dimanche, 11 juillet 2010
CIA-Geheimbericht: Deutsche öffentlichkeit soll für Afghanistan-Krieg manipuliert werden
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mercredi, 28 avril 2010
Gli altri segreti di ECHELON e i misteri del Patto UK/USA

Archives de SYNERGIES EUROPEENNES - 2003
GLI ALTRI SEGRETI DI ECHELON E I MISTERI DEL PATTO UK/USA
Del dossier "Echelon" se ne è parlato diffusamente, anche se spesso confusamente, da quando il Mondo del 20 e 27/3/98 pubblicò stralci del rapporto dello Scientific and Technological Options Assessment (STOA), Direzione generale ricerca del Parlamento Europeo. Lo STOA fa capo al Direttorato Generale della Ricerca che risiede a Strasburgo. Nel documento in questione venivano affermate cose molto gravi e cioè che tutti i fax, i messaggi di posta elettronica, anche quelli criptati, le nostre azioni quotidiane più banali come l’uso del telefono, di internet, il passaggio ai caselli autostradali, la spesa, ecc., sono, in buona parte, intercettati e inseriti in una sofisticatissima e potente banca dati computerizzata. Il tutto sarebbe possibile grazie ad una speciale capillare rete di satelliti spia e a delle basi a terra di intercettazione.
Le comunicazioni intercettate indiscriminatamente, qualsiasi mezzo o linea di trasmissione utilizzino, sono quantitativamente non immaginabili. Il tutto è aggravato dal fatto che, diversamente da quanto avviene con altri sistemi sofisticati di spionaggio elettronico, il sistema "Echelon" è operativo, quasi esclusivamente, nei confronti di obiettivi non militari. Tutto quanto viene intercettato è dirottato al centro strategico di Menwith Hill, nel North York Moors, Regno Unito che, in un secondo tempo, invia tutto ciò che reputa di interesse a Fort Meade nel Maryland, al National Security Agency (NSA), il servizio segreto USA di spionaggio elettronico.
Dal documento "Una valutazione delle tecnologie di controllo politico", tradotto da T.H.E. Walrus e consultabile al sito web http://www.tmcrew.org/privacy/STOA.htm, apprendiamo che "Il sistema fu scoperto la prima volta alla fine degli anni ’70 da un gruppo di ricercatori in UK (Campbell, 1981). Un recente lavoro di Nicky Hager, ("Decret Power", Hager, 1996) fornisce i dettagli attualmente più comprensivi su un progetto conosciuto come ECHELON. Hager ha intervistato più di 50 persone coinvolte nei servizi segreti, mettendo alla luce l’esistenza di apparecchiature di ascolto e sorveglianza diffuse attraverso tutto il globo per formare un sistema puntato su tutti i satelliti chiave Intelsat utilizzati come infrastruttura di trasmissione satellitare per comunicazioni telefoniche, Internet, posta elettronica, fax e telex. I siti di questo sistema sono di stanza a Sugar Grove e Yakima negli USA, a Waihopai in Nuova Zelanda, a Geraldton in Australia, a Hong Kong e a Morwenstow UK". Per altri interessanti ragguagli consiglio di vistare il sito web http://www.wif.net, dove vi sono, tra l’altro, ampi ed interessanti approfondimenti forniti dal super esperto di Signal e Business Intelligence ing. Giuseppe Muratori, Intelligence Head Master del W.I.F. (World Intelligence Foundation).
Il documento "Una valutazione delle tecnologie di controllo politico" continua spiegando che sono due i sistemi di sorveglianza: "Il Sistema UK/USA che comprende le attività di agenzie di intelligence militare come la NSA-CIA negli USA che incorpora GCHQ e M16 in UK, che operano congiuntamente un sistema conosciuto come ECHELON" l'altro è "il Sistema EU-FBI che concatena assieme varie agenzie di ordine pubblico come FBI, polizie di stato, dogane, immigrazione e sicurezza interna". Echelon opera sotto la giurisdizione del patto UK/USA, che ha una data di nascita, il 1947. UK/USA riunì Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Australia, Nuova Zelanda e più recentemente Giappone, Corea e paesi NATO. Il progetto conosciuto come ECHELON si origina da questo patto segreto che all’inizio costituiva solo un formale accordo tra agenzie inglesi e americane COMINT (Communications Intelligence). Questo concordato era denominato BR/USA.
La ricercatrice freelance e giornalista investigativa Susan Bryce, ha scritto anche che: " UK/USA è un accordo ‘a gradini’, la NSA (National Security Agency) è chiamata ‘Primo Partito’… rispetto all’accordo UK/USA… si assume l’impegno di numerose operazioni clandestine. …fu allestita senza alcuna legislazione ufficiale, non c’è nulla, legalmente, che non possa fare. …la National Security Agency può essere descritta solo come il più grande di tutti i fratelli. Lanciata segretamente dall’Amministrazione Truman il 4 Novembre 1954, oggi la NSA controlla oltre 2.000 stazioni di intercettazione elettronica, dispone di un budget di oltre 10 miliardi di dollari l’anno ed impiega più di 130.000 persone in tutto il mondo, il che la rende anche più grande della CIA (Ball, 1980, p. 33)" (Nexus. New Times Magazine, Ottobre-Novembre 1995).
Il patto UK/USA nasconde altri segreti incredibili e decisamente inaccessibili. Il progetto ECHELON, in fondo, per quanto grave possa essere, è solo una delle emanazioni di UK/USA. Basti pensare che importantissime e strategiche basi Top Secret come Nurrungar, Menwith Hill, Pine Gap, ecc. e la stessa agenzia NSA sono coordinate direttamente secondo direttive UK/USA. C’è anche da dire che lo stesso segretissimo progetto di "Guerre Stellari" fu sotto la giurisdizione dell’accordo UK/USA. La General Electric e la Marconi, veri e propri leader nel settore, sono stati fornitori di alta e vitale tecnologia a diverse iniziative targate UK/USA. Attorno al progetto "Guerre Stellari", noto anche come Strategic Defense Initiative (SDI), si verificarono strane morti di scienziati. Incredibili suicidi iniziati nel 1982 e continuati sino al 1990. Gli scienziati coinvolti lavoravano per la General Electric Company di Londra ed erano insediati in due grandi ditte: la Plessey e la Marconi. Venticinque di questi sono deceduti in circostanze alquanto misteriose, molti di loro "suicidi" nel modo più strano e grottesco.
