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jeudi, 07 janvier 2010

Noi, jüngeriani proprio perchè libertari

Noi, jüngeriani proprio perchè libertari

di Luciano Lanna

Ex: http://robertoalfattiappetiti.blogspot.com/

Articolo di Luciano Lanna
Dal Secolo d'Italia di giovedì 10 dicembre 2009
Il recente servizio apparso sulle pagine culturali di Repubblica, e dedicato ai percorsi e al background di una nuova destra - lì definita - «libertaria e non autoritaria, riformatrice e non conservatrice, democratica e non populista», ha ricostruito per la prima volta in maniera filologica e documentata un lavorio metapolitico di oltre venticinque anni. Un sommario redazionale affiancato all'inchiesta, senz'altro motivato dalla rincorsa giornalistica ai cosiddetti pantheon intellettuali, potrebbe però aver ingenerato qualche equivoco tra i lettori e gli analisti. «Basta con Jünger e Carl Schmitt, sì a Camus e Hannah Arendt», si leggeva accanto a un altro periodo in cui si segnalava come, noi del Secolo ad esempio, ci poniamo da tempo al di fuori dei vecchi steccati ideologici, intendendo confrontarci e volendo individuare anche percorsi e sintesi comuni con chi svolge un analogo itinerario da sinistra. Ci dispiace quindi che l'autrice dell'articolo, Simonetta Fiori, non abbia potuto riportare tutto il ragionamento articolato da chi scrive, secondo il quale, se le sintonie con alcuni studiosi che vengono da una storia intellettuale di sinistra - Alberto Asor Rosa, Mario Tronti, Giacomo Marramao, Pietro Barcellona - provengono proprio dal comune riferimento agli autori che hanno determinato le rotture epistemologiche del Novecento - Nietzsche, Jünger o Schmitt, per citare tre nomi - il nostro interesse per questi stessi pensatori e scrittori si muove sottolineandone e valorizzandone la forte valenza libertaria.
Ecco perchè sbaglia completamente obiettivo Giuseppe Bedeschi, secondo cui - come scriveva ieri su Libero - la cosiddetta "nuova destra", «nonostante tutte le sussiegose professioni di democrazia che ci ha fatto ascoltare negli ultimi anni», sarebbe in realtà animata da un vecchio, profondo diprezzo per il liberalismo e la libertà. Alla società libera - aggiunge l'allievo di Lucio Colletti - noi vorremmo addirittura contrapporre un fantomatico «ordine nuovo, coeso e compatto, nel quale i giornalisti del Secolo d'Italia si troverebbero pienamente a loro agio con Alberto Asor Rosa e Mario Tronti». Ora, già nel 1982 lo storico e sociologo Giovanni Tassani, spiegava esattamente l'intuizione teorica da cui parte il lavorio di cui stiamo parlando: «Potrà una destra davvero essere nuova, al punto di essere: non gerarchica, non totalitaria, non conservatrice, non antimoderna, non patriottarda, non razzista, non classista?». E in questo percorso, cercando di delineare l'identikit dell'avversario filosofico, di questo orientamento, lo individuava proprio nel professor Lucio Colletti: «Sedicente ateo, materialista, occidentalista», neo-illuminista, critico antinovecentesco, avversario dichiarato di qualsiasi prospettiva post-illuminista e di tutta quella grande stagione - da lui e dai suoi definita di "anticapitalismo romantico" - nota ai più come "pensiero della crisi". Si tratta, per dirla tutta, della demonizzazione del grande filone culturale rilanciato dalla fine degli anni Settanta soprattutto dalla casa editrice Adelphi e che - da Nietzsche a Jünger, ma anche, per andare in senso lato, da Heidegger a Habermas - consente di interpretare adeguatamente, far proprio e quindi superare - senza liquidazionismi e scorciatoie "alla Popper" - il Novecento. Un filone però mai andato a genio a una certa scuola filosofica italiana - da Colletti, appunto, ai suoi allievi che trasversalmente vanno da Bedeschi a Flores d'Arcais - e che, nel 1995, ispirarono anche il seminario di San Martino al Cimino, fortemente voluto da questi ambienti in polemica con la destra politica radicata sulla cultura della crisi.È d'altronde in questo senso che noi leggiamo e interpretiamo anche autori come Ezra Pound, Giovanni Gentile, Filippo Tommaso Marinetti, Thomas Mann, Mircea Eliade... Oltretutto, abbiamo a suo tempo sottolineato la stessa lettura, fornita da Massimo Donà, dello Julius Evola «filosofo della libertà». Più volte abbiamo fatto riferimento al Pound «libertario» messo in evidenza da Giulio Giorello. Ai tratti genuinamente liberali (e libertari) dell'attualismo gentiliano rilevati da Salvatore Natoli e più di recente da Francesco Tomatis. O, per arrivare al cuore della questione, alla profonda, originaria - e teoricamente insuperabile - vocazione libertaria di Ernst Jünger, esplicitata nell'ultimo decennio da studiosi come Antonio Gnoli e il compianto Franco Volpi.
L'ultima conferma sull'ispirazione più propria del grande scrittore tedesco - morto a 103 anni del 1998 - ci viene adesso dalla pubblicazione in Italia di La capanna nella vigna (Guanda, pp. 279, € 20,00), un diario che raccoglie le impressioni quotidiane di Jünger dall'11 aprile del 1945 al 20 novembre del 1948. Sono gli anni della disfatta della Germania, della capitolazione, dei suicidi dei gerarchi hitleriani, dell'occupazione da parte delle potenze straniere, delle vendette, degli esuli, degli stupri, della fame... Insomma, la fine di un mondo. Jünger sta nella sua casa di campagna a Kirchhorst, coltiva l'orto, legge la Bibbia e le Mille e una notte, osserva la natura, riflette. Apprende via radio della morte di Mussolini, dello scempio di Piazzale Loreto, del suicidio di Hitler e dei Goebbels...
«L'importante per me resta il Singolo», spiegherà lo scrittore tedesco già ultracentenario intervistato da Antonio Gnoli e Franco Volpi nel bel libretto I prossimi titani (Adelphi). E proprio in nome del Singolo e contro il dilagare del collettivismo e delle burocrazie spersonalizzanti si era espressa quasi tutta la sua produzione letteraria e filosofica a partire dall'apologo anti-totalitario Sulle scogliere di marmo del 1939. Ma già nel mezzo della seconda guerra mondiale, il libertarismo di Jünger diventa via via più esplicito. «Lo Stato rappresenta un costo non solo per i singoli, ma anche per i popoli», dirà in seguito. Ma anche in questo diario emergono pagine fortissime di attacco al totalitarismo. Ricorda, ad esempio, l'accozzaglia di «luoghi comuni» che scandiva i raduni di massa: «Era la stessa voce dei pubblicitari, delle macchine per vendere, che arrivano per decantare assicurazioni complicate, le cui visite si concludono in genere lasciandoci invischiati in contratti di pagamento interminabili». La libertà, aggiunge, appartiene invece alla persona: «Il singolo - annota il 10 giugno '45 - può cambiare il mondo, con la sua azione o con la sua sofferenza, e può farlo in ogni momento. Egli è sovrano ed è sempre responsabile». Jünger tematizza la libertà e il suo risiedere nell'identità della persona: «Solo la vista del singolo può dischiudere - annota il 6 maggio del '45 - il dolore del mondo, perché un singolo può farsi carico del dolore di milioni di altri, può compensarlo, trasformarlo, dargli un senso. Rappresenta una barriera, una segreta inaccessibile, nel mondo di un mondo statistico, privo di qualità, plebiscitario, propagandistico, piattamente moralistico in cui la parola sacrificio turba gli animi».
L'attacco jüngeriano al cuore del totalitarismo è insuperabile e non si nasconde - siamo nella prima metà del 1945 - di fronte alla condanna dell'antisemitismo e dell'Olocausto. Lo scrittore incontra alcuni sopravvissuti ai lager: «L'impressione è di uno sconforto paralizzante, un sentimento che i loro discorsi trasmisero anche a me. Il carattere razionale, progredito della tecnica adottata nelle procedure getta sui processi una luce particolarmente cruda, in quanto emerge l'ininterrotta componente consapevole, meditata, scientifica che li ha determinati. Il segno dell'intenzione si imprime fin nei minimi dettagli, costituisce l'essenza del delitto». Jünger parla esplicitamente di scene degne di Caino e il suo giudizio è assai vicino a quello successivo di Hannah Arendt sulla "banalità del male". Parlando di Himmler infatti commenta: «Ciò che mi ha colpito di questo individuo era il suo essere profondamente borghese. Vorremmo credere che chi mette in opera la morte di molte migliaia di uomini si distingua vistosamente da tutti gli altri, che lo avvolga un'aura spaventosa, un bagliore luciferino. E invece queste facce sono le stesse che ritrovi in tutte le metropoli quando cerchi una stanza ammobiliata e ti apre un ispettore in prepensionamento. Tutto questo mette in evidenza quanto ampiamente il male sia dilagato nelle nostre istituzioni. È il progresso dell'astrazione. A uno sportello qualsiasi può affacciarsi il tuo carnefice. Oggi ti recapita una lettera raccomandata, domani una sentenza di morte. Oggi ti fora il biglietto, domani la nuca. Ed esegue entrambe le cose con la stessa pedanteria e lo stesso senso del dovere». Non a caso la stessa Arendt, qualche anno dopo, parlerà dei diari jüngeriani come «l'esempio migliore e più trasparente delle immani difficoltà a cui l'individuo si espone quando vuole conservare intatti i suoi valori».
Si tratta di riflessioni che Jünger continuerà negli anni Cinquanta e oltre. E non a caso un suo scritto - La ritirata nella foresta - apparirà, prima ancora di svilupparsi in un vero e proprio manuale di resistenza libertaria (tradotto in italiano come Il trattato del ribelle), sulla rivista statunitense Confluence nell'ambito di un seminario internazionale sulla minaccia totalitaria. Pubblicata in Italia nel '57 dalle Edizioni di Comunità di Adriano Olivetti, l'antologia di quegli scritti vedrà, accanto a quello di Jünger, i nomi e le firme della stessa Arendt, di James Burnham e di Giorgio de Santillana. Un'ottima compagnia per uno scrittore di cui purtroppo si è sempre teso invece a sottolinearne solo gli aspetti estetizzanti. Il fatto, purtroppo, è che in Italia si è sempre avuto difficoltà a concepire una via postliberale e immaginifica alla libertà. Come spiegare, d'altronde, il fatto che in Italia si sia equivocato sulla figura jüngeriana del Waldgänger (alla lettera "l'uomo-che-si-dà-alla-macchia") con il termine di "ribelle" che evoca invece un atteggiamento conflittuale molto lontano dall'immagine che Jünger voleva suggerire?
Luciano Lanna, laureato in filosofia, giornalista professionista dal 1992 e scrittore (autore, con Filippo Rossi, del saggio dizionario Fascisti immaginari. Tutto quello che c'è da sapere sulla destra, Vallecchi 2004), oltre ad aver lavorato in quotidiani e riviste, si è occupato di comunicazione politica e ha collaborato con trasmissioni radiofoniche e televisive della Rai. Già caporedattore del bimestrale di cultura politica Ideazione e vice direttore del quotidiano L'Indipendente, è direttore responsabile del Secolo d'Italia.

samedi, 02 janvier 2010

Presseschau (Januar 2010/1)

Presseschau (Januar 2010/1)
Einige weihnachtliche Links. Zum Anklicken bei Zeit und Muße...

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Zwölfnächte/Rauhnächte

zeitungen_neu.jpgZwölfnächte, Rauhnächte, Rauchnächte, die Nächte zwischen dem 25.12. und 6.1. Sie sind eine Zeit der Wiederkehr der Seelen, der Wilden Jagd und des Erscheinens von Geistern, die bewirtet oder durch Räuchern, Lärmen oder Kreuzeszeichen abgewehrt werden. Jeder dieser Tage soll als Lostag Vorbedeutung für Wetter und Schicksal im betreffenden Monat des folgenden Jahres haben.

(Der Neue Brockhaus in fünf Bänden, 4., neu bearbeitete Aufl., Wiesbaden 1968)

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Zwölf Nächte (Zwölften), im Volksglauben und Brauchtum besonders hervorgehobener Zeitraum, in der Regel (mit landschaftlichen Abweichungen) zwischen Weihnachten und Dreikönigstag; galt als die Zeit von Spukgeistern (Wilde Jagd, Frau Holle, Percht), die mit mancherlei Arbeitsverbot belegt war, sowie als Lostage; zum Schutz vor den Geistern besprengte man in katholischen Gegenden Zimmer und Ställe mit Weihwasser (=>Rauhnächte). Aus dem Wetter der Zwölf Nächte leitete man Voraussagen für das Wetter der 12 Monate des kommenden Jahres ab; auch Träume galten als vorbedeutend.

(Der Brockhaus in fünf Bänden, Leipzig 2000)

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Kopenhagen gescheitert
US-Präsident Obama stürzt vom Klima-Gipfel
Von D. Wetzel und G. Lachmann
Das faktische Scheitern der Klimaverhandlungen in Kopenhagen ist eine schwere Niederlage für US-Präsident Barack Obama auf internationaler Ebene. Nicht nur, daß er und Bundeskanzlerin Angela Merkel vorzeitig abreisten, ohne ein sicherers Ergebnis erzielt zu haben. Er ließ sich zudem von den Chinesen vorführen.
http://www.welt.de/politik/ausland/article5581658/US-Praesident-Obama-stuerzt-vom-Klima-Gipfel.html

Armenien, die Türkei und der Bergkarabach-Konflikt ...
Hundert Jahre Feindseligkeit
http://jetzt.sueddeutsche.de/texte/anzeigen/493977

US-Armee: Iranische Streitkräfte besetzen Bohrturm im Irak
http://www.google.com/hostednews/afp/article/ALeqM5iONNkKSNcihLy5hXhKxCTCKuZuWw
http://www.spiegel.de/politik/ausland/0,1518,668023,00.html

Einfach nur dreist ... (eine Dreistigkeit, der von deutscher Seite kein Halt gesetzt wird)
Nachbarschaftsvertrag
Polen fordern mehr Rechte in Deutschland
Von Gerhard Gnauck
In erster Linie geht es der Regierung in Warschau bei der Verlängerung des deutsch-polnischen Nachbarschaftsvertrages um die Förderung von Polnisch als Muttersprache. Ein Regierungsgutachten kommt darüber hinaus zu dem Schluß, daß der von den Nazis abgeschaffte Minderheitenstatus von Deutsch-Polen weiter Bestand habe.
http://www.welt.de/politik/ausland/article5593463/Polen-fordern-mehr-Rechte-in-Deutschland.html

Generalinspekteur mit Einsatzerfahrung
Von Fritz Friedebold;Thorsten Jungholt
Guttenberg ernennt Volker Wieker zum obersten deutschen Soldaten – Verteidigungsminister weiterhin beliebt
http://www.welt.de/die-welt/politik/article5579050/Generalinspekteur-mit-Einsatzerfahrung.html

ZDF-Bericht über Kämpfe deutscher Truppen in Afghanistan (02:31 min)
http://www.zdf.de/ZDFmediathek/kanaluebersicht/aktuellste/331022#/beitrag/video/927744/Deutsche-Soldaten-unter-Beschuss/

Afghanistanpolitik: Kritik der Bundeswehr wächst
Sie haben sie in den Krieg geschickt und wollen sie jetzt, getrieben von verblendeter Ideologie und poltischem Machtkalkül, am Pranger sehen. Zu Recht werden die Stimmen gegen die Vereinigte Linke aus den Reihen der Bundeswehr immer lauter: „Überspitzt gesagt fragten sich viele Soldaten: Kommt die Öffentlichkeit eher damit klar, wenn wir getötet werden als unsere Gegner?“ teilte jetzt General Volker Bescht mit.
http://www.pi-news.net/2009/12/afghanistanpolitik-kritik-der-bundeswehr-waechst/#more-107806

Ex-Verteidigungsminister
Rupert Scholz verteidigt Luftangriff von Kundus
Der Staatsrechtler und frühere Verteidigungsminister Rupert Scholz ordnet den Einsatz der Bundeswehr in Afghanistan den Rechtskategorien des Kriegsvölkerrechts zu. Sie erlauben das „gezielte Töten“, sagt Scholz, und damit auch den von Oberst Georg Klein ausgelösten Luftangriff, der Talibanführer „vernichten“ sollte.
http://www.welt.de/politik/deutschland/article5574082/Rupert-Scholz-verteidigt-Luftangriff-von-Kundus.html

Wo bleibt mein Geld, Mr. Brown?
Von Ronald Gläser
Die Kampagne gegen Karl-Theodor zu Guttenberg hört nicht auf. Dabei war der Mann noch nicht einmal Verteidigungsminister, als amerikanische Piloten ihren Angriff bei Kundus ausgeführt haben.
Was also wirft die linke Presse dem Franken überhaupt vor? Es habe eine „gewaltige Vertuschungs-, Verheimlichungs- und Beschönigungsaktion“ gegeben, schreibt der SPIEGEL  in seiner neuesten Ausgabe. Die „deutsche Demokratie“ habe „ein Desaster“ erlebt. Drunter macht’s der SPIEGEL nicht. An Fakten hat er aber nur die spannende Frage, wer wann welches Dossier zu lesen bekommen hat. Gähn. Wenn das ein Skandal sein soll, dann lachen doch die Hühner. Diese rot-grüne Diffamierungskampagne stinkt bis nach Kabul.
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display.154+M59b60f06747.0.html

Bundeswehr
Guttenberg entwirft neue Afghanistan-Strategie
Von T. Jungholt und T. Krauel
Verteidigungsminister Karl-Theodor zu Guttenberg (CSU) weist alle Vorwürfe im Zusammenhang mit dem Luftangriff bei Kundus von sich. Derzeit läßt er eine neue Afghanistan-Strategie erarbeiten. Sie könnte eine Aufstockung der Truppen zur Folge haben. Unter Umständen will er auch mit den Taliban sprechen.
http://www.welt.de/politik/deutschland/article5584812/Guttenberg-entwirft-neue-Afghanistan-Strategie.html


Zuerst! Deutsches Nachrichtenmagazin
Von Götz Kubitschek
Am vergangenen Freitag sah ich am Naumburger Bahnhof die erste Ausgabe des neuen Nachrichtenmagazins Zuerst! ausliegen. Zuhause fand ich sie im Briefkasten: 84 Seiten, Focus-Style, ein paar lesenswerte Artikel und die übliche Werbung. Ich las und blätterte mit Vorkenntnissen zu Planung und Positionierung des Magazins und prüfte, inwiefern der Anspruch, das rechte Milieu zu überspringen, eingelöst wird.
http://www.sezession.de/10135/zuerst-deutsches-nachrichtenmagazin.html#more-10135

Zuerst! – zum zweiten
Von Götz Kubitschek
Ich habe die Diskussion auf meinen Beitrag zum Nachrichtenmagazin Zuerst! nun einmal laufen lassen, ohne groß moderierend oder kommentierend einzugreifen. Ich will diesen Eingriff jetzt vornehmen, indem ich einzelne Kommentare herausgreife und einiges dazu sage.
http://www.sezession.de/10226/zuerst-zum-zweiten.html


Klimaskeptiker
Die letzten Fortschrittsgläubigen
Von Lorenz Jäger
http://www.faz.net/s/RubC5406E1142284FB6BB79CE581A20766E/Doc~EE604428F360A4BE18ADB54220443B8B6~ATpl~Ecommon~Scontent.html

Wir haben’s ja ...
Entwicklungshilfe: China bekommt Millionen für den Klimaschutz
http://www.handelsblatt.com/politik/deutschland/entwicklungshilfe-china-bekommt-millionen-fuer-den-klimaschutz;2501310

Schäuble spart später
Kommentar: Merkels Terminator
Ein unrühmlicher Platz in den Geschichtsbüchern ist ihm so sicher wie weiland Theo Waigel: Im nächsten Jahr wird Wolfgang Schäuble sich als neuer Schuldenkönig inthronisieren, erst von 2011 an will er eisern sparen. Von Ulrich Kaiser
http://www.op-online.de/nachrichten/politik/merkels-terminator-566993.html

Arbeitsrecht
SPD will Kündigung wegen Kleindiebstählen verbieten
Die SPD will den Arbeitnehmerschutz ausweiten. Im Januar will die Fraktion einen Gesetzentwurf in den Bundestag einbringen, demzufolge sofortige Kündigungen wegen Bagatellvergehen künftig verboten werden sollen.
http://www.spiegel.de/politik/deutschland/0,1518,668299,00.html

Racheakt in Mexiko
Drogenmafia richtet Familie eines Soldaten hin
Die mexikanische Drogenmafia hat auf grausame Art und Weise Rache genommen: Auftragskiller ermordeten die Familie eines der Elitesoldaten, der an der Jagd auf den Drogenboß Arturo Beltrán Leyva beteiligt gewesen und dabei getötet worden war.
http://www.spiegel.de/panorama/justiz/0,1518,668889,00.html#ref=nldt

BKA warnt
Drei rechte Gewalttaten am Tag
http://www.fr-online.de/in_und_ausland/politik/aktuell/2150712_BKA-warnt-Drei-rechte-Gewalttaten-am-Tag.html

Zahl rechtsextremer Straftaten auf neuem Höchststand
http://nachrichten.rp-online.de/article/politik/Zahl-rechtsextremer-Straftaten-auf-neuem-Hoechststand/62033
http://www.welt.de/die-welt/politik/article5568034/Rund-20-000-rechtsextreme-Straftaten.html

Und deshalb sind ja auch dauerhafte finanzielle Zuwendungen für „Gegen Rechts“-Projekte nötig ...
Daueraufgabe
Studie: Rechte Gewalt lässt sich nicht beseitigen
http://www.morgenpost.de/printarchiv/berlin/article1216683/Studie-Rechte-Gewalt-laesst-sich-nicht-beseitigen.html


Kriminalität
Linksextreme Gewalt stark angestiegen
http://www.focus.de/politik/weitere-meldungen/kriminalitaet-zeitungsbericht-linksextreme-gewalt-stark-angestiegen_aid_463669.html
http://www.stern.de/politik/deutschland/linksextreme-straftaten-das-linke-milieu-schlaegt-zu-1527896.html

Liebe Zündler!
Von Martin Böcker
Danke für Eure Aktivität. Danke, daß Ihr Euch zeigt: Wer Ihr seid, was Ihr macht, wie Ihr Probleme lösen wollt. Ein Stück Grillanzünder auf einem Autoreifen reicht, um fünf bis hunderttausend Euro „abzufackeln“. Benzin, eine Pfandflasche und ein wenig Lust auf Krawall reichen auch für anderthalb Tage „Oh“ und „Ah“ in der Medienlandschaft. Wenig Aufwand, viel Leistung.
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display.154+M5e21903dace.0.html

Generalsekretär der NRW-CDU, Hendrik Wüst:
„SPD mitverantwortlich für linksextreme Gewalt“
http://nachrichten.rp-online.de/article/politik/SPD-mitverantwortlich-fuer-linksextreme-Gewalt/61920

ERFURT: Debatte über Links- und Rechtsextremismus
http://www.thueringer-allgemeine.de/ta/ta.thueringenticker.volltext.php?kennung=ontaTICRatgeberMantel1261067711&zulieferer=ta&kategorie=TIC&rubrik=Ratgeber®ion=Mantel&auftritt=TA&dbserver=1

„Arbeit macht frei“-Klau in Auschwitz
„Das ist eine Kriegserklärung“
http://www.spiegel.de/panorama/0,1518,668002,00.html

60 Millionen Euro
Berlin gibt Geld für Auschwitz
http://www.fr-online.de/in_und_ausland/politik/aktuell/2150631_60-Millionen-Euro-Berlin-gibt-Geld-fuer-Auschwitz.html

Aktion Sühnezeichen: Der Schuldprotestantismus rekrutiert seinen Nachwuchs ...
Cathérine Schilling verbringt ein Jahr in Polen als kleinen Beitrag zur Verständigung
„Polen ist wirklich ein tolles Land“
http://www.op-online.de/nachrichten/rodgau/polen-wirklich-tolles-land-567601.html

TU Wien ehrte Holocaust-Leugner
Ein goldenes Diplom für einen amtsbekannten Revisionisten stellte die TU Wien aus. Der Geehrte zweifelte am Massenmord in Auschwitz.
http://www.kurier.at/nachrichten/1964006.php

Sinti und Roma: Bundesrat prangert Diskriminierung an
http://www.jesus.de/blickpunkt/detailansicht/ansicht/161081bundesrat-prangert-diskriminierung-an.html

Musikwissenschaftler Eggebrecht an nationalsozialistischen Verbrechen beteiligt?
http://www.klassik.com/aktuell/news/teaser.cfm?ID=7620&nachricht=Musikwissenschaftler%20Eggebrecht%20an%20nationalsozialistischen%20Verbrechen%20beteiligt%3F

Angewandte will Lueger-Statue umgestalten
Die Universität für angewandte Kunst hat einen internationalen Wettbewerb zur Umgestaltung des Lueger-Denkmals in der City in ein Mahnmal gegen Antisemitismus ausgelobt. FPÖ und ÖVP lehnen die Idee ab, die Grünen sind dafür.
http://wien.orf.at/stories/408595/

1973: DER SPIEGEL über die „Invasion der Türken“
Um die Islamisierung Deutschlands besser zu verstehen, lohnt sich zuweilen ein Blick zurück, zum Beispiel ins Jahr 1973. Die Ölkrise, die Watergate-Affäre, der Jom-Kippur-Krieg bestimmen das Weltgeschehen. In Deutschland aber wird – frei von jeder political corrrectness und Neusprech-Terminologie – über die „Invasion der Türken“ diskutiert. Sogar im SPIEGEL, wie nachfolgender Auszug der Ausgabe 31/1973 beweist.
http://www.pi-news.net/2009/12/1973-der-spiegel-ueber-die-invasion-der-tuerken/

Türkische Gemeinde: „Integrations-Agenda“ 2010
Die Türkische Gemeinde in Deutschland fordert ein Integrationsgesetz. Die Debatte um das Zusammenleben mit Migranten sei zunehmend kontrovers, sagte der Bundesvorsitzende Kenan Kolat. In einer Integrations-Agenda 2010 könnte man die unterschiedlichen Ansätze bündeln.
http://www.stern.de/politik/tuerkische-gemeinde-integrations-agenda-2010-1531586.html
http://www.pi-news.net/2009/12/kolat-fordert-integrationsgesetz/#comments

Vorbild Balkanländer
Türkei fordert Aufhebung von Visumspflicht für EU
Serben, Mazedonier und Montenegriner können seit diesem Wochenende ohne Visum in die Europäische Union einreisen. Nun hat auch die Türkei von der EU die Aufhebung der Visumspflicht für ihre Bürger gefordert. Begründung: Die Türkei sei in EU-Fragen schon viel weiter als die Balkan-Länder.
http://www.welt.de/politik/ausland/article5587949/Tuerkei-fordert-Aufhebung-von-Visumspflicht-fuer-EU.html

Prognose für 2010
Asylbewerberzahl steigt zum dritten Mal in Folge
Deutschland muß sich nach Einschätzung des Bundesamtes für Migration und Flüchtlinge (BAMF) im Jahr 2010 zum dritten Mal in Folge auf einen Anstieg der Asylbewerberzahlen einstellen. Die meisten Flüchtlinge werden auch im kommenden Jahr aus muslimischen Ländern erwartet.
http://www.welt.de/politik/deutschland/article5620972/Asylbewerberzahl-steigt-zum-dritten-Mal-in-Folge.html

Ausländer
2010 mehr Asylbewerber erwartet
Nürnberg/Berlin (dpa) – Deutschland muß sich nach Einschätzung des Bundesamtes für Migration und Flüchtlinge (BAMF) im Jahr 2010 auf einen leichten (?) Anstieg der Asylbewerberzahlen einstellen.
http://www.zeit.de/newsticker/2009/12/23/iptc-bdt-20091223-169-23381956xml

Mehr als 2000 Irak-Flüchtlinge in Deutschland
http://www.greenpeace-magazin.de/index.php?id=55&tx_ttnews%5Btt_news%5D=69506&tx_ttnews%5BbackPid%5D=23&cHash=15d00da830

Abiturientin (18) in Dresden ermordet
Schock in Dresden: Wenige Tage vor Weihnachten ist die Abiturientin Susanna (18) tot aufgefunden worden. Jetzt sucht die Polizei mit Hochdruck nach einem Pakistani (32). Er soll der Freund der jungen Frau gewesen sein.
http://www.bild.de/BILD/news/2009/12/17/dresden-abiturientin/tot-aufgefunden-worden.html
http://www.bild.de/BILD/regional/dresden/aktuell/2009/12/18/mord-an-gymnasiastin/ihr-freund-soll-sie-erwuergt-haben.html
http://nachrichten.lvz-online.de/nachrichten/mitteldeutschland/tod-von-dresdner-schuelerin-polizei-sucht-32-jahre-alten-pakistaner/r-mitteldeutschland-a-6356.html
http://www.pi-news.net/2009/12/dresden-18-jaehrige-tot-in-asylheim-aufgefunden/

Gießen
Wechsel an der Uni-Spitze
Indischstämmiger Anglistik-Professor Joybrato Mukherjee neuer Uni-Präsident
http://www.fr-online.de/frankfurt_und_hessen/nachrichten/hessen/2147587_Giessen-Wechsel-an-der-Uni-Spitze.html

Ethnomorphose-Propaganda
http://edoc.hu-berlin.de/histfor/5/PHP/mietzner-pil-abb-1.jpg

76jährige Geschäftsfrau beleidigt und bespuckt
Mit 76 Jahren (!) betreibt die tüchtige Geschäftsfrau noch ihren Fischhandel. Doch in letzter Zeit gibt es Probleme mit schwarzafrikanischen Dealern. Sie wird gedemütigt, beleidigt und bespuckt. Ein Polizeibeamter kann dazu nur noch achselzuckend feststellen: „Wenn wir einen Schwarzafrikaner festnehmen, läßt ihn die Justizbehörde schon nach kurzer Zeit wieder laufen. Dann steht er wieder da, verkauft weiter seinen Stoff und zeigt uns den Stinkefinger. Wir sind da genauso hilflos wie sie.“
http://www.pi-news.net/2009/12/76-jaehrige-geschaeftsfrau-beleidigt-und-bespuckt/

Überfall: Polizei erschießt 19jährigen Türken
Im baden-württembergischen Leimen wurde in der Nacht zum Heiligen Abend ein 19jähriger Täter türkischer Nationalität nach einem bewaffneten Raubüberfall auf eine Esso-Tankstelle von Polizeikugeln tödlich getroffen. Zwei Mittäter konnten festgenommen werden.
http://www.pi-news.net/2009/12/ueberfall-polizei-erschiesst-19-jaehrigen-tuerken/

Langsame Veränderungen im kulturellen Gefüge ...
Wenn Muslime Geburtshelfer niederschlagen
http://www.tagesanzeiger.ch/ausland/europa/Wenn-Muslime-Geburtshelfer-niederschlagen/story/24584619

Skateboard-Todesfahrer als Straftäter verurteilt
Der Türke, der nach dem tödlichen Skateboard-Unfall in Frankfurt als Halter des Unfallwagens verhaftet worden war, war wohl doch nicht der Fahrer. Verdächtigt wird jetzt sein Sohn, ein verurteilter Straftäter, den ein verständnisvoller Richter zur besseren Wiedereingliederung in die Gesellschaft auf freien Fuß gesetzt hatte. Er ist untergetaucht.
http://www.pi-news.net/2009/12/skateboard-todesfahrer-als-straftaeter-verurteilt/

Migranten verprügeln am liebsten den Schweizer
Viele Ja-Stimmen zum Schweizer Minarettverbot stammten von jungen Bürgern, die sich sonst für Politik wenig interessieren. Sie beteiligten sich an der Volksabstimmung, weil der Islam sie persönlich betrifft: Sie sind die Lieblingsopfer der jugendlichen Migranten mit islamisch-kulturellem Hintergrund. Gemäß Angaben der Polizei sinkt die Hemmschwelle für Gewaltakte, die Brutalität nimmt zu. Die Angriffe erfolgen oft grundlos und ohne Vorwarnung. Sogar wenn die Opfer am Boden liegen, werden sie noch getreten, mit Vorliebe gegen den Kopf.
http://www.pi-news.net/2009/12/migranten-verpruegeln-am-liebsten-den-schweizer/

Vergewaltiger erhält Haftentschädigung
Vom Tatbestand der Vergewaltigung nicht nur freigesprochen wurde in der Schweiz ein Afrikaner, sondern er erhielt auch noch eine ordentliche Haftentschädigung. Grund: Das Opfer war betrunken und hätte sich seine Verletzungen auch anderweitig zuziehen können. Außerdem hatte der Verdächtige von einvernehmlichen Geschlechtsverkehr gesprochen, was angesichts der Tatumstände sehr wahrscheinlich erscheint.
http://www.pi-news.net/2009/12/vergewaltiger-erhaelt-haftentschaedigung/#more-105824

Weihnachtliche Massenschlägerei auf Schulparty
Was letzte Nacht eine Weihnachtsparty an einem Luzerner Gymnasium hätte werden sollen, endete in einer brutalen Massenschlägerei zwischen zwei „rivalisierenden Gruppen von Jugendlichen“. Lucas Berger, der DJ aus dem Aargau, der Mittwoch nacht auf der „X-Mas-Party 2009“ die Scheiben auflegte, ist geschockt. Was mit einer „echt coolen“ Schülerfete begann, wurde auf einmal bereichert: „Die Leute kletterten zu den Fenstern rein, drängten durch die Türe – es wurde immer aggressiver.“
http://www.pi-news.net/2009/12/weihnachtliche-massenschlaegerei-auf-schulparty/#more-107764

Trebur (Hessen)
Schwarzarbeiter in Kebab-Haus erwischt
http://www.bild.de/BILD/regional/frankfurt/dpa/2009/12/16/schwarzarbeiter-in-kebabhaus-erwischt.html

Vom Wäschetrocknen, der Wilden Jagd und Goethes Einsicht
Von Karlheinz Weißmann
Wenn früher jemand im ländlichen Niedersachsen gefragt wurde, was er zwischen Weihnachten und Dreikönig keinesfalls tun dürfe, so lautete die Antwort: „Wäsche zum Trocknen aufhängen“. Faßte man nach und wollte den Grund wissen, hieß es: „Weil sonst jemand im Hause stirbt.“
Meine Urgroßmutter und meine Großmutter haben sich streng daran gehalten, meine Mutter auch, oder doch beinahe: sie brachte die Wäsche auf den Trockenboden unseres Wohnblocks, – aber es blieb ein Unbehagen. Die jungen Frauen heute kennen nicht einmal mehr das.
http://www.sezession.de/9929/vorweihnachtlich-i-vom-waeschetrocknen-der-wilden-jagd-und-goethes-einsicht.html

Die deutsche Weihnacht
Von Karlheinz Weißmann
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display.154+M52c20cd7236.0.html

Friede auf Erden
Von Heinrich Rieker
Sie legten die Waffen nieder, spielten Fußball und rauchten Zigaretten. Zu Weihnachten 1914 verbrüderten sich Deutsche, Briten und Franzosen an der Westfront. Was sie damals erlebten, notierten die Soldaten in Tagebüchern und Feldpostbriefen
http://www.welt.de/print-welt/article359965/Friede_auf_Erden.html

Abstimmung
Wird Guttenberg der „Sprachwahrer des Jahres“?
Er liest Platon im Original, kann eine mitreißende Bierzeltrede halten und spricht das Wort „Krieg“, wenn es um Afghanistan geht, unumwunden aus: Verteidigungsminister zu Guttenberg. Der CSU-Politiker ist jetzt für die Auszeichnung „Sprachwahrer des Jahres“ vorgeschlagen worden.
http://www.welt.de/kultur/article5610205/Wird-Guttenberg-der-Sprachwahrer-des-Jahres.html
http://www.deutsche-sprachwelt.de/berichte/pm-2009-12-22.shtml

Kunstschatz
Kulturstaatsminister will Nofretete behalten
Nofretete bleibt in Berlin, daran lässt Kulturstaatsminister Bernd Neumann keinen Zweifel. Auch wenn Ägypten die Rückgabe der Büste fordert. Der CDU-Politiker will die Königin, die im Neuen Museum zu Hause ist, nicht einmal leihweise herausgeben.
[Wäre ja auch noch schöner. Die Orientalen haben sich doch ursprünglich einen Dreck um ihr Erbe geschert. Und wären die Europäer nicht gewesen, wäre das wohl auch heute noch so ...]
http://www.morgenpost.de/kultur/berlin-kultur/article1227760/Kulturstaatsminister-will-Nofretete-behalten.html

Evolution: Koala-Urahnen verschmähten Eukalyptus
Koalas und Eukalyptusbäume sind praktisch unzertrennlich. Doch das war nicht immer so, wie Forscher jetzt herausgefunden haben: Schädel von Koala-Urahnen beweisen, daß die Beutelbären früher abwechslungsreicher fraßen – bis die Kontinentaldrift dazwischenkam.
http://www.spiegel.de/wissenschaft/natur/0,1518,668249,00.html

Denkmalschutz und Stuttgart 21
Was ist die Stuttgarter Denkart?
http://www.stuttgarter-nachrichten.de/stn/page/1789197_0_2147_denkmalschutz-und-stuttgart-21-was-ist-die-stuttgarter-denkart-.html

Jagdbomber zu Backformen
Von Ellen Kositza
Die Klage über die Profanierung der weihnachtlichen Sitten ist seit Jahren – oder länger? – ins Brauchtum eingemeindet. Als wir vor sieben Jahren nach Mitteldeutschland gezogen sind, war manches für uns ein Schock. Bis dahin hatte ich den Offenbacher Weihnachtsmarkt für einigermaßen häßlich gehalten, hier wurde der Rummel an manchen Orten noch übertroffen.
http://www.sezession.de/10238/jagdbomber-zu-backformen.html

Wintergetränke
Der Glühwein ist nicht schuld an seinem Elend
Billiger Glühwein sorgt schon viel zu lange für Kopfschmerzen. Dabei haben heiße Mischgetränke eine längere Tradition als Cocktails – sie sind im Grunde ihres Wesens einfach und gut. Und: Jeder kann sie zu Hause selber machen. Lorraine Haist hat nach Alternativen zum Heißgetränke-Proletariat geforscht.
http://www.welt.de/lifestyle/article5575054/Der-Gluehwein-ist-nicht-schuld-an-seinem-Elend.html
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Le destin de Beppo Römer: des Corps Francs au Parti Communiste Allemand

beppo.jpgHolger SZYMANSKI :

Le destin de Beppo Römer : des Corps Francs au Parti Communiste Allemand

 

Josef Römer, « Beppo » pour ses amis, était un ancien chef des Corps Francs allemands après 1918. Indubitablement, cette personnalité illustre est typique de ces destins troublés qui ont traversé le 20ème siècle.

 

Ceux qui s’intéressent à l’histoire allemande de la première moitié du 20ème siècle connaissent Römer : il fut l’un des initiateurs de l’assaut contre l’Annaberg en Silésie, une hauteur stratégique qui avait été occupée par des francs-tireurs polonais en mai 1921 ; ensuite, il fut un résistant à l’hitlérisme, exécuté en 1944. Entre l’héroïsme de l’Annaberg et la mort tragique de 1944, s’étend une période moins bien connue, celle où notre Capitaine mis à la retraite s’est d’abord engagé dans les rangs nationalistes puis, par le détour du national-bolchevisme, a fini par devenir un compagnon de route du communisme allemand. Pourtant ceux qui s’intéressent aux phénomènes de la « révolution conservatrice » et du national-bolchevisme ignorent une chose : Römer était déjà dans les années 20 un agent du service de renseignement de la KPD communiste allemande. Il y a déjà une quinzaine d’années, la maison d’édition Dietz de Berlin, inféodée à la SED, le parti unique de l’ex-Allemagne de l’Est, avait fait paraître un livre intitulé « Der Nachrichtendienst der KPD 1919-1937 » (= «Le service de renseignement du parti Communiste Allemande – 1919-1937 ») ; cet ouvrage est passé presque totalement inaperçu dans les milieux généralement intéressés à la « révolution conservatrice » et aux nationalismes allemands, sans doute à cause de sa provenance est-allemande et communiste.

 

Les auteurs de ce livre ont sans nul doute suscité des hauts le cœur chez les conservateurs et les nationaux : tous étaient jadis enseignants auprès de la « Hauptverwaltung Aufklärung » (« Administration Principale du Renseignement ») du Ministère de la Sécurité de l’Etat (la « Stasi »). Parmi eux, il y avait également le chef d’un département spécialisé « dans les recherches sur les problèmes spécifiques de lutte et de résistance antifascistes » ; lui aussi relevait du ministère du fameux Général Mielke. Pourtant, ces auteurs, contrairement à beaucoup d’autres historiens, avaient accès aux archives est-allemandes et toutes les références qu’ils citent dans leur livre sont vérifiables dans la mesure où leurs sources sont dûment citées. Pour l’essentiel, nos ex-officiers est-allemands se basent sur les archives de la SED et sur celles du « Département IX/11 » de la Stasi. Aujourd’hui, tous ces documents ont été transférés aux Archives Fédérales (« Bundesarchiv »). A l’époque de la RDA, les résultats des recherches de nos auteurs étaient considérés comme « top secrets » et tenus sous le boisseau. La Stasi se voulait l’héritière du « service de renseignement » de la KPD.

 

D’après les travaux de nos historiens membres de la Stasi, les contacts de Beppo Römer avec les communistes remontaient à 1921 déjà et auraient été rendus possibles par l’entremise d’un député communiste du Landtag de Bavière, Otto Graf. Le service de renseignement du parti finit par prendre contact avec Römer à l’automne 1923. Römer revêtait une grande importance pour les communistes, car il était l’un des dirigeants de la Ligue Oberland (= « Bund Oberland »), issue du Corps Francs du même nom, qui avait joué un rôle important dans les combats de l’immédiat après-guerre. A ce titre, cette Ligue exerçait une grande influence dans le camp nationaliste. Nos auteurs est-allemands en arrivent dès lors à la conclusion suivante, après avoir dépouillé un grand nombre de documents archivés : « Römer fut l’un des informateurs les plus prolixes de la KPD  sur le camp des radicaux de droite en Bavière ». La direction de la KPD était donc très bien informée sur la préparation, l’exécution et l’échec du putsch perpétré par Hitler les 8 et 9 novembre 1923.  

 

Cependant, le travail des informateurs ne servait pas seulement à informer la direction de la KPD mais aussi et surtout à travailler à la dislocation des troupes d’auto-défense et de toutes les autres organisations de droite. Le domaine dans lequel ce travail de dislocation devait s’effectuer s’appelait tout simplement celui des « Fascistes » dans le langage des communistes. Travaillant sous la houlette de son chef, Otto Thomas, Beppo Römer, qui avait achevé des études, obtenu un diplôme et trouvé un emploi civil dans le domaine de l’économie, fonde, avec Ludwig Oestreicher, issu comme lui de la Ligue Oberland, et quelques autres amis, la revue « Die neue Front » (= « Le Front nouveau ») dont l’objectif était de promouvoir des volontés activistes d’orientation nationale-bolchevique parmi les anciens des Corps Francs ; remarquons que, dans le chef de Römer, c’est avec le concours de l’appareil de subversion de la KPD que de telles vocations doivent éclore. La revue ne suscite finalement pas grand intérêt et cesse bien vite de paraître.

 

Römer, libéré de ses tâches de publiciste, s’adonne alors plus intensément à l’espionnage économique et militaire auquel se livrent les communistes allemands pour le bénéfice de leurs camarades soviétiques. Dans ce contexte, Römer est arrêté le 30 septembre 1926 à Berlin. Grâce à une amnistie générale, il ne sera pas jugé. Römer se serait surtout intéressé à la production de gaz toxiques et à fournir des échantillons de produits finis.

 

Beppo Römer ne réapparaît sur la scène de la politique allemande qu’en 1931, lorsqu’apparaissent les groupes de travail « Aufbruch ». Ces cercles politiques voient le jour au moment où l’ancien lieutenant de la Reichswehr, Richard Scheringer, passe de la NSDAP hitlérienne à la KPD communiste. Scheringer, avec ses camarades Hanns Ludin (plus tard ambassadeur du Reich en Slovaquie pendant la seconde guerre mondiale et, à ce titre, exécuté en 1947) et Hans Friedrich Wendt, avait fait de la propagande pour la NSDAP au sein des forces armées. Les trois hommes avaient voulu mettre sur pied des « cellules NSDAP » dans l’armée. Lors du procès de la Reichswehr, qui s’est tenu à Ulm à l’automne 1931, Hitler a été appelé à la barre comme témoin et c’est là qu’il a prononcé son fameux « serment de légalité », par lequel il proclama que la NSDAP ne cherchait à atteindre le pouvoir que par des moyens légaux.

 

Scheringer purgea sa peine à Gollnow où, sous l’influence d’un détenu communiste, Rudolf Schwarz, il finit par adhérer à l’idéologie des Rouges. Rudolf Schwarz n’était pas le premier communiste venu mais avait été le responsable du département « Reichswehr » de l’appareil politico-militaire du parti. Le dirigeant actif, à l’époque, de cet appareil « M », Hans Kippenberger, fit sensation le 19 mars 1931 lorsqu’il annonça pendant un débat au Reichstag l’adhésion de Scheringer à la KPD. La démarche de Scheringer a permis à la KPD de pénétrer des strates sociales qui avaient été jusqu’alors sceptiques à son égard.

 

Pour consolider ces nouveaux contacts, Kippenberger décida de fonder une nouvelle revue, « Aufbruch  - Kampfblatt im Sinne des Leutnants a. D. Scheringer » (= « Aufbruch – Feuille de combat selon les idées du Lieutenant e.r. Scheringer »). Dans un premier temps, les éditeurs de la publication furent l’ancien Premier Lieutenant de police Gerhard Giesecke et l’ancien représentant du Gauleiter NSDAP du Brandebourg, Rudolf Rehm. A partir de 1932, le Capitaine e.r. Dr. Beppo Römer prend en mains la rédaction de la revue. On ne peut affirmer avec certitude si Römer avait adhéré de facto à la KPD à cette époque. Il l’a nié plus tard en dépit d’une note émise par le journal communiste « Die Rote Fahne » en date du 22 avril 1932. Autour de la revue naissent les cercles « Aufbruch » : en 1933, il y en avait vingt-cinq, avec quelque 200 à 300 membres. Leur objectif était de recruter dans les cercles d’officiers des combattants contre le national-socialisme. A la tête de ces cercles se trouvait une « Commission dirigeante », composée de « camarades travaillant sur le mode de la conspiration ». Outre Römer, il y avait, parmi ces « camarades », un certain Dr. Karl-Günther Heimsoth, devenu célèbre par des lettres de sa main, très compromettantes pour son ami intime Ernst Röhm et relatives à l’homosexualité de ce dernier. Pour la KPD, l’existence des cercles « Aufbruch » constituait une formidable aubaine : celle de glaner quantité d’informations et de recruter de nouveaux agents. Après la prise du pouvoir par les nationaux-socialistes en 1933, « Aufbruch » et les cercles qui gravitaient autour de la revue sont interdits. Bon nombre de leurs activistes, y compris Beppo Römer, sont placés en garde à vue ou fuient vers l’étranger. Plus tard, Beppo Römer se joindra à divers mouvements de résistance ; le dernier auquel il adhéra fut d’obédience communiste et sous la direction de Robert Uhrig. Cette adhésion constitua le motif de son arrestation au début de l’année 1942, de sa condamnation à mort et de son exécution, le 25 septembre 1944 à Brandenburg-Görden.

 

Au vu de toutes ces activités au profit du service de renseignement de la KPD, Römer apparaît plutôt aujourd’hui comme un véritable agent communiste et non pas comme un visionnaire rêvant de forger un Axe Berlin-Moscou, comme on l’a cru pendant très longtemps.

 

Holger SZYMANSKI.

(article paru dans la revue « Deutsche Stimme », février 2008 et sur http://www.deutsche-stimme.de/ - trad.. franc. : Robert Steuckers).

 

Bibliographie :

Bernd KAUFMANN et al., « Der Nachrichtendienst der KPD – 1919-1937 », Dietz Verlag, Berlin, 1993, 462 pages.

 

Pour tous les éléments biographiques relatifs à la personnalité de Beppo Römer, se référer au « Taschenkalender des nationalen Widerstandes 2007 », où ses activités d’agent communiste ne sont toutefois pas évoquées.

samedi, 26 décembre 2009

Eugen Diederichs et le Cercle "Sera"

diederichs-eugen-1896.jpgArchives de SYNERGIES EUROPEENNES - 1999

Eugen Diederichs et le Cercle «Sera»

 

Robert STEUCKERS

 

Analyse: Meike G. WERNER, «Bürger im Mittelpunkt der Welt», in Der Kulturverleger Eugen Diederichs und seine Anfänge in Jena 1904-1914. Katalogbuch zur Ausstellung im Romantikerhaus Jena 15. September bis 8. Dezember 1996, Diederichs, München, 1996, 104 p. (nombreuses ill., chronologie), ISBN 3-424-01342-0.

