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lundi, 18 janvier 2010

Caucaso, la frontiera instabile d'Europa

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Caucaso, la frontiera instabile d`Europa

 

Fabrizio Fiorini

L’espressione geografica “Caucaso” ha subito nel corso degli anni una trasposizione per cui, dall’originale denominazione della catena montuosa estesa dal Mar Nero al Mar Caspio, è passata a indicare una vasta area comprendente diversi Paesi e numerose etnie. Fondamentale distinzione d’obbligo è quella tra Transcaucasia e Ciscaucasia: la prima si estende sulle repubbliche post-sovietiche di Georgia, Armenia e Azerbaidžan, nonché sulle neo-indipendenti repubbliche di Abchazija e Ossetija meridionale; la seconda compresa all’interno dei confini meridionali della Federazione Russa e comprendente le repubbliche autonome di Adigezia, Karacai-Cerkessk, Kabarda-Balkarija, Ossetija settentrionale, Cecenia, Ingušcetija e Dagestan.
Non si può stabilire con esattezza il periodo di inizio di una “questione caucasica”, dato che l’area è costantemente stata terreno di scontro politico e religioso, di revanscismo etnico e di istanze indipendentiste nazionali. Le stesse macchinose ma funzionali regole dell’ingegneria istituzionale sovietica difficilmente riuscirono a venire a capo delle questione e a pacificare l’area in modo stabile. Nella sua opera Il marxismo e la questione nazionale e coloniale, Stalin pose le basi del legame tra etnia e territorio; nonostante ciò, l’ordinamento istituzionale dell’Urss (Stato che, tra repubbliche federate, repubbliche autonome, regioni autonome e territori contava ben cinquantatre divisioni amministrative ma in cui le etnie censite erano più del doppio) dovette giocoforza adeguarsi a dei criteri standardizzati al fine della ripartizione amministrativo-territoriale dell’Unione. Tali criteri furono: a) la maggioranza linguistica e culturale di una data regione; b) la necessità di scongiurare il separatismo a favore di Stati confinanti; c) la necessità di dividere al proprio interno etnie che in epoca pre-rivoluzionaria avevano sviluppato un’identità più marcata, al fine di tutelare l’autonomia dello Stato centrale e di assicurare il funzionamento lineare dell’amministrazione periferica1. L’Unione Sovietica, quindi, lontana dal configurarsi come un melting-pot, fu piuttosto una incubatrice di Stati indipendenti che tuttavia si portarono dietro le imperfezioni che caratterizzavano lo stesso sistema che li avrebbe generati.
Tornando al Caucaso dell’epoca sovietica, infatti, alcune contingenze storiche andarono a intaccare la meticolosa prassi amministrativa di Mosca. Una di queste fu, ad esempio, all’indomani della rivoluzione d’ottobre, la ricerca di un alleanza coi turchi: tale asse bolscevico-kemalista, infatti, fece spostare l’ago della bilancia, nella tuttora irrisolta questione dell’Alto Karabakh, a favore dell’Azerbaidžan etnicamente affine e politicamente vicino ai turchi; Stalin in persona si prodigò in tal senso. Un’ulteriore destabilizzazione si ebbe durante il secondo conflitto mondiale quando, per reprimere e punire i popoli che avevano boicottato la guerra sovietica propugnando istanze indipendentiste in nome della propria identità islamica o in nome di una alleanza col Terzo Reich nazionalsocialista2, intere unità amministrative vennero sciolte o degradate a un rango di autonomia inferiore; centinaia di migliaia di cittadini vennero inoltre colpiti dalle deportazioni. Per tutto il secondo dopoguerra, fino allo scioglimento dell’Urss, la questione Caucaso rimase latente e ‘anestetizzata’ dalla classe dirigente locale del Partito. Ma la tensione nelle stanze del potere restava alta, e gli echi dei giochi caucasici di sentivano fino a Mosca, fino a ripercuotersi nel politburo e nel Comitato Centrale.
Poi il disastro dell’era elciniana, con la Federazione Russa che continuava inesorabilmente a disgregarsi sia al proprio interno (tracollo dell’autorità dello Stato, rottura di ogni vincolo sociale tra cittadini e tra questi e il potere, violenta crisi finanziaria, perdita di ogni parvenza di sovranità economica in favore di potentati non autoctoni, declino della produzione industriale, sbandamento delle forze armate e crescita esponenziale della criminalità), sia nel suo ruolo di potenza internazionale e sia sui propri confini meridionali – e segnatamente caucasici – con la disfatta cecena e con la destabilizzazione del Dagestan. Nelle tre repubbliche transcaucasiche, svincolatesi da Mosca, tornavano a bruciare le polveri. Ma il Karabakh (etnicamente armeno ma interno ai confini dell’Azerbaidžan) riusciva a difendersi e a tutelare la propria autonomia; in Georgia fallivano i tentativi del governo di Tbilisi di sottomettere l’Abchazija e l’Ossetija del sud che, da regioni autonome, passarono a conseguire un’indipendenza di fatto; nonostante la difficile situazione in cui si trovava, la Russia fu determinante per l’intermediazione e il mantenimento della pace nella regione per parecchi anni, anche attraverso la conduzione di una missione militare della neo costituita Comunità degli Stati Indipendenti.
Alla riedificazione della Russia e alla riaffermazione della stessa come superpotenza, conseguentemente alla elezione di Putin a guida della Federazione nel 2000, seguì primariamente il ribaltamento della situazione cecena attraverso una serrata campagna militare che permise di ripristinare nella disgraziata repubblica caucasica l’autorità dello Stato e una pur precaria sicurezza civile, a tutt’oggi in fase di consolidamento. Il risultato politico della vicenda aumenta la propria incidenza se si considera il foraggiamento e il sostegno su cui la guerriglia poteva contare dall’estero: dall’appoggio logistico georgiano alle manovre “diplomatiche” di Londra.
Fuori dai confini della Federazione, in Transcaucasia, la situazione era invece ancora lontana dal poter fare ipotizzare una stabilizzazione e una pacificazione. La causa di ciò è da ricercarsi nella - pur contestuale al ripristino dell’azione politica russa - interferenza sempre più marcata degli Stati Uniti nella regione. Interferenza sia di natura politica (accerchiamento della Russia, conquista dello spazio centroasiatico, allargamento del Patto Atlantico, rivoluzioni colorate, ONG, sostegno al separatismo) che di natura economica, riconducibile sostanzialmente alla politica degli oleo-gasdotti. In base a tale politica le vie di transito energetiche sarebbero dovute transitare al di fuori dei confini della Russia e dell’Iran (e dell’Armenia, che con questi ha conservato una vicinanza strategica); esempio ne è stato la costruzione dell’oleodotto Baku-Tbilisi-Cheyan, che riesce quindi a unire il mar Caspio al Mediterraneo transitando solo sul territorio di Paesi politicamente vicini a Washington3.
L’apice del coinvolgimento occidentale nelle vicende caucasiche si è registrato la scorsa estate con il sostegno attribuito alla Georgia nella brutale aggressione della repubblica separatista dell’Ossetija del sud, politicamente vicina a Mosca ed etnicamente affine all’omologa repubblica settentrionale interna ai confini della Federazione Russa. In tale spregiudicata e sprovveduta mossa politica - esasperata dai tamburi della propaganda e dalle armi di Tel Aviv – però, come spesso accade, “i pifferi di montagna andarono per sonare, ma furono sonati”. Non solo: la Russia non si è limitata alla difesa della Repubblica di Ossetija del sud e della sua popolazione, vittima della sproporzionata violenza di Tbilisi, ma ne ha riconosciuta l’indipendenza, unitamente a quella della Repubblica di Abchazija. Verosimilmente Mosca sarebbe stata molto più incline al pragmatismo, almeno fino alla rottura degli schemi internazionali conseguenti l’indipendenza del Kosovo. Verosimilmente avrebbe preferito un governo amico a Tbilisi piuttosto che l’indipendenza forzata dell’Ossetija. Insomma, avrebbe messo in atto la normale, normalissima politica di una superpotenza consapevole del suo peso internazionale, che non si è mai sognata il diritto divino di “esportare la democrazia”. Ma – sembra questo il motto che ha animato l’agenda politica del Cremlino – “dove non vale più la forza della ragione valgano le ragioni della forza”.


16 Novembre 2009 12:00:00 - http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=8

Xenophobie als Gesundheitsprophylaxe

Die%20Weltwoche%20Page.jpgXenophobie als Gesundheitsprophylaxe

Eine Zeitschriftenredaktion wie die der Schweizer Weltwoche wird man hierzulande vergebens suchen. Was Felix Menzel gestern über die (Un-)Möglichkeit einer Verquickung von „rechtem“ Denken und Pop schrieb – in diesem Magazin wird sichtbar, daß es funktionieren kann. Das nur am Rande.

Die Weltwoche ist wirtschaftsliberal und dabei ziemlich rechts, sowohl die SVP im allgemeinen als auch die Anti-Minarett-Initiative wurden offensiv unterstützt. Die Auflage liegt bei traumhaften 83.000 Exemplaren - also beinah mehr, als es Schweizer gibt …

Der sechsseitige Hauptartikel der aktuellen Ausgabe sucht aus der Warte neuer akademischer Erkenntnisse zu begründen, warum „Skepsis gegenüber Ausländern und Unbekannten vernünftig“ sei. An die vorderste Argumentationsfront wird Mark Schaller geschickt, der in Kanada Psychologie lehrt. Das Fazit seiner naturwissenschaftlich unterfütterten Xenophobieforschung: Fremdenfurcht nutze unserem Immunsystem, und „Feindaufklärung“ sei ein Teil unserer intuitiven Gefahrenabwehr. Weltwoche-Autor Kai Michel führt gründlich aus, wie Schaller und seine wissenschaftlichen Sekundanten den Terminus eines „verhaltensbasierten Immunsystems“ begründen. Verstärkte Distanz bzw. ein „Urmißtrauen“ gegenüber Fremden wäre demnach nicht als „Charakterfehler“ zu werten, sondern als höhere Vernunft. Jedenfalls, so Michel

„bereitet sich ein Paradigmenwechsel vor. Die Beweislage, daß wir es in Sachen Fremdenangst mit einer anthropologischen Konstante zu tun haben, wird erdrückend.“

Gemutmaßt wird auch, ob die „gefühlte“ Bedrohung durch die Schweinegrippe und Anti-Minarett-Votum eventuell in einem engeren Zusammenhang standen. Erforscht sei immerhin an Schwangeren sowie an Menschen mit verstärkter Angst vor Krankheiten, daß diese Gruppen extrem „starke Affekte gegen Ausländer aus für sie unvertrauten Kulturen“ aufwiesen.

Wer´s ausführlich nachlesen will, muß heute noch zuschlagen – morgen sollte nur mehr die nächste Ausgabe der Weltwoche erhältlich sein. Leider macht sich die (1933 gegründete) Zeitschrift an deutschen Kiosken ziemlich rar (übrigens gilt der Weltwoche auch der verstärkte Zulauf von Deutschen in ihr Ländchen als „Verausländerung“ …); in Frankfurt etwa oder gar hier in Mitteldeutschland hab ich nie ein Exemplar gefunden.


Article printed from Sezession im Netz: http://www.sezession.de

URL to article: http://www.sezession.de/10676/xenophobie-als-gesundheitsprophylaxe.html

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[1] Image: http://www.sezession.de/10676/xenophobie-als-gesundheitsprophylaxe.html/weltwoche

dimanche, 17 janvier 2010

Die Krisenherde im Jahr 2010

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Die Krisenherde im Jahr 2010

Michael Grandt / http://info.kopp-verlag.de/

Auch im neuen Jahr wird die Welt nicht friedlicher sein. Ganz im Gegenteil, zu den alten und ungelösten Konflikten werden sogar neue hinzu kommen.

Die Gefahr, die von politischen und wirtschaftlichen Risiken ausgeht, ist im Jahr 2010 größer denn je. Nicht nur eine anhaltende globale Wirtschaftskrise hält die Welt eisern im Griff, auch  politische Konflikte werden uns in Atem halten:

Irak: Das Land ist noch lange nicht befriedet und der Machtkampf zwischen Befürwortern einer starken Zentralregierung und regionalen Stammesclans ist noch nicht entschieden. Die Sicherheitslage ist bedenklich, die Präsenz der US-Truppen verursacht mehr Chaos denn je. Zudem ist der kurdische Separatismus im Norden ein weiteres Konfliktpotenzial, das bisher unterschätzt wurde.

Iran: Die innerirakischen Machtkämpfe spitzen sich zu. Es dürfte wohl kein Geheimnis sein, dass Israel und die USA großes Interesse daran haben, das Land zu destabilisieren, und eine geheime Unterstützung der Opposition sollte deshalb nicht verwundern. Auch der Konflikt um die iranischen Atomanlagen dürfte sich zuspitzen und es ist zu befürchten, dass Israel  seine Ankündigung, den Iran anzugreifen, wahr macht. Das dürfte die gesamte Region destabilisieren und die Welt in ein Chaos stürzen. Auch hier wird wieder einmal mit zweierlei Maß gemessen: Israel ist seit den 1950er-Jahren im Besitz von Atomwaffen und seine Regierung ist unberechenbar, wie sie dies schon des Öfteren gezeigt hat. Aber darüber regt sich niemand auf.  

Afghanistan: Die Lage wird seit 2001 immer schlimmer. Neun Jahre Besatzung – und es hat sich an der Sicherheitslage nur wenig verändert. Dazu ein CIA-gestützter Präsident, der Drogenbarone braucht, um an der Macht zu bleiben. Die CIA weiß davon; nicht umsonst schützen amerikanische und auch deutsche Soldaten die größten Drogenfelder des Landes. Heuchelei hoch zehn. Werden wir begreifen, dass es Länder gibt, die kulturell und politisch keine vom Westen aufgezwungene Kapital-Demokratie wollen und brauchen, sondern ihre Stammeszusammenhalte, die sie seit Jahrtausenden praktizieren, weiterführen wollen?  

Pakistan: Die Bekämpfung der Aufständischen schweißt die Führer einstmals verfeindeter Stämme immer mehr zusammen. Die Regierung wackelt, nur mit US-Hilfe kann der Präsident im Amt gehalten werden. Die Amerikaner haben seit ihrem sinnlosen Angriff auf Afghanistan und ihrem erdölmotivierten Einmarsch im Irak die gesamte Region destabilisiert. Pakistan befindet sich am Rande eines Bürgerkrieges.

Somalia: Auch internationale Patrouillen können die Piraterie im Golf von Aden nicht eindämmen, so lange eine staatliche Ordnung in Somalia fehlt. Das Land versinkt immer mehr im Chaos.

Algerien: Von westlichen Medien weitgehend unbeachtet, spitzt sich die Lage in dem nordafrikanischen Land immer mehr zu. In Algier drohen größere Bombenanschläge und politische Instabilität.

Die Menschen sind einfach zu unreif, um konfliktfrei miteinander leben zu können. Zwar wollen alle nur ein Dach über dem Kopf, genügend zu Essen und Frieden, doch korrupte, habgierige, fundamentalistische, missionarische und uneinsichtige Politiker bringen ihre Völker und Länder immer wieder gegeneinander auf. Ich meine damit keinesfalls nur asiatische und afrikanische Staaten. Auch die USA und ihre Verbündeten wollen Ländern Demokratie aufzwingen, die diese, kulturell bedingt, ablehnen. Sie erinnern dabei an unnachgiebige Konquistadoren, die Andersdenkende mit Gewalt missionieren wollen.

Doch letztendlich sind genau diese »Staatsmänner« ein Abbild ihrer Bevölkerung und die Menschen haben (in der Regel) die Regierung, die sie »verdienen«.

 

Montag, 04.01.2010

Kategorie: Allgemeines, Geostrategie, Politik, Terrorismus

© Das Copyright dieser Seite liegt, wenn nicht anders vermerkt, beim Kopp Verlag, Rottenburg


Dieser Beitrag stellt ausschließlich die Meinung des Verfassers dar. Er muß nicht zwangsläufig die Meinung des Verlags oder die Meinung anderer Autoren dieser Seiten wiedergeben.

mercredi, 13 janvier 2010

Presseschau (Januar 2010 / 3)

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Presseschau (Januar 2010/3)

 

Einige Links. Bei Interesse anklicken...

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Nicht nur Außenminister der Polen, sondern auch der Türken ...
Türkei-Besuch
Westerwelle fordert faire Gespräche über EU-Beitritt
Bei seinem Besuch in Ankara hat Außenminister Westerwelle das in der schwarz-gelben Koalition umstrittene Thema eines EU-Beitritts der Türkei angesprochen. Das Land habe „einen Anspruch auf faire Verhandlungen“, sagte er. Zugleich mahnte er weitere Reformen in der Türkei an, etwa bei der Religionsfreiheit.
http://www.welt.de/politik/ausland/article5761915/Westerwelle-fordert-faire-Gespraeche-ueber-EU-Beitritt.html

Ausblick
Bis 2020 überholt China locker den Westen
Die Vorherrschaft des Westens ist beendet. Nun sind die Drittweltstaaten und die ehemaligen Kolonien dran. In der nächsten Dekade wird die Schwäche des Westens noch deutlicher werden. 2020 spielen nur noch China und Amerika eine Rolle, ist der britisch-amerikanische Historiker Niall Ferguson überzeugt.
http://www.welt.de/kultur/article5675814/Bis-2020-ueberholt-China-locker-den-Westen.html

Afghanistan
Geheimdienstexperten werfen US-Agenten Versagen vor
„Ahnungslos, unfähig, unbedeutend“: Ranghohe Geheimdienstexperten haben ein vernichtendes Urteil über die US-Agenten in Afghanistan gefällt. In einem Bericht vergleichen sie die Arbeit der Nachrichtendienste mit Wahrsagerei.
http://www.spiegel.de/politik/ausland/0,1518,670289,00.html

Anschlag in Afghanistan
Attackierte CIA-Basis plante Drohnen-Angriffe
Schwerer Schlag für die CIA: Bei einem Attentat in Afghanistan kamen sieben Geheimdienstler ums Leben. Laut „Washington Post“ spielt die betroffene Basis eine Schlüsselrolle bei der Vorbereitung geheimer Luftangriffe auf die Terroristenstützpunkte in der Region.
http://www.spiegel.de/politik/ausland/0,1518,669739,00.html

Selbstmordanschlag
CIA-Attentäter war offenbar Al-Qaida-Doppelagent
Von Florian Flade
Offensichtlich hat sich die CIA von einem scheinbar vertrauenswürdigen Informanten täuschen lassen. Für den schwersten Anschlag auf CIA-Agenten seit fast 30 Jahren soll ein jordanischer Doppelagent verantwortlich sein. Bei dem Selbstmordattentat an Silvester starben sieben Mitarbeiter der CIA.
http://www.welt.de/politik/ausland/article5731849/CIA-Attentaeter-war-offenbar-Al-Qaida-Doppelagent.html

Sicherster Airport der Welt
Israelis vertrauen auf Spürsinn statt Nacktscanner
Von Michael Borgstede
Der internationale Flughafen von Tel Aviv gilt als der sicherste Airport der Welt. Und das, obwohl – oder weil – Israel seit Jahrzehnten Anschläge fürchten muß. Doch das Land kommt ohne Nacktscanner aus. Während anderswo nach den technischen Hilfsmitteln für Bomben gefahndet wird, suchen die Israelis nach dem Bombenleger.
http://www.welt.de/politik/ausland/article5702002/Israelis-vertrauen-auf-Spuersinn-statt-Nacktscanner.html

So einen Vorgesetzten wünscht man niemandem ...
Polizeipräsident Glietsch: Berliner Polizisten sollen ab 2010 Namensschilder tragen
Berlins Polizeipräsident Dieter Glietsch will 2010 die individuelle Kennzeichnungspflicht für Polizeibeamte einführen. In einem demokratischen Rechtsstaat sei es selbstverständlich, „daß der Bürger weiß, mit wem er es zu tun hat, wenn er einem Polizisten auf der Straße begegnet“, sagte Glietsch in einem Gespräch mit der Nachrichtenagentur ddp. Daher wolle er, daß das Namenschild an der Uniform getragen werde. Seit 2003 werde den Berliner Polizisten empfohlen, dies freiwillig zu tun.
http://www.ad-hoc-news.de/polizeipraesident-ddp-interview-wiederholung-vom--/de/Polizeimeldungen/20834201

Im Extremfall könnte die Kennzeichnungspflicht zu so etwas führen ...
Racheakt in Mexiko
Drogenmafia richtet Familie eines Soldaten hin
Die mexikanische Drogenmafia hat auf grausame Art und Weise Rache genommen: Auftragskiller ermordeten die Familie eines der Elitesoldaten, der an der Jagd auf den Drogenboß Arturo Beltrán Leyva beteiligt gewesen und dabei getötet worden war.
http://www.spiegel.de/panorama/justiz/0,1518,668889,00.html#ref=nldt

In was für einem Staat leben wir nur ...
Juristisches Problem
Waffenamnestie bereitet reuigen Bürgern Ärger
Von Martin Lutz
Bis zum Jahresende konnten Besitzer illegaler Waffen diese der Polizei übergeben und so straffrei ausgehen. Doch es gab einen Haken: Persönlich zur Polizei transportieren durfte man die Waffen nicht. Jetzt laufen zahlreiche Ermittlungsverfahren. So mancher Teilnehmer der Aktion fühlt sich verschaukelt.
http://www.welt.de/politik/deutschland/article5726792/Waffenamnestie-bereitet-reuigen-Buergern-Aerger.html

Dazu passend (gefunden bei sondereinheiten.de):
Viele Bürger haben nach dem Amoklauf in der Gegend von Winnenden ihre Waffen abgegeben. Die Mehrzahl gab dabei an, sie sei durch diesen Amoklauf zu der Erkenntnis gelangt, daß Waffen grundsätzlich nicht in Privatbesitz sein sollten. Eine erstaunliche Zahl von Bürgern gab in kurzer Zeit mehrere Tausend Waffen ab in dem Glauben der Staat würde diese Waffen vernichten.
In vielen Fällen hat der Staat aber diese Waffen für Spottpreise umgehend weiterverkauft. Es wurden mehrere tausend abgegebene Waffen vom Staat umgehend wieder an private Waffenbesitzer und auch an Händler verkauft. Des weiteren wurde bei der Lagerung der abgegebenen Waffen in mehreren Fällen geschlampt. Die gleichen Ämter die private Waffenbesitzer wegen der sicheren Aufbewahrung gängeln, bewahren die abgegebenen Waffen nicht sicher auf.
Um dem ganzen noch die Krone aufzusetzen, kam es aufgrund der schlampigen Aufbewahrung in mehreren Fällen zum Diebstahl von abgegebenen Waffen. Der größte Fall war dabei in Crailsheim. Am 16 Juni entwendete dabei ein Dieb aus dem unverschlossenen Stahlschrank im Rathaus insgesamt 11 Schußwaffen. Und nur durch Zufall ist es der Polizei gelungen, den Dieb in diesem Fall zu ermitteln.
http://www.sondereinheiten.de/forum/viewtopic.php?f=10&t=16714

Das allein war schon ein Hammer ...
Provinzposse
Beamte lassen sich elf Pistolen stehlen
Von Jörg Diehl
Peinliche Panne im baden-württembergischen Crailsheim: Unbekannte haben aus dem Tresorraum des Rathauses elf Pistolen gestohlen, die Bürger nach dem Amoklauf von Winnenden freiwillig zurückgegeben hatten. Die Beamten hatten die Panzertür nicht ordnungsgemäß verriegelt.
http://www.spiegel.de/panorama/justiz/0,1518,631041,00.html
http://www.taz.de/1/politik/deutschland/artikel/1/waffen-aus-amt-gestohlen

Aber es kam noch dicker ...
Stadt Crailsheim in Waffengeschäfte verwickelt
Die Stadt Crailsheim soll Waffen, die nach dem Amoklauf in Winnenden zur Entsorgung abgegeben worden waren, verkauft haben. Das haben inzwischen zwei Vereine bestätigt.
http://www.suedkurier.de/news/baden-wuerttemberg/badenwuerttemberg/art330342,3856124

Bei der Polizei selbst – oder jedenfalls einigen ihrer Angehörigen – scheint auch einiges im argen zu liegen ... ;-)
Polizist
Sex beim Rosenkranzgebet
Überraschung bei der Morgenandacht: In einer Kirche in Oberbayern wurden die Gläubigen von eindeutigen Geräuschen gestört. Auf der Empore vergnügte sich ein Polizist mit seiner Freundin.
http://www.focus.de/panorama/welt/polizist-sex-beim-rosenkranzgebet_aid_467765.html

Linke
Das Erfolgsduo Lafontaine und Bartsch zerbricht
Von Thomas Vitzthum
Ein Machtkampf in der Linken? Davon will in der Partei offiziell niemand etwas wissen. Doch die Gemeinsamkeiten zwischen Parteichef Lafontaine und Bundesgeschäftsführer Bartsch sind aufgebraucht, das Gerangel um die Führung ist in vollem Gange. Zwei ominöse Briefe heizen die Unruhe weiter an.
http://www.welt.de/politik/deutschland/article5753224/Das-Erfolgsduo-Lafontaine-und-Bartsch-zerbricht.html

Zu schön, um wahr zu sein ...
Kommentar
Lafontaines Schweigen kann die Linke zerstören
Von Thomas Vitzthum
Die Debattenkultur in der Linkspartei liegt am Boden, Ost- und Westlinke haben sich entzweit. Bisher schweigt der prominenteste Vertreter der Partei dazu. Oskar Lafontaine muß sich jetzt endlich erklären. Sonst riskiert er, den von ihm vollbrachten Vereinigungsprozeß der Linken weit zurückzuwerfen.
http://www.welt.de/politik/deutschland/article5765052/Lafontaines-Schweigen-kann-die-Linke-zerstoeren.html

Streit mit der FDP
Steinbach bietet Verzicht auf Stiftungssitz an
Es kommt offenbar Bewegung in den festgefahrenen Konflikt zwischen Vertriebenenpräsidentin Steinbach und der FDP. Steinbach würde auf den Stiftungssitz, auf dem die FDP sie nicht sehen will, verzichten. Dafür allerdings stellt sie Berichten zufolge zahlreiche Forderungen an die Regierung.
http://www.welt.de/politik/deutschland/article5727598/Steinbach-bietet-Verzicht-auf-Stiftungssitz-an.html

Thierse mal wieder ...
Streit um Stiftungssitz
Steinbachs Angebot sorgt für neue Mißtöne
Das Vorstoß von Erika Steinbach im Streit um die Besetzung des Stiftungsrats sorgt für neuen Ärger. Bundestagsvizepräsident Thierse warf der Vertriebenenpräsidentin vor, „erpresserisch“ vorzugehen. Die CSU dagegen fordert von Außenminister Westerwelle, auf Steinbachs Vorschlag „nicht wieder mit Blockade“ zu antworten.
http://www.welt.de/politik/deutschland/article5735217/Steinbachs-Angebot-sorgt-fuer-neue-Misstoene.html

Thierse nun wieder!
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display.154+M5ab3d022a46.0.html

Steinbach grüßt Westerwelle – in Stuttgart
Von Götz Kubitschek
Eine der konservativ-subversiven aktion (ksa) nahestehende Gruppe hat im Namen Erika Steinbachs – aber vermutlich ohne deren Segen – während des Dreikönigstreffens der FDP in Stuttgart einen Gruß an Westerwelle plaziert – oder war doch Polens Außenminister gemeint?
http://www.sezession.de/10315/steinbach-gruesst-westerwelle-in-stuttgart.html

Konservative Aktion besucht Westerwelle in Stuttgart: „Erika Steinbach grüßt herzlich Polens Außenminister!“
Zum heutigen Dreikönigstreffen der FDP in Stuttgart konfrontierte eine der konservativ subversiven aktion (ksa) nahestehende Gruppe Außenminister Guido Westerwelle mit seiner Parteinahme für polnische Interessen im Streit um die Besetzung des Rates der Stiftung „Flucht, Vertreibung, Versöhnung“. Die Konservativen entrollten auf dem politischen Jahresauftakt der FDP ein Transparent: „Erika Steinbach grüßt herzlich Polens Außenminister!“ Westerwelle reagierte persönlich: „Stellen Sie sich bitte an den rechten Rand!“
http://www.blauenarzisse.de/v3/index.php/aktuelles/1224-konservative-aktion-besucht-westerwelle-in-stuttgart-erika-steinbach-gruesst-herzlich-polens-aussenminister
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display.154+M5d4471ec4b9.0.html
http://www.rp-online.de/politik/deutschland/Ich-bin-nur-im-Ausland-zur-Diplomatie-verpflichtet_aid_803410.html
http://www.tagesspiegel.de/politik/deutschland/FDP-Guido-Westerwelle;art122,2994767
http://www.zeit.de/newsticker/2010/1/6/iptc-bdt-20100106-479-23467178xml

Die ewige Schuld der Euroamerikaner
Von Michael Wiesberg
Zwischen den Jahren gab der Greifswalder Althistoriker Egon Flaig dem Online-Magazin Telepolis ein umfängliches Interview, in dessen Mittelpunkt die Thesen seines Buches „Weltgeschichte der Sklaverei“ standen. Flaig gehört, dies sei hier am Rande eingeflochten, zu den wenigen deutschen Wissenschaftlern, die sich gegen das Märchen von der „islamischen Toleranz“ wenden. Im Verlauf des Gesprächs kam Flaig auch auf die islamische Sklaverei zu sprechen.
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display.154+M53484fc6409.0.html

Brühl als Kriegsheld
Goebbels hätte „Stolz der Nation“ gut gefallen
Von Hanns-Georg Rodek
Quentin Tarantinos Kino-Hit „Inglourious Basterds“ handelt unter anderem von dem deutschen Kriegshelden Fredrick Zoller (gespielt von Daniel Brühl), über den Joseph Goebbels einen Propaganda-Film drehen läßt. Diesen Streifen hat Eli Roth jetzt tatsächlich produziert – als kurze Parodie mit dem Titel „Stolz der Nation“.
http://www.welt.de/kultur/article5722264/Goebbels-haette-Stolz-der-Nation-gut-gefallen.html

Grauen der Ära Mao
Als in China Kannibalismus herrschte
Von Johnny Erling
Ein halbes Jahrhundert nach der Ära Mao bricht ein Funktionär sein Schweigen über die bis heute in ihrem Ausmaß von Peking geleugneten Verbrechen dieser Zeit. Ganze Provinzen versanken damals in Massenmord und Kannibalismus. Hungersnöten fielen – zurückhaltenden Schätzungen zufolge – 25 Millionen Menschen zum Opfer.
http://www.welt.de/politik/ausland/article5769033/Als-in-China-Kannibalismus-herrschte.html