Un oceano di misteri, insomma, che si infittiscono sempre di più. Stranissime morti, sistemi di spionaggio satellitare e armi segrete e spaventose, congiure del silenzio e molto altro ancora sono la parte profonda dell’iceberg che affiora, solo impercettibilmente, da un mare di segreti. Invenzioni da apprendisti stregoni ci vengono tenute nascoste assieme ad altre micidiali scoperte. La ricercatrice Susan Bryce scrive, al riguardo, cose sconvolgenti. Ci informa di una riunione particolare e molto importante dove, tra l’altro, si discusse: "l’uso di infrasuoni per distruggere navi, tramite la creazione di campi acustici sul mare, e lo scagliare nel mare un grosso pezzo di roccia usando un economico dispositivo nucleare (il maremoto che ne risulterebbe potrebbe demolire la linea costiera di un paese). Altri maremoti potrebbero ottenersi detonando armi nucleari ai poli ghiacciati. Alluvioni controllate, uragani, terremoti e siccità indirizzate verso bersagli specifici e città, sono pure stati argomento di discussione. Ci sono speculazioni sul fatto che le basi statunitensi siano pesantemente implicate in ricerche concernenti molte di queste ‘nuove idee per la guerra’, come pure esperimenti con la griglia mondiale" (Nexus. New Times Magazine, cit.). Uno scenario da brivido insomma. Quali terribili e inconfessabili segreti cela il patto UK/USA?
Giuseppe Cosco
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samedi, 03 avril 2010
Afghanistan: comment la CIA souhaite manipuler l'opinion publique française
Afghanistan : comment la CIA souhaite manipuler l’opinion publique française
WASHINGTON (NOVOpress) – Dans une note préparée par sa « cellule rouge », chargée des propositions et analyses novatrices, l’agence de renseignement américaine propose de manipuler l’opinion publique française afin de la rendre plus favorable à l’intervention en Afghanistan, et ainsi faciliter l’envoi de renforts français sur le théâtre d’opérations.
Selon ce document, en France et en Allemagne, « l’apathie de l’opinion publique permet aux dirigeants de ne pas se soucier de leurs mandants ». En effet, bien que 80% des Français et des Allemands soient opposés à la guerre, « le peu d’intérêt suscité par la question a permis aux responsables de ne pas tenir compte de cette opposition et d’envoyer des renforts ».
Mais l’agence rappelle le précédent des Pays Bas où la coalition au pouvoir a éclaté sur la question afghane, et s’inquiète d’un possible revirement de l’opinion si les prochains combats sur place sont meurtriers.
Pour les rédacteurs, il convient donc de préparer les opinions publiques à accepter des pertes, notamment en cherchant à établir un lien entre l’expédition afghane et les préoccupations internes.
Pour obtenir ce résultat, plusieurs axes sont proposés par les agents américains :
- La question des réfugiés. L’importance accordée en France à la question des réfugiés, soulignée par la vague de protestation qui a accompagné la récente expulsion de douze afghans, offrant un premier axe de propagande consistant à persuader les Français que l’OTAN vient en aide aux civils.
- Le féminisme et la condition des femmes. Le document propose ainsi d’insister sur les progrès réalisés dans l’éducation des femmes, qui seraient compromis par un retour des talibans. La CIA recommande d’ailleurs de faire délivrer les messages favorables à l’intervention occidentale par des femmes afghanes.
- L’Obamania. Le crédit dont jouit le président Obama en Europe pourrait également être mis à profit, son implication plus directe permettant sans doute de renforcer le soutien à l’intervention.
[cc [1]] Novopress.info, 2010, Dépêches libres de copie et diffusion sous réserve de mention de la source d’origine
[http://fr.novopress.info [2]]
Article printed from :: Novopress.info France: http://fr.novopress.info
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jeudi, 01 avril 2010
Quand les alliés des Etats-Unis sont aussi (etsurtout) leurs concurrents: le rôle d'espionnage universel d'"ECHELON"

Archives de SYNERGIES EUROPEENNES - 1999
Quand les alliés des Etats-Unis sont aussi (et surtout) leurs concurrents : le rôle d’espionnage universel d’ « ECHELON »
Début 1998, Steve Wright, membre d’OMEGA, une association britannique pour les droits des citoyens basée à Manchester, constate dans un rapport qu’il adresse au Parlement Européen, que tous les courriers électroniques, les conversations téléphoniques et les fax sont enregistrés par routine par le service de renseignement américain NSA (National Security Agency). La NSA fait suivre toutes ces données récoltées en Europe à l’adresse du Quartier Général de la NSA aux Etats-Unis, à Fort Meade dans le Maryland. Avec raison, Wright conclut que la NSA a installé un système de surveillance global, dont le but est de sonder les satellites par lesquels transite la plus grande partie des communications internationales. A la différence des systèmes de surveillance électroniques, utilisés lors de la guerre froide pour sonder des organismes militaires, le système de surveillance « ECHELON » sert essentiellement à espionner des cibles civiles : des gouvernements, des organisations de toutes sortes ou des entreprises commerciales ou industrielles.
Quatre pays, explique Wright, se partagent, avec les Etats-Unis, les résultats de cet espionnage global : la Grande-Bretagne, le Canada, la Nouvelle-Zélande et l’Australie. Les services secrets de ces quatre pays n’agissent en fait que comme fournisseurs subalternes de renseignements. En d’autres termes : seuls les Américains contrôlent complètement le réseau d’espionnage ECHELON. Ensuite, dans le rapport de Wright, on apprend également que la plus grande station d’écoute du monde se trouve à Menwith Hill, en Angleterre dans le Comté du Yorkshire. Cette station serait en mesure d’écouter la plupart des communications en Europe et dans les pays de l’ex-URSS.
Dans ce rapport de Wright, pour la première fois, on apprend officiellement dans l’UE qu’un système d’écoute global et électronique, dont le nom est ECHELON, existe ! Pendant des années, seules des informations fortuites et superficielles circulaient à propos d’ECHELON. Le premier à avoir parler du concept même d’ECHELON a été le journaliste britannique, spécialisé dans les affaires d’espionnage, Duncan Campbell. Dans un article pour le magazine New Statesman du 12 août 1988. Il y a onze ans, Campbell révélait qu’ECHELON permettait de surveiller toutes les communications venant et arrivant en Grande-Bretagne, à la condition que cette surveillance serve l’intérêt national ou favorise l’économie britannique. Récemment, Campbell a lui-même rédigé un rapport à la demande d’un groupe de travail de l’UE, le STOA (Scientific and Technological Options Assessments). Le titre de son rapport : Interception Capabilities 2000 (soit : Etat des techniques d’écoutes en l’an 2000). Il traitait en détail d’ECHELON.
Les gouvernements décident de l’utilisation du matériel récolté
Campbell montre notamment dans son rapport que chaque Etat, participant à ECHELON, a autorisé ses services secrets ou certains ministères, de consulter tout matériel récolté ayant une importance d’ordre économique ou de les commander. Grâce aux informations ainsi engrangées, des objectifs très divers peuvent être poursuivis. Campbell ajoute que la décision d’exploiter ou d’utiliser ces informations acquises par espionnage ne relève pas des services secrets impliqués mais des gouvernements.