- Meike G. WERNER, «Die Erneuerung des Lebens durch ästhetische Praxis. Lebensreform, Jugend und Festkultur im Eugen Diederichs Verlag» &

- Friedrich Wilhelm GRAF, «Das Laboratorium der religiösen Moderne. Zur “Verlagsreligion” des Eugen Diederichs Verlags»

tous deux in: Gangolf HÜBINGER, Versammlungsort moderner Geister. Der Eugen Diederichs Verlag - Aufbruch ins Jahrhundert der Extreme, Diederichs, München, 1996, 533 p., ISBN 3-424-01260-2.

- Rainer FLASCHE, «Vom Deutschen Kaiserreich zum Dritten Reich. Nationalreligiöse Bewegungen in der ersten Hälfte des 20. Jahrhunderts in Deutschland», in: Zeitschrift für Religionswissenschaft, 2/93, pp. 28-49, Diagonal-Verlag, Marburg, ISSN 0943-8610.

 

Editeur allemand, qui a fondé sa maison en 1896, Eugen Diederichs se voulait un “réformateur de la vie” (Lebensreformer). Tout à la fois pragmatique et romantique, ses intentions étaient de briser l'ennui, la positivité matérialiste, l'étroitesse des esprits, qui pe­saient comme une chape de plomb sur les dernières années du XIXième siècle et les premières du XXième. Diederichs a perçu, longtemps à l'avance, que ce positivisme sans élan conduirait à de dangereuses impasses. Avec son regard synoptique, il a mis tous les moyens de sa maison d'édition en œuvre pour promouvoir pensées, sentiments et démarches cherchant à sortir de cet enlisement. Diederichs a ainsi rassemblé, dans les collections qu'il publiait, les auteurs réhabilitant le corps (et la “corporéité”), les adeptes du mouvement des cités-jardins en architecture, les réformateurs de la pédagogie qui avaient beaucoup de peine à faire passer leurs sug­gestions, les pionniers du mouvement de jeunesse, etc. L'objectif de Diederichs était de donner la parole à tous ceux qui se faisaient l'écho des œuvres de “maîtres à penser” incontestés comme Ruskin, Tolstoï, Herder, Fichte et Schiller. Le noyau rénovateur, dynamique et “énergisant” de leur pensée ou de leurs démarches avait été pro­gressivement refoulé hors de la culture dominante, statique et ri­gidifiée, pour s'exprimer dans des sub-cultures  marginalisées ou dans des cénacles tâtonnants, critiques à l'endroit des piliers por­teurs de la civilisation occidentale, positiviste et matérialiste. Outre l'art, la voie de l'artiste, trois voies s'offraient, selon Diederichs, à ceux qui voulaient sortir des enfermements positivistes: une réno­vation de la tradition idéaliste, un néo-romantisme, une nouvelle mystique.

 

Esthétique et énergie chez Schiller

 

Deuxième écueil à éviter dans toute démarche anti-positiviste: le repli sur des dogmes étroits, sur des manies stériles coupées de tout, sur des réductionnismes incapacitants, qui empêchent l'émergence d'une nouvelle culture, dynamique, énergique et plu­rielle, ouverte sur tous les faits de monde. Dogmatisme et rénova­tion, dogmatisme et vie, sont en effet incompatibles; Diederichs n'a jamais cessé de vouloir mettre cette incompatibilité en exergue, de la clouer au pilori, de montrer à quelles envolées fécondes elle cou­pait les ailes. Le projet à long terme de Diederichs a été clairement esquissé lors de la célébration du 100ième anniversaire de la mort du poète Schiller, le 9 mai 1905. Poète et penseur du classicisme allemand, Schiller avait aussi mis l'accent sur l'esthétique et l'art, éléments indispensables dans une Cité harmonieuse. Celle-ci ne de­vait pas exclusivement mobiliser les ressorts de la politique, ou se préoccuper uniquement d'élections et de représentation, mais in­suffler en permanence une esthétique, ciment de sa propre durée et de sa propre continuité. Schiller parie sur l'éducation de la personne et sur le culte de la beauté, afin d'avoir des citoyens “harmonieux et éthiques” (harmonisch-sittlich), portés par une “liberté inté­rieure”, autant d'individualités créatrices capables de donner forme à l'histoire.

 

Comment réaliser l'idéal schillerien du citoyen dans l'Allemagne wilhelminienne, où l'éducation n'oriente nullement les élèves vers l'esthétique, la liberté intérieur ou l'harmonie créatrice? Diederichs, attentif à tout ce qui se passait dans sa ville d'Iéna, découvre en 1908, un groupe d'étudiants rebelles à la positivité pédagogique de la “Belle Epoque”. Cette Jenaer Freie Studentenschaft  s'était créée en mai 1908; un mois plus tard, Diederichs invite ces jeunes gens et filles à participer à une fête solsticiale qu'il finance et organise sur le Hoher Leeden, une hauteur proche de la ville. C'est ainsi que naît le “Cercle Sera”. L'objectif est une réforme anti-autoritaire et anti-positiviste de la pédagogie, de l'éducation, de la vie en général. La volonté des participants et adeptes de ce mouvement culturel étu­diant est de forger un style nouveau, qui évitera l'écueil des en­croûtements (stilbildend). Mais pour rendre une telle démarche possible, il faut sortir l'étudiant et l'intellectuel de leur tour d'ivoire, restaurer une socialité culturelle et festive, où l'on rit, chante, s'amuse et échange des idées. Diederichs a plusieurs mo­dèles en tête quand il envisage la restauration de cette socialité in­tellectuelle et festive: 1) le panthéisme et le mysticisme de la bo­hème poétique berlinoise (le Friedrichshagener Kreis);  2) les cercles culturels de la Renaissance italienne (dont il a appris l'existence par le livre de Jacob Burckhardt Kultur der Renaissance in Italien); 3) l'accent mis par Nietzsche sur le dionysiaque et sur les chœurs bacchiques en Grèce; 4) les traditions allemandes mé­diévales des danseurs de la Saint-Jean et de la Saint-Guy (Sanct-Johann- und Sanct-Veittänzer); 5) l'esprit des maîtres-chanteurs de Hans Sachs. Cette culture dionysiaque de l'expression et de l'effervescence permet d'expérimenter la communitas  sacrée, de transcender des normes qui, si elles n'étaient jamais transcendées, deviendraient très vite les étouffoirs de la créativité. En effet, la créativité artistique n'est nullement la répétition rituelle des mêmes gestes conventionnels.

 

Pour une pédagogie nouvelle

 

Raison pour laquelle les fêtes solsticiales du Cercle Sera n'ont jamais été pareilles ni répétitives: Diederichs voulait qu'elles soient chaque fois l'occasion d'injecter dans les esprits de nouvelles idées ou de nouvelles formes. Ainsi la chanteuse norvégienne Bokken Lasson, innovatrice dans son art, participe en 1905 au solstice de la Lobedaburg. En 1906, des groupes de danseurs suédois présentent leurs danses traditionnelles mais réactualisées. En 1907, les jeunes de Iéna présentent de nouvelles danses de leur composition, inspi­rées des Minnelieder  médiévaux. Chaque fête de mai ou du 21 juin est l'occasion de découvrir une facette de la littérature ou de la pensée panthéiste européenne (François d'Assise, Spiele de Hans Sachs, poésies d'Eichendorff ou de Goethe), mais sous des formes toujours actualisées.

 

A partir de 1908, l'idéal schillerien, théorisé depuis mai 1905, prend corps et se double de la volonté de promouvoir en Allemagne une pédagogie nouvelle, basée sur la notion d'énergie théorisée par Schiller, sur l'élan vital bergsonien, sur le dionysiaque chanté par Nietzsche, etc. Deux mouvements alimentent en effectifs et en inspi­rations le Cercle Sera: 1) Les étudiants dissidents de l'Université de Leipzig qui se nommaient les Finken (les pinsons) ou les Wilden (les sauvages) ou encore, plus simplement, les Freie Studenten (Les libres étudiants), dégagés des structures rigides de l'université con­ventionnelle. 2) Les jeunes du mouvement de jeunesse Wandervogel. Le Cercle Sera recrute une élite étudiante et ly­céenne, très cultivée, adepte de la mixité (un scandale pour l'époque!), à la recherche de nouvelles formes de vie et d'une éthique nouvelle. Pour Diederichs, ce groupe “semble enfin réaliser les objectifs sur lesquels l'ancienne génération avait écrit et dont elle avait parlé, mais dont elle espérait l'advenance dans un très lointain avenir”. Désormais, à la suite des fêtes solsticiales et sous l'influence des randonnées des Wandervögel, le groupe pratique les Vagantenfahrten, les randonnées des Vagantes, c'est-à-dire les “escholiers pérégrinants” du moyen âge. On se fait tailler des cos­tumes nouveaux aux couleurs vives, inspirés de cette tradition mé­diévale. Diederichs espère que cette petite phalange de jeunes, gar­çons et filles, cultivés et non conformistes va entraîner dans son sillage les masses allemandes et les tirer hors de leurs torpeurs et de leurs misères. Il a conscience de forger une “aristocratie de l'esprit” qui sera un “correctif culturel” visant à transformer les principes politiques dominants, à insuffler le sens schillerien de l'énergie et l'élan vital de Bergson dans la pratique quotidienne de la politique. Mais Diederichs est déçu, après une fête qu'il avait or­ganisée le 7 juin 1913, avec beaucoup d'artistes et d'acteurs: trop de participants s'étaient comporté comme des spectateurs, alors que, se plaignait Diederichs, dans une vraie fête traditionnelle ou hellénique-dionysiaque, il n'y a jamais de spectateurs, mais seule­ment des participants actifs. Diederichs constatait, non sans amer­tume, que la fête traditionnelle ne semblait pas pouvoir être res­taurée, que la modernité avait définitivement cassé quelque chose en l'homme, en l'occurrence la joie spontanée et créatrice, le sens de la fête.

 

De toute l'aventure du Cercle Sera, où se sont rencontrés les philo­sophes Hans Freyer et Rudolf Carnap, émergeront principalement les méthodes pédagogiques d'enseignement aux adultes, avec Alexander Schwab, Walter Fränzel, Hildegard Felisch-Schwab (pédagogie spéciale des orphelins), Elisabeth Czapski-Flitner, Helene Czapski, Hedda Gagliardi-Korsch.

 

Les hérétiques sont les seuls esprits créateurs

 

Sur le plan religieux, Diederichs se considérait personnellement comme un grand réformateur, plus exactement comme “l'organisateur du mouvement religieux extra-confessionnel”. Il ac­cusait les théologiens du pouvoir, de l'université et des églises offi­cielles d'avoir bureaucratisé la foi, d'avoir enfoui la flamme de la religion sous les cendres du dogmatisme, des intrigues et du calcul politicien. La religion vivante des traditions et de nos ancêtres s'est muée en “histoire morte”, a été déchiquetée par le scalpel d'un rationalisme sec et infécond. La démarche de Diederichs était dès lors de “revenir aux racines de notre force (= la religion, la foi) la plus pro­fonde”. Le protestantisme, d'où Diederichs est pourtant issu, est grandement responsable, disait-il, de cette crise et de cette catas­trophe: il a donné la priorité au discours (le prêche et les commentaires des écritures) plutôt qu'au culte (festif et commu­nautaire), plutôt qu'aux sentiments, à la sensualité ou à l'émotion. Le réel homo religiosus du début du XXième siècle doit avoir la vo­lonté de rebrousser chemin, de retourner à la foi vive, de tourner le dos à la religion étatisée, au cléricalisme et à l'académis­me. Dans cette optique, Diederichs ouvrira les portes de sa maison d'édition à tous ceux que les dogmatiques avaient margi­nalisés, aux non-conformistes et aux innovateurs qui “osent saisir le religieux de manière explorante et expérimentale”. A plus d'une re­prise, il déclare: “Les hérétiques sont les esprits créateurs par excel­lence dans l'histoire des religions”. Et il citait aussi souvent une phrase de Jakob Grimm: «Savez-vous où Maître Eckehart me touche le plus? [...] Là où il sort de l'étroitesse de la religion pour passer à l'héré­sie». En 1901, le théologien totalement hérétique Arthur Bonus (cf. infra), un des auteurs favoris de Diederichs, résumait clairement leur op­tique: «Les autorités sont là pour être combattues».

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Pour répondre au rationalisme de la théologie officielle et au dog­matisme, Diederichs préconise de faire appel à des modes de pensée holistes, vitalistes et existentialistes. C'est le noyau vital des reli­gions qu'il faut saisir, même au prix d'associations étonnantes, de comparaisons audacieuses, où Zarathoustra va voisiner le Christ, Goethe va se retrouver mêlé à Nieztsche, tout comme Marx à Wagner. Des multiples traditions panthéistes, les auteurs de la mai­son d'édition de Diederichs vont extraire des motifs et des dé­marches conceptuelles pour façonner un Dieu qui est tantôt source créatrice de tous les phénomènes de la Vie, tantôt “puissance d'ascension déclenchant une créativité absolue”. Toutes les visions de Dieu chez les auteurs de Diederichs impliquaient un Dieu dyna­mique, décideur, actif, créatif et animé d'une forte volonté d'action.

 

Une religion qui dynamise les volontés

 

En effet, par le terme “religion”, Diederichs n'entendait pas une atti­tude contemplative, purement intériorisée: son interprétation du phénomène religieux était vitaliste et dynamique, portée par une forte volonté de mener une action dans et sur le monde. Certes, fasciné par la tradition mystique allemande, il n'excluait par l'introspection religieuse, l'importance de l'intériorité et des forces qui y sont tapies, la découverte par la réflexion des profondeurs de la subjectivité, mais ce mouvement de l'esprit vers l'intériorité visait la libération de forces insoupçonnées pour par­faire une action correctrice, esthétisante ou éthique dans le réel extérieur. La religion permet à l'homme d'accroître sa volonté indi­viduelle pour la vie, de rassembler des potentialités pour arraisonner le monde. Dans une brochure commentant ses collections, Diederichs écrivait en 1902: «Une culture religieuse n'est pas tellement dépen­dante de sa conception de la vie dans l'au-delà [...] Elle veut plutôt réaliser le telos  de cette Terre, qui est de créer dans l'en-deça des in­dividualités de plus en plus fines dans une Règne dominé par l'esprit. Les pures spéculations d'idées sur Dieu, l'immortalité [...] et autres doctrines de l'Eglise cèdent le pas, ne sont plus considérées comme essentielles, et font place à la Vie religieuse, qui correspond aux lois du Cosmos et aux lois de la croissance organique; la religion ne peut dès lors plus être reconnue qu'à ses fruits». En 1903, Diederichs écrit au Pasteur Theodor Christlieb qu'il voulait, avec ses livres, “promouvoir une religion sans regard vers le passé, mais di­rigée vers l'avenir”. Pour désigner cette religion “futuriste”, Diederichs parlait de “religion du présent”, “religion de la volonté”, “religion de l'action”, “religion de la personnalité”. Avec le théolo­gien protestant en rupture de banc Friedrich Gogarten (“théologien de la crise”, “théologien dialectique”), Diederichs évoquait “une reli­gion du oui à la Vie, bref, une religion qui dynamise les volontés”.

 

Action et création

 

La religion (au sens où l'entendaient Diederichs et ses auteurs), la “théosophie” (terme que Diederichs abandonnera assez vite) et le néo-romantisme visent “une saisie immédiate de la totalité de la vie”, afin de dépasser les attitudes trop résignées et trop sceptiques, qui empêchent de façonner l'existence et affaiblissent les volontés. «Plus de savoir mort, mais c'est l'art qui devrait transformer l'âme et les sentiments des hommes et les conduire à l'action pratique» (on reconnait là le thème schillerien récurrent dans la démarche de Diederichs). Parmi les auteurs qui allaient expliciter et répandre cette vision holiste de la vie, Arthur Bonus, autre théologien protestant en rup­ture de banc, sera certainement le plus emblématique. Dans Religion als Schöpfung  (1902; = La religion comme création), Bonus présente la religion comme une “conduite de la vie”, où l'homme se plonge dans la vectorialité réelle du monde, qu'il a d'abord saisie par intuition; il entre ainsi en contact avec la puissance divine créatrice du monde et, fortifié par ce contact, se porte en avant dans le monde sous l'impulsion de ses propres actions. Dans ce sens, la religion est une attitude virile et formatrice, elle est pures action et création. Les églises, au con­traire, n'avaient eu de cesse de freiner cette activité créatrice forte, de jeter un soupçon sur les âmes fortes en exaltant la faiblesse et la mièvrerie des âmes transies, inca­pables de donner du neuf à la vie. Mais Bonus, théologien bien écolé, ne réduit pas son apologie de la vie à un naturalisme voire à certaines tendances maladroites du panthéisme qui dévalorisent  —comme les églises mais au nom d'autres philosophades—  l'action de l'homme créateur et énergique, sous prétexte qu'elle serait une dérive inhabituelle  —et pour cela non fondamentale—  ou éphémère de la matière ou d'un fond-de-monde posé une fois pour toute comme stable, immuable. Bonus réclame l'avènement d'une religion qui ne refuserait plus le monde et son devenir perpétuel, mais pousserait les hommes à par­ticiper à son façonnage, à agir avec passion pour transformer les simples faits objectifs en principes spirituels supérieurs. Telle est la “germanisation du christianisme” qu'il appelle de ses vœux. Bonus, bien qu'argumentant en dehors des sentiers battus de la théologie protestante, a suscité avec ses thèses bien des émois positifs chez ses pairs.

 

Autre livre qui fit sensation dans le catalogue de Diederichs: l'essai Rhytmus, Religion, Persönlichkeit (= Rythme, religion, personnalité) de Karl König. Dans la ligne de Bonus, la pensée religieuse de König se résume à ces quelques questions: «Entends-tu dans tout le chaos du présent le rythme secret de la vie? Laisse pénétrer ce rythme dans la profondeur de ton âme. Laisse Dieu travailler ta personne, pour qu'il la modèle et la façonne en toi. Ce n'est que là où l'on trouve un centre de force dans la vie spirituelle et personnelle que quelque chose peut se construire et se développer, qui donnera de la valeur à la vie».

 

L'objectif de Diederichs, en publiant quelques ouvrages paganisants, plus ceux des théologiens qui abjuraient une foi devenue sans re­lief, sans oublier les grands textes des traditions européennes (surtout mystiques), chinoises, indiennes etc., était d'opposer à la “phalange du logos” (les néo-kantiens, les phénoménologues et les positivistes logiques), la “phalange des défenseurs de la vie”.

 

Robert STEUCKERS.

lundi, 21 décembre 2009

Presseschau (Dezember 4)

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(Dezember / 4)

Einige Links. Bei Interesse anklicken...

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Untersuchungsausschuß
Guttenberg fordert Fairneß für seine Frontkämpfer
„Transparenz und Aufklärung“ hat Verteidigungsminister Guttenberg bei seinem Überraschungsbesuch in Afghanistan versprochen. Der Bundestags-Untersuchungsausschuß dürfe die Soldaten aber nicht diskreditieren, mahnte er. Zugleich sagte er den Opfern des Bombardements schnelle Hilfe zu.
http://www.spiegel.de/politik/ausland/0,1518,666564,00.html

Bundeswehr in Afghanistan
Luftangriff galt gezielter Tötung von Taliban-Chefs
Immer neue Details des Luftangriffs auf zwei Tanklastzüge in Kundus belasten nun auch Bundeskanzlerin Angela Merkel. Ihr Amt soll die gezielte Liquidierung von Taliban-Führern durch die Bundeswehr gebilligt haben. Darauf habe auch der Luftschlag in Kundus gezielt. Der Angriff galt demnach nicht den Fahrzeugen [„nicht nur“ wäre wohl die korrektere Formulierung!].
http://www.welt.de/politik/ausland/article5506968/Luftangriff-galt-gezielter-Toetung-von-Taliban-Chefs.html

Kunduz-Augenzeuge
„Es sah aus, als ob die Erde Feuer spuckt“
Waren die Bomben auf die Tanklaster bei Kunduz gerechtfertigt? Waren die Menschen um die LKW wirklich Taliban? Zum ersten Mal spricht im SPIEGEL-ONLINE-Interview ein Augenzeuge über die Nacht des Bombardements bei Kunduz – Tanklastwagenfahrer Abdul Malek.
http://www.spiegel.de/politik/ausland/0,1518,666825,00.html

Kunduz-Affäre
Guttenberg rechnet mit seinen Gegnern ab
Verteidigungsminister Guttenberg geht in die Offensive: Im Bundestag warf der CSU-Politiker der Opposition bei der Aufklärung der Kunduz-Affäre schlechten Stil vor – und kritisierte die gefeuerten Spitzenbeamten Schneiderhan und Wichert. Die SPD lästert über den „Minister der Selbstverteidigung“.
http://www.spiegel.de/politik/deutschland/0,1518,667496,00.html

Kunduz-Bombardement
Guttenberg lehnt Rücktritt ab
Verteidigungsminister Guttenberg will im Amt bleiben - trotz immer schärferer Vorwürfe, in der Affäre um den Luftangriff bei Kunduz die Unwahrheit gesagt zu haben. Die SPD stellt wegen des fatalen Einsatzes inzwischen offen den Fortbestand der Elitetruppe KSK in Frage.
http://www.spiegel.de/politik/ausland/0,1518,666858,00.html

Hierzu ein Kommentar von Generalleutnant a. D. Hans-Heinrich Dieter, der selbst einmal Kommandeur des KSK war
http://www.md-office-compact.de/BeschranktePolitik.htm
http://www.sondereinheiten.de/forum/viewtopic.php?f=10&t=15697&start=2130

Afghanistan
Nato fordert deutlich mehr deutsche Soldaten/Rückendeckung für Oberst Klein durch deutschen Vier-Sterne-General
http://www.spiegel.de/politik/ausland/0,1518,667058,00.html

Schreiben aufgetaucht
So bat Schneiderhan Guttenberg um Entlassung
Welche Umstände führten zur Entlassung des Generalinspekteurs der Bundeswehr? Um diese Frage tobt seit Tagen ein heftiger Streit. Jetzt ist Wolfgang Schneiderhans Schreiben, in dem er Verteidigungsminister Karl-Theodor zu Guttenberg um die Entlassung bittet, an die Öffentlichkeit gelangt.
http://www.welt.de/politik/deutschland/article5557581/So-bat-Schneiderhan-Guttenberg-um-Entlassung.html

Konflikte
Taliban planten angeblich Sturm auf Feldlager
Der deutsche Oberst Georg Klein soll den Luftschlag in Kundus unter dem Eindruck von Geheimdienstinformationen über Pläne der Taliban zur Erstürmung des Bundeswehrfeldlagers befohlen haben.
http://www.focus.de/politik/ausland/konflikte-taliban-planten-angeblich-sturm-auf-feldlager_aid_463568.html

Afghanistan
Taliban-Attacken auf Bundeswehr nehmen stark zu
Mehr als 60 Mal haben in diesem Jahr Kämpfer der Taliban die Bundeswehr angegriffen. Die Zahl der Attacken im Norden Afghanistans hat sich damit sprunghaft erhöht – im Jahr 2008 waren es lediglich 31. Verteidigungsminister Guttenberg mahnte eine offene Darstellung der Situation an.
http://www.welt.de/politik/ausland/article5534152/Taliban-Attacken-auf-Bundeswehr-nehmen-stark-zu.html

Und so sieht das dann aus ...
Deutsche Soldaten im Feuerkampf (Video und Fotos)
Germany at war: New offensive in North-Afghanistan
http://www.militaryphotos.net/forums/showthread.php?t=170712

Bundeswehrverband
„Wir müssen auch töten, um uns zu schützen“
Von Thorsten Jungholt
Die Bürger und sogar weite Teile des Parlaments wissen nicht, wie ernst die Lage der Bundeswehr in Afghanistan ist, glaubt der Chef des Bundeswehrverbands, Ulrich Kirsch. Die Regierung habe den Einsatz absichtlich beschönigt. Mit WELT ONLINE sprach Kirsch über den Luftangriff von Kundus und das Versagen der Politik.
http://www.welt.de/politik/deutschland/article5539544/Wir-muessen-auch-toeten-um-uns-zu-schuetzen.html

„No Parade for Hans“
Von Martin Böcker
Von Zeit zu Zeit ist es die Sicht eines Außenstehenden, welche dem Selbstbild zu nötigen Korrekturen verhelfen kann. Es bietet vielleicht einen Anhaltspunkt für das, was normal, nicht normal oder auch seltsam ist. Einen Blick auf das deutsche Verhältnis zum Soldaten gibt uns die New York Times: „No Parade for Hans“. Ein Titel, der Spott vermuten läßt.
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display.154+M5454c0d5031.0.html

Vorratsdatenspeicherung
Die größte Verfassungsbeschwerde aller Zeiten
Von Thorsten Jungholt
Prävention ist wichtig, Bürgerrechte sind wichtiger: Fast 35.000 Bürger haben Verfassungsbeschwerde gegen die Massenspeicherung von Telefon- und Internetdaten eingereicht. Die Kläger – unter ihnen Bundesjustizministerin Sabine Leutheusser-Schnarrenberger – haben gute Chancen auf Erfolg.
http://www.welt.de/politik/deutschland/article5540937/Die-groesste-Verfassungsbeschwerde-aller-Zeiten.html

Brüssel
Machtkampf um Gehaltserhöhung für EU-Beamte
http://www.spiegel.de/politik/ausland/0,1518,665746,00.html
http://diepresse.com/home/politik/eu/527064/index.do?_vl_backlink=/home/politik/eu/index.do
http://www.welt.de/die-welt/debatte/article5483035/Bruesseler-Elfenbeinturm.html

Gesundheitsfonds fehlen weitere 2,1 Milliarden
http://www.zeit.de/newsticker/2009/12/11/iptc-hfk-20091211-82-23264128xml

Sozialversicherung
Junge Generation verabschiedet sich vom Sozialstaat
Von der gesetzlichen Sozialversicherung erwarten die 30jährigen nichts mehr, daran ändert auch die neue Regierung nichts. Die junge Generation reagiert auf ihre Weise: Still und leise verabschiedet sie sich aus dem Sozialstaat.
http://www.wiwo.de/politik-weltwirtschaft/junge-generation-verabschiedet-sich-vom-sozialstaat-414604/

Die Klasse und die Abdankung des Staates
Von Felix Menzel
Dieses Jahr lief in einigen kleinen Kinos der Film „Die Klasse“ nach dem gleichnamigen Roman von François Bégaudeau. Der Autor verarbeitet darin seine Erfahrungen als Lehrer in den Pariser Problemvierteln, den banlieues, und schildert die ethnischen und sozialen Bruchlinien, die durch seine Klasse verlaufen und ein Lernen unmöglich machen.
http://www.sezession.de/9984/die-klasse-und-die-abdankung-des-staates.html#more-9984

Schäuble vs. Schönbohm
Von Martin Lichtmesz
Am Montag abend besuchte ich eine Buchpräsentation in der Landesvertretung Brandenburg / Mecklenburg-Vorpommern in Berlin. Vorgestellt wurden die Erinnerungen Jörg Schönbohms mit dem schönen Titel „Wilde Schwermut“, erschienen im Landt-Verlag. Am Podium neben dem Autor: Bundesfinanzminister Wolfgang Schäuble (CDU) und als Moderator der ehemalige FAZ-Redakteur Karl Feldmeyer.
http://www.sezession.de/10027/schaeuble-vs-schoenbohm.html#more-10027

FPÖ und Kärntner BZÖ fusionieren
BERLIN. Die FPÖ und der Kärntner BZÖ-Landesverband haben mit sofortiger Wirkung eine politische Kooperation beschlossen. Ziel dieser Zusammenarbeit sei „die Bündelung der politischen Kräfte rechts der Mitte“ als Kampfansage an die „Versagenspolitik von SPÖ und ÖVP“.
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display.154+M56c9923b945.0.html

Oberstaatsanwalt Walch belastet Mannichl
Der Passauer Oberstaatsanwalt Helmut Walch hat in einem Gespräch mit stern.de erstmals öffentlich bestätigt, daß es im Fall Mannichl jede Menge Widersprüche gibt und es immer unwahrscheinlicher werde, daß es sich „um einen gezielten Anschlag aus der rechtsradikalen Szene“ gehandelt habe. Mannichl übte sich zuletzt in der BILD in Polizistenschelte. Diese hätten bei den Ermittlungen geschlampt.
http://www.pi-news.net/2009/12/oberstaatsanwalt-walch-belastet-mannichl/#more-105519

Uniformierte Heulsuse
Von Thorsten Hinz
Kommt doch noch Licht in die Mannichl-Affäre? Durch die Hintertür und gegen den Willen von Politik und Medien? Was der zuständige Oberstaatsanwalt Walch gegenüber stern.de äußerte, pfeifen zwar längst die Spatzen von den Dächern, aber aus dem Mund eines hohen Justizbeamten erhält es zusätzliche Plausibilität. Ein taz-Interview, in dem der ehemalige Polizeichef von Passau Ermittlungspannen bei der erfolglosen Tätersuche nicht ausschließen wollte, muß bei Polizei und Staatsanwaltschaft das Faß zum Überlaufen gebracht haben.
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display.154+M53cb866512e.0.html

Neue Neonazi-Strategie
Wie Rechtsextreme ihre Gegner drangsalieren
Von Christoph Ruf
Angesichts knapper Kassen und häufiger Demo-Verbote hat die rechtsextreme Szene im Südwesten eine neue Strategie entwickelt: Die Neonazis kapern Veranstaltungen politischer Gegner. Nun ist ein baden-württembergischer SPD-Landtagsabgeordneter ins Visier der NPD geraten. [Gemeint ist der berüchtigte JF-Hasser Stephan Braun. Zitat Braun: „Die haben sich gleich in größeren Gruppen im Raum verteilt und die ganze Zeit über versucht, die Diskussion in ihrem Sinne zu steuern.“ Wie undemokratisch ... ;-)]
http://www.spiegel.de/politik/deutschland/0,1518,666440,00.html

Punk durch Bestellschein
Von Claus Wolfschlag
Auf der „Zeitgeist“-Seite der „Jungen Freiheit“ vom 11. Dezember 2009 erschien eine kleine Notiz aus meiner Feder zu einem Versandshop für „Punk“-Utensilien, also für Musik, Bekleidung, Schmuck und Devotionalien. Darin wurde die Verbindung dieses Ladens zur Szene der „autonomen Antifa“ hervorgehoben. So bietet der aus der Politband S.I.K. hervorgegangene „Nix Gut“-Versand, dies sei nur als ein Beispiel genannt, ganz offen Kapuzenpullis und Hosen der recht eindeutigen Serie „autonom streetsports“ an.
http://www.sezession.de/10001/punk-durch-bestellschein.html#more-10001

Immer wieder montags in Potsdam ...
Ungefähr 500 Teilnehmer versammelten sich gestern [14.12.09] um 18 Uhr im Halbdunkel vor dem Nauener Tor in Potsdam, um am zweiten Montag hintereinander gegen die Regierung aus SPD und Linke in Brandenburg zu demonstrieren, deren Start seit Wochen von immer neuen Stasi-Enthüllungen überschattet wird. Viele Menschen trugen brennende Kerzen in den Händen oder hatten selbstgemalte Transparente mitgebracht. „Stasi in die Produktion“ hieß es darauf oder „Wer hat uns verraten? Sozialdemokraten!“
http://www.pi-news.net/2009/12/immer-wieder-montags-in-potsdam/

Silvio Berlusconi bei Kundgebung attackiert und verletzt
http://www.welt.de/die-welt/politik/article5522684/Silvio-Berlusconi-bei-Kundgebung-attackiert-und-verletzt.html

Neonazis bei der Bundeswehr
Braune Flecken auf der Uniform
Von Joachim F. Tornau und Carsten Meyer
Von einer „bodenlosen Denunziation“ spricht Axel von Baumbach. Der Bundeswehrmajor der Reserve steht in Treue fest zum Vorsitzenden seiner Reservistenkameradschaft. An dessen langjährigem rechtsextremen Engagement stört sich der adelige Forstassessor aus dem nordhessischen Kirchheim nicht: „Er ist eine der anständigsten Personen, die ich kenne.“
Der so Gepriesene heißt Wolfram M. und ist Chef der Kameradschaft in Großropperhausen, einem Ortsteil von Frielendorf im Schwalm-Eder-Kreis.
http://www.fr-online.de/top_news/2147863_Neonazis-bei-der-Bundeswehr-Braune-Flecken-auf-der-Uniform.html

Die Unerträglichkeit des Seins
Von Fabian Schmidt-Ahmad
„Unerträglich“ – da war das Wort wieder. „Unerträglich“ fand es der Würzburger SPD-Bürgermeister Georg Rosenthal, wenn man den „staatlich organisierten und komplett durchbürokratisierten Völkermord“ an den Juden mit anderen Ereignissen in irgendeiner Weise vergleiche.
Ein Modewort macht die Runde. Irgend etwas „unerträglich“ zu finden, ist heute schick. „Ich finde sie erbärmlich und unerträglich“, keifte der Dresdner Oberstaatsanwalt Frank Heinrich den Mörder von Marwa an. „Unerträglich“ findet es auch der innenpolitische Sprecher der SPD-Bundestagsfraktion, Dieter Wiefelspütz, wenn deutsche Behörden illegale Ausländer erfassen und abschieben. Derartiges gehört wohl zu unserer bundesrepublikanischen „Empörungskultur“.
Der Wunsch hinter dieser öffentlich ausgelebten Entrüstung ist nicht schwer zu verstehen: Zum einen möchte man zeigen, was für ein moralisch empfindsames und sensibles Wesen man doch ist. Zum anderen erinnert man das Publikum an die eigene Wichtigkeit, da es wohl von öffentlichem Interesse sei, wenn der Betreffende irgendetwas „unerträglich“ findet. Eine Tugend, die in bigotten Zeiten wie diesen überlebensnotwendig scheint.
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display.154+M54aa6ef771e.0.html

Wer ist Hannes Stein
Von Erik Lehnert
Jemand, der (wie er selbst zugibt) ein „bißchen Philosophie für den Hausgebrauch“ studiert hat. Und dieser jemand, der als (ich muß hier einmal zu diesem Wort greifen) Minusseele noch sehr vorteilhaft beschrieben wäre, maßt sich ein Urteil über Heidegger an. Weil er jetzt gemerkt hat, daß eine andere Minusseele vor Jahren ein unglaublich schlechtes Buch über Heidegger geschrieben hat: Emmanuel Faye. In der Sezession 31 schrieb ich dazu folgende Rezension: (...)
http://www.sezession.de/10074/wer-ist-hannes-stein.html#more-10074


Vertriebenen-Zentrum
Historiker sieht Polen als Tätervolk verunglimpft
Von Gerhard Gnauck
Die Stiftung Flucht, Vertreibung, Versöhnung erlebt einen neuen Eklat. Der einzige Pole im Beirat, der Historiker Tomasz Szarota, wirft hin, weil er an der Ausrichtung des Zentrums zweifelt. Die Deutschen würden in dem Zentrum als „das zweite große Opfer dieses Krieges“ präsentiert, die Polen als Tätervolk.
http://www.welt.de/politik/ausland/article5553159/Historiker-sieht-Polen-als-Taetervolk-verunglimpft.html
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display.154+M5273c9c80ad.0.html

Integrationsdebatte
Sarrazin fordert Kopftuchverbot für Schülerinnen
Bundesbank-Vorstand Thilo Sarrazin hat sich auf einer Podiumsdiskussion in Berlin erneut zum Thema Integration geäußert. Er würde Kopftücher im Schulunterricht verbieten, weil sie kein religiöses, sondern ein politisches Symbol seien. „In Europa haben wir steigende Zahlen von Muslimen, was in allen Ländern Probleme macht“, sagte Sarrazin.
http://www.welt.de/politik/deutschland/article5507124/Sarrazin-fordert-Kopftuchverbot-fuer-Schuelerinnen.html

Nordrhein-Westfalen
Rechtspopulisten planen Anti-Minarett-Kampagne
Von Kristian Frigelj
Die nordrhein-westfälische Vereinigung „Pro NRW“ nimmt die Schweiz zum Vorbild: Die rechtspopulistische Organisation will eine große Kampagne gegen Minarette und Moscheen starten und so gegen „muslimische Landnahme“ vorgehen. Dabei will „Pro NRW“ auch eine Klausel im EU-Reformvertrag nutzen.
http://www.welt.de/politik/deutschland/article5529800/Rechtspopulisten-planen-Anti-Minarett-Kampagne.html

Drohungen gegen Ali Kizilkaya
Islamrat erhält Ekel-Paket mit Schweineohr
Von Jörg Säuberlich
In einem Schreiben, das dem Paket an den Islamrat in Köln beilag, wurde das Schweineohr als „kostbare Reliquie aller Muslime“ bezeichnet. Darunter habe gestanden: „Grüße von Michel Friedman – Juden in Deutschland“. Islamrats-Chef Ali Kizilkaya äußerte sich besorgt über die „Islamphobie“ in Deutschland.
http://www.welt.de/politik/deutschland/article5552029/Islamrat-erhaelt-Ekel-Paket-mit-Schweineohr.html

Bamberger Erzbischof Ludwig Schick: Türken sollen sich für Kirchen einsetzen
http://nachrichten.rp-online.de/article/politik/Erzbischof-Tuerken-sollen-sich-fuer-Kirchen-einsetzen/61334

Gewalt gegen Polizisten
„Irgendwann kämpfst du nur noch um dein Leben“
Schläge, Tritte, Beleidigungen, Morddrohungen – Berliner Polizisten schlägt immer öfter im Einsatz pure Aggression entgegen. Und immer öfter fühlen sich die Beamten wie Freiwild, die Gewalt eskaliert. Morgenpost Online hat zwei Polizisten in Wedding begleitet – eine harte Gegend, man fackelt hier nicht lange.
http://www.morgenpost.de/berlin/article1222632/Irgendwann-kaempfst-du-nur-noch-um-dein-Leben.html

Lob und Anerkennung
Von Martin Böcker
Yassin G. und seine Freunde greifen mitten in Berlin in der Nacht einen scheinbar wehrlosen Mann an. Die Gründe dafür sollen an dieser Stelle irrelevant sein, denn: zu fünft auf einen ist – gelinde gesagt – schwer zu rechtfertigen. Vielleicht war dieser Angriff nicht ihr erster, vielleicht fühlten sie sich deshalb besonders sicher. Aber es soll jetzt nicht um Yassin gehen, sondern um den Warnschuß und den Schuß ins Bein.
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display.154+M5ece5b61f3f.0.html
http://www.welt.de/vermischtes/article5449705/Ermittlungen-wegen-Schiesserei-in-Jugendpark.html
http://www.morgenpost.de/berlin/article1219119/Berliner-Zivilpolizist-schiesst-auf-Jugendlichen.html

Ausgang für Polizistenmörder?
Sechs Jahre nach dem Mord an dem Berliner Polizisten Roland Krüger und nur fünf Jahre nach seiner Verurteilung zu „lebenslanger“ Freiheitsstrafe sind für den Libanesen und Mörder Yassin Ali K. bereits Hafterleichterungen im Gespräch. Im nächsten Jahr soll er Familie und Freundin besuchen dürfen. Was die Justiz als Routine bezeichnet, macht Freunde und Kollegen fassungslos.
http://www.pi-news.net/2009/12/ausgang-fuer-polizistenmoerder/

Leutkirch: Schlägereien beim Zivilcouragepreis
„Je mehr Bürger mit Zivilcourage ein Land hat, desto weniger Helden wird es einmal brauchen“, heißt es hochtrabend auf der Webseite des Zivilcouragepreises 2009. Wie wahr, wie wahr, kann man da nur sagen. Denn bei der heutigen Vergabe des Preises in der Festhalle Leutkirch (Allgäu) kam es – wie schon im Vorjahr – zu Ausschreitungen und Schlägereien.
http://www.pi-news.net/2009/12/leutkirch-schlaegereien-beim-zivilcouragepreis/

Olpe: Toter und Tumulte nach Hip-Hop-Konzert
Ein Hip-Hop-Konzert in der sauerländischen Kreisstadt Olpe, bei dem eine Vielzahl Migranten türkischer Herkunft zu Gast war, beschäftigte die Polizei noch in der Nacht mit einem Großeinsatz. Die alarmierte Mordkommission sucht nach tödlichen Messerstichen nach einem Täter.
http://www.pi-news.net/2009/12/olpe-toter-und-tumulte-nach-hip-hop-konzert/

14jähriger Skater totgefahren
In Frankfurt ist ein 14jähriger Skateboardfahrer in einer Tempo-30-Zone von einem viel zu schnell fahrenden Auto totgefahren worden. Der Fahrer ließ das Kind sterbend zurück. Jetzt wurde der mutmaßliche Unfallwagen gefunden. Halter ist ein türkischer Familienvater, der sich bei seiner Festnahme völlig überrascht zeigte.
http://www.pi-news.net/2009/12/14-jaehriger-skater-totgefahren/

„Ein Irrtum wie die Rechtschreibreform“
Bologna und die Bachelorisierung
Hierin sind sich „Süddeutsche“ und FAZ einig: Nur die Analogie zur Rechtschreibreform beschreibt adäquat, was von den „Vereinfachungen“ durch die Studienreform zu halten ist.
http://www.sprachforschung.org/index.php?show=news&id=642

Handwerk beklagt vor Bildungsgipfel schlechte Schulbildung
http://www.google.com/hostednews/afp/article/ALeqM5gDLLjdVkJNoarYly13X3Po_KaAyA
http://www.zeit.de/newsticker/2009/12/14/iptc-hfk-20091214-12-23282094xml

Vorweihnachtlich I: Vom Wäschetrocknen, der Wilden Jagd und Goethes Einsicht
Von Karlheinz Weißmann
Wenn früher jemand im ländlichen Niedersachsen gefragt wurde, was er zwischen Weihnachten und Dreikönig keinesfalls tun dürfe, so lautete die Antwort: „Wäsche zum Trocknen aufhängen“. Faßte man nach und wollte den Grund wissen, hieß es: „Weil sonst jemand im Hause stirbt.“
Meine Urgroßmutter und meine Großmutter haben sich streng daran gehalten, meine Mutter auch, oder doch beinahe: sie brachte die Wäsche auf den Trockenboden unseres Wohnblocks, – aber es blieb ein Unbehagen. Die jungen Frauen heute kennen nicht einmal mehr das.
http://www.sezession.de/9929/vorweihnachtlich-i-vom-waeschetrocknen-der-wilden-jagd-und-goethes-einsicht.html

Geschenktip „Wildes Deutschland“
Amazonas vor der Haustür
Von Stephan Orth
Geheimnisvolle Nebelberge, romantische Märchenwälder: Der Bildband „Wildes Deutschland“ zeigt Naturparks der Republik in poetischen Aufnahmen. Bei manchen von ihnen glaubt man kaum, daß sie nicht in Kanada, Südamerika oder in der Karibik entstanden sind.
http://www.spiegel.de/reise/deutschland/0,1518,666987,00.html

Leipzig
Nach Wiederaufbau
Gottesdienst in Paulinerkirche wird zur Demo
[auf die Leserkommentare achten!]
http://www.welt.de/kultur/article5461879/Gottesdienst-in-Paulinerkirche-wird-zur-Demo.html?page=0#article_readcomments

Humboldt-Forum
Das Aufbau-Team für das Berliner Schloß steht
http://www.welt.de/kultur/article5537959/Das-Aufbau-Team-fuer-das-Berliner-Schloss-steht.html?page=0#article_readcomments

Emanzipation
Wie Frauen sich selbst ruinieren
Von Naomi Wolf
Die feministische Idee gab den Frauen das Gefühl, alles zu können und zu wollen. Genommen hat sie ihnen aber die innere Ruhe. Die Töchtergeneration der Frauenbewegung setzt ihre Ansprüche an sich selbst gnadenlos hoch an. Für andere Formen von Leistung als beruflichen Erfolg ist kaum Platz.
http://www.welt.de/politik/article5548014/Wie-Frauen-sich-selbst-ruinieren.html

Heavy Metal und Gender. Nachtrag zu einer Konferenz an der Musikhochschule Köln
http://www.historyherstory.de/11.html
http://www.zeit.de/kultur/musik/2009-10/metal-gender-kongress
http://www.nmz.de/online/diva-satanica-eine-konferenz-ueber-heavy-metal-and-gender-an-der-koelner-musikhochschule

Alex Kurtagic: Mister
Von Martin Lichtmesz
Abteilung Entdeckungsreisen: Wer ab und zu auf englischsprachigen rechten Onlinemagazinen wie The Occidental Quarterly, The Occidental Observer oder dem superben Takimag surft, wird irgendwann auf den Namen Alex Kurtagic stoßen. Der 1970 geborene Kurtagic ist slowenisch-spanischer Abstammung, und lebt zur Zeit in Großbritannien, wo er ein Label für „Extreme Metal Music“ betreibt. Alternativen Genres der populären Musik wie Black Metal, Neofolk und Martial Industrial, in denen er eine „heidnische und neo-romantische Sensibilität“ fortwirken sieht, spricht Kurtagic eine immense metapolitische Bedeutung zu.
Kurtagic hat nun seinen ersten Roman „Mister“ veröffentlicht, den man genremäßig in den dunkleren Abzweigungen der Science-Fiction ansiedeln könnte. Die dystopische Literatur hatte immer schon einen Drall nach Rechts, aber auch zur Satire: man denke an Klassiker wie Samjatins „Wir“, Huxley’s „Brave New World“, Orwells „1984“ oder Burgess’ „A Clockwork Orange“, die allesamt die Versklavung, totale Kontrolle und letztlich Auslöschung des Individuums unter dem Banner von Kollektivismus, Fortschritt und Modernisierung anprangern. Zur näheren Verwandschaft von „Mister“ zählt allerdings auch der 1973 erschienene Roman „Das Heerlager der Heiligen“ von Jean Raspail, der schilderte, wie sich ein geistig entwaffnetes Europa kampflos einer Flut von Immigranten ergibt.
http://www.sezession.de/9424/alex-kurtagic-mister.html#more-9424

L'autre signification de l'Etre

Heidegger_14.jpgArchives des SYNERGIES EUROPEENNES - 1995

L'autre signification de l'Etre

 

Dr. Angelika WILLIG

 

De qui un homme comme Ernst Jünger se sent-il compris? Certainement pas par ses adversaires qui ne combattent en lui que sa seule projection élitaire et militariste. Mais il ne doit pas se sentir davantage compris de ses épigones, qui sont incapables de le suivre dans les méandres difficiles de sa pensée et qui, au contraire, cherchent la facilité en vouant un culte simpliste à leur idole. Que reste-t-il dès lors, sinon la “grande conversation des esprits” dont a parlé Nietzsche et qui, à travers les siècles, n'est animée que par des hommes isolés, importants et significatifs.

 

Il est très rare que de tels isolés engagent un dialogue. Ainsi, Ernst Jünger s'est adressé à Martin Heidegger, à l'occasion des 60 ans de ce philosophe de la Forêt Noire, en écrivant à son intention Über die Linie,  un opuscule qui aborde “le grand thème de ces cent dernières années”: le nihilisme. Heidegger s'est senti tellement interpellé par ce texte qu'à son tour, il a consacré à l'écrivain un opuscule, également intitulé Über' die Linie,  à l'occasion des 60 ans de l'auteur du Travailleur en 1955. Cette rencontre a été très prometteuse, on s'en doute. Mais elle n'a pas promis plus qu'elle ne pouvait tenir, surtout à ceux qui s'en faisaient des idées fausses. Et totalement fausse aurait été l'idée, par exemple, que Jünger et Heidegger avaient pris délibérément la résolution d'écrire à deux un manifeste commun, fondateur d'une “révolution conservatrice” à laquelle nous pourrions encore adhérer aujourd'hui. Telle n'était pas l'intention de Jünger et de Heidegger: ils sont trop intelligents et trop prudents pour oser de tels exercices.

 

Métaphysique

 

Jünger part du principe que le nihilisme constitue un défi pour l'individu. L'individu, ici, est bien l'individu et non pas une classe particulière, ou une race, un parti ou un mouvement. En d'autres termes: le nihilisme n'est pas un problème politique mais un problème métaphysique. C'est là la raison essentielle qui motive Jünger quand il s'adresse à Heidegger car celui-ci a vu que la question décisive réside dans la métaphysique et non pas dans l'économie, la biologie ou la psychologie. Dans ce domaine, Jünger est bien sur la même longueur d'onde que le philosophe de la Forêt Noire: tous deux acceptent le fait que l'évolution historique bute contre une limite et qu'il n'est plus possible d'aller au-delà. Telle est la signification de l'image de la “ligne”, que Heidegger reprend à son compte, sans doute en la transformant: tel est bien le diagnostic du nihilisme. Jünger nous en livre une description qui culmine dans cette phrase: . Le nihilisme est dès lors la perte de toute assise solide et de toute durée, sur lesquelles on pourrait encore construire ou reconstruire quelque chose.