SPD-Ausschluß
Gutachten wirft Thilo Sarrazin Rassismus vor
Von Stefan Schulz
Ein Berliner Kreisverband der SPD hat einen Gutachter die umstrittenen Äußerungen von Bundesbanker Thilo Sarrazin (SPD) über türkische Migranten bewerten lassen. Zentrale Passagen hält der Experte für eindeutig rassistisch. Der Kreisverband will Sarrazin aus der Partei werfen. Der reagiert kämpferisch.
http://www.welt.de/politik/deutschland/article5771847/Gutachten-wirft-Thilo-Sarrazin-Rassismus-vor.html

Frankfurt
Schwul-lesbisches Jugendzentrum
„Kein bißchen unnormal“
http://www.fr-online.de/frankfurt_und_hessen/nachrichten/frankfurt/2179065_Schwul-lesbisches-Jugendzentrum-Kein-bisschen-unnormal.html

Dänemark
Polizei vereitelt Anschlag auf Mohammed-Karikaturisten
Er kam mit einer Axt und drang in das Haus von Kurt Westergaard ein: Die dänische Polizei hat den Angriff eines 28jährigen Somaliers mit Verbindungen zu al-Qaida auf den Mohammed-Karikaturisten knapp verhindert. Westergaard rettete sich in letzter Minute in einen Sicherheitsraum.
http://www.spiegel.de/politik/ausland/0,1518,669748,00.html

Berlin: Polizist beim Geldholen niedergestochen
Ein Polizist ist am frühen Sonntagmorgen in Berlin-Reinickendorf von einer Gruppe beim Geldabheben (Foto: Die Blutspuren vor der Bank sind am Morgen noch zu sehen) niedergestochen und schwer verletzt worden. Er schwebt noch immer in Lebensgefahr. Dem Notarzt sagte der Polizist, es habe sich um Araber oder Türken gehandelt, die Geld gefordert und dann sofort zugestochen hätten.
http://www.pi-news.net/2010/01/berlin-polizist-beim-geld-holen-niedergestochen/
http://www.welt.de/berlin/article5709441/Berliner-Polizist-vor-Sparkasse-niedergestochen.html
http://www.rbb-online.de/nachrichten/vermischtes/2010_01/berliner_polizist.html
http://www.zeit.de/newsticker/2010/1/3/iptc-hfk-20100103-24-23437110xml
http://www.bild.de/BILD/news/2010/01/03/bluttat-in-berlin/polizist-niedergestochen.html

Morgenpost: Täter war „Ausländer mit Mütze“
Das war der Morgenpost-Redaktion dann wohl doch etwas zu heikel. Hatte sie in ihrer ursprünglichen Meldung zum versuchten Polizistenmord noch von „Arabern oder Türken“ als möglichen Tätern berichtet, wurde daraus wie von Geisterhand ein „Ausländer mit Mütze“.
http://www.pi-news.net/2010/01/morgenpost-taeter-war-auslaender-mit-muetze/

Fall El-Sherbini: Polizist ohne Schuld
Staatsanwaltschaft stellt Ermittlungen gegen Beamten ein
Dresden – Die Staatsanwaltschaft Dresden hat das Ermittlungsverfahren gegen den Bundespolizisten eingestellt, der den Ehemann der ermordeten Ägypterin Marwa El-Sherbini irrtümlich angeschossen hatte. Dem Beamten könne weder eine vorsätzliche noch eine fahrlässige Körperverletzung angelastet werden, teilte die Behörde am Dienstag in Dresden mit. El-Sherbinis Mann Elwy Okaz hatte am 1. Juli mit dem Rußlanddeutschen Alex W. gerungen, der zuvor in einem Dresdner Gerichtssaal wie von Sinnen auf die Frau eingestochen hatte. In dem Moment kam der Polizist in den Raum. Er hielt Elwy Okaz für den Angreifer und schoß ihm in den Oberschenkel.
http://www.sueddeutsche.de/p5f38B/3207134/Fall-El-Sherbini-Polizist-ohne-Schuld.html

El-Sherbini: Weitere Ermittlungen gefordert
Bis vor den Europäischen Gerichtshof will man gehen, wenn notwendig. So empört sich wutentbrannt der Witwer der in Dresden von einem Rußlanddeutschen ermordeten Marwa El Sherbini, nachdem er erkennen mußte, daß alle weiteren Ermittlungen in diesem Mordfall eingestellt werden. Erinnern wir uns: Der Täter Alex W. wurde zu lebenslanger Haft verurteilt und die besondere Schwere der Schuld wurde festgestellt. Der Fall ist geklärt, sollte man meinen.
http://www.pi-news.net/2010/01/el-sherbini-weitere-ermittlungen-gefordert/#more-109425

Hamburg
SPD-„Obama“ wegen Scheinehevorwurfs angeklagt
Von Per Hinrichs
Bülent Ciftlik ist ein vorbildlich integrierter Deutschtürke. Er galt als Hoffnungsträger nicht nur der Hamburger SPD. Doch nun hat die Hamburger Staatsanwaltschaft Anklage gegen ihn erhoben. Ciftlik soll für die Anbahnung einer Scheinehe Geld genommen – und es in seinen Wahlkampf gesteckt haben.
http://www.welt.de/politik/deutschland/article5750613/SPD-Obama-wegen-Scheinehevorwurfs-angeklagt.html

14 Jahre nach der Tat
Münchner U-Bahn-Schläger müssen ins Gefängnis
Als ein 23jähriger zwei junge Männer bittet, in einem Münchner U-Bahnhof die Zigaretten zu löschen, wird er fast von ihnen getötet. Nur eine Not-OP rettete ihm nach mehreren Messerstichen das Leben. Das war im Jahr 1996. Jetzt wurden die beiden Männer für den Mordversuch verurteilt – 14 Jahre nach der Tat. [Da gab es wohl „ein wenig“ Migrantenbonus. Die Täter sind übrigens Cousins und heißen Enver und Rexhep.]
http://www.welt.de/vermischtes/article5732805/Muenchner-U-Bahn-Schlaeger-muessen-ins-Gefaengnis.html
http://www.zeit.de/newsticker/2010/1/5/iptc-bdt-20100105-130-23453804xml

Freispruch verworfen
Urteil zu verbranntem Asylbewerber aufgehoben
Der Fall des Asylbewerbers Oury Jalloh, der in Polizeigewahrsam in einer Zelle verbrannte, wird neu verhandelt. Das BGH verwarf den Freispruch für den Polizisten, der während Jallohs Tod die Verantwortung in dem Dessauer Revier hatte. Er soll den Feueralarm der Zelle ignoriert und sogar abgeschaltet haben.
http://www.welt.de/politik/deutschland/article5760389/Urteil-zu-verbranntem-Asylbewerber-aufgehoben.html

Zuwanderung
Polizeigewerkschaft warnt vor Integrationsdefiziten
Der Vorsitzende der Gewerkschaft der Polizei, Konrad Freiberg, sieht Handlungsbedarf in der Integrationspolitik. Die „Islamisierung“ in Deutschland nehme deutlich zu, sagte Freiberg. „Ob das in eine Radikalisierung umschlägt, hängt davon ab, ob sich die Integrationsdefizite noch vergrößern.“
http://www.welt.de/politik/deutschland/article5708657/Polizeigewerkschaft-warnt-vor-Integrationsdefiziten.html

Polizei klagt über zunehmende Gewaltbereitschaft
http://www.bild.de/BILD/regional/frankfurt/dpa/2010/01/04/polizei-klagt-ueber-zunehmende-gewaltbereitschaft.html
http://www.hna.de/hessenstart/00_20100104165700_Hessische_Polizeigewerkschaft_beklagt_Gewalt_g.html

Antideutscher Ausrutscher
Von Thomas Paulwitz
„Ich rutsche nicht!“ schrieb mir eine empörte Sprachwelt-Leserin. Unser Anglizismenmuffel hatte Unerhörtes gewagt. Denn er hatte es sich nicht nehmen lassen, den Lesern seiner Kolumne zu wünschen, noch in „viele neue Jahre rutschen“ zu können. Das war zu viel für die gute Frau: „Ehrlich gesagt, ich bin entsetzt!“ Den Beweis der rechten nationalen Gesinnung blieben wir ihr schuldig: „Ich bin national, und Sie?“
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display.154+M5092bf9ef93.0.html

Kita-Debatte – Pro
Kitas sind wichtig für die kindliche Entwicklung
Von Sabine Höher
Wer Eltern, die ihre Kinder in die Kita schicken, ein schlechtes Gewissen macht, hat unrecht. Die Kleinen brauchen die Gesellschaft anderer Kinder. Eltern können deshalb viel leisten für die Entwicklung ihres Nachwuchses, doch alles Mutter und Vater zu überlassen, ist weder realistisch noch sinnvoll.
http://www.welt.de/politik/deutschland/article5760813/Kitas-sind-wichtig-fuer-die-kindliche-Entwicklung.html

Contra
Kitas sind gut für Eltern, nicht für Kinder
Von Birgitta vom Lehn
Nur noch wenige Mütter und Väter können es sich leisten, nicht arbeiten zu gehen. Deshalb sind Kitas eine praktische Einrichtung. Doch den Kindern bringen sie keine Vorteile, auch wenn sie nun aller Orten in den Himmel gelobt werden. Denn ein individuelles Eingehen auf die Kleinen ist in der Kita kaum möglich.
http://www.welt.de/politik/deutschland/article5760816/Kitas-sind-gut-fuer-Eltern-nicht-fuer-Kinder.html

Gerhard Amendt im Interview
Männer haben Kampf gegen Feminismus verpaßt
Von A. Seibel und J. Luig
Gerhard Amendt wirft den Männern vor, sich nur halbherzig gegen die Auswüchse des Feminismus gewehrt zu haben. Im Interview auf WELT ONLINE spricht der Soziologe über die Mißverständnisse zwischen den Geschlechtern, die letzten männlichen Domänen und den fehlenden Respekt der Frauen.
http://www.welt.de/politik/deutschland/article5711005/Maenner-haben-Kampf-gegen-Feminismus-verpasst.html

Die Zukunft des Journalismus – als Wohltätigkeitsveranstaltung
Von Hannes Stein
Die New Yorker Stiftung ProPublica finanziert investigative Recherchen. Also genau das, was sich immer weniger Medien leisten können
http://www.welt.de/die-welt/politik/article5745382/Die-Zukunft-des-Journalismus-als-Wohltaetigkeitsveranstaltung.html

Ein Plattenbau soll Altenburgs Marktplatz entstellen
Von Dankwart Guratzsch
Krieg und Sozialismus hat der Marktplatz von Altenburg überstanden. Jetzt soll er durch Neubauten entstellt werden. Dabei könnten die Stadtväter das mit gutem Gewissen noch verhindern. Schließlich gibt es viele Beispiele, die zeigen, daß sich mit der Sanierung von Altbauten das Stadtbild aufwerten läßt.
http://www.welt.de/kultur/article5679929/Ein-Plattenbau-soll-Altenburgs-Marktplatz-entstellen.html

Frankfurt und Warschau
Warnung vor der „McDonaldisierung“
http://www.faz.net/s/RubFAE83B7DDEFD4F2882ED5B3C15AC43E2/Doc~E0CF4D561C3A5435D9420FBB97425DC54~ATpl~Ecommon~Scontent.html

Bildungspolitik
Die Schulreform kommt
Von Florentine Anders
Berlins Bildungspolitiker haben gestern den Weg freigemacht zur umfassendsten Reform der hauptstädtischen Bildungslandschaft der letzten Jahrzehnte. Die nötigen Gesetzesänderungen haben mit den Stimmen der Koalition den Schulausschuß passiert. FDP und CDU stimmten dagegen. Die Grünen haben sich der Stimme enthalten.
http://www.morgenpost.de/printarchiv/berlin/article1235235/Die-Schulreform-kommt.html
http://www.tagesspiegel.de/berlin/art270,2995846

Bildung
Bündnis gründet sich gegen Schulreform
Gegen die Einführung der Sekundarschule in Berlin will sich am Freitag ein Aktionsbündnis gründen.
http://www.rbb-online.de/nachrichten/politik/2010_01/aktionsbuendnis_gegen.html

Hacker zeigen auf EU-Seite Mister Bean statt Zapatero
http://www.google.com/hostednews/afp/article/ALeqM5gKg2iyiiOihVpabfBAuO6Qbug5Cw

NDR blamiert sich mit Quiz-Frage
„Kleines Schwarzes“: Jan Hofer beleidigt in TV-Show Madonnas Adoptiv-Tochter
http://www.mopo.de/2010/20100103/hamburg/panorama/ndr_blamiert_sich_mit_quiz_frage.html

„We are all Gay, Gypsy & Jew!“
http://www.sezession.de/10293/we-are-all-gay-gypsy-jew.html

mardi, 12 janvier 2010

L'offensive contre l'Europe passe par la Grèce

greek-riot-police-falling.jpgL’offensive contre l’Europe passe par la Grèce

Une tribune libre de Roberto Fiorini

On pourrait résumer ce qui arrive à la Grèce et, demain, à l’Europe, en une seule formule : « lorsqu’on veut tuer son chien, on dit qu’il a la gale ».

On dit que les déficits sont colossaux, et on sacrifie tout sur l’autel du nouveau Dieu Unique…

Les procédés à l’œuvre en Grèce, le sont aussi en France, mais avec des méthodes plus douces : la vaseline médiatique.

La réalité n’est pas celle annoncée par nos médias. Elle peut être vue de façon bien différente, si on y regarde de plus près.

Guerre contre l’Euro ?

Les déclarations des agences de notation étasuniennes en défaveur des PIGS (acronyme pour Portugal, Irlande, Grèce, Spain – Espagne – ; mais aussi mot méprisant signifiant « cochons », en anglais) correspondent à une manœuvre délibérée, organisée de toute pièce par les ennemis de l’Europe des peuples et relayée massivement par nos médias et ceux qui les contrôlent, pour déstabiliser l’Euro, et par ricochet, faire remonter le Dollar, au moment où la parité avec l’Euro allait clairement en sa défaveur.

L’Euro a chuté après la dégradation, par l’agence Fitch, de la note de la dette à long terme de la Grèce, ainsi que des notes des quatre principales banques commerciales du pays, toutes ramenées de A– à BBB+.

La parité Dollar / Euro est passée de 1,51 le 25 novembre 2009, à 1,43 le 18 décembre 2009. Ainsi, en peu de temps, la parité Dollar / Euro a baissé de 5 % en défaveur de l’Euro, sur une simple opération de communication, savamment orchestrée par les adversaires de l’Europe : Britannia et America.

Les agences de notations diffusent le mensonge

« L’agence Standard & Poor’s a, elle aussi, abaissé mercredi [16 décembre] la note de la Grèce d’un échelon et averti qu’elle pourrait aller plus loin encore si le gouvernement ne parvenait pas à réunir les soutiens politiques nécessaires à l’assainissement des finances publiques. » (NDLR : si toute la classe politique et syndicale ne suit pas le diktat des marchés, ce sera pire pour eux.)

Ces mêmes agences de notations qui sont à l’origine de la crise, se permettent de donner des avis qui servent d’ « étalon de mesure » à tout un système financier défaillant, alors qu’elles n’ont rien vu venir de cette crise, ou pire encore, qu’elles l’ont orchestrée et couverte. Voilà ce qui sert de « baromètre », de référence suprême, à nos élites politiques, médiatiques et à tous leurs cortèges de spécialistes et d’intellectuels de salons télévisuels.

Mais ces manœuvres ne sont qu’un élément mineur dans le libre échange mondial, car accepter de commercer alors qu’on n’a pas défini de parités de monnaies, c’est un suicide… Un libre échange sans parité de monnaies, que les élites corrompues, au pouvoir dans nos soi-disant démocraties, ont accepté de jouer, au détriment de nos emplois et de notre protection sociale.

Historique d’une mise en scène ? A vous de juger en quatre temps…

1 – Élection d’anciens « cadres » de l’OCDE pour assainir la situation des finances grecques :

7 octobre 2009 : la Grèce se dote d’un gouvernement centré sur l‘économie

« Ces cadres qui ont tous deux travaillé pour l’OCDE, l’Organisation de coopération et de développement économique, vont devoir mettre en œuvre les promesses de Georges Papandréou : relancer une économie menacée par la récession et assainir les comptes publics, à l’heure où le déficit budgétaire est évalué à 6% du PIB. »

2 – Découverte par la nouvelle équipe élue, de l’état présumé catastrophique de la dette grecque :

1er décembre 2009 : l’UE au chevet de la Grèce

« Le ministre de la Cohésion sociale (Grec) , en visite à Bruxelles, a affirmé au quotidien athénien que “le déficit des assurances atteindra les 4 milliards d’euros si on n’intervient pas au plus vite et de manière efficace. (…) En l’espace d’un mois, le déficit grec est en effet passé de 6% à 12.7% du PIB. »

Pourtant, « Il est vrai que la situation budgétaire du gouvernement grec est précaire. Sa dette devrait dépasser 110% du PIB l’année prochaine. C’est beaucoup, mais elle était de 118% en 1999, la dette du Japon atteindra bientôt 200%, et celle des Etats-Unis, 100%. Il reste que les précédents gouvernements grecs n’ont guère brillé par leur discipline : la dernière fois que le budget fut à l’équilibre, c’était en 1972 – sous la dictature des Colonels… »

NDLR : la Grèce s’est mise cette dette sur le dos pour faire comme les copains, qui jouent le jeu du libre échange. D’autres régimes, plus rigoureux, refusaient de payer des intérêts à des usuriers apatrides… C’est certainement pour cela qu’ils ont été renversés, d’ailleurs : démocrates et usuriers cohabitent dans la démocratie sociale, le régime préféré des copains/coquins, néo-esclavagistes.

Aujourd’hui, la Grèce achète de l’argent, 2,6 % plus cher que l’Allemagne sur les marchés. On ne prête pas aux pauvres, et cela pèsera forcément sur les comptes de la nation grecque et de son peuple qui, au final, paye toutes les factures publiques.

3 – Annonce de mesures d’austérité, avec les syndicats, pour canaliser le mécontentement (…et empêcher qu’il ne se manifeste autrement et directement, par le peuple ? En France, le mécontentement a aussi été canalisé aussi par les syndicats, au plus fort de la crise, mais ils n’ont rien obtenus de concret pour les travailleurs. Les méthodes sont identiques sur tout le continent européen avec, parfois, des variantes locales) :

15 décembre 2009 : Grèce : les mesures de rigueur annoncées ne satisfont personne

« Une centaine de syndicalistes grecs ont exprimé mardi leur inquiétude concernant l’avenir en bloquant les portes du ministère grec des finances, après la diminution des dépenses de protection sociale dévoilées lundi soir parmi les mesures de rigueur budgétaire rendues publiques par le gouvernement Papandreou. Il y a des mesures qui vont nous laisser sans emploi affirme Theodoros Georgiou, un syndicaliste du secteur de la construction, sans assurance, sans éducation scolaire, sans sécurité sociale. Il y a des mesures qui ne peuvent pas rester sans réponses et c’est ce que nous faisons ici”.

4 – Annonce de privatisations pour faire rentrer de l’argent dans les caisses :

17 décembre 2009 : la Grèce va privatiser pour éponger sa dette

« Une série de privatisations devrait rapporter environ 2,5 milliards d’euros à la Grèce et devrait permettre à Athènes de combler quelque peu son déficit public, a déclaré jeudi à Reuters le ministre des Finances Georges Papaconstantinou. (…) Signe des difficultés du pays, il a expliqué que les hôpitaux grecs devaient environ cinq milliards d’euros aux laboratoires pharmaceutiques. »

Une belle orchestration des événements !

Si la situation grecque n’a pas été orchestrée de main de maîtres, c’est un sacré paquet de coïncidences en peu de temps…

La crise qui éclate ainsi au grand jour, permet donc à certains d’avancer leurs pions et de prendre des parts de marché, facilement, en neutralisant des services publics.

On voit aussi très clairement que les mesures de protection sociale sont visées dans tout ce qui est annoncé : on sait d’avance dans quoi on va couper pour faire des économies… Le travailleur européen et sa famille payeront pour les autres.

Une des conséquences de la crise sera des réductions des dépenses publiques, pour rendre ainsi nos économies plus « compétitives », en réduisant les coûts que font peser les charges sociales sur les comptes de la nation. On continue ainsi de jouer le jeu du libre échange qui veut que tout soit dérégulé, et on s’aligne ainsi sur les normes imposées par le capitalisme libéral le plus sauvage.

Si les peuples des pays d’Europe ne se révoltent pas, ils verront le modèle que leurs anciens ont mis des décennies à construire, s’évaporer à cause de cette austérité manigancée…

Paradoxe suprême, cette victoire de la « pieuvre financière capitaliste » ou, en tout cas, ce début de remise en cause du modèle européen, intervient au moment même ou le modèle libéral semblait avoir fait faillite.

Objectif visé ? La nécessaire harmonisation, en vue du Marché Transatlantique de 2015

Les attaques en règle contre le modèle de capitalisme européen, plus protecteur, ont un but, là aussi clairement annoncé : rendre nos contraintes budgétaires aussi proches que possible de celles des USA. En préparant cette harmonisation (à la baisse) de nos normes fiscales et sociales, les pourris qui ont été mis en place par ceux qui les payent, préparent l’instauration du grand « Marché Transatlantique », qui a pour objectif d’aboutir, en 2015, à la création d’une grande zone d’échange USA-Europe.

Ce qui passe par la réalisation des conditions d’une non-concurrence entre pays d’une même zone d’échange… à venir, la zone transatlantique.

Dans un sens, on peut présumer, que fidèles à leurs façons de faire, ceux qui tirent les ficelles procèdent toujours par des tests en grandeur nature, mais à petite échelle, avant de les étendre au reste de l’objectif ciblé (nous, les Européens).

En ce sens, surveiller ce qui se passe en Grèce en ce moment, c’est peut-être lire dans la boule de cristal qui nous révélera l’avenir des travailleurs européens.

vendredi, 08 janvier 2010

La Russia sbarra il passo allo scudo antimissile USA

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La Russia sbarra il passo allo scudo antimissile Usa

 

Gli stati canaglia-terroristi e i nemici della globalizzazione

 

di Federico Dal Cortivo / Ex: http://www.italiasociale.org/

La Russia è decisa a creare le misure adatte per contrastare il tentativo neppure tanto nascosto degli Stati uniti di accerchiarla, mediante stati “vassalli” e uno scudo antimissile, che nelle intenzioni di Washington, dovrebbe essere costituito in funzione anti-terrorismo. Se il primo motivo è quello più temuto dai Russi, il secondo ,sia pur non più così in voga come ai tempi di Bush , resta pur tuttavia una reale possibilità.
Ma per la politica globale Usa, vi sono anche altri obiettivi, i cosiddetti” terroristi”, che sono tutti coloro che si oppongono alla politica egemone della globalizzazione, dal Venezuela di Hugo Chavez, alla Corea del Nord, dall’Iran alla Russia. Nel recente passato vi erano inclusi anche la Serbia di Milosevic, rea di interpretare una via autonoma in politica interna ed estera, e l’Iraq di Saddam, vecchio alleato degli Stati Uniti ai tempi della guerra contro l’Iran di Khomeini, trasferito poi nella lista dei cattivi quando c’era da impossessarsi delle immense riserve petrolifere di cui abbonda il sottosuolo iracheno.

E di queste giorni la notizia proveniente da Vladivostok ,nell’Estremo Oriente, per bocca del Primo Ministro Putin, che la Russia svilupperà nuove armi offensive per contrastare le batterie antimissile statunitensi, questo a salvaguardia dell’equilibrio internazionale che si regge sulla reciproca dissuasione. Nulla di nuovo quindi da parte della Russia, che negli ultimi anni ha ripreso in mano il proprio destino grazie all’accorta politica di Putin e di Medvedev. Russia che ha già dato prova della propria fermezza durante le operazioni militari condotte in Georgia, sbaragliando in poco tempo le forze locali appoggiate dai consiglieri israeliani e dell’Us Army.Ma non è solo la Russia ad impensierire la politica estera di Washington, proprio nel cosiddetto cortile di casa si stanno materializzando “nuovi nemici” . L’America Latina sembra aver imboccato una strada a senso unico che va a cozzare contro gli equilibri che gli Stati Uniti avevano sapientemente costruito per meglio depredare il continente delle sue immense ricchezze naturali, fondamentali per l’industria statunitense,per non dire vitali. La Bolivia di Evo Morales, l’Ecuador di Rafael Correa e il Venezuela di Chavez stanno creando un fronte unico incentrato sull’alleanza politica Alba, che a fatto proprie le idee rivoluzionarie di Simon Bolivar e del migliore socialismo nazionale. E se il Brasile di Lula ancora indugia su dove posizionarsi apertamente e l’Argentina della presidente Kirckner potrebbe fare la differenza in un prossimo futuro tra chi ha scelto la via nazionale e socialista e chi è ancora vassallo Nord Americano come Cile ,Perù e Colombia ; qualcosa sta finalmente cambiando negli equilibri di questa parte del mondo. Un nuovo asse di speranza sta nascendo e ha gettato le proprie basi , lo si potrebbe chiamare Sud-Sud oppure America Latina - Eurasia, sta di fatto che il recentissimo viaggio del presidente iraniano Ahmadinejad che ha toccato Brasile, Venezuela e Bolivia, è doppiamente significativo: sotto il profilo geopolitico è volto a creare quell’alleanza che permetterà all’Iran di uscire da una sorta d’isolamento in cui l’Occidente lo vorrebbe relegare( la Russia al momento è troppo impegnata nel delicato scacchiere dei rapporti con Washington e si è per il momento defilata dal prendere una posizione più netta nei confronti di Teheran)e al tempo stesso darà la possibilità alle nazioni Latino Americane di avere un alternativa all’Occidente con cui relazionarsi, da affiancare ai buoni rapporti con Russia , Cina e India. Sul versante economico invece gli accordi bilaterali che sono stati stipulati durante la visita del presidente iraniano, rappresentano un qualcosa di assolutamente nuovo perché non sono più basati sul rapporto sfruttatore e sfruttato, con tutto quello che ne consegue in termini di intromissione negli affari interni del continente Sud Americano, ma su base paritaria, volta al reciproco sviluppo.

Tutto ciò non poteva non provocare apprensione al Dipartimento di Stato, che come al solito ha scatenato la ben oliata macchina mediatica tesa a criminalizzare tutti coloro che si oppongono alla globalizzazione o al cosiddetto “ volere di Washington”. E così come da copione non passa giorno che dalle colonne del Financial Times, New York Times, fino ad arrivare agli allineati Le Monde e Corriere della Sera, non si faccia l’esame di democrazia agli Stati canaglia, non si enfatizzi marginali episodi di piazza, come di recente in Iran, che riguardano sparuti gruppi di protesta, su una popolazione che sfiora i settanta milioni di persone. Inflazionato è poi l’uso del termine “regime”, per designare tutti gli Stati sulla lista nera Usa,così come dare del dittatore anche a chi come Chavez o lo stesso Ahmadinejad sono stati regolarmente eletti in libere elezioni. Ma questi sono dettagli e fanno parte del copione recitato da oltre un secolo dalle plutocrazie occidentali ogni qualvolta volevano scatenare una guerra d’aggressione,oggi anche affiancate dal “cane da guarda sionista”, che per sopravvivere in un mondo sempre più arabo, e dopo essersi macchiato ripetutamente di “crimini di guerra”, ha l’estrema necessità delle inarrestabili forniture di armi a fondo perduto che la potenza Nord Americana elargisce a piene mani.

E proprio l’entità sionista, dotata di armi nucleari, rappresenta il pericolo più grave per la pace del Vicino Oriente e non certamente la Repubblica Islamica dell’Iran, che cerca solamente di dotarsi di centrali nucleari in prospettiva futura, quando anche l’abbondante petrolio della regione comincerà a scarseggiare.
Israele ha manifestato più volta la precisa volontà di un attacco preventivo volto a distruggere gli impianti nucleari iraniani, la sua aviazione avrebbe già pronti i piani operativi, ma su tutto necessita sempre il disco verde degli Usa e la collaborazione dell’intelligence statunitense ed eventualmente delle sue aereo cisterne strategiche, le sole che possano garantire la riuscita di un attacco ad una distanza maggiore di quello già effettuato dalla Israeli Air Force nel 1981 contro il reattore nucleare di Tammuz in Iraq.
Per funzionare il piano israeliano deve essere pressoché perfetto ed anche per l’allenata macchina bellica sionista la cosa potrebbe presentare qualche problema di troppo, sempre che non ci metta lo zampino il potente alleato di sempre che ha tutt’oggi un interesse primario nel vedere scomparire l’attuale governo iraniano . “Dopo aver distrutto i centri nevralgici della sua economia, ecco pronto qualche doppiogiochista alla Karzai, che consegnerebbe il Paese alle grandi Corporation statunitensi, libere di mettere le mani sulle grandi riserve petrolifere iraniane”. Ma il grande incubo degli Stati Uniti è la possibilità neppure tanto remota, che le future transazioni del petrolio possano essere fatte non più in dollari ma in euro,e la costruenda borsa di Kish potrebbe segnare la svolta.

In questo progetto monetario,l’Iran ha incontrato il favorevole appoggio di Caracas e un domani vicino potrebbe trovare l’assenso della Russia e della Cina, trascinandosi dietro l’India ed altri Stati Latino Americani.” Nel 2003 Giampaolo Caselli esperto di economia politica scriveva:Tutti i contratti petroliferi sono fatturati in dollari, qualora alcuni Stati produttori dovessero preferire l’euro, il tasso di cambio fra le due valute sarebbe sottoposto a ulteriore tensione, e si comincerebbe ad assistere alla sostituzione del dollaro con l’euro come moneta di riserva di molti Paesi produttori di petrolio, ed eventualmente da parte della Cina ,che ha già annunciato un tale movimento di fronte alla perdita di valore del dollaro.”(1)
Nel 2000 fu proprio la decisione di Saddam Hussein di adottare l’euro come moneta per i pagamenti delle forniture del piano Oil for food ad innescare il processo che portò poi alla guerra del 2003. Ora gran parte degli scambi di idrocarburi avviene sulle borse di Londra e New York, in pratica gli angloamericani controllano le maggiori transazioni a livello mondiale, la borsa di Kish, sarebbe un’azione ostile verso gli interessi vitali degli Stati Uniti e il fatto che il dollaro sia l’unica moneta finora utilizzata permette alla sofferente economia Usa di finanziare gran parte del proprio enorme passivo. Nel vertice degli Stati dell’Opec nel 2007 affiorò una linea di pensiero che sinteticamente così recitava:L’Impero del dollaro deve finire”, dissero all’unisono Chavez e Ahmadinejad .
La sfida per i futuri assetti economici non è mai cessata, ma ora stanno entrando in campo diverse variabili a livello geopolitico che potrebbero riservare non poche sorprese nei prossimi anni, con un mondo che potrebbe non essere più unipolare, con la potenza egemone attuale costretta sulla difensiva su vari teatri, anche se i rischi di pericolosi colpi di coda ed annesse guerre di aggressione sono sempre possibili…Ma intanto Mosca ha deciso di giocare da subito la carta del riarmo. Come dicevano i Romani,che di queste cose se ne intendevano “Si vis pacem para bellum”.