Ce rapport ne manque pas de piquant : en effet, la Grande-Bretagne est membre de l’UE et participe à l’espionnage généralisé de tous ses partenaires. Rappelons à ce propos deux faits : le journal anglais The Independant du 11 avril 1998 constate, vu la participation de la Grande-Bretagne à ECHELON, que celle-ci participe à un consortium de services électroniques de renseignements, qui espionne systématiquement les secrets économiques et commerciaux des Etats de l’UE. Le journal citait l’avocat français Jean-Pierre Millet, spécialisé en criminalité informatique. Les partenaires de la Grande-Bretagne, disait Millet, auraient raison d’en vouloir aux Britanniques, parce que ceux-ci n’ont pas abandonné leur coopération avec les Américains. Disons aussi en passant que la France, en matière d’espionnage économique, n’est pas un enfant de chœur. Ainsi, par exemple, l’ancien chef des services secrets français, Pierre Marion, avait déclaré que la guerre faisait toujours rage, y compris entre pays alliés, dès qu’il s’agissait d’affaires (cf. Spectator, 9 avril 1994). La grogne des Français, dans ce contexte, se justifiait non pas tant parce que la Grande-Bretagne faisait partie du cartel d’ECHELON, mais parce que la France ne pouvait pas participer à cette gigantesque machine globale à fouiner.
Le nom de code ECHELON découle du terme militaire français « échelon ». ECHELON a été au départ conçu par les services de renseignements pour surveiller l’Union Soviétique. Après l’effondrement de celle-ci, ce projet, qui a coûté des milliards, devait servir à combattre officiellement le terrorisme international. Mais cette justification n’est qu’un rideau de fumée, destiné à dissimuler le véritable objectif. D’après les informations dont on dispose, on peut désormais affirmer qu’ECHELON a bel et bien été conçu prioritairement pour l’espionnage industriel et économique à grande échelle.
L’allié militaire officiel peut être l’ennemi économique réel
Dans un rapport du 29 mars de cette année, Der Spiegel évoquait que les termes-clefs, avec lesquels ECHELON fonctionne, proviennent avant tout du domaine économique américain. Indice supplémentaire que les Américains ne se gênent nullement pour combattre les concurrents étrangers de leurs entreprises par tous les moyens, même illicites. Cela leur est complètement égal de savoir si la firme espionnée appartient à un pays allié ou ennemi. Deux auteurs ont bien mis cela en exergue, Selig S. Harrison et Clyde V. Prestowitz, dans un article du périodique Foreign Policy (79/90) : les alliés militaires des Etats-Unis sont ses ennemis économiques. Il est fort probable que les Etats-Unis nieront qu’une rivalité fondamentale les oppose aux autres puissances occidentales sur les plans des relations commerciales internationales, ce qui les empêchera, par la même occasion, de réagir adéquatement au niveau des règles de la concurrence.
L’ancien directeur du FBI, William Sessions, voit les choses de la même façon : dans un entretien, il a expliqué qu’aujourd’hui déjà, et, a fortiori dans l’avenir, une puissance est ou sera l’alliée ou l’ennemie des Etats-Unis non seulement selon les nécessités militaires, mais aussi et surtout selon les résultats des observations que les Etats-Unis obtiendront de leurs services de renseignement dans les domaines scientifiques, technologiques, politiques et économiques (cf. Washington Times, 30 avril 1992) (ndlr : autrement dit, aucune puissance européenne ou asiatique ne pourra désormais développer un programme de recherches scientifiques ou technologiques, et réussir des applications pratiques, sans risquer d’encourir les foudres des Etats-Unis et d’être décrite dans les médias comme « totalitaire », « dictatoriale », « communiste » ou « fasciste », ou « rouge-brune »).
L’espionnage scientifique renforce la mainmise politique
Philip Zelikov est encore plus clair dans son ouvrage American Intelligence and the World Economy (New York, 1996). La victoire dans la bataille pour être compétitif sur les marchés du monde est le premier point à l’ordre du jour dans l’agenda de la sécurité américaine. Même vision chez Lester Thurow, célèbre économiste américain du MIT (Massachusetts Institute of Technology), auteur de Head to Head : The Coming Battle between Japan, Europe and America (New York, 1992). Sans s’embarrasser de circonlocutions, Thurow écrit que les Etats qui dominent les plus grands marchés définissent également les règles. Il en a toujours été ainsi. Raison pour laquelle les Américains refusent même aux Etats qui participent au réseau ECHELON d’accéder à toutes les données récoltées. Ce genre de restriction est également habituel. Ainsi, par exemple, Mark Urban, dans son livre UK Eyes Alpha. The Inside Story of British Intelligence (Londres, 1996), évoque la coopération entre les services secrets britannique et américain et constate que les Américains n’ont jamais cessé de retenir des informations, de les garder pour eux seuls. Il s’agissait surtout des informations relatives aux affaires commerciales.
Ce détail et cette pratique de rétention expliquent les véritables motivations des Américains et de leurs partenaires dans le réseau d’écoute global ECHELON. Pourtant il serait inexact et insuffisant d’affirmer que le seul but d’ECHELON est l’espionnage économique. Comme auparavant, l’intelligence militaire et politique occupe une large part des activités de ce réseau. En priorité, ECHELON sert à faire valoir ses propres intérêts de manière plus efficace.
Les révélations du Néo-Zélandais Nicky Hager
D’après les explications du Néo-Zélandais Nicky Hager, qui, avec son livre Secret Power. New Zealand’s Role in the International Spy Network (1996), a permis de mieux savoir comment fonctionnait ECHELON, ce système d’espionnage n’est pas agencé de façon à contrôler et à copier chaque courrier électronique ou chaque télécopie. Le système vise plutôt à trier et à sonder de grandes quantités de communications électroniques. Les ordinateurs d’ECHELON filtrent au départ de mots-clefs ou de concepts-clefs, consignés dans des « dictionnaires » et, à partir de la masse d’informations récoltées, trient ce qui est intéressant pour les divers services de renseignement.
Dans cette pratique, écrit Hager dans son article du magazine Covert Action Quarterly (56/96-97), le système de filtrage « Memex », élaboré par la firme britannique Memex Technology, joue un rôle primordial. Memex est en mesure de rechercher de grandes quantités de données au départ de concepts-clefs. Ces concepts-clefs englobent les noms de certaines personnalités, d’organisations, de désignations de pays ou de termes scientifiques ou spécialisés. Parmi ces concepts-clefs, on trouve les numéros de fax et les adresses électroniques de certains individus, d’organisations ou d’institutions étatiques.
Une chaîne mondiale d’installations d’écoute (comme, par exemple, Menwith Hill ou Bad Aibling en Bavière) a été placée tout autour du globe, pour pomper les réseaux internationaux de télécommunications. ECHELON relie entre elles toutes ces installations d’écoute, qui permettent aux Etats-Unis et à leurs alliés de surveiller une bonne part des communications qui s’effectuent sur la Terre.