 

On songe tout de suite aux “idées” et aux “valeurs”. Mais Jünger pense sans nul doute aux attaques en règle qui sont perpétrées contre une “base ultime”, une assise primordiale, que nous pourrions parfaitement interpréter dans un sens écologique aujourd'hui. Jünger nous parle du “moment où la rotation d'un moteur devient plus forte, plus significative, que la répétion, des millions de fois, des formules d'une prière”. Ce “moment”, qui pourrait bien durer cent ans ou plus, désigne l'illusion qui veut que toute perfection technique ne peut réussir que sur base de biens donnés par Dieu ou par la nature, biens dont nous dépendons existentiellement et surtout dont nous sommes nous-mêmes une partie. Le “néant” que la modernité nihiliste semble répandre autour d'elle, n'est donc pas néant, rien, mais est en vérité le sol, sur lequel nous nous trouvons, le pain que nous mangeons, et l'âme qui vit en nous. Si nous nous trouvons dans des “paysages arides, gris ou brûlés” (Jünger), il peut nous sembler que rien n'y poussera ni n'y fleurira jamais. Mais plus nos souvenirs des temps d'abondance s'amenuisent, plus forts seront le besoin et le désir de ce dont nous avons réellement besoin et de ce dont nous manquons. Heidegger ne songe à rien d'autre quand il définit la disparition, l'absence, par la présence, ou quand il voit dans la Verborgenheit (l'obscurité, l'occultement) une sorte de “dépôt de ce qui n'est pas encore dévoilé (dés-occulté)”. Car si nous considérons l'homme dans son existentialité, son Dasein, soit sa détermination par son environnement (Umwelt),  alors son Etre (Sein)  ne peut jamais être mis entièrement à disposition; dès lors, plus le danger le menace, plus grande est la chance d'une nouvelle appropriation. Heidegger appelle cela l'“autre commencement”.

 

Refus de la conception linéaire de l'histoire

 

Tous deux s'opposent donc à la conception linéaire de l'histoire, à la conception qui voit l'histoire comme une ligne droite, sur laquelle on ne peut qu'avancer ou reculer, partageant du même coup les esprits en “esprits progressistes” et en “esprits conservateurs”. Pour Heidegger comme pour Jünger la ligne est transversale. “Le franchissement de la ligne, le passage du point zéro”, écrit Jünger, “partage le jeu; elle indique le milieu, mais non pas la fin”. Comme dans un cercle, elle recommence sa trajectoire après une rotation, mais à un autre niveau. Heidegger parle ici de la nécessité d'un "retour” ou d'un “retournement” et non pas d'un “recul vers des temps déjà morts, rafraîchis à titre d'expérimentation par le truchement de formes bricolées”. Jünger, lui aussi, a toujours évité ce fourvoiement, ce que l'on ne peut pas dire de tous ses contemporains! “Le retour”, signifie pour Heidegger, le lieu ou la pensée et l'écriture “ont toujours déjà été d'une certaine façon”.

 

heidegger gesamt.jpgHeidegger estime aussi que “les idées s'embrasent” face à “cette image d'un sens unique”, impliquée par la ligne: c'est là que surgit la problématique du nihilisme  —aujourd'hui nous parlerions plutôt de la problématique de la société de consommation ou de la société du throw away.  Pourtant le philosophe émet une objection, qui est déjà perceptible dans une toute petite, mais très significative, transformation du titre: chez Jünger, ce titre est Über die Linie, et il veut désigner le franchissement de la ligne; chez Heidegger, c'est Über' die Linie. Il veut par l'adjonction de cette minuscule apostrophe expliciter à fond ce qu'est la zone, le lieu, de cette ligne. Ce qui chez Jünger est invite à l'action, demeure chez Heidegger contemplation. Il est clair que l'objet de la philosophie n'est pas de lancer des appels, mais d'analyser. Et Heidegger, bien qu'il critique fortement les positions de l'idéalisme platonicien, est assez philosophe pour ne pas laisser passer sans sourciller la volonté activiste de participation de l'écrivain, son vœu et sa volonté de dépasser aussi rapidement que possible le nihilisme.

 

Sujet & Objet

 

Heidegger admoneste Jünger, et cette admonestation se justifie théoriquement. A juste titre, Heidegger pense: «L'homme non seulement se trouve dans la zone critique de la ligne, mais il est lui-même, non pas pour soi et certainement pas par soi seulement, cette zone et ainsi cette ligne. En aucun cas cette ligne est... telle qu'elle serait un tracé franchissable placé devant l'homme». En écrivant cette phrase, Heidegger se rapporte à une idée fondamentale de Sein und Zeit, jamais abandonnée, selon laquelle l'homme n'est pas un “sujet”, placé devant un “objet”, mais est soumis à une détermination existant déjà avant tout rapport sujet/objet. L', tel qu'évoqué ici, acquiert une signification si différente de celle que lui conférait la métaphysique traditionnelle, que Heidegger, dans son essai, biffe toujours le mot  (Sein), afin qu'on ne puisse plus le lire dans le sens usuel.

 

Pour le philosophe, une telle précision dans les termes est absolument indispensable, mais, quand on lit l'écrivain, cette précision conduit à des mécompréhensions ou des quiproquos. Jünger, en effet, ne s'en tient pas à la terminologie forgée par Heidegger, mais raisonne avec des mots tels “valeur”, “concept”, “puissance”, “morale”, “décision” et reste de ce fait dans le “langage de la métaphysique” et surtout dans celui du “métaphycisien inversé” que fut Nietzsche. Pourtant, l'écrivain ne peut pas être jugé à l'aune d'une philosophie du sujet, manifestement dépassée. C'est cependant ce que Heidegger tente de faire. Mais son jugement pose problème quand on repère le passage où Jünger se rapproche le plus de cet “autre” dans sa formulation: . Une fois de plus, Heidegger, après avoir lu cette phrase, pose une question très précise: l'Etre peut-il être quelque chose pour soi? Et le philosophe de la Forêt Noire corrige: .

 

Jünger complète Heidegger

 

De telles remarques nous aident à mieux comprendre Heidegger, mais ne sont presque d'aucune utilité quand nous interprétons l'écriture de Jünger. Le philosophe nous dit bien que “de tels doutes ne peuvent nullement égratigner la force éclairante des images”, mais cela ne le conduit pas à un examen plus précis du langage de Jünger. Par coquetterie, Heidegger évoque la confusion et l'imprécision de Jünger mais reste, lui, ferme sur sa propre voie, dans sa propre logique de penser, et ne cherche pas à comprendre les autres possibles. Quand Heidegger constate: “Votre jugement sur la situation trans lineam et mon explication de linea  sont liés l'un à l'autre”, il reste finalement assez laconique.

 

Quoi qu'il en soit, la position de Jünger complète la pensée de Heidegger. Nous avons dit, en début d'exposé, que le nihilisme était une attitude de l'individu: en effet, toute question métaphysique ne concerne que chaque individu personnellement. Aucun ordre socio-politique ne peut changer quoi que ce soit au fait que chacun d'entre nous soit exposé aux dangers du monde, soit soumis à l'angoisse que cette exposition, cette Ausgesetzheit,  suscite. Voilà pourquoi cela ne fait pas une grosse différence  —à ce sujet Jünger et Heidegger sont d'accord—  si le nihilisme se présente à nous sous la forme ou l'expression d'une dictature fasciste, ou sous celle d'un socialisme réel ou d'une démocratie de masse. Dans de tels contextes, la démarche de Heidegger a été la suivante: Heidegger a travaillé sur l'isolement de l'homme avec une précision jusqu'alors inégalée, en utilisant tout spécialement les ressorts de la critique du langage; ensuite, sa philosophie a constitué une tentative de transposer l'angoissante dépendance du moi, soi-disant “libre”, dans une sorte de “sécurité” (Geborgenheit), site d'apaisement des tensions, site de sérénité, où s'épanouit enfin la vraie liberté. En opérant ce retournement, il nous semble, que Heidegger perçoit l'homme comme sur le point de disparaître, écrasé sous le poids d'un sombre destin planétaire, et donne l'impression de devenir fataliste.

 

Mais cela, Heidegger ne l'a pas voulu, et ne l'a pas dit de cette façon. Et c'est pourquoi, nous apprécions ce discours post-idéaliste de Jünger insistant sur la “force chevaleresque de l'individu”, sur sa “décision” et sur la volonté de l'homme libre de se maintenir envers et contre tout. Car si le moi n'est même plus autorisé à formuler des projets, il est contraint de résister à son propre “empêtrement”, résistance qui, seule, appelera le démarrage d'un nouveau mouvement historique.

 

“Le poète et le penseur habitent des sommets voisins”, a dit un jour Heidegger. Leurs demeures sont haut perchées mais séparées par un gouffre. C'est bien ce que nous avons pu constater en comparant les positions de Jünger et de Heidegger. Mais ne se pourrait-il pas que ce soit précisément ce gouffre qui fait tout l'intérêt de la rencontre Jünger/Heidegger. l'on délibère, dit Jünger dans Le recours aux forêts,  un ouvrage très proche d'Über die Linie,  .

 

Dr. Angelika WILLIG.

(article paru dans Junge Freiheit,  n°12/1995; trad. franç.: Robert Steuckers).

samedi, 19 décembre 2009

Annotation sur le "Travailleur"

lemine11.jpgArchives de SYNERGIES EUROPEENNES - 1995

 

Annotation sur le «Travailleur»

 

Dr. Karlheinz WEISSMANN

 

Ernst Jünger a toujours voulu que l'on inclue son Travailleur  dans l'édition de ses œuvres complètes, sur­tout contre les “bien-pensants” qui l'exhortaient à prendre distance à l'endroit de ce “faux-pas” littéraire. Déjà dans une “Troisième lettres aux amis”, datée du 1er septembre 1946, Jünger insistait: il ne reniait rien de son œuvre, celle-ci devait être considérée comme un tout; il ne prenait ses distances d'aucun fragment de ce travail. Le rapport qui existe entre des écrits tels La mobilisation totale ou Le Travailleur, d'une part, et d'autres tels Jardins et Routes, est comparable à celui qui unit l'Ancien et le Nouveau Testament. Plus tard, il a répété cette formule de l'Ancien et du Nouveau Testament, mais cela ne nous dit rien de clair, finalement, sur la valeur qu'il faut attribuer actuellement aux premiers écrits de Jünger. La seconde version du Cœur aventureux  déjà, la décision de publier en 1934 une édition des œuvres com­plètes mais sans les textes nationalistes du début des années 20 ensuite, signale la volonté de Jünger de marquer une césure entre la partie purement politique de ses premiers écrits et ses livres ultérieurs. Mais il fit tout de même une exception de taille: les deux ouvrages que nous venons de mentionner, La Mobilisation totale et Le Travailleur. Mais au prix d'une interprétation qui rend presque méconnaissable l'intention initiale. Voilà pourquoi il m'apparaît opportun de poser une nouvelle fois la question: quelle est l'“assise dans la vie” que possèdent ces textes? Ce qui doit nous permettre de tourner notre regard vers un fragment de l'histoire des impacts obtenus par ses livres-clefs, histoire au demeurant peu connue, mais ô combien instructive et éclairante.

 

La Mobilisation totale  et Le Travailleur  étaient tous deux des livres apocalyptiques. Depuis le début des années 30 la crise s'accentuait considérablement en Allemagne; simultanément augmentait le besoin de “grandes solutions”. Les modèles technocratiques, les “Plans” de réorganisation de l'Etat et de la société bénéficiait d'une incontestable conjoncture, puisque le jeu libre des libéraux, en politique comme en éco­nomie, avait incontestablement failli. Pour les extrémistes de gauche, le modèle était les plans quinquen­naux soviétiques, tandis qu'une fraction des économistes professionnels autour de John M. Keynes imaginait une politique interventionniste du plein-emploi. Enfin, des cercles de non-conformistes, où se rencontraient, pour échanger des idées, hommes de gauche et de droite, libéraux, sociaux-démocrates, des banquiers, des conservateurs et des nationaux-socialistes. Ces idées ont trouvé une écho dans le fameux “Plan WTB” (d'après les noms de ses inventeurs: Wladimir Woytinski, Karl Baade et Fritz Tarnow), édité par la fédération des syndicats (Gewerkschaftsbund), de même que dans le Wirtschaftliches Sofortprogramm der NSDAP (= “Programme économique tout-de-suite de la NSDAP”) de Gregor Strasser ou dans le Sofortprogramm de Günther Gereke qui devint par la suite Commissaire du Reich pour la poli­tique de l'emploi dans le Cabinet von Schleicher. En lançant son appel à la “nostalgie anti-capitaliste”, Strasser a pu transformer en triomphe pour la NSDAP les élections de juillet 1932; ailleurs, le Président de l'ADGB, Theodor Leipart, tentait de rassembler tous les partisans de l'autarcie nationale, qui voulaient dé­livrer les syndicats libres du carcan de la SPD. Dans son célèbre discours de Bernau, le 14 octobre 1932, Leipart expliquait que la tâche du travailleur était de se mettre au service de son peuple; il évoquait l'«esprit soldatique de l'imbrication dans le Tout et du don de soi au Tout», qui devait animer le prolétariat dans l'avenir.

 

On peut avancer la thèse que Leipart a été inspiré par Le Travailleur  de Jünger. A une époque aussi chaotique, les ennemis d'hier se rassemblent dans de nouveaux groupements: Le Travailleur  avait incon­testablement touché une corde sensible dans l'air du temps. Mais ce livre mythique et apocalyptique a également suscité une série d'incompréhensions. Les uns considéraient Le Travailleur  comme un ou­vrage “bolchévique”, d'autres y voyaient le résultat d'un culte impolitique de la technique, d'autres encore en interprétaient le contenu comme l'expression d'une philosophie nihiliste, née sous la pression des faits. Ce sont précisément les admirateurs de Jünger dans les ligues de jeunesse nationales-révolution­naires et le mouvement Widerstand d'Ernst Niekisch qui se sont sentis interpellés et irrités. Une irritation qui s'est encore accrue quand Jünger, sans ambages, accepte la modernité et insiste sur le rapport unis­sant la “mobilisation allemande” et la “domination planétaire du Travailleur”. Si Jünger a voulu faire du Travailleur  un écrit programmatique du “nouveau nationalisme”, alors il n'a pas été compris de son public ou n'a été accepté qu'avec réserve. En 1933, les dernières possibilités d'organiser des discussions fruc­tueuses disparaissent.

 

meunier2.jpgMais, dans l'Allemagne nationale-socialiste, on comptait un petit nombre d'admirateurs de Jünger qui considéraient toujours que Le Travailleur était un manifeste et, en même temps, un manuel de politique pratique. Ce groupe se rassemble dans les années 30 autour de Meinhard Sild et Edgar Traugott. Tous deux appartenaient à la NSDAP clandestine d'Autriche et sont passés à la SS après l'Anschluß. Pourtant leurs idées étaient en ultime analyse bien différentes des directives principales qu'énonçaient les idéo­logues officiels de la NSDAP. Ils s'étaient doter d'un petit forum dans la revue Zeitgeschichte. La couver­ture de cette publication présentait un aigle et un serpent, les animaux du Zarathoustra de Nietzsche; la tonalité des articles et des poèmes publiés était franchement nietzschéenne. Ensuite, les jeunes hommes rassemblés autour de Sild et de Traugott se sentaient fidèles à un “socialisme” qui, tout-à-fait dans le sens du Travailleur de Jünger, voulait organiser la “mise au travail totale” et élever l'Allemagne au rang d'une puissance capable “d'intervenir de la façon la plus vigoureuse qui soit dans les rapports de force régissant le monde”. Pour eux, il ne s'agissait nullement de “totalitarisme” ou d'une justification fol­ciste (= völkisch) des guerres pour l'espace vital: mais bien plutôt des effets de cette logique froide qui a tant fasciné Jünger lui-même. Traugott et Sild, à leur façon, tirent les leçons du “réalisme héroïque”, dont ils attendent qu'il “compénètre totalement le monde d'esprit guerrier, de réalisme et de paganisme”. Dans l'état actuel des recherches, on ne peut pas affirmer exactement quelle a été la nature du rapport entre Jünger, d'une part, et Traugott et Sild, d'autre part. Quoi qu'il en soit, leurs idées se sont différenciés dès que la guerre a éclaté. Sild a encore patronné l'édition de campagne de Feuer und Blut en 1941, mais déjà dans un article de juin 1939 pour les Nationalsozialistische Monatshefte,  il exprime ses réserves quant à l'amitié qui lie Jünger au dessinateur Alfred Kubin, qui plonge son regard dans les abîmes les plus glauques de l'âme humaine et que Jünger considérait comme un “frère en esprit”. Cette amitié ne corres­pondait pas à ce que l'on attendait de Jünger, en qui on voyait, à l'époque, le “type même de l'activiste technique et le chef efficace”. La version finale des Falaises de marbre  était, elle aussi, en contradiction avec cette image que l'on se faisait de Jünger. Traugott a consacré une longue recension à ce livre, dès sa parution, dans les colonnes de Zeitgeschichte:  il y louait les qualités littéraires, tout en indiquant clai­rement ce qui le séparait de l'auteur. L'essai de Traugott, paru en 1941, Von der Führung  (= Du Commandement) ne contient plus aucune allusion à Jünger; le contenu de cet ouvrage s'aligne largement sur l'orthodoxie nationale-socialiste.

 

Tout ce que je viens d'écrire sur le groupe rassemblé autour de Traugott et Sild permet de comprendre le Jünger “politique”. L'engagement de Jünger dans les années 20 n'a pas été une marotte: sans aucun doute, il a appartenu aux têtes pensantes de la droite révolutionnaire allemande. Mais sa participation au débat politique n'autorise aucune simplification extrême, comme celles de l'historiographie boîteuse qui se pare du label d'“antifascisme”, en répétant ses arguments à satiété. Jünger était un nationaliste à l'époque mais il a toujours été plus que cela. Mais, après avoir écrit Le Travailleur,  il tire une conclusion: la politique n'est qu'un phénomène superficiel qui n'influe en rien sur les processus titaniques à l'œuvre dans notre monde; Jünger n'a pas voulu s'exposer aux coups de cette “titanisation”, parce qu'il la croyait inévitable. Cette attitude est sans doute le résultat d'un moment de faiblesse, mais elle est aussi em­preinte de sagesse. Car l'un des messages les plus forts de Jünger demeure le suivant: il est bon “de de­viner que derrière les excès de dynamisme de notre temps se trouve caché un centre immobile”.

 

Dr. Karlheinz WEISSMANN.

(article paru dans Junge Freiheit, n°12/95; trad. franç.: Robert Steuckers).

vendredi, 18 décembre 2009

Presseschau (Dezember / 3)

diarios.jpgPresseschau

Dezember (3)

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Minarettverbot: Türkischer Minister fürchtet Religionskrieg
Istanbul – Bislang hat das Schweizer Minarettverbot keine weltweite Krise nach sich gezogen, wie etwa einst der Streit über die Mohammedkarikaturen.Aber wenn man dem türkischen Außenminister Ahmet Davutoglu zuhört, dann war der Karikaturenstreit ein Kinderspiel gegen das, was nun auf Europa zukommt: „Wer kann sagen, daß Moscheen in Europa noch sicher sind?“, sagte er nach einem Besuch in Athen.Und er fuhr fort: „Vor 15 Jahren wurden Hunderte Moscheen in Bosnien niedergebrannt.“Zum wiederholten Male warnt er vor einer „globalen Krise“ und „globalen Zusammenstößen“ nach dem Schweizer Referendum und fühlt sich erinnert an die europäischen „Religionskriege des Mittelalters“. Er bietet die Hilfe der Türkei an, um diese „globale Krise“ abzumildern; aber ein wenig klingt es so, als wolle er die Krise erst herbeireden, um sich erneut als Wortführer der muslimischen Welt zu profilieren und die Türkei zugleich in die Rolle des Konfliktlösers zu manövrieren.
http://www.welt.de/die-welt/politik/article5432166/Minarettverbot-Tuerkischer-Minister-fuerchtet-Religionskrieg.html

Der dumme Junge Westerwelle
Von Thorsten Hinz
In der Wochenendausgabe der FAZ war ein ganzseitiges Interview mit Außenminister Guido Westerwelle zu lesen. Natürlich geht es um das Zentrum gegen Vertreibungen und Westerwelles Veto gegen einen Kuratoriumssitz für Erika Steinbach, wobei die Journalisten – unter ihnen Herausgeber Berthold Kohler, der seit Wochen Steinbach konsequent verteidigt – energisch nachfassen. Westerwelle wiederholt seinen Standpunkt im gewohnt schneidigen Tonfall, den er dem gerade verstorbenen FDP-Ehrenvorsitzenden Otto Graf Lambsdorff abgelauscht haben muß.
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display.154+M5c348fd0628.0.html

Du sollst nicht stehlen
Deutschland wird an die Angehörigen der bei einem Militäreinsatz gegen die Vorbereitung eines schweren Anschlags auf deutsche Aufbauhelfer getöteten afghanischen Raubmörder Entschädigung für die entgangene Beute zahlen. Die Verbrecher hatten zuvor zwei zivilen Fahrern zweier Tanklastzüge die Köpfe abgeschnitten und waren anschließend bei der Durchquerung eines Flusses steckengeblieben.
Befreundete Dorfbewohner waren zu Hilfe geeilt, um die Laster für den geplanten Anschlag zu mobilisieren und sich ihren Anteil an der Beute des Raubmordes zu sichern. Der blutige Deal mit der Bundesregierung wird vom Bremer Rechtsanwalt Karim Popal eingefädelt.
http://www.pi-news.net/2009/12/du-sollst-nicht-stehlen/#more-103622

Herr Rechtsanwalt Popal ist seit mehr als 3 Jahren nebenbei für den Justiz-Aufbau in Afghanistan tätig. Er unterrichtet Staatsanwälte, Richter und Anwälte in Afghanistan und trägt zum Aufbau der Justiz bei.
Nach seinem Studium der Rechtswissenschaften in Bremen ist er seit 1992 als Rechtsanwalt zugelassen.
Er ist Mitglied in der Arbeitsgemeinschaft Aufenthaltsrecht des Bremischen Anwaltsvereins, Mitglied im Deutschen Anwaltsverein, Justitiar mehrerer ausländischer Vereine – u.a. auch der Dachorganisation Schura Bremen und des Moslemrats – und vertretungsberechtigt an allen Gerichten in der Bundesrepublik Deutschland.
http://www.anwalt.de/kanzlei-popal

Konflikte
Bundeswehrverband verteidigt Angriff von Kundus
Bundeswehrverbandschef Ulrich Kirsch hat den umstrittenen Luftangriff auf zwei Tanklastzüge nahe der nordafghanischen Stadt Kundus am 4. September verteidigt.
http://www.focus.de/politik/ausland/konflikte-bundeswehrverband-verteidigt-angriff-von-kundus_aid_457939.html

Bundeswehr sieht sich durch Nato-Bericht entlastet
Berlin – Die Bundeswehr sieht sich entgegen anderslautenden Darstellungen durch den geheimen Nato-Bericht über den Luftangriff auf zwei Tanklastzüge bei Kundus entlastet.Die deutschen Soldaten hätten eine massivere Bombardierung abgelehnt, sagte ein Sprecher des Verteidigungsministeriums am Montag. So hätten die Piloten der US-Kampfflugzeuge den Abwurf von mehr als sechs Bomben auf die von Taliban gekaperten Tanklaster angeboten. Die deutschen Befehlshaber hätten sich dann mit den Fliegern auf den Abwurf von zwei der kleinsten Bomben geeinigt.
http://www.welt.de/die-welt/politik/article5460424/Bundeswehr-sieht-sich-durch-Nato-Bericht-entlastet.html

Afghanistan
Elite-Einheit KSK war am Luftangriff beteiligt
Die Bundeswehr-Elite-Einheit KSK war einem Zeitungsbericht zufolge maßgeblich am umstrittenen Tanklasterangriff in Kundus beteiligt. Der gesamte Einsatz wurde demnach aus einem Kommandostand einer geheimen Einheit geführt. Chef der Task Force 47 soll der verantwortliche Oberst Georg Klein gewesen sein.
http://www.welt.de/politik/deutschland/article5483082/Elite-Einheit-KSK-war-am-Luftangriff-beteiligt.html

Eliteeinheit in Kunduz
KSK unterstützte Oberst Klein in der Bombennacht
Die Spekulationen über die Hintergründe des Luftangriffs von Kunduz bekommen neue Nahrung. Die geheime Bundeswehr-Eliteeinheit Kommando Spezialkräfte spielte möglicherweise eine Rolle bei dem endgültigen Befehl zum Abwurf der Bomben.
http://www.spiegel.de/politik/ausland/0,1518,666249,00.html

USA
Bush und Blair beschlossen Irak-Invasion schon im April 2002
http://www.focus.de/politik/weitere-meldungen/usa-bush-und-blair-beschlossen-irak-invasion-schon-im-april-2002_aid_459869.html

Weinerliche Rechte?
Von Thorsten Hinz
Die Larmoyanz, welche die deutschen Rechten angeblich pflegen – was ist damit gemeint? Soll das heißen, daß sie die allgemeine Weinerlichkeit in Deutschland (auch „German Angst“ genannt) teilen und folglich keine besseren Menschen sind als die Objekte ihrer Kritik? Oder zielt der Spott auf eine spezifische, eben „rechte“ Larmoyanz-Variante? Diese Spezifik müßte dann aber auch genau definiert werden.
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display.154+M5f00bc2087b.0.html
http://www.sezession.de/9471/larmoyanz-und-verwesung.html#more-9471
http://www.sezession.de/9662/deutsche-taeter-deutsche-opfer-eine-antwort-auf-martin-boecker.html
http://www.sezession.de/9891/larmoyanz-und-verwesung-ii.html

Die jungen Männer
Von Götz Kubitschek
Junge Leute haben das Recht zur Rüge, sie haben das Recht zur Attacke, zur Anmaßung, zur Arroganz des Neubeginns. Manchmal holen sie sich dabei eine blutige Nase – oder man versteht ihre Verve nicht ganz: War es nötig, so zu poltern? Qualitätssicherung und Zurückweisung sollte auf dem Felde der Publizistik streng betrieben werden – zumal, wenn es sich um das Netz-Tagebuch der schönsten, besten und wahrsten Rechten handelt.
Warum also darf Martin Böcker, 1981, hier bei uns den Binnenpluralismus bis an die Grenze der Respektlosigkeit strapazieren und unter dem selbstgewählten, übertrieben forschen Titel „Larmoyanz und Verwesung“ zweimal sich selbst und seine Vorsätze mit denen der Normalbürger verwechseln – und uns Jammerei und Defätismus vorwerfen?
http://www.sezession.de/9911/die-jungen-maenner.html

Le Pen
Enkelin strebt in die Politik
http://www.focus.de/politik/ausland/le-pen-enkelin-strebt-in-die-politik_aid_460288.html

Studie
„Verfassungsschutzberichte sind verfassungswidrig“
Fast alle Verfassungsschutzberichte der vergangenen Jahre sind verfassungswidrig. Zu diesem Schluß kommt eine Untersuchung des Freiburger Staatsrechtslehrers Dietrich Murswiek. Mit Ausnahme der Verfassungsschutzberichte Berlins und Brandenburgs genügen demnach alle in den letzten vier Jahren publizierten Verfassungsschutzberichte von Bund und Ländern nicht den Anforderungen des Bundesverfassungsgerichts.
http://www.faz.net/s/Rub594835B672714A1DB1A121534F010EE1/Doc~E710831AE96244C9C94507C2D998A56A6~ATpl~Ecommon~Scontent.html?rss_googlenews

Brief an Innenminister
Paulis Stellvertreter fordern Verbot der eigenen Partei
Eine Partei warnt vor sich selbst. Gibt’s nicht? Gibt’s doch. Bei Gabriele Paulis Freier Union. Führende Köpfe wollen nach SPIEGEL-Informationen ein Verbot der eigenen Gruppierung. Die Partei sei verfassungsfeindlich und Pauli habe diktatorische Züge, schrieben sie dem Innenminister. Die Chefin reagierte prompt.
http://www.spiegel.de/politik/deutschland/0,1518,665356,00.html

Neuer Polizei-Wasserwerfer
Der Naßmacher
Aus St. Augustin berichtet Sven Stillich
400 PS unter der Haube, 10.000 Liter Wasser an Bord und fast eine Million Euro teuer: Die Polizei hat ihre neueste Waffe im Kampf gegen Randalierer vorgestellt. Der „Wasserwerfer 10.000“ ist eine rollende Hightech-Festung, die Beamten sind begeistert.
http://www.spiegel.de/panorama/justiz/0,1518,665006,00.html

Finanzkrise
Der Bankrott der Griechen streift auch Deutschland
Von J. Dams, J. Eigendorf u. C. B. Schiltz
Griechenland bedroht die Zukunft der Europäischen Union. Seit Jahren geben die Hellenen weit mehr Geld aus als sie erwirtschaften. Jetzt steht das Land vor dem Staatsbankrott. Wenn die EU mit Milliardenhilfen einspringt, müßte Deutschland als finanzstärkstes Land der EU den Löwenanteil tragen.
http://www.welt.de/politik/Krise/article5479669/Der-Bankrott-der-Griechen-streift-auch-Deutschland.html

Sorge über hohe Schulden Griechenlands
http://www.dw-world.de/dw/function/0,,12356_cid_4997973,00.html
http://www.dw-world.de/dw/function/0,,12356_cid_4995548,00.html?maca=de-de_na-2225-xml-atom

Griechenlands Finanzkatastrophe
Ein Land bekommt die Rechnung
Von Susanne Amann
Alarm in der Euro-Zone: Griechenland ist hoffnungslos verschuldet. Pessimisten sprechen von drohendem Bankrott, die Kreditwürdigkeit verfällt, jetzt beraten die Staats- und Regierungschefs der EU über eine hochbrisante Frage – wie kann man ein abgewirtschaftetes Land zur Selbstsanierung zwingen?
http://www.spiegel.de/wirtschaft/soziales/0,1518,666404,00.html

Bankrott und Straßenschlachten
Griechen empfinden den eigenen Staat als Feind
Von Berthold Seewald
Griechenland steht vor dem Ruin, doch die protestierenden Studenten wollen die Verantwortlichen überhaupt nicht zur Rechenschaft ziehen. Sie demonstrieren, weil sie den Staat nicht mehr so ausnehmen können wie die Generationen vor ihnen. Die Gründe der Misere der Griechen liegen in der Geschichte.
http://www.welt.de/politik/article5479779/Griechen-empfinden-den-eigenen-Staat-als-Feind.html

Staatsverschuldung
S&P verwarnt Spanien
http://www.ftd.de/finanzen/maerkte/anleihen-devisen/:staatsverschuldung-s-p-verwarnt-spanien/50048346.html

ZDF-Magazin „Frontal 21“: Bundesligaclubs verschleiern ihre Schulden
http://www.presseportal.de/pm/7840/1526447/zdf

Niedersächsische Städte sehen sich vor dem Ruin
http://www.welt.de/die-welt/vermischtes/hamburg/article5471867/Niedersaechsische-Staedte-sehen-sich-vor-dem-Ruin.html

Schulden
Bittere Zeiten für den Kreis Offenbach
http://www.op-online.de/nachrichten/frankfurt-rhein-main/bittere-zeiten-kreis-552513.html

Ministerpräsident von Rheinland-Pfalz, Kurt Beck, schließt Bündnis mit Linkspartei nicht mehr aus
http://www.op-online.de/nachrichten/politik/beck-schliesst-buendnis-linkspartei-nicht-553164.html

Braune Blätter wollen an den Kiosk
Nicht nur, daß bereits mehrere Zeitungen („Deutsche Stimme“, „National-Zeitung“, „Junge Freiheit“, „Der Schlesier“) und Magazine („Deutsche Geschichte“, „Deutsche Militär-Zeitschrift“, „eigentümlich frei“) im Kiosk-Handel existieren und zusätzlich noch unappetitliche rechtslastige irrationale Periodika („Matrix2000“, „Trojaburg“). Zwei weitere braune Blätter planen den Sprung in den Kiosk-Handel: Die revanchistische „Preußisch Allgemeine Zeitung“ und das neugegründete Monatsmagazin „Zuerst“.
http://de.indymedia.org/2009/12/268189.shtml

[Bln] Nazitreffen im Ratskeller Schmargendorf
Wie der „Tagesspiegel“ am 21.11 berichtete fanden im Ratskeller Schmargendorf im Bezirk Charlottenburg-Wilmersdorf seit Jahren regelmäßige, von Neonazis, Rechtskonservativen und neurechten Ideologen besuchte „Dienstagsgespäche“ statt. Organisator der „Gespräche“ war fast immer Hans-Ulrich Pieper.
http://de.indymedia.org/2009/12/268438.shtml

Polizei räumt in Frankfurt Uni-Casino von Chaoten-Studenten
http://www.faz.net/s/RubFAE83B7DDEFD4F2882ED5B3C15AC43E2/Doc~E947C22DF75D74F31AF2BEB06896837E0~ATpl~Ecommon~Scontent.html?rss_googlenews
http://www.ad-hoc-news.de/hochschulleitung-frankfurter-studenten-distanzieren-sich--/de/Regional/Hessen/20770704
http://www.abendblatt.de/politik/deutschland/article1294230/AStA-Sexuelle-und-rassistische-Uebergriffe-durch-Polizisten.html
http://www.rf-news.de/2009/kw49/04.12.09-2013-asta-fordert-ruecktritt-des-frankfurter-uni-praesidenten
http://www.fr-online.de/frankfurt_und_hessen/nachrichten/frankfurt/2119886_Nach-Casinoraeumung-Dozent-spricht-von-bedrohlichem-Auftritt.html
http://www.zeit.de/studium/hochschule/2009-12/schavan-studenten-gewalt-proteste
http://www.faz.net/s/Rub3DFC0DABC5664C30AC70700DD10A965D/Doc~E3FF00FA7CCBD40D78E9E7FE881B7B03C~ATpl~Ecommon~Scontent.html?rss_googlenews

„Besetzer beschädigen Casino“
Frankfurter Uni-Präsident rügt Studenten und Land
http://www.faz.net/s/RubFAE83B7DDEFD4F2882ED5B3C15AC43E2/Doc~E3A116DAA275E491CAB05A7EED796B188~ATpl~Ecommon~Scontent.html

Griechenland
Zum Jahrestag der Unruhen erschüttern Straßenschlachten Athen
http://www.welt.de/news/article5446472/Zum-Jahrestag-der-Unruhen-erschuettern-Strassenschlachten-Athen.html
http://www.tagesspiegel.de/politik/art771,2968757

Wer’s glaubt, wird selig. Was hat Athen mit Hamburg zu tun? Nein, das sind nur Vorwände, für die Medien offiziell vorgetragene Begründungen für die generelle Aggressionslust der „Autonomen“ ...
Bekennerbrief: Hamburger Anschläge Rache für Athen
http://www.zeit.de/newsticker/2009/12/6/iptc-bdt-20091206-293-23210756xml
http://www.news.de/politik/855035501/athen-randale-in-hamburg/1/

Körting kündigt neue Studie zu linksextremistischer Gewalt an
http://www.berlinonline.de/aktuelles/berlin/detail_ddp_2601865810.php

Körting nennt linke Chaoten „rot lackierte Faschisten“
http://www.bz-berlin.de/archiv/koerting-nennt-linke-chaoten-rot-lackierte-faschisten-article667410.html
http://www.morgenpost.de/printarchiv/berlin/article1219927/Koerting-spricht-von-rot-lackierten-Faschisten.html

Faschismusvergleich verärgert die Linke
http://www.tagesspiegel.de/berlin/art270,2970657

Die Linke
Partei distanziert sich von linksextremer Gewalt
http://www.focus.de/politik/weitere-meldungen/die-linke-partei-distanziert-sich-von-linksextremer-gewalt_aid_461192.html

Schröder geschichtspolitisch ganz auf Merkel-Linie ...
Altkanzler zum Minarettverbot
Schröder verteidigt den Islam gegen die Schweizer
Jetzt hat der Schweizer Minarett-Streit auch Altkanzler Gerhard Schröder erreicht. Der SPD-Politiker wirft dem Schweizer Volk vor, es wolle den im Kern „friedlichen Islam“ in die Hinterhöfe verbannen. Schröder mahnt, nicht die islamischen Staaten hätten „die beiden Weltkriege“ verbrochen.
http://www.welt.de/politik/deutschland/article5476784/Schroeder-verteidigt-den-Islam-gegen-die-Schweizer.html

Erster Weltkrieg
Deutschland zahlt noch immer Kriegsschulden
http://www.rp-online.de/politik/deutschland/Deutschland-zahlt-noch-immer-Kriegsschulden_aid_790598.html

Anonym bleibende Besitzer von Anleihen bekommen indes den Rachen nicht voll und klagen vor einem New Yorker Gericht ...
Deutsche Schulden aus dem Weltkrieg
Der lange Schatten von Versailles
http://www.rp-online.de/politik/deutschland/Der-lange-Schatten-von-Versailles_aid_791008.html

Nach den Kurras-Enthüllungen hoffen die 68er nun, ihr in Unordnung gebrachtes Welt- und Geschichtsbild doch noch retten zu können, in dem die Bundesrepublik als „faschistisches Schweinesystem“ (RAF-Diktion), zumindest jedoch als „faschistoider Staat“ erschien ...
Enthüllung über Dutschke-Attentäter
Schrecken aus dem braunen Sumpf
Von Reinhard Mohr
Schon wieder muß die 68er-Geschichte in neuem Licht gesehen werden: Dutschke-Attentäter Josef Bachmann war kein Einzelgänger, wie lange behauptet. Er hatte nach SPIEGEL-Informationen enge Kontakte zu Neonazis, die von der Stasi beobachtet und der Polizei gedeckt wurden – es gab ihn doch, den braunen Sumpf.
http://www.spiegel.de/kultur/gesellschaft/0,1518,665421,00.html

Ein etwas differenzierterer Artikel ...
Der Dutschke-Attentäter und die Neonazis
Von Sven Felix Kellerhoff
Josef Bachmann war offenbar kein Einzeltäter – Laut Stasi-Akten hatte der Mann, der auf den Studentenführer schoß, Kontakte zu Rechtsradikalen
http://www.welt.de/die-welt/politik/article5448661/Der-Dutschke-Attentaeter-und-die-Neonazis.html

Studentenbewegung
Dutschke-Attentäter ein Neonazi?
http://www.focus.de/panorama/vermischtes/studentenbewegung-dutschke-attentaeter-ein-neonazi_aid_460409.html

Dutschke-Attentat
Springers Gewaltfantasien
„Schlagt ihn tot, hängt ihn auf“
http://www.taz.de/1/politik/deutschland/artikel/1/schlagt-ihn-tot-haengt-ihn-auf/

Der Spiegel, 17. Februar 1960 (Fundstücke 6)
Von Martin Lichtmesz
Stefan Scheil hat in einer interessanten Glosse für die JUNGE FREIHEIT an die „Kölner Hakenkreuzschmiereien“ im Dezember 1959 und deren politische Folgen erinnert. Auch Armin Mohler sah in seinem Buch „Der Nasenring“ in diesem Vorfall eine entscheidende Etappe in der Entwicklung der „Vergangenheitsbewältigung“ (VB).
http://www.sezession.de/9760/der-spiegel-17-februar-1960-fundstuecke-6.html

Amoklaufende Gutmenschen
Von Werner Olles
Es war vorauszusehen, daß das klare Votum der Schweizer für ein Verbot von Minaretten ein Wüten und Toben der herrschenden politischen und medialen Klasse hervorrufen würde. Tatsächlich war in den meisten Prognosen eine Ablehnung der von der nationalkonservativen Schweizer Volkspartei (SVP) und der christlich orientierten Eidgenössisch-Demokratischen Union (EDU) initiierten Volksabstimmung vorhergesagt worden, doch entsprach dies wohl eher dem Wunschdenken der elitären Kaste aus Linksintellektuellen und politisch korrekten Multikulturalisten, die anschließend den „sonntäglichen Wahn“ geißelten und die Bürger als „intolerant“ und „fremdenfeindlich“ beschimpften.
http://www.pi-news.net/2009/12/amoklaufende-gutmenschen/#more-104226

Aufklärer, Schönredner und Prediger
Die Islam-Debatte rückt auch die Rolle der Journalisten in den Blickpunkt
http://www.nzz.ch/nachrichten/kultur/medien/aufklaerer_schoenredner_und_prediger_1.4130173.html

Minarett-Verbot belebt Diskussion in Frankreich
http://www.infranken.de/nc/nachrichten/lokales/artikelansicht/article/minarett-verbot-belebt-diskussion-in-frankreich-41321.html

Vural Öger: „Die Schweiz darf uns nicht infizieren“
„Das, was Kamuni Sultan Süleyman 1529 mit der Belagerung Wiens begonnen hat, werden wir über die Einwohner, mit unseren kräftigen Männern und gesunden Frauen, verwirklichen“, sagte Vural Öger (Foto) vor fünf Jahren. Nach der Schweizer Minarett-Abstimmung sieht der türkischstämmige Vorzeige-Unternehmer sein Projekt anscheinend in Gefahr. In einem „Offenen Brief an die Deutschen“ warnt der Nationalist vor „Fremdenhaß der Ewiggestrigen“.
http://www.pi-news.net/2009/12/vural-oeger-die-schweiz-darf-uns-nicht-infizieren/

Kolumne
Liebe Rechtspopulisten!
Von Mely Kiyak
Wenn ich mich heute entscheiden würde, Deutschland zu verlassen, weil ich die hier geschürte Atmosphäre gegen Menschen von nichtdeutschen und nichtchristlichen Eltern nicht gutheiße, ich wüßte nicht wohin. Der Rechtspopulismus hat mich in Europa umzingelt. Dänemark und die Niederlande sind auch nicht mehr, was sie mal waren. Spanien, Italien, England, es ist ganz gleich, wohin ich schaue, überall sind sie völlig hysterisch mit dem „anderen Kulturkreis“. Scheißminarette. Scheißkirchtürme. Scheißländergrenzen. Scheiß-Alles. Ich habe keine Angst vor Menschen, die an einen Gott glauben. Ich selber habe es nicht so mit Gott, aber egal.
http://www.fr-online.de/top_news/2121843_Kolumne-Liebe-Rechtspopulisten.html
http://de.wikipedia.org/wiki/Mely_Kiyak

Auch hier kommen wieder einmal nur dreiste Forderungen an die deutsche „Restgesellschaft“ (wie Frau Cindik es in dem Interview so schön ehrlich ausdrückt) ...
„Nur auf Deutsche ausgerichtet“
Gesundheitssystem
Das deutsche Gesundheitssystem ist mit den Anforderungen von Migranten überfordert, beobachtet Psychiaterin Elif Duygu Cindik.
http://www.sueddeutsche.de/wissen/95/495421/text/

Wer ist der Koch?
Von Thorsten Hinz
Eine Integration von Ausländern hat es in Deutschland immer gegeben. Ein Beispiel dafür sind jene beiden Herren, die ihr Ausbleiben zur Zeit am schärfsten kritisieren: Heinz Buschkowsky, Bezirksbürgermeister von Berlin-Neukölln, und Bundesbankvorstand Thilo Sarrazin. Beider Familiennamen verweisen auf ethnische Anteile, die nicht eben kerndeutschen Ursprungs sind. So war es immer: Leute kamen her (oder gingen weg), weil sie sich anderswo bessere Chancen ausrechneten.
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display.154+M5d999bd3488.0.html

Im Maschinenraum kann Frankfurts CDU den Kurs des Tankers „Integration“ gewiß nicht bestimmen
Partei legt zehn Thesen ohne klare Positionierung vor
http://www.freie-waehler-im-roemer.de/index.php?id=44&tx_ttnews%5Btt_news%5D=420&tx_ttnews%5BbackPid%5D=3&cHash=12281c1398

Sarrazin wirkt
Von Michael Paulwitz
Öffentliche Verkehrsmittel in Großstädten sind eine Universität der rauhen Wirklichkeit. Redakteur Rainer Wehaus von den „Stuttgarter Nachrichten“ ist bodenständig genug, um auch mal die Stadtbahn zu nehmen. Der „Fall Sarrazin“ hat ihn scheint’s ermuntert, die dort gemachten Erfahrungen mit seinen Lesern zu teilen.
http://www.sezession.de/9863/sarrazin-wirkt.html#more-9863

Der Siegerfilm des Videowettbewerbs unter der Schirmherrschaft von Frau Merkel steht nun fest.
Toleranz Team // 361° Toleranz
[Man beachte auch die Kommentare!]
http://www.youtube.com/watch?v=zs6fxy3TZ2M&feature=player_embedded

Eine Antwort auf Merkels 361 Grad – Schluß mit der falschen Toleranz!
http://www.youtube.com/watch?v=IVSZJRzxzJQ

Kriminalität: Die deutsche Opfergesellschaft
„Drohen, dealen und im Zweifel schießen: Tagtäglich fordern ethnisch abgeschottete Clans den Rechtsstaat heraus.“ Diesen Satz schreibt diesmal nicht PI, sondern Spiegel Online in einem Artikel über die organisiert kriminellen türkisch-arabischen Großfamilien in Bremen. In diesem Artikel wird einmal mehr deutlich, wie hilflos eine „kaputtgesparte“ Polizei ohne jeglichen Rückhalt von Politik und Justiz der bestens „Organisierten Kriminalität“ rein gar nichts entgegenzusetzen hat.
http://www.pi-news.net/2009/12/kriminalitaet-die-deutsche-opfergesellschaft/

Berliner Polizist schießt in Notwehr auf Angreifer
Eine Gruppe Jugendlicher hat in der Nacht zu Sonntag einen Berliner Polizisten in Friedrichshain attackiert. Der Mann war nicht in Uniform unterwegs, doch die Angreifer hatten ihn als Polizisten erkannt. In Reaktion auf die Attacke griff der Beamte schließlich zu seiner Waffe.
http://www.morgenpost.de/berlin/article1219119/Berliner-Polizist-schiesst-auf-Angreifer.html

In diesem Artikel findet sich die Information, daß es sich bei dem verletzten Angreifer um einen „Deutsch-Türken“ handelt ...
Gewalt
Friedrichshain: Polizist schießt auf Angreifer
Von Michael Behrendt, Hans H. Nibbrig und Steffen Pletl
Schwerer Zwischenfall bei einem Polizeieinsatz in Friedrichshain. Ein von einer Gruppe Jugendlicher angegriffener Polizist zückte in der Nacht zu gestern die Pistole und schoß einem seiner fünf Angreifer in den Unterschenkel. Nach Angaben eines Polizeisprechers war der 33jährige Zivilbeamte mit Kollegen am Forckenbeckplatz im Einsatz.
http://www.morgenpost.de/printarchiv/titelseite/article1219306/Friedrichshain-Polizist-schiesst-auf-Angreifer.html

Angriff auf Polizist
Ermittlungen wegen Schießerei in Jugendpark
Nach dem Angriff auf einen Polizisten in Berlin-Friedrichshain wird jetzt gegen zwei junge Männer wegen Körperverletzung ermittelt. Der Beamte, der als Zivilstreife unterwegs war, hatte einem 19jährigen ins Bein geschossen, um den Angriff abzuwehren. Ermittlungen wurden eingeleitet.
http://www.welt.de/vermischtes/article5449705/Ermittlungen-wegen-Schiesserei-in-Jugendpark.html

André Lichtschlag und Helmut Matthies erhalten Gerhard-Löwenthal-Preis
BERLIN. Der Herausgeber der Zeitschrift „eigentümlich frei“, André Lichtschlag, und der Gründer des evangelischen Wochenmagazins „Idea Spektrum“, Helmut Matthies sind am Sonnabend im Beisein von 300 Gästen aus Medien, Wissenschaft und Politik mit dem diesjährigen Gehrhard-Löwenthal-Preis ausgezeichnet worden.
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display.154+M5dc742a0551.0.html

Herumdoktern am Bachelor
„Wir haben zwei Studentengenerationen verschlissen“
Professoren haben überall in Deutschland neue Studiengänge erfunden und eingeführt. Jetzt wettert ihr oberster Vertreter gegen die Bachelor-Misere: zu kurz, zu verschult und zu speziell, sagt Bernhard Kempen, Präsident des Hochschulverbandes – und er ruft auf zum Boykott der Bachelor-Bürokratie.
http://www.spiegel.de/unispiegel/studium/0,1518,665567,00.html

Sascha Lobos Gegenrede zu Schirrmacher ...
Intelligenz
Die bedrohte Elite
von Sascha Lobo
http://www.spiegel.de/spiegel/0,1518,665806,00.html

Humboldt-Forum
Auf dem Weg zum Louvre von Berlin
http://www.faz.net/s/RubCF3AEB154CE64960822FA5429A182360/Doc~E54A073E5B2634F82BAFCCF72D1DA052E~ATpl~Ecommon~Scontent.html

Rekonstruktionsdebatte
Dem Fachwerk eine Gasse
Zum Beispiel Frankfurt am Main: Der Streit um den Wiederaufbau zerstörter Altstadtviertel wird schärfer
http://www.welt.de/die-welt/kultur/article5471482/Dem-Fachwerk-eine-Gasse.html

Spinnereien in einer bankrotten Stadt ...
ARCHITEKTUR: Tegel ist für alles offen
Die Stadtplaner haben viele Ideen dafür, was aus dem Flughafen nach seiner Stilllegung in zwei Jahren einmal werden soll
http://www.maerkischeallgemeine.de/cms/beitrag/11679215/62249/Die-Stadtplaner-haben-viele-Ideen-dafuer-was-aus.html

Aktueller denn je ...
Ausschmitt aus „Ein Mann sieht rot“
Charles Bronson vs. Muggers
http://www.youtube.com/watch?v=of-57Ivfwz8

Jünger Wandervogel

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Archives de SYNERGIES EUROPEENNES - 1995

Jünger Wandervogel

Patrick NEUHAUS

 

Dans bon nombre de publications, Ernst Jünger témoigne de ses ancrages personnels dans le monde d'avant la première guerre mondiale.