Federico Dal Cortivo


1)”I predatori dell’oro nero e della finanza globale”.
Benito Livigni

SISTEMA DI DIFESA ANTIMISSILE IN EUROPA


Il Progetto dell’Amministrazione Bush


L’Amministrazione Bush e la MDA (Missile Defense Agency, Agenzia per la Difesa Antimissile) presentano il sistema di difesa antimissile americano, inclusa la sua componente da basare in Europa, come uno strumento urgente ed essenziale per garantire la protezione del territorio statunitense ed europeo da un attacco missilistico da parte di quelli che essi chiamano “stati canaglia”, quali la Corea del Nord e l’Iran ( eventualità alquanto improbabile).
Il sistema europeo di difesa antimissile, GMD (Ground-based Midcourse Defense, Difesa basata a terra contro i missili in fase intermedia di volo), sarebbe uno degli elementi del più vasto BMDS (Ballistic Missile Defense System, Sistema di difesa contro i missili balistici), analogo alla componente già basata in Alaska e in California. Quest’ultima è costituita, oggi, da una ventina di missili intercettori a tre stadi (diventeranno più di quaranta entro tempi brevi) per proteggere il territorio statunitense da un attacco missilistico da parte di stati come la Corea del Nord.
 

02/01/2010

jeudi, 07 janvier 2010

Presseschau / Januar 2010/2

kioskD.jpgPRESSESCHAU (Januar 2010/2)

Einige Links. Bei Interesse anklicken...
(Alles Gute für 2010)

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Ahmadinedschad nennt Europas Politiker dumm
Neuer Verbalausfall von Mahmud Ahmadinedschad: Irans Präsident hat seine europäischen Politikerkollegen als „dumm“ beschimpft. Diese wüßten „weder was über Politik noch über Geschichte“.
http://www.spiegel.de/politik/ausland/0,1518,669094,00.html
http://www.pi-news.net/2009/12/ahmadinedschad-europas-politiker-sind-dumm/

Iranischer Oppositionsführer
Mussawi ist bereit, den Märtyrer-Tod zu sterben
Oppositionsführer Mir Hossein Mussawi hat nach den jüngsten Unruhen im Iran erklärt, daß er bereit sei, für die Rechte des iranischen Volkes zu sterben. Sein Tod würde die Oppositionsbewegung nicht bremsen, sagte Mussawi. Der Protest des Volkes habe mittlerweile eine Eigendynamik entwickelt.
http://www.welt.de/politik/ausland/article5689886/Mussawi-ist-bereit-den-Maertyrer-Tod-zu-sterben.html

Angriff verschoben?
Zwei kurz nacheinander erfolgte Entwicklungen in Israel haben die Schlußfolgerung nahegelegt, daß etwas Dramatisches unmittelbar bevorstehe. Die innere Logik der Lage im Mittleren Osten deutet auf den seit geraumer Zeit angedrohten israelischen Schlag gegen die iranischen Nuklearanlagen.
Von Ivan Denes
http://www.pi-news.net/2010/01/angriff-verschoben/#more-109118

Terrorgefahr
Flugzeugattentäter droht mit weiteren Anschlägen
Al-Qaida hat sich zu dem gescheiterten Anschlag auf ein US-Flugzeug bekannt, nun werden Details aus der Vernehmung des Attentäters bekannt: Der Nigerianer Abdulmutallab behauptet, daß derzeit weitere Terroristen trainiert würden.
http://www.spiegel.de/politik/ausland/0,1518,669354,00.html

Afghanistan
Selbstmordattentäter zündet Bombe auf CIA-Basis
Er sprengte sich im Fitneßraum in die Luft: In der afghanischen Provinz Khost tötete ein Selbstmordattentäter auf einer Geheimdienstbasis mindestens acht US-Bürger. Die meisten waren laut „Washington Post“ CIA-Agenten. Zu der Tat bekannten sich die Taliban.
http://www.spiegel.de/politik/ausland/0,1518,669658,00.html

Selbstmordanschlag auf CIA-Basis
Der Attentäter kam in Uniform
Der Mann trug afghanische Armeeuniform und erregte offenbar keinen Verdacht. Dann sprengte er sich mitten im Fitneßraum einer US-Basis im Süden des Landes in die Luft. Acht Amerikaner starben – sieben von ihnen waren bei der CIA. Afghanen beklagen unterdessen zivile Opfer.
http://www.spiegel.de/politik/ausland/0,1518,669680,00.html

Attentäter kam ungehindert auf CIA-Basis
Als Informant umworben
Daß ein Selbstmordattentäter am Mittwoch auf einer CIA-Basis in Afghanistan eine Bombe zünden konnte und dabei acht Menschen in den Tod riß, ist für die USA schon fatal genug. Allem Anschein nach war das außerdem erst durch eine unglaubliche Sicherheitspanne möglich.
http://news.orf.at/091231-46403/?href=http%3A%2F%2Fnews.orf.at%2F091231-46403%2F46404txt_story.html

Deutsche verlieren Vertrauen in Politiker und Manager
Laut einer Studie der Bertelsmann Stiftung stellt jeder vierte Befragte sogar die repräsentative Demokratie in Frage.
http://www.wz-newsline.de/?redid=715337

Arbeitsmarkt 2010
Deutschland rüstet sich für das Jobkrisenjahr
Von Stefan Schultz
2009 war schlimm, 2010 wird schlimmer. Nach Finanz-Crash und Konjunkturflaute droht Deutschland nun die große Jobmisere. Um die Turbulenzen am Arbeitsmarkt zu überstehen, braucht die Republik einen tiefgreifenden Strukturwandel.
http://www.spiegel.de/wirtschaft/unternehmen/0,1518,669227,00.html

Eingetretene Pfade der „Politisierung“ ...
Shell-Jugendstudie 2010
Die Jugend wird wieder politischer
Klaus Hurrelmann, Leiter der neuen Shell-Studie, spricht im Interview über die Jugend in der Krise. Er erwartet eine Repolitisierung. Schließlich gibt es neuen Zündstoff.
http://www.zeit.de/gesellschaft/generationen/2009-12/interview-hurrelmann-shell-studie-2010

Evangelische Kirche
Kritik an Auszeichnung für „idea“
Eine Auszeichnung sorgt für Zoff innerhalb der Evangelischen Kirche in Thüringen. Die rechtsgerichtete Zeitschrift „Junge Freiheit“ hatte den Chef der evangelikalen Nachrichtenagentur „idea“ mit einem Preis geehrt.
http://www.ksta.de/html/artikel/1261581630607.shtml
http://www.open-report.de/artikel/Kritik+an+idea-Leiter+wegen+Annahme+des+Gerhard-L%F6wenthal-Preises/30262.html

Bischof kritisiert „Haßausbrüche“ des Zentralrats
Von Petr Jerabek
Das Verhältnis von Juden und Katholiken in Deutschland scheint an einem neuen Tiefpunkt angelangt. Der Zentralrat der Juden bekundet sein „tiefes Mißtrauen“ gegenüber Papst Benedikt XVI. Der Regensburger Bischof Gerhard Ludwig Müller beklagt „Haßausbrüche“ des Zentralrats.
http://www.welt.de/politik/deutschland/article5655935/Bischof-kritisiert-Hassausbrueche-des-Zentralrats.html

Hannover
„Getarnte Volksverhetzung“
CDU-Chef Toepffer zeigt Neonazis an
http://www.haz.de/Hannover/Aus-der-Stadt/Uebersicht/CDU-Chef-Toepffer-zeigt-Neonazis-an

Um dieses Video geht es wohl ...
besseres-hannover.info
http://www.youtube.com/watch?v=XeIzlwzR6ZY

Brennende Autos
„Wo gehobelt wird, fallen Späne“
Ein Autoabfackler erzählt über einen aufgezwungenen Krieg, ein für ihn menschenverachtendes System und das Ziel, andere durch brennende Autos wachzurütteln. [Kommentare beachten!]
http://www.taz.de/1/politik/deutschland/artikel/1/wo-gehobelt-wird-fallen-spaene/

Künstlergruppe „Frankreich muß bis Polen reichen“
http://www.myspace.com/frankreichmussbispolenreichen
http://jetzt.sueddeutsche.de/texte/anzeigen/399611
http://www.youtube.com/watch?v=FPc0iUZY4As
http://www.youtube.com/watch?v=iLGuoU_NyCQ

Darauf hat Offenbach gewartet. Ein deutsch-israelischer Künstler will auf einer Verkehrsinsel in der Migrantenstadt einen gigantischen Monumentalobelisken gegen den NS-Holocaust errichten ...
Ein Zeichen der Erinnerung
http://www.op-online.de/nachrichten/offenbach/zeichen-erinnerung-570900.html

Runder Tisch gegen Rechts – Passau
[Man achte auf die illustre Zusammensetzung des Bündnisses]
http://www.buendnis-gegen-rechts.org/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=37&Itemid=68

Passau
Runder Tisch gegen Rechts fordert Bierverbot für Nazis
Bündnis ruft Kunstwettbewerb an 31 hiesigen Schulen aus
http://www.pnp.de/mitmachen/forum/artikel.php?cid=29-26596570&Ressort=asta&BNR=0

Fürs Vaterland: Auf ein Bier mit der NPD ...
http://thomastrappe.wordpress.com/2009/12/30/die-netten-schreibers-in-strehla/
http://thomastrappe.wordpress.com/2009/12/15/furs-vaterland-auf-ein-bier-mit-der-npd/

Für einen Moment hofft man, er hätte irgend etwas verstanden ...
Einwanderung
Körting gibt Türkei Schuld an fehlender Integration
Nicht nur kulturell, auch politisch erschwere die türkische Regierung die Integration von Einwanderern in Deutschland. Diese Ansicht vertritt Berlins Innensenator Ehrhart Körting (SPD) und plädiert dafür, andere Kulturen und Religionen mehr zu respektieren. Er hat auch einen Vorschlag, wie man mit Radikalen umgehen sollte.
http://www.welt.de/politik/article5658111/Koerting-gibt-Tuerkei-Schuld-an-fehlender-Integration.html

Europas absehbarer Untergang
„Das Europa, das Sie durch Besuche kennen, oder durch ihre Eltern oder Freunde, steht kurz vor dem Zusammenbruch“, sagte Geert Wilders letztes Jahr in einer Rede in den Vereinigten Staaten. Der Chef der volksnahen niederländischen Freiheitspartei fügte hinzu: „Wir werden gegenwärtig Zeugen tiefgreifender Veränderungen, die Europas Zukunft für immer verändern und den Kontinent in – wie Ronald Reagan sagte – ‚tausend Jahre Finsternis‘ stürzen werden.“ Und nicht nur Europa, sondern ebenso Amerika.
http://www.pi-news.net/2009/12/europas-absehbarer-untergang/

Betreiber zündet arabisches Café in Hannover an und stirbt in den Flammen
Der Brand in einem arabischen Café in Hannover mit einem Toten ist nach ersten Erkenntnissen der Polizei von dem Cafébetreiber selbst gelegt worden. Wie die Polizei am Dienstag mitteilte, verteilte der 29jährige wahrscheinlich Brandbeschleuniger in seinem Lokal und starb anschließend in den Flammen. Die Hintergründe der Tat sind noch unklar.
http://www.pr-inside.com/de/betreiber-z-uuml-ndet-arabisches-caf-eacute-r1647206.htm
http://www.welt.de/die-welt/vermischtes/hamburg/article5674031/Wirt-kommt-bei-Brandstiftung-in-Lokal-ums-Leben.html

Wilde Schießerei in Berlin-Wedding
http://www.bild.de/BILD/news/2009/12/30/schiesserei-wedding-berlin/vier-kugeln-im-koerper-und-opfer-aydin-t-tippt-eine-sms-kurznachricht.html

Basel: Türken schlagen Deutschen zusammen
Offenbar völlig grundlos ist in der Nacht auf den Stephanstag in Basel ein 21jähriger Deutscher von mehreren Türken angegriffen und zusammengeschlagen worden. Der Mann befand sich auf dem Weg nach Hause, als ihm die fünf bis sechs jüngeren Türken entgegenkamen, wie die Basler Staatsanwaltschaft mitteilte. Sie beschimpften ihn, schlugen ihn zusammen und flüchteten anschließend.
http://www.pi-news.net/2009/12/basel-tuerken-schlagen-deutschen-zusammen/

Vater soll für Beleidigung eines Schlägers zahlen
Sendenhorst/Ahlen – Vier auf einen? Das geht für Walter Petker gar nicht. Als er nahe dem Johannes-Baldauf-Haus Zeuge einer Schlägerei wurde und vier Teenager dann anfingen, den auf dem Boden liegenden Jungen auch noch zu treten, sprang er aus dem Wagen und erwischte einen der Schläger am Kragen. Daß er ihn dabei unwirsch angesprochen hat, soll ihn jetzt 200 Euro kosten. Dann ist die Staatsanwaltschaft bereit zur Einstellung eines gegen den Sendenhorster eingeleiteten Verfahrens.
http://www.ahlener-zeitung.de/lokales/kreis_warendorf/ahlen/1241393_Vater_soll_fuer_Beleidigung_eines_Schlaegers_zahlen.html
http://www.ahlener-zeitung.de/lokales/kreis_warendorf/ahlen/1241854_Beleidigungsverfahren_gegen_Streitschlichter_wird_eingestellt.html

Zivilcourage führte zu Kopfplatzwunde
Ein 31jähriger Familienvater guckte nicht weg, als ein 16jähriger von südländischem Temperament in vierfacher Ausfertigung angegriffen wurde. Davon jedenfalls darf man wohl aufgrund der Art des Überfalls ausgehen. Lesen kann man es nicht, der Leser könnte ja sonst beim Finden der Täter helfen.
http://www.pi-news.net/2009/12/zivilcourage-fuehrte-zu-kopfplatzwunde/

Ethnokulturelle Hintergründe bleiben konsequent ausgeklammert ...
Jugendgewalt
Bessere Ausbildung für Pädagogen
http://www.focus.de/politik/weitere-meldungen/jugendgewalt-bessere-ausbildung-fuer-paedagogen_aid_466591.html
http://www.fr-online.de/in_und_ausland/wissen_und_bildung/aktuell/2169222_Gastbeitrag-Bindung-zaehlt.html
http://www.pro-medienmagazin.de/paedagogik.html?&news%5Baction%5D=detail&news%5Bid%5D=2611

Krefeld: Polizei kooperiert mit Verfassungsfeinden
Ganz stolz präsentieren sich auf einem Foto Vertreter der Krefelder Polizei bei einem Besuch einer Moschee, die der Union der türkischen und islamischen Vereine in Krefeld angehört. Brisant: Der Vorsitzende des Dachverbandes ist Mehmet Demir, Vertrauter des Krefelder Oberbürgermeisters Kathstede und Sympathisant der Grauen Wölfe.
http://www.pi-news.net/2009/12/krefeld-polizei-kooperiert-mit-verfassungsfeinden/#more-108807

Flüchtlinge in Hessen
Votum der Härtefallkommission: 63 dürfen bleiben
http://www.bild.de/BILD/regional/frankfurt/dpa/2009/12/29/votum-der-haertefallkommission-63-duerfen.html
http://www.ad-hoc-news.de/haertefallkommission-haertefallkommission-dringt-auf--/de/Regional/Hessen/20828546

Härtefallkommission in Hessen
http://www.migrationsrecht.net/nachrichten-auslaenderrecht-politik-gesetzgebung/1200-haertefallkommission-in-hessen.html

Türkenangriff auf Wien
Sturm auf den „Goldenen Apfel“
Von Jan Puhl
61 Tage lang zitterte Wien im Jahr 1683 unter der Belagerung der Türken, die Bewohner aßen sogar Katzen, um nicht zu verhungern. Einem Heer aus Österreichern, Polen, Bayern und Sachsen gelang es schließlich, die Belagerer zu bezwingen. Das war der Anfang vom Ende des Osmanischen Reichs.
http://www.spiegel.de/wissenschaft/mensch/0,1518,669197,00.html

Die Konsequenzen „freier Erziehung“
Von Michael Wiesberg
Wer kennt sie nicht: Kinder, die sich, weil Eltern der Meinung sind, ihre Kinder müßten sich „frei entfalten“ können, zu wahren Quälgeistern entwickelt haben. Der ein oder andere wird nach dem zurückliegenden Weihnachtsfest, dem Familienfest schlechthin, davon möglicherweise ein Lied singen können.
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display.154+M5b06b7c057a.0.html

Wieder mal: Einkaufscenter-Wahn führt zu Abriß historischer Bausubstanz ...
Velbert: Abriß geplant – Villa im Weg
http://www.derwesten.de/staedte/velbert/Villa-im-Weg-id2277992.html
http://www.derwesten.de/staedte/velbert/Erhebliche-Bedeutung-id2306362.html

mercredi, 06 janvier 2010

Watervervuiling resultaat van politieke vervuiling

Watervervuiling resultaat van politieke vervuiling

http://n-sa.be/

WaterwegenDe afgelopen twee weken stond de vervuiling van de Zenne en de Schelde als gevolg van het stilleggen van het grootste waterzuiveringstation van het land in het brandpunt van de actualiteit. Zoals bekend had de private uitbater Aquiris het station laten stilleggen waardoor het ongezuiverde afvalwater van meer dan een miljoen Brusselaars rechtstreeks in de Zenne en verder in de Schelde kon lopen. Aquiris wijst met beschuldigende vinger naar de overheid van het Brusselse gewest die haar waarschuwingen in de wind sloeg.

Wie ook verantwoordelijk moge zijn voor deze ecologische ramp (een jarenlang zorgvuldig heropgebouwd ecosysteem werd in enkele dagen bijna volledig vernietigd), twee zaken zijn wat het Nieuw-Solidaristisch Alternatief (N-SA) betreft alweer pijnlijk duidelijk geworden:

1. Nutsvoorzieningen en gemeenschapsdiensten worden beter door de overheid en de gemeenschap uitgebaat en beheerd, dan door de private sector. Waterzuivering dient een overheidstaak te zijn.
2. De creatie van het aparte Brussels Hoofdstedelijk Gewest was een politieke en institutionele flater zoals we dit enkel van het Belgische regime kunnen verwachten. Dit gewest moet opgedoekt worden. Er moet een instituut voor waterbeheer komen op het niveau van de Lage Landen.

Deze watervervuiling is een zoveelste gevolg van de al decennialange politieke vervuiling. Politieke vervuiling in de betekenis van een voortdurende drang naar liberaliseren door de traditionele politieke partijen en politici, met alle kwalijke gevolgen van dien. Politieke vervuiling in de betekenis van de centjes-en-percentjes mentaliteit bij politici waarbij via belangenvermenging en ons-kent-ons lucratieve overheidscontracten aan bevriende of stevig lobbyende bedrijven worden geschonken. Politieke vervuiling in de zin van creatie van overbodige en peperdure bestuursniveaus door politieke volksverraders die het Belgische regime in stand willen houden.

Private eigendom en privaat beheer zijn in tegenstelling tot wat de politieke (extreem-) rechterzijde beweert geen heilige principes. Private bedrijven denken in de eerste plaats aan winst maken, pas daarna aan dienstverlening. De gemeenschap daarentegen kan als eigenaar en uitbater optreden wanneer het privaat initiatief onvoldoende aan de eisen van het algemeen welzijn kan voldoen of omwille van de aard van de zaak zelf. Dit is bij deze het geval. Bij privaat beheer van waterzuivering kan omwille van het niet naleven van het contract de dienstverlening net als bij elke andere contractbreuk van de ene dag op de andere stilgelegd worden, met de ecologische schade als gevolg. Schadevergoedingen die nadien juridisch afgedwongen worden, bijvoorbeeld via de klachten die de steden Mechelen en Antwerpen hebben ingediend, herstellen de ecologische schade niet.  

De problematiek toont ook aan dat we nood hebben aan een politieke eenheid die het waterbeheer en-zuivering op het niveau van de Lage Landen zelf plaatst. Het Belgische federalisme is hier – alweer – een sta-in-de-weg. De waterlopen vinden hun oorsprong meestal in Wallonië of Zuid-Vlaanderen (Frans-Vlaanderen) om uit te monden in de Delta van de grote rivieren in het noorden. Ook een Vlaams politiek of beheersniveau is hierin zinloos, de waterlopen passeren enkel Vlaanderen. Ondertussen heeft de provincie Zeeland terecht protest aangetekend bij de verantwoordelijke Brusselse milieuminister.


P. Van Damme
Coördinator N-SA

00:25 Publié dans Actualité | Lien permanent | Commentaires (0) | Tags : actualité, belgique, flandre, pollution, écologie | |  del.icio.us | | Digg! Digg |  Facebook

jeudi, 31 décembre 2009

Entretien de Robert Steuckers à "Volk in Bewegung"

vib.jpgEntretien de Robert Steuckers  à “Volk in Bewegung”

Propos recueillis par Andreas Thierry

 

Novembre 2009

 

Monsieur Steuckers, pouvez-vous expliquer à nos lecteurs, en quelques mots, quels ont été les objectifs de « Synergies Européennes » ?

 

Pour répéter en gros ce que j’ai déjà maintes fois dit dans plusieurs entretiens, l’objectif principal de « Synergies Européennes » a été de faire émerger une sorte de « Think Tank », de « Boîte à idées », où penseurs et publicistes non conformistes venus de tout l’espace culturel européen pouvaient participer à la mise en forme d’une alternative générale au système dominant. Pour nous, la différence majeure entre la fidélité conformiste au système, d’une part, et la critique non conformiste de ce même système, d’autre part, réside essentiellement dans la différence fondamentale qui existe entre 1) une pensée organique, consciente des forces à l’œuvre dans l’histoire et proches des hommes réels et 2) une pensée détachée de l’histoire, des continuités historiques, mécanique et par là même étrangère à l’homme. Cette dernière forme de pensée nous est présentée désormais comme le sommet du « Bien », comme un corpus intangible dont on ne peut mettre la validité en doute. Pour parvenir à notre objectif, nous souhaitions établir une coopération constante, bien que souple, entre publicistes de toute l’Europe, de façon à ce qu’un flot d’informations directes et permanentes, issues immédiatement des sources, puisse s’écrire, surtout par le biais de traductions et d’entretiens. C’est ce que j’ai essayé de concrétiser personnellement dans les différentes revues que j’ai patronnées ou dont j’ai assumé le secrétariat de rédaction, comme « Vouloir », « Orientations », « Nouvelles de Synergies Européennes », « Au fil de l’épée ». D’autres comme Alessandra Colla et Marco Battarra, pour la revue milanaise « Orion » ont aussi cherché à développer une stratégie similaire comme, avant eux, mais cette fois dans le cadre de la « nouvelle droite » historique, le Dr. Marco Tarchi de Florence, avec son bulletin « Diorama Letterario ». En fait, s’il fallait trouver un modèle pour ce type de stratégie métapolitique, il faudrait assurément aller le chercher auprès de l’hebdomadaire parisien « Courrier International » d’Alexandre Adler qui, comme on peut le constater chaque semaine, publie des traductions en provenance du monde entier. Cet hebdomadaire, qui a rapidement reçu des appuis considérables, est devenu entretemps l’une des revues françaises les plus lues et les mieux faites. Hélas, elle ne répand pas un européisme comme celui que nous souhaitions voir se consolider ! Mais une stratégie de même type, une sorte d’ « imitatio Adleri », est celle que j’ai toujours suggérée en vain à divers éditeurs de revues ou d’hebdomadaires, y compris en Allemagne. Personne ne semblait s’intéresser à un tel projet. C’est dommage ! Et pourtant le brillant succès d’Adler nous démontre que cela aurait bien valu la peine de réaliser et de soutenir un projet similaire.

 

L’association et le réseau « Synergies Européennes » ont été fondés en 1993. Quel bilan en tirez-vous après plus de quinze ans ?

 

Le bilan, je dois l’avouer, n’est guère satisfaisant. Entre 1993 et 2003, tout a bien fonctionné : les revues paraissaient régulièrement, les contributions rédactionnelles arrivaient du monde entier au secrétariat de rédaction, séminaires et universités d’été se succédaient sans heurts au fil des années. Ce qui a rompu cette « coulée continue », c’est l’augmentation soudaine et considérable des tarifs postaux à la fin des années 90 en Belgique, ce qui a contribué à déstabiliser totalement les finances fort précaires de l’entreprise ; il faut ajouter à cela le décès de bon nombre d’abonnés âgés, qui incarnaient une véritable culture « revuiste », et l’intérêt croissant que portaient les plus jeunes à internet. Du coup, les livres et les revues n’attiraient plus autant le chaland, surtout dans l’espace linguistique francophone ou dans la petite Belgique, néerlandophone ou francophone. Ce changement de donne a d’ailleurs entrainé la disparition de bon nombre de revues ou de bulletins similaires aux nôtres. Seules l’école des cadres de Wallonie, sous la direction de Philippe Banoy, a fonctionné sans arrêt jusqu’à aujourd’hui, en poussant des pointes en Flandre méridionale et en Lorraine, régions occupées par la France, avec, en plus, des échanges féconds avec des groupes suisses romands ou flamands. Après quelques premiers projets sans lendemains, nos deux nouveaux sites sur la grande toile donnent, depuis leur création au début de 2007, des résultats que l’on peut considérer maintenant comme satisfaisants (voir : http://euro-synergies.hautetfort.com en sept langues et alimenté chaque jour ; et http://vouloir.hautetfort.com animé depuis Paris en coopération avec d’anciens correspondants français qui se sont donné pour tâche de digitaliser et d’éditer les archives des revues francophones du groupe, comme « Vouloir », « Orientations » et « Nouvelles de Synergies Européennes », en les flanquant de textes nouveaux ou complémentaires et de bibliographies actualisées).

 

Pourquoi ne parvient-on pas, malgré les bonnes intentions, à établir une meilleure coopération entre forces non conformistes, européistes et nationalistes en Europe ?

 

Pour répondre de manière exhaustive à votre question, il me faudrait tout un livre ! La raison principale de ce manque de coopération rationnelle doit certainement être portée au compte du déclin culturel généralisé que nous subissons depuis longtemps. Jadis, pendant la « période axiale » de l’histoire des idées, de cette révolution culturelle pacifique, que l’Europe a expérimentée entre 1860 et 1914, on étudiait encore le latin et le grec ancien dans les lycées, gymnases et athénées d’Europe, ce qui facilitait l’apprentissage général des langues modernes, ou du moins leur acquisition passive. De cette façon, on pouvait lire, au-delà des frontières, livres, essais et articles. Aujourd’hui, nous avons sans doute comme « lingua franca » une langue artificielle et internationale que nous utilisons « pour faire de la communication » : c’est le « basic English » mais il ne nous permet pas grand chose, à part commander à l’étranger un sandwich ou un cappuccino, en bafouillant… Mais il n’y a plus de communication fondamentale. Dans les cercles non conformistes, cette tragédie est surtout perceptible, lorsqu’on constate l’absence totale de relations culturelles suivies et systématiques entre les mondes linguistiques allemand et italien ou néerlandais et italien. La formidable production italienne de livres, d’idées, de revues et d’initiatives de toutes sortes est purement et simplement ignorée dans nos régions nord-européennes, alors que les questions abordées et étudiées en Italie le sont de manière nettement moins confuse que chez nous et les réponses que les Italiens apportent sont généralement intelligentes, d’une intelligence que nous aurions pu faire nôtre si nous avions lu les livres et les textes venus de la péninsule apennine. Je pense surtout à la critique finement ciselée de la partitocratie mafieuse, qui aurait été bien utile en Belgique notamment et qu’on aurait pu combiner en Allemagne avec les thèses bien argumentées du Prof. Erwin Scheuch de Cologne, aujourd’hui décédé, ou de celles du politologue von Arnim.

 

Comment jugez-vous l’option pro-sioniste que propage Guillaume Faye dans « La Nouvelle Question juive » et que certains partis de droite ou d’extrême droite ont reprise à leur compte, comme par exemple, le BNP britannique ou le mouvement « Pro Köln » en Allemagne ?

 

Votre question est fort intéressante et mériterait, pour en débattre à fond, un assez long essai, car la fameuse « question juive » est de fait d’une extrême complexité. Mais, avant d’aborder le vif de ce sujet, je tiens à dire que Faye est certainement l’un de mes plus vieux amis issus du mouvement dit de la « nouvelle droite », aujourd’hui moribond ou résiduaire en France et que, malgré toutes les divergences qui pourraient éventuellement nous séparer, cette amitié demeurera. Pour être amis, il ne faut pas nécessairement partager les mêmes points de vue sur tout. Pour maintenir une amitié, il y a surtout les expériences et les déceptions communes du passé… Elles ont souvent plus de poids. Dans le lent processus de déliquescence qu’a vécu la « nouvelle droite », ses avatars et ses reliquats, Faye et quelques autres, dont moi-même, ont été, au sein du vaste camp bigarré des diverses « droites », les victimes de jalousies tenaces, des victimes certes pas toujours innocentes (car nous rendions coup de Jarnac pour coup de Jarnac, nous répondions aux sombres perfidies par des moqueries bien salées) ; ce sont surtout la force de travail de Faye et sa productivité intense qui suscitaient ces jalousies. Dans les années 80, il faut tout de même rappeler que c’était lui le moteur du « mouvement métapolitique » d’inspiration gramsciste et non d’autres, comme on l’a affirmé trop souvent à tort. Des concepts comme « le système à tuer les peuples » et, plus tard, « l’archéofuturisme » demeurent, qu’on le veuille ou non, des instruments critiques féconds pour développer une « théorie critique » alternative, qui aurait pour but, de subvertir le système dominant exactement de la même façon que la « théorie critique » de l’Ecole de Francfort avait subverti les traditions politiques classiques en Europe. Faye est l’élève de quelques personnalités importantes du monde universitaire français, ne l’oublions pas, telles Bertrand de Jouvenel, Julien Freund (le disciple alsacien de Carl Schmitt), Michel Crozier (l’observateur critique des systèmes dominants qui multiplient les blocages sociaux, un observateur qui s’inscrit dans la tradition allemande de Max Weber), Henri Lefèbvre (ancien penseur principal du PCF) et Jules Monnerot (un des plus fins analystes des processus révolutionnaires du 20ème siècle). Sur l’influence de Lefèbvre, j’ai écrit un bref article (voir : http://euro-synergies.hautetfort.com/). Sur Freund, Jouvenel et Monnerot, Faye a écrit des articles et des essais substantiels. Il n’y a encore rien sur l’influence qu’a exercée sur lui Michel Crozier.

 

Je ne qualifierais pas « La Nouvelle Question juive » d’option pro-sioniste à 100% ; ce n’est pas le cas sauf pour les simplificateurs outranciers de tous bords, qui vont sans doute interpréter le contenu de ce livre de la sorte. Malheureusement les terribles simplifications ont souvent le dessus et c’est ce qu’il convient de déplorer. Surtout que personne n’a jamais demandé à Faye de justifier la curiosité qu’est le sionisme pour tout Européen moyen ou de la suggérer comme alliée. Lorsque Faye analysait ou analyse des processus sociaux, il reste un maître, qui transmet de manière percutante et didactique les idées de ses brillants prédécesseurs et professeurs. Mais, comme n’importe quel autre intellectuel non imbriqué dans la défense d’une confession religieuse ou dépourvu de formation théologique, Faye ne peut pas se muer du jour au lendemain en un théologien judaïsant ou en un spécialiste ès questions juives. C’est ce qu’il a tenté de faire, malheureusement, en écrivant ce fameux livre qu’est devenu « La Nouvelle Question juive » ! C’est ici qu’il faut voir la faiblesse intrinsèque de cet ouvrage.  Je ne trouve pas (ou pas assez) de sources ou de références sérieuses sur l’histoire proprement dite du mouvement sioniste, comme, par exemple, les travaux de Sternhell ou de Shindler, ou encore sur l’histoire de la Palestine au 20ème siècle, comme le livre de Gudrun Krämer en Allemagne. Dans les années 20 et 30 du 20ème siècle, le mouvement sioniste, comme nous l’apprend Shindler, a d’abord été inspiré par les combattants nationalistes irlandais (Michael Collins) puis, plus tard, par ce qu’il est convenu d’appeler aujourd’hui les « Etats totalitaires » : ces engouements venaient du fait que les militants de l’Irgoun combattaient surtout l’Empire britannique. La situation a changé au cours des deux premières années de la seconde guerre mondiale, après que les services secrets britanniques aient froidement abattu les derniers sionistes pro-allemands ou pro-italiens ! Sans arguments historiques bien étayés, tout livre demeure une compilation de vœux pieux (ou impies…), ce qui n’est ni utile ni pertinent ni scientifique.

 

La deuxième critique que j’avancerais après avoir pris acte de « La Nouvelle Question juive », c’est que je n’y ai pas trouvé d’évocation de voix critiques venues d’Israël même : en effet, la critique du sionisme à l’intérieur même de l’Etat hébreu ou dans la littérature israélienne actuelle me paraît plus pertinente et plus utile que tout ce qui se produit en dehors, dans le monde arabe, en Europe ou en Amérique et que l’on peut aisément qualifier d’ « antisémite ». L’affaire Avraham Burg vient encore de nous le prouver en Allemagne récemment. Faye, comme la plupart des intellectuels français d’ailleurs, semble ignorer tous ces débats et toutes ces critiques en provenance d’Israël même, alors que la presse allemande, par exemple, s’en fait régulièrement l’écho. Mais je voudrais poser ici une question impertinente : qu’est le sionisme, sinon un simple instrument de l’impérialisme américain, exactement comme bon nombre (mais pas tous…) de phénomènes islamistes et fondamentalistes d’inspiration sunnite ou wahhabite ? Les positions prises par Faye dans « La Nouvelle Question juive » sont finalement tributaires des thèses émises par le géopolitologue français Alexandre Del Valle. Celui-ci, dans la première phase de son œuvre, avait mis très justement l’accent sur l’alliance implicite entre les Etats-Unis et le mouvement moudjahiddin en Asie centrale. Cette alliance avait été conçue par Zbigniew Brzezinski dans le but de mettre hors jeu l’Union Soviétique dans le « rimland » d’Asie du Sud-Ouest, comme disent les Américains. Les fondamentalistes islamistes d’obédience sunnite, dans ce contexte, ont servi de bandes armées mobiles pour une « low intensity warfare », pour une « guerre de basse intensité » contre les Chiites d’Iran ou pour inciter les Tchétchènes à faire la guerre contre la Russie dans le Caucase. Ce sont là des faits que personne ne peut nier. Dans la seconde phase de ses activités para-politiques, Del Valle a effectivement parié sur une option clairement pro-sioniste, ce qui lui a permis d’écrire des articles dans des publications pro-sionistes comme, par exemple, « Israël Magazine ». Del Valle, dont la famille est originaire de la communauté européenne d’Algérie, ancienne colonie française, répète ainsi, quarante ou cinquante plus tard, l’alliance entre les colons « pied-noir » qui se dressaient contre De Gaulle, notamment au sein de cette armée secrète que fut l’OAS, et certaines forces sionistes de la diaspora juive d’Algérie, qui sera, elle aussi, expulsée après l’indépendance du pays. L’option de Del Valle s’explique mieux, si on tient compte des expériences douloureuses et traumatisantes de toutes ses familles expulsées. Bien entendu, cette expérience, aussi traumatisante qu’elle soit, ne peut que difficilement servir de modèle ou d’orientation pour le reste de l’Europe ou entrer en ligne de compte pour façonner une future géopolitique européenne, car elle est finalement un phénomène historique qui s’est déroulé en marge du noyau central de notre continent. Il faut ajouter que ces débats sur la guerre d’Algérie et ses retombées sont courants en France, parfois très vivaces et peuvent provoquer encore de virulentes querelles.

 

J’ai exprimé mon point de vue, en présence de Faye, lors d’un colloque de la « Gesellschaft für Freie Publizistik » à Bayreuth en 2006 et, ensuite, lors de conférences publiques à Genève ou dans la région lilloise en 2009. Pour « Synergies Européennes », l’Amérique reste l’ennemi principal et donc tous les satellites de Washington doivent être considérés comme des ennemis de l’Europe, ou, du moins, comme des ennemis potentiels, même s’ils ne sont que des ennemis secondaires ou des ennemis de second rang. Dans le monde actuel, les schémas binaires, noirs/blancs, ne revêtent aucune utilité pratique, même si les médias les répandent pour tromper et gruger les masses. Les services américains et leur « soft power » médiatique ont réussi à établir un système très complexe d’alliances et de contre-alliances, que l’on peut modifier à l’envi, en inventant et en fabriquant en permanence des « vérités médiatiques », forgées sur des schémas simples et donc binaires, de manière à mieux pouvoir lancer des campagnes de haine contre n’importe quel ennemi désigné. Le « soft power » et les agences médiatiques fabriquent donc des faux amis et des faux ennemis, comme l’attestent l’histoire récente de l’Iran ou la guerre Iran/Irak, où, tour à tour, Bagdad et Téhéran ont été amis ou ennemis. Cette stratégie permet de dissimuler plus facilement les véritables intérêts impérialistes des Américains. Au Proche-Orient et au Moyen-Orient, il s’agit de maintenir aussi longtemps que possible le chaos et c’est à cela que servent les querelles permanentes entre sionistes, sunnites et chiites : la seule chose qu’il faut éviter, c’est le retour au pouvoir de nationalistes arabes laïques, inspirés par les actions et les idées de Michel Aflaq ou de Gamal Abdel Nasser, qui mettraient fin au chaos. Dans ce contexte, j’aimerais aussi rappeler que les frères musulmans sunnites d’Egypte ont été les pires ennemis de Nasser et, ainsi, des alliés implicites d’Israël et des Etats-Unis !

 

Faye, comme la plupart de nos concitoyens aujourd’hui, est aussi, dans ce contexte bigarré, chaotique et incompréhensible pour le commun des mortels, une victime du « soft power » omniprésent, justement parce que les mass médias ne donnent plus un accès immédiat à du savoir historique substantiel, quand ils commentent l’actualité au jour le jour. Faye avait soif de clarté, une clarté à mon sens mal comprise et par trop simplificatrice, ce que je ne peux accepter sur le plan intellectuel. Dans cette quête de clarté, il a opté pour un schéma anti-islamiste, tandis que son ancien compagnon de combat, Alain de Benoist, a opté, lui, pour un schéma pro-islamiste et pro-iranien, tout aussi inacceptable pour un européisme raisonné et raisonnable. Seule une étude en profondeur des grands courants de l’histoire turque, ottomane, arabe et iranienne peut nous aider à forger un instrument infaillible pour comprendre la situation qui agite l’Asie Mineure, le Moyen-Orient et l’Asie centrale.

 

Je ne crois pas non plus que « la Nouvelle Question juive » ait véritablement influencé le BNP britannique ou le mouvement « Pro Köln » en Allemagne, parce que, tout simplement, ce livre n’a jamais été traduit et a eu, en apparence, moins d’influence que les autres écrits de Faye. En Flandre et en Hollande, par exemple, ce sont d’autres voix, dans les reliquats du mouvement de Pim Fortuyn ou dans le parti actuel de Wilders, qui donnent le ton en matière d’hostilité à l’islamisme ; cette lame de fond hostile à l’islam des populations immigrées est partout perceptible dans ces « Bas Pays » de Par-Deça.  Signalons notamment les écrits et discours d’un professeur hollandais, le Dr. Hans Jansen (cf. « Vrij Vlaanderen », Bruxelles, n°1/2009), qui est l’une des figures de proue de l’anti-islamisme dans l’espace culturel néerlandophone, tandis que Faye, lui, y est isolé et inconnu. Je formulerai une dernière remarque : pour développer en Europe des argumentaires anti-impérialistes ou anti-américains, il me paraît dorénavant plus judicieux de se tourner vers l’Amérique latine et ses corpus doctrinaux indigénistes, bolivariens, péronistes et castristes ; le continent ibéro-américain recèle des potentialités beaucoup plus intéressantes que le monde arabo-musulman aujourd’hui, surtout parce que Chavez au Venezuela et Lula au Brésil ont inauguré une diplomatie alternative aux perspectives fécondes. Mais cette riche veine potentielle d’arguments pertinents et de réalisations pratiques demeure ignorée dans le camp des « droites », des nationalismes ou autres mouvances identitaires. Nous considérons, dans les cercles de « Synergies Européennes », que notre devoir est de faire connaître toutes ces thèses et ces thèmes. Raison pour laquelle il convient de consulter régulièrement : http://euro-synergies.hautetfort.com/ La plupart des argumentaires latino-américains, qui sont parus sur notre site, y figurent en langue espagnole. Mais que ceux qui ne sont pas hispanophones ou hispanistes se consolent : il existe aujourd’hui d’excellents logiciels de traduction !

 

Q. : La survie des peuples européens est menacée aujourd’hui plus que jamais. Quelles chances de survie l’homme blanc a-t-il encore au 21ème siècle ?

 

Je repère dans le ton de votre question l’influence claire et nette du dernier ouvrage de Peter Scholl-Latour, paru début novembre en Allemagne. Oui, c’est un fait, que sur les plans démographique et purement quantitatif, l’Europe ne signifie plus autant que jadis. L’Europe a été profondément affaiblie par les deux conflagrations mondiales qui ont ravagé son territoire au 20ème siècle. L’histoire européenne nous a cependant appris que les Européens, souvent, ne réagissaient qu’à la toute dernière minute, comme à Vienne en 1529, 1532 et 1683 ou dans l’espace méditerranéen à Lépante en 1571, sans pour autant disposer, à ces moments cruciaux, de la supériorité quantitative. La quantité n’est pas aussi importante que la qualité. La tâche première des forces non conformistes d’Europe, et c’est là une tâche extrêmement ardue, sera d’éveiller à nouveau le sens de la qualité, car la qualité implique l’action, tandis que la quantité, par sa masse, implique la passivité. C’est ce que nous enseignait Michel Crozier dans « L’acteur et le système » : l’homme ou les peuples sont paralysés dans le système dominant, que ce soit par le truchement d’un quiétisme à la hippy ou par celui de l’hyperconsommation. Si tel est le cas, ils ne sont plus « acteurs » dans leur propre système politique, sclérosé et bloqué, et leur liberté de façonner leur vie politique leur est ôtée. La tâche difficile est donc de retransformer les petits moutons passifs en loups actifs, dans l’espoir que les autres, pendant ce temps, étouffent sous le poids de leur propre masse, de leur propre quantité ou tombent exténués parce qu’ils n’ont cessé d’agir avec trop de fébrilité et de frénésie. Ce travail ne sera pas achevé demain ni après-demain. Nos petits-enfants, eux aussi, devront encore monter au créneau.

 

(rédigé à Forest-Flotzenberg, les 25 et 26 novembre 2009 ; version française : décembre 2009).

 

 

 

dimanche, 27 décembre 2009

Yémen: ripostes saoudiennes

yemen-map.jpgYémen : ripostes saoudiennes

 

Un nouveau chapitre dans le conflit séculaire entre Perses et Arabes

 

L’aviation saoudienne a attaqué les rebelles chiites du Yémen : cette action musclée revêt une grande importance géopolitique et historique. Elle prouve la volonté saoudienne de s’imposer aujourd’hui. Si l’on creuse un peu la problématique pour comprendre ses motivations, on s’apercevra bien vite que l’enjeu dépasse de loin celui d’un conflit régional. Nous voyons s’ouvrir un nouveau chapitre dans l’histoire pluriséculaire de la rivalité, aujourd’hui en phase de réactivation, entre Arabes et Perses. Les troubles qui agitent le Yémen aujourd’hui ne sont pas une nouveauté. Les rebelles chiites du Nord du pays ne constituent qu’une des nombreuses difficultés que doit affronter le gouvernement yéménite. Grâce au soutien que leur apporte l’Iran, les rebelles al-Houthi (que nous appellerons plus simplement les « Houthis ») sont devenus plus virulents. Tout comme d’ailleurs les autorités yéménites, dont l’armée est entrainée par d’anciens officiers irakiens, exilés depuis la chute de Saddam Hussein. Mais ces autorités yéménites ne parviennent pas, toutefois, à stabiliser la situation, ce qui provoque une inquiétude croissante chez leurs voisins saoudiens. La problématique a des racines religieuses. Les Houthis sont chiites, donc des hérétiques aux yeux des wahhabites qui dominent l’Arabie Saoudite. Des hérétiques qui, de surcroît, opèrent dans les régions frontalières. Les Houthis sont d’ailleurs très fiers d’avoir conquis certaines zones frontalières, arrachées aux Saoudiens. Ceux-ci ont vérifié si les Houthis disaient vrai. En constatant la véracité de leur affirmations, les Saoudiens ont donné l’ordre à leur aviation d’intervenir. Au cours de ces derniers mois, les Saoudiens ont donc lancé des opérations terrestres et aériennes, parfois sur territoire yéménite. Les rebelles en concluent que l’Arabie Saoudite cherche à créer une zone tampon sur le territoire du Yémen.

 

Une situation unique

 

On sait dorénavant que les Saoudiens utilisent leur puissance économique dans la région pour exercer une influence sur leurs voisins, ou du moins essayer… Sur le plan militaire, ils font montre de réticence. Or c’est précisément à cause de cette réticence que la réalité actuelle revêt un caractère absolument unique. Le véritable motif de ce conflit apparaît de plus en plus évident. Pour Ryad, il ne s’agit pas simplement de mettre au pas une brochette de dissidents religieux. Car les Houthis sont considérés à Ryad comme l’instrument du rival héréditaire : l’Iran. Les Saoudiens sont de plus en plus inquiets du poids croissant de l’Iran au Moyen Orient : Téhéran, en effet, entretient des rapports étroits avec le Hizbollah, a des contacts avec le Hamas, ce qui permet aux Iraniens d’influencer les événements de Palestine, et joue un rôle non négligeable dans le chaos qui secoue l’Irak. Depuis toujours, l’Irak est le pays où sunnites et chiites s’affrontent. Sous Saddam Hussein, la majorité chiite tenait un rôle de second plan, était parfois opprimée, mais après la disparition du leader nationaliste arabe, les choses ont changé. Dans le nouvel Irak, les Chiites sont dans le camp des vainqueurs et cela, les Saoudiens le ressentent avec angoisse. D’où ils refusent de voir se développer de nouvelles agitations, téléguidées par Téhéran, sur les frontières mêmes de leur royaume. Des bruits courent que des membres du Hizbollah sont au Yémen et combattent aux côtés des Houthis. C’est plausible mais il se peut bien que ces bruits aient été répandus par les autorités yéménites, afin de faire mousser la situation. Mais qu’il existe des liens financiers et logistiques avec Téhéran, c’est une chose acquise.

 

Une ligne dans le sable du désert

 

Pour les Saoudiens, l’objectif à court terme est aussi clair que l’eau de roche. Pour les Iraniens, chercher à amplifier leur influence en soutenant des rebelles est une stratégie ancienne et éprouvée. Pour les Saoudiens, il est donc d’une importance cruciale qu’aucun précédent ne se crée sur le territoire de la péninsule arabique. Au propre comme au figuré, ils envisagent de tracer une ligne sur le sable du désert. Une ligne qui doit devenir la limite de toute expansion iranienne. Ce qui se passe dans les sables du Yémen n’a jamais constitué une priorité pour les Etats-Unis. Jusqu’il y a peu. Car à Washington également, le climat a changé. Quelque part, c’est logique : pour les Américains aussi, l’Iran  —et surtout son programme nucléaire—  est un gros souci.

 

Tandis que Ryad cherchait à se profiler sur le plan militaire, les Etats-Unis signaient un accord de coopération militaire avec le gouvernement yéménite. Une attention toute particulière est consacrée à la lutte « contre le terrorisme ». On le voit, l’arrivée de la superpuissance américaine indique qu’un nouveau chapitre dans la longue histoire du conflit entre Arabes et Perses vient de s’ouvrir. Le scénario est lié étroitement au recul subi par les Saoudiens au Moyen Orient. Un diplomate résumait clairement la situation : « Au cours de ces dix dernières années, l’influence du pays dans la région n’a cessé de reculer ». « Par conséquent, les dirigeants saoudiens cherchent à ramener la couverture de leur côté ». Les Saoudiens, de concert avec les Egyptiens, se sont efforcés, au cours de ces dernières années, de soutenir les processus de paix entre Israéliens et Palestiniens. La Syrie et l’Iran ont opté pour une politique opposée, en allant soutenir le Hizbollah et aussi le Hamas. Aujourd’hui, c’est clair, la paix n’est pas prête d’être conclue, ce qui n’empêche pas qu’il y ait déjà des vainqueurs et des vaincus. Ceux qui spéculent sur la paix ont le vent en poupe si celle-ci n’est pas conclue. Ryad veut donc fermement reprendre le contrôle de la situation. D’abord sur le plan diplomatique, notamment en tentant d’améliorer ses relations difficiles avec la Syrie. Ensuite, sur le plan militaire : les Saoudiens veulent montrer leur puissance. Mais cette volonté doit nécessairement se heurter aux initiatives incessantes des Iraniens pour augmenter l’influence perse au Moyen Orient et dans la péninsule arabique.

 

« M. ».

(article paru dans « ‘t Pallieterke », Anvers, 18 novembre 2009 ; trad.. franc. : Robert Steuckers).     

samedi, 26 décembre 2009

Réflexions sur l'interdiction du parti kurde DTP

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Andreas Mölzer :

Réflexions sur l’interdiction du parti kurde DTP

 

Une fois de plus, les provinces kurdes de l’Est de l’Anatolie sont entrées en ébullition. Le motif de cette agitation est l’interdiction du parti kurde DTP, qui était pourtant représenté au parlement d’Ankara. Ainsi en a décidé la Cour constitutionnelle turque. Le verdict des juges de cette Cour constitutionnelle nous montre, encore une fois, que la Turquie, pays d’Asie Mineure, est bien éloignée de l’Europe. D’abord, il faut rappeler que le parti kurde a été interdit uniquement parce qu’il était un parti qui défendait une minorité, opprimée depuis des siècles, et qu’une telle démarche est impensable en Europe. Ensuite, force est de constater que la lutte pour le pouvoir entre islamistes et kémalistes revient tout à l’avant-plan de la politique intérieure turque. La Cour constitutionnelle est, avec l’armée, le dernier bastion kémaliste : elle a donc tenté d’indiquer au gouvernement d’Erdogan quelles limites il ne pouvait pas franchir, en interdisant le DTP.

 

Tous ces événements récents sont symptomatiques de l’état actuel de la Turquie. On y fait de temps en temps un tout petit pas en avant, qui est bien vite suivi d’un grand pas en arrière. Dans un premier temps, le Premier Ministre Erdogan avait annoncé, en grande pompe, en faisant sonner trompettes et buccins, son plan en quinze points pour résoudre la question kurde et voilà que maintenant la plus grande minorité ethnique du pays se voit confisquer toute représentation politique ! D’abord, ce jeu du chat et de la souris au détriment des Kurdes est indigne, ensuite, cette interdiction du DTP démontre que la Turquie n’est pas un Etat européen.

 

Dans ce jeu, la « communauté des valeurs » qu’entend être l’Union Européenne, joue un bien triste rôle. Parce que des forces politiques importantes et dominantes veulent absolument faire adhérer la Turquie à l’UE, Euro-Bruxelles se dissimule lâchement derrière les belles paroles diplomatiques habituelles et exprime son « souci »… Le comportement inacceptable de la Turquie n’amène pas les responsables de l’UE à tirer les conclusions qui s’imposent : l’interdiction du DTP aurait dû conduire à une rupture immédiate de toutes les négociations en vue de l’adhésion turque. Mais pour oser cela, il manque à l’UE, qui rêve pourtant de devenir un « acteur global », une solide dose de courage.

 

Mais il n’y a pas que l’interdiction du DTP kurde : il y aurait encore beaucoup d’autres raisons pour mettre un terme rapidement à cette folie de vouloir élargir l’Europe en direction de l’Orient : ne mentionnons, à titre d’exemple, que les discriminations auxquelles les chrétiens de Turquie sont soumis, ou encore le refus d’Ankara de reconnaître Chypre, Etat membre de l’UE, ou, enfin, les nombreuses entorses à la liberté d’opinion que commet l’Etat turc.

 

Andres MÖLZER.

(article paru dans « zur Zeit », Vienne, n°51/2009)

vendredi, 25 décembre 2009

La nouvelle feinte d'Erdogan

moelzer_fabry.jpgAndreas Mölzer:

 

La nouvelle feinte d’Erdogan

 

Début novembre 2009, le Premier Ministre turc Erdogan a présenté son plan en quinze points pour résoudre la question kurde. Parmi ces quinze points, nous découvrons qu’il serait dorénavant permis d’enseigner la langue kurde dans les écoles, à titre de branche en option. Les villages recevraient à nouveau leurs anciens noms kurdes. Toutes choses qui devraient pourtant être évidentes. Le plan d’Erdogan prouve une chose: que la Turquie, jusqu’ici, a foulé aux pieds les droits les plus élémentaires de la principale de ses minorités ethniques.

 

Mais ce plan ne s’adresse pas en premier lieu aux Kurdes, mais à l’Union Européenne. En donnant le plus grand impact médiatique à son plan, Erdogan cherche à gruger les eurocrates bruxellois, à leur jeter de la poudre aux yeux, pour qu’ils ne voient plus les vices de fonctionnement de l’Etat turc, qui s’étalent pourtant au grand jour. La petite minorité chrétienne qui subsiste dans le pays subit toujours autant de discriminations et rien, dans le plan du premier ministre islamiste, ne laisse entrevoir que leur sort sera amélioré. En outre sur le plan des droits de l’homme, surtout au niveau de la liberté d’opinion et de la liberté de la presse, la situation demeure déplorable; ensuite, Ankara refuse toujours, avec un entêtement consommé, de reconnaître un Etat membre de l’UE: Chypre.

 

En gros, on peut se poser la question: les discriminations subies par la minorité kurde en Turquie prendront-elles véritablement fin? A l’évidence, on peut annoncer beaucoup de choses mais ce qui importe, en ultime instance, c’est la traduction des promesses dans les faits. Le meilleur exemple que l’on puisse citer est le rapprochement avec l’Arménie, qu’avait promis, il y a peu, le gouvernement turc actuel. Rappelons-nous: il y a quelques semaines, l’annonce de ce rapprochement avait fait la une des quotidiens et des agences de presse dans le monde entier. Aujourd’hui, au bout de quelques semaines seulement, nous constatons que la reprise des relations diplomatiques entre Ankara et Erivan sont loin d’être devenues une réalité. La Turquie tente, par tous les moyens, de dicter ses conditions à l’Arménie, et, au Parlement d’Ankara, une résistance virulente se constitue contre la signature de tout traité avec l’Arménie voisine.

 

Il y a tout lieu de croire que le nouveau plan d’Erdogan s’enlisera de la même façon, car le chef du gouvernement turc sait trop bien quelles oppositions il suscitera en politique intérieure. Car, d’une part, les partis d’opposition en Turquie entrent en ébullition chaque fois qu’il est question d’élargir la palette des droits pour les Kurdes et, d’autre part, le gouvernement d’Erdogan n’a plus le vent en poupe, au contraire, il bat de l’aile. Les sondages lui attribuent 32%, ce qui constitue 15% de moins que lors de la victoire électorale qui l’a porté au pouvoir, il y a deux ans. Si cette tendance persistait et si l’opposition en venait encore à gagner du terrain, alors Erdogan n’aura aucun scrupule à lâcher les Kurdes.

 

Andreas MÖLZER.

(article paru dans “zur Zeit”, n°47-48/2009).

 

jeudi, 17 décembre 2009

Al-Zaïdi: symbole de la résistance anti-américaine

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Al-Zaïdi : un symbole de la résistance anti-américaine

Ex: http://unitepopulaire.org/

 

 

Mardi 8 décembre, le Club 44 recevait un invité de marque : Muntader Al-Zaïdi, journaliste irakien devenu célèbre dans le monde entier pour avoir osé, lors d’une conférence de presse de l’ancien président George Bush en Irak, lancer sur celui-ci une de ses chaussures en signe de protestation. S’en étaient ensuivis plusieurs mois de prison, dont trois d’isolement complet, et de nombreuses tortures, avant sa libération et son départ pour la Suisse, où le journaliste réside pour quelques mois, le temps de mettre sur pied une fondation en faveur des veuves et des orphelins de guerre, l’Al-Zaïdi Foundation.

Après avoir remercié la Suisse de l’avoir accueilli – « La Suisse, nation du monde libre » a-t-il précisé, rappelant que notre pays n’avait pas pris part à la croisade américaine en Orient – Al-Zaïdi a tenté de nous décrire la situation actuelle du peuple en Irak, la terreur qui y règne, l’insécurité permanente, l’écrasement physique et moral des habitants sous la botte de l’occupant. Contenant avec peine son émotion, il a évoqué devant nous les passants écrasés par les hammers et les jeeps de l’armée US, les gamins de sept ans tirés dans la rue à bout portant par les snipers américains, les viols en série, l’inquiétude des parents lorsque leurs enfants sont sur le chemin de l’école, la pénurie de tous les biens de consommation (y compris le pétrole, ce qui est un comble !), la corruption généralisée des partis au pouvoir (plusieurs dizaines de milliards de dollars !), tous sous contrôle de l’envahisseur, l’humiliation quotidienne de tout un peuple sous le joug de l’étranger.

L’engagement d’Al-Zaïdi en faveur de la paix ne date pas d’hier. Journaliste depuis plusieurs années pour la télévision, ses ennuis ont vraiment commencé le jour où il a réalisé un reportage sur le cas d’une femme violée par des GIs. Quelques heures après avoir rendu sa vidéo, il apprend qu’elle sera censurée et il est kidnappé par des agents américains qui le séquestrent plusieurs jours, le frappent et le menacent de mort. Rendu à la liberté, il décide pourtant de ne pas se laisser intimider et continue, tant que faire se peut, de faire son travail d’information avec sérieux, quitte à voir sa sécurité devenir de plus en plus compromise. Puis vient ce fameux jour de l’“attentat” à la chaussure. « Toutes les informations que vous avez pu obtenir sur la situation en Irak, nous explique-t-il, sont les informations que les Américains veuillent que vous receviez. On a fait croire au monde que l’armée US a été accueillie par notre peuple comme une armée de libérateurs, que nous l’avons reçue avec des roses. Si j’ai lancé ma chaussure contre Bush, c’était pour montrer au monde que non, personne ne le recevait avec des roses ici ! » Il précise le sens de ce symbole : « J’ai répondu à leur agression par une chaussure, parce que ce sont des chaussures qui nous écrasent tous les jours, parce que c’est sur leurs chaussures qu’on trouve le sang de nos concitoyens. »

L’Irak d’aujourd’hui, nous rappelle-t-il, c’est plus d’un million de martyrs, plus d’un million de veuves et plus de cinq millions d’orphelins. « En ce 9 décembre, pendant que nous parlons, ont eu lieu plusieurs attentats, plusieurs agressions, une centaine de morts rien que pour ce mardi. » L’Irak occupée, ce sont aussi des destructions matérielles incommensurables, des écoles fermées et un recul historique du niveau général d’instruction de la jeunesse, des dizaines de milliers de prisonniers détenus sans chef d’accusation. Al-Zaïdi a subi le sort de ces prisonniers : on l’a bastonné à coups de barres de fer et de câbles électriques, on l’a forcé à rester dans l’eau glacée en plein mois de janvier, on lui a fissuré le crâne, brisé les dents et le dos – et quant aux autres tortures subies, par pudeur, il préfère ne pas les évoquer devant nous. Aujourd’hui à peu près remis de ses blessures, il est toujours suivi médicalement et avoue, même hors d’Irak, vivre dans une menace permanente – bien qu’il précise qu’en Suisse, il n’a pour le moment rencontré aucun problème. Il ne souhaite toutefois pas demander l’asile politique chez nous : son but, coûte que coûte, est de retourner dans sa patrie pour œuvrer pour la paix et pour mener la lutte contre l’occupant ; il dit être prêt à offrir sa vie pour cette cause. « Il y a deux types de journalistes en Irak : les collaborateurs et les résistants. Je fais partie des seconds. »

S’en est suivie une petite partie de questions-réponses avec le public – j’en retranscris ci-dessous les plus intéressantes :

 

Pensez-vous que l’arrivée au pouvoir de Barak Obama puisse représenter un espoir pour le peuple irakien ?

« Jamais un homme politique n’aura autant parlé de paix sans faire quoi que ce soit dans ce sens. Ceux qui lui ont remis le Prix Nobel de la paix ont fait une grosse erreur ! Entre Bush et Obama, il n’y a pas de rupture, c’est une permanence. Mais il est vrai qu’Obama n’est que le fonctionnaire d’une plus grosse machine et qu’on ne peut pas demander à un simple fonctionnaire d’outrepasser ses fonctions… »

Si les Américains quittent l’Irak, ne risque-t-on pas de voir la guerre civile se radicaliser entre communautés, en l’absence d’ennemi commun ?

« C’est un argument fallacieux qui a été largement propagé par les médias aux ordres. Il n’y a pas de “communautés” en Irak : il y a des sunnites, des chiites, des kurdes, des chrétiens, des gens qui pratiquent des religions différentes mais qui ne se regroupent pas en fonction de leur foi et qui vivent très bien intégrés les uns avec les autres. Les mariages entre les uns et les autres sont monnaie courante et, pour tout dire, on parle rarement de religion au quotidien. Certaines de ces religions ont cohabité sur notre territoire depuis des millénaires, nous n’avons tout de même pas toujours été en guerre ! Ceux qui, aujourd’hui, commettent des attentats et tentent en vain de répandre la guerre civile inter-communautaire ne sont pas des gens du peuple, ce sont des milices fanatisées ; ces dernières sont, directement ou indirectement, encouragées par le pouvoir américain qui souhaite développer le communautarisme pour nous affaiblir. »

Mais auriez-vous pu vous débarrasser de Saddam Hussein sans l’intervention militaire américaine ?

« Je ne répondrai qu’une chose : ce n’est pas parce qu’on a une épine dans l’œil qu’il faut se laisser énucléer. »

Quels seront les projets concrets que va lancer votre fondation ?

« Nous ne souhaitons pas faire du simple humanitaire, nous souhaitons intégrer les victimes de la guerre à ce travail de pacification. Par exemple, nous allons réunir des veuves pour fabriquer des objets et des jouets pour les orphelins d’Irak, et nous les ferons distribuer par des handicapés et des blessés de guerre. Comme le dit le proverbe chinois, nous ne désirons pas donner seulement un poisson à nos frères, nous voulons leur apprendre à pêcher. »

Que pensez-vous du récent vote en Suisse concernant les minarets ?

« Je ne connais pas très bien le paysage politique suisse. Mais je pense que vous devez faire confiance à votre démocratie : le peuple se trompe rarement sur ses intérêts. Votre modèle est exemplaire, je rêve de le voir un jour faire sa place en Irak. Nous sommes pour l’instant gouvernés par des collaborateurs. Peu m’importe que notre chef soit sunnite ou chiite, je ne désire qu’une chose : qu’il soit un nationaliste irakien ! Lorsque le soleil se lèvera enfin à nouveau sur ma patrie, lorsque l’occupant repartira, tous ceux qui se sont agglutinés autour de lui comme de la cire, tous ceux-là fondront car ils ne seront plus rien sans l’occupant. Le salut de mon pays ne viendra pas d’un prince sur un cheval blanc, c’est tout un peuple qui doit se lever ! Et demain, peut-être, la démocratie… »

 

compte rendu : pour Unité Populaire, David L’Epée

mardi, 15 décembre 2009

Ukraine: das Problem ist die katastrophale Wirtschaftslage, nicht H1N1

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Ukraine: Das Problem ist die katastrophale Wirtschaftslage, nicht H1N1

F. William Engdahl / http://info.kopp-verlag.de/

Die Todesfälle in der Ukraine, die die Weltgesundheitsorganisation und die örtlichen Behörden dem unkontrollierten Ausbruch der Schweinegrippe H1N1 zuschreiben, gehen nicht auf das Konto eines Virus’, dessen Existenz die WHO bisher nicht hat beweisen können. Sie sind vielmehr ganz offensichtlich die Konsequenz aus dem allgemein schlechten Gesundheitszustand und der unzureichenden Versorgung mit Nahrungsmitteln. Den Grund für die vielen Todesfälle sollten wir deshalb nicht bei der Schweinegrippe suchen, sondern bei den Auflagen, die der IWF der Ukraine für den Stabilisierungskredit macht.

Zunächst einmal ist die Beobachtung aufschlussreich, dass frühere Warnungen der Genfer Weltgesundheitsorganisation vor dem Ausbruch der Tuberkulose und therapieresistenten Tb-Stämmen in der Ukraine auf mysteriöse Weise in der Versenkung verschwunden sind, seit die WHO im Sommer dieses Jahres ein nicht bewiesenes H1N1-Influenza-A-Virus zu einer die Menschheit bedrohenden »Pandemie« erklärt hat. Könnte der Grund dafür darin liegen, dass die WHO und die großen Pharmaunternehmen, auf die die WHO hört, lieber von Schweinegrippe reden und gefährliche neue Impfstoffe verkaufen, die Adjuvantien enthalten, die Menschen lebenslang zum Krüppel machen oder gar töten können?

Gemäß der kürzlich überarbeiteten Definition der WHO werden Todesfälle aufgrund von Tb oder Lungenschädigungen unter derselben Kategorie von »Todesursachen« erfasst wie Influenza-Todesfälle. In der International Statistical Classification of Diseases (internationale statistische Klassifikation der Krankheiten) der WHO ICD-10, Abschnitt X »Erkrankungen des Atmungssystems«, Code J09-18, werden Influenza und Pneumonie (Grippe und Lungenentzündung) unter demselben Punkt aufgeführt. Als Ursache für den Tod nach unbehandelter Tb wird Pneumonie angeführt und dem Punkt J09-18 zugerechnet. Der Verdacht liegt nahe, dass diese Zuordnung aus politischen Gründen geschehen ist, und dass es sich bei allen seit April 2009 gemeldeten angeblichen H1N1-Influenza-A-Toten in Wirklichkeit um Patienten mit schwerer Vorschädigung der Lunge handelt, beispielsweise durch eine Tuberkulose, die aufgrund mangelnder Behandlung zu einer tödlich verlaufenden Lungenentzündung geführt hat.

 

Tb auf Rekordniveau

Im Februar 2008 hat die WHO eine Warnung vor einem Ausbruch der Tuberkulose in der Ukraine herausgegeben. Einer Reuters-Meldung vom 26. Februar 2008 zufolge hat sie damals erklärt: »Derzeit werden weltweit mehr Fälle von arzneimittelresistenter Tuberkulose gemeldet als je zuvor. Besonders stark betroffen sind Teile der ehemaligen Sowjetunion.«

 

Ein Tb-Patient, der an einer Lobärpneumonie stirbt (siehe Bild), wird in der WHO-Statistik mit einem Patienten zusammengezählt, der an der »Schweinegrippe« stirbt. Eine spezifische Beobachtung wird damit unmöglich gemacht.

 

In der Meldung hieß es weiter: »Auf der Grundlage von Daten aus 81 Ländern schätzt die WHO, dass sich jährlich weltweit eine halbe Million Menschen mit einer Form von Tb infizieren, die gegen zwei oder mehr der zur Behandlung eingesetzten Standard-Arzneimittel resistent ist. Das sind etwa fünf Prozent der neun Millionen neuer Tuberkulosefälle pro Jahr. Die extrem arzneimittelresistente Tuberkulose, die am schwierigsten zu behandelnde Form, wurde in 45 Ländern beobachtet und könnte auch in anderen Ländern vorliegen, da die UN-Gesundheitsbehörde aus Afrika nur sehr spärliche Daten erhalten hat.«

»Darüber bin ich so frustriert – die Welt nimmt diese Epidemie nicht ernst«, sagte Dr. Mario Raviglione, der Direktor der Abteilung »Stop Tuberkulose« der WHO, in einem Telefoninterview. »Der Bericht zeigt, dass wir in vielen Teilen der Erde mit einem ernsten Problem konfrontiert sind.«

Nach Angaben der WHO zählten damals Russland, Aserbaidschan, Moldawien und die Ukraine zu den am stärksten von der arzneimittelresistenten Tb betroffenen Ländern. Raviglione führte dies unter anderem auf die jahrelange Verschlechterung der sozio-ökonomischen Verhältnisse, auf den Abbau der öffentlichen Gesundheitsvorsorge und auf schlechte Lebensbedingungen zurück.

Dem WHO-Bericht von 2008 zufolge gab es die meisten Fälle der sogenannten multiarzneimittelresistenten Tuberkulose (MDR-Tb) in der aserbaidschanischen Hauptstadt Baku; dort waren 22 Prozent der neu gemeldeten Tb-Fälle multiarzneimittelresistent. Das ist der höchste je gemeldete Wert. Laut dem WHO-Bericht war die MDR-Tb auch in Moldawien (19 Prozent aller neuen Tuberkulosefälle) sowie in Teilen der Ukraine, in Russland und Usbekistan weit verbreitet.

Es handelte sich um die erste große WHO-Studie über Tuberkulose seit 2004. Aus Nord- und Südamerika, Zentraleuropa und Afrika wurde der geringste Anteil von MDR-Tb gemeldet, eine Ausnahme bildeten Peru, Ruanda und Guatemala.

 

Die Gesundheitslage im Kohlebergbau in der Ukraine verschlechtert sich drastisch, seit der IWF 2008 Haushaltskürzungen verlangt hat.

 

Im November 2008 hatte der Internationale Währungsfonds (IWF) der Regierung der Ukraine bei der Vergabe eines Notkredits zur Stabilisierung der Währung die Auflage gemacht, die Renten zu kürzen und die Ausgaben für die öffentliche Gesundheitsversorgung und andere Dienstleistungen einzuschränken. Diese Auflagen gelten bis heute, sie sind der wahre Grund für die vielen Todesfälle, die wohl nicht auf H1N1, sondern vielmehr auf eine virulente Tb zurückzuführen sind.

 

Missernte

Die Krise wird verschlimmert durch eine drohende Missernte in der Ukraine – dem Land, das einst der »Brotkorb Europas« war. Nach Angaben des sehr zuverlässigen Prüfunternehmens SGS Agricultural Services aus Genf drohen der diesjährigen Weizenernte in der Schwarzmeerregion schwere Schäden durch Käfer. Nach Angaben des Unternehmens werden sich die entsprechenden Schäden in der Ukraine im Durchschnitt auf 4,6 Prozent belaufen, in einzelnen Landesteilen seien jedoch bis zu 80 Prozent der Ernte betroffen.

Dies sei laut SGS einerseits klimatisch bedingt, darüber hinaus aber hätten die Landwirte wegen der Wirtschaftskrise kein Geld für Schädlingsbekämpfungsmittel. Die Weizenlieferanten aus den USA und der EU sind wahrscheinlich nicht traurig über die Ernteausfälle in der Ukraine. Diese können aber katastrophale Folgen für den Brotpreis im Land haben, sodass die ohnehin geschwächte Bevölkerung noch schlechter ernährt würde. Vielleicht sollte GlaxoSmithKline zur Abwechslung einmal versuchen, einen Impfstoff gegen den IWF zu entwickeln.

 

Samstag, 05.12.2009

Kategorie: Geostrategie, Wirtschaft & Finanzen, Wissenschaft, Politik

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La Russie: enjeux géopolitiques

minsk_parade_may_2005_1_2.jpgArchives de SYNERGIES EUROPEENNES - 2006

Robert STEUCKERS:

La Russie: enjeux géopolitiques

 

La “Guerre Froide” n’était pas encore finie et on ne parlait pas encore de Gorbatchev, de sa “glasnost” et de sa “perestroïka” que notre courant de pensée rompait, résolument, notamment sous l’impulsion de Guillaume Faye, avec la vision dominante en Occident, où, des ultra-conservateurs aux ultra-libéraux et aux ultra-gauchistes (trotskistes), tous communiaient dans la vision d’une Union Soviétique comme indéfectible croquemitaine, prête à se jeter, vorace, sur les pauvres Etats-agneaux libéraux, démocratiques, etc. On attribuait cette posture infâmante à l’URSS parce qu’elle était, volens nolens, l’héritière de la Russie éternelle, celle des Tsars qui avaient repoussés Mongols et Tatars hors des territoires européens. Aujourd’hui, pour fustiger les tentatives de renouveau du Président Poutine, on voit s’unir les mêmes forces qui, dans l’univers des media, se livrent sans relâche à ce que l’on appelle désormais “une guerre cognitive” (nous disions: “métapolitique”) afin qu’une majorité de citoyens, dans tous les pays du monde et dans toutes les chapelles politiques imaginables, accepte benoîtement l’une variante ou l’autre du discours vulgarisé en dernière instance par les officines de désinformation américaines. La volonté de ces officines est de “faire voir et concevoir” le monde selon les besoins de la politique hégémonique de Washington. C’est-à-dire de faire accepter sur la planète entière une politique qui 1) vise l’élimination ou la réémergence de toutes les puissances “challengeuses” sur les zones côtières d’Asie et d’Europe, soit sur les “rimlands” des géopolitologues anglo-saxons et 2) continue à parfaire l’encerclement et l’étouffement de la grande puissance maîtresse de la “Terre du Milieu” sibérienne, soit un très vaste territoire situé entre l’Europe, l’Inde et la Chine. Cette puissance est évidemment la Russie.

 

Très nombreux sont ceux de nos contemporains qui entérinent sans la moindre critique cette “vision” des relations internationales, où l’on pose systématiquement comme “ringard” ou “passéiste” tout ce qui émane de la “Vieille Europe qui ergote et tergiverse” (dixit Robert Kagan), de la “Russie corrompue non guérie de son passé totalitaire”, de la Chine “cruelle et rétrograde” ou de l’Inde “aux mains des fondamentalistes hindous” (quand le BJP est au pouvoir). Ces discours, largement répétés dans les media, assénés sans relâche, empêchent un vaste regroupement des forces identitaires, de dimensions continentales, cherchent à éviter l’émergence d’un véritable dialogue entre les civilisations, où chacune conserverait le droit d’être tout simplement elle-même, de respecter l’héritage de ses ancêtres (mos majorum, disaient les Romains), au profit d’une panacée insipide et sans mémoire, globaliste et “panmixiste”, ouverte à toutes les manipulations venues de l’unique hyper-puissance restante.

 

En Europe, la première étape d’une riposte à l’hégémonisme américain est d’ouvrir un dialogue constructif avec la Russie et de combattre efficacement l’offensive “cognitive/métapolitique”, qui est en cours aujourd’hui dans toutes les sociétés européennes et véhicule une russophobie systématique, notamment en prenant toujours la défense des terroristes tchétchènes, en minimisant les malheurs vécus par la population russe et en mettant en exergue les moindres déboires des ignobles “oligarques” pour qu’on les prenne en pitié. Le travail des forces identitaires est avant tout de contrer cette offensive, portée par l’alliance tacite, mais bien réelle, des ultra-libéraux et des trotskistes, infiltrés partout dans l’univers médiatique et dans les rouages de cette détestable politique politicienne, où se font toutes ces décisions calamiteuses pour l’avenir de nos peuples.

 

Ce travail métapolitique, que nous avons à parfaire, dès aujourd’hui, sans retard, je le vois articulé autour de quatre réflexions premières:

◊ Des réflexions d’ordre historique d’abord. Contrairement à la vision purement idéelle dominante, qui aime à se parer du qualificatif de “républicaine” en France, l’histoire des hommes et des peuples n’est jamais la simple succession d’épisodes clos sur eux-mêmes. L’histoire se fait, n’est pas terminée, découle très naturellement de tout ce qui l’a précédé depuis la plus lointaine ère proto-historique et cette histoire, nous y participons, nous sommes plongés en elle, que nous le voulions ou non, et notre destin de zoon politikon en dépend inéluctablement. Ce que je viens d’énoncer, ici, en passant, est d’ailleurs le noyau philosophique essentiel de nos idéaux identitaires. En Grande-Bretagne, les écoliers des “grammar schools”, l’équivalent de nos lycées, collèges, gymnases ou athénées, apprennent l’histoire aujourd’hui dans les atlas historiques de Colin McEvedy, historien et géographe écossais. Pour McEvedy, l’histoire n’est rien d’autre que la collision entre des peuples “archétypaux”, parmi lesquels les “Indo-Européens”, les “Hunno-Turco-Mongols”, les “Sémites” de la péninsule arabique, etc. L’histoire tout entière est le produit des vicissitudes, des systoles et diastoles, qui affectent le destin existentiel de ces peuples “matriciels”, qui les font bouger, aller de l’avant ou se recroqueviller sur leur patrie initiale. Les  périodes offensives sont les périodes de gloire; les périodes de repli indiquent un déclin et une misère.

 

Dans les atlas de McEvedy, on peut suivre à la trace la conquête indo-européenne de l’Asie, d’abord de l’Asie Mineure, puis de l’Asie centrale, de la Perse, de l’Inde et du Sin-Kiang, région à partir de laquelle ils ont sans doute, un jour, atteint le Pacifique. Cette formidable épopée des Cimmériens, Scythes, Sarmates, Alains et Sakhes a commencé en –2500 et s’est achevée par le laminage des cultures indo-européennes, dont celle des Tokhariens, par le terrible assaut des Huns, qui s’est terminé, comme on le sait depuis notre école primaire, dans les Champs Catalauniques en Champagne, où les attendaient de pied ferme les troupes romaines, wisigothiques et alaines. Ce sont les Cosaques, à partir d’Ivan IV le Terrible qui vont venger plus de mille ans de défaites européennes, ou de ressacs cruels, face aux hordes venues de l’”Urheimat” des peuples hunniques, turcs et mongols (Huns, Avars, Magyars, Khazars, Pètchénègues, Coumans, Seldjouks, Tatars, Mongols, Horde d’Or, etc.). La politique britannique du 19ième siècle, puis la politique américaine de Théodor Roosevelt à Georges Bush Junior, vont contester cet acquis formidable de l’histoire russe et européenne et tenter d’en disloquer la cohésion. Avec le risque terrible de rendre définitivement aux peuples turco-mongols islamisés les territoires conquis par les peuples cavaliers indo-européens de la proto-histoire et par les Cosaques d’Ivan et de ses successeurs, dont la Grande Catherine II. L’objectif de la géopolitique anglo-saxonne est de réanimer la dynamique destructrice des peuples nomades pour disloquer un territoire, qui, uni, serait inexpugnable. Zbigniew Brzezinski l’écrit clairement. Nos positions identitaires, basées sur “la plus longue mémoire”, nous interdisent de participer à cet ignoble projet, qui nous mettrait à perpétuité à la merci d’invasions incessantes. En Asie, et sur les rives de l’Océan Indien, dans le Pacifique, nous sommes du côté de la Russie, parce que notre survie en dépend. 

 

Medvedev_Putin.jpg◊ Ensuite, il y a des raisons militaires qui doivent faire de nous les avocats d’un tandem euro-russe. Carl Schmitt nous a enseigné qu’un continent, un grand espace (Großraum), était libre si et seulement si aucune puissance étrangère à son espace pouvait y intervenir. Les interventions des Etats-Unis s’effectuent sur toutes les zones névralgiques du point de vue géo-stratégique: l’intervention dans les Balkans en 1999 visait à occuper la zone qui a servi aux Indo-Européens de la proto-histoire, aux Hittites, aux Galates celtiques, aux Macédoniens d’Alexandre et aux Romains de s’élancer vers le Proche- et le Moyen-Orient (jusqu’à l’Indus pour Alexandre), aux peuples cavaliers de prendre la steppe au nord de la Mer Noire et d’atteindre le Pacifique; l’intervention en Irak vise à verrouiller, sur le territoire de l’ancien empire assyrien, toutes expansions venues du Nord et du Nord-Ouest, c’est-à-dire toute réédition d’un projet euro-turco-arabe (laïc) similaire à celui préconisé, en son temps, par le Kaiser Guillaume II. Le soutien apporté aux terroristes tchétchènes vise à éloigner la Russie du Caucase, à isoler l’Arménie et à éviter que ne se constitue une continuité territoriale pour un éventuel axe Moscou-Téhéran. Les troubles suscités artificiellement en Asie centrale post-soviétique visent à instaurer des régimes américanophiles, qui dénonceront tous les traités d’amitié qui lient encore ces Etats à la Russie, à l’Iran, à l’Inde ou à des pays européens. Ces effervescences, qui prennent très souvent la forme fabriquée et ultra-médiatisée  de la “révolution orange” en Ukraine en décembre dernier, ou, naguère, de la “révolution des roses” en Géorgie, ont pour autre objectif d’empêcher toute jonction territoriale entre la Russie et une Inde redevenue pleinement consciente de son passé.

 

Toutes ces interventions en Eurasie de l’hyperpuissance d’Outre-Atlantique correspondent parfaitement à la définition que donnait Carl Schmitt de l’inacceptable ingérence des thalassocraties dans les affaires intérieures des puissances continentales ou littorales. Face à ces interventions/agressions, car ce sont bel et bien des agressions à l’ère des “guerres cognitives” ou des “guerres électroniques”, il importe de dénoncer clairement et définitivement les alliances militaires telles l’OTAN qui nous lient encore à l’Amérique, de se rapprocher de la Russie, de créer des pôles de production militaro-industriels communs, de lutter sans aucun compromis contre les terrorismes locaux fabriqués à partir de forces tribales excitées par les services spéciaux américains (mafieux albanais, tchétchènes, etc.). Comme nous l’a très bien expliqué Xavier Raufer dans le cas de la collusion patente entre la mafia albanaise et l’UÇK, les ramifications de ces terrorismes touchent, via la drogue, la prostitution, les trafics, les diasporas, les économies parallèles, l’ensemble de nos sociétés et les conduisent sur la pente descendante du déclin et de la déchéance, ce que souhaite également Washington, pour affaiblir l’Europe, pour handicaper sa société civile, pour l’obliger mobiliser des fonds publics considérables, au détriment d’autres secteurs, afin de lutter contre une grangrène mafieuse, intérieure, insidieuse et persistante.

 

◊ Parlons maintenant des raisons énergétiques. Très récemment, le grand hebdomadaire britannique The Economist évoquait les derniers soubresauts dans le jeu géostratégique et géo-économique majeur de la guerre du pétrole, véritable dénominateur commun des événements qui ont secoué récemment les Balkans, le Proche- et le Moyen-Orient, l’Afghanistan et l’Asie centrale; l’enjeu de cette guerre, c’est la domination que tous veulent exercer sur le tracé des oléoducs. En clair, les Etats-Unis ont toujours souhaité que les oléoducs, acheminant le pétrole de la région caspienne, ne passent pas par le territoire de puissances qu’ils jugent ennemies ou potentiellement “challengeuses”, surtout la Russie et l’Iran. Ils ont agencé leur politique de sorte que les oléoducs soient installés sur le territoire d’Etats alliés, faibles et sûrs, manipulables ou satellisés. Leur objectif est de soustraire le pétrole à la gestion immédiate des puissances posées comme adverses (Russie) et de ne pas en faire bénéficier des “alliés” dont on redoute la concurrence potentielle (Europe). Avant l’invasion de l’Irak en 2003, la Turquie, par exemple, jouait sans arrière-pensées le jeu anti-russe, anti-arabe et anti-iranien que lui dictait Washington, en espérant en tirer le maximum de dividendes. Cette apparente servilité reposait sur un calcul simple: la fidélité d’Ankara aux Etats-Unis devait, in fine, être récompensée par le retour de la région pétrolifère, ethniquement kurde, de Mossoul sous une sorte de suzeraineté turque, afin que l’Etat kémaliste puisse bénéficier d’une autonomie énergétique, qu’il n’a jamais plus possédée depuis les traités d’après 1918, qui lui avaient ôté toute souveraineté sur les régions arabes du Croissant Fertile. Sans ce pétrole irakien, rappelons-le, la Turquie est un Etat condamné à la dépendance énergétique et à la stagnation industrielle : elle a pu vivre avec ces  deux inconvénients majeurs pendant quelques décennies, mais le boom démographique qu’elle connait depuis dix ans, et qui a franchi un seuil réellement critique, ne l’autorise plus à s’en contenter. Pour récompenser cet allié fidèle, Washington aurait dû composer; ne pas l’avoir fait et avoir jeté ainsi la Turquie dans une impasse inacceptable est un des échecs majeurs de la diplomatie de Bush junior. Dont les conséquences seront peut-être incalculables...

 

Le refus de Washington d’accorder à la Turquie une part des ressources pétrolières de Mossoul a donc déséquilibré complètement les agencements stratégiques de la guerre froide dans la région. La revue diplomatique américaine Turkish Policy Quarterly, dans son dernier numéro du printemps 2005, constate, sous la plume de politologues américains, israéliens et turcs, que la “relation spéciale” qui liait Ankara à Washington, et qui était quasiment de même nature que celle qui liait les Etats-Unis à la Grande-Bretagne ou à Israël, avait cessé d’exister. La revue constate également que les relations américano-turques ne reposaient sur aucune analyse historique ou culturelle profonde, qu’elles étaient purement fortuites, occasionnelles et stratégiques et n’avaient jamais été étayées par des réflexions de fond. Mark Parris, ambassadeur des Etats-Unis à Ankara de 1997 à 2000, en conclut que le “partenariat stratégique” est devenu un “partenariat allergique”, car, en effet, l’anti-américanisme est devenu le sentiment le plus partagé en Turquie aujourd’hui.

 

Les observateurs patentés en veulent pour preuve deux ouvrages de politique-fiction à grand succès: le premier porte pour titre Amerika Bizimdir (= “L’Amérique est à nous”). Le second: Metal Firtina (= “Tempête de métal”). La trame du premier est l’occupation des Etats-Unis par des armées turques victorieuses qui s’emparent des agences et officines médiatiques et diffusent aussitôt dans le monde une “culture turque” ou pantouranienne, appelée à remplacer ce que nous avons toujours appelé le “mondialisme américano-centré”. Le second ouvrage turc, qui bat là-bas tous les records de vente, évoque au contraire l’occupation de la Turquie actuelle par les armées américaines, après application de la stratégie habituelle, celle des tapis de bombes. D’où le titre, qui pourrait nous paraître énigmatique. Ces deux ouvrages ont contribué à transformer l’allié incontournable d’hier en ennemi absolu. Erdogan ne peut plus ignorer son opinion publique et semble faire machine arrière: il a déjà déclaré que les élections irakiennes n’étaient pas démocratiques et relevaient de la farce. Mais la nouvelle politique turque va encore plus loin : elle négocie avec la Russie, soit l’ennemi d’hier, le passage sur son territoire d’un oléoduc amenant le pétrole russe directement du port russe de Djoubga/Novorossisk à Ceyhan via Samsun sur la Mer Noire. Rappelons ici que Ceyhan est le port méditerranéen qui devait réceptionner en toute exclusivité, selon Washington, les hydrocarbures en provenance de la Caspienne en évitant les territoires iranien et russe. Le plan américain d’isoler la Russie et de la “contenir” d’une manière nouvelle, vient d’échouer par la volte-face turque. 

 

Les avatars du transport des hydrocarbures en Mer Noire et en Méditerranée suivaient la même logique que partout ailleurs sur la planète : empêcher des communications optimales entre le centre du continent eurasiatique et les zones côtières à grande densité œcuménique. Dans les aires maritimes du Pacifique et de l’Océan Indien, la politique américaine des gazoducs et oléoducs était la même : pas de liaison directe entre la Russie-Sibérie, la Chine, les Corées et le Japon. Pas de liaison directe non plus entre la Russie et le vaste espace contenant l’Afghanistan, l’Iran et le Pakistan et bordant l’Océan Indien. L’Arabie Saoudite et les Emirats, pétromonarchies corrompues et pro-américaines, à l’Ouest, et le Pakistan, à l’Est, font barrage contre l’Iran et pratiquent la vieille politique de l’endiguement préconisée depuis le début du 20ième siècle par les géopolitologues anglo-saxons (Mackinder, Lea). La Russie et l’Iran cherchent à faire sauter ce barrage, notamment en appuyant la rébellion beloutche au Sud-Ouest du Pakistan. Commencée immédiatement après la tragédie de Beslan perpétrée par les Tchétchènes, cette révolte, qui a connu son maximum d’intensité en janvier dernier, vise la création d’un Beloutchistan indépendant, sous la direction du chef traditionnel Akbar Bugti et appuyé par Téhéran et Moscou. Ce Béloutchistan indépendant offrirait ses ports sur l’Océan Indien et en ferait les terminaux d’oléoducs et de gazoducs venus de la Caspienne et du Turkestan, où pourraient venir s’approvisionner des pétroliers chinois, japonais et indiens, qui, du coup, ne passeraient plus par des intermédiaires plus ou moins liés aux Etats-Unis. La révolte de l’ethnie guerrière des Béloutches, qui furent une réserve de farouches soldats de l’ancien Empire britannique, fragilise le Pakistan, allié des Etats-Unis. Cette révolte n’est nullement matée à l’heure actuelle; elle constitue la réponse des Iraniens et des Russes aux pressions américaines, notamment au soutien indirect au terrorisme tchétchène. L’issue de cette bataille, de cette “guerre de basse intensité”, comme disent les stratégistes actuels, sera déterminante pour la liberté de toutes les composantes politiques et civilisationnelles de la masse continentale eurasiatique. Les médias occidentaux, orchestrés par les agences médiatiques américaines, ne pipent mot de cette révolte et de cette riposte. Ce qui ne signifie nullement qu’elle n’existe pas : la presse asiatique indépendante en parle beaucoup; nos concitoyens, noyés dans les mensonges de l’américanosphère, ne doivent rien savoir de ce coup de maître sur l’échiquier international: l’”Empire du Bien” doit toujours triompher et ne doit jamais connaître d’échecs...

 

En Extrême-Orient, le Président Poutine vise un apaisement des conflits entre Chinois, Coréens et Japonais, au moment où la “médiasphère” américanisée, justement, ne cesse d’évoquer les  querelles de prestige qui opposent les peuples de la région, à propos des événements de la seconde guerre mondiale et de leurs interprétations divergentes. La perspective eurasiatique des Russes vise la paix et le transit pacifique des hydrocarbures vers les grands centres industriels d’Extrême-Orient. La perspective thalassocratique et maritime des Etats-Unis vise, au contraire, à perpétuer des querelles anciennes, pour éviter que le principal but de guerre japonais, dès 1931 et 1937, soit la constitution d’une “sphère de co-prospérité est-asiatique”, ne puisse revivre dans les circonstances nouvelles de ce début du 21ième siècle.

 

RussianArmy.jpgLa création du nouvel oléoduc entre la Russie et la Méditerranée à travers la Turquie, la révolte béloutche au Pakistan, les projets en Extrême-Orient sont autant d’événements qui doivent nous induire à affirmer le principe clair de la “liberté absolue des peuples d’Eurasie à acheminer et réceptionner les énergies dérivées des hydrocarbures”, version actualisée des principes de libre circulation et de “non-intervention dans un espace donné de puissances hors espace” (Carl Schmitt).

 

◊ Viennent ensuite les raisons technologiques et électroniques. Les explorer exploserait le cadre restreint de notre propos. Mais une chose est certaine: nous ne sommes plus les seuls à réclamer une émancipation européenne en ces matières. Emancipation qui ne peut se réaliser vite qu’avec le concours de la Russie. L’équipe réunie autour de David W. Versailles, Valérie Mérindol, Patrice Cardot et Rémi Barré a sorti un ouvrage-clef pour connaître les bases fondamentales du dossier “Recherche et Technologie” (La recherche et la technologie, enjeux de puissance, Economica, Paris, 2003). Cette équipe plaide pour que soit comblé le “gap” technologique entre les Etats-Unis et le reste du monde (pas seulement l’Europe!), “gap” qui accentue et perpétue la dépendance et l’impuissance de notre continent, en matières civiles et militaires. Le programme GALILEO est la principale réalisation qui tente aujourd’hui de nous  sortir de cette dangereuse impasse. Mais si le projet est audacieux, s’il intéresse Russes, Indiens et Chinois, il court encore le risque d’être devancé par un projet américain analogue, parce que les processus de décision sont trop lents au sein de l’UE, parce que la conscience du danger américain n’est pas partagée par tous et que les traîtres à notre civilisation sont très nombreux, qui croient encore et toujours dans le mythe fallacieux de l’”Amérique libératrice”. Cette course contre la montre, pour imposer et consolider le projet GALILEO, implique l’urgence de joindre tous les efforts existants et pas seulement ceux de la seule UE. Les avancées russes en technologies spatiales sont nécessaires pour construire la politique commune de toutes les puissances eurasiatiques.

 

Le Général d’aviation Jean-Paul Siffre, de l’armée française, avait publié, juste avant de mourir, un ouvrage sur la guerre électronique, véritable vade-mecum, dont le leitmotiv était: “Maître des ondes, maître du monde” (La guerre électronique. Maître des ondes, maître du monde, Lavauzelle, 2003). Le Général Siffre, bon pédagogue, révèle à ses lecteurs comment la guerre électronique est devenue un enjeu primordial dès les années 90, où la maîtrise de l’espace “virtuel” décide de la domination ou.... de la subordination. Brouillages et destructions, au niveau électronique, sont désormais des méthodes de guerre couramment utilisées, qu’il s’agit de connaître, afin que le personnel politique soit capable (?) de prendre les bonnes décisions en ce domaine. Or, cette guerre électronique, qui se déroule dans l’invisible et demeure de la sorte inconnue et imperceptible pour la plupart de nos contemporains, ne peut se gagner sans une maîtrise des technologies de l’espace, domaine dans lequel la Russie, depuis les réalisations pionnières de l’URSS des années 50, possède quelques longeurs d’avance.

 

On a beaucoup parlé d’un “Axe Paris-Berlin-Moscou”, à la suite d’un ouvrage remarqué de Henri de Grossouvre, paru naguère chez “L’Age d’Homme” à Lausanne. Cet Axe demeure un voeu pieux sans une volonté claire de mettre en commun, tout de suite et sans délais, les atouts épars des grandes puissances continentales d’Eurasie. C’est la raison majeure pour laquelle il est impératif de créer et de vulgariser une géopolitique euro-russe et eurasiatique. Pour aboutir à la libération des peuples, asservis par les lobbies pétroliers islamo-yankees, par le terrorisme tchétchène ou al-quaediste  —inféodé à Washington parce que créé de toutes pièces par les services spéciaux américains—  par les réseaux ploutocratiques qui éradiquent nos traditions culturelles (Ezra Pound), par les agences médiatiques manipulatrices,  dont les effets destructeurs ont été critiqués très tôt déjà par George Orwell et Guy Debord.

 

Pour répondre à la menace, il faut une conscience historique, telle celle que nous transmet McEvedy, il faut un système satellitaire euro-russe qui puisse contrer la double guerre que nous mènent les Etats-Unis, soit la guerre cognitive et la guerre électronique, et il faut une liberté totale de construire des oléoducs et de mener une politique énergétique sans l’immixtion permanente d’une hyper-puissance étrangère à notre grand espace eurasien, qui avait été uni jadis, dès la proto-histoire, dont nous conservons la longue mémoire, par les peuples cavaliers indo-européens.

 

Robert STEUCKERS,

Forest-Flotzenberg, juin 2005.

 

Bibliographie :

La plupart des articles cités dans cette bibliographie proviennent du site “Asia Times”, un quotidien asiatique, basé à Singapour, qui constitue un véritable antidote à la pensée “occidentaliste”, “politiquement correcte” et plaide en faveur d’un dialogue entre civilisations sur base d’une rationalité et d’une cohérence géopolitiques. Les journalistes et analystes qui s’expriment sur ce site proviennent de partout, mais souvent d’Iran et d’Inde; ils nous livrent une visiontraditionnelle des relations internationales, rarement entachée par les déséquilibres générés par les “religions  du livre”. Le pseudonyme du principal animateur de la rubrique philosophique de  ce journal électronique  est “Spengler”, ce qui est assez révélateur...  Nous ne saurions que trop conseiller à nos amis maîtrisant l’anglais de se brancher régulièrement sur ce site et d’en exploiter au maximum les ressources.

◊ ◊ ◊

 

- XXX, “Black Sea: Oil over troubled waters”, The Economist, May 28th, 2005.

- Dirk VERMEIRE, “Allergisch Partnership”, Knack, Brussel, 18 mei 2005 (texte néerlandais).

- Iason ATHANASIADIS, “A troubled triangle: Iran, India and Pakistan”, Asia Times : http://www.atimes.com  ( April 22, 2005).

- Ramtanu MAITRA, “US scatters bases to control Eurasia”, Asia Times : http://www.atimes.com  (March 30, 2005).

- John HELMER, “China beats Japan in Russian pipeline race”, Asia Times : http://www.atimes.com  (April 29, 2005).

- Sergei BLAGOV, “Russia walks thin line between Japan and China”, Asia Times : http://www.atimes.com  (April 28, 2005).

- Sergei BLAGOV, “Russia’s hydrocarbon geopolitics”, Asia Times : http://www.atimes.com  (February 3, 2005).

- Ioannis LOUCAS, “The new geopolitics of Europe and the Black Sea Region”, Naval Academy, National Defence Minister’s Staff, http://www.da.mod.uk/CSRC/documents .

- W. Joseph STROUPE, “The inevitability of a Eurasian alliance”, Asia Times : http://www.atimes.com  (August 19, 2004).

- K. Gajendra SINGH, “Russian Bear calls on Grey Wolf”, Asia Times : http://www.atimes.com  (August 28, 2004) (Très important pour connaître les prémisses du nouveau rapprochement russo-turc).

- Ray MARCELO, “India looks  to Russia and Iran for energy”, Financial Times, http://news.ft.com (January 8, 2005).

- Syed Saleem SHAHZAD, “Musharraf blusters as Balochistan boils”, Asia Times : http://www.atimes.com  (January 13, 2005).

- Syed Saleem SHAHZAD, “Tribals looking down a barrel in Balochistan”, Asia Times : http://www.atimes.com  (January 15, 2005).

- K. Gajendra SINGH, “The Kirkuk tinderbox”, Asia Times : http://www.atimes.com  (January 22, 2005) (Sur le contentieux turco-américain à propos des champs pétrolifères de Mossoul et Kirkouk).

- Marwaan MACAN-MARKAR, “India shifts regional geopolitical cards”, Asia Times : http://www.atimes.com  (January 27, 2005).

- Bülent ARAS, “Russia, Turkey stress pragmatic ties”, Asia Times : http://www.atimes.com  (February 10, 2005).

 

lundi, 14 décembre 2009

Ukraine: WHO und Geopolitik hinter der Schweinegrippe-Panik

julia-timoschenko-premierministerinukraine-schweinegrippe_9.jpgUkraine: WHO und Geopolitik hinter der Schweinegrippe-Panik

F. William Engdahl

Ex: http://info.kopp-verlag.de/

Neueste Meldungen über den Ausbruch einer tödlichen Schweinegrippe-Epidemie in der Ukraine sind nach Angaben von Augenzeugen wohl eher als politisch motivierte Erfindung einer unter Druck geratenen Regierung zu verstehen, die um ihre Wiederwahl fürchtet und möglicherweise sogar plant, das Kriegsrecht zu verhängen. Bei genauerer Betrachtung zeigt sich, wie sehr bedrängten Regimes die derzeitige Angstkampagne der Weltgesundheitsorganisation WHO über die »Schweinegrippe-H1N1-Pandemie« in den Kram passt.

Seit Tagen zeichnen die Medien in aller Welt das Bild einer Ukraine, die von der Pest oder gar Schlimmerem heimgesucht wird. Einer der wildesten Panikmacher ist Dr. Henry Niman aus Pittsburgh, der interaktive »Landkarten« über die Ausbreitung der Schweinegrippe erstellt und sich bereits in der Vergangenheit mit der Warnung hervorgetan hat, die Vogelgrippe H5N1 werde mutieren und zu einer tödlichen, von Mensch zu Mensch übertragenen Pandemie führen. Doch dazu kam es nicht.

Nimans Karte über die Ausbreitung der sogenannten Schweinegrippe H1N1 seit April hat der WHO, der US-Regierung und großen Medien eine willkommene grafische Darstellung geliefert, mit der sie den Eindruck einer neuen »Beulenpest« erwecken können, die der Menschheit droht, wenn nicht schleunigst mit großen Massen ungetesteter Impfstoffe von skrupellosen Herstellern wie GlaxoSmithKline oder Novartis oder mit dem gefährlichen Tamiflu von Roche dagegen vorgegangen wird.

Niman hat schon sehr früh über die Entwicklung in der Ukraine berichtet: »Der rasante Anstieg der gemeldeten Infektionen, die Einweisungen ins Krankenhaus und die Todesfälle der letzten Tage geben Anlass zu der Besorgnis, dass das Virus sehr leicht übertragen wird … Die große Zahl der Todesfälle und der an hämorrhagischem Fieber Erkrankten in der Ukraine ist beunruhigend.«Warnend setzt Niman noch hinzu: »Die Zahl der Infizierten hat sich im Vergleich zu der Lage vor zwei Tagen auf fast eine halbe Million annähernd verdoppelt.«

Solche Meldungen können natürlich Angst machen. Sie rufen die Bilder der Pestepidemie von 1348 wach, die damals in Europa 60 Prozent der Bevölkerung hinweggerafft haben soll. Diese Zahlen sind vielfach angezweifelt worden, dennoch wird der Vergleich mit der Pest genauso wie der gleichermaßen beängstigende, wenn auch falsche Vergleich mit der sogenannten Spanischen Grippe von 1918 in der Ukraine gezogen.

 

Was ist wirklich los?

Die als geradezu kriminell zu bezeichnende WHO bestätigt die zweifelhafte Behauptung aus der Ukraine, wonach die Ausbreitung der Schweinegrippe außer Kontrolle geraten sei. Dieselbe Institution hat im vergangenen Sommer die H1N1 zur Pandemie erklärt und es damit Regierungen wie in den USA oder der Ukraine ermöglicht, das Kriegsrecht zu verhängen und den nationalen Notstand auszurufen, was die Aufhebung aller Grundrechte bedeutet und willkürliche Verhaftungen und Gefängnisstrafen nach sich ziehen kann. Jetzt lässt die WHO verlauten: »Laboruntersuchungen in der Ukraine haben das H1N1-Influenza-Virus bei Patienten in zwei der am meisten betroffenen Gebiete bestätigt. Da das Pandemie-Virus in kürzester Zeit weltweit zum vorherrschenden Influenza-Strang geworden ist, kann man davon ausgehen, dass die meisten Influenza-Fälle in der Ukraine durch das H1N1-Virus verursacht werden.«

Weiter erklärt die WHO: »Der Ausbruch in der Ukraine kann einen Hinweis darauf liefern, wie sich das Virus während des Winters in der nördlichen Hemisphäre verhalten wird, besonders unter Bedingungen der Gesundheitsversorgung, wie sie in Osteuropa anzutreffen sind. Da dieser Ausbruch als frühes Warnsignal von Bedeutung sein kann, spricht die WHO der Regierung der Ukraine ihre Anerkennung für die transparente Art der Meldung und das Überlassen von Blutproben aus.« Die Blutproben sind an das Mill Hill Influenza Reference Laboratory der WHO in London geschickt worden – was nicht unbedingt vertrauenerweckend ist angesichts der Tatsache, dass die britischen Gesundheitsbehörden in die Kritik geraten sind, weil sie Daten zugunsten der großen Impfstoffhersteller wie GlaxoSmithKline manipuliert haben sollen.

Die WHO »empfiehlt dringend die frühzeitige Behandlung mit antiviralen Wirkstoffen wie Oseltamivir oder Zanamivir für Patienten, auf die die Behandlungskriterien zutreffen, selbst dann, wenn kein positives Ergebnis einer Laboruntersuchung für eine H1N1-Infektion vorliegt«. Die Rede ist von Tamiflu, dem höchst gefährlichen Medikament, an dem der ehemalige US-Verteidigungsminister Donald Rumsfeld kräftig mitverdient. Und die Rede ist von GlaxoSmithKline, dem Hersteller des gleichermaßen gefährlichen Konkurrenzprodukts Relenza.

 

Ukrainische Wahlpolitik

Die absonderlichen Entwicklungen in der Ukraine im Verlauf der letzten zweieinhalb Wochen werden im Land auf den laufenden Wahlkampf zurückgeführt. In knapp vier Monaten finden Präsidentschaftswahlen statt. Zu den aussichtsreichen Kandidaten zählen Premierministerin Julija Tymoschenko und ihr Hauptrivale Aseniy Jazenjuk.

Der 35-jährige Jazenjuk, ein ehemaliger Banker und Assistent von Präsident Viktor Juschtschenko – Washingtons Liebling – wirft Tymoschenko vor, sie betreibe unnötige Panikmache, um das Kriegsrecht verhängen und die Wahlen verschieben zu können, bei denen sie durchaus gegen Jazeniuk den Kürzeren ziehen könnte.

Die Ukraine wird in der Zeit des Wahlkampfs von einer Epidemie der »fliegenden Schweine« heimgesucht.

Definitiv wird hier von den politischen Lagern in der wirtschaftlich zerrütteten Ukraine ein politisches Spiel getrieben. Alexander Bilovol, stellvertretender Gesundheitsminister der Ukraine, erklärt, der Ausbruch der Grippe sei in elf der 25 ukrainischen Regionen im Wesentlichen unter Kontrolle; die Zahl der angeblich an H1N1 Erkrankten liege nur 15 Prozent über dem Wert der Vorjahre. »Die Zahlen in anderen Regionen entsprechen denen von 2007 und 2008«, so Bilovol. Auch die Zahl der gemeldeten Todesfälle liegt auf dem Niveau der jedes Jahr aufgrund der normalen Grippe auftretenden Fälle.

Tymoschenko hat den Ausbruch der Grippe zur – höchstmöglichen – Stufe drei erklärt, um die Freigabe von bis zu drei Milliarden Hrywnjka [die ukrainische Landeswährung] für den Kampf gegen die Schweinegrippe zu erwirken. Der entsprechende Erlass ermöglicht unter anderem die Schließung von Schulen und das Verbot öffentlicher Versammlungen für drei Wochen in der gesamten Ukraine. Die Regierung erwägt ebenfalls, den freien Personenverkehr zwischen den einzelnen Regionen einzuschränken.

Kritisch vermerkt Jazenjuk, das Verbot öffentlicher Versammlungen verbreite Angst und Panik und helfe Tymoschenko, sich selbst im Fernsehen zu präsentieren, während die anderen Präsidentschaftskandidaten bei ihrer Kampagne behindert würden. Jazenjuk ist Tymoschenkos schärfster Rivale, denn beide kämpfen im Westen des Landes um die Gunst der Wähler. Er ist möglicherweise der einzige Kandidat, der Tymoschenko in der ersten Runde am 17. Januar gefährlich werden und somit bei einer Stichwahl gegen Oppositionsführer Viktor Janukovitsch antreten kann.

Jazenjuk fügte hinzu, die Panikmache der Regierung lasse politische Fragen in den Hintergrund treten, die Tymoschenko schaden könnten, wie Skandale über Pädophilie und Mord, an denen Abgeordnete von Tymoschenkos Partei beteiligt waren, oder die desolate Wirtschaftslage in der Ukraine.

Ungeachtet der tatsächlichen Verhältnisse nutzt Premierministerin Tymoschenko die Panik über die Schweinegrippe bis an die Grenzen des Möglichen. In einer kürzlich herausgegebenen Erklärung hieß es: »Wir dürfen in unseren Anstrengungen nicht einen Augenblick nachlassen, denn die Weltgesundheitsorganisation sagt für die Ukraine zwei weitere Grippewellen voraus, darunter auch die Vogelgrippe. Es gibt keine Alternative zur Impfung. Die ganze Welt geht diesen Weg …« Einen Tag zuvor hatte sie zugegeben, selbst nicht geimpft zu sein, sie verlasse sich »wie alle anderen auch« zur Vorbeugung gegen die Grippe auf Knoblauch, Zwiebeln und Zitronen.

Ihr Gegenkandidat wirft Premierministerin Tymoschenko vor, sie nutze die Schweinegrippe, um die Wahl zu ihren Gunsten zu beeinflussen.

Wolodymyr Lytwyn, der Sprecher des ukrainischen Parlaments, macht Tymoschenko ebenfalls Vorwürfe. »Sie haben die Schweinegrippe-Epidemie organisiert, um davon abzulenken, dass Sie dafür verantwortlich sind, dass Wohnungen, Schulen, Hochschulen und Kindergärten nicht geheizt werden«, erklärte er bei einer Parlamentssitzung. Juschtschenko, der Präsident der Orangenen Revolution, betont, es sei nicht notwendig gewesen, in der Ukraine den Notstand auszurufen: »Es gibt dafür keinen Grund. Ich bin kein Befürworter von Maßnahmen, die das Land lahmlegen und das öffentliche Leben in einem Maße einschränken, das sich nur schwer rechtfertigen lässt.«

Igor Popow, Juschtschenkos stellvertretender Stabschef, spricht bereits davon, dass im Notfall die jetzt auf den 17. Januar 2010 anberaumten Wahlen »neu angesetzt« werden müssten.

 

Auch in Deutschland: Schwindel und Korruption rund um die Schweinegrippe

Doch nicht nur die Regierung der Ukraine nutzt die Angst vor einer Schweinegrippe-Pandemie, um den innenpolitischen Kurs zu ändern, auch Präsident Obama hat in den USA unnötigerweise deswegen den Notstand erklärt. Jetzt kommt ans Licht, dass auch die verantwortlichen Gesundheitsbehörden in Deutschland von einem korrupten Interessenkonflikt betroffen sind – und zwar gegenüber genau den großen Pharmaherstellern, die von der Entscheidung der Regierung zum Kauf von »Schweinegrippe-Impfstoffen« profitieren.

Der Spiegel berichtet in seiner neuesten Ausgabe (44/2009), dass die European Scientific Working Group on Influenza (ESWI), eine Lobbyorganisation, die sich selbst als unabhängiges wissenschaftliches Beratergremium bezeichnet, das die Regierungen der EU-Staaten in Fragen der H1N1-Influenza berät, alles andere als unabhängig ist. Die Organisation wird von den großen Unternehmen, den »Big Pharma«, finanziert. Nach eigenem Bekunden führt die ESWI die wichtigsten »Influenza-Forscher« zusammen. Sie wird jedoch ausschließlich von zehn großen Pharmaherstellern finanziert, darunter GlaxoSmithKline, dem Hersteller des in Deutschland verwendeten Impfstoffs, und Roche, dem Hersteller des antiviralen Medikaments Tamiflu.

Die Organisation hat Walter Haas als wissenschaftlichen Berater gewonnen. Haas ist Koordinator der Vorsorgemaßnahmen gegen die Grippe-Pandemie in Deutschland beim staatlichen Robert-Koch-Institut (RKI). Die ESWI präsentiert sich selbst als unabhängigen Forscherverband. Doch die Geschichte der Organisation sagt etwas anderes, sie beschreibt ihre Rolle als Berater von Politikern und Gesundheitsbehörden über »Nutzen und Sicherheit von Grippe-Impfstoffen und antiviralen Mitteln« und befördert »eine Politik der antiviralen Bevorratung«.

Das Ausmaß von Täuschung, Betrug, offizieller Vertuschung und ausgesprochen krimineller Gefährdung der breiten Bevölkerung durch die laufende Schweinegrippe-Hysterie ist wahrhaft beispiellos.

 

Samstag, 14.11.2009

Kategorie: Enthüllungen, Wirtschaft & Finanzen, Politik

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samedi, 12 décembre 2009

Gabor Vona: "Eco-Sociale Nationale Economie"

gabor_vona.jpgGábor Vona: “Eco-Sociale Nationale Economie”

Ondertussen toch al een paar maanden oud, maar daarom niet minder actueel. Gábor Vona van de Hongaarse partij Jobbik schreef volgend stuk over de socio-economische visie van zijn partij. En al zijn er zekere opmerkingen te maken over Jobbik, toch is het een goed artikel. Hier de volledige tekst en hieronder een paar uittreksels:

Liberal market economy and global capitalism are twins, they presuppose one other. If one of them comes to an end the other becomes meaningless. Competition based economy–in other words, economy based on unregulated capital–has gone bankrupt, in front of our very eyes that in the mean time, destroyed the social fabric of society; in the wake of destruction, one thing has remained for people, the possibility to sacrifice themselves on the altar of multinational corporations. [...]

[...] The question might arise: why do we Hungarians have to care about the problems of the world when we have our own to deal with? The answer is simple: because the problems of the world affect us, perhaps more than we think if we don’t implement preventive measures–perhaps first among all nations. [...]

[...] Today, we need Eco-Social National Economy. The phrase perhaps a bit crooked but in time, we might find a better one, but now the important thing is to understand its meaning. [...]

[...] This economy is called national because the nation is the largest natural-historical formation and it can be conceived as a unified whole, both culturally and economically. It is essential not to conceive this idea in a narrow sense, like protecting small, local businesses or farmers but expand it and incorporate state involvement in economic activities, such as utilizing natural resources, dealing with strategic industries and envisioning an economic perspective where strategic operations remain in government hands or if necessary re-nationalize these sectors. [...]

6 december 2009 Geplaatst door Yves Pernet

lundi, 07 décembre 2009

Suisse: la démocratie directe en danger!

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La démocratie directe est en danger !

 

Ex: http://unitepopulaire.org/

Jamais je n’aurais pensé être amené un jour à défendre une idée par conviction et à défendre l’idée opposée par fidélité à des principes supérieurs. Et pourtant c’est dans cette situation que je me retrouve au lendemain des dernières votations nationales. Pour des raisons que nous avons expliquées en détail dans notre chronique de la semaine passée, j’ai voté contre l’interdiction des minarets, ayant compris que c’était là un faux débat et que l’UDC était en train de réunir ses troupes contre un nouveau bouc émissaire qui pouvait lui assurer encore quelques victoires politiques. Je fais donc partie des déçus du scrutin. Néanmoins, je n’ai jamais eu la prétention de vouloir placer mon opinion personnelle au-dessus de la volonté populaire, et pour cette raison, comme la plupart des Suisses, j’ai pris acte de la décision du souverain, me rappelant que la célèbre phrase de Voltaire sur la tolérance – “Je ne suis pas d’accord avec vous mais je me battrai pour que vous puissiez le dire” – était un des fondements de notre éthique démocratique.

Déjà mécontent du résultat, ma mauvaise humeur n’a fait que croître lorsque, dimanche soir, j’ai commencé à aller glaner çà et là quelques réactions sur internet et que j’ai trouvé des manifestations de mépris absolument indignes de notre culture politique. Je ne parle pas là du triomphalisme grossier de l’UDC et de l’UDF (d’autres ont déjà écrits à ce sujet), mais des réactions offensantes d’une partie des déçus de la votation, c’est-à-dire des gens qui, comme moi, ont voté non à l’interdiction, mais qui, contrairement à moi, refusent le verdict des urnes. Outre ce refus de reconnaître à la majorité le droit de trancher la question (ce qui équivaut à un rejet pur et simple de la logique démocratique), ces prises de position agressives se caractérisent par leur dédain de l’électeur moyen – toujours soupçonné de xénophobie et de bétise congénitales – et leur masochisme identitaire.

J’ai honte d’être Suisse”, “Brûlons nos passeports !”, “Emigrons !” : tout cela été écrit, dit et répété dans la presse, sur facebook ou dans les veillées nocturnes de protestation qui ont eu lieu dans plusieurs villes romandes. Comment a-t-on pu en arriver là ? Que peut-il bien se passer dans la tête d’un individu a priori en possession de toute sa raison pour qu’il en vienne à cracher sur son propre peuple – c’est-à-dire, indirectement, sur lui-même ? L’idéologie scolaire et télévisuelle n’y est sans doute pas pour rien… Quelqu’un, sur internet, proposait même, pour protester contre cette loi, de boycotter les produits suisses. Un musulman de l’étranger ? Non, un Suisse. Un Suisse qui était prêt à ne plus donner un centime à l’épicier de son quartier pour le plaisir très particulier de faire baisser son propre niveau de vie et de mettre quelques concitoyens au chômage – simples points de détail sans doute à côté de l’infâme interdiction de bâtir des minarets sur le territoire…

Par curiosité et pour prendre la température, je me suis rendu à Neuchâtel à une de ces veillées aux bougies réunissant ces gens qui avaient “honte” d’être ce qu’ils sont. Cela a été l’occasion d’échanges enrichissants et je dois dire que la plupart des manifestants ne savaient pas exactement ce qu’ils faisaient là ; ils étaient déçus, certes, mais quant à savoir s’ils voulaient simplement exprimer cette déception ou demander une révision du verdict populaire, ce n’était pas très clair. L’ambiance était bon-enfant et quoi qu’il en soit, ce type de manifestation civique fait partie des droits que nous assure la liberté d’expression telle que définie dans la Constitution – pour un “pays engagé sur la pente du fascisme” comme je l’ai entendu dire, on a connu pire. Petite observation au passage : je note que la présence musulmane était pour le moins discrète et que le nombre de femmes voilées était inversement proportionnel au nombre d’étudiants en lettres… On en déduira ce qu’on voudra.

Relativisons : les âneries proférées sous le coup de la colère ou de la tristesse ne doivent pas toujours être prises pour argent comptant, et j’ose espérer que cette crise épidermique de masochisme cessera une fois le souffle retombé et qu’on en reviendra à un peu plus de dignité. Mais quelque chose de bien plus inquiétant subsiste, quelque chose qui nous donnera encore beaucoup de fil à retordre et dont nous n’avons pas fini d’entendre parler – le problème juridique posé par la nouvelle loi.

Je ne vais pas refaire ici l’exposé in extenso de la situation, je me contenterai des grandes lignes. L’initiative anti-minarets, bien qu’acceptable sur le plan constitutionnel, serait, aux dires de certains juristes, irrecevable sur le plan du droit international impératif. On parle, entre autres, d’incompatibilité avec la Déclaration des droits de l’homme et plus précisément avec la garantie pour tous de ne pas être victime de discrimination du fait de ses convictions religieuses. C’est étonnant, car si cette initiative était irrecevable, pourquoi notre gouvernement, après examen, l’a-t-il soumis au vote ? Ou ces juristes nous racontent des sornettes ou ces Messieurs de Berne ont commis une grosse bourde !

Dès lors, le plan des perdants revanchards est simple : recourir auprès des instances européennes et faire invalider la nouvelle loi sous prétexte de non-compatibilité avec le droit international impératif. Ils en ont le culot, ils vont sans doute le faire, ils l’ont déjà fait par le passé : souvenez-vous de l’initiative pour l’internement à vie des délinquants sexuels dangereux. Parmi tous ceux qui se souviennent avoir voté en faveur de cette initiative, combien sont au courant du fait que cette loi n’existe tout simplement plus, abolie par la juridiction européenne pour les mêmes conditions ? Aux yeux de Bruxelles et de Strasbourg, aux yeux de leurs agents en activité chez nous, nos droits populaires, quoiqu’enviés par plusieurs de nos voisins, comptent pour rien.

Andréas Gross, l’aristo-socialiste bien connu qui éternue à la simple évocation du mot “populisme” (si si, j’ai testé), nous fait part dans Le Temps du 1er décembre du peu d’estime dans lequel il tient notre démocratie directe :

Le résultat de dimanche est pour moi l’illustration criante du fait que la démocratie directe en Suisse souffre de l’absence de certaines conditions fondamentales nécessaires pour son bon fonctionnement, un fonctionnement à la hauteur des exigences de notre temps et donc aussi des droits de l’homme. […] Il faut interpréter les normes existantes de manière à éviter le pire, et à sauver la démocratie directe elle-même contre la tentation de l’opposer aux droits de l’homme.

On notera la tournure orwelienne de la dernière phrase : c’est bien sûr pour sauver la démocratie directe qu’il faut cesser de faire voter le peuple… Je propose à M. Gross, avec cette perle, de déposer sa candidature au prochain prix Champignac ! Il nous rappelle ensuite que les peuples mal guidés sont des brebis égarées et que pour voter correctement, rien ne vaut une bonne petite séance de rééducation par les élites autorisées :

Les partis du centre ont peur des crises, peur de heurter la volonté populaire, ils pensent qu’il faut la suivre et oublient que c’est à eux de convaincre les citoyens de ce qui est juste et de leur éviter des erreurs.

Sans commentaire.

Le lendemain, dans le même quotidien, on est allé chercher, pour défendre la même cause anti-démocratique, la crème de la crème du boboïsme autoritaire, le pape de l’européisme moralisant, l’écolo-pédéraste en chef, j’ai nommé Daniel Cohn-Bendit. Et lui, vous allez voir, il ne prend pas de gant :

La limite démocratique est à mes yeux franchie. […] Une votation comme celle des minarets, qui cible une communauté en particulier, restera une tache noire sur la réputation de la Confédération. Pour l’effacer, les Suisses n’ont qu’une solution : se mobiliser et revoter.

Le projet qu’on propose deux ou trois fois de suite devant l’opinion jusqu’à ce que ça passe, ça ne vous rappelle rien ? Un vieux classique de la manipulation ces dernières années, depuis le vote suisse sur le paquet fiscal jusqu’au Traité de Lisbonne et au scandale irlandais. Si les Suisses avaient refusé l’initiative, tout serait en ordre, mais comme ils l’ont acceptée, il est nécessaire de les faire revoter jusqu’à ce qu’ils la refusent, vous comprenez, c’est une question de droits de l’homme…

Mais Dany le roux n’a pas fini de dispenser sa leçon :

Le problème helvétique, c’est cet égoïsme des riches que l’on retrouve aussi en Italie du Nord. On a vu combien de temps il a fallu à vos concitoyens pour que leur pays devienne membre de l’ONU !

Faire venir un grand bourgeois français pour expliquer au populo suisse qu’il fait preuve d’un “égoïsme de riche”, ce serait risible si ce n’était pas aussi scandaleusement indécent !

La priorité de l’élite politique suisse hostile à ce vote doit être de remobiliser la population en vue d’un nouveau référendum. Ce sera dur, et alors ? Capituler devant cette angoisse populaire serait une défaite pour tous les démocrates.

Même novlangue que chez M. Gross : se résoudre à respecter le verdict des urnes, ce serait une défaite pour tous les démocrates… Allez comprendre !

Le lendemain encore, toujours plus claire, toujours plus cynique, la sentence tombait, sous la plume de Richard Werly dans Le Temps :

La démocratie directe reste, en l’état, l’obstacle majeur à une future intégration de la Confédération dans l’Union européenne.

La messe est dite.

Tant que le droit international (et européen en particulier) continuera de prévaloir sur nos lois – expression de la souveraineté populaire, je le rappelle ! – nous continuerons encore et encore à participer à des mascarades de votations dont les résultats seront, selon l’humeur des technocrates européistes et l’idéologie du moment, approuvés d’un hochement de tête paternaliste ou balayés d’un revers de manche méprisant. J’ai beau être personnellement opposé à l’interdiction des minarets, je me dois de mettre entre parenthèses mes idées sur ce sujet particulier et de rappeler ce droit inaliénable de notre peuple qui consiste, grâce à la démocratie directe, à être le maître de ses destinées. Nous avons aujourd’hui un avant-goût supplémentaire de la société liberticide et élitiste que l’Union européenne nous prépare. Allons-nous une fois encore baisser la tête ?

Je doute que tous les bons bourgeois “progressistes” qui ont appelé à brûler les passeports à croix blanche et à émigrer aient le courage d’aller au bout de leur provocation. La vie leur est si confortable ici… Si vraiment notre pays est devenu par trop invivable à leur goût, toutefois, ce n’est pas nous qui les retiendrons, les portes de sortie leur sont grandes ouvertes ! Si j’ai bien compris, ils cherchent un pays d’accueil où, si possible, ils puissent partager leur exécration de la Suisse et de la démocratie. Qu’ils essaient la Lybie !

 

pour Unité Populaire, David L’Epée

vendredi, 04 décembre 2009

Le feu au lac contre l'Europe d'en haut

minaretzzzzz.jpgRetrouvez cette chronique et les précédentes sur www.philipperanda.com

LE FEU AU LAC CONTRE L'EUROPE D'EN HAUT

Chronique hebdomadaire de Philippe Randa

Jules Renard écrivait au XIXe siècle : « Le peuple, oui, à condition de ne pas voir sa gueule ! ». C’était alors une remarque fort peu sociale, on en conviendra. Aujourd’hui, si le social est encore dans les préoccupations quotidiennes des « Européens d’en bas », il obsède rarement les médias et les donneurs de leçons professionnels, plus préoccupés de politiquement correct.

Pour eux, en ce début de XXIe siècle, « le peuple, oui, à condition de ne pas tenir compte de son avis quand il vote mal »… car sinon, que faire sinon le dissoudre, ainsi que le préconisait le si sympathique et tellement marxiste dramaturge allemand Bertolt Brecht ?

Nos dirigeants français ont bien compris en 2005 la douloureuse leçon : la Constitution européenne ayant été refusée à sa plus grande stupéfaction par les électeurs lors d’un référendum, ils ont imposé le traité de Lisbonne grâce à leurs parlementaires, trop soucieux de préserver les multiples avantages de leurs fonctions.

Ce week-end, nos voisins helvètes étaient appelés à s’exprimer pour ou contre de nouvelles constructions de minarets surplombant les mosquées. Leur réponse est sans ambiguïté : plus de 57 % les refusent. Réponse claire, nette… et bien évidemment intolérable !

À l’exception notable de l’ex-Garde des Sceaux et désormais eurodéputée Rachida Dati(1), le tollé médiatique ne s’est pas fait attendre. De l’ex-Premier ministre Jean-Pierre Raffarin qui déclare sur BFMTV que le résultat du référendum en Suisse prouve que « tout ne peut pas être décidé par référendum » – on se demande bien pourquoi ? Sinon le risque pour certains de quelques déconvenues comme celle du week-end– à l’actuel ministre des Affaires étrangères, ex-socialiste, Bernard Kouchner, « scandalisé par cette décision » et qui espère que « les Suisses reviendront (dessus) assez vite », ne cachant même pas ainsi un sous-entendu fort explicite : que la Suisse organise un nouveau vote, mais cette fois réservé à leurs seuls parlementaires pour annoncer ensuite sans doute et sans vergogne une grande victoire de la tolérance, de la démocratie, de la lutte contre les extrêmes et toutes ces sortes de choses…

Ces braillements indignés résonnent toutefois de plus en plus dans le vide… Ainsi, le journaliste Ivan Rioufol s’interroge dans Le Figaro (30 novembre) : « Où est l’intolérance ? Chez les Suisses, comme l’a déclaré Bernard Kouchner ce lundi matin (RTL) en critiquant leur vote contre les minarets (à 57,5 %), ou chez le ministre des Affaires étrangères, refusant d’accepter la règle démocratique ? » et qui rapporte qu’« invité à débattre ce matin(-là) sur Europe 1 (entre 13h10 et 13h20), (il a) pu constater que la station ne pouvait diffuser, faute de contradicteurs, que des commentaires d’auditeurs approuvant le vote. Une semblable consultation, en France, donnerait probablement des résultats similaires tant l’exaspération contre le politiquement correct semble être devenu un dénominateur commun, partout en Europe. »

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Consultation, d’ailleurs, qui a actuellement lieu sur le site de l’hebdomadaire L’Express (http://www.lexpress.fr/opinions/sondages/?idSondage=831955) qui lance ainsi le premier référendum (ou sondage) sur la question en France ; on notera qu’il y a bien longtemps qu’il n’y a pas eu autant de participation : 19 000 réponses dans les 12 heures contre 2 800 sur l’identité nationale en une semaine.

 

Ce qui donne tout de même à réfléchir… et à constater que malgré quatre décennies passées par « l’Europe d’en haut » à vanter les bienfaits de l’immigration, à culpabiliser l’homme blanc de son lourd fardeau, à imposer une démocratie de plus en plus totalitaire et à formater ses peuples selon sa logique mercantile, l’échec est notoire.

Alors, oui, on ne peut que se réjouir du résultat de la votation suisse, même si l’on peut s’interroger sur certains de ses aspects, comme le fait très pertinemment Christian Bouchet dans sa chronique« Référendum anti-minarets, quelle victoire ? (www.voxnr.com).

NOTE
(1) Interrogée sur France Inter, Rachida Dati s’est refusée à critiquer le mode de scrutin d’un pays « totalement démocratique comme la Suisse », considérant que la votation « est ce qu’il y a de plus démocratique » et qu’elle n’a pas à critiquer la réponse des électeurs ; ce qu’elle aimerait connaître, c’est pourquoi ils ont répondu ainsi à cette question et qu’elle ne croit pas « qu’ils aient répondu à une question d’urbanisme » comme l’a si finement estimé le chef de l’UMP, Xavier Bertrand.

jeudi, 03 décembre 2009

Les minarets? On s'en tape!

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Les minarets ? On s'en tape !

 

Ex: http://unitepopulaire.org/

Rarement une votation populaire n'avait soulevé une telle vague de passions. De mémoire, seules les votations historiques sur les questions liées à nos relations avec l’Union Européenne avaient su susciter tant d’émois, et l’objet en était certes autrement plus digne de polémique. L’objet du litige ? Le minaret, soit un édifice facultativement élevé au faîte d’une mosquée.

À première vue, l’on pourrait s’amuser de la tournure des débats. D’un côté, assistons au délire de l’UDC, qui a laissé libre cours à sa paranoïa en brandissant le spectre d’une “islamisation” de la Suisse. Nous pourrions effectivement moquer cette analyse saugrenue en rappelant que les musulmans représentent à peine 5% de la population suisse et que la plupart d’entre eux sont issus de territoires à forte tradition laïque (Balkans, Turquie). D’autre part, les opposants à l’initiative n’ont su opposer qu’un argumentaire geignard, droitdelhommiste et compliqué d’arguties juridiques. Nous furent servis de savants avis de droit qui ont argué de cette initiative la violation de la Convention Européenne des Droits de l’Homme. À cet égard, il faut affirmer avec force que rien n’est plus légitime que la décision souveraine et démocratique d’un peuple libre et indépendant, et que rien ne saurait y être opposé !

afp-photo-224589.jpgLa signification véritable de cette initiative a donc été largement éludée. Car l’initiative anti-minarets n’est qu’une étape de plus dans la diabolisation de l’Islam qui a cours depuis le 11 septembre 2001. La dernière affiche en date de l’UDC, représentant les trois conseillères fédérales voile accompagnées de citations misogines de Mahomet (la droite “conservatrice” jouant la carte du féminisme, il fallait vraiment qu’ils manquent d’arguments !), montrent bien que cette question des minarets n’est qu’un prétexte, un leurre grossier pour tenter, une fois encore, de monter les citoyens les uns contre les autres sur la base d’une querelle vidée de son sens. Le sens politique de cette stratégie est très clair, et elle n’est pas le propre de l’UDC. De nombreux partis à travers toute l’Europe ont trouvé dans l’islamophobie un fonds de commerce particulièrement rémunérateur, et ces partis – comme par hasard – sont presque tous engagés sur la ligne libérale, suivant ainsi le modèle américain jusque dans ses paranoïas et ses délires huttingtoniens. Il ne s’agit au fond que de la banale stratégie du bouc émissaire, qui vise à fédérer la communauté nationale qui se délite contre un ennemi commode fabriqué de toutes pièces pour la circonstance. Après le juif et le communiste, c’est aujourd’hui le tour du musulman d’incarner la cinquième colonne infiltrée dans notre société pour la subvertir.

Il est tout à fait vrai que le lien social s’effiloche, que l’amour de la patrie est aujourd’hui regardé d’un œil soupçonneux par la police de la pensée, que les valeurs traditionnelles sont battues en brèche par les marchands du temple et que l’identité nationale est l’objet de tous les contresens. Pourtant, on est en droit de se demander si l’Islam est responsable de cette situation déplorable. Albert Camus disait fort justement que mal nommer les choses, c’est ajouter au malheur du monde. Nous serions tentés d’ajouter que mal nommer son ennemi, c’est faire le jeu objectif de ce dernier.

Car l’islamophobie ambiante n’est qu’une stratégie du leurre, un rideau de fumée masquant les nuisances du véritable ennemi : le libéralisme. C’est l’individualisme jouisseur promu par la société de consommation qui est responsable du délitement des valeurs morales. Qui passe sur nos écrans, s’affiche sur nos murs et tente chaque jour de faire sa place dans nos préaux, Paris Hilton ou Mahomet ? Comme l’a relevé le socialiste Didier Berberat il y a quelques semaines lors d’un débat à Neuchâtel (en présence de Tariq Ramadan et de Dominique Baettig), si l’on doit légitimement avoir peur des symboles d’une nouvelle colonisation rampante, alors commençons par démonter les centaines de McDonald’s qui se sont imposés dans toutes les régions de notre pays ! Comme nous l’avons dit plusieurs fois, ceux qui, dans les quartiers à forte présence immigrée, amènent le désordre, la violence et la délinquance, ne sont pas des musulmans en puissance – ce sont, au contraire, des “Américains en puissance”, shootés à la propagande télévisuelle de l’argent facile, du repli égotiste et du communautarisme.

C’est la logique libérale qui est derrière ce libre-échange qui affaiblit les nations et les réduit à l’état de coquille vide. Qui empiète sur la souveraineté des Etats-Nations et leur impose des politiques néfastes ? Le grand Califat ou bien les instances antidémocratiques de la gouvernance mondiale (OMC, FMI, UE) ? Qui est responsable de la misère du tiers-monde et pousse à l’immigration massive des peuples du Sud vers les pays du Nord ? Est-ce le fruit d’un complot ourdi dans une grotte pakistanaise ou bien le résultat de politiques néo-impérialistes menées par les pays occidentaux ?

Répondre à ces quelques questions, c’est comprendre que l’Islam est un faux problème. L’islamophobie est un symptome, et non un remède.

 

pour Unité Populaire, Theo Von Büren

mercredi, 02 décembre 2009

Keine Minarette

bild4.jpgKarlheinz WEISSMANN / http://www.sezession.de/
Keine Minarette

In der Schweiz sollen keine Minarette mehr gebaut werden, so die Entscheidung der Volksabstimmung vom vergangenen Sonntag. Wohl gemerkt, es geht nicht um ein Verbot von Moscheen oder der Ausübung islamischer Religionspraxis, sondern nur darum, daß die Errichtung jener Türme unterbleibt, die man als Triumphzeichen des Islam verstehen kann, die in der Vergangenheit auch an gewaltsam entweihten und für den moslemischen Gottesdienst umgewidmeten Kirchen gebaut wurden.

Was an dem Vorgang noch interessanter ist als die Sache selbst, sind die Kommentare aus der politisch-medialen Klasse. Der Unmut scheint flächendeckend, sieht man ab von den Initiatoren der Schweizerischen Volkspartei (SVP), die ihre Genugtuung kaum verbergen, ist alles von der Fatalität des Entscheids überzeugt. Die Schweizer Grünen erwägen den Gang zum Europäischen Gerichtshof für Menschenrechte, um den eigenen demos zu verklagen, die Sprecherin der Berner Regierung sieht diplomatische Schwierigkeiten voraus, die Wirtschaft fürchtet ökonomische Einbußen.

Bei allen Äußerungen derselbe Tenor: die Masse sei offenbar zu wenig aufgeklärt. Die kleine Zahl von etwa 400.000 Muslimen biete keinen Anlaß für Überfremdungsängste, die meisten seien gut integriert, außerdem gebe es keinen echten Zusammenhang mit der insgesamt hohen Ausländerzahl in der Schweiz.

Es fällt den Mächtigen schwer, ihre eigene Fehleinschätzung – allgemein war mit der Ablehnung der SVP-Initiative gerechnet worden – zu begreifen. Das wiederum hat mit Ignoranz zu tun:

- gegenüber der Tatsache, daß es selbstverständlich Gründe gibt, Anfängen zu wehren, vor allem wenn man als Schweizer einen Blick über die Grenzen wirft;
- gegenüber dem nicht nur hier, sondern auch in anderen Zusammenhängen deutlichen Widerwillen der Schweizer angesichts der Regeln politischer Korrektheit;
- gegenüber dem Sachverhalt, daß es in der Schweiz auf Grund einer echten, jahrhundertealten Demokratie ein tiefes Mißtrauen angesichts der Bevormundung durch die Intelligenz gibt
- und gleichzeitig eine sehr präzise Vorstellung davon, was Demokratie ihrem Wesen nach ist: Herrschaft des Volkes, für das Volk und durch das Volk,
- was notwendig ein Volk voraussetzt, das nicht mehr vorausgesetzt werden kann, wenn man nur noch Bevölkerung hat, sprich: ein Konglomerat von einzelnen.

Daß Volk im eigentlichen Sinn eine ziemlich konservative Größe ist, lehrt alle Erfahrung und macht auch das Bedürfnis von Linken und Liberalen verständlich, es abzubauen und Demokratisierung nicht zu dulden, wenn die zu unerwünschten Ergebnissen führt. Das war so im Fall der dänischen oder des irischen „Nein“ zum Lissabon-Vertrag, das ist so im Fall des schweizerischen Votums gegen die Minarette und das wäre so im Fall einer deutschen Abstimmung über den EU-Beitritt der Türkei, Abschiebung krimineller Ausländer, Todesstrafe für Kinderschänder.

mardi, 01 décembre 2009

Van Rompuy face aux Turcs

samedi, 28 novembre 2009

Presseschau (4)

giornali_copy_1.jpgPresseschau (4)

Einige Links. Bei Interesse gerne anklicken...

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Bildung

Der Vorgang geistiger Formung, auch die innere Gestalt, zu der der Mensch gelangen kann, wenn er seine Anlagen an den geistigen Gehalten seiner Lebenswelt entwickelt. Gebildet ist nicht, wer nur Kenntnisse besitzt und Praktiken beherrscht, sondern wer durch sein Wissen und Können teilhat am geistigen Leben; wer das Wertvolle erfaßt, Sinn für Würde, Takt, Anstand, Ehrfurcht, Verständnis, Aufgeschlossenheit, Geschmack und Urteil erworben hat. Gebildet ist in einem Lebenskreis, wer den wertvollen Inhalt des dort überlieferten oder zugänglichen Geistes in eine persönlich verfügbare Form verwandelt hat.

(Der Neue Brockhaus in fünf Bänden, 4., neu bearbeitete Aufl., Wiesbaden 1968)

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Kommentar
Westerwelle muß Steinbach den Weg freimachen
Von Thomas Schmid
Die Blockade, die der deutsche Außenminister gegen die Vertriebenenpräsidentin Steinbach betreibt, ist falsch und muß enden. Zu Westerwelles Aufgaben gehört es, Deutschland im Ausland angemessen zu vertreten. Genau das tut er derzeit nicht. Zudem verstößt der FDP-Chef gegen liberale Prinzipien.
http://www.welt.de/politik/deutschland/article5242069/Westerwelle-muss-Steinbach-den-Weg-freimachen.html

Zu Füßen oder an der Kehle
18. November 2009 – „Die Deutschen hat man entweder zu Füßen oder an der Kehle.“ An diesen Ausspruch Winston Churchills hat mich der Antrittsbesuch des Außenministers in Warschau erinnert. Ausgerechnet der Mann, der die Deutschen in ihren Bürgerrechten bestärken will, verweigert sie nun einer Bevölkerungsgruppe, deren Leid und Elend nach dem Krieg größer war als das jeder anderen.
http://www.sezession.de/9188/zu-fuessen-oder-an-der-kehle.html

Guidowski
Von Michael Paulwitz
„Was kümmert mich mein Geschwätz von gestern?“ Das mag sich auch Guido Westerwelle gefragt haben, als er heute morgen die „Frankfurter Allgemeine Zeitung“ auf den Tisch bekam. Die sorgt sich im Leitkommentar ernstlich um den Gedächtniszustand des deutschen Außenministers.
Herausgeber Berthold Kohler ist beim Googeln zur Westerwelle-Kampagne gegen Vertriebenenpräsidentin Erika Steinbach nämlich auf ein bemerkenswertes Focus-Interview des FDP-Chefs aus dem Sepetember 2003 gestoßen. Da kämpfte Westerwelle wie ein Löwe für Erika Steinbachs „Zentrum gegen Vertreibungen“ in Berlin. Kostprobe?
„Der Außenminister und der Bundeskanzler sollten bei unseren Nachbarn für Verständnis werben. Ich verstehe nicht, warum der Bundeskanzler und der Außenminister den Sorgen der Nachbarn nicht entgegentreten, sondern die Debatte noch unverantwortlich anheizen. Das Engagement für das Zentrum ist selbstverständlich alles andere als erzkonservativ und revanchistisch.“
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display.154+M5d2474075fd.0.html

Steinbach sollte in Bundesregierung
BERLIN. Der Präsidentin des Bundes der Vertriebenen (BdV), Erika Steinbach, ist ein Amt in der Bundesregierung angeboten worden. Nach Informationen der JUNGEN FREIHEIT hätte die CDU-Bundestagsabgeordnete Staatssekretärin im Wissenschaftsministerium werden können.
Offenbar lehnte Steinbach das Angebot ab, um nicht in den Ruch der Käuflichkeit zu kommen. Angesichts des Streits um die Besetzung des Beirats der Stiftung „Flucht, Vertreibung, Versöhnung“ hätte sich ein solcher Eindruck ansonsten aufgedrängt.
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display.154+M5d2f0100871.0.html

Afghanistan-Besuch
Guttenberg-Hubschrauber reagierte auf möglichen Beschuß
http://www.spiegel.de/politik/ausland/0,1518,661349,00.html

Türkischer Premier Erdogan
„Ein Muslim kann keinen Völkermord begehen“
Von Boris Kalnoky
Israels Verhalten gegenüber den Palästinensern im Gazastreifen hatte den türkischen Premier Recep Tayyip Erdogan im Januar noch wütend aufschreien lassen. Den wegen Kriegsverbrechen in Darfur mit Haftbefehl gesuchten sudanesischen Präsidenten Omar al-Baschir nimmt er hingegen in Schutz.
http://www.welt.de/politik/ausland/article5144277/Ein-Muslim-kann-keinen-Voelkermord-begehen.html

Gaddafis Skurrilitäten
200 geladenene Italienerinnen erhalten Islamunterricht
http://www.stern.de/panorama/gaddafis-skurilitaeten-200-geladenene-italienerinnen-erhalten-islamunterricht-1522373.html
http://www.abendblatt.de/politik/ausland/article1272222/Gaddafi-gibt-200-Frauen-Islam-Lektion.html

Kommentar
Es war falsch, Enke wie einen König aufzubahren
Von Thomas Schmid
Noch immer hat der Trauer-Tsunami, der nach dem Selbstmord von Robert Enke über Deutschland und Hannover ging, etwas Rätselhaftes. Die Trauer um die in Afghanistan gefallenen Soldaten bleibt in engen Grenzen und weithin privat. Irgendwie sind uns da vielleicht die Maßstäbe entglitten.
http://www.welt.de/sport/fussball/article5224524/Es-war-falsch-Enke-wie-einen-Koenig-aufzubahren.html

Lesenswerter Artikel aus dem Jahr 1999 zur Änderung des deutschen Staatsbürgerschaftsrechts ...
„Ein Staatsstreich des Parlaments“
Bonner Verfassungsrechtler Josef Isensee lehnt Einbürgerung ab
Die geplante Einführung der doppelten Staatsangehörigkeit bedeutet eine Geringschätzung des Grundgesetzes durch das Parlament, meint Josef Isensee. Mit dem Bonner Staatsrechtslehrer sprach Martina Fietz
http://www.welt.de/print-welt/article563971/Ein_Staatsstreich_des_Parlaments.html

Weltkrieg der Währungen
Der Yuan ist Chinas schärfstes Schwert
Von Daniel Eckert
China setzt seine Währung wie eine Waffe ein. Die Chinesen halten ihre Währung durch die Bindung an den Dollar künstlich niedrig. Damit verschaffen sie ihrer Wirtschaft enorme Wettbewerbsvorteile – auch gegenüber Deutschland. Doch die Strategie des billigen Yuan kann China noch schmerzhaft auf die Füße fallen.
http://www.welt.de/finanzen/article5255712/Der-Yuan-ist-Chinas-schaerfstes-Schwert.html

Springer: Freier Zugang zu Informationen ist kommunistisch
Verlagsboß ereifert sich auf Monaco Media Forum
http://www.golem.de/0911/71190.html

Rußland erstickt an radioaktivem Müll
http://bazonline.ch/ausland/europa/Russland-erstickt-an-radioaktivem-Muell/story/16367617

Info-Dienst, nicht parteigebunden
http://gesamtrechts.wordpress.com/

Bankfilialleiter nach Nazi-Vorwürfen suspendiert
Von Andrea Jedich, NDR Fernsehen Kiel
und Stefan Schölermann, NDR Info
Über Monate verfolgten NDR Reporter die Spur des „A.K. Busch“. Die Volks- und Raiffeisenbank Pinneberg hat den Leiter einer Filiale in Schenefeld suspendiert. NDR Reporter hatten herausgefunden, daß der Mann in dem Buch „Blutzeugen“ NS-Schergen ein Denkmal setzte. Der 36jährige räumte ein, der Autor zu sein. Er war wegen seiner Aktivitäten auch ins Visier des Hamburger Verfassungsschutzes geraten. Am Donnerstag teilte die Bank dem NDR schriftlich mit, daß der Mann mit sofortiger Wirkung vom Dienst freigestellt sei.
http://www.ndr.de/nachrichten/schleswig-holstein/banker112.html

Deutschland gedenkt seiner gefallenen Soldaten
Etwa zwei Millionen deutsche Soldaten fielen im Ersten Weltkrieg, mindestens 5,5 Millionen waren es zwischen 1939 und 1945. Seit 1919 gedenkt Deutschland an einem Sonntag im Jahr seiner Gefallenen. Während das Datum unter den Nationalsozialisten als Heldengedenktag jeweils im Frühjahr begangen wurde, wird den Gefallenen der Weltkriege seit 1952 immer zwei Sonntage vor dem ersten Advent am Volkstrauertag gedacht. Die JUNGE FREIHEIT erinnert mit einer Bildstrecke an die gefallenen deutschen Soldaten des Ersten und Zweiten Weltkrieges.
http://www.jungefreiheit.de/Volkstrauertag.675.0.html

Evangelische Kirche fordert Bekenntnis gegen Rassismus
SCHWERIN. Die evangelische Kirche in Mecklenburg-Vorpommern hat angekündigt, stärker gegen Rechtsextremismus in den eigenen Reihen vorzugehen. So sollen die Kandidaten für die Wahl der Kirchengemeinderäte in der Landeskirche Mecklenburg im kommenden Jahr eine entsprechende Erklärung unterschreiben.
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display.154+M5b4b516474e.0.html

Die Geister, die ich rief ...
„Shoah“-Regisseur beklagt sich über durchgeknallte deutsche Linke:
Antisemitismus in Hamburg
Regisseur Lanzmann „schockiert“ über Krawalle bei Israel-Film
Von Sebastian Hammelehle
Gewalttätige Demonstranten verhinderten in Hamburg die Vorführung eines Films über Israel – und sollen die Kinobesucher als „Judenschweine“ beschimpft haben. Jetzt hat sich der Regisseur Claude Lanzmann erstmals dazu geäußert: Ein derartiger Skandal sei weltweit einmalig.
http://www.spiegel.de/kultur/gesellschaft/0,1518,661980,00.html#ref=nldt

Hessen
Gefahr durch Autonome
http://www.hr-online.de/website/rubriken/nachrichten/indexhessen34938.jsp?rubrik=36082&key=standard_document_38310971

Brandenburg
Gerd-Rüdiger Hoffmann
Streit um Stasi-Vergangenheit
http://www.welt.de/die-welt/politik/article5227731/Neuer-Stasi-Fall-bei-Potsdamer-Linkspartei.html
http://www.maerkischeallgemeine.de/cms/beitrag/11658902/62249/Vorwurf-gegen-Gerd-Ruediger-Hoffmann-Stasi-Verdachtsfall-in.html
http://www.bz-berlin.de/archiv/war-kultursprecher-der-linken-im-schwalbe-bei-der-stasi-article644052.html
http://newsticker.welt.de/?module=dpa&id=23022770
http://www.rbb-online.de/nachrichten/politik/2009_11/Streit_um_Stasi-Vergangenheit_spitzt_sich_zu.html

Griechenland
Ausschreitungen in Athen
[Mal wieder ist in der deutschen Presse nur von „Menschen“ und „Personen“ die Rede; im Fernsehen wurde immerhin mal der Begriff „Autonome“ bemüht]
http://www.faz.net/s/Rub0D783DBE76F14A5FA4D02D23792623D9/Doc~E7B2CA392B0E14AF79B48ACB298DBA86E~ATpl~Ecommon~SMed.html
http://www.bild.de/BILD/news/telegramm/news-ticker,rendertext=10496496.html
http://www.dw-world.de/dw/function/0,,12356_cid_4902848,00.html

Sondergesetz Volksverhetzung
Nur für Verharmlosung des NS-Systems strafbar
[Das menschenverachtende Regime jener Zeit „hat für die verfassungsrechtliche Ordnung der Bundesrepublik Deutschland eine gegenbildlich identitätsprägende Bedeutung (sic !), die einzigartig ist und allein auf der Grundlage allgemeiner gesetzlicher Bestimmungen nicht eingefangen werden kann“.]
http://www.welt.de/die-welt/politik/article5250647/Volksverhetzung-bleibt-strafbar.html
http://www.faz.net/s/RubD5CB2DA481C04D05AA471FA88471AEF0/Doc~E664FCBECFBC54F318E147FD5760190D5~ATpl~Ecommon~Scontent.html?rss_googlenews

Dietzenbach
„Antifa“ beim Ausländerbeirat
http://www.op-online.de/nachrichten/dietzenbach/antifa-beim-auslaenderbeirat-532022.html

... und noch einmal aus Sicht der „Antifa“ ...
Dietzenbach
„Antifa“ beim Ausländerbeirat
http://antifako.blogsport.de/2009/11/17/antifa-besucht-sitzung-des-offenbacher-kreisauslaenderbeirates-vorsitzender-entzieht-sich-der-verantwortung/

Der „Rosa-Luxemburg-Umzug“ der „Autonomen“ ...
1800 demonstrierten zum 20. Todestag von Conny Weßmann in Göttingen
http://www.inventati.org/ali/index.php?option=com_content&view=article&id=1644:conny-demo-am-14112009
http://de.indymedia.org/2009/11/265796.shtml
http://www.goettinger-tageblatt.de/Nachrichten/Politik/Niedersachsen/Festnahmen-und-Verletzte-bei-Autonomen-Demo-in-Goettingen
http://www.taz.de/1/politik/deutschland/artikel/1/20-jahre-spaeter-knallt-es-erneut/

Mai-Krawalle in Berlin
Steinewerfender Polizist bekommt Bewährung
http://www.spiegel.de/politik/deutschland/0,1518,662076,00.html
http://www.hr-online.de/website/rubriken/nachrichten/indexhessen34938.jsp?rubrik=36082&key=standard_document_38329811
http://www.bild.de/BILD/regional/frankfurt/dpa/2009/11/18/frankfurter-polizist-als-steinewerfer-verurteilt.html

Der Nationalismus – ein Wahngebilde
von Wolfgang Nacken
[mit ausführlicher Diskussion]
http://blog.zeit.de/stoerungsmelder/2009/10/23/der-nationalismus-%E2%80%93-ein-wahngebilde_1650

Kein Abend für Daniel Cohn-Bendit
Von Götz Kubitschek
Vor wenigen Minuten hat in Frankfurt/Main eine große konservativ-subversive aktion (ksa) begonnen. Ziel ist eine Podiumsdiskussion zum Integrationskonzept der Stadt Frankfurt, an der Daniel Cohn-Bendit (Alt-68er) und Armin Laschet (Integrationsminister NRW) teilnehmen. Und wir halt auch.
Die Aktion trifft Wirklichkeitsverweigerer ersten Ranges, das haben wir in mehreren Beiträgen über die Ausländerproblematik und die Gewalt gegen Deutsche inhaltlich ausgeführt.
http://www.sezession.de/9220/kein-abend-fuer-daniel-cohn-bendit.html#more-9220

Sechste ksa in Frankfurt – „Wo ist Sarrazin?“
In Frankfurt findet zur Zeit die 6. Konservativ-subversive aktion (ksa) statt. Die Dementi auf Sezession.de und auf Politically Incorrect waren lediglich Finten, da bereits am Vormittag auf diversen Internetseiten Informationen über die Aktion publik gemacht wurden.
Rund 25 Aktivisten sind in Frankfurt am Main bei einer Diskussionsveranstaltung zum Thema Integration. Von BlaueNarzisse.de sind ein halbes Dutzend Leute vor Ort.
http://www.blauenarzisse.de/podcast/index.php?id=1438

Konservativ-subversive Aktion stört Veranstaltung mit Cohn-Bendit
FRANKFURT/MAIN. Die Konservativ-subversive Aktion (KSA) hat am Donnerstagabend eine Podiumsdiskussion zum Thema „Aufgaben für die Integrationspolitik“ in Frankfurt gestört. An der Veranstaltung hatten unter anderem der Europaabgeordnete der Grünen, Daniel Cohn-Bendit, und der Integrationsminister von Nordrhein-Westfalen, Armin Laschet (CDU) teilgenommen.
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display.154+M5e1d3d31217.0.html

6. KSA erfolgreich
Heute abend ist in Frankfurt/Main die 6. KSA angelaufen: Ziel war eine Podiumsdiskussion zum Integrationskonzept der Stadt Frankfurt, an der u.a. Alt-68er Cohn-Bendit und Laschet teilnahmen. Und wir halt auch, schreibt Kubitschek auf Sezession.de.
Gegen 20.30 Uhr skandieren die etwa 25 Mitglieder der KSA „Wo ist Sarrazin?“. Cohn-Bendits Bild von einer multikulturellen Gesellschaft entspricht nicht der Realität, machen die KSA-Aktivisten deutlich – nicht Bendit und andere Politiker müssen die desaströse Einwanderungs-Politik ausbaden, sondern die Jugend in Deutschland.
http://www.deutschland-kontrovers.net/?p=17586

Linke reingelegt
In Frankfurt findet zur Zeit die 6. konservativ-subversive aktion (ksa) statt. Die Dementi auf Sezession.de und auf Politically Incorrect waren lediglich Finten, da bereits am Vormittag auf diversen Internetseiten Informationen über die Aktion publik gemacht wurden. Die Blaue Narzisse hat Bilder und News von der ksa ...
http://www.pi-news.net/2009/11/linke-reingelegt/

konservativ-subversive aktion bringt Cohn-Bendit in Bedrängnis
Harmlos und nett: Die Integrationsdezernentin der Stadt Frankfurt, Nargess Eskandari-Grünberg, begrüßt den „lieben“ Daniel Cohn-Bendit und direkt an seiner Seite Armin Laschet (CDU). Moderator Volker Zastrow weiß nicht so recht, was er sagen soll, und erzählt vom Klavierspielen. Er will eine gemütliche Diskussion einläuten. Eskandari-Grünberg indes wünscht sich „freie Meinungsäußerung“ und diese kommt dann auch gleich: Die konservativ-subversive aktion (ksa) um Götz Kubitschek und Felix Menzel ergreift das Wort und skandiert: „Wo ist Sarrazin?“
http://www.blauenarzisse.de/v3/index.php/aktuelles/1147-konservativ-subersive-aktion-bringt-cohn-bendit-in-bedraengnis

Versucht die Presse, die ksa jetzt totzuschweigen?
Die gestrige ksa in Frankfurt war ein voller Erfolg. Wir haben bereits darüber berichtet, daß sich die Pressefotografen auf uns gestürzt haben. In etablierten Online-Medien ist aber bisher nichts über die Aktion erschienen.
Ein Antifant hat nun auf einer Website folgendes ausgeplaudert. (...)
http://www.blauenarzisse.de/podcast/index.php?id=1439

Der Deutsche als Opfer
Von Götz Kubitschek
Im August dieses Jahres wurde in Schöppingen, einer Gemeinde im Norden Nordrhein-Westfalens, der 18jährige Kevin erstochen. Die Ursache für die tödliche Messer-Attacke ist nach wie vor unbekannt. Ging der Tat ein Streit voraus, eine Auseinandersetzung, die vielleicht auch schon einige Tage oder Wochen zurücklag? Kannte der Täter sein Opfer oder lief es ihm zufällig und zu einem verhängnisvoll falschen Zeitpunkt über den Weg?
Fest steht, daß Kevin auf dem Nachhauseweg von einer Feier in einem nahe gelegenen Park auf seinen Mörder traf, der mehrfach auf ihn einstach und dann floh. Das schwerverwundete Opfer schleppte sich zurück zur Feier und brach dort zusammen. Ein Notarzt versuchte zu reanimieren. Die Rettung schlug fehl, Kevin starb. Der Täter wurde im Zuge der eingeleiteten Fahndung an der Tür des Schöppinger Asylbewerberheims festgesetzt. Kevin war Deutscher, präzise ausgedrückt: ethnischer Deutscher. Der Täter ist ein Asylbewerber.
http://www.sezession.de/9209/der-deutsche-als-opfer.html

Bonn-Bad Godesberg
Zwei Welten: Mit Schlagring gegen Elite-Schüler
[Auszug: „Ich wage mich abends nicht mehr dorthin, das ist mir zu gefährlich geworden.“ Der 17 Jahre alte Bonner Gymnasiast meidet den südlichen Stadtbezirk Bad Godesberg, seinen Namen will er lieber nicht nennen. „Die ‚Kanaken‘ warten nur darauf, einen abzuziehen.“ Verhältnisse wie in der Bronx, Neukölln oder Pariser Vorstädten sind es nicht – aber „BadGo“ ist für viele zu einem „NoGo“ geworden. Nach dem Regierungsumzug vor zehn Jahren hat sich das Bild rasant gewandelt. Der einst beschauliche Kur- und Diplomatenort droht wegen Jugendgewalt und Gangs in Verruf zu geraten.]
http://www.evangelisch.de/themen/gesellschaft/zwei-welten-mit-schlagring-gegen-elite-schueler5542

Offenbach
Überfall auf Busfahrer
http://www.deaf-deaf.de/presse/polizei/10912-pressebericht_des_polizeipraesidiums_suedosthessen_vom14112009.html
http://www.ad-hoc-news.de/fahrgaeste-wiederholung-vom-samstag-busfahrer-waehrend--/de/Polizeimeldungen/20707177
[hier ohne Hinweis auf das „südeuropäische“ Aussehen der Täter]


Angst vor Amoklauf
Angriff auf Lehrerin löst Panik an Hauptschule aus
Zwei Schüler haben mit ihrem Angriff auf eine Lehrerin in Nordrhein-Westfalen einen Großeinsatz der Polizei ausgelöst. Die Schule wurde aus Angst vor einem Amoklauf geräumt. Der Haupttäter war zuvor wegen verbaler Drohungen vom Unterricht suspendiert worden. [Laut RTL Aktuell handelt es sich bei den Tätern um einen Ismael K. und einen Yusuf M.]
http://www.spiegel.de/panorama/justiz/0,1518,662090,00.html

Hier das Video mit dem RTL-Bericht ...
Brutaler Angriff auf Lehrerin: Zwei Jugendliche gefaßt
http://www.rtl.de/rtlaktuell/rtl_aktuell_videoplayer.php?article=34202&pos=6

Deutschland
Viele Türken fühlen sich unerwünscht
In Deutschland lebende Türken orientieren sich stärker an türkischen als an deutschen Werten. Kein Wunder, fühlen sich doch 45 Prozent hierzulande unerwünscht.
http://www.focus.de/politik/deutschland/deutschland-viele-tuerken-fuehlen-sich-unerwuenscht_aid_455645.html

Verständnis im Parkhausmordprozeß
Mit 36 Messerstichen (!) metzelte der 41jährige Suat G. seine Ex-Freundin nieder, nachdem er die Scheibe des Autos eingeschlagen hatte, in dem sich Nicole B. angsterfüllt eingeschlossen hatte. Gestern wurde das Plädoyer der Staatsanwaltschaft gehalten. Die geht nicht mehr von Mord, sondern voller Verständnis für den als Gewalttäter bekannten Killer von „Totschlag“ aus und forderte neun Jahre.
Vielleicht hatte Suat ja nur den Dialog gesucht und spontan zugestochen, als Nicole sich weigerte …
http://www.pi-news.net/2009/11/verstaendnis-im-parkhausmordprozess/

Der Präzedenzfall von Dresden (III)
Von Thorsten Hinz
Ich packe gerade die Presseberichte über den Fall der getöteten Ägypterin Marwa el-Sharbini zusammen, darunter die Artikel von Gisela Friedrichsen und Sabine Rückert, die Gerichtreporterinnen vom Spiegel und der Zeit, die ich eigentlich sehr schätze. Deshalb ein letzter Blick aus einer anderen Perspektive auf diesen Fall.
Ich finde, daß die Berichterstattung komplett versagt hat. Vor allem hat sie sich keine Mühe gegeben, die Stummheit des Täters Alex W., seine Autoaggressivität, seine Selbstverletzungen während des Prozesses zu ergründen. Banale Erklärungen wie „Verstocktheit“ oder „Fanatismus“ mußten ausreichen.
Dabei drängen sich Parallelen zu Dramenfiguren von Gerhart Hauptmann auf. In ihnen toben Orkane, für die sie aber keine Sprache haben. Sie gestikulieren, stammeln, schreien, weinen, sie würgen zusammenhanglose Wortbrocken heraus, sie ersticken beinahe daran, nehmen sich am Ende das Leben oder erwürgen – wie die Kindsmörderin Rose Bernd – ihr Neugeborenes.
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display.154+M57acc30968e.0.html

„Jugendliche“ randalieren in Berg Fideler Kirche
Unbekannte Jugendliche im Alter von 15 bis 17 Jahren, 1,65 bis 1,67 Meter groß, mit dunklen, gegelten Haaren, gekleidet in Jacken und Jogginghosen – mit anderen Worten „Südländer“ – randalierten am Sonntag nachmittag in einer Kirche in Münster-Berg Fidel. Vom Lärm aufgeschreckte Mitglieder der Kirchgemeinde wollten im Gotteshaus nach dem rechten sehen.
Als ein Vertreter der Kirchengemeinde sich der Bande entgegenstellte, trat einer der Jugendlichen von innen mit Gewalt die Kirchentür auf, so daß sie beschädigt wurde. Anschließend wurde der Mann von den Randalierern beleidigt und bespuckt, als sie sich aus dem Staub machten. Abgesehen davon, daß das Täterprofil auf einen südländischen Bereicherungsfaktor hindeutet, ist allein schon die Tatsache erschreckend, was man mit einer Kirche alles anstellen kann, ohne daß es einen Skandal gibt – im Gegensatz zu religiösen Einrichtungen anderer Religionen.
http://www.pi-news.net/2009/11/jugendliche-randalieren-in-berg-fideler-kirche/

Kirchenschändung in Frankfurt: Jugendliche urinieren in den Kaiserdom und begingen Diebstahl
http://www.presseportal.de/polizeipresse/pm/4970/1511800/polizeipraesidium_frankfurt_am_main
http://www.bild.de/BILD/regional/frankfurt/dpa/2009/11/13/jugendliche-pinkeln-in-kirche-und-klauen.html
http://netplosiv.org/200935027/vermischtes/kriminalitaet/frankfurt-gotteshaus-mit-urin-geschaendet

Spanien
Übergewichtiger Bub auf Flucht vor Polizei
[„Der Fall sorgt in Spanien seit Wochen für Schlagzeilen. Er ist heikel, weil es sich bei den Betroffenen um eine Roma-Familie handelt, was den Behörden den Vorwurf der Minderheitenfeindlichkeit einbrachte.“]
http://www.nachrichten.at/nachrichten/weltspiegel/art17,293204
http://www.sueddeutsche.de/U5438S/3123770/Uebergewichtiger-Junge-flieht-vor-Behoerden.html

Südtirol: Notarzt ergreift die Flucht
Weil ein junger Mann mit seinem Motorrad tödlich verunglückt war, griffen Freunde und Verwandte nicht nur den Fahrer des gegnerischen Autos an, sondern die Rettungskräfte gleich mit. Der Verstorbene war Marokkaner.
http://www.pi-news.net/2009/11/suedtirol-notarzt-ergreift-die-flucht/

Paris: Werbegag endet mit Jagd auf Weiße
Was als Werbegag einer Internetfirma geplant war, endete am vergangenen Samstag in Paris in einem Fiasko voller Haß und Gewalt. Die Internetfirma Rentabiliweb hatte auf ihrer Webseite über Wochen für einen öffentlichen Geldregen aus einem Doppeldecker-Bus geworben. 5000 Umschläge mit jeweils fünf bis 500 Euro sollten in die Menge geworfen werden. Doch der Veranstalter hatte nicht mit 7000 Menschen, darunter vielen „Jugendlichen“, gerechnet.
http://www.pi-news.net/2009/11/paris-werbegag-endet-mit-jagd-auf-weisse/

Absage nach Massenansturm
Kein Geldregen über Paris
http://www.rp-online.de/panorama/ausland/Kein-Geldregen-ueber-Paris_aid_783004.html
http://www.n-tv.de/panorama/Werbeaktion-sorgt-fuer-Randale-article590857.html

In England regt sich Widerstand gegen die Überfremdung ...
Anti-Bericht über English Defense League
[pc-gesättigter Bericht, dennoch sehr sehenswert!]
http://www.youtube.com/watch?v=aiuWq0S7H9U&feature=player_embedded

Jeder zweite Europäer mit Vorurteilen
Studie: Deutschland bei negativen Meinungen über Minderheiten im Mittelfeld
[„Menschenfeindlichkeit in Europa“ wird über eine neue Studie des Instituts für Konflikt- und Gewaltforschung (Bielefeld) und der Amadeu-Antonio-Stiftung getitelt (Heitmeyer) behauptet; fragt sich nur, weshalb immer nur die eine Ethnie als „menschenfeindlich“ deklariert wird – „Migranten, Muslime, Juden, Frauen und Schwule“ (eine interessante Kombination von Opfer-Konstrukten) scheinen demnach weder „Menschenfeindlichkeit“ noch „Vorurteile“ zu kennen.]
http://www.welt.de/die-welt/politik/article5208287/Jeder-zweite-Europaeer-mit-Vorurteilen.html
http://www.dw-world.de/dw/article/0,,4891359,00.html
http://www.morgenpost.de/printarchiv/politik/article1207019/Studie-Vorurteile-sind-in-Europa-weit-verbreitet.html
http://www.neues-deutschland.de/artikel/159196.konservatismus-macht-anfaellig.html
http://www.scharf-links.de/46.0.html?&tx_ttnews%5Btt_news%5D=7571&tx_ttnews%5BbackPid%5D=3&cHash=a3b3019b5c

Angriff auf die Bildungsbürger
Von Insa Gall und Dorothea Siems
In vielen Bundesländern geht die CDU neue Wege in der Schulpolitik. Im Saarland und in Hamburg diktieren die Grünen die Richtung. In der Hansestadt will eine Volksinitiative die umstrittene Reform kippen. Vor allem Anhänger des Gymnasiums werfen der Union Verrat vor
http://www.welt.de/die-welt/politik/article5208254/Angriff-auf-die-Bildungsbuerger.html

Schulkampf
Karlheinz Weißmann
Den Kampf der Hamburger gegen die schwarz-grüne Schulreform kann man nur mit Sympathie verfolgen. Seit der Auseinandersetzung um die Hessischen Rahmenrichtlinien und die „Coop“-Schule in Nordrhein-Westfalen hat sich der Widerstand gegen absurde Bildungskonzepte nie so deutlich und so legitim gezeigt wie hier.
Wer allerdings meint, daß auf der Gegenseite nur Ahnungslosigkeit (CDU) und Verblendung (Grüne) den Ausschlag geben, der wird in einem Beitrag der FAZ über personalpolitische Hintergründe aufgeklärt, die nicht ganz ohne Bedeutung für die Pläne des Hamburger Senats sind, dem bewährten gegliederten Schulsystem endgültig den Garaus zu machen.
http://www.sezession.de/9154/schulkampf.html#more-9154

Eine ehrwürdige Institution bangt um ihre Zukunft
Von Insa Gall
Der Direktor des altsprachlichen Hamburger Elitegymnasiums Johanneum warnt vor den Folgen der umstrittenen Schulreform
http://www.welt.de/die-welt/politik/article5208253/Eine-ehrwuerdige-Institution-bangt-um-ihre-Zukunft.html

Schwarz-grünes Hamburg
Gegner der Schulreform erzwingen Volksentscheid
Von Birger Menke
Der Hamburger Schulkampf geht in die nächste Runde: 182.000 Unterschriften haben die Schulreform-Gegner nach eigenen Angaben gesammelt, dreimal soviel wie nötig. Damit naht ein Volksentscheid im Sommer 2010 – sehr kurz vor dem Schulstart. Hamburg droht ein Bildungschaos.
http://www.spiegel.de/schulspiegel/wissen/0,1518,661951,00.html

mercredi, 25 novembre 2009

Avraham Burg: du sionisme au post-sionisme

avraham-burg-lenfant-terrible-judaisme-L-2.pngAvraham Burg : du sionisme au post-sionisme

 

Le père d’Avraham Burg, Josef Burg (1909-1999), a participé à la plupart des gouvernements israéliens depuis l’émergence de l’Etat hébreu sur la scène politique internationale jusqu’à sa retraite en 1986. Il appartenait à un courant religieux du sionisme, l’idéologie fondatrice d’Israël. Son fils, Avraham Burg, a, lui aussi, toujours été un pilier de l’Etat hébreu. En 1995, il est devenu président de la « Jewish Agency », qui réglait les questions d’immigration en Israël, puis de la « World Zionist Organization ». Jusqu’en 2003, il a été le porte-paroles de la Knesseth. Aujourd’hui, cet homme, trempé depuis sa plus tendre enfance dans l’ambiance sioniste militante, est devenu l’enfant terrible d’Israël, le symbole d’une intelligentsia juive critique à l’endroit de ce sionisme fondateur. Ses critiques sont parues récemment en Allemagne, dans un ouvrage au titre volontairement provocateur : Hitler besiegen – Warum Israel sich endlich vom Holocaust lösen muss (= « Vaincre Hitler – Pourquoi Israël doit enfin se détacher de l’Holocauste ») et dans un entretien accordé à la revue juive indépendante d’Allemagne, Semit – Unabhängiges jüdische Zeitschrift, publiée par Abraham Melzer. John Mearsheimer, qui avait co-publié naguère un ouvrage qui analysait en profondeur les arcanes du lobby pro-Israël, écrit : « Tous ceux qui se soucient de l’avenir d’Israël, doivent lire ce livre ». Qu’en est-il ? Le DNZ de Munich nous en parle. En voici une version française :

 

Le livre d’Avraham Burg, ancien porte-paroles de la Knesseth, vient de paraître et s’intitule Hitler besiegen. Fils de Josef Burg, qui fut longtemps ministre de l’intérieur en Israël, Avraham Burg prend désormais ses distances par rapport au sionisme et remet ses thèses fondamentales en question.

 

Comme son père, qui avait quitté Dresde en 1939 pour émigrer vers la Palestine, Avraham Burg, né à Jérusalem en 1955, est un homme qui a joué un rôle important dans la représentation de l’Etat hébreu et dans la défense des intérêts israéliens. De 1999 à 2003, Avraham Burg a été le porte-paroles du parlement d’Israël. En coopération avec Israel Singer, à l’époque directeur du « World Jewish Congress », et avec Edgar Bronfman, alors président de ce même WJC, c’est lui qui a dirigé les négociations, assez tendues, avec les banques suisses, pour récupérer les sommes qui auraient été, dit-on, retenues par ces dernières, au détriment de clients juifs. En évoquant cette affaire, Avraham Burg écrit aujourd’hui : « Cette campagne a eu plus de succès qu’on ne l’avait escompté et a une fois de plus justifié l’existence du WJC, qui en est sorti renforcé ». Rappelons également qu’Avraham Burg a servi son pays comme officier dans une brigade parachutiste, mais après son service militaire s’est engagé dans le mouvement pacifiste « Peace Now ».

Regarder l’avenir et non se retourner vers le passé

 

hitlerbeseigen.jpgSon nouveau livre (280 pages, 22,90 euro, Campus Verlag, Frankfurt a. M.) révèle toutefois une certaine déchirure. D’une part, Avraham Burg est très fier de nous dire « qu’Israël est devenu la construction étatique juive la plus puissante de tous les temps » mais, d’autre part, il craint que le fait d’avoir systématiquement dépossédé les Arabes de leurs droits menace la paix et pourrait avoir des conséquences effroyables. Il pense que les exagérations du pouvoir israélien et la démesure des agressions qu’il perpète finiront tôt ou tard par avoir des effets menaçant pour l’existence même d’Israël. Pour Burg, Israël est désormais un Etat solidement établi et puissant mais semble nier cette réalité ; Burg écrit, à ce propos : « [Israël] dissimule cette gloire derrière de perpétuelles lamentations, parce que jadis nous avons subi un holocauste. Sans cesse, à cause de la Shoah, nous voulons une armée de plus en plus performante ; nous voulons davantage de moyens, que les contribuables d’autres pays doivent nous fournir et, de plus, nous exigeons le pardon automatique pour tous nos excès. Nous voulons être hissés au-dessus de toute critique et tout cela parce qu’un Hitler a régné jadis pendant douze ans ». Burg réclame pour ses concitoyens israéliens une voie vers l’avenir plutôt qu’un regard en permanence tourné vers le passé : il veut qu’ils se décident pour un monde meilleur.  Dans certains segments du judaïsme orthodoxe, pour autant qu’ils soient liés au nationalisme israélien, notre auteur voit une menace pour la paix mondiale.

 

En Israël, une véritable « industrie de la Shoah » s’est développée et la « shoahisation » serait, d’après Burg, devenue la seconde nature des Israéliens. Là, l’ancien porte-paroles de la Knesseth reconnaît : « Je rêve de la paix et je suis prêt à payer un prix élevé pour qu’elle advienne, et j’espère ardemment que mon pays cessera un jour de fouler aux pieds toutes les valeurs pour lesquelles nous nous étions engagés lorsque nous étions une minorité persécutée ».

 

Avraham Burg plaide pour que justice soit faite au peuple allemand. L’Allemagne, nous dit-il, a vécu un véritable traumatisme national : « … à cause de l’humiliation que les puissances victorieuses de la première guerre mondiale ont infligée à l’Allemagne, un pays qui n’avait pas réussi à sortir avec succès de la compétition entre les grandes puissances impérialistes d’Europe. L’Allemagne est ainsi devenue la nation la plus blessée et le plus humiliée d’Europe ». 

Le rituel de Yad Vashem

 

Dans ce livre, qui fourmille d’informations inédites et intéressantes, nous percevons le doute angoissant de l’auteur quand il analyse la situation politique actuelle. La politique de l’Etat israélien aujourd’hui n’est certes pas responsable de l’antisémitisme mais a contribué à faire augmenter partout la haine des juifs. Burg tient pour acquis que la Shoah revêt une importance capitale dans la mémoire de la nation, mais il nie l’hégémonie qu’elle exerce sur tous les aspects de la vie quotidienne juive, et si cette hégémonie n’existait pas, les Juifs eux aussi transformeraient ce souvenir sacré, et qui devrait en tous les cas de figure demeurer sacré, en objet de moqueries sacrilèges. Plus Israël reste ancré dans le passé marqué par Auschwitz, plus il éprouvera des difficultés à s’en libérer.

 

Avraham Burg décrit ensuite l’obligation qu’ont tous à aller visiter le sanctuaire de Yad Vashem : « Nous avons là un lieu du souvenir pour toutes les victimes, pour nous tous, et tous les visiteurs doivent y venir et prendre le deuil avec nous. C’est un rituel de la nouvelle religion israélienne. Les hôtes de l’Etat atterrissent à l’aéroport Ben Gourion, se rendent rapidement à leur hôtel, pour s’y rafraîchir, pour mettre un costume noir, se nouer une cravate ou se coiffer d’une kippa de velours comme un rabbin ou un cardinal, avant qu’on les amène illico à Yad Vashem à Jérusalem. Ils prennent des mines compassées, ils sont là un bouquet à la main et ils baissent la tête. Un chantre entonne la prière pour les morts, ‘Dieu plein de miséricorde’. Ils font trois pas en arrière puis s’engouffrent à nouveau dans leurs limousines et reviennent à la réalité, l’objet de leur visite, à la politique et à la diplomatie ».

 

Plus de soixante ans après sa mort, Hitler exerce toujours une influence sur les juifs américains : « Israël joue le rôle d’un cowboy et les juifs américains lui offrent une aide stratégique, dans le mesure où ils forcent chaque gouvernement américain à soutenir Israël. Et pour cette raison, Israël soutient le gouvernement américain, s’il est à son tour soutenu par les organisations juives, qui, elles, soutiennent Israël et reçoivent en retour un soutien de l’Etat hébreu ».

Des racines allemandes et libérales

 

A l’évidence, l’auteur est issu d’une famille juive allemande et libérale. On l’aperçoit clairement à la lecture de phrases comme celle-ci : « Otto von Bismarck a été le père fondateur du IIème Reich allemand. Au début des années 70 du 19ème siècle, il a pu réaliser un rêve qu’il caressait depuis plus de vingt ans. En quelques mois, il a vaincu l’armée de Napoléon III et a fondé l’Empire allemand à Versailles en France. Par cet acte, il a hissé l’Allemagne au même rang que les autres puissances européennes. La plupart des Allemands, y compris ceux qui étaient de confession juive, ont perçu l’unification des pays allemands comme un acte de libération historique, à valeur quasi messianique ».

 

Lorsqu’Avraham Burg présenta sa future femme à son père, alors ministre de l’intérieur de l’Etat d’Israël, celui-ci se fâcha : « Comment ça ! Tu m’as dit qu’elle était française ! Mais ce n’est pas vrai, elle est des nôtres ! Elle est d’Alsace ! Bismarck nous a rendu l’Alsace et la Lorraine en 1871 ! Strasbourg nous appartient ! ».

 

La critique générale de Burg porte en fait sur la « double morale » : « Au lieu de nous conduire comme une grande puissance, lorsque nous attaquons, et comme un petit pays fragile, lorsque nous sommes attaqués ou critiqués, nous nous présentons toujours comme une superpuissance. Konrad Adenauer, le premier chancelier de l’Allemagne d’après-guerre, a dit un jour, que le judaïsme mondial était une grande puissance… Nous, les Israéliens juifs, nous sommes le noyau de la puissance juive dans le monde ».  

Les exagérations nuisent à la cause d’Israël

 

vaincrehitler.jpgAvraham Burg craint surtout les nuisances que les exagérations peuvent entrainer : « Nous avons fait de la Shoah un moyen au service du peuple juif. Nous en avons même fait une arme, qui est plus puissante que les forces armées israéliennes ».  Et, plus loin : « L’holocauste nous appartient, et tous les autres crimes du monde sont des maux normaux, ne relèvent pas d’un holocauste. Et comme ils ne relèvent pas de l’holocauste, dit le juif, ils ne me concernent pas ».

 

Ce type de parti-pris unilatéral met notre auteur en colère : « Israël et le peuple juif nient tous les autres assassinats de masse, car nous nous sommes emparé de la Shoah et nous l’avons monopolisée. Ce refus d’empathie participe du moyen que nous sommes donné : tous les autres assassinats de masse en viennent à être minimisés, nous les posons comme dépourvus de signification et nous les ignorons ». Israël, conclut Burg, doit abandonner Auschwitz. Et, pour finir : si Israël se libère de son obsession de la Shoah et de son exclusivisme, alors le monde tout entier sera plus libre.

 

(article paru dans DNZ, Munich, n°44/2009). 

mardi, 24 novembre 2009

Les origines de l'ostalgie

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Les origines de l'ostalgie

Ex: http://unitepopulaire.org/

« Le débat sur la RDA est resté au point mort ou, plus exactement, qu’il a été étranglé par l’unité allemande. La vie de presque tous les Allemands de l’Est ayant été de ce fait bouleversée de fond en comble, débattre de “l’autre époque” eût été un grand luxe. Il fallait d’abord souscrire les bonnes assurances, se former aux entretiens d’embauche, apprendre ce qu’était un propriétaire bailleur. La vie après la chute du Mur a été, pour de nombreux Allemands de l’Est, tellement dévorée par ces aspects peu romantiques que tout regard en arrière aurait été contre-productif. Je me suis mis à la sociologie pour en finir une bonne fois pour toutes avec ce que Neues Deutschland [l’organe du Parti] m’avait inculqué. Seuls ceux qui ne trouvaient pas leur place dans la nouvelle société, trop étrangère, pouvaient se permettre de penser à la RDA – un pays où tous les problèmes que l’on ne parvient pas à résoudre aujourd’hui n’existaient pas. C’est là que la nostalgie de la RDA a fait son apparition et s’est répandue comme une traînée de poudre, tant étaient nombreux ceux qui n’avaient pas pu s’adapter et menaient une vie insatisfaisante. Il y en avait bien plus qu’on ne le supposait à l’Ouest. Et ce n’étaient pas seulement des anciens de la Stasi et autre vermine de l’appareil d’Etat.

Le photographe Joachim Liebe a retrouvé, des années plus tard, les gens qui étaient passés par hasard devant son objectif à l’automne 1989 et il a parlé avec eux. Sur les dix personnes photographiées qui ont accepté de s’exprimer, une seule a déclaré avoir réussi sa vie. Les autres font comme ils peuvent, se débrouillent, serrent les dents. Et, je le souligne encore, ce n’étaient pas des gens démis de leurs fonctions, mais des manifestants qui avaient précipité la chute de la RDA. Il est évident que, sur tous les Allemands de l’Est que nous sommes, un seul pouvait devenir chancelier, mais l’unité aurait dû nous offrir un meilleur taux de réussite que celui de un sur dix.» 

 

Thomas Brussig, sociologue, Cicero (Allemagne), octobre 2009

00:30 Publié dans Actualité | Lien permanent | Commentaires (0) | Tags : allemagne, rda, actualité, sociologie | |  del.icio.us | | Digg! Digg |  Facebook