Ce qui est substantiellement nouveau dans ECHELON n’est pas tant le fait que des ordinateurs sont utilisés pour exploiter des renseignements électroniques à l’aide de certains concepts-clefs (car c’était déjà possible dans les années 70), mais c’est surtout la capacité d’ECHELON et de la NSA de pouvoir placer en réseau tous les ordinateurs mis en œuvre et cela, à grande échelle. Cette mise en réseau permet aux diverses stations d’écoute de travailler comme autant de composantes d’un système global intégré. La NSA, le service secret néo-zélandais GCSB (Government Communications Security Bureau), le service secret britannique GCHQ (Government Communications Head Quarters), le service secret canadien CSE (Communications Security Establishment) et le service secret australien DSD (Defence Signals Directorate) sont les partenaires contractuels de l’UKUSA Signals Intelligence, un pacte entre les divers services de renseignements des puissances anglo-saxonnes. Cette alliance explique par ses origines : elle date de la coopération entre ces services pendant la seconde guerre mondiale. Au départ, elle visait à faire surveiller l’URSS par les services de renseignement.
Pomper les satellites
Grosso modo, ECHELON poursuit trois objectifs. D’abord contrôler les satellites permettant les communications internationales qu’utilisent les sociétés téléphoniques de la plupart des Etats du monde. Un anneau de tels satellites entoure la Terre. En règle générale, ces satellites sont positionnés à hauteur de l’Equateur. D’après ce que nous en dit Nicky Hager, cinq stations d’écoutes du réseau ECHELON servent à pomper ce que contiennent ces satellites.
Deuxième objectif : espionner les satellites qui n’appartiennent pas à Intelsat. Il s’agit surtout de satellites russes, mais aussi d’autres satellites régionaux de communications. Les stations qui surveillent ces satellites-là sont, d’après Hager, Menwith Hill (Angleterre), Shoal Bay (Australie), Bad Aibling (Bavière/RFA), Misawa (Nord du Japon) et Leitrim (Canada). Cette dernière s’occupe principalement des satellites latino-américains.
Enfin, troisième objectif d’ECHELON : coordonner les stations qui s’occupent des systèmes de communications terrestres. Celles-ci sont spécialement intéressantes car elles s’effectuent par l’intermédiaire de câbles transocéaniques et d’une technique de haute fréquence, et véhiculent d’énormes quantités de communications officielles, commerciales ou gouvernementales.
Le gouvernement allemand tolère cette surveillance tous azimuts
La station d’écoute très puissante de Menwith Hill dans le Nord de l’Angleterre disposerait de 22 stations satellitaires de réception. Menwith Hill sert en première instance la NSA, en tant que station terrestre des satellites-espions américains. Ceux-ci surveillent les télécommunications à rayon réduit comme par exemple les émetterus militaires ou les « walkie talkies ». Les stations terrestres d’Alice Springs (Australie) et de Bad Aibling (Bavière) ont une fonction analogue.
En Allemagne, les autorités officielles ne veulent rien entendre de tout cela. Ainsi, l’ancien Secrétaire d’Etat Eduard Lintner (CSU), en poste au ministère de l’intérieur de Bonn, a répondu le 30 avril 1998 à une question écrite, posée par le député socialiste Graf, portant sur les activités de la NSA, que le gouvernement fédéral allemand ne savait rien de plus que ce qu’avait dit la presse à ce sujet !
En d’autres termes : le gouvernement fédéral allemand ne sait officiellement rien de cette incursion massive et de cette grave entorse à l’intégrité des Etats nationaux et des individus. Mais cette attaque vient d’ « Etats amis » de l’Allemagne. C’est tout dire…
Michael WIESBERG.
(article paru dans Junge Freiheit, n°26/99 ; redaktion@jungefreiheit.de
Site : http://www.jungefreiheit.de
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samedi, 26 décembre 2009
Renseignement et espionnage dans la Rome antique
Renseignement et espionnage dans la Rome antique
Les activités de renseignement font partie intégrante de l’art de gouverner et, sans elles, les Romains n’auraient pas pu édifier et protéger leur empire.
Même s’ils ne séparaient pas les différentes fonctions du renseignement entre activités civiles et militaires, il n’en demeure pas moins qu’une grande partie de leurs activités de renseignement ressemblaient aux nôtres et qu’il est possible d’utiliser le concept moderne de cycle du renseignement pour les décrire. L’éventail des activités concernées est assez large : collecte de renseignements, contre-espionnage, infiltration, opérations clandestines, utilisation de codes et de chiffres, et diverses techniques d’espionnage. Toutes ont laissé des traces littéraires, épigraphiques et archéologiques qu’il est possible de suivre en partie.
Rose Mary Sheldon retrace le développement des méthodes de renseignement romaines des débuts de la République jusqu’au règne de Dioclétien (284-305 après J.-C.), d’une forme embryonnaire et souvent entachée d’amateurisme jusqu’au système très élaboré d’Auguste et de ses successeurs. L’ouvrage est rythmé tant par des chapitres consacrés à l’étude de certains des échecs romains que par l’examen des réseaux de communication, des signaux de transmission, des activités d’espionnage, des opérations militaires et de la politique frontalière.
C’est pourquoi les questions plus larges soulevées dans ce livre sont d’une pertinence immédiate pour le présent : bien que les méthodes de renseignement aient radicalement changé avec l’avènement de la technologie moderne, les principes restent étonnamment similaires. Les questions politiques essentielles portant sur la place des services de renseignement dans une démocratie et une république plongent leurs racines dans le monde gréco-romain.
Publication : novembre 2009, 528 pages,35
Via Theatrum Belli [1]
Disponible sur Amazon [2]
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[2] Amazon: http://www.amazon.fr/Renseignement-espionnage-dans-Rome-antique/dp/2251381023?&camp=2498&linkCode=wsw&tag=tb0f6-21&creative=9162
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vendredi, 18 septembre 2009
Les espions de l'or noir
Les espions de l’or noir
Le pétrole, « maître du monde » ? Oui, mais comment en est-on arrivé là ? Des rivalités pour contrôler la route des Indes à l’émergence des Etats-Unis comme puissance mondiale, les pays anglo-saxons ont su étendre leur influence en Asie centrale, dans le Caucase et au Proche-Orient, avec, au final, leur mainmise sur les principales ressources pétrolières mondiales.
Gilles Munier remonte aux origines du Grand jeu et de la fièvre du pétrole pour raconter la saga des espions de l’or noir et la malédiction qui s’est abattue sur les peuples détenteurs de ces richesses. Il brosse les portraits des agents secrets de Napoléon 1er et de l’Intelligence Service, du Kaiser Guillaume II et d’Adolphe Hitler, des irréguliers du groupe Stern et du Shay – ancêtres du Mossad – ou de la CIA, dont les activités ont précédé ou accompagné les grands bains de sang du 19ème et du début du 20ème siècle.
Parmi d’autres, on croise les incontournables T.E Lawrence dit d’Arabie, Gertrude Bell, St John Philby et Kermit Roosevelt, mais aussi des personnages moins connus comme Sidney Reilly, William Shakespear, Wilhelm Wassmuss, Marguerite d’Andurain, John Eppler, Conrad Kilian. Puis, descendant dans le temps, Lady Stanhope, le Chevalier de Lascaris, William Palgrave, Arthur Conolly et David Urquhart.
« On dit que l’argent n’a pas d’odeur, le pétrole est là pour le démentir » a écrit Pierre Mac Orlan. « Au Proche-Orient et dans le Caucase », ajoute Gilles Munier, « il a une odeur de sang ». Lui qui a observé, sur le terrain, plusieurs conflits au Proche-Orient, montre que ces drames n’ont pas grand chose à voir avec l’instauration de la démocratie et le respect des droits de l’homme. Ils sont, comme la guerre d’Afghanistan et celles qui se profilent en Iran ou au Darfour, l’épilogue d’opérations clandestines organisées pour contrôler les puits et les routes du pétrole.
Contact : gilmunier@gmail.com [1]
* Editions Koutoubia – Groupe Alphée-Editplus, 11 rue Jean de Beauvais – 75005 PARIS
Source : http://espions-or.noir.over-blog.com/ [2]
Article printed from :: Novopress Québec: http://qc.novopress.info
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[1] gilmunier@gmail.com: http://qc.novopress.infogilmunier@gmail.com
[2] http://espions-or.noir.over-blog.com/: http://espions-or.noir.over-blog.com/
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lundi, 08 juin 2009
Bruselas ocupa un lugar central en el espionaje
Bruselas ocupa un lugar central en el espionaje
Ex: http://labanderanegra.wordpress.com/
Bruselas es un nido de espías. El fin de la guerra fría no solo no ha reducido la actividad de los servicios secretos extranjeros en la capital belga, sino que ha multiplicado sus acciones y sus objetivos. Y es tan intensa que la Comisión Europea difundió hace poco una nota interna entre sus directivos para que tomaran medidas ante los intentos repetidos y crecientes de “obtener documentación confidencial y delicada” de la actividad del Ejecutivo comunitario.
La nota indicaba que “algunos países, grupos de presión, periodistas y agencias privadas intentan obtener informaciones protegidas”. Y precisaba que “personas vinculadas a servicios secretos” actúan bajo la cobertura de “becarios, periodistas, funcionarios de los estados de la Unión Europea (UE) agregados a la Comisión Europea y técnicos informáticos”.
“Bruselas es, junto a Washington y Ginebra, una de las tres ciudades clave para los servicios de espionaje de todo el mundo”, explica Kristof Clerix, autor del libro Los servicios secretos extranjeros en Bélgica. “Los métodos siguen siendo los mismos de la guerra fría: ganar la confianza y después explotar esa confianza. Lo que ha cambiado es el uso de las nuevas tecnologías y la importancia cada vez mayor de las cuestiones económicas”, precisa Clerix, periodista de la revista belga de política internacional MO. “Los grandes países no dudan en utilizar sus servicios secretos para promocionar y defender sus intereses económicos e industriales en un mundo globalizado”, añade.
“Aún más interesante”
“En asuntos políticos y militares, Bruselas es aún más interesante para los espías que en la época de la guerra fría”, destaca Clerix. La OTAN ya no se limita a la defensa de los aliados, sino que ha emprendido operaciones militares en Bosnia, Kosovo y Afganistán y ha extendido su influencia a las antiguas repúblicas soviéticas de Asia central. La UE tiene competencias en política exterior y defensa y también desarrolla operaciones militares y políticas de envergadura (Bosnia, Kosovo, Macedonia, Congo, Somalia).
Además de estas cuestiones políticas y militares clásicas, hay otros tres factores que refuerzan el interés de Bruselas para los servicios de espionaje extranjeros: la presencia en Bélgica de centros tecnológicos de uso espacial y militar, el papel del país como retaguardia del terrorismo internacional y las nutridas comunidades inmigrantes turcas, marroquís y de África central, muy activas políticamente y que son vigiladas de cerca por los gobiernos de sus países de origen.
Retaguardia del terrorismo
“En los últimos 20 años Bélgica ha desempeñado un papel importante en el terrorismo internacional. Es un país pequeño, del que es fácil huir, con una importante comunidad inmigrante musulmana”, señala Clerix. “El primer manual de yihad en la UE fue publicado en Bélgica, los asesinos del líder rebelde afgano Ahmad Sha Masud tenían pasaporte belga y quienes realizaron los atentados de Madrid tuvieron vínculos con Bélgica”, detalla Clerix.
China es uno de los nuevos actores más activos en el tablero del espionaje en Bélgica, con un interés muy marcado en la obtención de informaciones científicas y tecnológicas, pero vigilando también la cuestión tibetana, los opositores políticos y el movimiento religioso Falun Gong. Asimismo, China es especialista en utilizar a sus estudiantes para obtener informaciones, asegura Clerix.
Al margen del espionaje estadounidense a las transacciones bancarias mundiales a través de la empresa Swift –que continúa pese al escándalo que levantó–, el caso reciente más grave de espionaje se produjo en el Consejo de Ministros de la UE de forma continuada durante ocho años, hasta su detección en 2003.
Un conjunto de cinco cajas instaladas durante la construcción del edificio permitía interceptar las conversaciones telefónicas de las delegaciones de España, Francia, Alemania, Italia, el Reino Unido y Austria. Fuentes diplomáticas responsabilizaron a Israel, pero nadie se atrevió a formular una acusación oficial y los investigadores belgas recibieron instrucciones de no profundizar demasiado, según fuentes próximas al caso.
El sector privado también es víctima reiterada de los espías. En los últimos años, por ejemplo, nueve empresas del parque tecnológico de Lieja han sido víctimas del robo de discos duros y ordenadores con datos técnicos clave, mientras que los ladrones desestimaron la sustracción de material muchísimo más valioso.
Eliseo Oliveras
Extraído de Xornal.
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dimanche, 08 mars 2009
Un Gran Hermano en el ciberespacio


El que tiene la información tiene el poder y desde esa posición asimétrica ideará diversos mecanismos y utilizará diferentes herramientas para continuar ejerciéndolo. Es en ese afán por mantenerse en el poder, donde aquel que lo concentra logra crear sus propios medios de comunicación y utilizarlos como instrumentos para sus fines. Y es en ese afán donde la censura, la omisión, la tergiversación, la supremacía de una fuente sobre otra, prevalecen en la información que circula. (Ver: “Reflexiones sobre Internet. La pecera ciberespacial”. APM 13/6/2007)
Desde el procedimiento óptico de Jeremías Bentham, considerado en el siglo XVIII como la gran innovación para ejercer bien y fácilmente el poder, pasando por la propaganda de Joseph Goebbels (el jefe de la propenda nazi), los recortes de cinta de video tapes y las prohibiciones de publicar o decir, el poderío económico y político centrado sobretodo en multinacionales, instaura de forma continua procedimientos de poder, innovadores, diversos, eficaces para socavar los principios de expresión, libertad y democracia.
Adaptado a las nuevas tecnologías, el control de la información logró infiltrarse en el ciberespacio. Días atrás se conoció la noticia de que la conocida red social Facebook, con millones de usuarios en el mundo, cambiaba las políticas de uso y se adjudicaba de forma perpetua los derechos comerciales del material que sus usuarios subían y compartían en la red.
La noticia causó críticas y revuelos dentro y fuera de la “República de Facebook” que obligaron a Mark Zuckerberg, joven dueño de la red, a retornar a las condiciones previas de uso mientras “se resuelven los temas que la gente ha propuesto”, escribía el muchacho en su blog.
Facebook es un sitio web de redes sociales creado por Zuckerberg en 2004 como plataforma para conectar a estudiantes de la Universidad de Harvard, donde el muchacho estudiaba. Pero la idea de Zuckerberg pronto se convirtió en un boom, extendiéndose a otras universidades estadounidenses hasta que, en 2006, se abrió al público. En apenas un año, el invento del estudiante de Harvard se convirtió en uno de los sitios con mayores visitas de la web. En noviembre de 2008, la propia web de estadísticas de Facebook, contó más de 175 millones de usuarios activos en todo el mundo.
Facebook no para de crecer. Hace dos semanas, la empresa de medición en Internet Compete.com la catalogó como el sitio web de redes sociales más popular del mundo, con casi 1.200 millones de visitas en enero.
Compete.com publicó los conteos que muestran cómo Facebook se ubica en primer lugar, seguido por MySpace y por el servicio de micro-blogging Twitter que pasó del lugar 22 al tercero. MySpace recibió en enero 810 millones de visitas mientras que Twitter fue visitado 54.2 millones veces, de acuerdo a datos ofrecidos por la compañía.
Desde Facebook explican que uno de los motivos de la crecida de usuarios es que desde el año pasado se lanzó su versión en francés, alemán y español para impulsar su expansión fuera de Estados Unidos.
En tanto, a comienzos de este año, Zuckerberg vendió a Microsoft el 1,6 por ciento de su empresa. El motivo de la venta: Bill Gates, el dueño de la multinacional de informática, vio oro en polvo en la cantidad de datos que se publican sobre gustos y preferencias. Un mega negocio para una publicidad personalizada y on line que le pretende sacar plazas a Google.
La red brinda posibilidades de que todo se sepa, desde el lugar de trabajo, situación sentimental, educación, gustos musicales y hasta simpatías políticas. En el “boletín”, se pueden hallar grupos de apoyo o repudio a los presidentes de Bolivia y Venezuela, Evo Morales y Hugo Chávez. Espacios de amor y odio a la presidenta argentina Cristina Fernández, para las Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia (FARC) o para el ex mandatario estadounidense George Bush. Incluso los genocidas latinoamericanos Jorge Rafael Videla, Augusto Pinochet y Anastacio Somoza, gozan de partidarios.
Miles de historias se conocen en Facebook, ya que lo privado pasa a ser público y la red social ejerce control sobre todo lo publicado en la plataforma. Este último enunciado fue el detonante de miles de críticas contra Mark Zuckerberg.
Es que el pasado 4 de febrero, el joven empresario introdujo sin aviso perceptible una serie de arreglos al pocas veces leído terms of service que establece las condiciones de uso. Allí, Zuckerberg fijaba que se le otorgaba a Facebook “el derecho irrevocable, perpetuo, no exclusivo, transferible y mundial de utilizar, copiar, publicar, difundir, almacenar, ejecutar, transmitir, scanear, modificar, editar, traducir, adaptar, redistribuir cualquier contenido depositado en el portal".
Si bien esa cláusula preexistió siempre en la plataforma, Zuckerberg eliminaba un principio de privacidad, aquel que aseguraba que el contenido de un espacio podía ser borrado del portal en cualquier momento. “Si usted lo borra, el derecho acordado a Facebook evocado antes vencerá automáticamente, aunque la empresa puede conservar copias archivadas", fijaba la plataforma.
La desaparición de esas oraciones en las condiciones de uso significaba que se le cedía (incluso post mortem) a Facebook la propiedad comercial de todo aquello que se subía a la plataforma. Incluso si entre los miembros de la red, se encontraban artistas, hubiesen estado condenados también a conceder el derecho de sus creaciones a Zuckerberg.
Si bien el joven millonario debió abandonar esas pretensiones de control de la información, lo hizo de forma momentánea hasta tanto se decida lo mejor para todos en Facebook. El intento de cambio en las políticas de uso convertía en legal lo ilegal: almacenar los datos de los usuarios. Al momento que alguien da de baja su perfil, la empresa no borra la información, porque si el usuario decide nuevamente dar de alta su cuenta, de inmediato sus datos aparecen en la red. Entonces, con esos cambios los datos hubieran pasado legalmente a ser parte de Facebook.
No es la primera vez que aparecen roces en Facebook por el control de la información. En 2007, el proyecto Beacon que pasaba información sobre la actividad de usuarios a compañías de publicidad debió ser abortado luego de las críticas de los integrantes de la red.
Ese manejo en la información privada de los usuarios induce a representar a la red social como el Gran Hermano omnisciente y virtual que todo lo ve y todo lo sabe. Si bien los datos aislados de cada persona que sube su perfil a Facebook no tienen valor, sí lo tiene la información de millones de usuarios, sobre todo en términos financieros y políticos.
Es por ello que la mayor preocupación radica en reflexionar cómo una vez más desde los centros de poder se busca el dominio y el control de la información desde una arista de las nuevas tecnologías, como lo constituyen las redes sociales. Evitar la desinformación para el caso de las redes sociales e impedir el control de cada espacio gratuito y democrático para Internet, es un desafío para aquellos que buscan hacerle frente a esa parte hegemónica y poderosa que intenta liderar y concentrar el mundo.
vromero@prensamercosur.com.ar
http://www.prensamercosur.com.ar/apm/nota_completa.php?idnota=4214
00:20 Publié dans Manipulations médiatiques | Lien permanent | Commentaires (0) | Tags : medias, manipulation, espionnage, totalitarisme | |
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mardi, 02 décembre 2008
le rôle d'espionnage universel d'"ECHELON"

ARCHIVES DE "Synergies Européennes" - 1999
Quand les alliés des Etats-Unis sont aussi (et surtout) leurs concurrents : le rôle d’espionnage universel d’ « ECHELON »
Début 1998, Steve Wright, membre d’OMEGA, une association britannique pour les droits des citoyens basée à Manchester, constate dans un rapport qu’il adresse au Parlement Européen, que tous les courriers électroniques, les conversations téléphoniques et les fax sont enregistrés par routine par le service de renseignement américain NSA (National Security Agency). La NSA fait suivre toutes ces données récoltées en Europe à l’adresse du Quartier Général de la NSA aux Etats-Unis, à Fort Meade dans le Maryland. Avec raison, Wright conclut que la NSA a installé un système de surveillance global, dont le but est de sonder les satellites par lesquels transite la plus grande partie des communications internationales. A la différence des systèmes de surveillance électroniques, utilisés lors de la guerre froide pour sonder des organismes militaires, le système de surveillance « ECHELON » sert essentiellement à espionner des cibles civiles : des gouvernements, des organisations de toutes sortes ou des entreprises commerciales ou industrielles.
Quatre pays, explique Wright, se partagent, avec les Etats-Unis, les résultats de cet espionnage global : la Grande-Bretagne, le Canada, la Nouvelle-Zélande et l’Australie. Les services secrets de ces quatre pays n’agissent en fait que comme fournisseurs subalternes de renseignements. En d’autres termes : seuls les Américains contrôlent complètement le réseau d’espionnage ECHELON. Ensuite, dans le rapport de Wright, on apprend également que la plus grande station d’écoute du monde se trouve à Menwith Hill, en Angleterre dans le Comté du Yorkshire. Cette station serait en mesure d’écouter la plupart des communications en Europe et dans les pays de l’ex-URSS.
Dans ce rapport de Wright, pour la première fois, on apprend officiellement dans l’UE qu’un système d’écoute global et électronique, dont le nom est ECHELON, existe ! Pendant des années, seules des informations fortuites et superficielles circulaient à propos d’ECHELON. Le premier à avoir parler du concept même d’ECHELON a été le journaliste britannique, spécialisé dans les affaires d’espionnage, Duncan Campbell. Dans un article pour le magazine New Statesman du 12 août 1988. Il y a onze ans, Campbell révélait qu’ECHELON permettait de surveiller toutes les communications venant et arrivant en Grande-Bretagne, à la condition que cette surveillance serve l’intérêt national ou favorise l’économie britannique. Récemment, Campbell a lui-même rédigé un rapport à la demande d’un groupe de travail de l’UE, le STOA (Scientific and Technological Options Assessments). Le titre de son rapport : Interception Capabilities 2000 (soit : Etat des techniques d’écoutes en l’an 2000). Il traitait en détail d’ECHELON.
Les gouvernements décident de l’utilisation du matériel récolté
Campbell montre notamment dans son rapport que chaque Etat, participant à ECHELON, a autorisé ses services secrets ou certains ministères, de consulter tout matériel récolté ayant une importance d’ordre économique ou de les commander. Grâce aux informations ainsi engrangées, des objectifs très divers peuvent être poursuivis. Campbell ajoute que la décision d’exploiter ou d’utiliser ces informations acquises par espionnage ne relève pas des services secrets impliqués mais des gouvernements.
Ce rapport ne manque pas de piquant : en effet, la Grande-Bretagne est membre de l’UE et participe à l’espionnage généralisé de tous ses partenaires. Rappelons à ce propos deux faits : le journal anglais The Independant du 11 avril 1998 constate, vu la participation de la Grande-Bretagne à ECHELON, que celle-ci participe à un consortium de services électroniques de renseignements, qui espionne systématiquement les secrets économiques et commerciaux des Etats de l’UE. Le journal citait l’avocat français Jean-Pierre Millet, spécialisé en criminalité informatique. Les partenaires de la Grande-Bretagne, disait Millet, auraient raison d’en vouloir aux Britanniques, parce que ceux-ci n’ont pas abandonné leur coopération avec les Américains. Disons aussi en passant que la France, en matière d’espionnage économique, n’est pas un enfant de chœur. Ainsi, par exemple, l’ancien chef des services secrets français, Pierre Marion, avait déclaré que la guerre faisait toujours rage, y compris entre pays alliés, dès qu’il s’agissait d’affaires (cf. Spectator, 9 avril 1994). La grogne des Français, dans ce contexte, se justifiait non pas tant parce que la Grande-Bretagne faisait partie du cartel d’ECHELON, mais parce que la France ne pouvait pas participer à cette gigantesque machine globale à fouiner.
Le nom de code ECHELON découle du terme militaire français « échelon ». ECHELON a été au départ conçu par les services de renseignements pour surveiller l’Union Soviétique. Après l’effondrement de celle-ci, ce projet, qui a coûté des milliards, devait servir à combattre officiellement le terrorisme international. Mais cette justification n’est qu’un rideau de fumée, destiné à dissimuler le véritable objectif. D’après les informations dont on dispose, on peut désormais affirmer qu’ECHELON a bel et bien été conçu prioritairement pour l’espionnage industriel et économique à grande échelle.
L’allié militaire officiel peut être l’ennemi économique réel
Dans un rapport du 29 mars de cette année, Der Spiegel évoquait que les termes-clefs, avec lesquels ECHELON fonctionne, proviennent avant tout du domaine économique américain. Indice supplémentaire que les Américains ne se gênent nullement pour combattre les concurrents étrangers de leurs entreprises par tous les moyens, même illicites. Cela leur est complètement égal de savoir si la firme espionnée appartient à un pays allié ou ennemi. Deux auteurs ont bien mis cela en exergue, Selig S. Harrison et Clyde V. Prestowitz, dans un article du périodique Foreign Policy (79/90) : les alliés militaires des Etats-Unis sont ses ennemis économiques. Il est fort probable que les Etats-Unis nieront qu’une rivalité fondamentale les oppose aux autres puissances occidentales sur les plans des relations commerciales internationales, ce qui les empêchera, par la même occasion, de réagir adéquatement au niveau des règles de la concurrence.
L’ancien directeur du FBI, William Sessions, voit les choses de la même façon : dans un entretien, il a expliqué qu’aujourd’hui déjà, et, a fortiori dans l’avenir, une puissance est ou sera l’alliée ou l’ennemie des Etats-Unis non seulement selon les nécessités militaires, mais aussi et surtout selon les résultats des observations que les Etats-Unis obtiendront de leurs services de renseignement dans les domaines scientifiques, technologiques, politiques et économiques (cf. Washington Times, 30 avril 1992) (ndlr : autrement dit, aucune puissance européenne ou asiatique ne pourra désormais développer un programme de recherches scientifiques ou technologiques, et réussir des applications pratiques, sans risquer d’encourir les foudres des Etats-Unis et d’être décrite dans les médias comme « totalitaire », « dictatoriale », « communiste » ou « fasciste », ou « rouge-brune »).
L’espionnage scientifique renforce la mainmise politique
Philip Zelikov est encore plus clair dans son ouvrage American Intelligence and the World Economy (New York, 1996). La victoire dans la bataille pour être compétitif sur les marchés du monde est le premier point à l’ordre du jour dans l’agenda de la sécurité américaine. Même vision chez Lester Thurow, célèbre économiste américain du MIT (Massachusetts Institute of Technology), auteur de Head to Head : The Coming Battle between Japan, Europe and America (New York, 1992). Sans s’embarrasser de circonlocutions, Thurow écrit que les Etats qui dominent les plus grands marchés définissent également les règles. Il en a toujours été ainsi. Raison pour laquelle les Américains refusent même aux Etats qui participent au réseau ECHELON d’accéder à toutes les données récoltées. Ce genre de restriction est également habituel. Ainsi, par exemple, Mark Urban, dans son livre UK Eyes Alpha. The Inside Story of British Intelligence (Londres, 1996), évoque la coopération entre les services secrets britannique et américain et constate que les Américains n’ont jamais cessé de retenir des informations, de les garder pour eux seuls. Il s’agissait surtout des informations relatives aux affaires commerciales.
Ce détail et cette pratique de rétention expliquent les véritables motivations des Américains et de leurs partenaires dans le réseau d’écoute global ECHELON. Pourtant il serait inexact et insuffisant d’affirmer que le seul but d’ECHELON est l’espionnage économique. Comme auparavant, l’intelligence militaire et politique occupe une large part des activités de ce réseau. En priorité, ECHELON sert à faire valoir ses propres intérêts de manière plus efficace.
Les révélations du Néo-Zélandais Nicky Hager
D’après les explications du Néo-Zélandais Nicky Hager, qui, avec son livre Secret Power. New Zealand’s Role in the International Spy Network (1996), a permis de mieux savoir comment fonctionnait ECHELON, ce système d’espionnage n’est pas agencé de façon à contrôler et à copier chaque courrier électronique ou chaque télécopie. Le système vise plutôt à trier et à sonder de grandes quantités de communications électroniques. Les ordinateurs d’ECHELON filtrent au départ de mots-clefs ou de concepts-clefs, consignés dans des « dictionnaires » et, à partir de la masse d’informations récoltées, trient ce qui est intéressant pour les divers services de renseignement.
Dans cette pratique, écrit Hager dans son article du magazine Covert Action Quarterly (56/96-97), le système de filtrage « Memex », élaboré par la firme britannique Memex Technology, joue un rôle primordial. Memex est en mesure de rechercher de grandes quantités de données au départ de concepts-clefs. Ces concepts-clefs englobent les noms de certaines personnalités, d’organisations, de désignations de pays ou de termes scientifiques ou spécialisés. Parmi ces concepts-clefs, on trouve les numéros de fax et les adresses électroniques de certains individus, d’organisations ou d’institutions étatiques.
Une chaîne mondiale d’installations d’écoute (comme, par exemple, Menwith Hill ou Bad Aibling en Bavière) a été placée tout autour du globe, pour pomper les réseaux internationaux de télécommunications. ECHELON relie entre elles toutes ces installations d’écoute, qui permettent aux Etats-Unis et à leurs alliés de surveiller une bonne part des communications qui s’effectuent sur la Terre.
Ce qui est substantiellement nouveau dans ECHELON n’est pas tant le fait que des ordinateurs sont utilisés pour exploiter des renseignements électroniques à l’aide de certains concepts-clefs (car c’était déjà possible dans les années 70), mais c’est surtout la capacité d’ECHELON et de la NSA de pouvoir placer en réseau tous les ordinateurs mis en œuvre et cela, à grande échelle. Cette mise en réseau permet aux diverses stations d’écoute de travailler comme autant de composantes d’un système global intégré. La NSA, le service secret néo-zélandais GCSB (Government Communications Security Bureau), le service secret britannique GCHQ (Government Communications Head Quarters), le service secret canadien CSE (Communications Security Establishment) et le service secret australien DSD (Defence Signals Directorate) sont les partenaires contractuels de l’UKUSA Signals Intelligence, un pacte entre les divers services de renseignements des puissances anglo-saxonnes. Cette alliance explique par ses origines : elle date de la coopération entre ces services pendant la seconde guerre mondiale. Au départ, elle visait à faire surveiller l’URSS par les services de renseignement.
Pomper les satellites
Grosso modo, ECHELON poursuit trois objectifs. D’abord contrôler les satellites permettant les communications internationales qu’utilisent les sociétés téléphoniques de la plupart des Etats du monde. Un anneau de tels satellites entoure la Terre. En règle générale, ces satellites sont positionnés à hauteur de l’Equateur. D’après ce que nous en dit Nicky Hager, cinq stations d’écoutes du réseau ECHELON servent à pomper ce que contiennent ces satellites.
Deuxième objectif : espionner les satellites qui n’appartiennent pas à Intelsat. Il s’agit surtout de satellites russes, mais aussi d’autres satellites régionaux de communications. Les stations qui surveillent ces satellites-là sont, d’après Hager, Menwith Hill (Angleterre), Shoal Bay (Australie), Bad Aibling (Bavière/RFA), Misawa (Nord du Japon) et Leitrim (Canada). Cette dernière s’occupe principalement des satellites latino-américains.
Enfin, troisième objectif d’ECHELON : coordonner les stations qui s’occupent des systèmes de communications terrestres. Celles-ci sont spécialement intéressantes car elles s’effectuent par l’intermédiaire de câbles transocéaniques et d’une technique de haute fréquence, et véhiculent d’énormes quantités de communications officielles, commerciales ou gouvernementales.
Le gouvernement allemand tolère cette surveillance tous azimuts
La station d’écoute très puissante de Menwith Hill dans le Nord de l’Angleterre disposerait de 22 stations satellitaires de réception. Menwith Hill sert en première instance la NSA, en tant que station terrestre des satellites-espions américains. Ceux-ci surveillent les télécommunications à rayon réduit comme par exemple les émetterus militaires ou les « walkie talkies ». Les stations terrestres d’Alice Springs (Australie) et de Bad Aibling (Bavière) ont une fonction analogue.
En Allemagne, les autorités officielles ne veulent rien entendre de tout cela. Ainsi, l’ancien Secrétaire d’Etat Eduard Lintner (CSU), en poste au ministère de l’intérieur de Bonn, a répondu le 30 avril 1998 à une question écrite, posée par le député socialiste Graf, portant sur les activités de la NSA, que le gouvernement fédéral allemand ne savait rien de plus que ce qu’avait dit la presse à ce sujet !
En d’autres termes : le gouvernement fédéral allemand ne sait officiellement rien de cette incursion massive et de cette grave entorse à l’intégrité des Etats nationaux et des individus. Mais cette attaque vient d’ « Etats amis » de l’Allemagne. C’est tout dire…
Michael WIESBERG.
(article paru dans Junge Freiheit, n°26/99 ; redaktion@jungefreiheit.de
Site : http://www.jungefreiheit.de ; traduction française : Robert Steuckers)
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