 

Ceux qui connaissent la biographie de Jünger savent que l'adolescent détestait la rationalité, se sentait étranger à elle, tout comme à la quotidienneté du monde de son époque. Il était un rêveur qui ne connais­sait rien du monde des autres et n'y cherchait pas son chemin. Cette attitude d'“anarque”, nous ne ces­sons de la découvrir dans toute l'œuvre d'Ernst Jünger. A la même époque, Franz Kafka ou Thomas Mann affichaient une même distance par rapport au monde de la majorité. Les intérêts du jeune Jünger résident tout entiers dans son monde onirique individuel. Le monde dans lequel évolue l'adolescent Jünger est marqué par tous ces facteurs sociaux qui orientaient la vie de la plupart des fils de la société bourgeoise: une maison parentale reposant sur des fondements solides, une vie quotidienne à l'école obnubilée par les bonnes notes, l'idéal d'une profession stable. C'est dans ce type de monde que le jeune homme de la Belle Epoque devait trouver sa voie. L'écrivain Ernst Jünger sera le contraire de son père, Ernst Jünger sen. (1868-1943). En 1901, le père quitte, avec sa famille, la pittoresque cité de Heidelberg pour émigrer à Hannovre, ensuite à Schwarzenberg dans l'Erzgebirge, enfin à Rehberg: au fil de ces transplantations, le fils Ernst Jünger jun., se détache de plus en plus nettement de la vision du monde positiviste du 19ième siècle. Son père ne réussit qu'à lui communiquer sa passion pour l'entomologie. Mais au-delà de cela, s'est rapidement évanouie l'influence intellectuelle que le père, chimiste et pharmacien doué, exerçait sur son fils épris d'indépendance. Dès l'âge de 13 ans, nait dans le cœur de Jünger un enthousiasme et un émerveillement pour l'agencement des choses dans la nature, pour le sens qu'elles nous communiquent.

 

Les séjours en pleine nature, la collection de ces petites pierres, de ces petites mosaïques, aux formes diverses, leur agencement en images aux couleurs châtoyantes, les voyages imaginaires du jeune Jünger féru de lectures dans des mondes lointains, aventureux, ont fait en sorte que les journées d'école sont vite apparues fort mornes. Dans Le cœur aventureux,  Jünger dépeint ses aspirations avec une in­déniable volupté: «Mes parents possédaient une serre... et, souvent, lorsque l'air brûlant frémissait sur le toit de verre, je songeais, avec un plaisir étrange, qu'il ne devait pas faire plus chaud en Afrique. Mais il devait sans doute y faire un peu plus chaud, car c'est ce qui était quasi insupportable, ce qui n'avait ja­mais encore été vécu, qui était le plus attirant».

 

Comme des milliers d'autres garçons, Jünger, à seize ans, en 1911, rejoint le Wandervogel. Une des rai­sons qui l'ont poussé dans les rangs de ce mouvement de jeunesse: le recul de ses résultats scolaires. Comme l'avait déjà constaté Gerhard Ille dans son livre Es begann in Steglitz (Berlin, 1987), le dévelop­pement du mouvement de jeunesse est étroitement lié à l'augmentation rapide du nombre d'élèves dans les grandes écoles. Le nombre des adhérents du Wandervogel s'est multiplié. Les temps d'apprentissage étaient devenus plus long, le corps des enseignants tendait à s'enfler démesurément et à se bureaucrati­ser; tout cela contribuait à diminuer sensiblement la qualité de l'enseignement dans les Gymnasia. Pour beaucoup d'élèves, l'école devenait aliénante; elle les préparait à des professions qui n'étaient plus, en dernière instance, que des “fonctions” dans les structures de la société allemande, de plus en plus tech­nologisée et bureaucratisée.

 

Jünger ne se sentait pas exposé à la pression sociale, qui poussait les jeunes gens à terminer la seconde moitié de leurs humanités afin d'obtenir le droit d'effectuer un service militaire volontaire d'un an seule­ment (en 1912, Jünger décrochera finalement ce diplôme). Ce type de service militaire prévoyait un temps réduit à une seule année, permettait aux jeunes de gagner du temps et de l'argent et autorisait le volon­taire à postuler le statut d'officier de réserve. Mais si le jeune homme ne réussissait pas à atteindre cette position sociale tant briguée, il restait tenaillé par la crainte des examens; s'il ne les passait pas ou s'il n'obtenait pas l'affectation désirée, cela pouvait se terminer en tragédie. Les statistiques de 1883-1888 nous signalent le suicide de 289 élèves, dont 110 dans les grandes écoles. Chez les Wandervögel, qui cultivaient un ressentiment certain à l'égard de la société qu'ils détestaient, ces considérations n'avaient pas leur place. L'officier de réserve issu du Wandervogel envisageait toujours une réforme “par le haut”, et, plus tard, pendant la guerre, il cherchait à promouvoir une réforme globale de la vie dans le corps même des officiers. Ce fut un échec. Mais le scepticisme de ces jeunes officiers à l'égard de l'armée en tant que forme d'organisation, à l'égard de sa technicisation et de sa rationalisation, est demeuré: c'était un scepticisme pour une part plus “progressiste” que celui qui règnait dans d'autres secteurs de la so­ciété.

 

Ernst Jünger, lui, n'a jamais songé au suicide, car il ne prenait pas l'école au sérieux. «Je rêvais sans te­nir compte de rien, avec passion... et je me cherchais chaque nouvelle année un nouveau chef droit aux épaules larges, derrière lesquelles je pouvais opportunément me réfugier» (Das abenteuerliche Herz, 1ière version).

 

La fantaisie juvénile influencée par la lecture de livres d'aventures, comme ceux de Karl May, ou de récits coloniaux ou d'ouvrages de géographie, l'a conduit à rêver à de longs voyages dans des contrées inex­plorées. La notion de “communauté” qui, pour d'autres, est la clef de l'aventure, ne constitue pas l'essentiel pour Jünger. A ce moment-là de son existence, comme plus tard, pendant la guerre, elle n'est qu'un moyen pour compléter son univers d'ivresse et de rêves. L'énergie pour l'aventure, Jünger la porte en lui, il n'a pas besoin d'une dynamisation complémentaire, qui lui serait transmise par d'autres. Jünger ne s'est jamais entièrement soumis à un groupe ni n'a adhéré exclusivement à un mouvement précis. C'est ce qui ressort des quelques rares descriptions que nous livre Jünger sur le temps où il était Wandervogel: beuveries vespérales à la manière des étudiants des corporations. Sur les visites hebdo­madaires aux brasseries de Hameln, où Jünger était lycéen en 1912, nous avons un récit, publié seule­ment en 1970 dans Approches, drogues et ivresse:  «Les chansons et toute sorte de cérémonies telles que la “salamandre” (1) étaient ordonnées après un silentium préparatoire; un moment de détente, la fideli­tas, suivait l'exécution du rituel. On buvait dans des pots à couvercle; parfois aussi un hanap circulait à la ronde. Il avait la forme d'une botte qu'on ne cessait de remplir à nouveau, aux frais de celui qui avait été l'avant-dernier à la tenir. Quand la bière tirait à sa fin, il fallait, ou bien en boire de toutes petites gorgées, ou bien faire “cul sec” d'un trait (...) Il existait toute une série de délits qu'on expiait en vidant une petite ou grande quantité de liquide  — ce qu'on appelait “descendre dans le pot”. Souvent des étudiants, ex-membres du club, étaient nos hôtes; ils louaient notre zèle gambrinesque». (note (1): Salamandre: rite qui consiste à frotter trois fois la table en rond du fond de son pot avant de faire “cul sec”).

 

wandervogel2.jpgPar la suite, Jünger a essayé de traduire en actes ce que d'autre n'évoquaient qu'en paroles. A la re­cherche de la vie dans sa pureté la plus limpide, avec la volonté de se plonger dans l'ivresse extrême de l'aventure et dans l'émerveillement intense de nouvelles découvertes, de nouvelles couleurs, odeurs et plantes, de nouveaux animaux, Jünger décide de franchir le pas, un pas extraordinairement courageux pour un adolescent, un pas dangereux: à Verdun, en Lorraine, sans avoir averti son père, il s'engage dans la Légion Etrangère française. Un an seulement avant la Grande Guerre, avant même d'avoir passé son “examen de maturité” (ndt: qui correspond plus ou moins au bacchalauréat français), le jeune Jünger amorce une aventure audacieuse, mais qui sera de très courte durée. La même année, au moment où Ernst Jünger part, un revolver dans la poche, pour rejoindre la prestigieuse phalange des professionnels de l'armée française, le mouvement Wandervogel réunit ses adeptes allemands sur une montagne d'Allemagne centrale, le Hoher Meißner. Un Wandervogel autrichien avait appelé les Germains au “Combat contre les Slaves”; les Allemands veulent prendre position et répondent, par la voix de leur porte-parole: «La guerre? Cette manifestation de la folie des hommes, cette destruction de la vie, ce massacre en masse des hommes, faut-il la réactiver de nos jours? Qu'un destin bienveillant, que notre œuvre quoti­dienne, exécutée en toute fidélité à nos idéaux, nous en préservent!».

 

Cette attitude pacifiste a été celle de la majorité dans le mouvement de jeunesse bourgeois avant le dé­clenchement de la Grande Guerre. La volonté d'action de Jünger, d'une parfaite cohérence, ne pouvait pas se concrétiser dans sa patrie. Son départ pour la Légion fit la une dans les quotidiens de sa région. Par voies diplomatiques, le père de Jünger obtient assez rapidement le rapatriement de son fils fugueur, qui se trouvait déjà en Afrique. Détail intéressant: le père lui ordonne par télégramme de ne pas revenir sans s'être laissé photographier en uniforme de légionnaire.

 

Jünger eut en Afrique des expériences plutôt dégrisantes. Il nous décrit par exemple comment il a été cueilli par des policiers militaires français, peu après son arrivée au Maroc, et exposé à la risée des indi­gènes. Les chambres sont pareilles à celles des détenus. Dès ce moment, l'aventure africaine laissait à désirer. Mais son livre Jeux africains  demeure un récit légendaire, qui ne cesse de captiver ses lecteurs. En 1939, le Meyers Lexikon, pourtant fidèle à la ligne imposée par le régime, fait tout de même l'éloge de ce texte: Jünger, écrit le rédacteur, prouve avec ce livre «qu'il est doué d'une grande capacité poétique à décrire et à contempler», surtout «après avoir approché dangereusement un retournement, celui qui mène du réalisme héroïque au nihilisme sans espoir».

 

Après avoir passé un Abitur  accéléré, Jünger se porte volontaire dès le début de la guerre. Sa jeunesse était définitivement passée. Le monde obsolète de sa ville natale, endormi et médiéval, moisi et vermoulu, il l'abandonnait définitivement. Il appartiendra désormais au petit nombre de ceux qui abandonnent le ro­mantisme sans une plainte, pour adopter le pas cadencé, pour troquer le béret de velour des Wandervögel  pour le casque d'acier de l'armée impériale. Numquam retrorsum, semper prorsum!

 

Patrick NEUHAUS.

(article extrait de Junge Freiheit, n°12/95; trad. franç.: Robert Steuckers).

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jeudi, 17 décembre 2009

Botho Strauss ist 65

botohstrauss.jpgBotho Strauß ist 65

Ex: http://www.sezession.de/

von Thorsten Hinz

Von Botho Strauß, der heute fünfundsechzig wird, ist ein neues Buch erschienen: Vom Aufenthalt enthält Szenen, die ein Selbstbild des Autors nahelegen. Im ersten Abschnitt ist von einem Mann die Rede, der nach vielen Jahren aus der Fremde heimkehrt, die Reise aber unterbrechen muß, weil in seinem Land ein Putsch stattgefunden hat und die Grenzen geschlossen sind. Nun hockt er im Wartesaal des Grenzbahnhofs.

Die wenigen Mitreisenden sind zu jung, als daß er sie kennen oder von ihnen gekannt werden könnte. »Das ist dann der Aufenthalt, er könnte länger dauern.« Eine andere Passage handelt vom Botschafter eines vergessenen Landes, den niemand mehr einlädt und der Verklärungen über den versunkenen, zum Fabelreich gewordenen Staat verfaßt. »Er bleibt auf seinem Posten, der letzte der Vereinzelung. Nach ihm nur noch: die Minderheiten.«

Die Eigenarten des Denkens, der Poetik und der öffentlichen Position des Botho Strauß sind damit angedeutet: die Vorliebe für die Parabel; das Wissen um den verlorenen Posten, das die Wahrnehmung um so luzider macht; die dialektische Aufhebung einer Gesellschaftskritik, die institutionalisiert und dogmatisch geworden ist und trotzdem auf ihrem vermeintlichen kritischen Potential beharrt; das Vertrauen in den abgesonderten Einzelnen und parallel dazu die Distanz zur ausdifferenzierten Gesellschaft, die im Lobgesang auf die Minderheiten sich selber feiert. Denn deren Bedeutung erschöpft sich längst in der Perfektionierung der Interessenvertretung, der Subventionsjagd, des Gruppendrucks.

Geschichtliche und deutschlandpolitische Dimensionen eröffnen sich, wenn Strauß zweihundert Seiten später über das Gros der DDR-Autoren schreibt: »Vergeblicher Streit um ein vergebliches Land. Ärmelschoner-Existenz, geistig gesehen. Gleichwohl: Welch ein Aufenthalt. Welch eine Versammlung wider die Zeit! Welch ein Dilatorium!« Die Präzisierung des »Aufenthalts« als »Aufschub« gilt auch rückwirkend, und der Befund, in einer gestundeten Zeit zu leben, somit für den Westen. Die im Kalten Krieg feindlich verbundenen Systeme waren zwei Formen des Nachkriegsinterregnums im geschichtlichen Niemandsland. Als die DDR ohne es zu wissen in den letzten Zügen lag, geriet Volker Brauns Drama Die Übergangsgesellschaft zum Triumph. Die andere Übergangsgesellschaft, das Generalthema von Strauß, dauert an.

Wer aus solcher Perspektive auf die Gegenwart blickt, zieht Befremdung und Vereinsamung auf sich. Immerhin ist die Eingangsszene des Aufenthalts nicht ganz ohne Hoffnung. Die Möglichkeit bleibt offen, daß die jungen Mitreisenden – »die vielleicht aus seinem Geburtsort stammen« – eines Tages in ihm jenen Einzelnen erkennen und schätzen werden, der die Sezession gewagt hat. Sezession bedeutet hier: Strauß zählt zu den wenigen Intellektuellen, die als Kinder der Bundesrepublik auf- und souverän über sie hinausgewachsen sind.

Das Geburtsjahr 1944 stellt ihn in die Generation der 68er. Das Studium der Soziologie, Germanistik, Theatergeschichte, der Studienabbruch, die Arbeit bei der Zeitschrift Theater heute passen in den Rahmen. Peter Steins legendäre Schaubühne in Berlin, wo Strauß seit 1970 als Dramaturg wirkte, war ursprünglich ebenfalls von der 68er-Bewegung inspiriert. Durch die Mitsprache der künstlerischen Mitarbeiter bei der Stückauswahl und Spielplanpolitik sollte eine Alternative zum herkömmlichen Stadttheater entstehen. Politische Akzente wurden mit Enzensbergers Verhör von Habana oder mit dem Revolutionsstück Optimistische Tragödie von Wsewolod Wischnewski gesetzt. Das heißt: Der »Dichter der Gegen-Aufklärung« (Michael Wiesberg) kennt das soziale Biotop, die Denkstrukturen und Funktionsweise der bundesdeutschen Aufklärer-Szene aus eigener, intimer Anschauung.

Das Personal seiner Dramen, Romane, tagebuchartigen Reflexionen und Betrachtungen sind Intellektuelle, Akademiker, Künstler und Studenten, die ihre Komplexe, Reizbarkeiten, Gesinnungen ausleben. In ihrer Beschränktheit können sie nicht anders, als selbst Viscontis geniale »Leopard«-Verfilmung »an ihrem eigenen herunterdemokratisierten, formlosen Gesellschaftsbewußtsein (zu) messen. Dabei spürt man zugleich, wie wenig noch an Kraft, Zorn, Richtung hinter solchen Entwürfen steckt.« (Paare, Passanten, 1981) Im Bühnenstück Trilogie des Wiedersehens (1977) werden die entsprechenden Figuren durch Oxymora bezeichnet: »Wißbegierig gleichgültig, erstaunt erschöpft, nachdenklich dumm.« Letzte Menschen halt. Die Kritik an der Gesellschaft steigert sich von Werk zu Werk bis zum Bewußtsein ihrer Ausweg- und Zukunftslosigkeit. Im Bühnenstück Die eine und die andere (2004) trägt das Juste milieu mittlerweile Kompressionsstrümpfe, zeigt seine Wunden vor, ohne sie zu begreifen. Die Tochter der »einen« läßt sich in Kunstaktionen verwunden, um in der Zombiewelt überhaupt mal etwas zu spüren. In magischen Momenten verwandelt ihre Kunst sich in eine mythische Figur, die aus tieferen Sphären schöpft. Ihr Name: Elaine, ein Anagramm aus »Alien«. Soll heißen: Die Erlösung muß von anderswoher kommen!

Folgerichtig widmete sich Strauß verstärkt der Essayistik. Im Nachwort zu George Steiners Von realer Gegenwart (1990) deutete er den Zusammenbruch des Kommunismus als »die negative Offenbarung einer verfehlten, weltlichen Soteriologie: Alles falsch von Anbeginn!«, und er vermutete, daß die Konkurrenzlosigkeit der westlichen Welt »sich in Zukunft gegen ihr eigenes Prinzip« wenden würde.

Im Februar 1993 veröffentlichte der Spiegel den Anschwellenden Bocksgesang. Im ersten Satz gesteht Strauß seine Bewunderung für die Komplexität der »freien Gesellschaft«, um dann ihre – vielleicht letale – Systemkrise zu diagnostizieren. Als größte der inneren Gefahren erscheint die Schrumpfung des westlichen »Menschen« zum aufgeklärten, den Massenwohlstand voraussetzenden »Staatsbürger«, der ohne kulturelle und religiöse Fernerinnerung dahindämmert. Dem amputierten Geschichtsbewußtsein entspricht seine geschrumpfte Vorstellung künftiger Möglichkeiten. Sie schließt den Ernstfall aus und erschöpft sich in Sozialtechnik. Bis hierher war die Argumentation für die Öffentlichkeit noch tolerabel. Mit dem Vorwurf aber, ein »immer rücksichtsloserer« Liberalismus verhöhne und demontiere das »Eigene« – Eros, Soldatentum, Kirche, Autorität, Tradition –, überschritt der Dichter eine Frontlinie, desgleichen mit der Frage, woraus denn die »freie Gesellschaft« im Konflikt mit dem »Fremden« ihre Kraft zur Selbstbehauptung noch schöpfen wolle.

Mit dem Angriff auf die »Totalherrschaft der Gegenwart« schrieb er Novalis’ Kritik am »modernen Unglauben« fort. Dessen Anhänger, so der Frühromantiker, seien unablässig damit beschäftigt, »die Natur, den Erdboden, die menschlichen Seelen und die Wissenschaften von der Poesie zu säubern, – jede Spur des Heiligen zu vertilgen, das Andenken an alle erhebenden Vorfälle und Menschen durch Sarkasmen zu verleiden« und »die Zuflucht zur Geschichte abzuschneiden«.

Der Vorwurf der Moderne- und Geistfeindlichkeit, der deswegen gegen Stauß vorgebracht wird, läßt sich leicht mit Adornos und Horkheimers Feststellung widerlegen, daß der Mythos, gegen den die Aufklärer angehen, ja bereits ein Stück Aufklärung darstellt. Eine mechanisierte Aufklärung ist also »totalitär«, denn je weiter durch sie »die magische Illusion entschwindet, um so unerbittlicher hält Wiederholung unter dem Titel Gesetzlichkeit den Menschen in jenem Kreislauf fest, durch dessen Vergegenständlichung im Naturgesetz er sich als freies Subjekt gesichert wähnt«. Im Grunde zieht Strauß die Konsequenz aus der Dialektik der Aufklärung, wenn er schreibt: »Der Reaktionär ist eben nicht der Aufhalter oder unverbesserlicher Rückschrittler, zu dem ihn die politische Denunziation macht – er schreitet im Gegenteil voran, wenn es darum geht, etwas Vergessenes wieder in die Erinnerung zu bringen.«

Während noch die Fukuyma-These vom Ende der Geschichte diskutiert wurde, die der westliche Sieg im Kalten Krieg markiere, konstatierte Strauß angesichts der massenhaften Armutswanderung nach Deutschland: »Da die Geschichte nicht aufgehört hat, ihre tragischen Dispositionen zu treffen, kann niemand voraussehen, ob unsere Gewaltlosigkeit den Krieg nicht bloß auf unsere Kinder verschleppt.« Die Tumulte vor Asylantenheimen und die in Brand gesetzten Wohnstätten muslimischer Ausländer, für die man Neonazis verantwortlich machte, seien der »Terror des Vorgefühls«. Das emblematisch hochgehaltene »Deutsche« sei die Chiffre für die »weltgeschichtliche Turbulenz, den sphärischen Druck von Machtlosigkeit«, für »Tabuverletzung und Emanzipation in später Abfolge und unter umgekehrten Vorzeichen«, mithin ein Reflex auf den indoktrinierten »Vaterhaß« und den »libertären bis psychopathischen Antifaschismus«. Gegen die Medien, die von »gut schreiben könnenden Analphabeten« beherrscht würden, insistierte er, »daß die magischen Orte der Absonderung, daß ein versprengtes Häuflein von inspirierten Nichteinverstandenen für den Erhalt des allgemeinen Verständigungssystems unerläßlich ist«.

Der Aufsatz löste einen Mediensturm aus, der sich noch steigerte, als er 1994 in den Sammelband Die selbstbewußte Nation aufgenommen wurde, den konservative Publizisten, Historiker und Journalisten veröffentlichten. Der Soziologe Stefan Breuer, der sich mit der Konservativen Revolution beschäftigte, sah Botho Strauß durch »verzerrende Effekte eines gestörten und dadurch pathogenen Narzißmus«, durch »quasireligiöse und sektenförmige Züge« bestimmt. Der Spiegel setzte über ein Foto des Schriftstellers die suggestive Überschrift »Lehrmeister des Hasses«, ohne allerdings im Text auf die Totschlagzeile zurückzukommen. Im medialen Aufruhr spiegelten sich die historischen, politischen, geistig-kulturellen Besonderheiten der Bundesrepublik wider, die am auffälligsten und lautesten von einem Intellektuellen- und Schriftstellertypus repräsentiert werden, der ab Ende der fünfziger Jahre dominierte und – zumindestens institutionell – bis heute dominiert.

Für Walter Jens, der als Schriftsteller, Kritiker, Literaturprofessor, Mitglied der »Gruppe 47« und Akademiepräsident über großen Einfluß im Kulturbetrieb verfügte, war als Intellektueller nur einer denkbar, der sich in die Traditionen der Aufklärung und der Französischen Revolution stellte. Als Prototypen machte er Heinrich Heine sowie Rosa Luxemburg, Heinrich Mann und Carl von Ossietzky namhaft. Auf Heinrich Heine bezog sich auch Jürgen Habermas. Diesen habe an den Frühromantikern das soziale Protestpotential interessiert, Kunst und Wissenschaft seien für ihn autonom, aber nicht esoterisch gewesen; daher habe er keine Scheu gehabt, gezielt in die politische Willensbildung einzugreifen. Erst in der Bundesrepublik habe sein intellektuelles Selbstverständnis sich durchsetzen können, weil »1945« eine »geschichtliche Distanz« erzwungen und ein »reflexiv gebrochenes Verhältnis zu den identitätsbildenden Überlieferungen und geistigen Formationen« mit sich gebracht habe. Während Heines Zeitgenossen noch ein emphatisches Verhältnis zur deutschen Nation pflegten, erkannte der jüdische Emigrant aus der Distanz seines Pariser Exils »das Monströse und das Unheimliche«, das »auch in unseren besten, den unverlierbaren Traditionen« brütete. – Schärfer konnte die Frontstellung gegen das »Eigene«, auf das Strauß sich berief, nicht sein.

Laut Arnold Gehlen betrieben Intellektuelle vom Zuschnitt Heines lediglich die radikale gesinnungsethische Zuspitzung der Politik, um sie nach den Maßstäben der Familienmoral neu zu erfinden. Das Individuum unmittelbar zur Menschheit in Beziehung zu setzen und die Staatsnation als Zwischeninstanz auszuschalten, bedeutete die Zerstörung des politischen Denkens, wie sie nur in definitiv besiegten Ländern möglich war. Die Links-Intellektuellen betrieben demnach die Inversion, Ästhetisierung und geschichtsphilosophische Überhöhung der deutschen Grundtatsache nach dem Zweiten Weltkrieg – durchaus im Einverständnis mit der Mehrheit der Bürger. Denn diese fühlten eine schwere politische Verantwortung von ihren Schultern genommen, zweitens war der politische Dispens mit Massenwohlstand verbunden. Von den gebrochenen Autoritäten des Staates gab es kaum Gegenwehr, die antifaschistisch aufgeladene Kritik an ihnen blieb gefahrlos und verhieß gesellschaftlichen und sozialen Aufstieg. Und wenn den Künstlern und Intellektuellen dabei die »hochsensible, differenzierte Kultiviertheit, wie sie bei Proust oder Musil vorgeführt wurde« (A. Gehlen), abhanden kam, konnte dies sogar zur kulturrevolutionären und antielitären Emanzipation umgewertet werden.

Helmut Schelsky fügte hinzu, die Intellektuellen seien in die Funktion von »Sinnproduzenten« gerückt, die mit einer Synthese aus Soziologie, Psychologie und Wissenstheorie und dank ihrer Monopolstellung im Bildungs-, Öffentlichkeits- und Informationsbetrieb eine »Priesterherrschaft« errichtet hätten, um der Gesellschaft einen theologischen Weg vom »Seelenheil zum Sozialheil« zu weisen. Diese neuen Priester mußten sich von Strauß bloßgestellt und in Frage gestellt fühlen: »Es ziehen aber Konflikte herauf, die sich nicht mehr ökonomisch befrieden lassen; bei denen es eine nachteilige Rolle spielen könnte, daß der reiche Westeuropäer sozusagen auch sittlich über seine Verhältnisse gelebt hat, da hier das Machbare am wenigsten an eine Grenze stieß.«

Strauß hat keinen der Befunde zurückgenommen, sondern sie verschärft. Zum 11. September 2001 schrieb er: »Die Blindheit der Glaubenskrieger und die metaphysische Blindheit der westlichen Intelligenz scheinen einander auf verhängnisvolle Weise zu bedingen.« 2006 reflektierte er im Aufsatz »Der Konflikt« offen über eine Zukunft, in der die christlichen Autochthonen bzw. ihre säkularisierten Nachfahren in Europa nur noch eine Minderheit bildeten, was von den Intellektuellen in ihrer »aufrichtigen Verwirrung« gar nicht begriffen würde. Die »Parallelgesellschaften« konstituierten in Wahrheit eine »Vorbereitungsgesellschaft«. Als Aufforderung an die Europäer nämlich, sich auf vorstaatliche und -gesellschaftliche Gemeinschaftlichkeit und auf europäische Tugenden: Differenzierungs- und Reflexionsvermögen, an Kunst geschultem Schönheitsverlangen, Sensibilität, zu besinnen und ihnen in der »geistlosen« Gegenwart des Westens neue Geltung zu verschaffen. Er sieht uns in eine Entscheidungssituation gestellt. Die Zeit der »neuen Unübersichtlichkeit« (Jürgen Habermas) sei jedenfalls zu Ende: »Wir haben sie hinter uns. Es war eine schwache Zeit.« Wie kein anderer hat Botho Strauß die Innenseite dieser Schwäche beschrieben.


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Ernst Jünger face à la NSDAP (1925-1934)

Archives de SYNERGIES EUROPEENNES - 1995

Junger-Ernstsssss.jpgErnst Jünger face à la NSDAP (1925-1934)

 

Werner BRÄUNINGER

 

«Nous souhaitons du fond de notre cœur la victoire du national-socialisme, nous connaissons le meilleur de ses forces, l'enthousiasme qui le porte, nous connaissons le sublime des sacrifices qui lui sont consentis au-delà de toute forme de doute. Mais nous savons aussi, qu'il ne pourra se frayer un chemin en combattant... que s'il renonce à tout apport résiduaire issu d'un passé révolu» (1).

 

Ces phrases, Ernst Jünger les a écrites pendant l'été 1930. Pourquoi, se demande-t-on aujourd'hui, Jünger n'a-t-il pas trouvé la voie en adhérant au mouvement de cet homme, apparamment capable de transposer et d'imposer les idées de Jünger et du «nouveau nationalisme» dans la réalité du pouvoir et de la politique? Mon propos, ci-après, n'a pas la prétension d'être une analyse méticuleuse, profonde, systématique de l'histoire des idées. Il ne vise qu'à montrer comment une personnalité individuelle et charismastique de la trempe d'Ernst Jünger, qui a fêté ses 100 ans en mars dernier, a pu maintenir son originalité à l'ère du Kampfzeit de la NSDAP.

 

1. Ernst Jünger et Adolf Hitler

 

Le jugement posé par Jünger sur Hitler a varié au cours des années: «Cet homme a raison», puis «Cet homme est ridicule» ou «Cet homme est inquiétant» ou «sinistre» (2). En 1925, Jünger pensait encore que la figure de Hitler éveillait indubitablement, tout comme celle de Mussolini, «le pressentiment d'un nouveau type de chef» (3). La description par Jünger d'un discours du jeune Hitler nous communique très nettement ce “fluide”: «Je connaissais à peine son nom, lorsque je l'ai vu dans un cirque de Munich où il prononçait l'un de ses premiers discours... A cette époque, j'ai été saisi par quelque chose de différent, comme si je subissais une purification. Nos efforts incommensurables, pendant quatre années de guerre, n'avaient pas seulement conduit à la défaite, mais à l'humiliation. Le pays désarmé était encerclé par des voisins dangereux et armés jusqu'aux dents, il était morcelé, traversé par des corridors, pillé, pompé. C'était une vision sinistre, une vision d'horreur. Et voilà qu'un inconnu se dressait et nous disait ce qu'il fallait dire, et tous sentaient qu'il avait raison. Il disait ce que le gouvernement aurait dû dire, non pas littéralement, mais en esprit, dans l'attitude, ou aurait dû faire tacitement. Il voyait le gouffre qui se creusait entre le gouvernement et le peuple. Il voulait combler ce fossé. Et ce n'était pas un discours qu'il prononçait. Il incarnait une manifestation de l'élémentaire, et je venais d'être emporté par elle» (4).

 

Après que Jünger ait reçu de Hitler un exemplaire de son livre autobiographique et programmatique, le fameux Mein Kampf, Jünger lui a expédié tous ses livres de guerre. L'un de ces exemplaires d'hommage, plus précisément Feuer und Blut, contient une dédicace datée du 9 janvier 1926: «A Adolf Hitler, Führer de la Nation! - Ernst Jünger». Plus tard, la même année, Hitler annonce sa visite chez Jünger à Leipzig; celle-ci n'a toutefois pas eu lieu, à cause d'une modification d'itinéraire. Plus tard, Jünger écrit, à propos de cet événement: «Cette visite se serait sans doute déroulée sans résultat, tout comme ma rencontre avec Ludendorff. Mais elle aurait certainement apporté le malheur» (5). En 1927, Hitler lui aurait offert un mandat de député NSDAP au Reichstag. Jünger a refusé. Il considérait que l'écriture d'un seul vers avait davantage d'intérêt que la représentation de 60.000 imbéciles au Parlement.

 

Les relations entre les deux hommes se sont nettement rafraîchies par la suite, surtout après que Hitler ait prêté le “serment de légalité” en octobre 1930 devant la Cour du Reich à Leipzig: «Je prête ici le serment devant Dieu Tout-Puissant. Je vous dis que lorsque je serai arrivé légalement au pouvoir, je créerai des tribunaux d'Etat sous le houlette d'un gouvernement légal, afin que soient jugés selon les lois les responsables du malheur de notre peuple». A cela s'ajoute que Jünger et Hitler ne jugeaient pas de la même façon la question des attentats à la bombe perpétrés par le mouvement paysan du Landvolk  dans le Schleswig-Holstein.

 

Jünger critiquait Hitler et son mouvement parce qu'ils étaient trop peu radicaux; au bout de quelques années, l'écrivain jugeait finalement le condottiere politique comme un «Napoléon du suffrage universel» (6). Pourtant, ils restaient tous deux d'accord sur l'objectif final: le combat inconditionnel contre le Diktat de Versailles et aussi contre la décadence libérale, ce qui impliquait la destruction du système de Weimar.

 

Jünger: «Nous nous sommes mobilisés de la façon la plus extrême dans cette grande et glorieuse guerre pour défendre les droits de la Nation, nous nous sentons aujourd'hui aussi appelés à combattre pour elle. Tout camarade de combat est le bienvenu. Nous constituons une unité de sang, d'esprit et de mémoire, nous sommes “l'Etat dans l'Etat”, la phalange d'assaut, autour de laquelle la masse devra serrer les rangs. Nous n'aimons pas les longs discours, une nouvelle centurie qui se forge nous apparait plus importante qu'une victoire au Parlement. De temps à autre, nous organisons des fêtes, afin de laisser le pouvoir parader en rangs serrés, et pour ne pas oublier comment on fait se mouvoir les masses. Des centaines de milliers de personnes viennent d'ores et déjà participer à ses fêtes. Le jour où l'Etat parlementaire s'écroulera sous notre pression et où nous proclamerons la dictature nationale, sera notre plus beau jour de fête» (7). Mais quand un parti national a réellement pris le pouvoir et renverser le système de Weimar, Jünger s'est arrogé le droit de dire oui ou non au cas par cas, face à ce qui se déroulait en face de lui.

 

En 1982, Jünger répond à une question qui lui demandait ce qu'il reprochait réellement à Hitler: «Son attitude résolument contraire au droit après 1938. Je suis encore pleinement d'accord avec Hitler pour sa politique dans les Sudètes et pour son Anschluß  de l'Autriche. Mais j'ai reconnu bien vite le caractère de Hitler...» (8). Le souci de Jünger était le salut du Reich et non pas le sort d'une personne. Un an après l'effondrement du national-socialisme, il écrit: «... Peu d'hommes dans les temps modernes n'ont suscité autant d'enthousiasme auprès des masses, mais aussi autant de haine que lui. Quand j'ai entendu la nouvelle de son suicide, un poids m'est tombé du cœur; parfois j'ai craint qu'il ne soit exposé dans une cage dans une grande ville étrangère. Cela, au moins, il nous l'a épargné» (9).

 

2. Le «nouveau nationalisme»

 

Favorisé par ses hautes décorations militaires, gagnées lors de la première guerre mondiale, ainsi que par la notoriété de ses livres de guerre, Jünger est devenu la figure sympbolique du «nouveau nationalisme». Autour de ce concept, se sont rassemblés entre 1926 et 1931 quelques revues, dans lesquelles Jünger non seulement écrit de nombreux articles, mais dont il est le co-éditeur. Ces revues s'appellent Standarte, Arminius, Der Vormarsch  et Die Kommenden. Les autres éditeurs étaient Franz Schauwecker, Helmut Franke, Wilhelm Weiss, Werner Lass, Karl O. Paetel, etc. Parmi les autres auteurs de ces publications, citons, par exemple, Ernst von Salomon, Friedrich Hielscher, Friedrich Wilhelm Heinz, Hanns Johst, Joseph Goebbels, Konstantin Hierl, Ernst von Reventlow, Alfred Rosenberg et Werner Best. Au cours de ces dernières années de la République de Weimar, il est typique de noter que ces “Rebelles”, situés entre l'extrême-droite et l'extrême-gauche, se sont rencontrés en permanence avec des “Communards” officiels ou oppositionnels, ou avec des nationaux-socialistes fidèles ou hostiles au parti. Parmi ces cercles obscurs de débats, il y avait la «Gesellschaft zum Studium der russischen Planwirtschaft» (= Société pour l'étude de l'économie planifiée russe). On espérait là surtout apprendre l'opinion d'Ernst Jünger.

 

jungerrivoli.jpgIl est intéressant de connaître le destin ultérieur de ces hommes qui entouraient alors Ernst Jünger et qui étaient les principaux protagonistes des fondements théoriques de ce «nouveau nationalisme»: Helmut Franke est tombé au combat, en commandant une cannonière sud-américaine; Wilhelm Weiss a été promu chef de service dans la rédaction du Völkischer Beobachter et, plus tard encore, chef de l'Association nationale de la presse allemande; Karl O. Paetel a préféré émigrer; Friedrich Wilhelm Heinz est devenu Commandeur du Régiment “Brandenburg”, auquel était notamment dévolu la garde de la Chancelerie du Reich; et le Dr. Werner Best est devenu officiellement, de 1942 à 1945, le ministre plénipotentiaire du Reich national-socialiste au Danemark, après avoir occupé de hautes fonctions au Reichssicherheitshauptamt.  On s'étonne aujourd'hui de constater comme étaient variés et différents les caractères et les types humains de ces idéologues du «nouveau nationalisme». Tous étaient unis par un sentiment existentiel, celui du “réalisme héroïque”, terme qu'a utilisé maintes fois Ernst Jünger pour définir l'attitude fondamentale de sa vision du monde (10). De fait, une telle attitude se retrouve chez la plupart des théoriciens de cette époque, y compris, par exemple, chez un Oswald Spengler (Preußentum und Sozialismus, Der Neubau des Deutschen Reiches), Arthur Moeller van den Bruck (Das Dritte Reich)  et Edgar Julius Jung (Die Herrschaft der Minderwertigen).

 

Jünger voulait se joindre à cette phalange olympienne en publiant à son tour une sorte d'“ouvrage standard”. Dans la publicité d'un éditeur, on découvre l'annonce d'un livre de Jünger qui se serait intitulé Die Grundlage des Nationalismus,  mais qui n'est jamais paru. Si le livre avait été imprimé, il serait aujourd'hui sans nul doute la source par excellence. L'ouvrage aurait aussi dû comporter un essai intitulé «Nationalismus und Nationalsozialismus», qui n'est paru qu'en 1927 dans la revue Arminius. Le comble dans cet essai, c'est la proposition de faire du national-socialisme un instrument de l'action politique pratique («dans le mouvement de Hitler se trouve plus de feu et de sang que la soi-disant révolution a été capable de susciter au cours de toutes ses années»), et de faire du nationalisme, que Jünger réclamait pour lui, le laboratoire idéologique. Dès 1925, Jünger exhortait dans son appel «Schließt euch zusammen!» (Resserrez les rangs!), les groupes rivaux à former un «Front nationaliste final» (11). Mais ce front n'a jamais vu le jour, «l'appel est resté sans écho, s'est évanoui dans les discours mesquins des secrétaires d'association qui voulaient absolument avoir le dernier mot» (Karl O. Paetel).

 

Au fur et à mesure que son aversion contre la démocratie grandissait, son refus de Hitler augmentait aussi. Tandis que ces hérétiques développaient entre eux un grand nombre de «thèses spéciales sur le nationalisme», tant et si bien qu'aucune unité réelle ne pouvait émerger, la NSDAP de Hitler courait de victoire électorale en victoire électorale. En formulant et en fignolant leurs spéculations, beaucoup d'intellectuels du «nouveau nationalisme» avaient vraiment perdu le contact avec les réalités. Ernst von Salomon décrit les faiblesses du nationalisme théorique de façon fort colorée dans son Questionnaire:  «... On n'insistera jamais assez pour dire que les émotions intellectuelles de ces hommes combattifs appartenant au “nouveau nationalisme” se sont évanouies en silence. Outre le nombre ridiculement faible d'abonnés à ces quelques revues, personne ne les remarquait, et nous atteignions un degré élevé d'excitation, quand, par hasard, un grand quotidien de la capitale, évoquait en quelques lignes l'une ou l'autre production de l'un d'entre nous» (12).

 

3. Le Dr. Goebbels

 

Les rapports entre Jünger et le Dr. Joseph Goebbels méritent un chapitre particulier. Les deux hommes se rencontraient à l'occasion dans les sociétés berlinoises patronnées par Arnolt Bronnen ou dans des soirées privées entre nationaux-révolutionnaires. Dans la plupart des cas, ils s'échangeaient des coups de bec ou des boutades cyniques. Jünger fit comprendre à Goebbels qu'il préférait de loin le type du «soldat-travailleur prusso-allemand» que celui du «petit bourgeois en chemise brune» qui proliférait dans les rangs de la NSDAP et des SA. Plusieurs décennies plus tard, Jünger se souvient: «... Goebbels m'invita. Notamment en 1932 à assister à l'un de ses discours, devant des travailleurs à Spandau. Je n'ai pas attendu la fin de son discours, je suis sorti avant, et j'ai appris plus tard qu'il y avait eu une formidable bagarre dans la salle. Goebbels était déçu: nous avons donné à cet Ernst Jünger une place d'honneur, mais quand ça a commencé à chauffer et que les chaises ont volé, il n'était plus là. Goebbels oubliait intentionnellement de dire que j'avais vécu de toutes autres batailles que cette bagarre de salle» (13).

 

Dans ces journaux, Goebbels fait souvent part de sa déception à l'égard de Jünger, qu'il aurait bien voulu voir adhérer à la NSDAP. Le 20 janvier 1926, le futur ministre de la propagande écrivait: «... Je viens de terminer hier la lecture des Orages d'acier  d'Ernst Jünger. C'est un grand livre, brillant. La puissance de son réalisme suscite en nous de l'épouvante. De l'allant. De la passion nationale. De l'élan. C'est le  livre allemand de la guerre. C'est un homme de la jeune génération qui prend la parole pour nous parler de la guerre, événement profond pour l'âme, et qui réalise un miracle en nous décrivant ce qui se passe dans son intériorité. Un grand livre. Derrière lui, un gaillard entier». Cinq mois plus tard, on perçoit déjà une déception: «... me suis préoccupé du “nouveau nationalisme” des Jünger, Schauwecker, Franke, etc. On parle et on passe à côté des vrais problèmes. Et il y manque la chose la plus importante, en dernière instance: la reconnaissance de la mission du prolétariat» (Goebbels, Journaux, 30 juin 1926).

 

Trois ans plus tard, Goebbels rejette définitivement Jünger: «... Mes lectures: Das abenteuerliche Herz  de Jünger. Ce n'est plus que de la littérature. Dommage pour ce Jünger, dont je viens de relire les Orages d'acier.  Ce livre était vraiment une grand livre, un livre héroïque. Parce que derrière lui, il y avait un vécu de sang, un vécu total. Aujourd'hui, Jünger s'enferme et se refuse à la vie, et ses écrits ne sont plus qu'encre, que littérature» (Goebbels, Journaux, 7 octobre 1929). Ce règlement de compte durera jusqu'à l'effondrement du Troisième Reich, quand, en dernière instance, Goebbels interdit à la presse allemande, de faire mention du cinquantième anniversaire de Jünger.

 

4. Le retrait

 

Hans-Peter Schwarz écrit dans son livre consacré à Jünger, Der Konservative Anarchist:  «... Un phénomène qui mérite réflexion: dans les années 1925-1929, quand aucun observateur objectif n'aurait donné la moindre chance au nationalisme révolutionnaire en Allemagne, Jünger a joué le héraut de cette idée, mais quand, coup de sort fatidique, un Etat nationaliste, socialiste, autoritaire et capable de se défendre, a commencé à s'imposer, avec une évidence effrayante, ses intérêts pour les activités concrètes diminuent à vue d'oeil. En effet, après les élections de septembre 1930, il n'y avait plus qu'un seul mouvement politique qui pouvait revendiquer le succès et prétendre réaliser cette vision de l'Etat: la NSDAP d'Adolf Hitler» (14).

 

Le retrait de Jünger hors de la politique n'était pas dû immédiatement à la montée en puissance de la NSDAP. Plusieurs facteurs ont joué leur rôle. Parmi eux, le résultat de ses études sur le fascisme italien. Le fascisme n'aurait, à ses yeux, plus rien été d'autre «qu'une phase tardive du libéralisme, un procédé simplifié et raccourci, simultanément une sténographie brutale de la conception de l'Etat des libéraux, qui, pour le goût moderne, est devenue trop hypocrite, trop verbeuse et surtout trop compliquée. Le fascisme tout comme le bolchévisme ne sont pas faits pour l'Allemagne: ils nous attirent, nous séduisent, sans pourtant pouvoir nous satisfaire, et on doit espérer pour notre pays qu'il soit capable de générer une solution plus rigoureuse» (15). Jünger a-t-il deviné cette évolution pour le Reich?

 

Avec l'installation de Jünger à Berlin, commence son retrait. Depuis lors, il n'a plus cessé de se donner le rôle d'un observateur à distance. Dès le déclin des revues Vormarsch  et Die Kommenden dans les années 1929 et 1930, il abandonne très ostensiblement la rédaction d'articles politiques. En se rémémorant cette tranche de sa vie, il a commenté le travail éditorial comme suit: «Les revues sont comme des autobus, on les utilise, tant qu'on en a besoin, et puis on en sort». Et: «On ne peut plus se soucier de l'Allemagne en société aujourd'hui; il faut le faire dans la solitude, comme un homme qui ouvrirait des brèches à l'aide d'un couteau dans la forêt vierge et qui n'est plus porté que par un espoir: que d'autres, quelque part sous les frondaisons, procèdent au même travail» (16). Jünger avait perçu que ses activités de politique quotidienne n'avaient plus de sens; il se consacrait de plus en plus à ses livres. Des ouvrages tels Das abenteuerliche Herz, Der Arbeiter  et Die totale Mobilmachung  (dont on n'a malheureusement retenu qu'un slogan) l'ont rendu célèbre en dehors des cercles étroits qui s'intéressaient à la politique.

 

Autre motif justifiant sans doute le retrait de Jünger: son amitié avec le national-bolchévique Ernst Niekisch, dont la revue, Widerstand,  avait publié quelques articles de Jünger. Niekisch était un solitaire de la politique, fantasque et excentrique, mis sur la touche par l'Etat national-socialiste, pour des raisons de sécurité intérieure (sans avec raison, du point de vue des nouvelles autorités). Dans un article intitulé «Entscheidung» (= Décision), Niekisch plaide très sérieusement pour «l'injection de sang slave dans les veines allemandes, afin de guérir la germanité des influences romanes venues d'Europe du Sud et de l'Ouest». Ou: «... Celui qui vit conscient de sa responsabilité pour le millénaire d'histoire et de destin allemands à venir, ne s'effondre pas, effrayé, devant les remous d'une migration des peuples, s'il n'y a pas d'autre voie pour nous conduire à une nouvelle grandeur allemande» (17). Cette idée bizarre ne nécessite pas de commentaires de ma part. Mais Jünger n'était sans doute pas attiré par l'orientation à l'Est, prônée par Niekisch, ou par son anti-capitalisme lapidaire; ce qui l'attirait secrètement chez cet homme inclassable, c'est l'opiniâtreté avec laquelle il défendait la «pureté de l'idée».

 

Comme s'il voulait clarifier les choses pour lui-même, Jünger, dans Les Falaises de marbre  (qui contiennent des traits auto-biographiques incontestables), nous expliquer pourquoi il a été travaillé par un désir de participer à la politique active: «Il y a des époques de déclin, pendant lesquelles la forme s'estompe, la forme qui est un indice très profond, très intériorisé, de la vie. Lorsque nous nous enfonçons dans ses phases de déclin, nous errons dans tous les sens, titubants, comme des êtres à qui manque l'équilibre... Nous voguons en imagination dans des temps reculés ou dans des utopies lointaines, où l'instant s'estompe... C'est comme si nous sentions la nostalgie d'une présence, d'une réalité et comme si nous avions pénétré dans la glace, le feu et l'éther, pour échapper à l'ennui».

 

5. La «zone des balles dans la nuque»

 

La rupture définitive entre les nationaux-socialistes et Jünger a eu lieu après la parution de Der Arbeiter. Herrschaft und Gestalt (1932). Dans bon nombre d'écrits nationaux-socialistes, ce livre a été critiqué avec une sévérité inouïe; il se serait agi d'un «bolchévisme crasse». Thilo von Trotha écrivit dans le Völkischer Beobachter:  «... Eh oui! Les voilà, les interminables parlottes de la dialectique! On joue pendant trois cents pages avec tous les concepts possibles et imaginables, on les répète indéfiniment, on accumule autant de contradictions et, à la fin, il ne reste, surtout pour notre jeune génération, qu'une énigme insaisissable: comment un soldat du front comme Ernst Jünger a-t-il pu devenir cet homme qui, sirotant son thé et fumant ses cigarettes, acquiert une ressemblance désespérante avec ces intellectuels russes de Dostoïevski qui, pendant des nuits entières, discutent et ressassent les problèmes fondamentaux de notre monde». Thilo von Trotha ajoute, que Jünger ne voit pas «la question fondamentale de toute existence, ..., le problème du sang et du sol». En Jünger, pense von Trotha, s'accomplit la tragédie d'une homme «qui a perdu la voie vers les fondements promordiaux de tout Etre». Conclusion de von Trotha: ce n'est pas l'ère du Travailleur qui est en train d'émerger, mais l'ère de la race et des peuples.

 

Pourtant, malgré cette critique sévère et violente, von Trotha affirme que Jünger reste «un des meilleurs guerriers de sa génération», mais c'est pour ne pas lui pardonner son attitude fondamentalement individualiste: «... [les littérateurs nationaux-révolutionnaire, note de W.B.] passent leur existence à côté du grand courant de la vie allemande, marqué par le sang; ils cherchent toujours des adeptes mais restent condamnés à la solitude, à demeurer face à eux-mêmes et à leurs constructions, dans leur tour d'ivoire... et on observera sans cesse et avec étonnement qu'ils continuent à vouloir représenter la jeunesse allemande, en méconnaissant les faits réels, de façon tout-à-fait incompréhensible. L'“élite spirituelle” de la jeunesse allemande n'est pas littéraire, elle suit fidèlement le véritable Travailleur et le véritable Paysan: Adolf Hitler» (18). La critique atteint son sommet dans une formulation pleine de fantaisie: Jünger se rapprocherait, avec son ouvrage, de la «zone des balles dans la nuque». Dans la conclusion d'un article d'Angriff,  un journal animé par Goebbels, on trouve une phrase plus concrète et plus mesurée, mais néanmoins exterminatrice: «Monsieur Jünger, avec cet ouvrage, est fini pour nous».

 

Ces critiques émanent pourtant des nationaux-socialistes les plus intelligents; mais elles ne tombaient du ciel, par hasard. Elles reflètent un constat politique posé dorénavant pas les autorités du parti: les nationaux-révolutionnaires sont rétifs à toute discipline de parti et veulent mener une vie privée opposée aux critères édictés par les nationaux-socialistes. Friedrich Hielscher dans son livre autobiographique Fünfzig Jahre unter Deutschen  (= «Cinquante ans parmi les Allemands») évoque quelques anecdotes de l'époque. Nous y apprenons que la vie privée de nombreux “nationaux-révolutionnaires” ne respectait aucun dogme ni aucune rigueur comportementale. Ainsi, au cœur de l'hiver très froid de 1929, cette joyeuse bande s'était réunie dans l'appartement de Jünger à Berlin. Aux petites heures, ils buvaient tous du rhum dans des tasses de thé et voilà que le poêle vient à s'éteindre faute de bois. Jünger, sans hésiter, casse à coups de pied une vieille commode de son propre mobilier, la démonte et en empile les morceaux près du feu, permettant ainsi à la compagnie de gagner encore un peu de chaleur et de confort» (19).

 

6. Dans le Royaume de Léviathan

 

A cette époque, les critiques des nationaux-socialistes ne touchaient plus Jünger. Il s'était bien trop éloigné de la politique quotidienne. La “révolution nationale” de janvier 1933 ne lui avait fait aucun effet. La réalité du IIIième Reich n'était pour lui que les ultimes soubresauts du monde bourgeois, n'était qu'une “démocratie plébiscitaire», dernière conséquence néfaste des «ordres nés de 1789» (20). Pour pouvoir poursuivre son travail dans l'isolement, il quitte Berlin et s'installe à Goslar. Avant ce départ, le nouvel Etat ne put s'empêcher de commettre quelques perquisitions chez la famille Jünger.

 

Sur l'une de ces perquisitions, un écho est passé dans la presse de l'époque; dans les Danziger Neuesten Nachrichten  du 12 avril 1933, on peut lire: «Comme on l'a appris par la suite, sur base d'une dénonciation, il a été procédé à une perquisition au domicile de l'écrivain nationaliste Ernst Jünger, qui a gagné au feu, en tant qu'officier, l'Ordre Pour le Mérite pendant la guerre mondiale, qui a écrit plusieurs livres sur cette guerre, parmi lesquels un ouvrage de grand succès, Orages d'acier, et qui, dans son dernier livre de sociologie et de philosophie, Der Arbeiter. Herrschaft und Gestalt,  se réclame d'idées collectivistes. La perquisition n'a pas permis de découvrir objets ou papiers compromettants». La dernière livraison de la revue Sozialistische Nation  n'épargnait pas ses sarcasmes: «... On n'a rien trouvé, si ce n'est l'Ordre Pour le Mérite». Jünger ne laissa planer aucun doute: il fit savoir clairement qu'il n'entendait participer d'aucune façon aux activités culturelles du Troisième Reich, comme auparavant à celles de la République de Weimar. Ses lettres de refus à l'Académie des Ecrivains de Prusse sont devenues célèbres, de même que sa réponse brève et sèche à la Radio publique de Leipzig, qui l'avait invité pour une émission. Il souhaitait tout simplement «ne pas participer à tout cela». Le 14 juin 1934, il écrit à la rédaction du Völkischer Beobachter:  «Dans le supplément “Junge Mannschaft” du Völkischer Beobachter  des 6 et 7 mai 1934, j'ai constaté que vous aviez reproduit un extrait de mon livre Das abenteuerliche Herz. Comme cette reproduction ne comporte aucune mention des sources, on acquiert l'impression que j'appartiens à votre rédaction en tant que collaborateur. Ce n'est pas le cas: depuis des années je n'utilise plus la presse comme moyen [d'expression]. Dans ce cas particulier, il convient encore de souligner que nous sommes face à une incongruité: d'une part, la presse officielle m'accorde le rôle d'un collaborateur attitré, tandis que, d'autre part, on interdit par communiqué de presse officiel la reproduction de ma lettre à l'Académie des Ecrivains du 18 novembre 1933. Je ne vise nullement à être cité le plus souvent possible dans la presse, mais je tiens plutôt à ce qu'il ne subsiste pas la moindre ambigüité quant à la nature de mes convictions politiques. Avec l'expression de mes sentiments choisis, Ernst Jünger».

 

Fait significatif: de 1933 à 1945, Ernst Jünger n'a pas reçu la moindre distinction honorifique ou bénéficié du moindre hommage officiel. «... Ne trouvez-vous pas curieux que je n'ai pas obtenu le moindre prix sous le IIIième Reich, alors qu'on prétend que j'aurais été si précieux pour les nazis. Si tel avait été le cas, j'aurais été couvert de prix et de distinctions», remarque Jünger près de soixante ans après les événements.

 

La vie de Jünger fut relativement paisible de 1934 à la guerre. Nous lui devons plusieurs livres immortels, datant de cette période, pendant laquelle il a consolidé son constat: le national-socialisme a sa phase héroïque derrière lui. Sans retour. Qu'en restait-il? Sa prédilection pour les structures hiérarchiques, clairement délimitées. En 1982, Jünger reconnaissait: «Certes, j'ai un faible pour les systèmes d'ordre, pour l'Ordre des Jésuites, pour l'armée prussienne, pour la Cour de Louis XIV... De tels ordres m'en imposent» (22).

 

Ernst Jünger est resté fidèle à lui-même pendant toute son existence. C'est ainsi que Karl O. Paetel, jadis militant “nationaliste social-révolutionnaire”, dans une excellent biographie consacrée à son ami immédiatement après la dernière guerre, répond aux critiques de façon définitive, pour les siècles des siècles: «Le guerrier est-il devenu pacifiste? L'admirateur de la technique, un ennemi du progrès technique? Le nihiliste, un chrétien? Le nationaliste, un bourgeois cosmopolite? Oui et non: Ernst Jünger est devenu dans une certaine mesure le deuxième homme sans jamais cesser d'être le premier. A aucune étape dans le cheminement de son existence, Ernst Jünger ne s'est converti, jamais il n'a brûlé ce qu'il adorait hier. Les transformations ne sont pas rejets chez lui, mais fruits d'acquisitions, d'élargissements d'horizons, de complètements; il ne s'agit jamais de se retourner, mais de poursuivre le même chemin en mûrissant, sans se fixer dans les aires de repos. C'est ainsi que Ernst Jünger a trouvé son identité, est devenu le diagnostiqueur de notre temps, éloigné de tout dogme dans son questionnement comme dans les réponses qu'il suggère».

 

Werner BRÄUNINGER.

 

Notes:

 

(1) Ernst JÜNGER, «Reinheit der Mittel», in Die Kommenden, 27 déc. 1929.

(2) Ernst JÜNGER, Strahlungen. Die Hütte im Weinberg. Jahre der Okkupation, p. 615 (éd. DTV, 1985).

(3) Ernst JÜNGER, «Abgrenzung und Verbindung», in Standarte, 13 sept. 1925.

(4) (5) (6) Voir remarque 2, p. 612, 617 et 444 (Jünger cite ici un mot de Valeriu Marcu).

(7) Ernst JÜNGER, «Der Frontsoldat und die innere Politik», in Standarte, 29 nov. 1925.

(8) Ernst JÜNGER, Interview accordé à Der Spiegel, n°33/1982.

(9) Voir rem. 2, p. 616.

(10) La formule «réalisme héroïque» provient de l'article «Der Krieg und das Recht» du Dr. Werner Best (publié dans le volume collectif Krieg und Krieger, édité par Ernst Jünger à Berlin en 1930). Quant à savoir si cette formule, utilisée par Jünger, provient originellement de Best, rien n'est sûr à 100%.

(11) Ernst JÜNGER, «Schließt Euch zusammen», in Die Standarte, 3 juin 1926.

(12) Ernst von SALOMON, Der Fragebogen, p. 244 (7), 1952.

(13) voir rem. 8.

(14) Hans-Peter SCHWARZ, Der konservative Anarchist. Politik und Zeitkritik Ernst Jüngers, Verlag Rombach, 1982, p. 107.

(15) Ernst JÜNGER, «Über Nationalismus und Judenfrage», Süddeutsche Monatshefte, 27, n°12, 1930.

(16) Ernst JÜNGER, Das abenteuerliche Herz.

(17) Ernst NIEKISCH, Entscheidung, p. 180 ss.

(18) Ex Völkischer Beobachter (édition bavaroise), 22 oct. 1932.

(19) Description de mémoire de Werner Bräuninger, ex: Friedrich HIELSCHER, Fünfzig Jahre unter Deutsche, Rowohlt Verlag, 1950.

(20) Ernst JÜNGER, Strahlungen. Kirchhorster Blätter, p. 298 (DTV n°10.985).

(21) (22) Voir rem. 8.

mercredi, 16 décembre 2009

Sarrazin wirkt

thilo-sarrazin.jpgSarrazin wirkt

Ex: http://www.sezession.de/

Öffentliche Verkehrsmittel in Großstädten sind eine Universität der rauhen Wirklichkeit. Redakteur Rainer Wehaus von den „Stuttgarter Nachrichten“ ist bodenständig genug, um auch mal die Stadtbahn zu nehmen. Der „Fall Sarrazin“ hat ihn scheint’s ermuntert, die dort gemachten Erfahrungen mit seinen Lesern zu teilen.

Woran denkt die „schweigende Mehrheit“, wenn sich im Stadtbahnwagen „ein paar junge Männer mit Migrationshintergrund“ lärmend, brüllend und rempelnd breitmachen, daß die anderen Fahrgäste stumm die Köpfe einziehen? – fragt Wehaus im Leitartikel der „Stuttgarter Nachrichten“ [1] vom 5. Dezember und mutmaßt:

„An den altklugen Zeitungskommentar von gestern, der zu mehr Verständnis und zu mehr Hilfe für bildungsferne Schichten aufrief? Oder an die salbungsvollen Worte aus der Politik, derzufolge man doch bitte schön andere Kulturen als Bereicherung empfinden und den Dialog suchen solle?“

Eine Dame, die es damit versucht und die Halbstarken um Ruhe bittet, wird wüst angepöbelt. Die Störenfriede steigen aus, die Mehrheit schweigt erleichtert weiter. „Wer Stadtbahn fährt, erlebt so etwas öfter“, weiß Wehaus und findet zur treffenden Lageanalyse:

„Es sind die Erlebnisse des gemeinen Volks, die so gar nicht zu dem passen wollen, was die Politik mit Hilfe der Medien gerne präsentiert: Vorzeigeprojekte zur besseren Integration ausländischer Jugendlicher – die heile Welt im Kleinen. Oder Islamkonferenzen mit großen, leeren Worten. In der Stadtbahn sieht die Welt etwas anders aus. Und die schweigende Mehrheit beschleicht das unbestimmte Gefühl, daß die Politik ihnen nicht die ganze Wahrheit sagt.“

Von dieser Lagebeschreibung aus bringt Wehaus die Sarrazin-Kampagne auf den Punkt –

„Der Stammtisch darf auch dann nicht recht haben, wenn er recht hat.“

– und zieht mit Sarrazins Kommentar zum Schweizer Minarettverbot im Handelsblatt die Quintessenz aus der „Kluft zwischen öffentlicher und veröffentlichter Meinung“, die ihm in beiden Fällen ins Auge springt:

„ ‚Das Schweizer Volksbegehren zeigt, daß in der Tiefe der Gesellschaft anders gedacht wird, als die politische Klasse und die Mehrheit der Medien glauben wollen.’ Da hilft nur eins: Öfter mal Stadtbahn fahren.“

Kein Zweifel: Sarrazin wirkt. Die Debatte, die der Ex-Senator aus der Flasche gelassen hat, geht weiter; seine Art, Klartext zu reden, wirkt ansteckend. Die Breschen in der politisch korrekten Schweigemauer um das Multikulti-Luftschloß werden größer. Es passen schon immer mehr Redakteure etablierter Tageszeitungen hindurch.

(Foto: flickr/kaffeeeinstein)


Article printed from Sezession im Netz: http://www.sezession.de

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[1] im Leitartikel der „Stuttgarter Nachrichten“: http://www.stuttgarter-nachrichten.de/stn/page/detail.php/1405184

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samedi, 12 décembre 2009

Joseph Roth e il mito dell'impero

Roberto Alfatti Appetiti

http://robertoalfattiappetiti.blogspot.com/

joseph-roth.jpgJoseph Roth e il mito dell’impero

Dal mensile Area, marzo 2003

Sono trascorsi cinquanta anni da quando Longanesi pubblicò in Italia La marcia di Radetzky, il libro capolavoro che Joseph Roth scrisse nel 1932. «Il più bel canto del cigno del vecchio impero austriaco», lo aveva definito Heinrich Böll. Eppure l’iniziativa editoriale si dimostrò un vero fallimento.

Il grande scrittore austriaco, lo strenuo difensore dei valori tradizionali in rivolta contro il suo tempo, era morto da poco più di dieci anni (il 27 maggio del 1939) ma era stato già dimenticato, per non dire rimosso, dalla storia letteraria europea. Ancora negli anni Sessanta il suo nome, ad eccezione degli ambienti accademici e di pochi pionieri (in Italia Claudio Magris), era quasi sconosciuto. Prima che Adelphi rendesse giustizia a Roth, pubblicando negli anni Settanta e Ottanta le sue opere, nel passato solo pochi editori fieramente controcorrente come Longanesi e Vallecchi avevano proposto qualche suo titolo, restituendogli una temporanea e circoscritta popolarità. La grande editoria preferiva investire quasi esclusivamente su autori “politicamente corretti” e certo la «gloria letteraria dei monarchici» (come lo ha definito Soma Morgenstern nel suo Fuga e fine di Joseph Roth, Adelphi 2001), l’antidemocratico Roth, non poteva considerarsi organico al verbo progressista. Per Roth la democrazia altro non era che «lo stratagemma» che le dittature, il proletariato e i nazionalismi volevano utilizzare per raggiungere le proprie mire, generando «solo brutalità in un mondo in trasformazione».

Galiziano di Brody, era nato il 2 settembre 1894 da genitori ebrei, aveva studiato germanistica a Vienna e partecipato alla prima guerra mondiale. Giornalista prolifico e apprezzato (oltre mille articoli scritti tra le due guerre), ha vissuto la sua travagliata vita di pendolare delle lettere tra Berlino, Vienna, Francoforte e Parigi, dove si stabilì in esilio dal 1933 e morì che non aveva neanche quarantacinque anni. Roth era cresciuto nel mito unificante e multiculturale dell’impero austroungarico, nel quale «non si distinguevano uomini di diverse nazionalità perché ognuno parlava tutte le lingue». La struttura antinazionalista della monarchia asburgica aveva lasciato un segno indelebile nella sua formazione. Il mescolarsi per le strade di tedesco, polacco, ucraino, yiddish, e le differenze etniche, rappresentavano una ricchezza, un patrimonio da custodire gelosamente e di cui il tutore era il vecchio imperatore Francesco Giuseppe, «onnipresente tra i suoi sudditi come Dio nell’universo». Il cuore pulsante dell’impero non era Vienna, che pure ospitava la residenza imperiale, ma le grandi periferie, come quella orientale da cui lui proveniva. Era proprio il «tragico amore» dei Paesi della Corona per l’Austria a nutrire la capitale. Bastava che suonasse la Marcia e in qualsiasi angolo dell’impero ci si trovasse l’identità comune si affacciava in tutti i cuori: «Tutti i concerti in piazza cominciavano con la marcia di Radetzky. Gli arcigni tamburi rullavano, i dolci flauti zufolavano e i benigni piatti squillavano. Sui visi di tutti gli ascoltatori spuntava un sorriso compiacente e trasognato, mentre nelle loro gambe il sangue frizzava. Erano fermi e credevano di marciare».

Come ha scritto Maria Sechi nel suo Invito alla lettura di Roth (Mursia 1994), Roth rimproverava alla borghesia occidentale di aver commesso «un vero crimine: aver distrutto la tradizione, la legge e l’ordine» di quella che riteneva una grande civiltà. Nell’industrializzazione, capace solo di produrre «imbrogli e illusioni» e nell’offensiva della tecnica vedeva un «un’ulcera» che finiva per ridurre l’uomo ad automa, a pedina, ad ingranaggio di un processo massificante. Il mondo era irreversibilmente malato, minato nelle sue fondamenta dalla spinta dei nascenti nazionalismi, come denuncia nella Radetzkymarsh: «L’epoca non ci vuole più! Questa epoca vuole creare degli Stati nazionali indipendenti! La gente non crede più in Dio. La nuova religione è il nazionalsocialismo. I popoli non vanno più nelle Chiese. Vanno nei circoli nazionalisti. La nostra monarchia è fondata sulla religiosità: sulla credenza che Dio abbia eletto gli Asburgo a regnare su tali e tanti popoli cristiani».

Da giovane aveva provato simpatia per il socialismo, non per convinzioni marxiste ma per un sentimento di naturale vicinanza ai poveri. “Joseph il rosso”, era stato soprannominato, ma un viaggio in Russia nel 1926-27, come inviato del Frankfurter Zeitung, gli aveva aperto gli occhi, tanto da fargli commentare: «E’ una grande fortuna che io abbia fatto questo viaggio in Russia: altrimenti non avrei mai conosciuto me stesso». «Sono partito bolscevico e sono tornato monarchico», ironizzava. Il suo era un «anticomunismo patologico», sentenziò sprezzantemente Ludwig Marcuse. Trovò l’URSS un deserto spirituale, «tutte le sue simpatie per quel paese erano di colpo svanite», ha scritto Soma Morgenstern. «Mai ho sentito così intensamente di essere un europeo, un mediterraneo se vuole, un romano e un cattolico, un umanista e un uomo del rinascimento», scrisse ad un amico al suo ritorno. «Detestava apertamente le convinzioni politiche ed il fanatismo» dei comunisti. Ai suoi occhi il socialismo si era macchiato di una imperdonabile colpa: aver contagiato di materialismo la Russia, creando le premesse per l’affermazione in quella regione della società e dei valori borghesi e trasformando un popolo religioso in una massa anonima di piccoli borghesi ambiziosi: «Ebbene questo è proprio il caso in cui la beffa della storia è palese. Questa storia che dovrebbe liberare il proletariato, che ha come scopo la creazione dello Stato e dell’umanità senza classi, questa teoria, la dove viene applicata per la prima volta, fa di tutti gli uomini dei piccoli borghesi. E, per colmo di sfortuna, fa le sue prime prove proprio in Russia, dove i piccoli borghesi non sono mai esistiti. In Russia, appunto, il marxismo si presenta soltanto come una componente della civiltà borghese europea. Anzi, sembra quasi che la civiltà borghese abbia affidato al marxismo il compito di farle da battistrada in Russia».

Il suo individualismo lo portava a respingere ogni forma di collettivismo. In una lettera all’amico e mentore Stephan Zweig accusò il socialismo di aver generato il fascismo e il nazionalsocialismo, anticipando così con grande lungimiranza le successive tesi di Ernst Nolte. Il suo era un profondo risentimento verso la modernità incalzante, nei confronti della quale si sentiva profondamente estraneo, se non dichiaratamente ostile. Lo scrive senza equivoci nelle prime pagine de La Cripta dei Cappuccini: «Io non sono un figlio del mio tempo, anzi, mi riesce difficile non definirmi addirittura suo nemico. Non che io non lo capisca, come tante volte sostengo. Questa è solo una scusa di comodo. Per indolenza, semplicemente, non voglio essere aggressivo o astioso, e perciò dico che una cosa non la capisco quando dovrei dire che la odio o la disprezzo. Ho l’orecchio fine, ma faccio il sordo. Mi pare più elegante fingere un difetto che ammettere di aver sentito rumori volgari».

E probabilmente, fosse stato ancora in vita, avrebbe ignorato anche lo sprezzante giudizio che di lui diede Italo Alighiero Chiusano nel 1979 su La Repubblica: «Ormai si può parlare da noi di un’ondata Roth, con entusiasmi che sarà bene lasciar sfogare per la simpatia che il personaggio merita e per il suo indubbio valore letterario, ma che più tardi bisognerà ridurre ai limiti reali. Chi mette Joseph Roth alla pari di Kafka, Mann, Brecht, Musil, lo costringe ad un confronto che egli non può sostenere». Niente di più falso, quel confronto Roth lo ha sostenuto e continua a sostenerlo con grande dignità, nonostante la diffidenza di buona parte del mondo editoriale e culturale “che conta”. La dimostrazione più lampante è offerta dal fatto che persino La Repubblica abbia recentemente inserito nella sua “Biblioteca” una delle opere di questo grande scrittore reazionario, e proprio La Cripta dei Cappuccini (1938), che con La Milleduesima notte e il Leviatano (queste ultime pubblicate solo postume) può essere considerata una delle opere maggiormente nichiliste e antimoderne per eccellenza.

La Cripta è un romanzo aspro, amaro, struggente. E’ il libro dell’addio ad un’epoca che sembrava eterna e che invece andava incontro ad un repentino tramonto: «La morte incrociava già le sue mani ossute sopra i calici dai quali noi bevevamo, lieti e puerili». Il protagonista è Francesco Ferdinando Trotta, un giovane rampollo di una famiglia di recente nobiltà, che attraversa l’esperienza bellica trovando al suo ritorno una Vienna irriconoscibile. E’ un personaggio in buona parte autobiografico. Anche Roth ha partecipato alla Grande Guerra come volontario e come ufficiale. Era andato in guerra per «uno strano motivo che solo Conrad potrebbe spiegare […] come i vecchi scapoli, che, non potendo sopportare la solitudine, contraggono matrimonio». Anche Roth aveva provato un forte senso di smarrimento appena tornato dal fronte, nell’accorgersi di come tutto attorno a lui fosse cambiato, e suoi sono senz’altro i sentimenti espressi dal giovane Trotta: «Tutti noi avevamo perso rango, posizione e nome, casa e denaro e valori: passato, presente, futuro. Ogni mattina quando aprivamo gli occhi imprecavamo alla morte che invano ci aveva attirato alla sua festa grandiosa. E ognuno di noi invidiava i caduti. Riposavano sottoterra e la primavera ventura dalle loro ossa sarebbero nate le violette. Noi invece eravamo tornati a casa disperatamente sterili, coi lombi fiaccati, una generazione votata alla morte, che la morte aveva sdegnato». I valori in cui aveva creduto non avevano più cittadinanza: «Allora, prima della Grande Guerra […] non era ancora indifferente se un uomo viveva o moriva. Se uno era cancellato dalla schiera dei terrestri non veniva subito un altro al suo posto per far dimenticare il morto ma, dove quello mancava, restava un vuoto, e i vicini come i lontani testimoni del declino di un mondo ammutolivano ogni qual volta vedevano questo vuoto». Si sentiva a disagio in quel nuovo sistema politico che andava affermandosi. Trotta si trova in un caffè quando apprende la notizia della costituzione di un nuovo governo popolare tedesco. «Da quando ero rimpatriato dalla guerra mondiale, rimpatriato in un paese pieno di rughe, mai avevo avuto fiducia in un governo: figuriamoci poi, in un governo popolare. Io appartengo ancora oggi – nell’imminenza della mia probabile ultima ora, io, un uomo, posso dire la verità – a un mondo palesemente tramontato, nel quale pareva naturale che un popolo venisse governato e che, dunque, se non voleva cessare di essere popolo, non poteva governarsi da solo. Ai miei orecchi – spesso avevo sentito che li chiamavano reazionari – suonò come se una donna amata mi avesse detto che non aveva affatto bisogno di me, che poteva fare l’amore con sé sola, e che anzi doveva farlo, e invero al solo scopo di avere un bambino». Non resta altro da fare al protagonista, e Roth sceglie per lui un finale simbolico. Trotta, come ultimo atto, si reca a portare l’ultimo omaggio al suo imperatore: «La Cripta dei Cappuccini, dove giacciono i miei imperatori, sepolti in sarcofaghi di pietra, era chiusa. Il frate cappuccino mi venne incontro e chiese: Che cosa desidera? Voglio visitare il sarcofago del mio imperatore Francesco Giuseppe, risposi. Dio la benedica, disse il frate e fece sopra di me il segno della croce. Dio conservi!, gridai. Zitto!, disse il frate. Dove devo andare, ora, io, un Trotta?».

Lo stato d’animo del giovane Trotta è lo stesso degli altri personaggi dei romanzi “politici” di Roth, Hotel Savoy, La ribellione, Fuga senza fine, Zipper e suo padre. Sono reduci incapaci di affrontare la nuova esistenza, animati da delusione, risentimento, rabbia, senso di impotenza. Il Conte Xaver Morstin, nella novella Il busto dell’imperatore (1934) esprime tutta la sua amarezza: «I capricci della storia hanno distrutto anche la gioia personale che veniva da ciò che io chiamavo patria. Ai loro occhi io sono considerato un cosiddetto Vaterlos, un senza patria. Lo sono sempre stato. Ahimè! C’era una volta una patria, una vera, una cioè per i senza patria, l’unica possibile. Era la vecchia monarchia; ora sono un senza patria che ha perduto la vera patria dell’eterno viandante». Anche dopo la caduta dell’impero il vecchio imperatore restava «una figura al di fuori di tutto ciò che è normale», e come tale da venerare. «Nessuna virtù ha stabilità in questo mondo eccettuato una sola: l’autentica devozione. La fede non ci può ingannare perché non ci promette nulla sulla terra. Applicato alla vita dei popoli ciò significa che invano essi ricercano le cosiddette virtù nazionali. Per questo io odio le Nazioni e gli stati nazionali. La mia vecchia patria, la monarchia sola era una grande casa con molte porte e molte stanze per molte specie di uomini. La casa è stata suddivisa, spaccata, frantumata. Là io non ho più nulla da cercare. Io sono abituato a vivere in una casa, non in una cabina».

Analogo destino di «senza patria» è quello di Franz Tunda, protagonista di Fuga senza fine (1928). Il giovane ufficiale asburgico, dopo essere stato prigioniero di guerra dei russi, lasciata con la divisa l’identità militare, si sente fuori posto ovunque. Fuggito rocambolescamente da un lager siberiano, capita casualmente tra i guerriglieri comunisti. Lì conosce una giovane militante, Natascha. Per amore ne sposa la causa, anche se la rivoluzione socialista «non gli era simpatica, gli aveva rovinato la carriera e la vita». Ma Natascha «non voleva saperne della sua bellezza, si ribellava contro se stessa, riteneva la sua femminilità una ricaduta nella concezione borghese della vita e l’intero sesso femminile un residuo ingiustificato di un mondo vinto, agonizzante». Tunda si accorge presto che la rivoluzione è diventata prassi burocratica, una «disciplina senza sentimento». Finisce per stabilirsi a Parigi, «senza nome, senza credito, senza rango, senza titolo, senza soldi e senza professione: non aveva né patria né diritti». Dice Tunda, e a parlare è naturalmente Roth: «Io so soltanto che non è stata, come si dice, la inquietudine a spingermi, ma al contrario un’assoluta quiete. Non ho nulla da perdere. Non sono né coraggioso né curioso di avventure. Un vento mi spinge, e non temo di andare a fondo». Significativo è anche qui il finale scelto da Roth per chiudere il romanzo: «A quell’ora il mio amico Franz Tunda, trentadue anni, sano e vivace, un uomo giovane, forte, dai molti talenti, era nella piazza davanti alla Madelaine, nel cuore della capitale del mondo, e non sapeva cosa doveva fare. Non aveva nessuna professione, nessun amore, nessun desiderio, nessuna speranza, nessuna ambizione e nessun egoismo. Superfluo come lui non era nessuno al mondo». L’unica possibilità è la “fuga”, una “fuga senza fine”. Non c’è alcun velleitarismo in Roth, non c’è speranza di improbabili rivalse, la partita è persa, ma la resa non significa accettazione e omologazione. La sua narrazione non è politica in senso stretto, è più che altro sentimentale: «tutti i cambiamenti della carta geografica d’Europa non avevano cambiato i sentimenti dei popoli», dice Morstin/Roth.

A partire dagli anni Trenta, deluso dall’attualità, Roth si è limitato a rievocare con nostalgia e grande capacità suggestiva il mondo di ieri, una civiltà europea «frantumata», per affermare la sua identità, per crearsi un rifugio individuale. Più tardi la simpatia per la monarchia si intrecciò con la sua discussa conversione al cattolicesimo. Aveva trovato nell’universalismo del cattolicesimo l’unico collante che potesse ergersi a baluardo dei suoi valori, assumendo quello che era stato il ruolo unificante dell’impero: «la Chiesa romana in questo marcio mondo è l’unica ormai in grado di dare, di conservare una forma».

Un importante contributo all’approfondimento della personalità di Roth è arrivato grazie alla biografia Fuga e fine di Joseph Roth, che raccoglie la preziosa e affettuosa testimonianza di uno dei suoi migliori amici, Soma Morgenstern (galiziano anche lui, romanziere apprezzato da Musil, dopo la morte di Roth venne internato in un campo di concentramento francese e morì dimenticato da tutti a New York nel 1976). Ci lascia un ritratto completo di luci e ombre sulla vita dello scrittore, ci presenta un Roth insolente e ingrato, geniale e un po’ impostore, infantile e lucidissimo nei suoi giudizi sull’epoca e sui suoi contemporanei, ora aggressivo ora vulnerabile, decisamente affascinante: «vestiva con particolare eleganza, quasi da bellimbusto. I suoi capelli biondi avevano la scriminatura nel mezzo, e il suo monocolo suscitò stupore nel nostro gruppetto». «Se fosse stato francese», scrive Morgenstern, «e avesse vissuto qualche altro anno, sarebbe diventato una leggenda». E ne spiega i motivi: sapeva creare atmosfera attorno a sé, viveva, si ubriacava, lavorava, tutto in pubblico e «disseminava opinioni iconoclaste» che creavano regolarmente scandalo. Come scrive ancora Morgenstern, Roth parlava di Otto d’Asburgo, pretendente al trono austriaco, con sincera devozione, come si trattasse dell’imperatore, solo «per acquietare i suoi dubbi sulle probabilità di una realizzazione storica di quel sogno». In realtà non aveva fiducia nella politica e finì per ritenere lo stesso pretendente al trono «troppo poco legittimista» per i suoi gusti. Frequentava gli ambienti monarchici, ma più che altro perché divideva con gli altri esuli lo status di orfano di un mondo scomparso.

Dopo lo sfacelo dell’impero si rifugiò nell’alcool, perché così «la vita diventa più facile» e «talvolta libera l’animo umano». A chi gli rimproverava il suo vizio, rispondeva ironicamente che era divenuto alcolizzato «per incarico divino». «La salute! Puah!», si scherniva, mentre faceva di tutto per accellerare il suo incontro con la morte. «Ecco quel che veramente sono; cattivo, sbronzo, ma in gamba», si definì con autoironia. Continuò a scrivere altri libri, sempre lavorando nei tavoli dei caffè. Opere che possiedono, come ha scritto Gian Antonio Stella nella prefazione a Giobbe, romanzo di un uomo semplice (il libro del 1930 che il Corriere della Sera ha inserito nella sua “Biblioteca”), una particolare «forza immaginifica, così gonfia e possente da dare talora le vertigini». Il suo ultimo racconto, scritto negli ultimi giorni di vita e pubblicato solo postumo, è tra i più noti, anche grazie ad una recente trasposizione cinematografica. La leggenda del Santo bevitore può essere considerato un po’ come il suo testamento spirituale. Il protagonista è Andreas Kartak, un uomo smarrito, perso al mondo, un clochard. Uno sconosciuto gli offre un prestito chiedendo in cambio solo l’impegno a restituire la somma alla piccola Santa Teresa nella Chiesa di Santa Maria di Batignolles. Andreas non userà quel prestito per redimersi, per cambiare vita. Al contrario, come Roth, va incontro al suo destino, quasi incoraggiando la sua stessa rovina. Quando la morte sta per sopraggiungere ha un unico pensiero, quel prestito da rendere alla giovane Santa, dimostrando uno spiccato senso dell’onore, lo stesso che ha animato l’intera vita di quel fedele servitore dell’Imperatore che fu Joseph. «Conceda, conceda Dio a tutti noi, noi bevitori, una morte così facile e così bella», questo è l’ultimo auspicio di Andreas. E Roth morirà, come il suo ultimo personaggio, dopo l’ultima e fatale crisi di delirium tremens in un ospedale per i poveri.

vendredi, 11 décembre 2009

Presseschau (Dez. 2)

giornalisssss.jpgPRESSESCHAU (Dez. 2)

Einige Links. Bei Interesse anklicken...

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Ohne Worte ...
Rüttgers bedauert Abzugspläne für britische Rheinarmee
http://jungefreiheit.de/Single-News-Display.154+M5c446e4389d.0.html

Afghanistan-Strategie
US-Präsident Obama setzt Deutschland unter Druck
„Dies ist nicht nur Amerikas Krieg.“ Mit diesen Worten richtete Barack Obama in seiner Rede zur Strategie in Afghanistan ein deutliches Signal an die Alliierten, gemeinsam den Krieg zu beenden. Deutschland steht unter Zugzwang, sein Kontingent um fast 50 Prozent aufzustocken und das Einsatzgebiet auszuweiten.
http://www.welt.de/politik/deutschland/article5400841/US-Praesident-Obama-setzt-Deutschland-unter-Druck.html

Tanklaster-Angriff
Guttenberg gerät in Erklärungsnot
Eilig läßt der Verteidigungsminister den Angriff auf zwei Tanklaster in Afghanistan neu prüfen. Die Zeit drängt, auch in den eigenen Reihen wächst die Kritik am Krisenmanagement Guttenbergs. Einem Zeitungsbericht zufolge bewertete das Kanzleramt den Einsatz bereits vor der Wahl [zivilistisch gesehen] als Debakel – und schwieg.
http://www.spiegel.de/politik/deutschland/0,1518,664150,00.html

Bombardement in Afghanistan
Guttenberg korrigiert Einschätzung des Tanklasterangriffs
Verteidigungsminister Guttenberg vollzieht die Kehrtwende: Aus heutiger Sicht sei der Luftangriff auf zwei Tanklaster in Afghanistan „militärisch nicht angemessen“ gewesen, sagte er im Bundestag. Dennoch will er den für das Bombardement verantwortlichen Oberst Klein nicht fallenlassen.
http://www.spiegel.de/politik/deutschland/0,1518,665075,00.html#ref=nldt

Kommentar zur Kundus-Affäre
Guttenberg hat seine Reifeprüfung bestanden
Von Thorsten Jungholt
Er hat eine lückenlose Aufklärung des Luftangriffs von Kundus angekündigt – und sein Versprechen gehalten: Verteidigungsminister Guttenberg. Im Bundestag revidierte der CSU-Politiker seine ursprüngliche Einschätzung des Bombardements und nahm gleichzeitig die Soldaten in Schutz.
http://www.welt.de/politik/deutschland/article5418479/Guttenberg-hat-seine-Reifepruefung-bestanden.html

Was denkt die Truppe? Schaut auf die T-Shirts ...
Wer wissen will, was die Truppe irgendwo im fremden Land wirklich denkt, sollte mal einen Blick unter die Uniform werfen. Wie bei gleichaltrigen Zivilisten sind T-Shirts mit Aufdruck oft genug ein Ausdruck dessen, was die Truppe denkt – oder manchmal auch nur fühlt. Da spielt es keine Rolle, ob diese Aufdrucke auf hohem intellektuellem Niveau sind oder vielleicht sogar geradewegs geschmacklos: Die Baumwollhemdchen treffen einfach einen Nerv.
Deshalb ist das T-Shirt, das nach Bundeswehrangaben in Camp Marmal in Nordafghanistan verkauft wurde, auch so ein Symbol: Unter dem biblischen Gebot „Thou shalt not steal“ (Du sollst nicht stehlen) waren zwei Tanklastzüge abgebildet. Kommandeur Jürgen Setzer hat natürlich den Verkauf sofort verboten.
http://wiegold.focus.de/augen_geradeaus/2009/11/was-denkt-die-truppe-schaut-auf-die-tshirts-.html

Afghanistan
Was wir unseren Soldaten schuldig sind
Eine Demokratie hat die Menschen zu achten, die sie in ihren Krieg schickt, meint der Schriftsteller Michael Kleeberg. Dieser Staat müsse Verantwortung übernehmen – nicht nur gegenüber der Bevölkerung in Afghanistan und den Bündnispartnern, sondern auch gegenüber den eigenen Bürgern in Uniform.
http://www.welt.de/politik/article5369654/Was-wir-unseren-Soldaten-schuldig-sind.html

Und wieder spielt die Gewalt gegen Deutsche oder Mehrheitsbürger keine Rolle ...
„Hate Crimes“
Haß aufs Anderssein
Von Malte Steinhoff
Obdachlose, Schwule, Andersgläubige: Jedes Jahr werden in Deutschland mehr als 100.000 Angehörige von Minderheiten Opfer einer Gewalttat. Experten sehen in den „Hate Crimes“ eine Gefahr für die zivilisierte Gesellschaft. [HINWEIS: Im Artikel selbst bezieht sich die in der Einleitung genannte Zahl von 100.000 Taten (inklusive Dunkelziffer!) nicht nur auf Gewalttaten (deren es schätzungsweise 2.000 bis 3.000 pro Jahr geben soll, davon knapp ein Drittel mit „rechtsradikalem“ Hintergrund), sondern auch auf andere nicht körperliche Übergriffe in Form von Sachbeschädigungen, Beleidigungen und Drohungen!]
http://www.spiegel.de/panorama/justiz/0,1518,662836,00.html

Familienministerin ...
Kristina Köhler beim Christopher-Street-Day in Frankfurt
http://www.kristina-koehler.de/wiesbaden/unterwegs/2009/kristina-koehler-beim-christop/

Familie
Richter schützen ledige Väter vor deutschem Recht
Der Europäische Gerichtshof für Menschenrechte hat Deutschland wegen der Diskriminierung lediger Väter gerügt und damit deren Sorgerecht gestärkt. Die Straßburger Richter gaben einem 45jährigen Kläger aus Köln recht, der seit acht Jahren vergeblich um ein Sorgerecht für seine Tochter kämpft.
http://www.welt.de/politik/deutschland/article5411956/Richter-schuetzen-ledige-Vaeter-vor-deutschem-Recht.html

Krisengipfel im Kanzleramt
Ackermann warnt vor neuem Finanzmarkt-Crash
Beim Krisentreffen im Kanzleramt sprach der Chef der Deutschen Bank Josef Ackermann von tickenden „Zeitbomben“. Damit meint er vor allem kleinere Länder wie Griechenland, die über alle Maßen verschuldet sind. Aber auch die Immobilienkrise in den USA sei noch nicht gelöst, warnte Ackermann die Kanzlerin.
http://www.welt.de/politik/article5412179/Ackermann-warnt-vor-neuem-Finanzmarkt-Crash.html

Krisenvorsorge – Was Sie unbedingt über die globale Finanz- und Wirtschaftskrise wissen sollten ...
http://www.krisenvorsorge.com/

Im Bundestag notiert: Ehrenmal der Bundeswehr in Berlin
Verteidigung/Kleine Anfrage – 23.11.2009
Berlin: Die Fraktion Die Linke will von der Bundesregierung wissen, wie viele verstorbene Bundeswehrsoldaten, die am Ehrenmal der Bundeswehr in Berlin namentlich aufgeführt werden, früher in der Wehrmacht oder der Waffen-SS gedient haben. In ihrer Kleinen Anfrage (17/32) verlangt die Linksfraktion zudem Auskunft darüber, warum bei der Erstellung der Namensliste für das Ehrenmal darauf verzichtet wurde, das Militärgeschichtliche Forschungsamt zu konsultieren, um zu verhindern, daß möglicherweise ehemalige Kriegsverbrecher geehrt werden.

Brandenburg
Platzeck sitzt in der Stasi-Falle
Von Stefan Berg
Und wieder einer: In der neuen rot-roten Koalition in Brandenburg werden inzwischen fast täglich ehemalige Stasi-Mitarbeiter enttarnt. Ministerpräsident Platzeck scheut die Konsequenz – den Koalitionsbruch und Neuwahlen. Wie lange noch?
http://www.spiegel.de/politik/deutschland/0,1518,664802,00.html

Meine Ostalgie
Von Thorsten Hinz
Je länger die DDR zurückliegt, desto mehr verspüre ich, wenn von ihr in der Öffentlichkeit die Rede ist, eine merkwürdige Eifersucht auf sie. Und das sogar bei Meldungen wie die über die Stasi-Verstrickungen in der brandenburgischen Landtagsfraktion der Linken.
http://www.jungefreiheit.de/index.php?id=154&tx_ttnews%5Btt_news%5D=85111&tx_ttnews%5BbackPid%5D=154&cHash=d248694d53&MP=154-570

Brutaler Überfall auf pro-NRW-Ratsherrn Nico Ernst in Bonn
http://www.pro-nrw.org/index.php?option=com_content&view=article&id=1450:brutaler-ueberfall-auf-pro-nrw-ratsherrn-nico-ernst-in-bonn&catid=15&Itemid=20

Hier eine ein Jahr alte Verlautbarung der „Antifa“ über Nico Ernst ...
„ProBonn“ gegründet
Biedermänner lassen Tarnung fallen - Vorsitzender ist bekannter Bonner Neonazi
http://www.trend.infopartisan.net/trd1208/t401208.html

Steine, Farbbeutel, Molotowcocktails
Chaoten greifen Polizei, BKA und Zoll an
Brennende Polizei- und Zollautos in Hamburg, Farbbeutel und Molotowcocktails gegen das Bundeskriminalamt in Berlin – Unbekannte haben in der Nacht deutsche Ordnungs- und Sicherheitsorgane zur Zielscheibe gemacht. Linksextreme hatten zuvor im Internet den Dezember als „Aktionsmonat“ ausgerufen.
http://www.welt.de/politik/deutschland/article5421219/Chaoten-greifen-Polizei-BKA-und-Zoll-an.html

Was SPIEGEL-Schreiberlinge so alles für schlechtes Benehmen halten ...
Eklat im Funkhaus
Doherty singt erste Strophe von Deutschlandlied
Die lädierte Vita von Pete Doherty ist um einen Skandal reicher: Bei einem live im Radio übertragenen Konzert eines Bayerischen Jugendsenders benahm sich der Rüpelrocker mal wieder daneben – und stimmte die erste Strophe des Deutschlandliedes an. Man ließ ihn gewähren.
http://www.spiegel.de/panorama/leute/0,1518,664137,00.html

Skandalauftritt
Sender fordert Entschuldigung von Doherty
Pete Doherty sang die erste Strophe des Deutschlandlieds und sorgte so für einen Eklat: Nun verlangt der Bayerische Rundfunk eine Entschuldigung von dem britischen Rocksänger. Große Hoffnungen auf eine Reaktion macht sich jedoch nicht einmal der Sender selbst.
http://www.spiegel.de/panorama/leute/0,1518,664273,00.html#ref=nldt

Skandal-Auftritt
Doherty entschuldigt sich für Deutschlandlied
Der britische Rocksänger Pete Doherty hat sich für das Anstimmen des Deutschlandliedes in einer Live-Sendung des Bayerischen Rundfunks (BR) entschuldigt. Damit kam er einer Forderung des Senders nach. Er sei sich der Kontroverse um das Lied nicht bewußt gewesen. [Welche Kontroverse?]
http://www.welt.de/vermischtes/article5390686/Doherty-entschuldigt-sich-fuer-Deutschlandlied.html

1. Strophe Deutschlandlied
„Skandalauftritt beim Nachwuchsfestival: Pete Doherty provoziert für junge Bands“
http://www.stern.de/kultur/musik/skandalauftritt-beim-nachwuchsfestival-pete-doherty-provoziert-fuer-junge-bands-1525712.html

„Pete Doherty soll sich für Deutschlandlied entschuldigen“
http://www.zeit.de/newsticker/2009/11/30/iptc-bdt-20091130-264-23144922xml

„Auf dem rechten Weg
Doherty – Hymne an Hitler?
MÜNCHEN – Der Ex-Babyshambles-Frontmann schoß den Vogel ab – und sang das Deutschlandlied. Buh!“
http://www.blick.ch/unterhaltung/musik/doherty-hymne-an-hitler-134585

Schweizer stimmen für Minarett-Verbot
In der Schweiz dürfen in Zukunft keine Minarette mehr gebaut werden. Mit der Mehrheit von 57,5 Prozent nahmen die Schweizer bei einer Volksabstimmung eine entsprechende Initiative an. Das Ergebnis kam für die meisten Parteien sowie die Regierung völlig überraschend. Die Wahlbeteiligung war mit rund 54 Prozent unerwartet hoch.
http://www.tagesschau.de/ausland/schweiz144.html

Sorge vor militantem Islam
Schweizer wollen den Bau von Minaretten verbieten
In der Schweiz dürfen in Zukunft keine Minarette mehr gebaut werden. Das geht aus Hochrechnungen einer entsprechenden Volksabstimmung am Sonntag hervor. Danach stand bereits am Mittag fest, daß ein entsprechender Vorstoß einer Gruppe um die national-konservative Schweizerische Volkspartei (SVP) überraschend erfolgreich war.
http://www.welt.de/politik/ausland/article5367424/Schweizer-wollen-den-Bau-von-Minaretten-verbieten.html

Initiative
Schweizer stimmen gegen Minarett-Bau
Überraschendes Votum für ein Minarettverbot: Die Eidgenossen haben in einer Volksabstimmung gegen den Bau von Gebetstürmen auf Moscheen votiert. Zwei rechtspopulistische Parteien hatten die Initiative auf den Weg gebracht.
http://www.spiegel.de/politik/ausland/0,1518,664104,00.html

Initiative gegen Minarette
Die Schweiz wählt die Islam-Angst
Ein Kommentar von Mathieu von Rohr
Die Schweizer wollen keine Minarette, eine Mehrheit votierte für ein komplettes Bauverbot. Die Entscheidung ist keine Reaktion auf schwelende Probleme in der Eidgenossenschaft. Sie zeigt tiefsitzende Ängste vor dem Islam – die auch in anderen europäischen Staaten akut sind.
http://www.spiegel.de/politik/ausland/0,1518,664135,00.html

Keine Minarette
Von Karlheinz Weißmann
In der Schweiz sollen keine Minarette mehr gebaut werden, so die Entscheidung der Volksabstimmung vom vergangenen Sonntag. Wohlgemerkt, es geht nicht um ein Verbot von Moscheen oder der Ausübung islamischer Religionspraxis, sondern nur darum, daß die Errichtung jener Türme unterbleibt, die man als Triumphzeichen des Islam verstehen kann, die in der Vergangenheit auch an gewaltsam entweihten und für den moslemischen Gottesdienst umgewidmeten Kirchen gebaut wurden.
Was an dem Vorgang noch interessanter ist als die Sache selbst, sind die Kommentare aus der politisch-medialen Klasse. Der Unmut scheint flächendeckend, sieht man ab von den Initiatoren der Schweizerischen Volkspartei (SVP), die ihre Genugtuung kaum verbergen, ist alles von der Fatalität des Entscheids überzeugt. Die Schweizer Grünen erwägen den Gang zum Europäischen Gerichtshof für Menschenrechte, um den eigenen demos zu verklagen, die Sprecherin der Berner Regierung sieht diplomatische Schwierigkeiten voraus, die Wirtschaft fürchtet ökonomische Einbußen.
http://www.sezession.de/9480/keine-minarette.html#more-9480

Broder: Schweizer haben sich gegen die Islamisierung entschieden
Der Publizist Henryk M. Broder hat das Ergebnis der Volksabstimmung über ein Minarettverbot in der Schweiz als Votum gegen die „Appeaser“ in Politik und Medien bewertet. Nordrhein-Westfalens Integrationsminister Armin Laschet nannte es dagegen ein Glück, daß es in Deutschland keine Volksabstimmungen gebe.
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display.154+M52e2b02fd68.0.html

Keine Demokraten
Von Martin Lichtmesz
Neulich war an dieser Stelle von einem Comic die Rede, in dem über „Extremismus“ und „Demokratie“ aufgeklärt werden soll. Meine Lieblingsszene im Band über „Rechtsextremismus“ ist die, in der die bauchnabelfreie blonde Magda mit dem Keltenkreuz um den Hals ihre Lehrerin provokant fragt: „Ist ja eine tolle Demokratie, in der niemand seine Meinung sagen darf. Was ist denn mit der Meinungsfreiheit in diesem System?“ Darauf antwortet die Lehrerin: „Wer verbietet denn jemandem eine Meinung hier? Man sollte aber die Meinungsfreiheit nicht dazu ausnutzen, die Grundprinzipien der Demokratie auszuhebeln.“
http://www.sezession.de/9486/keine-demokraten.html#more-9486

Schweizer U-17-Star schwärmt für Islamisten
Das Schweizer U-17-Stürmertalent sowie Weltmeister Nassim Ben Khalifa äußerte sich öffentlich darüber, daß er den umstrittenen Muslim-Führer Tariq Ramadan toll finde. Tariq Ramadan ist der Enkel des Gründers der radikalislamischen Muslimbruderschaft. Dieser wurde kürzlich sogar im muslimisch überbereicherten Rotterdam von seinem Posten als „Integrationsberater“ entlassen, weil ans Licht gekommen war, daß er im Programm eines staatlich-iranischen Fernsehsenders des Diktators mitgewirkt hatte.
http://www.pi-news.net/2009/11/schweizer-u-17-star-schwaermt-fuer-islamisten/

Erste Proteste gegen Schweiz
Islamische Welt entsetzt über Minarett-Verbot
Von Hasnain Kazim und Daniel Steinvorth
Demonstrationen in Pakistan, ein wütender türkischer Kulturminister: In der islamischen Welt wird der Schweizer Minarett-Stopp kritisiert. Politiker erwarten massive Proteste, ein Imam in Genf ruft zur Besonnenheit auf – und die Uno schaltet sich ein. Sie will das Verbot auf Rechtmäßigkeit prüfen.
http://www.spiegel.de/politik/ausland/0,1518,664337,00.html

Entscheidung in der Schweiz
Erdogan sieht Minarett-Votum als Zeichen von Faschismus
„Verbrechen gegen die Menschlichkeit“, „klar diskriminierend“: Das Schweizer Votum gegen den Neubau von Minaretten hat international einen Proteststurm entfacht. Der türkische Ministerpräsident wütet gegen eine „faschistische Haltung“ in Europa. Die Eidgenossen fürchten um ihre Sicherheit.
http://www.spiegel.de/politik/ausland/0,1518,664551,00.html#ref=nldt

Erdogan: Schweizer Entscheidung ist faschistisch
So spricht ausgerechnet jener, der folgendermaßen zitiert wird: „Die Demokratie ist nur der Zug, auf den wir aufsteigen, bis wir am Ziel sind. Die Moscheen sind unsere Kasernen, die Minarette unsere Bajonette, die Kuppeln unsere Helme und die Gläubigen unsere Soldaten.” Und da wundert sich der türkische Ministerpräsident Recep Tayyip Erdogan, daß die Schweizer das Spielchen nicht mitmachen wollen?
http://www.pi-news.net/2009/12/erdogan-schweizer-entscheidung-ist-faschistisch/

Türkischer Minister ruft zu Schweiz-Boykott auf
Wohlhabende Muslime auf der ganzen Welt sollen ihr Vermögen aus der Schweiz abziehen und in der Türkei anlegen. Das fordert der türkische Europaminister Egemen Bagis als Konsequenz aus dem Minarettverbot. Schließlich hätten türkische Banken der internationalen Finanzkrise widerstanden.
http://www.welt.de/politik/ausland/article5402343/Tuerkischer-Minister-ruft-zu-Schweiz-Boykott-auf.html

Bauverbot für Minarette
Türkei droht Schweiz
http://www.abendblatt.de/politik/ausland/article1293477/Tuerkei-droht-Schweiz.html

Schweiz wird Feindbild für die arabische Welt
http://nachrichten.rp-online.de/article/politik/Schweiz-wird-Feindbild-fuer-die-arabische-Welt/60389

Unverständnis über Minarett-Votum
Regisseur Fatih Akin boykottiert die Schweiz
http://www.rp-online.de/gesellschaft/leute/Regisseur-Fatih-Akin-boykottiert-die-Schweiz_aid_791067.html

Minarettverbot: Sarrazin kritisiert Medien
BERLIN. Bundesbankvorstand Thilo Sarrazin hat anläßlich der Schweizer Volksabstimmung über ein Bauverbot von Minaretten Politik und Medien kritisiert: Das Volksbegehren zeige, „daß in der Tiefe der Gesellschaft anders gedacht wird, als die politische Klasse und die Mehrheit der Medien glauben wollen“, sagte Sarrazin dem Handelsblatt.
http://www.jungefreiheit.de/index.php?id=154&tx_ttnews[tt_news]=85088&cHash=266d89b5e2

Online-Petition an den Deutschen Bundestag
Einsetzen einer Enquete-Kommission „Zuwanderung, Staatsbürgerschaft und Integration“
http://www.meideu.de/petition

Bundesbank
Sarrazins türkenfeindliche Tiraden lösen Entsetzen aus
Von Anne Seith, Frankfurt am Main
http://www.spiegel.de/wirtschaft/soziales/0,1518,652571,00.html

„Aufstand der Anständigen“ ...
Proteste gegen den Anti-Minarett-Entscheid
Tausende demonstrieren in mehreren Städten der Westschweiz
http://www.nzz.ch/nachrichten/wissenschaft/protest_gegen_den_volksentscheid_gegen_minarette_1.4092368.html

Generalsekretär des Zentralrats der Juden in Deutschland Stephan Kramer wettert gegen die Schweizer
http://www.pi-news.net/2009/12/kramer-wettert-gegen-die-schweizer/#more-102420

Armin Laschet (CDU) beleidigt Schweizer Verfassung
„Der Islam gehört zu uns“
http://www.zeit.de/politik/deutschland/2009-11/minarett-streit-laschet

Cohn-Bendit
Muslime sollen Gelder aus Schweiz abziehen
http://www.20min.ch/news/schweiz/story/Muslime-sollen-Gelder-aus-Schweiz-abziehen-12731911
http://www.pi-news.net/2009/12/laschet-beleidigt-schweizer-verfassung/

Die Luft wird dünner für Oberlehrer
Wer einmal einen deutschen Oberlehrer in Hochform erleben wollte, der mußte heute „Das Duell bei n-tv“ einschalten. Dort wurde Sebastian Edathy installiert, der beim Publikum Heiterkeit erzeugte, dessen hohle Sprechblasen („die meisten Ängste vor dem Islam sind irrational“) Empörung auslösten und der uns zeigt, warum die SPD auf dem Weg zum Projekt 18 ist und ihr Image als Volkspartei schon lange verloren hat. In Alexander Gauland hat er einen würdigen Gegner gefunden. Schwätzer Edathy wird auch von Diskussionsleiter Heiner Bremer in seiner zügellosen volkspädagogischen Schulmeisterei gut gekontert.
http://www.pi-news.net/2009/12/die-luft-wird-duenner-fuer-oberlehrer/#more-102386

„Jungle World“ zur Ausländerdebatte in Frankreich
Republik der Schleimer
http://jungle-world.com/artikel/2009/48/39869.html

Larmoyanz und Verwesung
Von Martin Böcker
Riechen wir noch nichts von der nationalen Verwesung? Auch Nationen verwesen. Deutschland ist tot. Deutschland müßte tot sein. Und wir hätten es getötet, wenn es wirklich in dem Zustand wäre, den wir herbeizittern: harmlos, wehrlos, alt.
Wie trösten wir uns – wir, die wir totreden, was nur totzureden geht?
http://www.sezession.de/9471/larmoyanz-und-verwesung.html

Deutsche Täter, deutsche Opfer – eine Antwort auf Martin Böcker
Wenn mir auch der Grundtenor von Martin Böckers polemischem Debüt auf Sezession im Netz sympathisch ist, so ist mir doch unklar, wen genau er nun weswegen attackiert. Vor allem scheint mir die Perspektive, von der er aus seine Attacke reitet, korrekturbedürftig zu sein
http://www.sezession.de/9662/deutsche-taeter-deutsche-opfer-eine-antwort-auf-martin-boecker.html

In Europa wächst Skepsis gegenüber Migranten
Von Karen Merkel
Der German Marshall Fund hat untersucht, wie Europäer und Amerikaner ihre Einwanderer beurteilen. Ergebnis: Immer mehr Menschen stehen Migranten skeptisch gegenüber. Wenn es Probleme bei der Integration gibt, sehen viele die Einwanderer in der Pflicht. Diese Meinung ist vor allem in Deutschland verbreitet.
http://www.welt.de/politik/ausland/article5415523/In-Europa-waechst-Skepsis-gegenueber-Migranten.html

Klischee oder Kultur?
Integration: Multikulti in Soaps ist immer mehr im Kommen – Gratwanderung zwischen Realität und Überspitzung
http://www.main-netz.de/nachrichten/kultur/kultur/art4214,1013377

Verdacht auf Spendenbetrug
Bundesweite Razzia gegen Milli Görüs
Razzia bei der größten islamischen Organisation Deutschlands: Bundesweit sind Dutzende Büros von Milli Görüs gefilzt worden. Es bestehe der Verdacht auf Spendenbetrug, erklärte die Staatsanwaltschaft.
http://www.spiegel.de/politik/deutschland/0,1518,664727,00.html

Berlin: Körting will Flüchtlinge nicht abschieben
Sie leben teilweise schon viele Jahre in der Bundesrepublik. Sie kamen seinerzeit, weil sie in Krisengebieten um ihr Leben fürchten mußten oder politisch verfolgt wurden. Für ca. 30.000 in Deutschland lebende Flüchtlinge heißt es Ende des Jahres Abschied nehmen. Insbesondere für die, die es auch nach vielen Jahren nicht geschafft haben, sich ohne Unterstützung des Steuer-Michel selbst zu ernähren. Genau das will der Berliner SPD-Innensenator Körting (Foto) jetzt verhindern.
http://www.pi-news.net/2009/11/berlin-koerting-will-fluechtlinge-nicht-abschieben/

Union erwägt Verlängerung des Bleiberechts
BREMEN. Die Union will offenbar die Bleiberechtsfrist für geduldete Ausländer um zwei Jahre verlängern. Nach einem Bericht des „Weser-Kuriers“ hätten die CDU/CSU-Bundestagsfraktion sowie die unionsgeführten Bundesländer einen entsprechenden Vorschlag erarbeitet, der beim Treffen der Innenminister von Bund und Ländern in dieser Woche diskutiert werden solle.
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display.154+M592278a243e.0.html

Offenbacher Ordnungsamt will notorischen Nichtzahlern das ungeahndete Falschparken erschweren
Bis zu 96 Knöllchen ignoriert
[Man sollte sich durch den Hinweis auf den Deutschen nicht von den eigentlichen Haupt-Tätergruppen ablenken lassen]
http://www.op-online.de/nachrichten/offenbach/knoellchen-ignoriert-547365.html

Offenbach
36jähriger verurteilt wegen Kreditbetrugs
Gehalt frisiert
[Dubiose Geschäfte von Balkan-Einwanderern]
http://www.op-online.de/nachrichten/offenbach/gehalt-frisiert-546837.html

Das Hobby eines grünen Fahnenpinklers
Der 24jährige Student Ario Ebrahimpour Mirzaie bringt alle nötigen Voraussetzungen mit, eines Tages mal ein richtig großer Politiker zu werden, solange wenigstens wie der Multikulturalismus noch als die vorherrschende bundesrepublikanische Staatsdoktrin gilt. Er hat mohammedanischen MiHiGru (Migrationshintergrund), studiert in Berlin Politikwissenschaft, haßt grundsätzlich alles was mit „deutsch“ zu tun haben könnte.
http://www.pi-news.net/2009/11/das-hobby-eines-gruenen-fahnenpinklers/

Ario Ebrahimpour Mirzaie – Rede auf der Europa-BDK in Dortmund zur Zukunft der EU
http://www.youtube.com/watch?v=tUL04A0Xk4Y

Wohnideen für „Weltbürger“ ...
Schiffscontainer
Der neue Wohn-Trend
http://www.faz.net/s/Rub8E0FC0CD826A4ACA80504FD9153A70F2/Doc~E85D3CD207382448A8F2399C47044CFA7

lundi, 07 décembre 2009

Oswald Spengler - Der optimistische Pessimist

Oswald Spengler – Der optimistische Pessimist

Geschrieben von: Daniel Bigalke   

Ex: http://www.blauenarzisse.de/

 

Oswald SpenglerDie Auseinandersetzung mit Oswald Spengler (1880–1936), dem begeisterten und zugleich leidenden Philosophen des Schicksals und dem Vertreter der „Konservativen Revolution“, hat wieder Hochkonjunktur. Was vor über 80 Jahren eindrucksvoll im „Untergang des Abendlandes“ (1918) begann, in „Preußentum und Sozialismus“ (1919) die Abrechnung mit dem Marxismus praktizierte und ihm einen deutschen ethischen Sozialismus entgegensetzte, endete mit Spenglers letztem Werk „Jahre der Entscheidung“ (1933). Dieses prophezeite die heutigen politischen und ökologischen Krisen der globalisierten Welt und ihrer Wirtschaft.

Spengler war mehr als der pessimistische Prophet des Untergangs: Er war Dichterphilosoph, Visionär, Tatsachenmensch und Außenseiter. Als dieser ergriff er Partei gegen die Nationalsozialisten, um nach Hitlers Vorgehen z.B. gegen Edgar J. Jung und gegen die konservative Opposition am 30. Juni 1934 Ekel gegenüber der Geistlosigkeit des „braunen Haufens“ zu empfinden. Spenglers Werk ordnet sich charakteristisch in die deutsche Geistesgeschichte überhaupt ein. Man erkennt dies an den darin vorkommenden Dualitäten: Ambivalenz zwischen Politischem und Unpolitischem, Kultur und Zivilisation, Pessimismus und Aktivismus, dogmatischer Religiosität und tieferer Spiritualität.

Spengler, geboren im anhaltinischen Blankenburg, verstand sich als Überwinder des eurozentrischen Weltbildes. Die abendländische Kultur habe ihren Höhepunkt erreicht. Als Zivilisation, der Ära des entgrenzten und mit mächtigen exekutiven Befugnissen ausgestatteten Cäsarismus, gerate ihr Demokratismus zur Farce bloßer Parolen, die vom Pfad freiheitlicher Ansprüchen abgekommen ist. Damit personifiziert Spengler eine geistige und politische Zeitenwende, wie wir sie heute nach dem 11. September 2001 ähnlich erleben. Der Parteienstaat erhält sich durch trockene Parolen, die Staatsexekutive überwacht wesentliche Lebensbereiche. Ihre demokratistische Ideologie gerät zum zivilreligiösen Dogma und ruft zugleich die politische Fundamentalopposition auf den Plan.Spengler selbst ging es um einen oppositionellen Genius, der urteilsfähig und mit ganzheitlichem Bewußtsein ausgestattet den profanen Parteihader überwindet.

Ob Spengler damit heute Parteigänger eines politischen „Extremismus“ wäre, muß dahingestellt bleiben. Allein formale Begriffe und diskriminierende Kategorien können das Wesen der Welt nicht umfassend erschließen. Spengler stand an der Wegegabelung von ideellem Überbau und kreativem Ekel an der Realität. Womöglich war es jener Zwiespalt, der seine reifen Urteile ermöglichte, die in seinem Hauptwerk „Der Untergang des Abendlandes“ artikuliert werden.

Konservative Revolution und aktive Metapolitik

Edgar Julius Jung (1894-1934), Verfasser der am 17. Juni 1934 von Franz von Papen gehaltenen Marburger Rede vor Studenten, welche für Jung zum tödlichen Verhängnis werden sollte, schrieb noch kurz vor seiner Ermordung über den zurückgezogenen Spengler: „Persönlich Stolzeres und menschlich doch Weheres, aber auch sachlich Gerechteres und geschichtlich Gültigeres dürfte in den letzten 15 Jahren kaum von einem zweiten Zeitgenossen deutscher Zunge geschrieben worden sein.“ Der „Untergang des Abendlandes“ ist mehr als nur eine Kulturphilosophie, er ist in hohem Maße Träger einer politischen Botschaft, im Kern ein geschichtsspekulatives System, welches deutsche Denker nach Hegel wohl kaum wieder derartig in Angriff nahmen. Spengler war ein unpolitischer Intellektueller, der sich abseits der Politik hielt und sein Heil in höheren Sphären suchte.

Literaturempfehlungen

Lisson, Frank 2005. Oswald Spengler. Philosoph des Schicksals. 150 Seiten. Schnellroda

Sonderheft Mai 2005 der Sezession zu Oswald Spengler

Spengler, Oswald zuletzt 2007. Der Untergang des Abendlandes. Umrisse der Morphologie der Weltgeschichte. 740 Seiten. Marixverlag. Wiesbaden

In intellektueller und sozialer Hinsicht kann man ihn vor 1918, vor Erscheinen dieses Buches, als einen „declassé“ betrachten, bis er schließlich nach Erscheinen desselben in ein verzweigtes Netzwerk industrieller, politischer und paramilitärischer Kreise aufgenommen wurde, das sich in drei Machtzentren des Deutschen Reiches konzentrierte: Berlin, Ruhrgebiet, München. In ihm weitete Spengler seine „konservativ-revolutionäre“ Geisteshaltung aus und praktizierte gleichsam aktive Metapolitik. Metapolitik möchte mit dem Schaffen eines geistig-kulturellen Überbaus auf das politische Geschehen einwirken, ohne sich in tagesaktuellen Debatten zu verlieren. So gilt die Einkehr ins eigene Innere als Notwendigkeit für ein Wirken in der Welt. Wissen und gar Weisheit ist nicht von denen zu erwarten, die nicht auch ernsthaft an sich selbst gearbeitet, eigene Motivationen und Leidenschaften erkannt und in ihren Konsequenzen reflektiert und optimiert haben. Metapolitik artikuliert neue politische Methoden und Inhalte. Sie reflektiert, was hinter der Politik steht.

Wenn Metapolitik auf existentielle Erfahrungen und Beobachtungen, wie die Furcht vor einem neuerlichen Zusammenbruch einer haltgebenden Ordnung, zurückgreift, dann kann dies ganz neue, tiefgründige Zusammenhänge erschließen und kann das Krisenbewußtsein schärfen.

Der Schlüssel zum Verständnis des „Untergangs des Abendlandes“

Spengler war sensibel für soziale und kulturelle Entwicklungen in Deutschland. Sein Kulturpessimismus umschließt die Dekadenz und das Spätzeitbewußtsein, die gespannte Beziehung zwischen Geist, Macht und Modernitätskrise. Seine persönlichen Enttäuschungen und Ressentiments kehrten sich gegen die Kultur und deren offizielle Repräsentanten. Spenglers eigene Tragödie als Mensch trug alle Farben seiner Zeit: “...den Kult des einsamen, des Fremdlings (...), die Begierde zu leiden, den Narzismus der Schwarzen Romantik. (...) Er versteht: es gibt keine Erkenntnis, kein Glück (...), es gibt nur Werden und Wollen.” So schrieb Koktanek in seiner Biographie von 1968.

Spengler entzog sich aber auch im „Untergang“ nicht den direkt politischen Inhalten. Er kompensierte seine innere Zerrissenheit und sein Unvermögen tatsächlicher Teilhabe am Leben durch seine Mystik, durch sein allumfassendes Lebensprinzip, schlichtweg durch seine Lebensphilosophie. Er bezweckte damit die Verschiebung deutscher Mentalitäten nach seinen Ambitionen, um der Gefährdung der tradierten Kultur durch Massenhaftigkeit, Mechanisierung und durch Ökonomismus entgegenzuwirken. Wissenschaft konnte Gesetze erweisen, aber nicht die ersehnte Gewißheit erzeugen. Der „Untergang“ ist ein Werk, welches diese Gewißheit zu schaffen in Angriff nahm.

Die Zeitenwende

Spengler spürte darin die Polaritäten des Lebens: Ich und Welt, Mikrokosmos und Makrokosmos, das Eigene und das Fremde, Geburt und Weltangst. So betrachtet er das Leben aus der Perspektive des Geworfenseins: „Ein Denker ist ein Mensch, dem es bestimmt war, durch das eigene Schauen und Verstehen die Zeit symbolisch darzustellen. Er hat keine Wahl. Er denkt, wie er denken muß, und wahr ist für ihn, was als Bild seiner Welt mit ihm geboren wurde.“ Seine konservative Weltanschauung trug die Konturen einer politischen Haltung, die weniger durch einen streng wissenschaftlichen sondern vielmehr durch einen poetisch-intuitiven Zugriff gegen die verhaßte Entseelung seiner Zeit ankämpfte. Die Konzentration auf mythische Phänomene, die Wahrnehmung des künftig Notwendigen und der Drang, all jenes politisch mitzuteilen, führten zu einer spezifischen Motivation und zu einer einmaligen Ausdrucksweise, wie sie sich nur bei Spengler findet.

Konservative Weltanschauung durch einen poetisch-intuitiven Zugriff

Die „Konservativen Revolutionäre“, darunter Spengler, können als die geistige Vorhut auf der Suche nach neuen Sicherheiten verstanden werden. Spengler entwickelte darunter eine antiintellektuelle und vitalistische Lebensphilosophie. Er wurde konfrontiert mit der Entstehung eines neuen Mittelstandes, der sich zusehends über Massenpolitik und Interessenverbände zu artikulieren wußte. Dadurch entstand der Druck auf die konservative Elite, die – zu recht – einstige Kulturideale wie Harmonie zwischen Innerlichkeit und Welt, Formkraft und Beseelung sowie Metaphysik verloren gehen sah oder, um mit Spengler zu reden, diese zur „Zivilisation“ erstarren sah. Daraus resultiert kompensatorisch eine überspannt subjektive Weltdeutung, die der eigenen Intuition mehr vertraut als wissenschaftlichen Methoden.

Die Denker der „Konservativen Revolution“ hatten ein solches Bewußtsein, welches in Anlehnung an Kants transzendentale Wende und Fichtes Subjektphilosophie als jenes Bewußtsein gekennzeichnet werden kann, das mehr denn je das „Spezifisch Deutsche“ im Denken war und ist. Eine fortschreitende Entzweiung des Lebens wurde befürchtet. Dabei ging es den Deutschen, wie aus heutiger Sicht leichtfertig behauptet, nicht um eine konservative Verlängerung der linken Gesellschaftskritik, sondern vielmehr um die praktische Handhabung gesellschaftlicher und sozialer Umbrüche in Deutschland, welchen man eine deutsche Geistes- und Politikalternative entgegenstellte. In Deutschland eben leisteten sich damals wie heute die Gebildeten fern der politischen Praxis die Radikalität des reinen Gedankens. Das macht die deutsche Besonderheit aus. Georg Quabbe, auch „Konservativer Revolutionär“, hätte dazu gesagt: So sind wir! Und deshalb handeln wir danach!

Wir können Spengler einen optimistischen Pessimisten nennen, der wenig von der „demokratischen“ Litanei oberflächlicher Unverbindlichkeit hielt, sondern seine Hände unter emotionaler Wahrnehmung des existenziellen Fundamentalcharakters des Lebens strapazierte und beschmutzte, um eine demgemäße politische Ordnung zu schaffen. Es bleibt zu hoffen, daß innovative Menschengruppen zu dieser Kategorie Mensch aufsteigen.

 

dimanche, 06 décembre 2009

Armin Mohler: discipulo de Sorel e teorico da vida concreta

arminmohler.jpgArmin Mohler: discípulo de Sorel e teórico da vida concreta

Ex: http://europapatrianostra.wordpress.com/

O “mito”, como a “representação de uma batalha”, surge espontaneamente e exerce um efeito mobilizador sobre as massas, incute-lhes uma “fé” e torna-as capazes de actos heróicos, funda uma nova ética: essas são as pedras angulares do pensamento de Georges Sorel (1847-1922). Este teórico político, pelos seus artigos e pelos seus livros, publicados antes da primeira guerra mundial, exerceu uma influência perturbante tanto sobre os socialistas como sobre os nacionalistas.

Contudo, o seu interesse pelo mito e a sua fé numa moral ascética foram sempre – e continuam a sê-lo apesar do tempo que passa – um embaraço para a esquerda, da qual ele se declarava. Podemos ainda observar esta reticência nas obras publicadas sobre Sorel no fim dos anos 60. Enquanto algumas correntes da nova esquerda assumiram expressamente Sorel e consideravam que a sua apologia da acção directa e as suas concepções anarquizantes, que reclamavam o surgimento de pequenas comunidades de “produtores livres”, eram antecipações das suas próprias visões, a maioria dos grupos de esquerda não via em Sorel mais que um louco que se afirmava influenciado por Marx inconscientemente e que trazia à esquerda, no seu conjunto, mais dissabores que vantagens. Jean-Paul Sartre contava-se assim, evidentemente, entre os adversários de Sorel, trazendo-lhes a caução da sua notoriedade e dando, ipso facto, peso aos seus argumentos.

Quando Armin Mohler, inteiramente fora dos debates que agitavam as esquerdas, afirmou o seu grande interesse pela obra de Sorel, não foi porque via nele o “profeta dos bombistas” (Ernst Wilhelm Eschmann) nem porque acreditava, como Sorel esperara no contexto da sua época, que o proletariado detivesse uma força de regeneração, nem porque estimava que esta visão messiânica do proletariado tivesse ainda qualquer função. Para Mohler, Sorel era um exemplo sobre o qual meditar na luta contra os efeitos e os vectores da decadência. Mohler queria utilizar o “pessimismo potente” de Sorel contra um “pessimismo debilitante” disseminado nas fileiras da burguesia.

Rapidamente Mohler criticou a “concepção idílica do conservantismo”. Ao reler Sorel percebeu que é perfeitamente absurdo querer tudo “conservar” quando as situações mudaram por todo o lado. A direita intelectual não deve contentar-se em pregar simplesmente o bom-senso contra os excessos de uma certa esquerda, nem em pregar a luz aos partidários da ideologia das Luzes; não, ela deve mostrar-se capaz de forjar a sua própria ideologia, de compreender os processos de decadência que se desenvolvem no seu seio e de se desembaraçar deles, antes de abrir verdadeiramente a via a uma tradução concreta das suas posições.

Uma aversão comum aos excessos da ética da convicção

Quando Mohler esboça o seu primeiro retrato de Sorel, nas colunas da revista Criticón, em 1973, escreve sem ambiguidades que os conservadores alemães deveriam tomar esse francês fora do comum como modelo para organizar a resistência contra a “desorganização pelo idealismo”. Mohler partilhava a aversão de Sorel contra os excessos da ética da convicção. Vimo-la exercer a sua devastação na França de 1890 a 1910, com o triunfo dos dreyfusards e a incompreensão dos Radicais pelos verdadeiros fundamentos da Cidade e do Bem Comum, vimo-la também no final dos anos 60 na República Federal, depois da grande febre “emancipadora”, combinada com a vontade de jogar abaixo todo o continuum histórico, criminalizando sistematicamente o passado alemão, tudo taras que tocaram igualmente o “centro” do tabuleiro político.

Para além destas necessidades do momento, Mohler tinha outras razões, mais essenciais, para redescobrir Sorel. O anti-liberalismo e o decisionismo de Sorel haviam impressionado Mohler, mais ainda do que a ausência de clareza que recriminamos no pensamento soreliano. Mohler pensava, ao contrário, que esta ausência de clareza era o reflexo exacto das próprias coisas, reflexo que nunca é conseguido quando usamos uma linguagem demasiado descritiva e demasiado analítica. Sobretudo “quando se trata de entender elementos ou acontecimentos muito divergentes uns dos outros ou de captar correntes contrárias, subterrâneas e depositárias”. Sorel formulou pela primeira vez uma ideia que muito dificilmente se deixa conceptualizar: as pulsões do homem, sobretudo as mais nobres, dificilmente se explicam, porque as soluções conceptuais, todas feitas e todas apropriadas, que propomos geralmente, falham na sua aplicação, os modelos explicativos do mundo, que têm a pretensão de ser absolutamente completos, não impulsionam os homens em frente mas, pelo contrário, têm um efeito paralisante.

Ernst Jünger, discípulo alemão de Georges Sorel

Mohler sentiu-se igualmente atraído pelo estilo do pensamento de Sorel devido à potencialidade associativa das suas explicações. Também estava convencido que este estilo era inseparável da “coisa” mencionada. Tentou definir este pensamento soreliano com mais precisão com a ajuda de conceitos como “construção orgânica” ou “realismo heróico”. Estes dois novos conceitos revelam a influência de Ernst Jünger, que Mohler conta entre os discípulos alemães de Sorel. Em Sorel, Mohler reencontra o que havia anteriormente descoberto no Jünger dos manifestos nacionalistas e da primeira versão do Coração Aventureiro (1929): a determinação em superar as perdas sofridas e, ao mesmo tempo, a ousar qualquer coisa de novo, a confiar na força da decisão criadora e da vontade de dar forma ao informal, contrariamente às utopias das esquerdas. Num tal estado de espírito, apesar do entusiasmo transbordante dos actores, estes permanecem conscientes das condições espacio-temporais concretas e opõem ao informal aquilo que a sua criatividade formou.

O “afecto nominalista”

O que actuava em filigrana, tanto em Sorel como em Jünger, Mohler denominou “afecto nominalista”, isto é, a hostilidade a todas as “generalidades”, a todo esse universalismo bacoco que quer sempre ser recompensado pelas suas boas intenções, a hostilidade a todas as retóricas enfáticas e burlescas que nada têm a ver com a realidade concreta. É portanto o “afecto nominalista” que despertou o interesse de Mohler por Sorel. Mohler não mais parou de se interessar pelas teorias e ideias de Sorel.

Em 1975 Mohler faz aparecer uma pequena obra sucinta, considerada como uma “bio-bibliografia” de Sorel, mas contendo também um curto ensaio sobre o teórico socialista francês. Mohler utilizou a edição de um fino volume numa colecção privada da Fundação Siemens, consagrado a Sorel e devida à pluma de Julien Freund, para fazer aparecer essas trinta páginas (imprimidas de maneira tão cerrada que são difíceis de ler!) apresentando pela primeira vez ao público alemão uma lista quase completa dos escritos de Sorel e da literatura secundária que lhe é consagrada. A esta lista juntava-se um esboço da sua vida e do seu pensamento.

Nesse texto, Mohler quis em primeiro lugar apresentar uma sinopse das fases sucessivas da evolução intelectual e política de Sorel, para poder destacar bem a posição ideológica diversificada deste autor. Esse texto havia sido concebido originalmente para uma monografia de Sorel, onde Mohler poria em ordem a enorme documentação que havia reunido e trabalhado. Infelizmente nunca a pôde terminar. Finalmente, Mohler decidiu formalizar o resultado das suas investigações num trabalho bastante completo que apareceu em três partes nas colunas da Criticón em 1997. Os resultados da análise mohleriana podem resumir-se em 5 pontos:

Uma nova cultura que não é nem de direita nem de esquerda

1. Quando falamos de Sorel como um dos pais fundadores da Revolução Conservadora reconhecemos o seu papel de primeiro plano na génese deste movimento intelectual que, como indica claramente o seu nome, não é “nem de direita nem de esquerda” mas tenta forjar uma “nova cultura” que tomará o lugar das ideologias usadas e estragadas do século XIX. Pelas suas origens este movimento revolucionário-conservador é essencialmente intelectual: não pode ser compreendido como simples rejeição do liberalismo e da ideologia das Luzes.

2. Em princípio, consideramos que os fascismos românicos ou o nacional-socialismo alemão tentaram realizar este conceito, mas estas ideologias são heresias que se esquecem de levar em consideração um dos aspectos mais fundamentais da Revolução Conservadora: a desconfiança em relação às ideias que evocam a bondade natural do homem ou crêem na “viabilidade” do mundo. Esta desconfiança da RC é uma herança proveniente do velho fundo da direita clássica.

3. A função de Sorel era em primeiro lugar uma função catalítica, mas no seu pensamento encontramos tudo o que foi trabalhado posteriormente nas distintas famílias da Revolução Conservadora: o desprezo pela “pequena ciência” e a extrema valorização das pulsões irracionais do homem, o cepticismo em relação a todas as abstracções e o entusiasmo pelo concreto, a consciência de que não existe nada de idílico, o gosto pela decisão, a concepção de que a vida tranquila nada vale e a necessidade de “monumentalidade”.

Não há “sentido” que exista por si mesmo.

4. Nesta mesma ordem de ideias encontramos também esta convicção de que a existência é desprovida de sentido (sinnlos), ou melhor: a convicção de que é impossível reconhecer com certeza o sentido da existência. Desta convicção deriva a ideia de que nunca fazemos mais que “encontrar” o sentido da existência forjando-o gradualmente nós próprios, sob a pressão das circunstâncias e dos acasos da vida ou da História, e que não o “descobrimos” como se ele sempre tivesse estado ali, escondido por detrás do ecrã dos fenómenos ou epifenómenos. Depois, o sentido não existe por si mesmo porque só algumas raras e fortes personalidades são capazes de o fundar, e somente em raras épocas de transição da História. O “mito”, esse, constitui sempre o núcleo central de uma cultura e compenetra-a inteiramente.

5. Tudo depende, por fim, da concepção que Sorel faz da decadência – e todas as correntes da direita, por diferentes que sejam umas das outras, têm disso unanimemente consciência – concepção que difere dos modelos habituais; nele é a ideia de entropia ou a do tempo cíclico, a doutrina clássica da sucessão constitucional ou a afirmação do declínio orgânico de toda a cultura. Em «Les Illusions du progrès» Sorel afirma: “É charlatanice ou ingenuidade falar de um determinismo histórico”. A decadência equivale sempre à perda da estruturação interior, ao abandono de toda a vontade de regeneração. Sem qualquer dúvida, a apresentação de Sorel que nos deu Mohler foi tornada mais mordaz pelo seu espírito crítico.

Uma teoria da vida concreta imediata

Contudo, algumas partes do pensamento soreliano nunca interessaram Mohler. Nomeadamente as lacunas do pensamento soreliano, todavia patentes, sobretudo quando se tratou de definir os processos que deveriam ter animado a nova sociedade proletária trazida pelo “mito”. Mohler absteve-se igualmente de investigar a ambiguidade de bom número de conceitos utilizados por Sorel. Mas Mohler descobriu em Sorel ideias que o haviam preocupado a ele também: não se pode, pois, negar o paralelo entre os dois autores. As afinidades intelectuais existem entre os dois homens, porque Mohler como Sorel, buscaram uma “teoria da vida concreta imediata” (recuperando as palavras de Carl Schmitt).

Karlheinz Weissmann traduzido por Rodrigo Nunes

causanacional.net

samedi, 05 décembre 2009

PRESSESCHAU (Dez. , 1)

Presseschau (Dezember 1)

Einige Links. Bei Interesse anklicken...

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Zur Diskussion um die „neuen Deutschen“ ...

Nicht Rassen, sondern Völker sind die Träger der geschichtlichen Entwicklung. Völker oder Ethnien, wie der wissenschaftliche Terminus lautet, sind menschliche „Dauergemeinschaftsformen“ (Willy Hellpach), die sich durch eine gemeinsame Geschichte, Kultur und meist auch Sprache sowie ein aus dem Bewußtsein der gemeinsamen Herkunft und Verwandtschaft resultierendes Zusammengehörigkeitsgefühl auszeichnen. Die einzelnen Faktoren der ethnischen Zugehörigkeit können von Fall zu Fall von unterschiedlichem Gewicht sein; so ist z.B. bei manchen Völkern die Religionszugehörigkeit wichtiger als die Sprache. Die Historiker und Ethnologen betonen vor allem die subjektive Seite der ethnischen Identität, den Glauben an eine gemeinsame Abstammung und das „Wir-Gefühl“. Dagegen ist für die Anthropologie in erster Linie die bevölkerungsbiologische Seite von Völkern als Abstammungs- und Fortpflanzungsgemeinschaften von Belang: Völker zeichnen sich durch einen hohen Grad von Endogamie aus. Das heißt: Menschen heiraten vor allem innerhalb ihres eigenen Volkes und nur selten über die Volks- und Sprachgrenzen hinaus.
kranten.jpgDer Prozeß der Umbildung und Neuentstehung ethnischer Gruppen wird Ethnogenese genannt. Die konkreten Ereignisse und Prozesse, die zur Entstehung neuer ethnischer Gruppen führen, sind geschichtlich-politischer Art, wie z.B. durch den freiwilligen Zusammenschluß mehrerer Stämme, durch Abspaltung von einem größeren Volk oder durch Eroberung und Unterwerfung einer anderen Bevölkerung. Allerdings ist die Anthropologie dabei nicht ganz bedeutungslos. Es besteht die Tendenz, daß sich kulturell und anthropologisch nahestehende Völker leichter zu neuen ethnischen Einheiten zusammenschließen als einander fernstehende. Zur Verschmelzung eher fremder Gruppen kommt es im allgemeinen nur im Anschluß an Eroberungen, und zwar meistens ungewollt – die Eroberer schotten sich in der Regel durch Heiratsverbote von den Unterworfenen ab – und nur über längere Zeiträume hinweg. Selbst die striktesten Heiratsgrenzen zwischen Eroberern und Unterworfenen werden schließlich durch die männliche Sexualität unterlaufen.
Einige Historiker und Ethnologen sehen die gemeinsame Abstammung einer Ethnie als nicht real an, als ein nachträgliches kulturelles Konstrukt zur Stabilisierung der ethnischen Identität, und betonen die oft heterogenen Ursprünge von Ethnien. Die Auffassung von Völkern als genealogischen Abstammungsgemeinschaften steht jedoch nicht im Widerspruch zu der Tatsache, daß viele Völker unterschiedliche anthropologische Elemente in sich aufgenommen haben. Die genealogische Einheit wird ja durch die Endogamie innerhalb des Volkes kontinuierlich hergestellt. Wer z.B. heute in Deutschland einen hugenottischen Namen trägt, hat unter seinen Vorfahren nur eine kleine Minderheit von französischen Ahnen, ist also auch biologisch ein Deutscher und kein Franzose.
Außerdem findet die Verschmelzung unterschiedlicher ethnischer Gruppen nicht wahllos statt, sondern geht als Assimilation durch ein ethnisch-kulturelles „organisierendes Zentrum“ (Wilhelm Emil Mühlmann) oder einen „Traditionskern“ (Reinhard Wenskus) vor sich. Die assimilierten Bevölkerungsteile nehmen die ethnische Identität des Traditionskernes an und verschmelzen gleichzeitig mit ihm durch Einheirat. So bedeutet Ethnogenese aus biologischer Sicht die Entstehung einer neuen Fortpflanzungsgemeinschaft durch die Aufhebung alter und die Errichtung neuer Fortplanzungsschranken sowie die daraus resultierende Umgliederung der anthropologischen Struktur einer Bevölkerung. Mit der Einschmelzung Fremder ändern die Völker ihre Gestalt und ihr Wesen – ein Vorgang, den man Ethnomorphose nennt.
(...)
Durch die Endogamie innerhalb eines Volkes und die Heiratsgrenzen gegen andere Völker entstehen neue kennzeichnende Merkmalskombinationen. Zu ihnen trägt auch die gemeinsame ökologische und kulturelle Umwelt bei. Auf genotypischer Ebene ist die Folge, daß die ethnische Zugehörigkeit eines Individuums aufgrund seiner genetischen Merkmale sehr genau bestimmt werden kann. Die sichtbaren Unterschiede auf phänotypischer Ebene werden von den Menschen mehr oder weniger bewußt wahrgenommen; sie sind als Selbst- und Fremdstereotypen Teil ihrer kulturellen Identität. Auf diese Weise hat jedes Volk einen als charakteristisch empfundenen morphologischen Norm- oder Idealtypus sowie eine mehr oder minder große Variationsbreite von nicht mehr unbedingt als typisch, aber auch noch nicht als fremd empfundenen Merkmalskombinationen. Dabei sind die Überschneidungen innerhalb Europas groß. Andere, im eigenen Volk nicht vorkommende Merkmale und Merkmalskombinationen werden als fremdartig wahrgenommen. (...)

(Andreas Vonderach: Anthropologie Europas. Völker, Typen und Gene vom Neandertaler bis zur Gegenwart, Graz 2008, S. 29 ff.)

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Essay
Die Grenzen des Gehorsams
Von Siegfried F.Storbeck
Die letzten Bundeswehrsoldaten mit Weltkriegserfahrung treten ab. Politik und militärische Ethik: Gedanken zum Soldatsein im Wechsel unserer Geschichte
http://www.welt.de/die-welt/debatte/article5297461/Die-Grenzen-des-Gehorsams.html

Informationspanne
Guttenberg wurden neun Berichte vorenthalten
Verteidigungsminister Karl-Theodor zu Guttenberg will den Luftangriff auf zwei Tanklaster in Afghanistan neu bewerten. Neun Berichte und Einschätzungen seien ihm vorenthalten worden, erklärte er. Rücktritts-Spekulationen um seinen Vorgänger Franz Josef Jung erhalten neue Nahrung: Der will sich um 13.30 Uhr abermals zur Lage erklären.
http://www.welt.de/politik/deutschland/article5346869/Guttenberg-wurden-neun-Berichte-vorenthalten.html

Bundesarbeitsminister
Franz Josef Jung – Schnellster Rücktritt aller Zeiten
Franz Josef Jung (CDU) war gerade einen ganzen Monat als Arbeitsminister im Amt. Der frühere Bundesverteidigungsminister legte damit den schnellsten Rücktritt in der Geschichte der deutschen Bundesminister hin. Die Opposition sieht die schwarz-gelbe Koalition jetzt in einer Regierungskrise.
http://www.welt.de/politik/article5349204/Franz-Josef-Jung-Schnellster-Ruecktritt-aller-Zeiten.html
http://www.welt.de/politik/article5351164/Ursula-von-der-Leyen-wird-Arbeitsministerin.html

Steinbach und Westerwelle
Vier-Augen-Gespräch bringt keine Annäherung
Außenminister Guido Westerwelle und Vertriebenen-Präsidentin Erika Steinbach haben sich zu einem Gespräch unter vier Augen getroffen. Steinbach wollte für ihren Posten im Beirat der Stiftung „Flucht, Vertreibung, Versöhnung“ werben. Doch Westerwelle machte klar, daß er Steinbachs Berufung nicht akzeptieren wird.
http://www.welt.de/politik/deutschland/article5343243/Vier-Augen-Gespraech-bringt-keine-Annaeherung.html

Massiver Streit im FDP-Forum über Erika Steinbach
http://forum.fdp-bundesverband.de/read.php?4,1226315

Berlins Ex-Finanzsenator
Thilo Sarrazins Polemik war nicht strafbar
Der Bundesbanker und frühere Finanzsenator von Berlin, Thilo Sarrazin, hat gegenüber dem Magazin „Lettre International“ nur seine Meinung geäußert und keine Straftat begangen. Das bescheinigte ihm nun die Berliner Staatsanwaltschaft. Der Vorwurf der Volksverhetzung ist vom Tisch. Sarrazin hatte mit seinen polemischen Äußerungen über Ausländer Empörung ausgelöst.
http://www.welt.de/berlin/article5278380/Thilo-Sarrazins-Polemik-war-nicht-strafbar.html

Schäuble: 100.000-Euro-Frage, zweiter Versuch: Wieder die falsche Antwort
http://gesamtrechts.wordpress.com/2009/11/21/100-000-euro-frage-zweiter-versuch-wieder-die-falsche-antwort/

Frankreich testet die diskriminierungsfreie anonyme Bewerbung
http://gesamtrechts.wordpress.com/2009/11/21/absurdistan-nachste-folge-frankreich-testet-die-diskriminierungsfreie-anonyme-bewerbung/

„Vandalismus“ bei der Deutschen Bahn hat stark zugenommen
http://nachrichten.rp-online.de/article/panorama/Vandalismus-bei-der-Deutschen-Bahn-hat-stark-zugenommen/59369
http://www.spiegel.de/panorama/justiz/0,1518,662810,00.html

Hessens Schulden
Hessen hat dreimal soviel Schulden wie Vermögen
http://nachrichten.rp-online.de/article/politik/Hessen-hat-dreimal-so-viel-Schulden-wie-Vermoegen/59087
http://www.faz.net/s/Rub5785324EF29440359B02AF69CB1BB8CC/Doc~E28C4DB27902B4F4AB688D87ED0F27FBE~ATpl~Ecommon~Scontent.html?rss_googlenews

Vereinigte Arabische Emirate
Ex-Boomstadt Dubai taumelt am Rand der Pleite
Das höchste Gebäude der Welt, eine Palme im Meer – Dubai hat sich mit seinen gigantischen Bauprojekten offenbar schwer verhoben. Das einstige Boom-Emirat kann seinen finanziellen Verpflichtungen zur Zeit nicht nachkommen und bat seine Gläubiger um Zahlungsaufschub. Die Märkte reagierten schockiert.
http://www.welt.de/finanzen/article5333645/Ex-Boomstadt-Dubai-taumelt-am-Rand-der-Pleite.html

Auto-Brandstiftungen
Debatte über Gentifizierung und miltanten Protest
Es brennt
http://www.taz.de/regional/berlin/aktuell/artikel/1/es-brennt/

Dazu ein Kommentar ...
Diskussionsveranstaltung: Zündeln für den guten Zweck?
Von Baal Müller
Es könnte ja auch mal so sein: Eine rechtsalternative Berliner Zeitung lädt in Ihrem hauseigenen Café zu einer Diskussion über das Für und Wider des Anzündens von Autos. Seit einigen Jahren ist es in der Hauptstadt nämlich üblich, daß jeden Tag Autos abgefackelt werden, deren Besitzer einen Migrationshintergrund haben – die Täter sind junge Aktivisten der rechtsautnomen Szene, die auf diese Weise gegen Überfremdung protestieren.
http://www.sezession.de/9254/diskussionsveranstaltung-zuendeln-fuer-den-guten-zweck.html

Stasi-Vorwürfe
Vize-Präsidentin des Brandenburger Landtags, Gerlinde Stobrawa (Linke), lässt Amt ruhen
http://www.tagesspiegel.de/berlin/Brandenburg-Gerlinde-Stobrawa-Linke-Stasi;art128,2961244

Lesenswerter SPIEGEL-Artikel aus dem Jahr 1961 ...
ZWEITER WELTKRIEG
Standhafter Eduard
ZEITGESCHICHTE
Mit der Gewandtheit professioneller Geheimagenten kletterten zwei Männer über die Mauer in den Garten einer der vornehmsten Villen von Lissabon. Die Eindringlinge schlichen sich an das Haus heran und holten aus ihren Manteltaschen mittelgroße Steine. Sekunden später zerriß das Splittern von Fensterscheiben die nächtliche Stille. Man schrieb den 30. Juli 1940.
Die aufgeschreckte Dienerschaft der Villa kolportierte das Gerücht, der nächtliche Anschlag sei ein Werk des britischen Geheimdienstes. Ein Blumenstrauß, der kurze Zeit später abgegeben wurde, schien den Verdacht zu bestätigen. Auf der angehefteten Visitenkarte stand zu lesen: „Nehmen Sie sich vor den Intrigen des britischen Secret Service in acht! Von einem portugiesischen Freund, der es gut mit Ihnen meint.“
http://www.spiegel.de/spiegel/print/d-43159297.html

Le Corbusier
Großbaumeister des Faschismus
Seine Möbel sind Klassiker, seine Bauten Ikonen der Moderne. Jetzt belegen historische Dokumente: Le Corbusier, der große Schweizer Architekt und Designer, war auch Antisemit und ein Bewunderer Adolf Hitlers.
Von Philipp Gut
http://www.weltwoche.ch/ausgaben/2009-40/artikel-2009-40-grossbaumeister-des-faschismus.html

Leben mit den Toten
Schon 20.000 Tote hat er ausgegraben: Auf Schlachtfeldern des Zweiten Weltkriegs sucht Erwin Kowalke nach vermißten Soldaten. Anhand von Knochen, Brillen, Taschenuhren spürt der Umbetter der Identität der Toten nach. Er will den Angehörigen Gewißheit schenken – und einen Ort für ihre Trauer. Von Matthias Pankau
http://einestages.spiegel.de/external/ShowTopicAlbumBackground/a5541/l16/l0/F.html#featuredEntry

Menschenverachtender Artikel der BILD-Zeitung zum Begräbnis von Ritterkreuzträger Fritz Darges ...
Anonymes Begräbnis in Celle
Hitlers letzter Adjutant in diesem Loch verscharrt
http://www.bild.de/BILD/regional/hannover/aktuell/2009/11/19/hitlers-letzter-adjutant/in-diesem-loch-verscharrt.html

Wieder einmal eine Gedenkstätte, deren Einweihung zum Kampf gegen „Faschismus“ instrumentalisiert wird ...
Gedenkstele für Nazi-Opfer im Offenbacher Rebentisch-Zentrum
Ärzte wurden in Klinik zu Tätern
http://www.op-online.de/nachrichten/offenbach/aerzte-wurden-klinik-taetern-539041.html

Berichterstattung zur 6. KSA ...
Gallustheater
Studenten stören Debatte
Von Matthias Arning
Mit dem Slogan „Daniel redet vom Wetter, wir nicht“ haben Studenten am Donnerstagabend eine Veranstaltung zur Integrationsdebatte im Gallustheater gestört. Dies berichteten Augenzeugen übereinstimmend. Die Störer richteten sich gegen eine Veranstaltung von Nargess Eskandari-Grünberg, bei der die Integrationsdezernentin mit ihrem Kollegen Armin Laschet, dem Stadtplaner Albert Speer und dem Fraktionschef der Grünen im Europaparlament, Daniel Cohn-Bendit, diskutieren wollte.
http://www.fr-online.de/frankfurt_und_hessen/nachrichten/frankfurt/2093161_Gallustheater-Studenten-stoeren-Debatte.html

Tumulte beim Thema Integration
Veranstaltung im Frankfurter Gallustheater entwickelte sich hitzig
Von Michael Hörskens
(21.11.09) Frankfurt – Es war zu befürchten: Tumulte, böse Worte und offene Anfeindungen bestimmten phasenweise eine Diskussionsrunde zum Thema Integration und Einwanderung im Frankfurter Gallustheater. Auf dem Podium waren der Städteplaner Prof. Albert Speer, Frankfurts Ex-Integrationsdezernent Daniel Cohn-Bendit und der nordrhein-westfälische Integrationsminister Armin Laschet gerade dabei, tiefer in die Problematik einzusteigen, als eine Gruppierung von Integrationsskeptikern lautstark mit Megafon, Flugblättern und Transparenten ihre Meinung kundtat. „Die multikulturelle Gesellschaft ist hart, schnell, grausam und wenig solidarisch“ war da rot auf weiß auf einem Plakat zu lesen. Und: „Daniel redet vom Wetter – wir nicht“. Unterzeichnet von www.sezession.de
http://cms.frankfurt-live.com/front_content.php?idcat=60&idart=38566

Freie Wähler
Hübner will von Aufruhr nichts wissen
Von Matthias Arning
Für Olaf Cunitz ist die Angelegenheit nicht erledigt. „Herr Hübner muß seine Rolle klären“, sagt der Fraktionschef der Grünen über seinen Kollegen von den Freien Wählern. Augenzeugen könnten belegen, daß Hübner vor dem Diskussionsabend am vergangenen Donnerstag mit denen gesprochen habe, die später die Debatte gestört hatten. Bei der offiziellen Veranstaltung der Stadt ging es um den Entwurf für ein Integrationskonzept, den Dezernentin Nargess Eskandari-Grünberg (Grüne) Anfang Oktober vorgestellt hatte.
Bei der Veranstaltung mit Daniel Cohn-Bendit, Fraktionschef der Grünen im Europaparlament und früher Frankfurts Dezernent für Multikulturelle Angelegenheit, entrollten junge Männer ein Transparent mit dem auf ein Plakat der Studentenbewegung 1968 anspielenden Satz: „Daniel redet vom Wetter. Wir nicht.“ Sie selbst wiesen sich als Mitglieder der Gruppe „Sezession“ aus und verstehen ihr Stören als weitere „konservativ-subversive Aktion“.
http://www.fr-online.de/frankfurt_und_hessen/nachrichten/frankfurt/2098971_Freien-Waehler-Huebner-will-von-Aufruhr-nichts-wissen.html

Die neue Rechte in der Multikulti-Stadt
http://www.pflasterstrand.net/blog/aufgeschnappt/die-neue-rechte-in-der-multikulti-stadt/

Was nach der Aktion uns gehört
Von Götz Kubitschek
http://www.sezession.de/9286/was-nach-der-aktion-uns-gehoert.html

Verräterische Sätze – Nachklapp zur 6. ksa
Von Martin Lichtmesz
Über den Ablauf der ksa in Frankfurt kann man recht gut hier, etwas flachsinniger hier und antifantisch hier nachlesen. Ein paar Details möchte ich an dieser Stelle noch aus unserer Sicht ergänzen.
Da wäre zunächst anzumerken, daß es sich hier um eine Selbstgratulationsveranstaltung der übelsten Sorte gehandelt hat: gutgelaunte Podiumsteilnehmer, die sich gegenseitig duzen („lieber Dany“), die Schultern klopfen über das angeblich Erreichte, die einen politischen Wasserdampfslang pflegen, der letztlich darauf hinausläuft, daß Deutschland ein Einwanderungsland war, ist und sein wird, daß der Multkulturalismus nicht nur unvermeidlich sondern wünschenswert ist, daß „wir“ „uns“ von „alten Traditionen lösen müssen“, also die ganze rhetorische Palette des einfältigen „Vielfalt“-Gedöns.
http://www.sezession.de/9332/verraeterische-saetze-nachklapp-zur-6-ksa.html#more-9332

Besonders lesenswerter Artikel aus der „Süddeutschen“ ...
Mensch ärgere Dich
Er ist Sozialdemokrat, aber manche nennen ihn deutschnational. Der Bürgermeister des Berliner Bezirks Neukölln will zeigen, daß es mit einer Unterschicht Probleme gibt, die nie in Deutschland angekommen ist. Heinz Buschkowsky aus Berlin-Neukölln ist der umstrittenste Bürgermeister Deutschlands, weil er seit Jahren düsterste Botschaften verbreitet.
„Multikulti ist gescheitert“, verkündete er 2004. Was für ein Aufschrei der Entrüstung sich da erhob. Dito, als er später von „Parallelgesellschaft“ sprach. Heute wird deren Existenz nicht mehr angezweifelt, nur noch schöngeredet, von Leuten wie Günter Piening und Ülker Radziwill, aber zu denen später. Die vorerst letzte Bemerkung Buschkowskys galt dem geplanten Kinder-Betreuungsgeld: In der deutschen Unterschicht werde es versoffen, in der migrantischen käme, wenn überhaupt, die Oma; und die, muß man sich dazudenken, spricht kein Wort Deutsch und nützt dem Balg nicht viel.
http://jetzt.sueddeutsche.de/texte/anzeigen/491357

Was für eine grandiose Idee Frau Böhmer da doch wieder einmal hatte ...
Zuwanderer sollen sich zur Integration verpflichten
Integrationsbeauftragte plant Vertrag mit Rechten und Pflichten
Integration verbindlicher regeln: Zuwanderer sollen künftig einen Integrationsvertrag abschließen, kündigt die Integrationsbeauftragte der Regierung an. Darin sollen Rechte und Pflichten festgelegt werden.
[Man beachte insbesondere auch das Video-Interview mit unserem speziellen Freund Armin Laschet!]
http://www.heute.de/ZDFheute/inhalt/27/0,3672,7936603,00.html

Migrationspolitik
Zuwanderer sollen Integrationsvertrag abschließen
http://www.welt.de/politik/deutschland/article5297531/Zuwanderer-sollen-Integrationsvertrag-abschliessen.html
http://www.welt.de/die-welt/debatte/article5309124/Keine-Politik-aus-einem-Guss.html
http://www.op-online.de/nachrichten/politik/albernes-vorhaben-538425.html

Dieburg
Messerattacke am Bahnhof
http://www.da-imnetz.de/nachrichten/dieburg/messerattacke-bahnhof-536632.html

Opfer in Offenbach wartet seit zwei Jahren auf Bestrafung jugendlicher Schläger
Glauben ans Recht beerdigt
http://www.op-online.de/nachrichten/offenbach/glauben-recht-beerdigt-537928.html
http://www.fr-online.de/frankfurt_und_hessen/nachrichten/kreis_offenbach/1810122_Neu-Isenburg-Dauerarrest-fuer-Teenager.html

Hier der Hinweis auf den Migrationshintergrund der Täter:
http://www.op-online.de/nachrichten/offenbach/gedaechtnisdunkel-gasse-347082.html

Südosteuropäisch-türkisches Betrügernetzwerk
Wettskandal des europäischen Fußballs
http://www.dw-world.de/dw/article/0,,4917266,00.html
http://www.goal.com/de/news/954/europa/2009/11/19/1634978/wettskandal-sapina-br%C3%BCder-festgenommen
http://www.spiegel.de/sport/fussball/0,1518,662242,00.html
http://www.tagesspiegel.de/sport/Fussball-Ante-S-Robert-Hoyzer-Wettskandal;art133,2956198

Prozeß: Türken traten brutal auf Opfer ein
In Bielefeld mußten sich jetzt die Brüder Gökhan (18) und Mirkan S. (20) vor einem Gericht verantworten. Beide besuchten nach einer Hochzeit ein Schnellrestaurant und zettelten am Tresen eine Schlägerei an. Die 22 und 23 Jahre alten Opfer wurden brutal zusammengeschlagen und bereits am Boden liegend noch getreten – auch mehrfach gegen den Kopf. Eine Überwachungskamera filmte die ganze Situation.
http://www.pi-news.net/2009/11/prozess-tuerken-traten-brutal-auf-opfer-ein/

Hakenkreuzschmiererei: „Neonazi“ gefaßt
Der „Nazi“, der die Synagoge in Dresden mit Hakenkreuzen beschmiert hat, ist gefaßt. Es handelt sich um einen 39jährigen algerischen Staatsbürger. „Dem Mann wird vorgeworfen, am Abend des 7. November 2009 an der Außenmauer des Gemeindezentrums der Jüdischen Gemeinde zu Dresden antisemitische und verfassungsfeindliche Parolen und Schriftzüge aufgebracht zu haben. Gegen ihn wird wegen Volksverhetzung in Tateinheit mit dem Verwenden von Kennzeichen verfassungswidriger Organisationen ermittelt.“ Gemäß Konsens der Innenminister wird der Vorfall garantiert als rechte Straftat und als Beweis für einen verstärkt zu führenden „Kampf gegen Rechts“ gezählt
http://www.pi-news.net/2009/11/hakenkreuzschmierei-neonazi-gefasst/

London: Fast alle Vergewaltiger „nicht-weiß“
Ein erschreckender Bericht der Londoner Polizei deckt auf, daß 92 Prozent der Vergewaltiger-Banden aus „nicht-weißen“ Mitgliedern bestehen. Die Täter fallen meist zu dritt oder in noch größeren Gruppen über Frauen her. Die Opfer sind zu 50 Prozent weiß. Im letzten Jahr wurden 93 Frauen von den Banden vergewaltigt, dies ist eine deutliche Zunahme im Vergleich zu 2003/2004, als 36 Fälle gemeldet wurden. 36 Prozent der Vergewaltigungsopfer sind unter 15jährige Mädchen. All diese Zahlen beziehen sich nur auf die gemeldeten Fälle. Die Polizei geht von einer weit größeren Dunkelziffer aus.
http://www.pi-news.net/2009/11/london-fast-alle-vergewaltiger-nicht-weiss/

Australien
Dutzende Asylbewerber bei Unruhen verletzt
Blutige Krawalle in einem Aufnahmelager für Asylsuchende in Australien: Flüchtlinge aus Sri Lanka und Afghanistan sind nach Angaben der Regierung aufeinander losgegangen – 37 Menschen wurden demnach bei den Unruhen verletzt.
http://www.spiegel.de/politik/ausland/0,1518,662764,00.html

Weltweite Abnahme des Intelligenzquotienten
http://www.fourmilab.ch/documents/IQ/1950-2050/

Berlin
Stadtschloß-Fassade – Die Barockbaustelle
http://www.tagesspiegel.de/berlin/Schlossplatz-Wedding-Mitte-Stadtschloss-Humboldt-Forum;art974,2956070
http://www.tagesspiegel.de/medien/cme22486,311146.html

Großprojekt „Census of Marine Life“
In der Tiefsee wimmelt es von bizarren Lebewesen
Die Dimension des Projekts ist immens: Forscher fahnden in einer Art Volkszählung nach neuen Wesen der Tiefsee. Ihre Zwischenbilanz ist beeindruckend und überraschend zugleich. Dort, wo man sich Leben nur schwer vorstellen kann, tummeln sich fast 18.000 verschiedene Tierarten.
http://www.spiegel.de/wissenschaft/natur/0,1518,662750,00.html#ref=nldt

Blutige Abwehrhaltung
Känguruh vermöbelt Australier
Känguruhs gelten als Menschenfreunde – es sei denn, man ärgert sie. Das bekam nun ein Australier zu spüren, als er seinen Hund vor einem Angriff schützen wollte. Das Känguruh machte kurzen Prozeß und vermöbelte den Mann.
http://www.spiegel.de/panorama/0,1518,662765,00.html

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Leserbrief von Peter Hild an die „Märkische Allgemeine“ zu Rot-Rot in Brandenburg und Platzecks Waffen-SS-Vergleich:

Augenwischerei!

Zum angeblichen „Versöhnungs“-Aufruf des Ministerpräsidenten Platzeck nach dem SED-PDS-LINKE/SPD-Regierungs-Bündnis in Brandenburg und der Begriffs-Verwirrung „Rot-Rot“ in der MAZ

Die „Märkische Allgemeine“ benennt das Regierungsbündnis mit den umbenannten Vertretern der Staatspartei der 2. deutschen Diktatur am 14./15. November auf ihrer 1. Titelseiten-Überschrift wieder einmal „Rot-Rot“. Wenn beides „rot“ ist, und eines davon nicht blutiger als das andere, dann macht es wohl keinen Unterschied: SED=SPD? Falls doch, dann ein Vorschlag zur Güte: benenne man Unterschiedliches auch künftig unterschiedlich!

Leserbriefschreiber Rüdiger Pogadl (MAZ vom 17.11.09) irrt, wenn er das „Stichwort Waffen-SS“ heranzieht, mit dem der Verräter der Sozialdemokratie Matthias Platzeck mit den Nachfolgern der staatstragenden Diktatur-Partei im Jahr 2009 in den Ring steigt – 20 Jahre nach der Implosion des Kunststaatsgebildes der SED-Ochlokraten. SPD-Parteichef Kurt Schumacher sowie CDU-Parteichef und Bundeskanzler Konrad Adenauer haben in einem Briefwechsel mit Oberstgruppenführer Paul Hausser als Ehrenerklärung klargestellt, daß man die Opferbereitschaft der Front-SOLDATEN der Waffen-SS genauso achtet wie die der übrigen deutschen Wehrmacht-SOLDATEN, soweit sie ritterlich und anständig im Kriege gekämpft haben, ohne Verbrechen schuldig geworden zu sein. Und lauter war die überwältigende Mehrzahl der 18,5 Millionen deutschen Soldaten! (1)

Übrigens saßen die beiden demokratischen Parteiführer in Konzentrationslager-Haft, und der in Brandenburg an der Havel geborene Hausser war 1944 mit dem Hitler-Verschwörer Generalfeldmarschall Erwin Rommel einer Meinung, was die Notwendigkeit eines Staatsstreiches anbetraf! Der Ehrenerklärung für die Soldaten folgte – mit Verspätung von 10 Jahren – 1961 auch die Gleichstellung der Versorgungsansprüche nach Artikel 131 des Grundgesetzes für die BRD.

Schumacher und Adenauer haben niemals eine Versöhnung mit Gestapo-Schergen oder Mitarbeitern des Reichssicherheitshauptamtes im Auge gehabt! Nein, weder die Geheimdienst-Schergen noch gar die Frontsoldaten der Waffen-SS haben sie in politische Ämter gehoben. Das In-die-Regierung-Rufen von Stasi-Schergen blieb dem Verräter der Sozialdemokratie Platzeck in der vielbeschworen demokratischen Gegenwart überlassen!

Hätte Platzeck eine „Versöhnungs“-Erklärung gegenüber den Elitekämpfern der untergegangenen 2. deutschen Diktatur, bspw. den Fallschirmjägern der Nationalen Volksarmee (NVA) oder denen des Wach-Regimentes (nicht aber jenes des MfS!) bekundet, wäre ein Rückgriff auf den seinerzeitigen Schriftwechsel Schumachers und Adenauers mit Hausser vielleicht noch statthaft gewesen. Platzeck diskreditiert sich nach 63 Jahren allerdings selbst vor der Geschichte als unrühmlichen zweiten Otto Grotewohl.

Würde man die Parteimitglieder Platzecks nach einer Zustimmung befragen, dürfte dies wohl ein Eigentor für den latent Unrasierten sein. Schon am 31. März 1946 hatte in West-Berlin eine Urabstimmung unter den SPD-Mitgliedern stattgefunden. Auf die Frage: „Bist Du für den sofortigen Zusammenschluß beider Arbeiterparteien“ stimmten über 80 Prozent mit NEIN. In Ost-Berlin wurde diese Urabstimmung mit Hilfe der sowjetischen Besatzungsmacht unterbunden. So fand am 22. April 1946 in Ost-Berlin der Vereinigungsparteitag von SPD und KPD zur SED statt. Und die machte als politisches Chamäleon eine Mimikri durch von
der SPD über die USPD und KPD zur SED, PDS zu DIE LINKE – bald soll sie wieder in den Schoß zurückrobben, aus dem sie kroch, denn der Schoß ist fruchtbar noch!

Peter Hild

(1) „Wir möchten heute und vor diesem Hohen Haus im Namen der Regierung erklären, daß wir alle Waffenträger unseres Volkes, die im Rahmen der hohen soldatischen Überlieferung ehrenhaft zu Lande, zu Wasser und in der Luft gekämpft haben, anerkennen.“
(Bundeskanzler Dr. Konrad Adenauer am 3. Dezember 1952 vor dem Deutschen Bundestag)

„Sehr geehrter Herr Generaloberst! Eine Anregung folgend teile ich Herrn Generaloberst mit, daß die von mir in meiner Rede vom 3. Dezember 1952 vor dem Deutschen Bundestag abgegebene Ehrenerklärung für die Soldaten der früheren deutschen Wehrmacht auch die Angehörigen der Waffen-SS umfaßt, soweit sie ausschließlich als Soldaten ehrenvoll für Deutschland gekämpft haben. Mit dem Ausdruck vorzüglicher Hochachtung bin ich Ihr Adenauer“
(Bundeskanzler Dr. Konrad Adenauer am 17.Dezember 1952 an den Senior der Gemeinschaft der Soldaten der ehemaligen Waffen-SS, General Paul Hausser)

„Die Waffen-SS ist weder mit der Allgemeinen Waffen SS noch mit den speziellen Organisationen der Menschenvernichtung gleichzusetzen, sondern hat sich selbst als eine Art vierter Wehrmachtsteil gefühlt und ist damals auch so gewertet worden. Die SPD ist ausgegangen und geht aus von jeder Ablehnung und Bekämpfung der Kollektivschuld.“
(SPD-Vorsitzender Dr. Kurt Schumacher am 30.Oktober 1951 an den französischen Sozialisten, Professor Herschel)

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jeudi, 03 décembre 2009

Deutschlands Goldreserven an USA verpfändet?

goldreserven.jpgDeutschlands Goldreserven an USA verpfändet?

Verschleierungstaktik der Bundesregierung



Die offiziellen Goldreserven der Bundesrepublik Deutschland, knapp 3.500 Tonnen mit einem Marktwert von rund 80 Milliarden Euro, gehören theoretisch zu den zweitgrößten der Welt. Dass dieser Schatz nicht im eigenen Land, sondern größtenteils in der Federal Reserve Bank of New York gelagert wird, wirft die Frage auf, wie es tatsächlich mit der Souveränität der Bundesrepublik bestellt ist. Denn ob die unter dem Straßenpflaster von Manhattan gebunkerten Goldbestände überhaupt noch verfügbar sind, ist ungewiss. Unter Finanzexperten heißt es nämlich, „die Amerikaner betrachten das deutsche Gold als eine Art Wohlverhaltenspfand“. Anders ausgedrückt: als eine Art Geisel für bundesdeutsches Wohlverhalten gegenüber den USA.

SCHWAMMIGE ANTWORTEN

Die Goldbestände entstanden vor allem in den 1950er und 1960er Jahren als Gegenfinanzierung der damaligen Überschüsse in der Leistungsbilanz: Lohn und Symbol des Wirtschaftswunders unter Ludwig Erhard. Sie sollten Deutschland in Zeiten schwerer Krisen absichern. Dieser Goldschatz ist vom deutschen Volk als wichtiger Teil der nationalen Währungsreserven hart erarbeitet worden. Dass so gut wie der gesamte Bestand in die USA „ausgelagert“ wurde, hat die Bundesregierung stets verheimlicht.

Auf Anfragen von Bürgern an die Bundesbank, wie es mit dem Verbleib des Goldes bestellt sei, folgen allenfalls schwammige Antworten. Entsprechend reagiert auch die Bundesregierung. Als der frühere CDU-Bundestagsabgeordnete Martin Hohmann 2002 eine Reihe von Fragen zu den deutschen Goldbeständen an die Parlamentarische Staatssekretärin im Bundesfinanzministerium, Dr. Barbara Hendricks, richtete, reagierte diese ausweichend und irreführend: „Die Deutsche Bundesbank hält einen großen Teil ihrer Goldbestände in eigenen Tresoren im Inland. Sie lässt allerdings auch Goldbestände an wichtigen Goldhandelsplätzen wie z. B. London verwahren.“

Diese Antwort ist eine grobe Verdrehung der Tatsachen. Denn inzwischen ist bekannt, dass nicht ein „großer Teil“ der deutschen Goldbestände, sondern nur ein kümmerlicher Rest im eigenen Land deponiert wurde. Zwischenzeitlich wurde zudem aufgedeckt, dass auch die seinerzeit von der Bundesregierung gegebene Begründung für die Auslagerung des Goldes nicht der Wahrheit entsprach. Berlin teilte mit, die „Aufbewahrung“ im Ausland habe sich „historisch und marktbedingt so ergeben, weil die Deutsche Bundesbank das Gold an diesen Handelsplätzen übertragen bekam“. Und: „Es macht aber auch aus betriebswirtschaftlichen Gründen Sinn, solange die Lagerung dort kostengünstiger ist als der Transport nach Deutschland und der Bau zusätzlicher Tresoranlagen.“ In einem kritischen Kommentar dazu heißt es, verschwiegen werde, „dass die Fremdlagerung unserer Goldreserven einen ganz anderen historischen Hintergrund hat. Tatsächlich wurde das deutsche Gold von den Amerikanern als Faustpfand für gutes Verhalten in der Zeit des Kalten Krieges angesehen.“

DER WUNSCH WASHINGTONS

Schon 1945 hatten sich die einmarschierenden Amerikaner des deutschen Reichsbankgoldes bemächtigt. Deshalb war die Reichsmark (RM) nur theoretisch bis zu ihrem Ende 1948 (Währungsreform) durch Gold gedeckt. Die D-Mark-Eröffnungsbilanz zum 21. Juni 1948 wies folglich kein einziges Gramm Gold auf. Aber bereits 1958 konnte die erst ein Jahr zuvor gegründete Bundesbank eine Goldreserve im Wert von 11,1 Milliarden DM melden! Dieses Gold war dank der hohen Exportüberschüsse im Rahmen der Europäischen Zahlungsunion (EZU) in die Bundesrepublik Deutschland geflossen.

In diesem Zusammenhang: Außenhandelsüberschüsse wurden in der vor 60 Jahren gegründeten EZU zu über 50 Prozent in Gold und Devisen beglichen. Der Rest wurde als Kredit stehengelassen und kam den Ländern zugute, die Defizite hatten. „Die EZU war nichts anderes als ein Verrechnungs- und Beistandskreditsystem. 1958, als 14 westeuropäische Länder die Konvertibilität ihrer Währungen einführten, wurde sie überflüssig“, heißt es in einer finanzpolitischen Betrachtung.

Unter den führenden Zentralbanken mit Goldbesitz sei die Bundesbank die einzige, die nur einen winzigen Teil ihres Bestandes auf eigenem Territorium aufbewahre. Es sei überhaupt „bemerkenswert“, dass die Bundesbank als „einzige“ der führenden Zentralbanken so verfahre. Weder die USA noch Frankreich oder Großbritannien kämen auf die Idee, ihr Gold in der Bundesrepublik Deutschland zu bunkern. Ein Finanzexperte: „Man hätte annehmen können, dass die Bundesbank nach der Wiedervereinigung und Auflösung des Ostblocks (Ende des Kalten Krieges) mit gutem Grund darauf pochen würde, zumindest einen Teil des Goldes zurück nach Frankfurt zu holen. Im Interesse guter Beziehungen zur internationalen Finanzwelt werden die Goldbarren wahrscheinlich bleiben, wo sie sind.“ Denn dies entspräche dem Wunsch Washingtons.

DER BLESSING-BRIEF

Sehr aufschlussreich in Bezug auf den Verbleib der Goldreserven ist, was David Marsh, Korrespondent der Financial Times von 1986 bis 1991, in seinem 1992 veröffentlichten Buch „Die Bundesbank – Geschäfte mit der Macht“ schreibt. So stellt es u. a. fest: „In den Tresorräumen in Frankfurt liegen nur etwa 80 Tonnen, d. h. knapp über 2 Prozent des Gesamtgoldes. Der Rest ist auf die Tresore anderer Zentralbanken, der Federal Reserve Bank in New York, der Bank of England und zu einem kleineren Teil auch der Banque de France verteilt.“ Vertraut sind intime Kenner der Frankfurter (Banken-) Szene auch mit dem so genannten „Blessing-Brief“, der in der Öffentlichkeit weitgehend unbekannt ist.

Karl Blessing stand der Bundesbank von 1958 bis Anfang 1970 vor. Zwischen ihm und der Bundesregierung existierte ein geheimes Verwaltungsabkommen. Besonders gefragt war die Kooperation zwischen Frankfurt und Bonn, als Gold wieder einmal in den Mittelpunkt der Währungspolitik rückte und als Washington Ende der 1960er Jahre einen neuen finanziellen „Ausgleich“ für die Stationierungskosten von US-Militär-Truppen in der Bundesrepublik forderte. Auf entsprechenden Druck zeigte Bonn zunächst nicht die gewünschte Haltung. Daraufhin wurde der Bundesbankpräsident tätig. Per Brief – „Blessing-Brief“ – sicherte er der Federal Reserve die „Immobilisierung“ der deutschen Goldreserven zu. Er versprach, dass die Bundesbank die Reserven nicht aus den USA abziehen werde, „solange die USA Stützpunkte in Deutschland unterhalten“. Dabei soll es einen „dezenten Hinweis“ aus US-Regierungskreisen mit Blick auf Berlin-West gegeben haben.

KEIN NACHVOLLZIEHBARER GRUND MEHR

Nach Beendigung des Kalten Krieges und dem Verschwinden des Eisernen Vorhangs gibt es keinen nachvollziehbaren Grund mehr für ein Verbleiben der deutschen Goldreserven in fremden Händen. Doch Hintergrundinformationen ist zu entnehmen, dass die Bundesbank nicht frei entscheiden kann, wo deutsche Goldreserven gelagert werden. Nach Aussage eines früheren Bankers könne die Bundesbank ihr Gold allenfalls unter einem Vorwand und nur in kleinen Mengen aus New York abziehen – alles andere würde als „Misstrauensbekundung“ bewertet.

Während sich Notenbanken weltweit verstärkt mit dem Edelmetall absichern, soll Deutschland offenbar weiter in der Abhängigkeit der Federal Reserve Bank of New York bleiben. Dass in letzter Zeit der Goldpreis einen Höhenflug verzeichnet, nutzen andere Staaten im nationalen Interesse. Doch der für unser Land zu ziehende Nutzen setzt die uneingeschränkte staatliche Souveränität der Bundesrepublik voraus. Zwar vermittelt die Bundesbank nach außen stets den Eindruck, dass sie jederzeit Verfügungsrechte über die deutschen Goldbestände habe. Aber in Washington bzw. in New York geht man davon aus, dass auch die schwarz-gelbe Regierungskoalition keine Ansprüche erhebt und der deutsche Goldschatz größtenteils dort bleibt wo er ist. Offenbar spielt für Regierende hierzulande keine Rolle, dass es sich um deutsches Volksvermögen handelt.

Hans Weidenbach

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mardi, 01 décembre 2009

Fascismo, Nazionalsocialismo, gli Arabi e l'Islam

Fascismo, Nazionalsocialismo,

gli Arabi e l’Islam

fabei.jpg

  

Ex: http://www.rinascita.info/

  
 

 

 

Giovanna Canzano ha incontrato per Rinascita lo scrittore e storico Stefano Fabei

…“L’Italia fu il primo Stato europeo ad appoggiare la resistenza palestinese contro la potenza mandataria, cioè la Gran Bretagna, e contro i sionisti e il loro progetto di insediamento in Terrasanta. Tra il settembre del 1936 e il giugno del 1938 l’Italia versò al Gran Mufti, che guidava la rivolta contro le forze militari inglesi e contro l’immigrazione ebraica, circa 138.000 sterline, circa 10.000.000 di euro attuali.
Tale contributo fu voluto dal Duce in ragione della posizione assunta dall’Italia nei confronti del nazionalismo arabo…” Stefano Fabei

La politica filo-araba del fascismo aveva un fine prettamente idealistico o politico-ideologico o sottintendeva anche a un discorso territoriale?
 

Nei primi otto anni di potere Mussolini non portò avanti un’autonoma politica araba per diverse ragioni: la politica estera italiana aveva come punto di riferimento quella inglese e dall’andamento dei rapporti con la Gran Bretagna dipendeva l’atteggiamento di Roma verso gli arabi; inoltre gli impulsi a una politica estera rivoluzionaria, verso questa parte del mondo, sostenuta dai fascisti più dinamici, erano soffocati dall’influenza esercitata sul regime da nazionalisti e cattolici conservatori.
Nella seconda metà degli anni Venti il Duce, per quanto riguarda il vicino Oriente, tentò di creare un contrappeso alla posizione storica di predominio dell’Inghilterra e della Francia e assumere in qualche modo la loro eredità mediante l’influenza culturale, economica e politica italiana in Siria, in Palestina, in Egitto e sul Mar Rosso. Per questo obiettivo si schierò al fianco degli arabi, che però scarsamente ricambiavano le simpatie di Roma, dato che era in corso la riconquista della Libia, colonia che, secondo gli italiani, doveva essere allargata a ovest con la Tunisia, ritenuta importante dal punto di vista strategico.
reichafgh.jpgL’area su cui l’Italia mirava a esercitare il controllo comprendeva la penisola araba, l’Iraq, la Siria, la Palestina, l’Egitto, il Maghreb e la costa orientale africana fino al Tanganica, tutti Paesi alla ricerca dell’indipendenza. I movimenti anticolonialisti in lotta contro la Francia e l’Inghilterra non arrivavano, allora, ad azioni unitarie di vaste proporzioni: la rivoluzione del Partito Wafd in Egitto (1919-1920), il movimento Destour in Tunisia (1922-1929), o anche i fermenti antisionistici in Palestina (1922-1929), permettono di concludere che le intenzioni italiane potevano realizzarsi solo contro la resistenza araba e franco-britannica. 
Fu dall’inizio degli anni Trenta che la politica araba del regime cominciò a caratterizzarsi in senso più autonomo. L’Italia tendeva adesso a presentarsi come “ponte” tra Oriente e Occidente e a diventare un punto di riferimento per le nazioni islamiche. Tra il 1930 e il 1936 Roma cercò di accentuare l’azione culturale ed economica in Medio Oriente e nell’area arabo-islamica in generale. Senza dubbio un’iniziativa tendente ad accentuare tale programma fu l’inizio a Bari della Fiera del Levante. Nel 1933 e nel 1934 furono organizzati a Roma, sotto il patrocinio dei Gruppi universitari fascisti, i Guf, due convegni degli studenti asiatici, e Radio Bari iniziò le sue trasmissioni in lingua araba nel maggio del 1934. Le linee direttive della politica araba italiana emersero il 18 marzo di quell’anno dal discorso che il Duce pronunciò all’assemblea quinquennale del regime in cui disse che di tutte le potenze occidentali la più vicina all’Africa e all’Asia era l’Italia, chiarendo di non pensare a conquiste territoriali, ma a una politica di collaborazione con le nazioni arabe. Il Mediterraneo doveva riprendere la sua funzione storica di collegamento fra l’Est e l’Ovest. In tale contesto sono da inserirsi la creazione, nel giugno 1935, dell’Agenzia d’Egitto e d’Oriente con sede al Cairo, come di altre istituzioni come l’Istituto per l’Oriente e l’Istituto orientale di Napoli, centri di attività culturale, ma anche politica.
 
Quali sono state le principali differenze tra la politica araba del fascismo e del nazionalsocialismo?
Al contrario dell’Italia, il Terzo Reich aveva, nei Paesi arabi, obiettivi solo economici. Dopo la sconfitta del 1918, la Germania aveva perso le sue poche colonie e con esse gran parte dei mercati interessanti il commercio tedesco. A quest’ultimo, almeno per quanto riguarda i rapporti coi Paesi dell’Oriente, aveva poi assestato un altro duro colpo la crisi del 1929. La Repubblica di Weimar non rinunciò a recuperare le colonie strappatele a Versailles, ma la Società delle Nazioni si rifiutò di procedere alla loro restituzione come “mandati”. 
La propaganda contro “la menzogna della colpa coloniale” e la richiesta di terre per l’emigrazione e di mercati, fu condotta da vari gruppi e organi di stampa, ma questo problema, nella politica estera weimariana, ebbe una parte poco rilevante. Fino al Terzo Reich le discussioni rimasero sul terreno accademico. Hitler, nel Mein Kampf, aveva fatto da tempo i conti con la politica estera guglielmina e messo da parte qualsiasi possibilità di espansione extraeuropea per orientarsi verso l’Est europeo, in cui, secondo lui, stava il Lebensraum, lo spazio vitale necessario al popolo tedesco. A parte le non sempre chiare prese di ?posizione ideologiche contro il colonialismo esposte nella sua opera, Hitler, negli anni del potere, si disinteressò quasi sempre alle colonie. Qualche volta furono usate come strumento di pressione sull’Inghilterra e le altre potenze occidentali, ma la sfida tedesca rimase più che altro un intermezzo diplomatico e non si trasformò in un vero pericolo per il predominio coloniale europeo. L’atteggiamento tedesco non fu neppure propriamente anticolonialista.
Dal 1935 in poi il Reich iniziò a importare dai Paesi orientali, in quantità sempre maggiori, rame, nichel, tungsteno, cromo, prodotti agricoli e a esportare in essi prodotti farmaceutici, chimici, articoli elettrotecnici, generi di chincaglieria, mezzi di trasporto e impianti ferroviari, nonché attrezzature industriali e, in misura crescente, materiali bellici. Ciò contribuì ad aumentare la stima per la Germania e il disprezzo per Francia e Gran Bretagna. Fin dal 1934 poi la Germania svolse in Siria, in Palestina, in Iraq e in Libano, un’intensa opera di propaganda attraverso l’Ufficio di politica estera, diretto da Alfred Rosemberg. I nazionalsocialisti miravano a eccitare l’elemento arabo contro gli ebrei e contro la Francia e l’Inghilterra, e a preparare la rivolta del Medio Oriente e dell’Africa settentrionale nell’eventualità di una guerra europea. 
Nel 1937, Baldur von Schirach, il capo della Gioventù hitleriana, con altri rappresentanti del suo governo, visitò Iran, Iraq, Siria e Turchia, suscitando ovunque consensi. La recente riapertura di legazioni, consolati, scuole e istituti del Reich nel Vicino Oriente era ben vista perché la Germania aveva lasciato un buon ricordo della sua collaborazione con la Turchia durante la Prima guerra mondiale. La condotta dei suoi ufficiali e soldati nei Paesi arabi era stata ottima; non avevano mai commesso spoliazioni e usurpazioni, pagando tutto quello che occorreva loro. Insomma erano stati modelli d’onore militare, e anche dopo i loro tentativi di penetrazione si erano limitati alla cultura e al commercio. Nessuna mira espansionistica in Africa settentrionale o nel Vicino Oriente…

Gli obiettivi dell’Asse Roma-Berlino

Nei suoi studi sulla politica mediorientale del fascismo, si è mai chiesto quale situazione si sarebbe venuta a creare qualora l’Asse avesse vinto la guerra e tanto le mire italiane quanto quelle tedesche si fossero concentrate in una ridefinizione di quella parte del mondo rispondente ai propri interessi?
 La diversità di obiettivi tra Italia e Germania nell’area mediterranea aveva portato Hitler, il 24 ottobre 1936, giorno  precedente la costituzione dell’Asse, a dichiarare a Galeazzo Ciano, ministro degli Esteri italiano, che il Mediterra-neo era un mare italiano e che qualsiasi modifica futura nell’equilibrio di quell’area doveva andare a favore dell’Italia, così come la Germania doveva avere libertà di azione verso l’Est e verso il Baltico. Orientando i dinamismi italiano e tedesco in queste direzioni esattamente opposte, non si sarebbe mai avuto un urto di interessi tra le potenze fasciste. In altri termini, secondo Hitler, i Paesi arabi sotto controllo francese e inglese facevano parte, quasi nella loro totalità, della sfera di influenza dell’Italia. Se l’Asse avesse vinto la guerra, e i patti tra Hitler e Mussolini fossero stati osservati, l’Italia avrebbe esercitato sul Mare Nostrum la propria egemonia, dal Marocco all’Iraq. I tedeschi, da parte loro avrebbero probabilmente rivendicato quale propria sfera di influenza i Paesi a oriente dell’Iran all’Afgha-nistan, all’India, dove però anche il Giappone aspirava a esercitare la propria leadership. Era comunque l’Italia ad avere i maggiori interessi nell’area nordafricana e mediorientale. Con l’assunzione, il 18 marzo 1937, del titolo di Spada dell’Islam da parte del Duce si aprì, non a caso, un altro capitolo della politica araba del fascismo che diventò argomento della stampa di regime: aumentarono gli articoli e gli studi di autori arabi e musulmani, alcuni dei quali riguardanti i legami ideologici tra fascismo e islamismo e la maggior corrispondenza del fascismo, rispetto al comunismo, ai valori religiosi, morali e ideologici degli arabi. Per quanto riguarda l’aspetto culturale e storico-politico della questione si assistette a una serie di iniziative curate da studiosi e da istituzioni quali il Centro studi per il vicino Oriente e l’Istituto di studi di politica internazionale.

Si trattò quindi di una vera svolta nella politica del fascismo…
Sì, ma non più di tanto perché la politica araba dell’Italia restava ancora, tra il 1936 e il 1939, condizionata dall’andamento delle relazioni con Londra. Temendo che l’Inghilterra, grazie alla creazione di uno Stato ebraico in Palestina, rafforzasse le sue posizioni nel Mediterraneo orientale, l’Italia, grazie ai programmi trasmessi da Radio Bari, iniziò ad aizzare le popolazioni arabe contro gli inglesi. La carta araba, negli interventi di Mussolini e di Ciano, continuò a essere considerata moneta di scambio nel caso che si fosse aperto un varco per un’effettiva trattativa per un accordo generale mediterraneo tra Roma e Londra; tanto è vero che, sull’onda delle speranze suscitate dagli “accordi di Pasqua”, Roma bloccò subito gli aiuti ai movimenti antibritannici mediorientali – molto consistenti ai palestinesi – e moderò il tono delle trasmissioni di Radio Bari.
 
I tedeschi, in quegli anni, che atteggiamento assunsero verso i nazionalisti ara-bi? E questi ultimi cosa si aspettavano dalla Germa-nia?
Berlino sviluppò allora una politica non molto diversa da quella di Roma. Il ministro degli Esteri di Hitler, l’1  giugno 1937, inviò un telegramma alle sue rappresentanze di Londra, Bagdad e Gerusalemme da cui emergeva la contrarietà del Reich alla creazione di uno Stato ebraico in Palestina che se non era ritenuto capace di assorbire gli ebrei di tutto il mondo, avrebbe comunque creato per il giudaismo una base di potere sancita dal diritto internazionale.
Per gli arabi questo era già qualcosa, ma si aspettavano dal Hitler un po’ di più di una semplice, per quanto gradita, manifestazione di simpatia, peraltro priva di impegni. Il 15 luglio 1937, Hajj Amin al-Husayni, il Gran Mufti di Gerusalemme e della Palestina, in un colloquio con il console generale tedesco, cercò di ottenere una chiara risposta alla domanda circa la disponibilità della Germania a contrastare, pubblicamente, l’eventuale costituzione di uno Stato ebraico. Due giorni dopo il primo ministro iracheno, Hikmet Suleiman, fece capire all’ambasciatore tedesco a Bag-dad che il suo governo contava sull’appoggio tedesco, oltre che turco e italiano, nel momento in cui alla Lega delle Nazioni l’Iraq si fosse opposto al piano di divisione della Palestina in tre zone. Se Ribbentrop era disposto ad appoggiare il rappresentante iracheno alla Lega delle Nazioni, Hitler tuttavia non si impegnò, nella questione palestinese, al fianco degli arabi, almeno in un primo momento.

Per quale ragione?
Perché, come nella politica araba dell’Italia, così in quella della Germania si tendeva a non pregiudicare i rapporti con l’Inghilterra. Pertanto Berlino in principio si astenne dal fornire armi ai nazionalisti arabi e dal rafforzare la loro resistenza alla creazione di uno Stato ebraico in Palestina.
Comunque nella capitale del Reich non tutti condividevano questa posizione, cui, per forza di cose, dovevano adeguarsi perché era al Führer che spettava, in ogni caso, l’ultima parola. Si tentarono, con cautela, altre strade per sviluppare rapporti col mondo arabo. Dal 1937, per esempio, la Germania iniziò a intrattenere relazioni diplomatiche con l’Arabia Saudita che mirava a mantenere la propria “indipendenza” dall’Inghilterra, la cui influenza si estendeva a tutti gli Stati circostanti. Ibn Sa’ùd chiese a Berlino appoggio politico e forniture militari, sottolineando le affinità tra Germania e il mondo arabo, soprattutto circa la posizione difensiva di fronte alla Gran Bretagna. Sebbene l’Ufficio di politica estera del NSDAP, il partito nazionalsocialista, fosse da tempo favorevole alle forniture belliche ai sauditi, queste ultime non ebbero luogo poiché la sezione politica del ministero degli Esteri era contraria. Solo nel 1939, in seguito al rafforzamento delle posizioni britanniche in Medio Oriente, Hitler e Ribbentrop assicurarono a Ibn Sa’ùd un concreto aiuto alla formazione di un suo esercito. Il 17 giugno il Führer promise all’incaricato del re saudita un aiuto attivo e due mesi dopo un credito di 6.000.000 di marchi fu accordato ai sauditi che volevano acquistare fucili, carri armati leggeri e pezzi antiaerei. La Germania offrì tali forniture col nullaosta di Roma, che aveva rapporti buoni, ma non certamente ottimi, col regno dei Sa’ùd dopo l’accordo anglo-italiano del 16 aprile 1938, con cui le due potenze europee “garantivano” l’indipendenza dell’Ara-bia. L’1 settembre 1939 scoppiò la guerra e Berlino non poté procedere alle forniture, anche perché, dietro forti pressioni inglesi, l’Arabia Saudita fu costretta, l’11 settembre, a rompere le relazioni diplomatiche con il Terzo Reich.

I movimenti filofascisti arabi

Tornando alla questione palestinese, potrebbe chiarirci meglio l’atteggiamento tedesco inizialmente favorevole all’emigrazione ebraica verso la Terra-santa?
Nei primi anni di regime Hitler, volendo liberarsi degli ebrei presenti in Germania, vide nella Palestina sottoposta a mandato britannico la meta verso cui indirizzarli: se questo poi serviva a creare difficoltà agli inglesi tanto meglio, per quanto Hitler temesse allora la Gran Bretagna, ritenendola assai più forte del Terzo Reich. Già dal 1933, desiderosa di favorire l’emigrazione ebraica dalla Germania e di indirizzarla verso la Palestina, l’Agenzia ebraica era pervenuta coi tedeschi a un patto, denominato Haavara (trasferimento), che prevedeva la partenza verso la Terra Santa degli ebrei tedeschi. L’accordo sembrò ai nazionalsocialisti un’ottima occasione per “purificare il Reich” e sbarazzarsi degli ebrei; i diplomatici della Wilhelmstrasse, tradizionalmente filoarabi, pur non condividendo la scelta, dovettero adeguarsi.
Contrari erano anche i quadri dell’Auslandsorganisation e cioè della sezione del NSDAP da cui dipendevano le cellule in seno alle comunità residenti all’estero, riflettendo il punto di vista dei 2.000 cittadini tedeschi presenti in Palestina, che vedevano con orrore la prospettiva che gli ebrei cacciati dal Reich potessero insediarsi in Palestina e far loro concorrenza in varie attività. Tale politica non piaceva, ovviamente, nemmeno ai palestinesi e il Gran Mufti chiese a Hitler di interrompere il flusso migratorio e mettere fine all’insediamento sionista in Palestina. I nazisti, inizialmente convinti dell’incapacità degli ebrei di creare uno stato ebraico, nella seconda metà degli anni Trenta furono costretti a ricredersi e a constatare che l’insediamento sionista in Palestina era cresciuto sia di numero che di risorse. Dovettero prendere atto che la Commissione reale britannica guidata da Lord Peel, dopo una lunga indagine sul problema palestinese, aveva pubblicato nel luglio del 1937 un rapporto in cui raccomandava di dare parziale soddisfazione a entrambi i nazionalismi, sionista e palestinese, mediante una spartizione della Palestina mandataria e la conseguente creazione di due Stati, uno arabo e l’altro ebraico. Questo non era più soltanto il parto della fantasia sionista ma diventava una proposta concreta e l’oggetto di una raccomandazione contenuta in un rapporto del governo inglese. A siffatta mutata realtà i nazisti fecero seguire un diverso atteggiamento e se fino allora scopo preminente della politica della Germania era stato favorire il più possibile l’emigrazione degli ebrei, adesso dovettero rendersi conto che la formazione di uno Stato ebraico sotto tutela britannica non era nell’interesse della Germania, dato che non avrebbe assorbito l’ebraismo mondiale, ma creato, sotto leggi internazionali, un’ulteriore posizione di potere all’ebraismo internazionale, qualcosa come lo Stato del Vaticano per il cattolicesimo politico o Mosca per il Comintern. Pertanto l’opposizione alla creazione dello Stato sionista in Palestina comportò l’appoggio a chi tra gli arabi vi si opponeva. Vennero impartite da Berlino istruzioni alle sedi diplomatiche tedesche, esortandole ad assumere un atteggiamento favorevole verso gli arabi e le loro aspirazioni, senza tuttavia prendere impegni condizionanti. Tale cautela era ancora determinata dalla speranza di evitare una rottura definitiva con Londra e gli aiuti finanziari ai ribelli arabi, già elargiti con fondi dei servizi segreti tedeschi, continuarono a essere esigui e irregolari. Nel 1938 il patto di Monaco e la crisi cecoslovacca chiarirono inequivocabilmente che Londra e Berlino erano ormai su posizioni antitetiche, tali da comportare opposti schieramenti di campo nel caso dello scoppio di un conflitto. Da questo momento la propaganda tedesca s’intensificò esercitando una crescente influenza sull’opinione pubblica del mondo arabo, che vedeva nel Reich il nemico dei suoi nemici. Si rafforzarono i rapporti con il movimento nazionalista e con chi, come il Gran Mufti di Gerusalemme, dimostrava di essere un nemico irriducibile degli ebrei. Lo stesso Führer in più occasioni espresse ammirazione per gli arabi, la loro civiltà e la loro storia. Nel corso della conversazione a tavola con Keitel, ad esempio, la sera dell’1 agosto 1942, Hitler, oltre a dichiarare la sua convinzione circa la superiorità della religione islamica rispetto alla cristiana, parlando della Spagna affermò che quella araba era stata “l’epoca d’oro della Spagna, la più civile”. A questo apprezzamento del Führer corrispose l’ammirazione per il nazionalsocialismo da parte degli arabi. In un’opera autobiografica, il siriano Sami al-Jundi, uno dei primi capi del partito al-Ba’th, descrivendo lo stato d’animo che caratterizzava gli arabi negli anni Trenta afferma: “Eravamo razzisti, ammiratori del nazismo, leggevamo i suoi testi e le fonti della sua dottrina, specialmente Nietzsche…, Fichte e I fondamenti del secolo XIX di H. S. Chamberlain, tutto incentrato sulla razza. Fummo i primi a pensare di tradurre il Mein Kampf…”.

Quale fu l’atteggiamento degli egiziani di fronte al conflitto?
Allo scoppio della guerra l’Egitto era formalmente uno “Stato sovrano”, con un proprio re, un proprio governo e un proprio esercito, ma il Paese faceva parte dell’Impero britannico: gli inglesi infatti controllavano direttamente il canale di Suez, stazionavano in Egitto con le proprie truppe e con il diritto di utilizzarne basi e risorse in caso di guerra. I seguaci e i simpatizzanti dell’Asse sfruttarono a fondo la crisi alimentare e l’irritazione sempre più viva provata dall’uomo della strada contro lo stato d’assedio e la trasformazione del Paese in base militare per il Middle-East Commando.
Il governo egiziano, dietro la spinta dell’opinione pubblica, si rifiutò di entrare in guerra contro le potenze dell’Asse e tale atteggiamento continuò anche allorché le truppe italiane entrarono per la prima volta in Egitto. Si giunse addirittura all’assurdo che, mentre britannici, australiani, neozelandesi, sud africani e indiani difendevano l’Egitto dagli invasori italotedeschi, i 40.000 uomini dell’esercito egiziano si mantenevano neutrali, agli ordini di ufficiali che spesso non nascondevano le loro simpatie per l’Asse. La tensione aumentò all’inizio del 1942, quando, guidati da Rommel, gli italo-tedeschi penetrarono in territorio egiziano avanzando fino a el-Alamein, a ottanta chilometri a ovest di Alessandria. Questo fu visto dagli egiziani come il preludio a una “liberazione” dell’Egitto. Le manifestazioni contro la mancanza di viveri degenerarono in un’esplosione di sentimenti antibritannici al grido di “Vieni avanti Rommel!”. Anche in questa occasione quindi gli egiziani non presero parte a quella che, in teoria, era la difesa del proprio territorio nazionale. Era evidente che se gli eserciti fascisti avessero raggiunto Alessandria il popolo e l’esercito egiziani sarebbero insorti come avevano fatto gli iracheni l’anno prima.
Ufficiali, tra cui i giovani Nasser e Sadat, tentarono di mettersi in contatto col comando di Rommel per coordinare l’attività degli egiziani filofascisti con l’offensiva italo-tedesca. Gli alleati allora decisero di correre ai ripari e il mattino del 4 febbraio 1942 i tank inglesi circondarono il palazzo di Abidin imponendo a re? Faruq un ministero presieduto da Mustafà al-Nahas. Vennero istituiti tribunali speciali e migliaia di “nazisti”, nazionalisti egiziani e fratelli musulmani furono incarcerati come “agenti dell’Asse” o “elementi eversivi”.
Il 4 luglio i governi italiano e tedesco pubblicarono una dichiarazione per il rispetto dell’indipendenza dell’Egitto, dichiarandosi intenzionati a rispettarne e garantirne l’indipendenza e la sovranità. Le forze dell’Asse non entravano in Egitto come in un Paese nemico, ma con lo scopo di espellerne gli inglesi e di liberare il Vicino Oriente dal dominio britannico. La politica delle Potenze fasciste era ispirata al concetto che l’Egitto era degli egiziani: liberato dai vincoli che lo legavano alla Gran Bretagna il più importante Paese arabo era destinato a prendere il suo posto tra le Nazioni indipendenti e sovrane. Per l'intera durata della guerra in Egitto si registrarono attività filofasciste e antialleate: le Camicie verdi organizzarono il boicottaggio dei negozi stranieri, una radio clandestina operò al Cairo, membri dei comitati degli ufficiali liberi fecero filtrare agenti nazisti attraverso le file alleate; altri egiziani, studenti in Europa e fuoriusciti, svolsero attività propagandistica al servizio del ministero degli Esteri italiano e del ministero della Cultura popolare, intervenendo spesso nella stampa italiana e tedesca con articoli e analisi. Più ancora che a mezzo stampa la loro attività propagandistica si attivò via etere, da Radio Bari e da tre emittenti minori: la Nazione araba, Radio Egitto indipendente e Radio Giovane Tunisia, ispirate rispettivamente dal Gran Muftì di Gerusalemme, dal principe Mansur Daud e da el-Tayeb Nasser, presidente della società Misr (Egitto) in Europa, e dal leader desturiano Habib Thammer. La fiducia degli egiziani andava comunque maggiormente ai tedeschi perché la Germania non aveva mai colonizzato aree abitate da musulmani ed era stata l'alleata dell'Impero ottomano. L'Egitto rientrava nella zona di interesse italiano indubbiamente, anche se sul suo futuro ordinamento le opinioni tra Mussolini, il ministero degli Esteri ed altri ambienti politici militari erano diverse...

dimanche, 29 novembre 2009

Kapitalistische Amokfahrt

capitalistes.jpgKapitalistische Amokfahrt

Claus WOLFSCHLAG - Ex: http://www.sezession.de/

Die neue schwarz-gelbe Bundesregierung scheint nur noch ein Allheilmittel gegen den Zusammenbruch der Staatsfinanzen und des sozialen Sicherungssystems zu kennen: „Wachstum“. Er sei die beste Antwort auf die Belastung der Haushalte und Sozialversicherungen. Nicht anders dachte und argumentierte die schwarz-rote Regierung.

Wie an einen Strohhalm klammern sie sich alle an die Hoffnung, dass bald die Konjunktur anspringe und dann alles wieder so werde wie zuvor in 60 Jahren Bundesrepublik. Man muß kein Wirtschaftsexperte sein, um skeptisch zu sein. Ökonomen haben vorgerechnet, dass das anvisierte Wachstum für einige Jahre stramme chinesische Raten von 7 Prozent betragen müßte, um überhaupt einen nennenswert schuldentilgenden Effekt erreichen zu können. Die gegenwärtige Politik grenzt angesichts solcher Zahlen an Illusionismus und ist eine Amokfahrt. Und von analytischen Köpfen wie dem Neomarxisten Robert Kurz wird denn auch die gegenwärtige Ruhe als Scheinerholung charakterisiert. Die Krise sei keine konjunkturelle, sondern eine strukturelle des Kapitalismus.

Zu den Schattenseiten unseres Wirtschaftssystems gehört die Okkupation des Denkens, etwa wenn die Lebensqualität mit der Anhäufung materieller Güter gleichgesetzt wird. Der Vermehrung materiellen Reichtums steht nämlich eine erschreckende Verarmung auf anderen Feldern gegenüber. Die Schattenseiten sind dem System strukturimmanent. Der durch die Zinsvergabe in Gang gesetzte Zwang zum Wachstum zwingt innerhalb der Betriebe zu ständigen Innovationen und Rationalisierungen. Das heißt:

- es muß immer mehr produziert und erwirtschaftet werden, um die Investitionskosten und bedrohlichen Zinsen abzubezahlen und zugleich einen eigenen Ertrag erwirtschaften zu können. Dadurch wachsen aber auch die Müllberge;
- es muß immer mehr Altes vernichtet werden, um für vermarktbares Neues Platz zu schaffen. Das kann man beispielsweise bei den Flächenabrissen chinesischer Altstädte sehen, die durch riesige Trabantenstädte ersetzt werden. Grundbesitzer, Architekten, Politiker und Bauspekulanten reichen sich die Hände;
- es müssen stets Arbeitnehmer wegrationalisiert werden, um die Produktionskosten zu verringern. Dadurch wächst aber auch das Heer derjenigen, die sich nicht mehr selbständig ernähren können.
- Das Neue ist die heilige Kuh. Neue Produkte schaffen den Wachstum, den der Kapitalismus braucht. Das Bedürfnis für dieses Neue mußn bei den möglichen Kunden erst geweckt werden. Die Werbeindustrie produziert Images von Waren, über deren Konsum man scheinbar „Anerkennung“ oder „Liebe“ erhalten würde, und verstopft mit Filmclips, Pop-Ups, Flugzetteln oder Großplakaten Augen und Ohren der Menschen.

Der Kapitalismus ist also wie ein immer heißer laufender Motor, den man nicht abstellen kann. Und dieser Motor verschlingt auch alles, was in den Jahrhunderten vor ihm an Tradition gewachsen ist, da nunmehr nur noch Preis und Ertrag zählen. Menschen werden über Kontinente verschoben, weil sie billiges Arbeitsmaterial darstellen (das wird dann werbetechnisch als „multikulturelle Bereicherung“ verkauft). Alte Baukunst wird durch moderne Standardware ersetzt.

Das war übrigens ja die Ursache des Siegeszuges der Bauhaus-Moderne. Sie war kostengünstig herstellbar, normierbar, global einsetzbar. Fernsehsender liefern der Jugend den letzten Schund, wenn dies nur den nötigen Profit verspricht. Der Motor dieser kapitalistischen Wirtschaft ist, bei aller materieller Erfolgsgeschichte, ein gewaltiges kulturelles Zerstörungswerk.

Alles ist diesem Wahn nach Wachstum, der Gier nach dem „Immer mehr“ unterworfen. Gleichwohl, alles hat ein Ende. Auch wenn der Kapitalismus suggeriert hat, er sei der ewige Endzustand der Geschichte, unterliegt auch er Verfallsprozessen. Und diese liegen gerade in der Überhitzung seiner Kredit- und Wachstumsspiralen.

Die Hoffnung auf Rettung durch die Impulse der neuen IT-Technologie seit den 1980er Jahren war trügerisch, da diese Innovation – anders als die Automobilbranche – erstmalig mehr Arbeitsplätze zum verschwinden brachte, als neue schaffte. Eine weitere, die Konjunktur nachhaltige belebende technische Innovation ist nicht in Sicht. Die Wirtschaftskrise wird also nicht mehr verschwinden, sondern uns fortan dauerhaft begleiten.

Wird der Kapitalismus überleben wollen, wird ihm langfristig wohl nur die Option bleiben, neuen Konsumbedarf zu schaffen. Die Konsumkraft der für den Warenverkehr geöffneten „zweiten“ und „dritten Welt“ wird kaum ausreichen, um dieses Dilemma zu verbessern. Der hiesige Staat wird sich zudem durch die Zerstörung der Sparvermögen seiner Mittelschichten zu entschulden versuchen, also mittels Inflation und eventueller Währungsreform.

Die Wirtschaft wird ohne die Zerstörung von Gütern also kaum wirklich starke Konsumanreize schaffen können. Dies aber würde in letzter Konsequenz heißen, daß wieder eine Situation geschaffen werden muß, die jener von 1945 nicht unähnlich wäre. Das heute noch unvorstellbare Bild eines Krieges, einschließlich massiver Zerstörungen, begleitet das schale Szenario jenes sich erneuernden Kapitalismus, der wie ein Phönix aus der Asche wieder auferstehen zu hofft. So könnten selbst asymetrische Bürgerkriegsszenarien von denjenigen, die heute von offenen Grenzen und gesteigerter Einwanderung billiger Arbeits- und Konsummigranten profitieren, mit Gelassenheit betrachtet werden, da sie später selbst daran noch zu verdienen hoffen.

samedi, 28 novembre 2009

Presseschau (4)

giornali_copy_1.jpgPresseschau (4)

Einige Links. Bei Interesse gerne anklicken...

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Bildung

Der Vorgang geistiger Formung, auch die innere Gestalt, zu der der Mensch gelangen kann, wenn er seine Anlagen an den geistigen Gehalten seiner Lebenswelt entwickelt. Gebildet ist nicht, wer nur Kenntnisse besitzt und Praktiken beherrscht, sondern wer durch sein Wissen und Können teilhat am geistigen Leben; wer das Wertvolle erfaßt, Sinn für Würde, Takt, Anstand, Ehrfurcht, Verständnis, Aufgeschlossenheit, Geschmack und Urteil erworben hat. Gebildet ist in einem Lebenskreis, wer den wertvollen Inhalt des dort überlieferten oder zugänglichen Geistes in eine persönlich verfügbare Form verwandelt hat.

(Der Neue Brockhaus in fünf Bänden, 4., neu bearbeitete Aufl., Wiesbaden 1968)

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Kommentar
Westerwelle muß Steinbach den Weg freimachen
Von Thomas Schmid
Die Blockade, die der deutsche Außenminister gegen die Vertriebenenpräsidentin Steinbach betreibt, ist falsch und muß enden. Zu Westerwelles Aufgaben gehört es, Deutschland im Ausland angemessen zu vertreten. Genau das tut er derzeit nicht. Zudem verstößt der FDP-Chef gegen liberale Prinzipien.
http://www.welt.de/politik/deutschland/article5242069/Westerwelle-muss-Steinbach-den-Weg-freimachen.html

Zu Füßen oder an der Kehle
18. November 2009 – „Die Deutschen hat man entweder zu Füßen oder an der Kehle.“ An diesen Ausspruch Winston Churchills hat mich der Antrittsbesuch des Außenministers in Warschau erinnert. Ausgerechnet der Mann, der die Deutschen in ihren Bürgerrechten bestärken will, verweigert sie nun einer Bevölkerungsgruppe, deren Leid und Elend nach dem Krieg größer war als das jeder anderen.
http://www.sezession.de/9188/zu-fuessen-oder-an-der-kehle.html

Guidowski
Von Michael Paulwitz
„Was kümmert mich mein Geschwätz von gestern?“ Das mag sich auch Guido Westerwelle gefragt haben, als er heute morgen die „Frankfurter Allgemeine Zeitung“ auf den Tisch bekam. Die sorgt sich im Leitkommentar ernstlich um den Gedächtniszustand des deutschen Außenministers.
Herausgeber Berthold Kohler ist beim Googeln zur Westerwelle-Kampagne gegen Vertriebenenpräsidentin Erika Steinbach nämlich auf ein bemerkenswertes Focus-Interview des FDP-Chefs aus dem Sepetember 2003 gestoßen. Da kämpfte Westerwelle wie ein Löwe für Erika Steinbachs „Zentrum gegen Vertreibungen“ in Berlin. Kostprobe?
„Der Außenminister und der Bundeskanzler sollten bei unseren Nachbarn für Verständnis werben. Ich verstehe nicht, warum der Bundeskanzler und der Außenminister den Sorgen der Nachbarn nicht entgegentreten, sondern die Debatte noch unverantwortlich anheizen. Das Engagement für das Zentrum ist selbstverständlich alles andere als erzkonservativ und revanchistisch.“
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display.154+M5d2474075fd.0.html

Steinbach sollte in Bundesregierung
BERLIN. Der Präsidentin des Bundes der Vertriebenen (BdV), Erika Steinbach, ist ein Amt in der Bundesregierung angeboten worden. Nach Informationen der JUNGEN FREIHEIT hätte die CDU-Bundestagsabgeordnete Staatssekretärin im Wissenschaftsministerium werden können.
Offenbar lehnte Steinbach das Angebot ab, um nicht in den Ruch der Käuflichkeit zu kommen. Angesichts des Streits um die Besetzung des Beirats der Stiftung „Flucht, Vertreibung, Versöhnung“ hätte sich ein solcher Eindruck ansonsten aufgedrängt.
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display.154+M5d2f0100871.0.html

Afghanistan-Besuch
Guttenberg-Hubschrauber reagierte auf möglichen Beschuß
http://www.spiegel.de/politik/ausland/0,1518,661349,00.html

Türkischer Premier Erdogan
„Ein Muslim kann keinen Völkermord begehen“
Von Boris Kalnoky
Israels Verhalten gegenüber den Palästinensern im Gazastreifen hatte den türkischen Premier Recep Tayyip Erdogan im Januar noch wütend aufschreien lassen. Den wegen Kriegsverbrechen in Darfur mit Haftbefehl gesuchten sudanesischen Präsidenten Omar al-Baschir nimmt er hingegen in Schutz.
http://www.welt.de/politik/ausland/article5144277/Ein-Muslim-kann-keinen-Voelkermord-begehen.html

Gaddafis Skurrilitäten
200 geladenene Italienerinnen erhalten Islamunterricht
http://www.stern.de/panorama/gaddafis-skurilitaeten-200-geladenene-italienerinnen-erhalten-islamunterricht-1522373.html
http://www.abendblatt.de/politik/ausland/article1272222/Gaddafi-gibt-200-Frauen-Islam-Lektion.html

Kommentar
Es war falsch, Enke wie einen König aufzubahren
Von Thomas Schmid
Noch immer hat der Trauer-Tsunami, der nach dem Selbstmord von Robert Enke über Deutschland und Hannover ging, etwas Rätselhaftes. Die Trauer um die in Afghanistan gefallenen Soldaten bleibt in engen Grenzen und weithin privat. Irgendwie sind uns da vielleicht die Maßstäbe entglitten.
http://www.welt.de/sport/fussball/article5224524/Es-war-falsch-Enke-wie-einen-Koenig-aufzubahren.html

Lesenswerter Artikel aus dem Jahr 1999 zur Änderung des deutschen Staatsbürgerschaftsrechts ...
„Ein Staatsstreich des Parlaments“
Bonner Verfassungsrechtler Josef Isensee lehnt Einbürgerung ab
Die geplante Einführung der doppelten Staatsangehörigkeit bedeutet eine Geringschätzung des Grundgesetzes durch das Parlament, meint Josef Isensee. Mit dem Bonner Staatsrechtslehrer sprach Martina Fietz
http://www.welt.de/print-welt/article563971/Ein_Staatsstreich_des_Parlaments.html

Weltkrieg der Währungen
Der Yuan ist Chinas schärfstes Schwert
Von Daniel Eckert
China setzt seine Währung wie eine Waffe ein. Die Chinesen halten ihre Währung durch die Bindung an den Dollar künstlich niedrig. Damit verschaffen sie ihrer Wirtschaft enorme Wettbewerbsvorteile – auch gegenüber Deutschland. Doch die Strategie des billigen Yuan kann China noch schmerzhaft auf die Füße fallen.
http://www.welt.de/finanzen/article5255712/Der-Yuan-ist-Chinas-schaerfstes-Schwert.html

Springer: Freier Zugang zu Informationen ist kommunistisch
Verlagsboß ereifert sich auf Monaco Media Forum
http://www.golem.de/0911/71190.html

Rußland erstickt an radioaktivem Müll
http://bazonline.ch/ausland/europa/Russland-erstickt-an-radioaktivem-Muell/story/16367617

Info-Dienst, nicht parteigebunden
http://gesamtrechts.wordpress.com/

Bankfilialleiter nach Nazi-Vorwürfen suspendiert
Von Andrea Jedich, NDR Fernsehen Kiel
und Stefan Schölermann, NDR Info
Über Monate verfolgten NDR Reporter die Spur des „A.K. Busch“. Die Volks- und Raiffeisenbank Pinneberg hat den Leiter einer Filiale in Schenefeld suspendiert. NDR Reporter hatten herausgefunden, daß der Mann in dem Buch „Blutzeugen“ NS-Schergen ein Denkmal setzte. Der 36jährige räumte ein, der Autor zu sein. Er war wegen seiner Aktivitäten auch ins Visier des Hamburger Verfassungsschutzes geraten. Am Donnerstag teilte die Bank dem NDR schriftlich mit, daß der Mann mit sofortiger Wirkung vom Dienst freigestellt sei.
http://www.ndr.de/nachrichten/schleswig-holstein/banker112.html

Deutschland gedenkt seiner gefallenen Soldaten
Etwa zwei Millionen deutsche Soldaten fielen im Ersten Weltkrieg, mindestens 5,5 Millionen waren es zwischen 1939 und 1945. Seit 1919 gedenkt Deutschland an einem Sonntag im Jahr seiner Gefallenen. Während das Datum unter den Nationalsozialisten als Heldengedenktag jeweils im Frühjahr begangen wurde, wird den Gefallenen der Weltkriege seit 1952 immer zwei Sonntage vor dem ersten Advent am Volkstrauertag gedacht. Die JUNGE FREIHEIT erinnert mit einer Bildstrecke an die gefallenen deutschen Soldaten des Ersten und Zweiten Weltkrieges.
http://www.jungefreiheit.de/Volkstrauertag.675.0.html

Evangelische Kirche fordert Bekenntnis gegen Rassismus
SCHWERIN. Die evangelische Kirche in Mecklenburg-Vorpommern hat angekündigt, stärker gegen Rechtsextremismus in den eigenen Reihen vorzugehen. So sollen die Kandidaten für die Wahl der Kirchengemeinderäte in der Landeskirche Mecklenburg im kommenden Jahr eine entsprechende Erklärung unterschreiben.
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display.154+M5b4b516474e.0.html

Die Geister, die ich rief ...
„Shoah“-Regisseur beklagt sich über durchgeknallte deutsche Linke:
Antisemitismus in Hamburg
Regisseur Lanzmann „schockiert“ über Krawalle bei Israel-Film
Von Sebastian Hammelehle
Gewalttätige Demonstranten verhinderten in Hamburg die Vorführung eines Films über Israel – und sollen die Kinobesucher als „Judenschweine“ beschimpft haben. Jetzt hat sich der Regisseur Claude Lanzmann erstmals dazu geäußert: Ein derartiger Skandal sei weltweit einmalig.
http://www.spiegel.de/kultur/gesellschaft/0,1518,661980,00.html#ref=nldt

Hessen
Gefahr durch Autonome
http://www.hr-online.de/website/rubriken/nachrichten/indexhessen34938.jsp?rubrik=36082&key=standard_document_38310971

Brandenburg
Gerd-Rüdiger Hoffmann
Streit um Stasi-Vergangenheit
http://www.welt.de/die-welt/politik/article5227731/Neuer-Stasi-Fall-bei-Potsdamer-Linkspartei.html
http://www.maerkischeallgemeine.de/cms/beitrag/11658902/62249/Vorwurf-gegen-Gerd-Ruediger-Hoffmann-Stasi-Verdachtsfall-in.html
http://www.bz-berlin.de/archiv/war-kultursprecher-der-linken-im-schwalbe-bei-der-stasi-article644052.html
http://newsticker.welt.de/?module=dpa&id=23022770
http://www.rbb-online.de/nachrichten/politik/2009_11/Streit_um_Stasi-Vergangenheit_spitzt_sich_zu.html

Griechenland
Ausschreitungen in Athen
[Mal wieder ist in der deutschen Presse nur von „Menschen“ und „Personen“ die Rede; im Fernsehen wurde immerhin mal der Begriff „Autonome“ bemüht]
http://www.faz.net/s/Rub0D783DBE76F14A5FA4D02D23792623D9/Doc~E7B2CA392B0E14AF79B48ACB298DBA86E~ATpl~Ecommon~SMed.html
http://www.bild.de/BILD/news/telegramm/news-ticker,rendertext=10496496.html
http://www.dw-world.de/dw/function/0,,12356_cid_4902848,00.html

Sondergesetz Volksverhetzung
Nur für Verharmlosung des NS-Systems strafbar
[Das menschenverachtende Regime jener Zeit „hat für die verfassungsrechtliche Ordnung der Bundesrepublik Deutschland eine gegenbildlich identitätsprägende Bedeutung (sic !), die einzigartig ist und allein auf der Grundlage allgemeiner gesetzlicher Bestimmungen nicht eingefangen werden kann“.]
http://www.welt.de/die-welt/politik/article5250647/Volksverhetzung-bleibt-strafbar.html
http://www.faz.net/s/RubD5CB2DA481C04D05AA471FA88471AEF0/Doc~E664FCBECFBC54F318E147FD5760190D5~ATpl~Ecommon~Scontent.html?rss_googlenews

Dietzenbach
„Antifa“ beim Ausländerbeirat
http://www.op-online.de/nachrichten/dietzenbach/antifa-beim-auslaenderbeirat-532022.html

... und noch einmal aus Sicht der „Antifa“ ...
Dietzenbach
„Antifa“ beim Ausländerbeirat
http://antifako.blogsport.de/2009/11/17/antifa-besucht-sitzung-des-offenbacher-kreisauslaenderbeirates-vorsitzender-entzieht-sich-der-verantwortung/

Der „Rosa-Luxemburg-Umzug“ der „Autonomen“ ...
1800 demonstrierten zum 20. Todestag von Conny Weßmann in Göttingen
http://www.inventati.org/ali/index.php?option=com_content&view=article&id=1644:conny-demo-am-14112009
http://de.indymedia.org/2009/11/265796.shtml
http://www.goettinger-tageblatt.de/Nachrichten/Politik/Niedersachsen/Festnahmen-und-Verletzte-bei-Autonomen-Demo-in-Goettingen
http://www.taz.de/1/politik/deutschland/artikel/1/20-jahre-spaeter-knallt-es-erneut/

Mai-Krawalle in Berlin
Steinewerfender Polizist bekommt Bewährung
http://www.spiegel.de/politik/deutschland/0,1518,662076,00.html
http://www.hr-online.de/website/rubriken/nachrichten/indexhessen34938.jsp?rubrik=36082&key=standard_document_38329811
http://www.bild.de/BILD/regional/frankfurt/dpa/2009/11/18/frankfurter-polizist-als-steinewerfer-verurteilt.html

Der Nationalismus – ein Wahngebilde
von Wolfgang Nacken
[mit ausführlicher Diskussion]
http://blog.zeit.de/stoerungsmelder/2009/10/23/der-nationalismus-%E2%80%93-ein-wahngebilde_1650

Kein Abend für Daniel Cohn-Bendit
Von Götz Kubitschek
Vor wenigen Minuten hat in Frankfurt/Main eine große konservativ-subversive aktion (ksa) begonnen. Ziel ist eine Podiumsdiskussion zum Integrationskonzept der Stadt Frankfurt, an der Daniel Cohn-Bendit (Alt-68er) und Armin Laschet (Integrationsminister NRW) teilnehmen. Und wir halt auch.
Die Aktion trifft Wirklichkeitsverweigerer ersten Ranges, das haben wir in mehreren Beiträgen über die Ausländerproblematik und die Gewalt gegen Deutsche inhaltlich ausgeführt.
http://www.sezession.de/9220/kein-abend-fuer-daniel-cohn-bendit.html#more-9220

Sechste ksa in Frankfurt – „Wo ist Sarrazin?“
In Frankfurt findet zur Zeit die 6. Konservativ-subversive aktion (ksa) statt. Die Dementi auf Sezession.de und auf Politically Incorrect waren lediglich Finten, da bereits am Vormittag auf diversen Internetseiten Informationen über die Aktion publik gemacht wurden.
Rund 25 Aktivisten sind in Frankfurt am Main bei einer Diskussionsveranstaltung zum Thema Integration. Von BlaueNarzisse.de sind ein halbes Dutzend Leute vor Ort.
http://www.blauenarzisse.de/podcast/index.php?id=1438

Konservativ-subversive Aktion stört Veranstaltung mit Cohn-Bendit
FRANKFURT/MAIN. Die Konservativ-subversive Aktion (KSA) hat am Donnerstagabend eine Podiumsdiskussion zum Thema „Aufgaben für die Integrationspolitik“ in Frankfurt gestört. An der Veranstaltung hatten unter anderem der Europaabgeordnete der Grünen, Daniel Cohn-Bendit, und der Integrationsminister von Nordrhein-Westfalen, Armin Laschet (CDU) teilgenommen.
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display.154+M5e1d3d31217.0.html

6. KSA erfolgreich
Heute abend ist in Frankfurt/Main die 6. KSA angelaufen: Ziel war eine Podiumsdiskussion zum Integrationskonzept der Stadt Frankfurt, an der u.a. Alt-68er Cohn-Bendit und Laschet teilnahmen. Und wir halt auch, schreibt Kubitschek auf Sezession.de.
Gegen 20.30 Uhr skandieren die etwa 25 Mitglieder der KSA „Wo ist Sarrazin?“. Cohn-Bendits Bild von einer multikulturellen Gesellschaft entspricht nicht der Realität, machen die KSA-Aktivisten deutlich – nicht Bendit und andere Politiker müssen die desaströse Einwanderungs-Politik ausbaden, sondern die Jugend in Deutschland.
http://www.deutschland-kontrovers.net/?p=17586

Linke reingelegt
In Frankfurt findet zur Zeit die 6. konservativ-subversive aktion (ksa) statt. Die Dementi auf Sezession.de und auf Politically Incorrect waren lediglich Finten, da bereits am Vormittag auf diversen Internetseiten Informationen über die Aktion publik gemacht wurden. Die Blaue Narzisse hat Bilder und News von der ksa ...
http://www.pi-news.net/2009/11/linke-reingelegt/

konservativ-subversive aktion bringt Cohn-Bendit in Bedrängnis
Harmlos und nett: Die Integrationsdezernentin der Stadt Frankfurt, Nargess Eskandari-Grünberg, begrüßt den „lieben“ Daniel Cohn-Bendit und direkt an seiner Seite Armin Laschet (CDU). Moderator Volker Zastrow weiß nicht so recht, was er sagen soll, und erzählt vom Klavierspielen. Er will eine gemütliche Diskussion einläuten. Eskandari-Grünberg indes wünscht sich „freie Meinungsäußerung“ und diese kommt dann auch gleich: Die konservativ-subversive aktion (ksa) um Götz Kubitschek und Felix Menzel ergreift das Wort und skandiert: „Wo ist Sarrazin?“
http://www.blauenarzisse.de/v3/index.php/aktuelles/1147-konservativ-subersive-aktion-bringt-cohn-bendit-in-bedraengnis

Versucht die Presse, die ksa jetzt totzuschweigen?
Die gestrige ksa in Frankfurt war ein voller Erfolg. Wir haben bereits darüber berichtet, daß sich die Pressefotografen auf uns gestürzt haben. In etablierten Online-Medien ist aber bisher nichts über die Aktion erschienen.
Ein Antifant hat nun auf einer Website folgendes ausgeplaudert. (...)
http://www.blauenarzisse.de/podcast/index.php?id=1439

Der Deutsche als Opfer
Von Götz Kubitschek
Im August dieses Jahres wurde in Schöppingen, einer Gemeinde im Norden Nordrhein-Westfalens, der 18jährige Kevin erstochen. Die Ursache für die tödliche Messer-Attacke ist nach wie vor unbekannt. Ging der Tat ein Streit voraus, eine Auseinandersetzung, die vielleicht auch schon einige Tage oder Wochen zurücklag? Kannte der Täter sein Opfer oder lief es ihm zufällig und zu einem verhängnisvoll falschen Zeitpunkt über den Weg?
Fest steht, daß Kevin auf dem Nachhauseweg von einer Feier in einem nahe gelegenen Park auf seinen Mörder traf, der mehrfach auf ihn einstach und dann floh. Das schwerverwundete Opfer schleppte sich zurück zur Feier und brach dort zusammen. Ein Notarzt versuchte zu reanimieren. Die Rettung schlug fehl, Kevin starb. Der Täter wurde im Zuge der eingeleiteten Fahndung an der Tür des Schöppinger Asylbewerberheims festgesetzt. Kevin war Deutscher, präzise ausgedrückt: ethnischer Deutscher. Der Täter ist ein Asylbewerber.
http://www.sezession.de/9209/der-deutsche-als-opfer.html

Bonn-Bad Godesberg
Zwei Welten: Mit Schlagring gegen Elite-Schüler
[Auszug: „Ich wage mich abends nicht mehr dorthin, das ist mir zu gefährlich geworden.“ Der 17 Jahre alte Bonner Gymnasiast meidet den südlichen Stadtbezirk Bad Godesberg, seinen Namen will er lieber nicht nennen. „Die ‚Kanaken‘ warten nur darauf, einen abzuziehen.“ Verhältnisse wie in der Bronx, Neukölln oder Pariser Vorstädten sind es nicht – aber „BadGo“ ist für viele zu einem „NoGo“ geworden. Nach dem Regierungsumzug vor zehn Jahren hat sich das Bild rasant gewandelt. Der einst beschauliche Kur- und Diplomatenort droht wegen Jugendgewalt und Gangs in Verruf zu geraten.]
http://www.evangelisch.de/themen/gesellschaft/zwei-welten-mit-schlagring-gegen-elite-schueler5542

Offenbach
Überfall auf Busfahrer
http://www.deaf-deaf.de/presse/polizei/10912-pressebericht_des_polizeipraesidiums_suedosthessen_vom14112009.html
http://www.ad-hoc-news.de/fahrgaeste-wiederholung-vom-samstag-busfahrer-waehrend--/de/Polizeimeldungen/20707177
[hier ohne Hinweis auf das „südeuropäische“ Aussehen der Täter]


Angst vor Amoklauf
Angriff auf Lehrerin löst Panik an Hauptschule aus
Zwei Schüler haben mit ihrem Angriff auf eine Lehrerin in Nordrhein-Westfalen einen Großeinsatz der Polizei ausgelöst. Die Schule wurde aus Angst vor einem Amoklauf geräumt. Der Haupttäter war zuvor wegen verbaler Drohungen vom Unterricht suspendiert worden. [Laut RTL Aktuell handelt es sich bei den Tätern um einen Ismael K. und einen Yusuf M.]
http://www.spiegel.de/panorama/justiz/0,1518,662090,00.html

Hier das Video mit dem RTL-Bericht ...
Brutaler Angriff auf Lehrerin: Zwei Jugendliche gefaßt
http://www.rtl.de/rtlaktuell/rtl_aktuell_videoplayer.php?article=34202&pos=6

Deutschland
Viele Türken fühlen sich unerwünscht
In Deutschland lebende Türken orientieren sich stärker an türkischen als an deutschen Werten. Kein Wunder, fühlen sich doch 45 Prozent hierzulande unerwünscht.
http://www.focus.de/politik/deutschland/deutschland-viele-tuerken-fuehlen-sich-unerwuenscht_aid_455645.html

Verständnis im Parkhausmordprozeß
Mit 36 Messerstichen (!) metzelte der 41jährige Suat G. seine Ex-Freundin nieder, nachdem er die Scheibe des Autos eingeschlagen hatte, in dem sich Nicole B. angsterfüllt eingeschlossen hatte. Gestern wurde das Plädoyer der Staatsanwaltschaft gehalten. Die geht nicht mehr von Mord, sondern voller Verständnis für den als Gewalttäter bekannten Killer von „Totschlag“ aus und forderte neun Jahre.
Vielleicht hatte Suat ja nur den Dialog gesucht und spontan zugestochen, als Nicole sich weigerte …
http://www.pi-news.net/2009/11/verstaendnis-im-parkhausmordprozess/

Der Präzedenzfall von Dresden (III)
Von Thorsten Hinz
Ich packe gerade die Presseberichte über den Fall der getöteten Ägypterin Marwa el-Sharbini zusammen, darunter die Artikel von Gisela Friedrichsen und Sabine Rückert, die Gerichtreporterinnen vom Spiegel und der Zeit, die ich eigentlich sehr schätze. Deshalb ein letzter Blick aus einer anderen Perspektive auf diesen Fall.
Ich finde, daß die Berichterstattung komplett versagt hat. Vor allem hat sie sich keine Mühe gegeben, die Stummheit des Täters Alex W., seine Autoaggressivität, seine Selbstverletzungen während des Prozesses zu ergründen. Banale Erklärungen wie „Verstocktheit“ oder „Fanatismus“ mußten ausreichen.
Dabei drängen sich Parallelen zu Dramenfiguren von Gerhart Hauptmann auf. In ihnen toben Orkane, für die sie aber keine Sprache haben. Sie gestikulieren, stammeln, schreien, weinen, sie würgen zusammenhanglose Wortbrocken heraus, sie ersticken beinahe daran, nehmen sich am Ende das Leben oder erwürgen – wie die Kindsmörderin Rose Bernd – ihr Neugeborenes.
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display.154+M57acc30968e.0.html

„Jugendliche“ randalieren in Berg Fideler Kirche
Unbekannte Jugendliche im Alter von 15 bis 17 Jahren, 1,65 bis 1,67 Meter groß, mit dunklen, gegelten Haaren, gekleidet in Jacken und Jogginghosen – mit anderen Worten „Südländer“ – randalierten am Sonntag nachmittag in einer Kirche in Münster-Berg Fidel. Vom Lärm aufgeschreckte Mitglieder der Kirchgemeinde wollten im Gotteshaus nach dem rechten sehen.
Als ein Vertreter der Kirchengemeinde sich der Bande entgegenstellte, trat einer der Jugendlichen von innen mit Gewalt die Kirchentür auf, so daß sie beschädigt wurde. Anschließend wurde der Mann von den Randalierern beleidigt und bespuckt, als sie sich aus dem Staub machten. Abgesehen davon, daß das Täterprofil auf einen südländischen Bereicherungsfaktor hindeutet, ist allein schon die Tatsache erschreckend, was man mit einer Kirche alles anstellen kann, ohne daß es einen Skandal gibt – im Gegensatz zu religiösen Einrichtungen anderer Religionen.
http://www.pi-news.net/2009/11/jugendliche-randalieren-in-berg-fideler-kirche/

Kirchenschändung in Frankfurt: Jugendliche urinieren in den Kaiserdom und begingen Diebstahl
http://www.presseportal.de/polizeipresse/pm/4970/1511800/polizeipraesidium_frankfurt_am_main
http://www.bild.de/BILD/regional/frankfurt/dpa/2009/11/13/jugendliche-pinkeln-in-kirche-und-klauen.html
http://netplosiv.org/200935027/vermischtes/kriminalitaet/frankfurt-gotteshaus-mit-urin-geschaendet

Spanien
Übergewichtiger Bub auf Flucht vor Polizei
[„Der Fall sorgt in Spanien seit Wochen für Schlagzeilen. Er ist heikel, weil es sich bei den Betroffenen um eine Roma-Familie handelt, was den Behörden den Vorwurf der Minderheitenfeindlichkeit einbrachte.“]
http://www.nachrichten.at/nachrichten/weltspiegel/art17,293204
http://www.sueddeutsche.de/U5438S/3123770/Uebergewichtiger-Junge-flieht-vor-Behoerden.html

Südtirol: Notarzt ergreift die Flucht
Weil ein junger Mann mit seinem Motorrad tödlich verunglückt war, griffen Freunde und Verwandte nicht nur den Fahrer des gegnerischen Autos an, sondern die Rettungskräfte gleich mit. Der Verstorbene war Marokkaner.
http://www.pi-news.net/2009/11/suedtirol-notarzt-ergreift-die-flucht/

Paris: Werbegag endet mit Jagd auf Weiße
Was als Werbegag einer Internetfirma geplant war, endete am vergangenen Samstag in Paris in einem Fiasko voller Haß und Gewalt. Die Internetfirma Rentabiliweb hatte auf ihrer Webseite über Wochen für einen öffentlichen Geldregen aus einem Doppeldecker-Bus geworben. 5000 Umschläge mit jeweils fünf bis 500 Euro sollten in die Menge geworfen werden. Doch der Veranstalter hatte nicht mit 7000 Menschen, darunter vielen „Jugendlichen“, gerechnet.
http://www.pi-news.net/2009/11/paris-werbegag-endet-mit-jagd-auf-weisse/

Absage nach Massenansturm
Kein Geldregen über Paris
http://www.rp-online.de/panorama/ausland/Kein-Geldregen-ueber-Paris_aid_783004.html
http://www.n-tv.de/panorama/Werbeaktion-sorgt-fuer-Randale-article590857.html

In England regt sich Widerstand gegen die Überfremdung ...
Anti-Bericht über English Defense League
[pc-gesättigter Bericht, dennoch sehr sehenswert!]
http://www.youtube.com/watch?v=aiuWq0S7H9U&feature=player_embedded

Jeder zweite Europäer mit Vorurteilen
Studie: Deutschland bei negativen Meinungen über Minderheiten im Mittelfeld
[„Menschenfeindlichkeit in Europa“ wird über eine neue Studie des Instituts für Konflikt- und Gewaltforschung (Bielefeld) und der Amadeu-Antonio-Stiftung getitelt (Heitmeyer) behauptet; fragt sich nur, weshalb immer nur die eine Ethnie als „menschenfeindlich“ deklariert wird – „Migranten, Muslime, Juden, Frauen und Schwule“ (eine interessante Kombination von Opfer-Konstrukten) scheinen demnach weder „Menschenfeindlichkeit“ noch „Vorurteile“ zu kennen.]
http://www.welt.de/die-welt/politik/article5208287/Jeder-zweite-Europaeer-mit-Vorurteilen.html
http://www.dw-world.de/dw/article/0,,4891359,00.html
http://www.morgenpost.de/printarchiv/politik/article1207019/Studie-Vorurteile-sind-in-Europa-weit-verbreitet.html
http://www.neues-deutschland.de/artikel/159196.konservatismus-macht-anfaellig.html
http://www.scharf-links.de/46.0.html?&tx_ttnews%5Btt_news%5D=7571&tx_ttnews%5BbackPid%5D=3&cHash=a3b3019b5c

Angriff auf die Bildungsbürger
Von Insa Gall und Dorothea Siems
In vielen Bundesländern geht die CDU neue Wege in der Schulpolitik. Im Saarland und in Hamburg diktieren die Grünen die Richtung. In der Hansestadt will eine Volksinitiative die umstrittene Reform kippen. Vor allem Anhänger des Gymnasiums werfen der Union Verrat vor
http://www.welt.de/die-welt/politik/article5208254/Angriff-auf-die-Bildungsbuerger.html

Schulkampf
Karlheinz Weißmann
Den Kampf der Hamburger gegen die schwarz-grüne Schulreform kann man nur mit Sympathie verfolgen. Seit der Auseinandersetzung um die Hessischen Rahmenrichtlinien und die „Coop“-Schule in Nordrhein-Westfalen hat sich der Widerstand gegen absurde Bildungskonzepte nie so deutlich und so legitim gezeigt wie hier.
Wer allerdings meint, daß auf der Gegenseite nur Ahnungslosigkeit (CDU) und Verblendung (Grüne) den Ausschlag geben, der wird in einem Beitrag der FAZ über personalpolitische Hintergründe aufgeklärt, die nicht ganz ohne Bedeutung für die Pläne des Hamburger Senats sind, dem bewährten gegliederten Schulsystem endgültig den Garaus zu machen.
http://www.sezession.de/9154/schulkampf.html#more-9154

Eine ehrwürdige Institution bangt um ihre Zukunft
Von Insa Gall
Der Direktor des altsprachlichen Hamburger Elitegymnasiums Johanneum warnt vor den Folgen der umstrittenen Schulreform
http://www.welt.de/die-welt/politik/article5208253/Eine-ehrwuerdige-Institution-bangt-um-ihre-Zukunft.html

Schwarz-grünes Hamburg
Gegner der Schulreform erzwingen Volksentscheid
Von Birger Menke
Der Hamburger Schulkampf geht in die nächste Runde: 182.000 Unterschriften haben die Schulreform-Gegner nach eigenen Angaben gesammelt, dreimal soviel wie nötig. Damit naht ein Volksentscheid im Sommer 2010 – sehr kurz vor dem Schulstart. Hamburg droht ein Bildungschaos.
http://www.spiegel.de/schulspiegel/wissen/0,1518,661951,00.html

mercredi, 25 novembre 2009

Avraham Burg: du sionisme au post-sionisme

avraham-burg-lenfant-terrible-judaisme-L-2.pngAvraham Burg : du sionisme au post-sionisme

 

Le père d’Avraham Burg, Josef Burg (1909-1999), a participé à la plupart des gouvernements israéliens depuis l’émergence de l’Etat hébreu sur la scène politique internationale jusqu’à sa retraite en 1986. Il appartenait à un courant religieux du sionisme, l’idéologie fondatrice d’Israël. Son fils, Avraham Burg, a, lui aussi, toujours été un pilier de l’Etat hébreu. En 1995, il est devenu président de la « Jewish Agency », qui réglait les questions d’immigration en Israël, puis de la « World Zionist Organization ». Jusqu’en 2003, il a été le porte-paroles de la Knesseth. Aujourd’hui, cet homme, trempé depuis sa plus tendre enfance dans l’ambiance sioniste militante, est devenu l’enfant terrible d’Israël, le symbole d’une intelligentsia juive critique à l’endroit de ce sionisme fondateur. Ses critiques sont parues récemment en Allemagne, dans un ouvrage au titre volontairement provocateur : Hitler besiegen – Warum Israel sich endlich vom Holocaust lösen muss (= « Vaincre Hitler – Pourquoi Israël doit enfin se détacher de l’Holocauste ») et dans un entretien accordé à la revue juive indépendante d’Allemagne, Semit – Unabhängiges jüdische Zeitschrift, publiée par Abraham Melzer. John Mearsheimer, qui avait co-publié naguère un ouvrage qui analysait en profondeur les arcanes du lobby pro-Israël, écrit : « Tous ceux qui se soucient de l’avenir d’Israël, doivent lire ce livre ». Qu’en est-il ? Le DNZ de Munich nous en parle. En voici une version française :

 

Le livre d’Avraham Burg, ancien porte-paroles de la Knesseth, vient de paraître et s’intitule Hitler besiegen. Fils de Josef Burg, qui fut longtemps ministre de l’intérieur en Israël, Avraham Burg prend désormais ses distances par rapport au sionisme et remet ses thèses fondamentales en question.

 

Comme son père, qui avait quitté Dresde en 1939 pour émigrer vers la Palestine, Avraham Burg, né à Jérusalem en 1955, est un homme qui a joué un rôle important dans la représentation de l’Etat hébreu et dans la défense des intérêts israéliens. De 1999 à 2003, Avraham Burg a été le porte-paroles du parlement d’Israël. En coopération avec Israel Singer, à l’époque directeur du « World Jewish Congress », et avec Edgar Bronfman, alors président de ce même WJC, c’est lui qui a dirigé les négociations, assez tendues, avec les banques suisses, pour récupérer les sommes qui auraient été, dit-on, retenues par ces dernières, au détriment de clients juifs. En évoquant cette affaire, Avraham Burg écrit aujourd’hui : « Cette campagne a eu plus de succès qu’on ne l’avait escompté et a une fois de plus justifié l’existence du WJC, qui en est sorti renforcé ». Rappelons également qu’Avraham Burg a servi son pays comme officier dans une brigade parachutiste, mais après son service militaire s’est engagé dans le mouvement pacifiste « Peace Now ».

Regarder l’avenir et non se retourner vers le passé

 

hitlerbeseigen.jpgSon nouveau livre (280 pages, 22,90 euro, Campus Verlag, Frankfurt a. M.) révèle toutefois une certaine déchirure. D’une part, Avraham Burg est très fier de nous dire « qu’Israël est devenu la construction étatique juive la plus puissante de tous les temps » mais, d’autre part, il craint que le fait d’avoir systématiquement dépossédé les Arabes de leurs droits menace la paix et pourrait avoir des conséquences effroyables. Il pense que les exagérations du pouvoir israélien et la démesure des agressions qu’il perpète finiront tôt ou tard par avoir des effets menaçant pour l’existence même d’Israël. Pour Burg, Israël est désormais un Etat solidement établi et puissant mais semble nier cette réalité ; Burg écrit, à ce propos : « [Israël] dissimule cette gloire derrière de perpétuelles lamentations, parce que jadis nous avons subi un holocauste. Sans cesse, à cause de la Shoah, nous voulons une armée de plus en plus performante ; nous voulons davantage de moyens, que les contribuables d’autres pays doivent nous fournir et, de plus, nous exigeons le pardon automatique pour tous nos excès. Nous voulons être hissés au-dessus de toute critique et tout cela parce qu’un Hitler a régné jadis pendant douze ans ». Burg réclame pour ses concitoyens israéliens une voie vers l’avenir plutôt qu’un regard en permanence tourné vers le passé : il veut qu’ils se décident pour un monde meilleur.  Dans certains segments du judaïsme orthodoxe, pour autant qu’ils soient liés au nationalisme israélien, notre auteur voit une menace pour la paix mondiale.

 

En Israël, une véritable « industrie de la Shoah » s’est développée et la « shoahisation » serait, d’après Burg, devenue la seconde nature des Israéliens. Là, l’ancien porte-paroles de la Knesseth reconnaît : « Je rêve de la paix et je suis prêt à payer un prix élevé pour qu’elle advienne, et j’espère ardemment que mon pays cessera un jour de fouler aux pieds toutes les valeurs pour lesquelles nous nous étions engagés lorsque nous étions une minorité persécutée ».

 

Avraham Burg plaide pour que justice soit faite au peuple allemand. L’Allemagne, nous dit-il, a vécu un véritable traumatisme national : « … à cause de l’humiliation que les puissances victorieuses de la première guerre mondiale ont infligée à l’Allemagne, un pays qui n’avait pas réussi à sortir avec succès de la compétition entre les grandes puissances impérialistes d’Europe. L’Allemagne est ainsi devenue la nation la plus blessée et le plus humiliée d’Europe ». 

Le rituel de Yad Vashem

 

Dans ce livre, qui fourmille d’informations inédites et intéressantes, nous percevons le doute angoissant de l’auteur quand il analyse la situation politique actuelle. La politique de l’Etat israélien aujourd’hui n’est certes pas responsable de l’antisémitisme mais a contribué à faire augmenter partout la haine des juifs. Burg tient pour acquis que la Shoah revêt une importance capitale dans la mémoire de la nation, mais il nie l’hégémonie qu’elle exerce sur tous les aspects de la vie quotidienne juive, et si cette hégémonie n’existait pas, les Juifs eux aussi transformeraient ce souvenir sacré, et qui devrait en tous les cas de figure demeurer sacré, en objet de moqueries sacrilèges. Plus Israël reste ancré dans le passé marqué par Auschwitz, plus il éprouvera des difficultés à s’en libérer.

 

Avraham Burg décrit ensuite l’obligation qu’ont tous à aller visiter le sanctuaire de Yad Vashem : « Nous avons là un lieu du souvenir pour toutes les victimes, pour nous tous, et tous les visiteurs doivent y venir et prendre le deuil avec nous. C’est un rituel de la nouvelle religion israélienne. Les hôtes de l’Etat atterrissent à l’aéroport Ben Gourion, se rendent rapidement à leur hôtel, pour s’y rafraîchir, pour mettre un costume noir, se nouer une cravate ou se coiffer d’une kippa de velours comme un rabbin ou un cardinal, avant qu’on les amène illico à Yad Vashem à Jérusalem. Ils prennent des mines compassées, ils sont là un bouquet à la main et ils baissent la tête. Un chantre entonne la prière pour les morts, ‘Dieu plein de miséricorde’. Ils font trois pas en arrière puis s’engouffrent à nouveau dans leurs limousines et reviennent à la réalité, l’objet de leur visite, à la politique et à la diplomatie ».

 

Plus de soixante ans après sa mort, Hitler exerce toujours une influence sur les juifs américains : « Israël joue le rôle d’un cowboy et les juifs américains lui offrent une aide stratégique, dans le mesure où ils forcent chaque gouvernement américain à soutenir Israël. Et pour cette raison, Israël soutient le gouvernement américain, s’il est à son tour soutenu par les organisations juives, qui, elles, soutiennent Israël et reçoivent en retour un soutien de l’Etat hébreu ».

Des racines allemandes et libérales

 

A l’évidence, l’auteur est issu d’une famille juive allemande et libérale. On l’aperçoit clairement à la lecture de phrases comme celle-ci : « Otto von Bismarck a été le père fondateur du IIème Reich allemand. Au début des années 70 du 19ème siècle, il a pu réaliser un rêve qu’il caressait depuis plus de vingt ans. En quelques mois, il a vaincu l’armée de Napoléon III et a fondé l’Empire allemand à Versailles en France. Par cet acte, il a hissé l’Allemagne au même rang que les autres puissances européennes. La plupart des Allemands, y compris ceux qui étaient de confession juive, ont perçu l’unification des pays allemands comme un acte de libération historique, à valeur quasi messianique ».

 

Lorsqu’Avraham Burg présenta sa future femme à son père, alors ministre de l’intérieur de l’Etat d’Israël, celui-ci se fâcha : « Comment ça ! Tu m’as dit qu’elle était française ! Mais ce n’est pas vrai, elle est des nôtres ! