellen nur ein “entflohener Sklave” berechtigt war (d.h. esoterisch verstanden, ein den Fesseln der inferioren Natur entflohenes Wesen), nachdem er zuvor in den Besitz eines Zweiges der heiligen Eiche gelangt ist. Aber die Eiche ist gleichwertig mit dem “Baum der Welt” vieler anderer Überlieferungen und ein ziemlich gebräuchliches Symbol, um die Urkraft des Lebens zu bezeichnen; womit ausgedrückt wird, daß nur ein Wesen, das an dieser Kraft teilhaben will, danach trachten kann, dem Rex Nemorensis die Würde zu entreißen. Was diese Würde anbelangt, ist daran zu erinnern, daß die Eiche und auch das Gehölz, dessen “rex” der Priester – König von Nemi war, in Beziehung zu Diana stand und daß Diana sogar die “Buhlerin” des Königs der Wälder war. Die großen asiatischen Göttinnen der Natur wurden in den alten Überlieferungen des orientalischen Mittelstandes oftmals durch heilige Bäume symbolisiert: worin wir, unter den Symbolen, die Idee von einem Königtum entdecken, das sich herleitet von der Vermählung oder Paarung mit dieser mystischen “Lebens”-Kraft – die auch die der transzendenten Weisheit und der Unsterblichkeit ist – , verkörpert sowohl in der Göttin als auch im Baum. So bekommt die Sage von Nemi die allgemeine Bedeutung, die wir in vielen anderen Mythen und Legenden der Überlieferung finden, nämlich die eines “Siegers” oder “Helden”, der als solcher an Stelle des rex in den Besitz einer Frau oder Göttin gelangt, die in anderen Überlieferungen in der indirekten Bedeutung einer Hüterin von Früchten der Unsterblichkeit auftritt (die Frauengestalten in Beziehung zum symbolischen Baum in den Mythen von Herakles, Jason, Gilgamesch usw.) oder in der direkten Bedeutung einer Personifikation der geheimen Kräfte der Welt und des Lebens oder des übermenschlichen Wissens [Vgl. J. Evola, La tradizione ermetica, Bari 1931, S. 13 – 25. Einige alte Überlieferungen, in Bezug auf einen "weiblichen" Ursprung der Königsmacht, lassen sich zuweilen nach dieser Maßgabe auslegen. Ihre Bedeutung ist dann genau die entgegengesetzte von jener, die der "gynäkokratischen" Anschauung eignet, auf die wir vielleicht bei anderer Gelegenheit zurückkommen werden. – Über den Zusammenhang zwischen göttlichem Weib, Baum und sakralem Königtum vgl. auch die Wendungen im Zohar (III, 50b., III, 51a – auch II, 144b, 145a, mit Bezugnahme auf Moses als Gemahl der "Matrone"), wo es heißt, daß "der Weg, der zum großen Lebensbaum führt, die große Matrone ist" und daß "alle Macht des Königs in der Matrone wohnt", da die "Matrone" die "weibliche" und der Gottheit immanente Form ist; jene, der später bei den Gnostikern, als "heiligem Geist", oftmals wieder ein weibliches Sinnbild entspricht (die Jungfrau Sophia). In der japanischen Überlieferung , die bis heute unverändert fortbesteht, wird der Ursprung der Kaisermacht auf eine Sonnengöttin zurückgeführt – Amaterasu Omikami –, und der Kernpunkt der Zeremonie für den Aufstieg zur Macht – dajo sai – ist durch die Beziehung gegeben, die der König mit ihr durch die "Darreichung der neuen Speise" anknüpft. – Was den "Baum" anbelangt, ist der Hinweis nicht uninteressant, daß er auch in den mittelalterlichen Sagen in Beziehung zur Kaiseridee bleibt: der letzte Kaiser wird vor seinem Tode Zepter, Krone und Schwert am "dürren Baume" aufhängen, der sich gewöhnlich in der symbolischen Region des Presbyters Johannes befindet, genau wie der sterbende Roland sein unzerbrechliches Schwert am "Baume" aufhängt. Weitere Übereinstimmung: Frazer hat auf die Beziehung hingewiesen zwischen dem Zweig, den der entflohene Sklave von der heiligen Eiche der Nemi brechen muß, um mit dem König der Wälder kämpfen zu können, und dem Goldenen Zweig, der Aeneas erlaubt, als Lebender in die Unterwelt hinunterzusteigen, d.h. als Lebender in das Unsichtbare eingeweiht zu werden zu können. Nun wird aber eines der Geschenke, die Kaiser Friedrich II. von dem Presbyter empfängt, gerade ein Ring sein, der "unsichtbar" macht (d.h. in der Unsterblichkeit und ins Unsichtbare versetzt: in den griechischen Überlieferungen ist die Unsterblichkeit des Helden oft ein Synonym für ihren Übergang zum unsterblichen Leben) und der den "Sieg" verschafft: genau wie Siegfried in den Nibelungen durch die symbolische Tugend des Sich-unsichtbar-machens die "göttliche" Brunhild bezwingt und zum königlichen Hochzeitslager führt. ].

Reste von Überlieferungen, in denen die in der archaischen Sage vom König der Wälder enthaltenen Themen wiederkehren, bleiben übrigens bis zum Ende des Mittelalters, wenn nicht noch länger, erhalten und sind stets mit dem antiken Gedanken verknüpft, daß das rechtmäßige Königtum die Neigung hat, auch in spezifischer und konkreter, wir möchten sagen “experimenteller” Weise untrügliche Zeichen seiner übernatürlichen Natur zu bekunden. Ein einziges Beispiel: vor Ausbruch des Dreißigjährigen Krieges verlangte Venedig von Philipp von Valois, daß er sein tatsächliches Recht, die Königskrone zu tragen, durch eines der folgenden Mittel beweise. Das erste, das der Sieg über seinen Widersacher ist, mit dem er auf dem Turnierplatz hätte kämpfen müssen, bringt uns in der Tat auf den Rex Nemorensis und auf die mystische Beglaubigung eines jeden “Sieges” zurück [Bei anderer Gelegenheit werden wir die Auffassung noch besser erhellen, die uns hier – wie, allgemeiner, in der "Waffenprobe" bestimmten mittelalterlichen Rittertums – eigentlich nur in grob materialistischer Form entgegentritt. Der Überlieferung nach war der Sieger nur insofern ein solcher, als sich in ihm eine übermenschliche Energie verkörperte; und eine übermenschliche Energie verkörperte sich in ihm, insofern er Sieger wurde: zwei Momente in einem einzigen Akte, das Zusammentreffen eines "Abstieges" mit einem "Aufstieg".]. Über die beiden anderen Mittel liest man in einem Texte der Zeit: “Wenn Philipp von Valois, wie er behauptet, wahrer König von Frankreich ist, soll er es dadurch zeigen, daß er sich hungrigen Löwen aussetzt, denn die Löwen verwunden nie einen wirklichen König; oder aber er vollbringe das Wunder der Heilung von Kranken, wie es die anderen wahren Könige zu vollbringen pflegen… Im Falle des Mißerfolges würde man ihn seiner Krone als unwürdig erachten.”

Die übernatürliche Macht, die sich im Sieg oder in der thaumaturgischen Tugend offenbart, läßt sich also auch in Zeiten, welche wie die Philipp von Valois schon in die “moderne” Ära fallen, nicht trennen von der Idee, die man traditionsgemäß vom wahren und rechtmäßigen Königtum hatte [Die thaumaturgische Tugend wird von der Überlieferung auch den römischen Kaisern Hadrian und Vespasian bestätigt (Tacitus, Hist., IV, 81; Sueton, Vespas., VII). Bei den Karolingern finden wir Spuren einer Idee, derzufolge sich die soterische Kraft gleichsam materiell bis in die Königsgewänder auswirkt. Angefangen von Robert dem Frommen, über die Könige von Frankreich, und von Eduard dem Bekenner über jene von England, bis zum Zeitalter der Revolutionen, überträgt sich sodann auf dynastischem Wege die thaumaturgische Macht, die sich zunächst auf die Heilung aller Krankheiten erstreckt, sich später auf einige von ihnen beschränkt und sich in tausenden von Fällen erprobt hat, so sehr, daß sie nach einem Wort von Pierre Mathieu "als einziges Wunder von Dauer in der Religion der Christen" erscheint. Zu den geistigen Einflüssen, die sich in den Helden auswirkten, deren Kult man in Griechenland feierte, zählte man außer den prophetischen oft auch die soterische Tugend.]. Und sieht man auch ab von der tatsächlichen Angleichung der einzelnen Personen an sie, so bleibt doch die Idee bestehen, daß “das, was die Könige in solche Verehrung gebracht hat, hauptsächlich die göttlichen Tugenden und Kräfte gewesen sind, die nur in ihnen vorhanden waren und nicht auch in anderen Menschen”. Joseph de Maistre schreibt: “Gott setzt die Könige buchstäblich ein. Er bereitet die Königsgeschlechter vor; er läßt sie in einer Wolke gedeihen, die ihren Ursprung verhüllt. Endlich treten sie hervor, mit Ruhm und Ehre gekrönt; sie setzen sich ein, und das ist das größte Zeichen ihrer Rechtmäßigkeit. Sie steigen von selbst empor, ohne Gewalt von der einen Seite und ohne ausdrückliche Verhandlung von der anderen. Hier herrscht eine gewisse großartige Ruhe, die nicht leicht zu beschreiben ist. Rechtmäßige Usurpation – das schiene mir der treffendste Ausdruck (wäre er nicht zu kühn), um diese Art von Ursprung zu bezeichnen, dem die Zeit dann bald ihre Weihe erteilt.” [Auch in der iranischen Überlieferung herrschte die Ansicht, daß die Natur eines königlichen Wesens sich früher oder später unweigerlich durchsetzen müsse. Der Stelle von De Maistre entnimmt man den Brauch des symbolischen Verhüllens mit einer Wolke, den man traditionsgemäß, in Griechenland vor allem, auf die geraubten und unsterblich gemachten "Helden" anwandte; außerdem wird hier die alte mystische Idee des Sieges ersichtlich, insofern das "Sich-Einsetzen" nach De Maistre das "größte Zeichen für die Rechtmäßigkeit" der Könige ist.]

(Veröffentlichung in: Deutsches Adelsblatt, 04.03.1933)

mercredi, 04 janvier 2012

Sobre o Putin e as Manifestações

Sobre o Putin e as Manifestações

Por João Labrego

Ex: http://yrminsul.blogspot.com/


Não quero me fixar muito em um assunto que é óbvio para quem conhece os bastidores da política internacional, mas as eleições russas possuem uma caracteristica muito interessante.Putin, quando veio ao poder pelos idos dos anos 90 foi acusado de anti-russo e liberal, por ser nacionalista, o que, na Rússia com a mentalidade mofada no dualismo marxista, pode ser considerado liberal.O tempo passou e ele se mostrou um bom governante, potencializando a Rússia e recolocando-a como atriz no cenário internacional.Pois bem, a missão histórica russa sempre foi um: Imperial, e a Rússia nunca fugiu disto ( à não ser quando ela não possuia poder suficiente para tal, ou estavam dominada por individuos anti-russos ).Como Putin foi reconquistando o poder dele dentro do Estado, e o poder russo fora do Estado, toda a sua atuação foi sendo cada vez mais vigiada por aqueles que são defensores de outros imperialismos, que não são o Imperialismo Russo, aliás, são inimigos do Imperialismo Russo. De primeira vista, podemos ver o imperialismo anglo-yankee ( EUA e Inglaterra ) e com uma vista mais apurada, podemos ver outros inimigos da causa russa.Muitos desacreditam que essa conspiração exista porque as economias são interligadas demasiado, ou que esse sentimento anti-russo não existe mais, porque, afinal, de acordo com o chavão do senso comum, o comunismo anti-ocidental acabou.

Bom, além de prova de que essa conspiração anti-russa existe, podemos citar alguns exemplos claros que ficaram maximimizados nas eleições deste ano, como também citar fatos que fortalecem ainda mais tal ponto e o porquê de nos posicionar-mos de um lado da disputa.

1º - A grande parte dos inimigos políticos do Partido Rússia Unida, e de Putin, são financiados e/ou aliados de seguimentos diplomáticos/políticos de países ocidentais. Um exemplo claro disto é a coalisão dos nacionalismos inúteis, parafraseando Faye, com o banqueiros do ocidente.

2º - A idéia puramente ocidental, e moderna, de liberdade individual, foi mais uma vez defendida, sendo um paradoxo pois ao mesmo tempo que os manifestantes anti-putin se declaram contra a tirania de Putin, por outro lado, defendem uma "participação popular" maior nas eleições. Essa contradição é exemplo claro de manipulação com segundas intenções.

3º - A critica anti-putinista é tão simplista ( logo, claramente manipulada) , que só se resume à Putin, enquanto toda a estrutura de articulação política que está lutando junto com Putin, é esquecida.

4º - Os radicalismos políticos do século passado, que já foram abandonados pela evolução humana, foram mais uma vez afirmados contra Putin. Um exemplo são os nacionalistas russos puramente étnicos que são jogados, pelos ocidentais, contra as outras etnias russas, causando uma desestabilização. Um outro caso são os comunistas ortodoxos e caricatos, que não aceitam uma outra perspectiva de ação, além das suas mofadas formulas inaplicáveis. Neonazis e comunistas ortodoxos juntos dos liberais, contra o "mafioso" Putin. Bom, porque os liberais não apareceram nos protestos? A resposta está no quinto ponto.

5º - Os liberais, apesar de serem declaradamente anti-putinistas, não marcaram uma presença muito forte nos protestos. Mas porque isso? Porque é o principio básico de manipulação e financiamento dos inimigos do meu inimigo, a mão invisível liberal. Essa mão, atualmente, é yankee.

6º - A idéia de "democracia" liberal, imposta pelo ocidente, e seus lacaios, está cada dia mais próxima de uma ditadura invisível, onde qualquer um que seja contrário à algum item de sua cartilha é respectivamente taxado de anti-democrático, anti-popular, perseguido e satanizado da forma mais cruel possível. Os americanos, e seu dominio mundial kantiano/pós-moderno, estão pondo as obras ficticias de Huxley e Orwell em prática, mesclando-as na sua política externa.

7º - Nós, Sul-Americanos, concordamos com todos os pontos anteriores, logo, somos aliados dos Russos, apesar de sabermos que Putin não é perfeito, pois ninguém- o- é. Mesmo não sendo perfeito, Putin tem colocado a missão histórica da Rússia Sagrada em Marcha, e isso que deve ficar inicialmente claro para nós, aliados dos Russos.

8º - Se somos aliados da cosmovisão russa, logo todos os inimigos da Rússia são nossos inimigos. Nacionalismos puramente étnicos ( que são baseados na cosmovisão judaica-saxã de segregação racial ), representados pelos neonazis e pela direita liberal, liberais, pró-EUA e seus lacaios, comunistas ortodoxos e internacionalistas ( que agem contraditoriamente de maneira liberal ), são todos nossos inimigos, também.

Dar tanto foque em uma simples manifestação pode ser um equívoco se tratando de analise política, mas ela é a prova de que o combate mortal entre civilizações começou. De forma sútil, mas começou.

E esse combate apocaliptico entre Terra e Mar, entre Povo e Mercantilismo, entre Nação e Elite, entre Crentes e Descrentes, deve ser esperado e preparado, pois além de acontecer, vamos estar de algum dos dois lados.

Presseschau Januar 2012 (1)

Presseschau

Januar 2012 (1)

AUßENPOLITISCHES

Anders Breivik
Der Kranke wider Willen, die überforderte Psychologie
http://www.taz.de/1/archiv/digitaz/artikel/?ressort=tz&dig=2011%2F12%2F17%2Fa0239&cHash=cb30330227

Verurteilter US-Politaktivist
Mumia Abu-Jamal entgeht der Todesstrafe
http://www.spiegel.de/panorama/justiz/0,1518,802367,00.html

Abu-Jamal entgeht der Exekution
http://www.welt.de/print/die_welt/vermischtes/article13758794/Abu-Jamal-entgeht-der-Exekution.html

(man fragt sich ja schon, woher ein solcher deutscher Kommentator an seinem Computertisch eigentlich weiß, was gerade akut in Syrien abläuft bzw. wer dort was manipuliert…)
Syrien
Aufmarsch der Willigen
http://www.op-online.de/nachrichten/politik/kommentar-aufmarsch-willigen-syrien-1545221.html

Abzug aus Irak
Willkommen in einer ungewissen Zukunft
http://www.abendblatt.de/politik/ausland/article2131320/Willkommen-in-einer-ungewissen-Zukunft.html

Heimkehrende US-Soldaten
Der Krieg ist vorbei – jetzt droht der Absturz
Die Heimkehrer aus dem Irak werden in den USA als Helden verehrt, trotzdem wartet auf viele von ihnen die Arbeitslosigkeit.
http://www.badische-zeitung.de/ausland-1/der-krieg-ist-vorbei-jetzt-droht-der-absturz--53657943.html

Latente Bürgerkriegsgefahr in Irak
US-Truppen hinterlassen ethnisch-religiös zerklüftetes Land
http://www.neues-deutschland.de/artikel/213725.latente-buergerkriegsgefahr-in-irak.html

Baghdad
Neuer Anschlag im Irak
UN-Botschafter rechnet aber nicht mit Bürgerkrieg.
http://www.tagesspiegel.de/zeitung/baghdad-neuer-anschlag-im-irak-/5995924.html

Anschläge auf Kirchen
Nigeria will Islamisten energisch bekämpfen
http://www.faz.net/aktuell/politik/anschlaege-auf-kirchen-nigeria-will-islamisten-energisch-bekaempfen-11580689.html

Putin attackiert USA: "Clinton gab Zeichen zum Aufruhr"
http://www.abendblatt.de/politik/ausland/article2121041/Putin-attackiert-USA-Clinton-gab-Zeichen-zum-Aufruhr.html

Nackte Feministinnen protestieren gegen Putin
http://www.welt.de/politik/ausland/article13760434/Nackte-Feministinnen-protestieren-gegen-Putin.html

Geplante Massendemonstration in Russland
Zehntausende zu Anti-Putin-Protesten erwartet
http://www.tagesschau.de/ausland/demonstrationenrussland112.html

Ukraine
Ex-Ministerpräsidentin Timoschenko im Straflager
http://www.spiegel.de/politik/ausland/0,1518,806409,00.html

Automafia?
Ukrainischer Minister soll einen gestohlenen Benz fahren
http://www.badische-zeitung.de/nachrichten/panorama/ukrainischer-minister-soll-einen-gestohlenen-benz-fahren--52956244.html

Transnistrien: Überraschung bei Präsidentenwahl
http://www.unzensuriert.at/content/006400-Transnistrien-Ueberraschung-bei-Praesidentenwahl

Europa und der letzte Traum der Linken
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5b5c77aeb2a.0.html?PHPSESSID=4ac4ba197f2b5affb88012cc4e365488

Israel: Keine Muezzin-Rufe aus Lautsprechern mehr
http://www.unzensuriert.at/content/006416-Israel-Keine-Muezzin-Rufe-aus-Lautsprechern-mehr

Israel
Diskriminierung gegen Frauen wächst
Religiöse Fanatiker in Israel: "Nach hinten, Schickse"
http://www.wienerzeitung.at/dossiers/nahostkonflikt/nahostkonflikt_aktuelle_berichte/422954_Religioese-Fanatiker-in-Israel-Nach-hinten-Schickse.html

Griechen sehen deutsche Finanzhilfe als Wiedergutmachung
http://www.unzensuriert.at/content/006413-Griechen-sehen-deutsche-Finanzhilfe-als-Wiedergutmachung

Nordkoreas Diktator Kim Jong-il ist tot
http://www.unzensuriert.at/content/006418-Nordkoreas-Diktator-Kim-Jong-il-ist-tot

Chinesen bauen alles nach
http://www.wdr.de/mediathek/html/regional/2011/06/22/aktuelle-stunde-chinesen-nachbau.xml

INNENPOLITISCHES / GESELLSCHAFT / VERGANGENHEITSPOLITIK

Rückt die FAZ nach links? Oder gibt das Feuilleton nur den Klassen-Clown?
http://www.wolfgangmichal.de/?p=1380

Henkel strebt mit Freien Wählern 5 bis 10% an
http://www.pi-news.net/2011/12/henkel-strebt-mit-freien-wahlern-5-bis-10-an/

Henkel tritt Freien Wählern bei
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M57a91c86fa9.0.html

Kauder warnt Konservative vor Spaltung der Partei
http://www.focus.de/politik/deutschland/parteien-kauder-warnt-konservative-vor-spaltung-der-partei_aid_695267.html

Mein rechter Platz ist leer ...
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M51087c8b03d.0.html?PHPSESSID=1e27baaf46dfb969963be4e0cd9f131c

„Es geht nicht in der CDU“ – Fragen an Sebastian Pella
http://www.sezession.de/29207/es-geht-nicht-in-der-cdu-fragen-an-sebastian-pella.html#more-29207

Schäuble bot 2010 seinen Rücktritt an
http://www.spiegel.de/politik/deutschland/0,1518,804475,00.html

(Auweia…)
Seehofer will Guttenberg in die Politik zurückholen
Sogar ein Ministeramt sei für den zurückgetretenen Verteidigungsminister denkbar
http://www.abendblatt.de/politik/deutschland/article2143300/Seehofer-will-Guttenberg-in-die-Politik-zurueckholen.html

Kontrapunkt
Von Guttenberg zur NPD
http://www.tagesspiegel.de/meinung/von-guttenberg-zur-npd/5949236.html

Muslime stellen sich hinter Wulff
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5fe9fe90973.0.html

Schmidts Schnauze
http://www.sezession.de/29252/schmidts-schnauze.html#more-29252

Ohne Beruf, aber Volksvertreter
Omid Nouripour ist Grünen-Sprecher in Frankfurt
http://www.freie-waehler-frankfurt.de/artikel/index.php?id=209

Bundesparteitag der Piraten
Kommentar: Thematischer Rundumschlag
http://www.op-online.de/nachrichten/politik/thematischer-rundumschlag-1517315.html

Euro-Krise
Was Sie tun können, wenn das Finanzchaos ausbricht
http://www.welt.de/wirtschaft/article13761852/Was-Sie-tun-koennen-wenn-das-Finanzchaos-ausbricht.html

(Horx liefert, was Politiker als veröffentlichte Meinung hören wollen. Interessant wäre, wo er seine Euros angelegt hat…)
Schuldenangst
Deutsche neigen zum "apokalyptischen Spießertum"
http://www.welt.de/politik/article13788783/Deutsche-neigen-zum-apokalyptischen-Spiessertum.html

Kommunen
Briten brechen Brücken nach Europa ab
http://www.welt.de/vermischtes/weltgeschehen/article13763866/Briten-brechen-Bruecken-nach-Europa-ab.html?wtmc=google.editorspick

Versagen der Uni-Ökonomen
Warum bringt uns keiner Krise bei?
http://www.spiegel.de/unispiegel/studium/0,1518,803953,00.html

(Bei der EU-Kommission finden so manche ihre Pöstchen…)
„Nicht heilig, aber talentiert“: Guttenberg wird EU-Berater
http://diepresse.com/home/politik/aussenpolitik/716216/Nicht-heilig-aber-talentiert_Guttenberg-wird-EUBerater?_vl_backlink=/home/politik/index.do

(Gibt es eigentlich auch irgendwelches Geld für die Suche nach Beutekunst der Alliierten aus deutschen Sammlungen?)
Mehr Geld für Suche nach NS-Raubkunst
http://www.welt.de/newsticker/dpa_nt/regioline_nt/berlinbrandenburg_nt/article13747158/Mehr-Geld-fuer-Suche-nach-NS-Raubkunst.html

LINKE / KAMPF GEGEN RECHTS / ANTIFASCHISMUS

Peter Weibel über die „Instabilität des Systems“
http://www.sezession.de/29640/peter-weibel-uber-die-instabilitat-des-systems.html#more-29640

Rolle des Verfassungsschutzes bei „Döner-Morden" eine Schande für Deutschland
Als „Schande für Deutschland" bezeichnete heute der NPD-Abgeordnete, Rechtsanwalt Michael Andrejewski, die Rolle des Verfassungsschutzes bei den so genannten Döner-Morden. Hierbei handele es sich um „Geheimdienstversagen", „vielleicht sogar Staatskriminalität".
http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=vymAi1K-A0k
http://www.youtube.com/watch?v=vymAi1K-A0k&feature=youtu.be

„Zwickauer Terrorzelle” erneut Thema im Landtag von MV
http://www.mupinfo.de/?p=15350

Kommentar von Hugo Müller-Vogg
Stoppt die Stümper-Spitzel!
http://www.bild.de/news/standards/bild-kommentar/stoppt-die-stuemper-spitzel-21511594.bild.html

Türkischer Außenminister verspricht Familien der Neonazi-Opfer Hilfe
http://www.op-online.de/nachrichten/politik/tuerkischer-aussenminister-verspricht-familien-neonazi-opfer-hilfe-1514841.html

Zschäpe-Anwälte im Interview Verteidiger beklagen "unfaires" Verfahren
http://www.stern.de/panorama/zschaepe-anwaelte-im-interview-verteidiger-beklagen-unfaires-verfahren-1759367.html

Neonazi-Trio bekam Geld vom Verfassungsschutz
Weitere Pannen: Ermittler haben Erkenntnisse nicht weitergegeben. Rechte Terroristen nahmen falsche Pässe und tauchten ab
http://www.abendblatt.de/politik/deutschland/article2131319/Neonazi-Trio-bekam-Geld-vom-Verfassungsschutz.html

Neonazis
Abwehrzentrum: Behörden gemeinsam gegen Rechts
http://www.abendblatt.de/politik/article2130821/Abwehrzentrum-Behoerden-gemeinsam-gegen-Rechts.html

NPD-Verbot: Alle Jahre wieder
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M57a0a99794b.0.html

(In der „Frankfurter Allgemeinen Sonntagszeitung“ der Aufruf zu Massenverhaftungen: „Hat man aber mal den Fokus auf die vielen erweitert, statt die einfachen Aktivisten nur als hirtenlose braune Schafe zu verharmlosen, ändert sich auch die Bewertung des Mitläufertums. Dann könnte sich empfehlen, alle Mitglieder der Nazibewegung zur Verantwortung zu ziehen, das Netz weiter auszuwerfen und auch gegen den, der sich singend, tanzend, musizierend über Morde freut, zu ermitteln. Die vielen sind ja nicht immer die besseren Menschen, man kann auch gemeinsam dem Bösen huldigen. Wenn sich viele an den Filmen, den Bildern, den Moritaten rassistischer Serienmörder delektieren, wenn viele sie unterstützen und gut finden, dann werden eben viele festgenommen.“)
Protestkultur
Endlich ist alles schwindlig
http://www.faz.net/aktuell/feuilleton/protestkultur-endlich-ist-alles-schwindlig-11579783.html

Terror, Tabus und Todeszonen
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5075c44148d.0.html?PHPSESSID=2e6b0f75c2e6ca4c66d192f8aa33a582

Fremdenfeindlichkeit
Merkel dankt Bürgern für Einsatz gegen Rassismus
http://www.morgenpost.de/printarchiv/politik/article1858661/Merkel-dankt-Buergern-fuer-Einsatz-gegen-Rassismus.html

Ausnahmezustand II
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M500a5109891.0.html

(Zitat: „Stiehlt ein Neonazi etwa ein Auto, gilt das bisher als normale Kriminalität. Eine Straftat solle künftig dem Rechtsextremismus zugeordnet werden, wenn der Täter in den Datenbanken der Polizei als ein potentieller Gewalttäter geführt wird oder einer rechten Partei angehört.“)
Jäger will rechtsextreme Straftaten erfassen
Angesicht der Verbrechen des Zwickauer Terrortrios schlägt der nordrhein-westfälische Innenminister Ralf Jäger vor, künftig alle Straftaten von Rechtsextremen in einer Statistik zu erfassen.
http://www.op-online.de/nachrichten/politik/jaeger-will-rechtsextreme-straftaten-erfassen-1538859.html

Rechte Droh-Mail an Minsterin aus Niedersachsen
http://www.op-online.de/nachrichten/politik/droh-mail-minsterin-niedersachsen-1537207.html

(Heitmeyer kann man wieder seine alten Socken aufwärmen…)
Ausgrenzung von Minderheiten
"Explosive Situation als Dauerzustand"
http://www.sueddeutsche.de/politik/ausgrenzung-von-minderheiten-explosive-situation-als-dauerzustand-1.1233203

Wo sich die rohe Bürgerlichkeit zeigt
Wilhelm Heitmeyer (Hrsg.): "Deutsche Zustände - Folge 10"
http://www.dradio.de/dlf/sendungen/andruck/1626892/

Sozialforscher warnt vor "Klassenkampf von oben"
Abstiegsangst, Spaltung, Ausländerfeindlichkeit: Aus Sicht von Soziologen ist die deutsche Gesellschaft stark verunsichert. Rechtspopulismus macht sich breit.
http://www.zeit.de/politik/deutschland/2011-12/studie-deutschland-vorurteile

Deutsche Zustände
Immer mehr Deutsche billigen Gewalt
http://www.tagesspiegel.de/politik/immer-mehr-deutsche-billigen-gewalt/5950626.html

"Die Gesellschaft ist vergiftet"
Als Bilanz der zehnjährigen Studie über "Deutsche Zustände" konstatiert der Sozialforscher Wilhelm Heitmeyer eine massive Zunahme von Fremdenfeindlichkeit und Rechtspopulismus
http://www.heise.de/tp/blogs/10/151008

Heitmeyers Zustände
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5fe5c793394.0.html?PHPSESSID=83f23916ea167c3c31fa73295569029d

(the same procedure in Italy…)
Italien
Rassistischer Mord in Florenz - Wahnsinnstat eines Einzelnen?
http://www.abendblatt.de/vermischtes/article2127118/Rassistischer-Mord-in-Florenz-Wahnsinnstat-eines-Einzelnen.html

Florenz trauert - Razzien gegen Rechtsextremisten
http://www.wienerzeitung.at/nachrichten/politik/europa/418783_Florenz-trauert-Razzien-gegen-Rechtsextremisten.html

Rechtsextremes Attentat von Florenz
Die kruden Ideen des Signor Casseri
http://www.spiegel.de/panorama/justiz/0,1518,803786,00.html

Strage Firenze, Iannone: "Casa Pound non è responsabile, vogliono screditarci"
http://www.youtube.com/watch?v=BSLgPAPFh3E

Lucia Annunziata vs Gianluca Iannone di Casapound (La Crisi 13.12.2011)
http://www.youtube.com/watch?v=j1gdUDdVyCA&feature=related

(Primitivste „Anti-Rechts“-Propaganda im Jugendmagazin „Bravo“)
Foto-Lovestory: Anne, mach die Augen auf!
http://www.bravo.de/lifestyle/foto-lovestory/anne-mach-die-augen-auf/ex/page/0

(dazu eine Antwort)
Mädchen sind ja oft etwas schwerer von Begriff,…
http://www.sezession.de/29247/madchen-sind-ja-oft-etwas-schwerer-von-begriff.html

Die Pfadfinder verlassen den Pfad der Tugend
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M58d2c7b4460.0.html

Dortmund
Ein Stadtteil ringt mit den Neonazis
http://www.zeit.de/gesellschaft/zeitgeschehen/2011-12/neonazis-dortmund

(wer was weiß sollte sofort das Online-Formular ausfüllen)
Vorwürfe FSV Zwickau sucht Zeugen für antisemitische Fanrufe
http://www.mdr.de/sport/fussball_ol/fangegroele100_zc-1c39d593_zs-e4961192.html

Proteste
Ehemaliger NPD-Kandidat verkauft auf Bochumer Weihnachtsmarkt Süßes
http://www.derwesten.de/staedte/bochum/ehemaliger-npd-kandidat-verkauft-auf-bochumer-weihnachtsmarkt-suesses-id6163377.html

Nazi-Firma auf dem Bochumer Weihnachtsmarkt?
Brauner Zucker
http://www.bo-alternativ.de/2011/12/12/brauner-zucker/

(Man muss es sich reinziehen. Schon eine Facebook-Freundschaft (ein Mouseclick) reicht zum Arbeitsplatzverlust)
Kontakt zu Rechtsextremen
Ikea-Personalchef entlassen
http://www.n24.de/news/newsitem_7528329.html

Üble Aufkleber in der ganzen Stadt
Neonazis werben mit Helmut Schmidt
http://www.mopo.de/politik/ueble-aufkleber-in-der-ganzen-stadt-neonazis-werben-mit-helmut-schmidt,5067150,11351304.html

Die Betroffenen von Beruf: „Nehmt Ihr jetzt endlich die Extremismusklausel zurück.“
http://www.blauenarzisse.de/index.php/gesichtet/3002-die-betroffenen-von-beruf-nehmt-ihr-jetzt-endlich-die-extremismusklausel-zurueck

Grünen-Abgeordneter Ströbele lädt Antifa ein
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5f6dc602793.0.html?PHPSESSID=4e019c6901b9f162ce341dfe39233a9b

(Zum „Antifa“-Pfarrer Lothar König aus Jena)
Schwerer Landfriedensbruch: Pfarrer König angeklagt
http://www.insuedthueringen.de/regional/thueringen/thuefwthuedeu/Schwerer-Landfriedensbruch-Pfarrer-Koenig-angeklagt;art83467,1835898
Politik: Pfarrer König angeklagt
http://newsticker.sueddeutsche.de/list/id/1247037

Linksextreme sprengen Kreistagssitzung in Greifswald
http://www.npd-mv.de/index.php?com=news&view=article&id=2586&mid=7

Grüne sollen die Kreistagssitzung bezahlen
http://www.npd-mv.de/index.php?com=news&view=article&id=2588&mid=7

(„Linksterrorismus“)
Briefbombe an Josef Ackermann
Bundesanwaltschaft übernimmt Ermittlungen
http://www.focus.de/politik/deutschland/briefbombe-an-ackermann-bundesanwaltschaft-uebernimmt-ermittlungen_aid_692651.html

Neonazis wegen Brandanschlag rechtskräftig verurteilt
http://www.nh24.de/index.php/vermischtes/22-allgemein/51527-neonazis-wegen-brandanschlag-in-wetzlar-rechtskraeftig-verurteilt

Kripo ermittelt nach Auffinden von 16 Hakenkreuz-Aufkleber in Weimar
http://www.jenapolis.de/2011/12/kripo-ermittelt-nach-auffinden-von-16-hakenkreuz-aufkleber-in-weimar/

Aktion „gegen rechts“ in Frankfurt am Main
http://www.hr-online.de/website/rubriken/nachrichten/indexhessen34938.jsp?rubrik=34938&mediakey=fs/hessenschau/20111207_1645_gegen_rechts&type=v&key=standard_teaser_43342184
http://www.fnp.de/fnp/region/lokales/frankfurt/ottofrankweg-fuer-einen-tag_rmn01.c.9423622.de.html
http://www.fnp.de/fnp/region/lokales/frankfurt/marbachweg-aus-protest-umbenannt_rmn01.c.9426111.de.html
http://www.fnp.de/fnp/region/lokales/frankfurt/frankfurt-wehrt-sich-gegen-nazis_rmn01.c.9399515.de.html

Potsdam
Sachbeschädigung
Täter werfen Farbbeutel auf Balustrade der künftigen Garnisonkirche
http://www.pnn.de/potsdam/608405/

Tod des Liedermachers
Franz Josef Degenhardt: Klassenkämpfer mit Klampfe
http://www.abendblatt.de/region/pinneberg/article2095170/Franz-Josef-Degenhardt-Klassenkaempfer-mit-Klampfe.html

Kleine Sektologie der Linken
http://lyziswelt.blogsport.de/2011/12/18/kleine-sektologie-der-linken/#more-153

EINWANDERUNG / MULTIKULTURELLE GESELLSCHAFT

Emma West als Exempel
http://www.sezession.de/29204/emma-west-als-exempel.html

Nachtrag zu Emma West
http://www.sezession.de/29396/nachtrag-zu-emma-west.html#more-29396

Zweierlei Migranten-Quoten
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M52049bbf61d.0.html?PHPSESSID=50e562c585cd547b32144e7207d3326a

Aktuelles zu Fjordman
http://www.sezession.de/29432/aktuelles-zu-fjordman.html

Bizarre Forderung der deutschen Kanzlerin Angela Merkel: "Wir müssen Migrantengewalt akzeptieren"
http://www.polizeibericht.ch/ger_details_34855/Bizarre_Forderung_der_deutschen_Kanzlerin_Angela_Merkel_Wir_muessen_Migrantengewalt_akzeptieren.html

Özoguz neue SPD-Vize - Traumergebnis für Kraft
http://www.op-online.de/nachrichten/politik/oezoguz-neue-spd-vize-traumergebnis-kraft-1517997.html

NRW führt islamischen Religionsunterricht ein
http://www.op-online.de/nachrichten/politik/fuehrt-islamischen-religionsunterricht-1538573.html

Muslime stören sich an kanadischer Weihnachtskrippe
http://www.unzensuriert.at/content/006455-Muslime-stoeren-sich-kanadischer-Weihnachtskrippe

Spielfilm
Auf der anderen Seite des Ozeans
http://programm.ard.de/TV/arte/auf-der-anderen-seite-des-ozeans/eid_287247059133319?list=now#top

Wirtschaft: Rösler wirbt um Südländer
http://newsticker.sueddeutsche.de/list/id/1245042

Deutschland will wieder Gastarbeiter anwerben
http://orf.at/stories/2092826/

Laschet plädiert für mehr Zuwanderung
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M53b33bdd5ff.0.html

(Zitat: „Voraussetzung der Verlängerung ist, dass die Betroffenen sich um den Lebensunterhalt für sich und ihre Familie selbst bemühen…“)
Hessen verlängert Bleiberecht
http://www.bild.de/regional/frankfurt/frankfurt-regional/hessen-verlaengert-bleiberecht-21670154.bild.html

Der Abschiebär Trailer
http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=N24Ogrg7fFI#!

Kroatische Zigeuner bilden Dänemarks kriminellste Familie
http://www.unzensuriert.at/content/006312-Kroatische-Zigeuner-bilden-Daenemarks-kriminellste-Familie

Pariser Polizei verweigert Anzeige wegen anti-weißem Rassismus
http://www.unzensuriert.at/content/006498-Pariser-Polizei-verweigert-Anzeige-wegen-anti-weissem-Rassismus

(Könnten es am Ende auch noch besonders „mobile“ Kinder gewesen sein?)
Einbrecher sind noch Kinder
http://www.op-online.de/nachrichten/offenbach/einbruch-offenbach-einbrecher-kinder-1513181.html

Stolzenau: 13-Jährige auf offener Straße erschossen - Vater auf der Flucht
http://www.mt-online.de/lokales/blickpunkt/tochtermoerder_flieht_nach_minden/5497791_Stolzenau_13-Jaehrige_auf_offener_Strasse_erschossen_-_Vater_auf_der_Flucht.html

Deutscheopfer.de: Detaillierte Schilderung eines Falls in einem Leserbrief
http://www.sezession.de/29547/deutscheopfer-de-detaillierte-schilderung-eines-falls-in-einem-leserbrief.html

(Die „multikulturelle Gesellschaft“ macht auch das „Antifaschisten“-Dasein nicht ungefährlicher…)
Gelldorf / Prozess
„Lust an der Gewalt“: Opfer bewusstlos getreten
http://www.sn-online.de/Schaumburg/Rinteln/Obernkirchen/Lust-an-der-Gewalt-Opfer-bewusstlos-getreten

Nach Überfällen
Haftstrafen für Profifußballer Koc und Kocer
http://www.haz.de/Nachrichten/Sport/Fussball/Haftstrafen-fuer-Profifussballer-Koc-und-Kocer

(Der Hintergrund riecht stark nach Mr. Sinti und Mrs. Roma…)
"Familienzusammenführung" - Heusenstamm / Stadt und Kreis Offenbach
(hf) Eigentlich sollte man sich freuen, wenn der Vater zu sechs Kindern "gefunden" wird - im Fall einer 42-Jährigen könnte dies allerdings teuer werden: Die Frau beantragte seit 1986 fortlaufend bei verschiedenen Sozialleistungsträgern der Städte Frankfurt am Main, Offenbach am Main und Mönchengladbach sowie beim Kreis Offenbach Leistungen für den Lebensunterhalt für sich und ihre insgesamt sechs Kinder. Bei den jeweiligen Antragsstellungen gab sie an, dass die Kindsväter nicht bekannt seien. Umfangreiche Ermittlungen der Polizei führten nun zu der Erkenntnis, dass alle sechs Kinder von einem Vater stammen. Es soll sich dabei um einen 44-Jährigen handeln, mit dem die Frau und deren Kinder wohl ununterbrochen als Familie zusammen lebte - und dies noch immer tut. Hierbei verfügte die Familie zum Teil über erhebliche Luxusgegenstände. Im Jahr 2003 soll die Familie einen Mercedes für knapp 50.000 Euro, vier Jahre später einen weiteren für über 20.000 Euro erworben haben. Bereits 1997 habe der 44-Jährige ein Mehrfamilienhaus in Offenbach für mehr als einen halbe Millionen Mark gekauft. Dort wohnte er augenscheinlich gemeinsam mit seiner Familie in einer Wohnung. Vom Sozialamt habe er sich die "Miete" für die Wohnung bezahlen lassen. Im Rahmen einer Durchsuchung fanden die Beamten umfangreiche Beweismittel, die ein ununterbrochenes Zusammenleben der Familie belegten. Unter anderem stellten die Ordnungshüter Fotoalben sicher, in denen sich neben Bildern von ausschweifenden Festlichkeiten und verschiedenen Urlauben auch Hochzeitsbilder befanden. Zwischenzeitlich erkannte der 44-Jährige, der aktuell mit seiner Familie in Heusenstamm lebt, die Vaterschaft zu sämtlichen Kindern an. Dies führte dazu, dass nunmehr der Sozialleistungsträger des Kreises Offenbach Rückforderungen für entrichtete Unterstützungen in Höhe von über 110.000 Euro erhob. Die Höhe der Rückforderungen der Sozialleistungsträger für die Städte Offenbach, Frankfurt und Mönchengladbach sind derzeit noch in Berechnung - dürften aber in den nächsten Wochen folgen.
http://www.presseportal.de/polizeipresse/pm/43561/2171059/pol-of-pressebericht-des-polizeipraesidiums-suedosthessen-vom-freitag-23-12-2011

KULTUR / UMWELT / ZEITGEIST / SONSTIGES

Verblendung im Goethe-Institut
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M54c6bc59567.0.html

(Zitat: „„Man kann die Frage stellen, ob es inhaltlich richtig ist, ein Denkmal zu rekonstruieren, das an ein Bündnis dreier autoritärer Herrscher erinnert.“ Willkommen in der DDR 2.0.)
Wuppertal
Drei-Kaiser-Denkmal: Keine rechtlichen Hürden
http://www.wz-newsline.de/lokales/wuppertal/stadtteile/elberfeld-mitte-west/drei-kaiser-denkmal-keine-rechtlichen-huerden-1.858143

Oldenburg
Streit um ein ambivalentes Denkmal
Krieg und Frieden
http://www.taz.de/Streit-um-ein-ambivalentes-Denkmal/!83407/

Oldenburg
Reiter von Standbild begeistert
Landesturnier Platz für Bronze-Skulptur von Graf Anton Günther noch gesucht
http://www.nwzonline.de/Region/Artikel/2653649/Reiter-von-Standbild-begeistert.html

Herforder streiten um Stadttore
http://www.wdr.de/mediathek/html/regional/2011/08/05/lokalzeit-owl-stadttore.xml

Humboldt-Forum
Das Schloss wächst
http://www.tagesspiegel.de/berlin/humboldt-forum-das-schloss-waechst/5980532.html

Luftschloss?
Gysi lästert über das Stadtschloss
http://www.berliner-kurier.de/kiez-stadt/luftschloss--gysi-laestert-ueber-das-stadtschloss,7169128,11355586.html

Kirchenarchitektur
Ein Gotteshaus? Oh Gott! Versteckt es!
http://www.welt.de/kultur/article13746862/Ein-Gotteshaus-Oh-Gott-Versteckt-es.html

Stuttgart 21
Bahndirektion wird abgerissen
http://www.stuttgarter-zeitung.de/inhalt.stuttgart-21-bahndirektion-wird-abgerissen.414399a4-36de-4ce6-a547-6005ccc04a6e.html#goToComments
http://picasaweb.google.com/102312444829271982174/WurttembergischeEisenbahndirektion#
http://christian-storr.smugmug.com/Architecture/Former-Railway-Directorate/12890303_L7NVr/1/930865987_B4tzL#930865457_NgSCP

Für die Gründung des Felsenbrunnerhofs stand Landgraf Ludwig IX. Pate
Spätbarocker Mansardenbau aus dem Jahr 1788 wurde im Jahr 2009 abgerissen
http://www.pirmasenser-zeitung.de/cgi-bin/cms/www/cgi/cms.pl?cmd=showMsg&tpl=pzMsg.html&path=/pz/landkreis&id=7405477
http://borderline-press.blogspot.com/2009/10/wenn-der-denkmalschutz-total-versagt.html

Leverkusen
Trauriger Abriss
http://www.rp-online.de/bergisches-land/leverkusen/nachrichten/trauriger-abriss-1.2643061

Die 4. Revolution
Energy Autonomy
http://www.energyautonomy.org/

Freiburg-Vauban: Autofrei wohnen
http://www.autofrei-wohnen.de/proj-d-vauban.html

Hamburg - Eppendorf: Falkenried-Terrassen - Autofrei wohnen
http://www.autofrei-wohnen.de/proj-d-falkenried.html

45 Min - Wahnsinn Wärmedämmung
http://www.ndr.de/fernsehen/sendungen/45_min/videos/minuten385.html

(Der nächste modernistische Sanierungsfall)
Undicht
Krähen zerstören Dach vom Berliner Hauptbahnhof
http://www.morgenpost.de/berlin-aktuell/article1849912/Kraehen-zerstoeren-Dach-vom-Berliner-Hauptbahnhof.html

(inclusiver dämlicher Zeitgeistkommentare des bundesdeutschen TV)
Der Traum vom Wiederaufbau Königsbergs
http://www.zdf.de/ZDFmediathek/beitrag/video/1514690/Der-Traum-vom-Wiederaufbau-K%C3%B6nigsbergs#/beitrag/video/1514690/Der-Traum-vom-Wiederaufbau-Koenigsbergs

(Auch ein Nachruf, der Autorenname ist Programm - es geht natürlich vor allem um die „Verstrickungen“ in die NS-Zeit)
Zum Tode von Johannes Heesters
Das Maxim, Sie wissen schon!
von Christian Buß
http://www.spiegel.de/kultur/kino/0,1518,764613,00.html

Jopi ist tot
Gemischte Gefühle in Holland
http://www.fr-online.de/leute/jopi-ist-tot-gemischte-gefuehle-in-holland,9548600,11353776.html

(Der Spiegel hat folgenden biologistischen Aufsatz parat - die Propagandaversuche werden immer verzweifelter)
Segensreiche Artenvielfalt
Multikulti-Wälder wachsen besser
http://www.spiegel.de/wissenschaft/natur/0,1518,804586,00.html

Über die Dummheit im Allgemeinen und die Gemeinschaftsschule im Besonderen:
Gemeinschaftsschule - Die Abschaffung der Dummheit
http://klappeauf.de/php/inhalte/index.php?art=7&bereich=1

(Ob´s nur was mit dem Geld zu tun hat? Bekämen die Schüler bessere Noten, wenn man ihren Eltern monatlich einen Tausender mehr schenken würde?...)
Arme Kinder bekommen schlechtere Noten
http://www.welt.de/print/welt_kompakt/print_politik/article13768134/Arme-Kinder-bekommen-schlechtere-Noten.html

Trivial-Feminismus mit Melanie Mühl
http://www.sezession.de/29521/trivial-feminismus-mit-melanie-muhl.html#more-29521

Heulen, Anders-Sein und Raven wegen Deutschland
http://www.blauenarzisse.de/index.php/rezension/3009-heulen-anders-sein-und-raven-wegen-deutschland

US-Entwicklungshilfe für Schwule in aller Welt
http://www.unzensuriert.at/content/006410-US-Entwicklungshilfe-fuer-Schwule-aller-Welt

Doku über US-Bürgerrechtsbewegung
Die eigene Geschichte
In "Black Power Mixtape 1967-1975" porträtiert Göran Olsson die US-Bürgerrechtsbewegung einmal anders. Er verbindet Bekanntes mit neu entdecktem Archivmaterial.
http://www.taz.de/Doku-ueber-US-Buergerrechtsbewegung/!83701/

Black-Power-Dokumentarfilm
Auf den Frühling folgt bald die Depression
http://www.zeit.de/kultur/film/2011-12/film-black-power-mixtape

Bud Bad: Freibad trägt Namen von Bud Spencer
http://www.tlz.de/startseite/detail/-/specific/Bud-Bad-Freibad-traegt-Namen-von-Bud-Spencer-942216322

Silberschatz in Passauer Bibliothek
Hausmeisterin wird belohnt
http://www.focus.de/panorama/welt/silberschatz-in-passauer-bibliothek-hausmeisterin-wird-belohnt_aid_691728.html

Was der Konsum mit uns macht
http://www.youtube.com/watch?v=1fUfvmT1M90

Flashmob in München
S-Bahn-Saufparty: Wer zahlt für den Schaden?
http://www.tz-online.de/aktuelles/muenchen/s-bahn-saufparty-zahlt-schaden-tz-1527408.html

"Schindlers Liste" ging "an die Substanz"
Berlin - Regisseur Steven Spielberg («E.T.», «Indiana Jones») hält seinen Film «Schindlers Liste» und die daraus entstandenen Projekte mit Holocaust-Überlebenden für sein Hauptwerk.
http://www.morgenpost.de/newsticker/dpa_nt/infoline_nt/boulevard_nt/article1858883/Schindlers-Liste-ging-an-die-Substanz.html

Erbe d. Menschheit
Hiroschima-Verbrechen gegen die Menschlichkeit
http://www.youtube.com/watch?v=m_rOYj7yIl8

(Gefahr Weltraumschrott…)
Namibia
Wo die vom Himmel gefallene Metallkugel herkam
http://www.welt.de/vermischtes/article13782684/Wo-die-vom-Himmel-gefallene-Metallkugel-herkam.html

Brasilien
Student Adolf Hitler will neuen Namen
http://www.stern.de/panorama/brasilien-student-adolf-hitler-will-neuen-namen-1763928.html

Thailändische Airline hebt mit transsexuellen Flugbegleitern ab
http://www.spiegel.de/reise/aktuell/0,1518,804045,00.html

(Alle drei Strophen des Deutschlandliedes im italienischen Fernsehen)
Karin Schmidt inno germania Deutschlandlied
http://www.youtube.com/watch?v=YvONZKUhT1I

Deutschlandlied - eine alte Version
http://www.youtube.com/watch?v=l2zrp4BWyQo&feature=related

Découvrez le numéro 33 de la revue UTLAGI

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Découvrez le numéro 33 de la revue UTLAGI
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Sommaire :
 
L’Ambre : l’or du nord.
Botanicum : l’églantier.
Symbolisme animalier: l’ours
Les symboles : 1ère partie
Les proto-germains
Etc…
 
 
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Renseignements :

La machine propagandiste américaine “Freedom House”

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Bernhard TOMASCHITZ:

La machine propagandiste américaine “Freedom House”

L’organisation “Freedom House” est-elle véritablement une organisation indépendante, consacrant ses efforts à la promotion d’une vraie démocratie et d’une liberté authentique? Plus que jamais, le doute est permis!

Récemment, l’ONG américaine “Freedom House” a célébré son 70ème anniversaire. Dans le monde, on connait surtout cette “Maison de la Liberté” pour son rapport annuel sur les progrès de la démocratie et de la liberté de la presse dans le monde. Dans l’univers médiatique occidental, cette “Freedom House” est très souvent citée, sous prétexte qu’elle serait indépendante. Ce qui, en revanche, est nettement moins connu, ou est plutôt sciemment tu, c’est que la “Freedom House” reçoit environ 80% de son budget, de manière directe ou indirecte, d’instances américaines officielles. Les quelque onze milliards de dollars, dont a bénéficié cette fondation au cours de l’année 2011, proviennent en grosse partie du ministère américain des affaires étrangères, de l’autorité US s’occupant d’aide au développement (l’USAID) ou de la NED (“National Endowment for Democracy”) qui n’est autre que le “bras civil” des services secrets, en d’autres mots de la CIA.

Il nous paraît nécessaire de jeter un regard rétrospectif sur l’histoire de cette fondation et sur le contexte de sa création. Rapidement, on s’aperçoit qu’il n’est nullement question d’indépendance par rapport à l’Etat américain. Ce fut surtout l’épouse du Président américain de l’époque, Eleanor Roosevelt, qui présida à sa naissance pendant l’automne 1941. En coulisses, c’était évidemment son mari qui tirait toutes les ficelles. L’objectif de la fondation, au moment de sa création, n’était pas tant la diffusion planétaire de la “démocratie libérale” selon le modèle américain, mais la création, par propagande systématique, de toutes les conditions nécessaires pour faire participer directement  les Etats-Unis à la seconde guerre mondiale. La “Freedom House” ne dissimule nullement cette intention de départ et, sur son site de l’internet, son émergence est justifiée par la nécessité “après la fusion entre deux groupes fondés avec le soutien tacite du Président Roosevelt, d’obtenir l’assentiment public à une participation des Etats-Unis à la guerre, à une époque où les préjugés isolationnistes donnaient le ton”. La propagande belliciste a donc été une caractéristique constante de la “Freedom House”, jusqu’à date très récente. On a ainsi pu constater qu’en mars 2003 la “Freedom House” a soutenu, avec toutes la virulence voulue, la guerre américaine contre l’Irak, contraire au droit des gens. Une déclaration l’atteste: “Du plus profond de notre coeur, nous espérons que ces efforts de guerre, où les forces américaines seront impliquées, se dérouleront au mieux et que la tyrannie de Saddam Hussein tombera en coûtant le minimum en vies humaines”.

La qualité des membres du conseil de supervision de la “Freedom House” nous permet aussi de  dégager une image significative de la nature intrinsèque de l’ONG: d’après elle, ce conseil comprendrait “des dirigeants d’entreprises et de syndicats, d’anciens fonctionnaires gouvernementaux, des universitaires, des écrivains et des journalistes”. Cependant, parmi les anciens membres de ce conseil de supervision, on trouve une proportion, supérieure à la moyenne, de faucons néo-conservateurs comme Donald Rumsfeld, Paul Wolfowitz ou Jeanne Kirkpatrick. Ces trois personnalités, tout comme un des nouveaux membres de ce conseil de supervision, Kenneth Adelman, étaient tous des partisans virulents de l’attaque contre l’Irak.

Après la victoire des alliés occidentaux en 1945 et au début de la Guerre Froide, la “Freedom House” s’est muée en un instrument de la politique américaine d’endiguement de l’Union Soviétique. Le premier objectif était surtout de lier durablement les petites puissances d’Europe occidentale à Washington. “C’est pour cette raison que la Freedom House a soutenu très activement l’alliance atlantique de notre après-guerre ainsi que des stratégies et des institutions comme le Plan Marshall ou l’OTAN”. Après que les Etats-Unis aient pu aligner comme ils le voulaient leurs “partenaires” d’Europe occidentale, les efforts de la Freedom House se sont focalisés sur la lutte contre les Etats marxisants du Tiers Monde; après la fin de la Guerre Froide et l’effondrement de l’Union Soviétique, la Freedom House est revenue en Europe, pour en faire son théâtre d’intervention principal. Il s’agissait surtout, dans un premier temps, de lier aux structures euro-atlantiques les anciens Etats communistes d’Europe centrale et orientale. Ou pour s’exprimer d’une autre manière: les anciens satellites de l’Union Soviétique devaient faire de Washington leur nouveau centre de gravitation.

Pour faire d’une pierre deux coups, la première antenne extérieure de la Freedom House est installée en 1993 en Ukraine, sous prétexte de “travailler à l’organisation d’élections libres et justes et de renforcer la société civile”. D’autres antennes sont installées ailleurs en Europe dans les années suivantes, notamment en Serbie et en Hongrie. Mais c’est l’Ukraine qui recevra la priorité dans les efforts de la Freedom House. Pourquoi? Parce que l’Etat territorialement le plus vaste d’Europe est, d’une part, le pays par où transite le gaz naturel russe: il revêt dès lors une importance stratégique cruciale; d’autre part, la maîtrise de l’Ukraine, si elle devenait fait avéré, constituerait une avancée capitale dans le projet américain d’affaiblir définitivement la Russie. Par conséquence, la Freedom House, pour réaliser ces objectifs, a soutenu la “révolution orange” à Kiev en 2004/2005, partiellement avec le soutien de la Fondation “Open Society” du spéculateur en bourse Georges Sörös. Dans ce contexte, Ron Paul, membre du Congrès à Washington, critiquait la politique suivie en décembre 2004, en soulignant que l’argent américain “servait surtout à soutenir un seul candidat, au détriment des autres”. Ron Paul désignait ainsi le vainqueur des élections de l’époque, Victor Youchtchenko, fidèle vassal de Washington qui entendait faire entrer l’Ukraine dans l’OTAN. Ron Paul a encore été plus précis quand il a dénoncé l’immixtion patente des Etats-Unis dans le processus électoral ukrainien: “Nous savons que le gouvernement américain, via l’USAID, a octroyé des millions de dollars provenant de l’organisation PAUCI (“Poland-America-Ukraine Cooperation Initiative”), laquelle est administrée par la Freedom House. Suite à cela, l’organisation PAUCI a réparti les subsides gouvernementaux américains parmi d’innombrables ONG ukrainiennes”.

La “Freeedom House” n’a pas caché sa satisfaction pendant la présidence de Youchtchenko à Kiev mais a changé radicalement d’attitude lorsque son rival de longue date, Victor Yanoukovitch, a été élu chef de l’Etat au début de l’année 2010. Yanoukovitch a opéré un nouvau rapprochement russo-ukrainien en commençant par renouveler le bail pour les ports de Crimée où mouille la flotte russe de la Mer Noire. Le bail, accordé aux navires de guerre russes, est prolongé jusqu’en 2041. Comme Yanoukovitch ne veut pas entendre parler d’une inféodation de son pays aux structures euro-atlantistes, la “Freedom House” a fait descendre la cote de l’Ukraine: de “pays libre”, elle est devenue “pays partiellement libre”. De plus, la Freedom House déclare que règnent en Ukraine “des abus de pouvoir” comme on n’en avait plus vu depuis 2004.

Dans le collimateur des “diffuseurs de démocratie” établis à Washington se trouve aussi désormais la Hongrie. La raison de placer la nation hongroise dans le collimateur de Washington réside principalement dans la politique du Premier Ministre Viktor Orbàn, qui entend ne défendre que les seuls intérêts de la Hongrie. De plus, le parti Fidesz au pouvoir dispose de suffisamment de sièges, pour la première fois dans la Hongrie post-communiste, pour permettre à Orbàn de nationaliser les caisses privées de pension et de faire renaître la tradition de la “Couronne sacrée”, fondement du “cadre constitutionnel pré-moderne” de la Hongrie.

La Hongrie appartient à cette catégorie de “pays en transition”, comme par ailleurs l’Ukraine et d’autres pays de l’ancienne zone communiste, où il s’agit de faire triompher l’influence américaine et de l’ancrer définitivement. L’obstacle majeur à ce projet est évidemment la Russie, car, premièrement, ce grand pays est dirigé de manière autoritaire par Vladimir Poutine et Dimitri Medvedev, ce qui gène le travail de la Freeedom House et d’autres fondations américaines influentes; deuxièmement,   la Russie exerce une influence sur ses voisins immédiats, ce qui est jugé “nuisible” à Washington. Raison pour laquelle une collaboratrice en vue de la Freedom House, Jennifer Windsor, déclare, très sérieusement, que, “de fait, la démocratie a échoué dans bon nombre de pays ayant appartenu à l’Union Soviétique et que cet échec est dû partiellement à l’exemple russe d’un autoritarisme en phase ascendante”. Voilà pourquoi cette dame réclame: “Les Etats-Unis et l’Europe doivent forcer la Russie à jouer un rôle constructif dans le soutien aux modes de comportement politiques démocratiques, tant à l’intérieur de la Fédération russe elle-même qu’à l’étranger”.

La pression qui s’exerce aujourd’hui sur Moscou ne se justifie pas, en fin de compte, par un souci de démocratie ou de droits de l’homme, qui tenaillerait les personnalités politiques et économiques américaines et euro-atlantistes, mais bien plutôt par des intérêts économiques et commerciaux sonnants et trébuchants. La Russie, en effet, comme chacun le sait, est immensément riche en matières premières, tout comme l’Iran (celui du Shah hier comme celui d’Ahmadinedjad aujourd’hui) est riche en pétrole et en gaz naturel ou comme la Chine qui ne cesse de croître sur le plan économique. Ces trois pays sont de nos jours les cibles privilégiées du soft power américain en action. Outre leurs matières premières ou leurs atouts industriels, ils ont un point commun: ils refusent de suivre les injonctions des cercles politiques américains et de Wall Street et n’adoptent pas la marche qu’on tente de leur dicter en politique comme en économie.

Bernhard TOMASCHITZ.

(article paru dans “zur Zeit”, Vienne, n°45/2011; http://www.zurzeit.at ).

 

L’eroe Baltasar Gracian

L’eroe Baltasar Gracian

Autore:

Baltasar-Gracian.jpgIl vecchio storico inglese Thomas Carlyle insegnò con inclinazione romantica che l’eroismo ha molte facce, che quasi ogni aspetto della vita può essere interpretato come un momento in cui si può dispiegare una speciale attitudine verso l’ascesi di perfezione. Eroe è il Dio pagano che assomma su di sé tutte le qualità della stirpe, ma eroico può essere allo stesso modo lo spirito sacerdotale, ed eroi possono essere il profeta, il poeta, lo scrittore, il sovrano.

Il singolarissimo teologo spagnolo Baltasar Gracián, vissuto nel Seicento, a tutto questo aveva aggiunto l’eroismo come qualità dell’individuo differenziato che, grazie ad una poderosa fiducia in se stesso, duramente conquistata, perviene al successo nel mondo e al trionfo della sua volontà su quelle altrui. Si eccelle tra gli uomini attraverso l’uso accorto e disciplinato di doti sottili costantemente affinate. Qualcosa di più e di meglio di un moralista alla Montaigne. Un divulgatore di sapienza e di strategie di vita vissuta, tutte tese alla gloria trionfale nel mondo e all’affermazione sui tipi “inferiori” e indifferenziati. Gracián, ammirato e citato da Schopenhauer e da Nietzsche, che lo considerarono quasi un loro maestro e antesignano, scrisse diversi libri di gran successo, diremmo dei veri e propri “manuali del Superuomo”.

Era un gesuita, e dal gesuitismo imparò tutte quelle nozioni di affilata capacità di introspezione e di acuta conoscenza dei tempi e dei modi, che fecero di quell’ordine il tempio della dissimulazione e infine anche della sua degenerazione curiale, l’ipocrisia farisaica. In Gracián, tuttavia, si nota l’assoluta assenza di riferimenti ai dogmi cristiani: per questo, tenuto in sospetto dalla Compagnia di Gesù, fu prima ammonito, poi allontanato nel 1657 dalla cattedra e infine messo in condizione di non nuocere relegandolo presso un convento sperduto, con la tassativa proibizione di scrivere. Lo si accusava di aver intrapreso una precettistica del tutto profana sul saper vivere e, soprattutto, sul saper predominare sulle cose e sul mondo degli uomini, insomma di essere un laicissimo teorico di ciò che oggi chiameremmo una volontà di potenza in piena regola.

La recente pubblicazione de L’eroe (Bompiani), uno dei testi più celebri del trattatista aragonese, è l’occasione per verificare come il pensiero europeo si sia sempre misurato con queste categorie dell’essere e del mostrarsi, del fare e dell’avere ragione della realtà, in maniera che, dai sofisti e dagli stoici fino a Machiavelli, ai moralisti francesi o a Nietzsche e all’esistenzialismo, problema non da poco è sempre stato quello di avere a che fare col dispiegarsi dell’essere tra le penombre dell’apparire e del sembrare. Gracián insegnava la dissimulazione in quanto categoria dell’essere superiore e dell’innalzarsi al di là di se stessi, in un procedimento di continuo esercizio alla protezione dei propri fini. «Impedisca a tutti l’uomo colto di sondare il fondo della sua fonte, se da tutti vuole essere venerato… la metà è più del tutto, perché una metà ostentata e l’altra promessa, son più di un tutto dichiarato».

La velatezza dell’essere, in questo caso, non sarà un volgare atteggiamento di subdolo mascheramento volto all’inganno, ma, molto più sottilmente e nobilmente, lo strumento di una cerca dell’eccellenza, da ottenersi con il freno dei modi, la perfezione in ogni manifestazione di sé e un dosato ombreggiare i propri disegni. Qualcosa di propriamente “politico”, insomma: «Dissimulare una volontà sarà sovranità». In queste proposizioni sembra riecheggiare, in qualche modo, la dialettica heideggeriana circa il velamento della verità, secondo la struttura stessa della parola greca antica, che proponeva non a caso l’alfa privativo: a-lethéia, proprio nel senso che verità è essenzialmente un togliere veli per gradi. La dialettica sottile dell’apparire e del velarsi, lungi dall’essere solo un gioco femmineo di ritrosie seduttive, è in realtà, secondo la logica dell’etica tradizionale, il segreto della gloria. E la gloria, considerata dagli antichi l’unica e insieme la massima via all’eternità, è ugualmente per Gracián il premio al lavoro terreno dell’uomo di valore superiore.

In anni recenti è stato Emanuele Severino – il cui pensiero sappiamo essere sulla scia heideggeriana – a precisare i contorni del significato della gloria dal punto di vista esistenziale e tradizionale: «L’indefinita manifestazione dell’eterno, in cui la Gloria consiste e che indefinitamente si arricchisce, è il senso autentico della nostra destinazione per l’eternità». La gloria ha dunque a che fare col destino. E il destino ha a che fare con la fortuna e la fortuna con l’audacia, persino con l’azzardo. A patto che prima, dentro di sé, il temerario che si senta chiamato sulla via della gloria abbia percepito la concordanza della sua anima, tesa all’impossibile, con gli arcani segreti del fato. Difatti, in un passo de L’eroe si dice per l’appunto che la fortuna è «gran figlia della suprema provvidenza» e che «è regola da maestri compiuti nella politica discrezione notare la propria fortuna e quella dei propri sostenitori». Non diversamente la pensarono, a ben vedere, e magari senza aver letto un riga di Gracián, personaggi come Napoleone, che diceva di preferire generali fortunati a generali ben preparati, oppure come Hitler, che confessò più volte di aver giocato d’azzardo tutta la vita, sicuro di avere dalla sua parte la “provvidenza”. La fanatica fiducia in se stessi, quale suprema attitudine al comando in grado di piegare anche gli eventi sfavorevoli a proprio vantaggio, veniva da Gracián ricordata come dote dell’uomo di tempra superiore. E faceva l’esempio di Cesare, che al marinaio stanco e sfiduciato rivolse l’ammonimento: «Non dubitare, che offendi la fortuna di Cesare». Il dubbio interiore come ingiuria al destino. Quanto di meno cristiano e di più pagano si possa immaginare. Comprendiamo benissimo il motivo per cui lo scrittore venne messo al bando nella Spagna cattolicissima del gran secolo.

Tutto questo ha i contorni del tragico. Poiché in Gracián è ben vivo il senso di una lotta che l’eroe deve intraprendere prima di tutto su se stesso. Il controllo su ciò che appare e sulle occasioni che gli si presentano deve essere il frutto di un drammatico auto-controllo: questa volontà auto-imposta deve essere la sua signoria. Tanto che, se necessario, anche quando dentro l’uomo differenziato tutto lo sospingesse a dir di sì, la sua potenza e il suo comando interiore lo condurranno a un vittorioso dir di no. Questo si inserisce alla perfezione in quel dominio metafisico in cui si attua il contatto fra trascendenza e vita terrena. È ciò che gli antichi greci chiamavano kairòs, l’attimo fuggente, e i romantici tedeschi indicavano come der grosse Zufall, il grande caso fortunato. Saper cogliere il manifestarsi del momento in cui il destino si palesa per cenni: la levigata sensibilità, quasi un istinto lungamente esercitato, saprà all’istante percepire questa epifania subitanea. Un evidenziarsi del sacro che indica il momento dell’agire. Poiché kairòs è suprema saggezza, è intima consonanza con gli interni voleri del fato, ma è anche sentimento di giustizia. Tradizionalmente, ciò che appare nel mondo, nell’immutabilità di ciò che è vero da sempre, oppure nell’improvviso irrompere dell’inatteso attraverso l’attimo, è anche ciò che è giusto: giusto è ciò che sa sopraggiungere al momento opportuno.

Una filosofia del rischio? Piuttosto, un’acuta capacità di percezione delle armonie e delle disarmonie del mondo. Nella sua introduzione a L’eroe, Antonio Allegra precisa che le sollecitazioni di Gracián verso l’affermazione di sé hanno il carattere di una libera alleanza col destino: «Occorre, in ogni caso, agire all’interno dello spazio della fortuna e del mondo: tutto sta nel potere ancora affermare un margine di libertà rispetto alla situazione integralmente mondana che si presenta, che va acutamente interpretata e colta nelle sue nascoste potenzialità». L’individuo differenziato, l’essere superiore costruito su un’elaborata e fanatica fiducia, si esprime attraverso la decrittazione dei segni lasciati cadere dal fato provvidenziale. Si tratta in fondo di un gioco: vince chi sa elaborare al massimo grado la dialettica tra il vivere all’occasione e l’essere uomo integro in grado di interpretare correttamente i segnali. L’individuo potenziato da questa superiore autocoscienza non è scelto dal caso, ma è lui stesso che sceglie l’attimo. Risolutezza e fulminea capacità di ricorrere alla decisione sono i sintomi dello spirito dominatore: «La prontezza fa da oracolo nei dubbi maggiori, sfinge negli enigmi, filo d’oro nei labirinti, e suole aver l’indole del leone, che riserva il massimo sforzo per quando ne ha più bisogno», scrive Gracián. Un manuale di politica: la golpe e il lione di Machiavelli, più un tocco di quel pessimismo barocco e manieristico che piacque tanto a Schopenhauer e che cercava di interpretare la complessità del mondo moderno allora già in agguato: L’eroe venne pubblicato nel 1637, l’anno di uscita del Discorso sul metodo di Cartesio. Ma anche una filosofia dell’intuito. Una vera mistica terrena dell’azione e del primato. In questo senso, la maschera che, secondo, Gracián, l’uomo superiore deve indossare per assicurarsi il dominio sul mondo non è un trucco plebeo, ma il necessario stigma della diversità: l’eroe gioca le sue maestrìe certo di non dover aprire a nessuno il suo cuore. Il mondo intriso di scaltrezze e di indegnità abbisogna di menti in grado di batterlo sul suo stesso terreno, mantenendo giusto il cuore. «Ti voglio singolare», suona l’esortazione con cui Gracián apre il suo pamphlet rivolgendosi al lettore, «qui avrai non una politica né un’economica, ma una ragion di stato di te stesso». La si direbbe una potente anticipazione di figure metapolitiche come l’Anarca jüngeriano oppure l’Autarca evoliano…

La fama di Gracián non si limitò alla sua epoca o ai momenti di insorgenza sovrumanista. In tempi recenti il suo nome ha riscosso un famigerato successo tra le turbe dei manager d’azienda… e il povero Gracián si è visto trascinare via dall’etica tradizionale aristocratica e dal suo stoicismo barocco, fin dentro le maleodoranti stanze dei consigli d’amministrazione, nei grattacieli americani: numerose edizioni dei suoi libri sono state vendute come il pane tra le schiere di yuppies alla ricerca del facile successo attraverso i manuali di auto-stima per piazzisti in carriera. I suoi libri hanno conosciuto l’onta di essere paragonati alle pubblicazioni a grande tiratura in uso sin dagli anni Cinquanta negli USA, ad esempio quelle a cura della Fondazione Carnegie: come vincere la paura degli altri, come avere successo nel lavoro… Noi aggiungiamo: come trascinare un filosofo del sovrumanismo europeo nel fango della morale da insetti tipica del liberalismo americano…

* * *

Tratto da Linea del 24 ottobre 2008.

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mardi, 03 janvier 2012

Poutine contre-attaque: “Ce sont des drones américains qui ont tué Khadafi!”

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Matteo BERNABEI:

Poutine contre-attaque: “Ce sont des drones américains qui ont tué Khadafi!”

Nous assistons désormais à une confrontation sur toute la ligne entre la Russie et les Etats-Unis. Après le différend qui a opposé les deux grandes puissances à propos de la crise syrienne et après la menace de sanctions que fait peser Washington sur quelques fonctionnaires du gouvernement de Moscou, accusés “d’abus en matière de droits de l’homme”, le Premier Ministre russe Vladimir Poutine a attaqué en termes fort durs les autorités nord-américaines. “Muammar Kadhafi a été assassiné au moyen d’aéroplanes sans pilote, qui ont attaqué la colonne de véhicule dans laquelle il se trouvait et l’ont tué sans qu’il n’y ait ni tribunal ni enquête”, a déclaré sans ambages le dirigeant russe au cours d’un long entretien accordé à la télévision d’Etat. Il a également souligné que tout cela ne constitue en rien un “acte démocratique”. La réplique du Pentagone fut immédiate: il a déclaré que les paroles de Poutine étaient “ridicules” et que “la mort de Kadhafi a été attestée par des documents rendus publics, tant sur le plan des circonstances que sur celui des responsabilités”. Cette dernière affirmation du Pentagone ne correspond toutefois en rien à la vérité car les uniques images de la mort du Colonel libyen sont celles qui le montre blessé et capturé par les rebelles; elles ne révèlent rien sur la manière dont Kadhafi a été blessé ni sur qui a porté le coup.

Après avoir évoqué le cas de Kadhafi et l’affaire libyenne, le premier ministre russe a abordé le cas de l’ancien candidat républicain John McCain, qui avait accusé Poutine de malversations lors des récentes élections pour la députation de la Douma de Moscou. “McCain a combattu au Vietnam -a dit Poutine- et je crois, moi, qu’il a les mains sales, sales du sang de citoyens vietnamiens innocents; à ce titre, il ne peut inventer que des histoires sanguinaires”.

Le climat entre Washington et Moscou est de plus en plus tendu. Moscou n’a cessé de critiquer l’interprétation qu’ont donnée les Etats-Unis et la fameuse “coalition des volontaires” de la résolution 1973 des Nations-Unies, en foulant aux pieds faits et principes pour pouvoir agir militairement en Libye.

En dépit du climat international tendu et de la situation difficile dans laquelle se débat le pays nord-africain, le Conseil National de Transition de Benghazi, c’est-à-dire l’organisme qui gouverne actuellement la Libye, adopte une politique étrangère propre. Le 15 décembre 2011, à Rome, le numéro un de ce CNT libyen, Moustafa Abdel Djalil, a rencontré le “néo-président” du Conseil italien, Mario Monti et le Président de la République Giorgio Napolitano afin de réactiver le traité d’amitié italo-libyen. Au départ, le gouvernement “de facto” de Benghazi avait montré beaucoup de perplexité à relancer ce traité, à cause des clauses relatives à l’immigration illégale qu’il imposait. Il a néanmoins pu rentrer à nouveau en vigueur, surtout grâce au déblocage, par l’exécutif italien, des fonds libyens préalablement gelés. Ceux-ci sont dès lors passés de 230 à 600 millions d’euro.

Matteo BERNABEI.

( m.bernabei@rinascita.eu ).

(article paru dans “Rinascita”, Rome, 16 décembre 2011; http://www.rinascita.eu ).

 

Modern art was CIA 'weapon'

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Modern art was CIA 'weapon'

Revealed: how the spy agency used unwitting artists such as Pollock and de Kooning in a cultural Cold War

Ex: http://www.independent.co.uk/news/world/

For decades in art circles it was either a rumour or a joke, but now it is confirmed as a fact. The Central Intelligence Agency used American modern art - including the works of such artists as Jackson Pollock, Robert Motherwell, Willem de Kooning and Mark Rothko - as a weapon in the Cold War. In the manner of a Renaissance prince - except that it acted secretly - the CIA fostered and promoted American Abstract Expressionist painting around the world for more than 20 years.

The connection is improbable. This was a period, in the 1950s and 1960s, when the great majority of Americans disliked or even despised modern art - President Truman summed up the popular view when he said: "If that's art, then I'm a Hottentot." As for the artists themselves, many were ex- com- munists barely acceptable in the America of the McCarthyite era, and certainly not the sort of people normally likely to receive US government backing.

Why did the CIA support them? Because in the propaganda war with the Soviet Union, this new artistic movement could be held up as proof of the creativity, the intellectual freedom, and the cultural power of the US. Russian art, strapped into the communist ideological straitjacket, could not compete.

The existence of this policy, rumoured and disputed for many years, has now been confirmed for the first time by former CIA officials. Unknown to the artists, the new American art was secretly promoted under a policy known as the "long leash" - arrangements similar in some ways to the indirect CIA backing of the journal Encounter, edited by Stephen Spender.

The decision to include culture and art in the US Cold War arsenal was taken as soon as the CIA was founded in 1947. Dismayed at the appeal communism still had for many intellectuals and artists in the West, the new agency set up a division, the Propaganda Assets Inventory, which at its peak could influence more than 800 newspapers, magazines and public information organisations. They joked that it was like a Wurlitzer jukebox: when the CIA pushed a button it could hear whatever tune it wanted playing across the world.

The next key step came in 1950, when the International Organisations Division (IOD) was set up under Tom Braden. It was this office which subsidised the animated version of George Orwell's Animal Farm, which sponsored American jazz artists, opera recitals, the Boston Symphony Orchestra's international touring programme. Its agents were placed in the film industry, in publishing houses, even as travel writers for the celebrated Fodor guides. And, we now know, it promoted America's anarchic avant-garde movement, Abstract Expressionism.

Initially, more open attempts were made to support the new American art. In 1947 the State Department organised and paid for a touring international exhibition entitled "Advancing American Art", with the aim of rebutting Soviet suggestions that America was a cultural desert. But the show caused outrage at home, prompting Truman to make his Hottentot remark and one bitter congressman to declare: "I am just a dumb American who pays taxes for this kind of trash." The tour had to be cancelled.

The US government now faced a dilemma. This philistinism, combined with Joseph McCarthy's hysterical denunciations of all that was avant-garde or unorthodox, was deeply embarrassing. It discredited the idea that America was a sophisticated, culturally rich democracy. It also prevented the US government from consolidating the shift in cultural supremacy from Paris to New York since the 1930s. To resolve this dilemma, the CIA was brought in.

The connection is not quite as odd as it might appear. At this time the new agency, staffed mainly by Yale and Harvard graduates, many of whom collected art and wrote novels in their spare time, was a haven of liberalism when compared with a political world dominated by McCarthy or with J Edgar Hoover's FBI. If any official institution was in a position to celebrate the collection of Leninists, Trotskyites and heavy drinkers that made up the New York School, it was the CIA.

Until now there has been no first-hand evidence to prove that this connection was made, but for the first time a former case officer, Donald Jameson, has broken the silence. Yes, he says, the agency saw Abstract Expressionism as an opportunity, and yes, it ran with it.

"Regarding Abstract Expressionism, I'd love to be able to say that the CIA invented it just to see what happens in New York and downtown SoHo tomorrow!" he joked. "But I think that what we did really was to recognise the difference. It was recognised that Abstract Expression- ism was the kind of art that made Socialist Realism look even more stylised and more rigid and confined than it was. And that relationship was exploited in some of the exhibitions.

"In a way our understanding was helped because Moscow in those days was very vicious in its denunciation of any kind of non-conformity to its own very rigid patterns. And so one could quite adequately and accurately reason that anything they criticised that much and that heavy- handedly was worth support one way or another."

To pursue its underground interest in America's lefty avant-garde, the CIA had to be sure its patronage could not be discovered. "Matters of this sort could only have been done at two or three removes," Mr Jameson explained, "so that there wouldn't be any question of having to clear Jackson Pollock, for example, or do anything that would involve these people in the organisation. And it couldn't have been any closer, because most of them were people who had very little respect for the government, in particular, and certainly none for the CIA. If you had to use people who considered themselves one way or another to be closer to Moscow than to Washington, well, so much the better perhaps."

This was the "long leash". The centrepiece of the CIA campaign became the Congress for Cultural Freedom, a vast jamboree of intellectuals, writers, historians, poets, and artists which was set up with CIA funds in 1950 and run by a CIA agent. It was the beach-head from which culture could be defended against the attacks of Moscow and its "fellow travellers" in the West. At its height, it had offices in 35 countries and published more than two dozen magazines, including Encounter.

The Congress for Cultural Freedom also gave the CIA the ideal front to promote its covert interest in Abstract Expressionism. It would be the official sponsor of touring exhibitions; its magazines would provide useful platforms for critics favourable to the new American painting; and no one, the artists included, would be any the wiser.

This organisation put together several exhibitions of Abstract Expressionism during the 1950s. One of the most significant, "The New American Painting", visited every big European city in 1958-59. Other influential shows included "Modern Art in the United States" (1955) and "Masterpieces of the Twentieth Century" (1952).

Because Abstract Expressionism was expensive to move around and exhibit, millionaires and museums were called into play. Pre-eminent among these was Nelson Rockefeller, whose mother had co-founded the Museum of Modern Art in New York. As president of what he called "Mummy's museum", Rockefeller was one of the biggest backers of Abstract Expressionism (which he called "free enterprise painting"). His museum was contracted to the Congress for Cultural Freedom to organise and curate most of its important art shows.

The museum was also linked to the CIA by several other bridges. William Paley, the president of CBS broadcasting and a founding father of the CIA, sat on the members' board of the museum's International Programme. John Hay Whitney, who had served in the agency's wartime predecessor, the OSS, was its chairman. And Tom Braden, first chief of the CIA's International Organisations Division, was executive secretary of the museum in 1949.

Now in his eighties, Mr Braden lives in Woodbridge, Virginia, in a house packed with Abstract Expressionist works and guarded by enormous Alsatians. He explained the purpose of the IOD.

"We wanted to unite all the people who were writers, who were musicians, who were artists, to demonstrate that the West and the United States was devoted to freedom of expression and to intellectual achievement, without any rigid barriers as to what you must write, and what you must say, and what you must do, and what you must paint, which was what was going on in the Soviet Union. I think it was the most important division that the agency had, and I think that it played an enormous role in the Cold War."

He confirmed that his division had acted secretly because of the public hostility to the avant-garde: "It was very difficult to get Congress to go along with some of the things we wanted to do - send art abroad, send symphonies abroad, publish magazines abroad. That's one of the reasons it had to be done covertly. It had to be a secret. In order to encourage openness we had to be secret."

If this meant playing pope to this century's Michelangelos, well, all the better: "It takes a pope or somebody with a lot of money to recognise art and to support it," Mr Braden said. "And after many centuries people say, 'Oh look! the Sistine Chapel, the most beautiful creation on Earth!' It's a problem that civilisation has faced ever since the first artist and the first millionaire or pope who supported him. And yet if it hadn't been for the multi-millionaires or the popes, we wouldn't have had the art."

Would Abstract Expressionism have been the dominant art movement of the post-war years without this patronage? The answer is probably yes. Equally, it would be wrong to suggest that when you look at an Abstract Expressionist painting you are being duped by the CIA.

But look where this art ended up: in the marble halls of banks, in airports, in city halls, boardrooms and great galleries. For the Cold Warriors who promoted them, these paintings were a logo, a signature for their culture and system which they wanted to display everywhere that counted. They succeeded.

* The full story of the CIA and modern art is told in 'Hidden Hands' on Channel 4 next Sunday at 8pm. The first programme in the series is screened tonight. Frances Stonor Saunders is writing a book on the cultural Cold War.

Covert Operation

In 1958 the touring exhibition "The New American Painting", including works by Pollock, de Kooning, Motherwell and others, was on show in Paris. The Tate Gallery was keen to have it next, but could not afford to bring it over. Late in the day, an American millionaire and art lover, Julius Fleischmann, stepped in with the cash and the show was brought to London.

The money that Fleischmann provided, however, was not his but the CIA's. It came through a body called the Farfield Foundation, of which Fleischmann was president, but far from being a millionaire's charitable arm, the foundation was a secret conduit for CIA funds.

So, unknown to the Tate, the public or the artists, the exhibition was transferred to London at American taxpayers' expense to serve subtle Cold War propaganda purposes. A former CIA man, Tom Braden, described how such conduits as the Farfield Foundation were set up. "We would go to somebody in New York who was a well-known rich person and we would say, 'We want to set up a foundation.' We would tell him what we were trying to do and pledge him to secrecy, and he would say, 'Of course I'll do it,' and then you would publish a letterhead and his name would be on it and there would be a foundation. It was really a pretty simple device."

Julius Fleischmann was well placed for such a role. He sat on the board of the International Programme of the Museum of Modern Art in New York - as did several powerful figures close to the CIA.

Dominique Venner, électrochoc des esprits pour un choc de l’histoire

Dominique Venner, électrochoc des esprits pour un choc de l’histoire

Ex: http://www.ladroitestrasbourgeoise.com/

ChocVenner.jpgDans un livre d’entretien conduit par la journaliste Pauline Lecomte, « Le choc de l’histoire » publié aux éditions « Via Romana », Venner se penche une nouvelle fois sur notre époque en crise. On retrouvera en filigrane la grille d’analyse affûtée qu’il avait déjà exposée dans son ouvrage « Le siècle de 1914 », mais cette fois pour en dépasser le cadre restreint de la discipline historique. 

Selon lui, la grave crise actuelle clos un cycle historique amorcé en 1914 et qui aura secoué tout le XXème siècle. Après avoir favorisé un lent processus de déchristianisation, les idéaux des Lumières ont vu, au cours du dernier siècle,  les grands récits idéologiques qu’ils avaient enfantés s’effondrer les uns après les autres. Après avoir tordu le cou aux aventures fascistes en Europe, le communisme et le capitalisme mondialiste, qui se sont imposés à une Europe réduite à la sujétion, se sont révélés finalement incapables de surmonter les contradictions systémiques internes qui les taraudaient.

Le communisme s’affaissera brutalement sur lui-même sans prévenir, en 1989, laissant le mondialisme des droits de l’homme porté par les Etats-Unis bien seul face à ses propres apories. Passée une brève période d’euphorie, la faillite de Lehmann Brother en 2008 est venue signifier à une planète incrédule la mort par KO technique de la dernière illusion issue des ruines du XXème siècle et partant, le début du déclin de l’empire américain.

Pour Dominique Venner, la grande faute qui caractérisa toutes ces expériences idéologiques fut de ne s’inscrire qu’exclusivement dans le champ trop temporel du politique ou de l’économique. Malgré les prétentions eschatologiques et les abords religieux que ces aventures n’ont jamais manqué d’emprunter, toutes se révélèrent in fine bien incapables de bâtir des modèles durables de société, comme su par exemple le faire en son temps le christianisme. Les mythes du progressisme égalitaire, de l’homme nouveau ou encore de la fin de l’histoire auront finalement buté sur l’amère réalité de leur impossible avènement. Leurs échecs successifs laissent donc aujourd’hui les Européens à la fois exsangues et durement désemparés devant un sérieux questionnement identitaire.

Même le christianisme, passablement épuisé, ne présente plus la moindre possibilité d’un recours. Son universalisme – qui put être un atout lorsqu’il s’agissait de légitimer l’hégémonie de l’Europe sur le monde – se révèle désormais totalement inopérant à offrir des solutions pour des Européens ramenés à un monde multipolaire et violemment chaviré par un rééquilibrage des puissances entre ex-dominés et ex-dominants. Pire encore ! Ce résidu d’universalisme, qui nimbe encore tout l’Occident, les handicape aujourd’hui dans leur capacité à répondre au réveil identitaire, et souvent revanchard, des civilisations concurrentes.

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L’état des lieux est clair : l’Europe, assommée par le traumatisme de deux guerres mondiales, est entrée en dormition depuis plus de 50 ans. Mais l’effondrement annoncé de l’empire américain provoquera inévitablement le retour souverain des nations du vieux continent dans le jeu de l’histoire. Inutile de s’illusionner ! Ce réveil ne se fera pas sans de déchirantes et profondes révisions. La grande démonstration de ce livre tient précisément dans l’évidence que la solution dépasse largement le champ des contingences du politique stricto sensu.

Dépourvue de religion identitaire, à la différence de l’Inde, du Japon ou de la Chine, l’Europe va devoir retrouver ce qui la singularise en renouant avec sa plus longue mémoire. Une mémoire amenée à former les bases d’une mystique identitaire apte à produire un imaginaire collectif opérant face aux nouveaux enjeux de la modernité. Les Européens vont devoir se réarmer moralement s’ils ne veulent pas tomber en servitude. A cet égard, il nous donne l’exemple du renouveau hindouiste actuel en Inde, amorcé grâce à la création par Nagpur en 1925 d’un mouvement identitaire à vocation plus culturelle et spirituelle que politique.

Sur ce chemin qui remonte dans notre plus longue mémoire, Dominique Venner nous indique des pistes. Il nous renvoie d’abord à son ouvrage « Histoire et Tradition des Européens : 30000 ans d’identité » et évoque ensuite une « histoire européenne des comportements [pouvant] être décrite comme le cours d’une rivière souterraine invisible et pourtant réelle. » Pour lui, cette rivière qui coule en nous, souvent à notre insu, prend sa source dans la Grèce antique en général et dans l’œuvre fondatrice d’Homère en particulier. Dans l’Iliade et l’Odyssée, qu’il qualifie de « mémoire des origines », il est possible de retrouver tout l’imaginaire européen dans sa substance la plus parfaite. Notre vision du monde, notre rapport à la nature, au vivant, à la mort, notre cœur aventureux, notre façon d’enchanter les éléments et de sublimer nos sentiments, cette relation entre les hommes et les femmes sur un pied d’égalité, tout est là sous nos yeux, écrit il y a presque 3000 ans déjà.

Venner nous avise toutefois à ne pas confondre tradition et folklore. La vraie tradition consiste à entreprendre des choses neuves dans le même esprit que celui des anciens. Alors que le folklore, c’est justement l’inverse. En exemple, il nous donne des figures contemporaines d’Européens, sur lesquelles, selon lui,  l’esprit de la tradition a indéniablement soufflé. Parmi ceux-ci, il s’attarde longuement sur le cas du colonel Claus von Stauffenberg. Cet officier qui incarna la fidélité à la tradition aristocratique allemande fut l’instigateur décisif de l’attentat manqué contre Hitler.

En conclusion, nous citerons cette phrase de Dominique Venner : « ce n’est pas rien de se savoir fils et filles d’Homère, d’Ulysse  et de Pénélope. »

Olrik

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Mircea Eliade, il genio

Mircea Eliade, il genio

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Il 13 marzo di cent’anni fa nasceva a Bucarest Mircea Eliade. Fin dall’infanzia i genitori spostano il compleanno al 9 marzo. Al suo nome di battesimo non corrispondeva infatti alcun patrono nel calendario ortodosso, sicché la famiglia decise di festeggiare il giorno 9, che non era consacrato a nessun santo particolare bensì ai Quaranta Martiri uccisi a Sebaste durante le persecuzioni di Luciano.

Studioso del mito e delle religioni, esperto di yoga e sciamanesimo, di occultismo ed esoterismo, romanziere fecondo, saggista dall’erudizione prodigiosa e a suo agio in otto lingue, Eliade è stato tra le intelligenze più acute e versatili del Novecento. Ma l’intelligenza è un dono di dèi invidiosi, un dono avvelenato: il confine che la separa dall’ottusità è mobile.

«Che uomo straordinario sono!», annota il trentaquattrenne intellettuale nel suo Jurnalul din Portugalia, l’inedito diario dei cinque anni, dal 1941 al 1945, trascorsi come consigliere culturale all’ambasciata rumena di Lisbona (in Italia sarà pubblicato da Bollati Boringhieri). Il giovane Eliade, all’epoca ancora sconosciuto al grande pubblico europeo, passa parte delle sue giornate a rileggere alcune sue pagine e si paragona ai grandi della letteratura: «La mia capacità di comprendere e percepire tutto ciò che appartiene alla sfera culturale è illimitata … Comunque sia, i miei orizzonti intellettuali sono più vasti di quelli di Goethe». Il 15 luglio 1943 annota con ineffabile disinvoltura: «Mi rendo conto che dopo Eminescu [il poeta nazionale rumeno], la nostra razza non ha mai più conosciuto una personalità tanto (…) potente e tanto dotata quanto la mia».

I diari integrali saranno desecretati solo nel 2018, ma tutto fa pensare che l’autocritica non appartenesse al pur vastissimo repertorio di Eliade. Né che egli sia mai guarito dalla megalomania di cui evidentemente andava affetto. A quattordici anni aveva già pubblicato il suo primo racconto: Come ho scoperto la pietra filosofale. In un successivo Romanzo dell’adolescente miope (1923) elabora la quasi umiliante scoperta della propria sessualità. Qualche anno dopo, in Gaudeamus (1928), entrano in scena la femminilità e l’amore, e per converso il concetto di «virilità», mutuato dall’adorato Papini, autore di Maschilità. Il suo io è superalimentato dall’ambizione e da una «religione della volontà» fatta di astinenza e disciplina (dormiva cinque ore per non sottrarre tempo allo studio).

Iscrittosi nel 1925 a Lettere e Filosofia dell’università di Bucarest, emerge come leader della giovane «Generazione», un gruppo di intellettuali anticonformisti che aspira a rinnovare la tradizione rumena. Tra gli altri «latini d’Oriente» ci sono Cioran (che nel 1986 gli dedicherà uno dei suoi superbi Exercises d’admiration), Ionesco, Costantin Noica e Mihail Sebastian, un ebreo a lui molto caro.

Nel 1927 e 1928 visita l’Italia, avendo alle spalle una serie di letture rapaci che mettono le ali alla sua passione per nostra cultura (documentata esaurientemente da Roberto Scagno per Jaca Book). Su tutti Papini ed Evola, a proposito del quale scriverà un testo, Il fatto magico, andato perduto. Dopo la laurea su La filosofia italiana da Marsilio Ficino a Giordano Bruno, alla fine del 1928, parte alla volta dell’India per studiare la filosofia orientale con Surendranath Dasgupta. Vi rimane fino al dicembre del 1931, imparando il sanscrito e raccogliendo materiali, conoscenze ed esperienze che lo segnano profondamente. C´è anche una storia d’amore con Maitreyi, la figlia di Dasgupta, nella cui casa a Calcutta era andato ad abitare. La ragazza è la protagonista dell’omonimo romanzo, che Eliade pubblica in Romania nel 1933. Sarà un grande successo, che trasfigura Maitreyi in un simbolo dell’immaginario rumeno.

Incrinatisi i rapporti con Dasgupta, viaggia nellHimalaya occidentale soggiornando nell’ashram di Shivananda e facendosi iniziare allo yoga. Nel contempo lavora alla tesi di dottorato, che discute a Bucarest nel ‘33 e pubblica a Parigi nel ‘36 con il titolo Yoga, saggio sulle origini della mistica indiana. Un libro che lo lancerà come autore di culto quando lo yoga si diffonderà in Occidente.

Dal 1933 al 1940 è di nuovo a Bucarest come assistente di Nae Ionescu, il leggendario maestro della giovane Generazione. Ionescu lo avvicina alla Guardia di Ferro, l’organizzazione di estrema destra capeggiata da Codreanu. Costui era convinto, tra l’altro, che gli ebrei cospirassero per fondare una nuova Palestina tra il Mal Baltico e il Mar Nero, e il suo vice, Ion Mota, aveva tradotto in rumeno I protocolli dei Savi di Sion. Eliade non era antisemita, ma all’epoca si lasciò intruppare. Il diario che l’amico ebreo Sebastian tenne fra il 1935 e il 1944, pubblicato nel 1996, è un’accorato lamento per il comportamento ambiguo di Eliade. Che è tutto preso dalle sue carte: pubblica vari saggi (tra cui Oceanografia e Il mito della reintegrazione), romanzi (tra cui Ritorno dal Paradiso, La luce che si spegne, i due volumi Huliganii), un’importante rivista di studi mitologici, Zalmoxis, che richiamerà l’attenzione di Carl Schmitt ed Ernst Jünger.

Alla fine della guerra si trasferisce a Parigi dove, aiutato da Dumézil, insegna all’Ecole des Hautes Etudes. Il Trattato di storia delle religioni (1949) lo consacra come massimo studioso del fenomeno religioso su scala mondiale. Ostile al metodo positivistico e storicista, Eliade riprende la prospettiva aperta da Rudolf Otto e sviluppa uno studio comparativo del sacro e delle sue manifestazioni, le «ierofanie». La sua non è una storia bensì una morfologia del sacro, le cui forme appaiono e si ripetono nel tempo, con le feste, e nello spazio, con i «centri del mondo», riattualizzando miti primordiali. Per lui il mito non è affatto arcaico né fuori gioco. Si è piuttosto ritirato negli interstizi della modernità, dove si tratta di scovarlo. Contro la presunta superiorità dell’uomo moderno sui «primitivi».

Nel 1950 è invitato da C.G. Jung al primo incontro di «Eranos» ad Ascona. Nel 1956 passa a insegnare alla Divinity School di Chicago, dove rimarrà fino alla morte (avvenuta il 22 aprile 1986 per un ictus). Dal 1960 al 1972 dirige con Ernst Jünger una straordinaria rivista di storia delle religioni, Antaios. Intanto seguita a pubblicare a ritmo martellante un’infinità di lavori, culminati nella grande Storia delle credenze e delle idee religiose (1976-1983). È anche candidato al Nobel per la letteratura.

Purtroppo, un dettaglio ne stoppa l’apoteosi, e gli schizza addosso una macchia infamante. Un dettaglio biografico, sul quale la sua intelligenza si incaglia e si rovescia in ottusità.

Nel 1972 lo storico Theodor Lavi (pseudonimo di Lowenstein), in base al diario ancora inedito di Sebastian e ad altre testimonianze, rivela su Toladot, una piccola rivista dell’emigrazione rumena in Israele, che Eliade era stato vicino alla Guardia di ferro. Eliade fa finta di nulla, cerca di sbarazzarsi del suo passato come un serpente della sua pelle. Ma la notizia fa il giro del mondo, in Italia è ripresa da Furio Jesi. Un suo viaggio a Gerusalemme nella primavera del 1973 dev’essere annullato in extremis, tra lo sconcerto dell’amico Gershom Scholem. Nei suoi diari, silenzio.

Da quel momento Eliade adopera la sua intelligenza per dissimulare e insabbiare. Cerca coperture, si stringe ad amici insospettabili, come Paul Ricoeur e lo scrittore ebreo Saul Bellow. Quest’ultimo diventa suo intimo, ma nel romanzo Ravelstein inscena il dubbio che lo tormenta. Il protagonista, alias Allan Bloom, mette in guardia l’amico narratore da Radu Grielescu, alias Eliade: è stato «un seguace di Nae Ionescu che fondò la Guardia di Ferro», avverte, un jew-hater che denunciò «la sifilide ebraica che contagiava la raffinata civiltà balcanica», «ti strumentalizza» per «rifarsi una verginità». Il tarlo del sospetto non soffocherà la compassione, e ai funerali di Eliade Bellow prenderà la parola per dire il suo dolore e la sua compassione.

È difficile giudicare del caso Eliade. Come è difficile giudicare di Heidegger, Carl Schmitt o Céline. Certo, la loro opera non può più essere letta solo in chiave scientifica o letteraria, separandola dalla biografia. Eppure, la loro vita mediocre non basta a oscurare la grandezza dell’opera che ha generato. Ci chiediamo: perché intellettuali di tale statura si sono ostinati a tacere il loro passato? La verità è che gli uomini sono molto meno uguali di quello che dicono, e molto più di quello che pensano.

È probabilmente questa saggezza che ha indotto perfino il regista Francis Coppola a rendere omaggio a Eliade. Il suo nuovo film, Youth without Youth, prende spunto da un omonimo racconto di Eliade (Tinerete fara tinerete): un settantenne professore, colpito da un fulmine, diventa più giovane anziché più vecchio, attirando l’attenzione dei servizi segreti. Il professore deve scappare attraverso vari paesi fino in India… Anche questa singolare fortuna è un dettaglio in cui si nasconde il buon Dio, e ci avverte che l’opera di Eliade rimane un capitolo inevitabile della storia intellettuale del Novecento, un passaggio obbligato per capirne le convulsioni.

* * *

Tratto da Repubblica del 12 marzo 2007.

lundi, 02 janvier 2012

Fascism in Albania

Fascism in Albania

 

 

 


 

Ex: http://xtremerightcorporate.blogspot.com/

It is often stated as a fact that the Italian invasion of Albania was an unprovoked act of aggression by Mussolini who was simply trying to make some territorial acquisition of his own in order to keep pace with the expansion of his ally Nazi Germany. Although it may be often repeated, this is simply not true. Italy had very long-standing interests in Albania but the actual invasion was not something Mussolini had planned out ahead of time. In fact, it came at a very inopportune moment, the very same month that the Spanish Civil War ended, which had been a very hard-fought victory for the Italian forces. It was that same month, when the Italian economy had already been pushed to the limit by wars in Ethiopia and Spain that the Albanian government announced a moratorium on their debts to Italy. Mussolini informed the trumped-up King, Zog, that these debts would have to be repaid as agreed. Previously, Italy had been very friendly with Albania. They had expelled Greek troops from the country in World War I, preserving its independence, had signed a number of friendship and defensive treaties with them and, obviously, had loaned them considerable amounts of money.

Not surprisingly, another issue was Albania giving Italy access to her oil wells at Devoli. This was something that concerned Mussolini greatly as the League of Nations sanctions in Italy during the Ethiopian war had proven to him how much Italy depended on imported oil. The country had virtually no mineral resources of its own, but oil was the most vital necessity and Mussolini did not want Italy to be in a position where foreign powers could starve Italy of such a commodity in the future. There was also the fact that the world community, after the First World War, had pretty much recognized Albania as an Italian protectorate and the Italians had a long history in the region. The ancient Romans had settled on the shores of Albania even before they controlled the whole of the Italian Peninsula and the Republic of Venice had had extensive holdings in Albania. Moreover, the self-promoted King of the Albanians had used the money Italy poured into the country in return for access to oil in order to enrich himself, his family and his own circle of supporters while the rest of the population lived in mild to dire poverty.

 


King Zog, as he called himself (inventing an illustrious ancestry going back to Albanian historical heroes after promoting himself from politician to monarch) was far from an admirable figure or a pitiable victim of Fascist aggression. He had clawed his way to the top and, as his biographer Jason Hunter Tomes wrote, “unable and frankly unwilling to have much faith in any group of his people, Zog strove to keep all classes in unstable equilibrium. Through hours of hideously convoluted talk, he obsessively manipulated his assorted underlings (nearly all older than himself) in an effort to exercise personal control from seclusion”. He was a small-time, puffed up potentate who would be most remembered for making it into the Guinness Book of World records for being the heaviest smoker in the world, sucking down 225 cigarettes a day. His tyrannical rule kept liberal-minded Albanians upset while his abolition of Islamic law and marriage to a Catholic Hungarian-American outraged conservatives in the Muslim nation. His love for poker also did not endear him to the majority of his people (gambling being forbidden in the Muslim religion) and he was involved in numerous feuds and vendettas with rival clans so that he was guarded constantly and lived as a recluse, fearing to go out in public.

Much has been made of the assassination attempts on King Zog as a way of justifying his cowardly, reclusive behavior, but it doesn’t hold water. Mussolini was the subject of more than one assassination attempt and yet it never phased him in the least and he was always going out in public, constantly among his people, his soldiers, in Italy and across the empire. Zog was a cowardly, corrupt back-stabber with delusions of grandeur and that is all there is to it. Even with all of that though, Mussolini might have looked the other way. The breaking point was Albania reneging on her debts and then the information that came to light showing that Zog was conspiring with the Greeks to get him out of the financial pinch his own greed had put him in. The last thing Italy wanted was Greece getting a foothold in Albania again and throwing into jeopardy Italian access to Albanian oil wells and metal mines. When all of this came together, Mussolini had little choice but to act and order Italian armed forces to occupy Albania.

 


The Albanian police and soldiers scattered pretty quickly after the Italian troops landed and King Zog issued, what the international media would later make famous, appeal to his people to rise up and resist the invaders. The problem was that the vast majority of Albanians were too poor to even own a radio so almost no one in his own country even heard him, though the media made sure plenty of people in France and Britain and the United States did, using it as an example of Fascist aggression against a weak, innocent, saintly little country. We assume those hard working Americans had no idea that the King they heard on the radio had never even seen an Italian soldier before he was racing toward the border in a fleet of limousines loaded down with gold bars, fancy furniture, designer suites and evening gowns, lavish jewelry and, of course, crates full of cigarettes. And the fact of the matter is that the occupation of Albania was not really much of an invasion or conquest. Only a handful of Italians were killed and most of the Albanian population came out to cheer their “conquerors” who had delivered them from the backward tribalism Zog had subjected them to. The Albanian people were not stupid and they could see as well as anyone that they were living in an impoverished backwater while Fascism had brought order, stability, jobs and economic efficiency to Italy.

Although no one would want to admit it today, about the only time Albania achieved any level of progress was during the years after Albania was annexed to the Italian Empire on April 16. It was only during those years that Albanian territory expanded to include almost all ethnic Albanians in the region, taking in the contested region of Kosovo, border areas of what is now Montenegro and others. Italian companies invested in Albania and there was a brief economic upsurge before the war brought everything to a standstill. What is more, not even all the Allies who would later feign outrage over the occupation of Albania objected at the time. Even so staunch an enemy of the Fascist government as the British Foreign Secretary Anthony Eden sent Mussolini a personal telegram immediately afterwards thanking him for his swift and correct action and assuring him of British support for the move which most felt surely headed off a much greater Balkan crisis if the corrupt King Zog had been allowed to continue on his way. The only major Allied power that was really upset by it was the French because they were afraid that the annexation of Albania had secured the eastern frontier of Italy leaving them free to focus on the west. They were, perhaps, nervous that Mussolini would next look to reclaim ethnically Italian areas under French control like Savoy, Nice and Corsica.

 


Also untrue is the claim by some that Albania during the Fascist period was totally controlled by Italians. The two viceroys during the period were Italians but the prime ministers of the Albanian government were all Albanians. The first had even been prime minister for Zog (even though the two hated each other which was typical). The next one had fought on the Turkish side against Italy in the Italo-Turkish War of 1912, yet after Albania was annexed he was given a seat in the Roman Senate. Likewise the last two were both born and raised ethnic Albanians, so these were not simply Italian puppets by any means. It was the Albanian government, everyone forgets, that voted to depose King Zog (who had fled the country anyway and was still running) and then voted for the union with Italy. The problem was the war, which had to occupy the full attention of Rome rather than domestic concerns in Albania or Italy. Unlike even Ethiopia, there was not time for much development or progress because the war was the primary focus. So many Albanians continued their feuding ways. Some cooperated, some resisted because they were communists and on the Allied side and some nationalists resisted as well, stupidly so, because it was only with Italian support that their goal of a “Greater Albania” pretty much came true. Of course they also fought each other most of the time also.

So what was the result? Without the Fascists overseeing things it all went to hell PDQ. After the Italian armistice in 1943 the Germans came in for a while, with the same result, some Albanians cooperating and others resisting and others fighting everybody. In the end, with the Allied victory came, of course, the Communist victory (which was World War II in a nutshell; making the world safe for communism) and Enver Hoxha became the new communist dictator of Albania. He had been a communist partisan, leader of an Anti-Fascism committee and all the usual stuff, an avowed Leninist puppet for the international Bolsheviks in Moscow pretty much. Some of his deluded followers even continued on and helped Tito take power in Yugoslavia, so they were helping the very people who were going to strip away all the territory they had gained thanks to the Italians (which of course they wanted to keep). Hoxha was a fawning sycophant for Joseph Stalin and when he finally figured out he had made Albania a puppet of Yugoslavia he reversed course and decided to be a puppet of Soviet Russia. This went so far that when Stalin died, Hoxha actually made all the Albanians get down on their knees and give thanks to the memory of their great Soviet “liberator”.


Hoxha was such a mindless, Stalinist ass hat that relations with the USSR soured when Khrushchev took over and tried to restore at least a little bit of sanity to things. Hoxha denounced Khrushchev as a sell-out but went on praising Stalin as practically a god. He finally drew closer to Mao and the Red Chinese who he thought had more Marxist purity than the Soviets. When China got tired of his insanity he had no choice but to turn back to Russia and even Yugoslavia again -so went the Albanian Communist search for a sugar-daddy. It wasn’t happening. China denounced Albania and so, in his time in power, not only had Hoxha brought oppression, poverty and death to his people, lost them most of their territory and regional standing, but in the whole communist world he had managed to piss off the Yugoslavs, the Soviets and the Maoists, leaving Albania absolutely alone. What an achievement. Under Hoxha and his communist idiots Albania had achieved only one thing; having the absolute lowest standard of living of any country in all of Europe. There was one more leader after him of the communist era who then became the first President of the post-communist era (typical of the Reds, just change your coat and carry on) and there still hasn’t been much improvement since.

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La Syrie est depuis longtemps dans le collimateur des faucons néo-conservateurs

 

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Bernhard TOMASCHITZ:

La Syrie est depuis longtemps dans le collimateur des faucons néo-conservateurs

L’objectif est d’éliminer un ennemi d’Israël!

Le dirigeant de la Syrie, Bachar El-Assad, est mis sous pression. La Ligue Arabe a imposé des sanctions à son régime et les Nations Unies, à leur tour, entrent dans la danse. Le pays serait “au bord de la guerre civile” et la Haute Commissaire de l’ONU pour les droits de l’homme, Navy Pillay, exhorte la communauté internationale à prendre “des mesures effectives pour la protection du peuple syrien”. Comme si tout ce pandémonium n’était pas encore suffisant, on apprend qu’une “Armée syrienne libre”, soit une troupe de rebelles composée pour l’essentiel de déserteurs, attaque de plus en plus souvent des bâtiments abritant des institutions de l’Etat syrien afin de déstabiliser le régime d’El-Assad puis de le renverser.

Que cette “Armée syrienne libre” (ASL) soit réellement composée d’anciens soldats des forces régulières, qui auraient changé de bord,  est une affirmation plus que douteuse. Plusieurs agences de presse arabes sur internet signalent que cette “ASL”, qui prétend aligner 20.000 hommes, aurait reçu le renfort de 600 “volontaires libyens”. Si la teneur de ces dépêches s’avérait exacte, la lutte qui se déroule aujourd’hui en Syrie prendrait une toute autre dimension. En effet, on sait déjà que bon nombre de “rebelles libyens” ont été militairement formés en Afghanistan et ont des liens avec Al Qaeda et d’autres organisations islamistes. C’est par la Turquie que ces “Libyens” ont été infiltrés en Syrie. Cela paraît d’autant plus préoccupant pour nous, Européens de l’Ouest et du Centre de notre sous-continent, que la Turquie est membre, comme nous, de l’OTAN. Or elle fournit des armes aux insurgés syriens depuis longtemps et, par la force des choses, nous implique dans le conflit civil syrien.

Qui plus est, il y a, via la Turquie, un lien entre les rebelles et Israël, Etat qui travaille à l’effondrement du régime d’El-Assad depuis de longues années. Dans le contexte qui nous préoccupe aujourd’hui, il est intéressant de rappeler l’existence d’un rapport rédigé en 1996 par un groupe d’études placé sous la double houlette du faucon néo-conservateur Richard Perle (surnommé le “Prince des Ténèbres”) et du Premier ministre israélien de l’époque, Benjamin Netanyahou. Ce rapport était intitulé “Une nouvelle stratégie pour sauvegarder la sécurité de l’Empire (en anglais: “Realm”)”. Le concept de “Realm” doit se comprendre ici comme synonyme de “domination”, soit la domination américano-israélienne dans la région. Le rapport Perle/Netanyahou explique qu’il ne croit plus à une “paix générale”, concrétisée par “un coup de force décisif” mais évoque la possibilité de prendre toutes sortes de mesures pour affaiblir la Syrie, pays auquel on reproche une belle quantité de manquements. Ainsi, Damas serait impliqué dans le trafic international des stupéfiants, tenterait également de prendre le Liban tout entier sous sa coupe, soutiendrait, conjointement avec l’Iran, des organisations islamistes comme le Hizbollah, ce qui aurait pour corollaire que la Syrie “défierait l’Etat sioniste sur le sol libanais”.

Richard Perle, qui était un des conseillers du Président américain George W. Bush et l’un des principaux architectes de la guerre d’agression contre l’Irak (guerre qui bafouait le droit des gens), propose la stratégie suivante: Israël pourrait “modeler son environnement stratégique en coopérant avec la Turquie et la Jordanie en affaiblissant, en endiguant et même en repoussant les Syriens”. Etape importante dans la réalisation de ce projet: “éliminer Saddam Hussein du pouvoir en Irak”, ce qui fut fait en 2003 sous le prétexte de “diffuser la démocratie dans le monde”. Une fois Saddam éliminé, les ambitions syriennes de devenir une sorte de petite puissance régionale allaient être torpillées. Nos deux auteurs mentionnent expressis verbis la Jordanie comme partenaire: en effet, ce royaume hachémite a signé un traité de paix avec Israël; ce qui explique sans doute que le royaume, dont le régime est fort éloigné du modèle démocratique à l’américaine, a connu la paix jusqu’ici.

L’attitude très rigide contre la Syrie s’explique aussi par le fait que les Israéliens souhaitent annexer définitivement les hauteurs du Golan, occupées depuis 1967. Car, vu la nature du régime de Damas, il est “naturel et aussi moral” qu’Israël rejette toute solution équivalant à une “paix générale” et préfère “endiguer” la Syrie, se plaindre de son armement et de son programme d’acquisition d’armes de destruction massive, que négocier sur la base dite de la “terre pour la paix”, en ce qui concerne les hauteurs du Golan.

Ce projet Perle/Netanyahou de 1996 n’est pas le seul plan imaginé pour bouleverser la région: le fameux plan Yinon de 1982 vise également l’affaiblissement de tous les Etats musulmans de la région. Oded Yinon, haut fonctionnaire attaché au ministère israélien des affaires étrangères, propose, dans son mémorandum, une balkanisation de la région qui serait entièrement remodelée et où ne subsisteraient plus que des Etats arabes petits et moyens, afin qu’Israël puisse conserver sa prépondérance stratégique sur le long terme.

Au nom du “retour à l’initiative stratégique” et pour donner à Israël une marge de manoeuvre afin que l’Etat hébreu puisse “mobiliser toutes ses énergies pour reconstruire le sionisme”, les faucons israéliens insistent pour que les Etats récalcitrants de la région, comme l’Irak en 2003 et la Syrie aujourd’hui, soient “ramenés à la raison”.

Comme Tel Aviv ne peut atteindre cet objectif seul, ou ne pourrait l’atteindre que très difficilement, les Etats-Unis et aussi, dans un deuxième temps, l’Europe, doivent être sollicités et entraînés dans la danse. Et finalement, ne trouve-t-on pas dans le rapport Perle/Netanyahou l’éternelle évocation des “valeurs communes” de l’Occident que partagerait, avec l’Europe et l’Amérique, la “seule démocratie” du Proche Orient.

Bernhard TOMASCHITZ.

(article paru dans “zur Zeit”, Vienne, n°49/2011, http://www.zurzeit.at/ ).

 

Qui fut le Baron Max von Oppenheim?

Qui fut le Baron Max von Oppenheim?

Orientaliste, arabisant, archéologue et diplomate, il fut l’artisan d’une politique allemande au Proche Orient pendant la première guerre mondiale

Max_von_Oppenheim.jpgLa famille von Oppenheim est aujourd’hui sous les feux de la rampe: sa banque est accusée par les juges de Cologne de faillite frauduleuse, de malversations immobilières, suites logiques de la faillite de la société commerciale Arcandor (Karstadt/Quelle) en 2009. La société bancaire “Sal. Oppenheim”, ébranlée par la crise immobilière de l’automne 2008, est devenue insolvable et a été reprise par la Deutsche Bank. Ainsi s’est terminée l’histoire d’une famille de banquiers allemands qui a duré 220 ans. Elle avait été fondée en 1789 par un garçon de 17 ans, Salomon Oppenheim junior.

D’une toute autre trempe que les lamentables banquiers de la famille en ce début de 21ème siècle, était le Baron Max von Oppenheim, diplomate, orientaliste et archéologue. Né le 15 juillet 1860 dans la famille d’Albert von Oppenheim, un banquier converti au catholicisme en 1858, le jeune Max a toujours refusé le plan de vie que lui suggérait son père: faire des affaires et devenir banquier à son tour. Dès 1879, il étudie les sciences juridiques à l’Université de Strasbourg et obtient son titre de docteur en droit à Göttingen en 1883. En 1891, il réussit les examens d’”assesseur” à Cologne. L’année suivante, il s’installe au Caire, muni d’une bonne bourse offerte par son père. Max entend apprendre la langue arabe. En Egypte, depuis l’occupation du pays par les Britanniques en 1882, c’est le Consul Général anglais qui gouverne le pays de facto.

Max von Oppenheim entendait vivre en Egypte comme “un simple Mahométan, afin de parfaire sa connaissance de l’arabe et d’étudier l’esprit de la religion islamique, ainsi que les moeurs et les coutumes des indigènes”. Il entreprit pendant son séjour égyptien plusieurs voyages d’étude en Afrique orientale et au Proche Orient. En tant qu’archéologue, il découvrit en 1899 la colline de Tell Halaf, habitée dès la protohistoire  et située sur le territoire de la Syrie actuelle; il géra ensuite les fouilles sur le site de la ville araméenne de Gouzana, vieille de 3000 ans, entre 1910 et 1913 puis entre 1927 et 1929. Sa réputation d’archéologue de premier plan était faite.

En 1896, Max von Oppenheim devient l’un des collaborateurs du Consul Général d’Allemagne au Caire. En 1900, il monte en grade: il est conseiller auprès de la légation et, jusqu’en 1910, assume le poste de ministre résident. A partir de septembre 1914, il organise et dirige à Berlin un bureau de traduction, qui, après avoir perçu des subsides de l’état-major général, devient l’“Office des renseignements pour l’Orient” (NfO ou “Nachrichtenstelle für den Orient”). Le motif qui a poussé l’état-major à financer et à annexer officieusement ce bureau de traduction était la nécessité de connaître l’importance stratégique de la Turquie pour le Reich allemand. Rappellons que la première mission militaire allemande a été envoyée en 1882 et que la construction du fameux chemin de fer vers Bagdad a commencé en 1903. Il convenait également de saisir les intérêts économiques d’une alliance avec l’Empire ottoman: la Deutsche Bank et Siemens avaient fondé en 1899 la “Société des chemins de fer anatoliens”; Krupp était le principal fournisseur d’armements à la Turquie. Enfin, il s’agissait aussi, dès les prémisses annonciatrices de la Grande Guerre, de contrer les campagnes de presse orchestrées contre l’Allemagne par les Anglais et les Français.

Lorsque l’Empereur Guillaume II, en automne 1898, tint quelques propos de table à Damas à l’adresse du Sultan ottoman Abdülhamid II et des 300 millions de musulmans du monde pour dire “que pour le reste des temps, l’Empereur d’Allemagne sera leur ami”, il s’inspirait directement de Max von Oppenheim. Celui-ci avait constaté au début du voyage de l’Empereur: “Plus que jamais, le Sultan est considéré aujourd’hui, dans tout le monde musulman, comme le plus puissant des princes mahométans et le souverain et le protecteur des lieux saints. Pour une grande puissance qui le considèrerait comme ennemi, il peut apparaître comme un adversaire peu dangereux mais serait au contraire un allié précieux dans une lutte contre tout Etat qui aurait de nombreux sujets musulmans”.

En effet, peu après l’entrée de la Turquie dans la Grande Guerre aux côtés de l’Allemagne, en novembre 1914, le Sultan Mohammed V proclame la Djihad. Mais cette proclamation n’a pas les effets souhaités dans le déroulement de la guerre, car les puissances de l’Entente, surtout les Anglais, parviennent, par l’action de leur agent T. E. Lawrence (dit “Lawrence d’Arabie”), à soulever les Arabes contre les Ottomans.

Le bureau NfO, qui ne dépendait pas du gouvernement allemand, mais travaillait étroitement avec le ministère des affaires étrangères, disposait d’un département de presse qui produisait et diffusait pamphlets et tracts, publiait un journal pour les prisonniers musulmans, un organe de dépêches et une revue intitulée “Der Neue Orient” (= “Le Nouvel Orient”). Cette revue recevait partiellement le soutien du ministère des affaires étrangères mais était largement financée par la fortune privée de Max von Oppenheim: c’est ainsi que furent édités plusieurs écrits comme “Indien unter britischer Faust” (= “L’Inde sous la férule britannique”), “Russische Greueltaten” (= “Atrocités russes”), “Englische Dokumente zur Erdrosselung Persiens” (= “Documents anglais sur l’étranglement de la Perse”), de même qu’une chronique illustrée sur le déroulement de la guerre (“Illustrierte Kriegschronik”), en langues arabe, perse, turque, ourdoue et tatar, selon le théâtre d’opération où elle était diffusée.

Après la mise sur pied de la NfO en 1915, Max von Oppenheim fut envoyé à Constantinople pour y créer une nouvelle organisation, qui devait travailler étroitement avec le ministère des affaires étrangères et le NfO. Dejà dans son memorandum de 1914 et dans un écrit sur le travail de propagande à effectuer en Orient au départ de l’ambassade allemande à Constantinople, Oppenheim déclarait: “La propagande turque doit être centralisée à Constantinople tout en étant téléguidée et soutenue par les Allemands mais cela doit être fait de telle manière que les Turcs puissent croire qu’ils ont à leurs côtés des conseillers amicaux et qu’ils sont en fait les seuls et vrais auteurs et diffuseurs de cette propagande”.

Ainsi, sur tout le territoire de l’Empire ottoman, 75 officinesd’information seront installées, entre le début des activités de von Oppenheim en 1915 et l’automne de 1916. Sur les murs de ces bureaux, on pouvait voir des portraits du Sultan, de ministres et de généraux turcs mais aussi des empereurs d’Allemagne et d’Autriche-Hongrie et de généraux allemands. Les visiteurs pouvaient utiliser des pupitres de lecture pour y lire les dépêches du jour, les communiqués militaires et les brochures d’information et de propagande qui apportaient la contradiction à la presse de Turquie et du Levant, généralement dominée par les bureaux français. Les activités de la NfO et l’organisation des officines de propagande étaient gérées sur un mode professionnel et visait à donner une image favorable de l’Allemagne sur le long terme dans tout l’Orient: cette image s’est bien ancrée dans cette région du monde, n’a certes eu aucune influence concrète sur le déroulement des hostilités proprement dites pendant la Grande Guerre mais, en dépit de la défaite des puissances centrales, l’image de l’Allemagne bénéficie toujours là-bas d’une aura positive. C’est indubitablement un résultat tangible des activités de von Oppenheim.

Max von Oppenheim était un idéaliste mais aussi un homme d’esprit pétri de culture politique. Pendant la seconde guerre mondiale, il a résidé à Berlin jusqu’en 1943, avant de s’installer à Dresde. Il est décédé le 15 novembre 1946 des suites d’une pneumonie. Ce “demi-juif”, selon le jargon du Troisième Reich, s’était adressé le 25 juillet 1940 au ministère des affaires étrangères de son pays, en lui adressant un mémorandum. Envoyé au sous-secrétaire d’Etat Theo Habicht, ce mémorandum contenait les grandes lignes d’un projet germano-arabe. A propos de ce projet, l’arabisant et historien du Proche Orient G. Schwanitz écrit: “Max von Oppenheim n’a certes donné aucun titre à son mémorandum mais, s’il fallait en choisir un de pertinent, nous pourrions écrire ‘Révolutionner les territoires musulmans de nos ennemis’”. Deux jours plus tard, le 27 juillet 1940, le sous-secrétaire d’Etat Habicht répond au baron von Oppenheim et lui dit que “les questions soulevées dans son mémorandum sont d’ores et déjà traitées en long et en large par le ministère”.

Ce que visait von Oppenheim en 1940 est entièrement résumé dans l’introduction à son mémorandum: “Comme directeur des informations pour l’Orient auprès du ministère des affaires étrangères et, plus tard, auprès de notre ambassade à Constantinople pendant la Grande Guerre, je me permets, à l’heure où la guerre contre l’Angleterre entre dans sa phase décisive, de proposer ce qui suit: le moment est venu pour nous d’oeuvrer avec énergie contre l’Angleterre au Proche Orient. Deux tâches m’apparaissent urgentes: 1) Fournir à Berlin des informations directes et fiables venues du Proche Orient; 2) Il convient de révolutionner d’abord la Syrie contre les projets d’occupation des Anglais, ensuite de pratiquer la même politique dans les régions arabes voisines comme l’Irak, la Transjordanie, la Palestine et l’Arabie Saoudite. L’objectif serait de clouer là-bas un maximum de forces britanniques, de géner l’exportation de pétrole et, ainsi, d’handicaper sérieusement l’approvisionnement des flottes commerciales et militaires de la Grande-Bretagne, de paralyser le trafic maritime sur le Canal de Suez et de le bloquer pour les Anglais et, finalement, d’anéantir la domination britannique sur le Proche Orient”.

(article anonyme paru dans DNZ, Munich, n°51/2011).

 

dimanche, 01 janvier 2012

Cina e Giappone abbandonano il dollaro

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Cina e Giappone abbandonano il dollaro

 

di Enrico Piovesana

Fonte: eilmensile.it

Giornali e Tg non ne parlano, ma per gli ambienti finanziari globali è la notizia-bomba di queste festività natalizie: la seconda e la terza economia mondiale, Cina e Giappone, hanno siglato un accordo che prevede l’abbandono del dollaro americano come valuta utilizzata negli scambi commerciali tra le due nazioni asiatiche, consentendo quindi un interscambio direttamente in yen e yuan.

 

Finora, circa il 60 per cento degli scambi commerciali tra Cina e Giappone vengono regolati in dollari. L’intesa, siglata lunedì a Pechino al termine dell’incontro tra il premier cinese Wen Jiabao e il primo ministro giapponese Yoshihiko Noda, è un chiaro segnale di sfiducia delle due potenze economiche asiatiche nei confronti della travagliata area euro-dollaro.

 

Questa mossa viene interpretata dagli economisti come il primo passo concreto del governo di Pechino per far diventare la moneta cinese, lo yuan (o renminbi), una valuta di riserva globale sostitutiva al dollaro. Cosa attualmente non ancora possibile, vista la non completa convertibilità della valuta cinese.

 

Per il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schaeuble, il patto Cina-Giappone rappresenta una sfida che evidenzia l’importanza di una ”Europa unita e di una moneta comune che ci dà buone chanches di perseguire i nostri interessi e l’opportunità di realizzarli a livello mondiale”.


Tante altre notizie su www.ariannaeditrice.it

 

De la germanophobie au FMI, la bêtise européenne dans toute sa splendeur !

De la germanophobie au FMI, la bêtise européenne dans toute sa splendeur !

Ex: http://www.ladroitestrasbourgeoise.com/

Depuis le début de la crise, on a entendu monter en crescendo un petit refrain : « l’Allemagne payera ! ». On se serait cru revenu à Versailles en 1919. Certes, il aura fallu du temps pour que la sauce prenne, car on ne savait pas bien quoi leurs reprocher aux braves Allemands. Élève modèle de la zone euro, le succès économique de l’Allemagne a certes de quoi exaspérer, il faut bien l’admettre :  4ème économie mondiale, 1ère européenne, elle est aujourd’hui le plus grand exportateur mondial de biens devant les États-Unis et la Chine et enregistrait en 2010 un excédent commercial de 150 milliards d’euros.

Après des reformes draconiennes entreprises  sous le mandat de Gerhard Schröder, les Allemands ont vu, comparativement à leur voisins européens, leur niveau de vie baisser de 20 à 30% en 10 ans. Coupes claires dans les budgets sociaux, retraite à 67 ans et introduction d’une dose de capitalisation, gèle drastique des salaires… Jamais des réformes aussi dures n’avaient étaient mises en œuvre dans un pays afin de restaurer ainsi sa compétitivité.

Mais comme toujours en Europe dès qu’une nation prend l’ascendant, la réaction des voisins ne se pas fait attendre. Lorsque la Grèce a trébuché alors qu’on apprenait qu’aucun de ses citoyens ne s’acquittait de ses impôts,  des voix se sont fait entendre pour réclamer que l’Allemagne paie ! Leur argument était un peu simpliste, puisqu’il reposait sur le postulat que, quels que soient les torts grecs, il n’était que justice que les pays riches payent. Et ce sans se poser la question de savoir si les Allemands n’avaient pas déjà durement, à leur façon, payé cette richesse relative qu’on leur reprocherait presque. Pendant ce temps, d’autres voix, plus grinçantes celles-là, aiguisaient  des arguments plus habiles qui faisaient jouer à l’Allemagne un rôle trouble.

De prime abord, cet argument se tient. Il avance notamment l’idée que l’Allemagne aurait mené une sournoise politique déflationniste, dopant ainsi sa productivité, contre ses partenaires européens en siphonnant leurs plans de relance. Il est vrai que pratiquer la déflation compétitive n’est jamais en soi une bonne solution. Cela écrase les classes populaires et s’avère toujours dangereux à terme, car baisser les salaires étrangle la consommation. C’est d’ailleurs ce qui menace l’Allemagne, maintenant que tous les États se plient à la rigueur. Le seul souci est que ce qui est présenté comme des plans de relance ne sont au fond que des incuries budgétaires affligeantes. L’aberrante loi des 35 heures peut-elle décemment être considérée comme un plan de relance ? La réalité est que l’Allemagne s’appliquait à réarmer son économie pendant que le reste de l’Europe, pays latins en tête, se la coulait douce en profitant des crédits à bas taux que leur offrait un mark miraculeusement transformé en euro pour tous.

Qu’importe ! Vu de France, l’Allemagne reste inexcusable ! Un vent de germanophobie, passablement rance, s’est mis à souffler sur l’hexagone. Tous les chroniqueurs ont repris ce crédo en chœur : « c’est la faute à l’Allemagne ! ». Récemment encore, lorsque Merkel refusa de transformer la BCE en « bad bank », déclinant ainsi l’option de la voir racheter les dettes des Etats, tout le monde lui est tombé dessus. L’Allemagne craignait légitimement de voir la BCE devenir un faux-monnayeur et l’euro, une monnaie de singe. Rien n’y faisait ! Preuve était faite que la rigidité allemande était bien à la source de la crise. Il est pourtant facile de comprendre qu’une Allemagne qui comptera 22 millions de retraités en 2020 ne peut décemment accepter une logique inflationniste dont personne ne saurait prédire l’issue.

Car contrairement au dollar, l’euro n’est pas une monnaie d’échange internationale. Faire tourner la planche à billet aboutira fatalement à une explosion inflationniste. Si trop d’euro étaient imprimés pour financer les dettes (on parle ici de plusieurs centaines de milliards), les fonds souverains russe, chinois ou saoudiens se débarrasseraient immédiatement de leur réserve en devise européenne pour se prémunir des effets de la  dévaluation qui s’ensuivrait. Tout cet afflux soudain de monnaie provoquerait en retour, d’abord une chute vertigineuse de l’euro, ensuite une violente poussée inflationniste. Dévaluation et inflation peuvent être des solutions en soi, mais avec 22 millions de retraités-rentiers (1/4 de la population), une politique exclusivement inflationniste pour l’Allemagne tiendrait lieu d’un suicide collectif.

Les Européens seraient donc mieux inspirés de reconnaitre leurs torts partagés pour se mettre d’accord autour d’une solution offensive contre la prédation des marchés.  Une solution qui pourrait par exemple mélanger un savant dosage de restructuration, d’effacement partiel et de monétarisation de la dette ; le tout dans le cadre d’une politique protectionniste garantie par une dévaluation monétaire maitrisée. Bien évidemment, cette solution mettrait sur la paille un certain nombre de banques qu’il faudrait alors nationaliser.

Mais les grandes banques ne l’entendent pas de cette oreille. Elles veulent qu’on leur rembourse tout sans que le système spéculatif, tel qu’il ne tourne pas rond, ne soit trop bousculé. Plutôt que d’affronter les grands argentiers de la finance transnationale, les dirigeants européens préfèrent s’accuser les uns les autres, en s’apprêtant à abandonner aux plans de coupe budgétaire du FMI les nations les plus faibles.  La veulerie des gouvernants européens est totale et leur égoïsme, coupable.

Car que penser d’autre de l’option, évoquée lors du dernier sommet européen, qui autoriserait la BCE à avancer des fonds au FMI pour que celle-ci prête en retour aux Etats européens en difficulté ? Cette solution, envisagée comme un moyen de contourner rapidement les traités européens et de neutraliser un emballement inflationniste, fait froid dans le dos. Elle reviendrait de facto à abdiquer toute souveraineté européenne. L’Europe ne serait plus alors qu’un spectre politique diaphane, sans consistance, qui exécuterait servilement les consignes des experts anglo-saxons du FMI. La bêtise européenne prendrait alors toute sa splendeur !

Olrik

Unrelenting Global Economic Crisis: A Doomsday View of 2012

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Unrelenting Global Economic Crisis: A Doomsday View of 2012
The economic, political and social outlook for 2012 is profoundly negative

 

Introduction

The economic, political and social outlook for 2012 is profoundly negative. The almost universal consensus, even among mainstream orthodox economists is pessimistic regarding the world economy. Although, even here, their predictions understate the scope and depth of the crises, there are powerful reasons to believe that beginning in 2012, we are heading toward a steeper decline than what was experienced during the Great Recession of 2008 – 2009. With fewer resources, greater debt and increasing popular resistance to shouldering the burden of saving the capitalist system, the governments cannot bail out the system.

Many of the major institutions and economic relations which were cause and consequence of world and regional capitalist expansion over the past three decades are in the process of disintegration and disarray. The previous economic engines of global expansion, the US and the European Union, have exhausted their potentialities and are in open decline. The new centers of growth, China, India, Brazil, Russia, which for a ‘short decade’ provided a new impetus for world growth have run their course and are de-accelerating rapidly and will continue to do so throughout the new year.

The Collapse of the European Union

Specifically, the crises wracked European Union will break up and the de facto multi-tiered structure will turn into a series of bilateral/multi-lateral trade and investment agreements. Germany , France , the Low and Nordic countries will attempt to weather the downturn. England - namely the City of London, in splendid isolation, will sink into negative growth, its financiers scrambling to find new speculative opportunities among the Gulf petrol-states and other ‘niches’. Eastern and Central Europe, particularly Poland and the Czech Republic , will deepen their ties to Germany but will suffer the consequences of the general decline of world markets. Southern Europe ( Greece , Spain , Portugal and Italy ) will enter into a deep depression as the massive debt payments fueled by savage assaults on wages and social benefits will severely reduce consumer demand.

Depression level unemployment and under-employment running to one-third of the labor force will detonate year-long social conflicts, intensifying into popular uprisings. Eventually a break-up of the European Union is almost inevitable. The euro as a currency of choice will be replaced by or return to national issues accompanied by devaluations and protectionism. Nationalism will be the order of the day. Banks in Germany , France and Switzerland will suffer huge losses on their loans to the South. Major bailouts will become necessary, polarizing German and French societies, between the tax-paying majorities and the bankers. Trade union militancy and rightwing pseudo ‘populism’ (neo-fascism) will intensify the class and national struggles

A depressed, fragmented and polarized Europe will be less likely to join in any Zionist inspired US-Israeli military adventure against Iran (or even Syria ). Crises ridden Europe will oppose Washington ’s confrontationalist approach to Russia and China .

The US : The Recession Returns with a Vengeance

The US economy will suffer the consequences of its ballooning fiscal deficit and will not be able to spend its way out of the world recession of 2012. Nor can it count on ‘exporting’ its way out of negative growth by turning to previously dynamic Asia, as China, India and the rest of Asia are losing economic steam. China will grow far below its 9% moving average. India will decline from 8% to 5% or lower. Moreover, the Obama regime’s military policy of ‘encirclement’, its economic policy of exclusion and protectionism will preclude any new stimulus from China .

Militarism Exacerbates the Economic Downturn

The US and England will be the biggest losers from the Iraqi post war economic reconstruction. Of $186 billion dollars in infrastructure projects, US and UK corporations will gain less than 5% (Financial Times, 12/16/11, p 1 and 3). A similar outcome is likely in Libya and elsewhere. US imperial militarism destroys an adversary, plunging into debt to do so, and non-belligerents reap the lucrative post-war economic reconstruction contracts.

The US economy will fall into recession in 2012 and the “jobless recovery of 2011” will be replaced by a steep increase of unemployment in 2012. In fact, the entire labor force will shrink as people losing their unemployment benefits will fail to register.

Labor exploitation (“productivity”) will intensify as capitalists force workers to produce more, for less pay, thus widening the income gap between wages and profits.

The economic downturn and growth of unemployment will be accompanied by savage cuts in social programs to subsidize financially troubled banks and industries. The debates among the parties will be over how large the cuts to workers and retirees will be to secure the ‘confidence’ of the bondholders. Faced with equally limited political choices, the electorate will react by voting out incumbents, abstaining and via spontaneous and organized mass movements, such as the “occupy Wall Street” protest. Dissatisfaction, hostility and frustration will pervade the culture. Democratic Party demagogues will scapegoat China ; the Republican Party demagogues will blame the immigrants. Both will fulminate against “the Islamo-fascists” and especially against Iran .

New Wars in the Midst of Crises: Zionists Pull the Trigger

The ‘52 Presidents of the Major American Jewish Organizations’ and their “Israel First” followers in the US Congress, State Department, Treasury and the Pentagon will push for war with Iran . If they are successful it will result in a regional conflagration and world depression. Given the extremist Israeli regime’s success in securing blind obedience to its war policies from the US Congress and White House, any doubts about the real possibility of a major catastrophic outcome can be set aside.

China: Compensatory Mechanisms in 2012

China will face the global recession of 2012 with several possibilities of ameliorating its impact. Beijing can shift toward producing goods and services for the 700 million domestic consumers currently out of the economic loop. By increasing wages, social services and environmental safety, China can compensate for the loss of overseas markets. China ’s economic growth, which is largely dependent on real estate speculation, will be adversely affected when the bubble is burst. A sharp downturn will result, leading to job losses, municipal bankruptcies and increased social and class conflicts. This can result in either greater repression or gradual democratization. The outcome will profoundly affect China ’s market - state relations. The economic crisis will likely strengthen state control over the market.

Russia Faces the Crises

Russia ’s election of President Putin will lead to less collaboration in backing US promoted uprisings and sanctions against Russian allies and trading partners. Putin will turn toward greater ties with China and will benefit from the break-up of the EU and the weakening of NATO.

The western media backed opposition will use its financial clout to erode Putin’s image and encourage investment boycotts though they will lose the Presidential elections by a big margin. The world recession will weaken the Russian economy and will force it to choose between greater public ownership or greater dependency on state funds to bail out prominent oligarchs.

The Transition 2011 – 2012: From Regional Stagnation and Recession to World Crises

The year 2011 laid the groundwork for the breakdown of the European Union. The crises began with the demise of the Euro, stagnation in the US and the outbreak of mass protests against the obscene inequalities on a world scale. The events of 2011 were a dress rehearsal for a new year of full scale trade wars between major powers, sharpening inter-imperialist struggles and the likelihood of popular rebellions turning into revolutions. Moreover, the escalation of Zionist orchestrated war fever against Iran in 2011 promises the biggest regional war since the US-Indo-Chinese conflict. The electoral campaigns and outcomes of Presidential elections in the US , Russia and France will deepen the global conflicts and economic crises.

During 2011 the Obama regime announced a policy of military confrontation with Russia and China and policies designed to undermine and degrade China ’s rise as a world economic power. In the face of a deepening economic recession and with the decline of overseas markets, especially in Europe , a major trade war will unfold. Washington will aggressively pursue policies limiting Chinese exports and investments. The White House will escalate its efforts to disrupt China ’s trade and investments in Asia, Africa and elsewhere. We can expect greater US efforts to exploit China ’s internal ethnic and popular conflicts and to increase its military presence off China ’s coastline. A major provocation or fabricated incident in this context is not to be excluded. The result in 2012 could lead to rabid chauvinist calls for a costly new ‘Cold War’. Obama has provided the framework and justification for a large-scale, long-term confrontation with China . This will be seen as a desperate effort to prop up US influence and strategic positions in Asia . The US military “quadrangle of power” – US-Japan-Australia-South Korea – with satellite support from the Philippines , will pit China ’s market ties against Washington ’s military build-up.

Europe: Deeper Austerity and Intensified Class Struggle

The austerity programs imposed in Europe, from England to Latvia to southern Europe will really take hold in 2012. Massive public sector firings and reduced private sector salaries and job opportunities will lead to a year of permanent class warfare and regime challenges. The ‘austerity policies’ in the South, will be accompanied by debt defaults resulting in bank failures in France and Germany . England ’s financial ruling class, isolated from Europe, but dominant in England , will insist that the Conservatives ‘repress’ labor and popular unrest. A new tough neo-Thatcherite style of autocratic rule will emerge; the Labor-trade union opposition will issue empty protests and tighten the leash on the rebellious populace. In a word, the regressive socio-economic policies put in place in 2011 have set the stage for new police-state regimes and more acute and possibly bloody confrontations with workers and unemployed youth with no future.

The Coming Wars that Ends America “As We Know It”

Within the US , Obama has laid the groundwork for a new and bigger war in the Middle East by relocating troops from Iraq and Afghanistan and concentrating them against Iran . To undermine Iran , Washington is expanding clandestine military and civilian operations against Iranian allies in Syria , Pakistan , Venezuela and China . The key to the US and Israeli bellicose strategy toward Iran is a series of wars in neighboring states, world- wide economic sanctions , cyber-attacks aimed at disabling vital industries and clandestine terrorist assassinations of scientists and military officials. The entire push, planning and execution of the US policies leading up to war with Iran can be empirically and without a doubt attributed to the Zionist power configuration occupying strategic positions in the US Administration, mass media and ‘civil society’.

A systematic analysis of American policymakers designing and implementing economic sanctions policy in Congress finds prominent roles for such mega-Zionists (Israel-Firsters) as Ileana Ros-Lehtinen and Howard Berman; in the White House, Dennis Ross in the White House, Jeffrey Feltman in the State Department, and Stuart Levy, and his replacement David Cohen, in the Treasury. The White House is totally beholden to Zionist fund raisers and takes its cue from the ‘52 Presidents of the Major American Jewish Organization. The Israeli-Zionist strategy is to encircle Iran , weaken it economically and attack its military. The Iraq invasion was the US ’s first war for Israel ; the Libyan war the second; the current proxy war against Syria is the third. These wars have destroyed Israel ’s adversaries or are in the process of doing so.

During 2011, economic sanctions, which were designed to create domestic discontent in Iran , were the principle weapon of choice. The global sanctions campaign engaged the entire energies of the major Jewish-Zionist lobbies. They have faced no opposition from the mass media, Congress or the White Office. The Zionist Power Configuration (ZPC) has been virtually exempt from criticism by any of the progressive, leftist and socialist journals, movements or grouplets – with a few notable exceptions. The past year’s re-positioning of US troops from Iraq to the borders of Iran , the sanctions and the rising Big Push from Israel ’s Fifth Column in the US means expanded war in the Middle East . This likely means a “surprise” aerial and maritime missile attack by US forces. This will be based on a concocted pretext of an “imminent nuclear attack” concocted by Israeli Mossad and faithfully transmitted by the ZPC to their lackeys US Congress and White House for consumption and transmission to the world. It will be a destructive, bloody, prolonged war for Israel ; the US will bear the direct military cost by itself and the rest of the world will pay a dear economic price. The Zionist-promoted US war will convert the recession of early 2012 into a major depression by the end of the year and probably provoke mass upheavals.

Conclusion

All indications point to 2012 being a turning point year of unrelenting economic crisis spreading outward from Europe and the US to Asia and its dependencies in Africa and Latin America . The crisis will be truly global. Inter-imperial confrontations and colonial wars will undermine any efforts to ameliorate this crisis. In response, mass movements will emerge moving over time from protests and rebellions, and hopefully to social revolutions and political power.


James Petras is a frequent contributor to Global Research.  Global Research Articles by James Petras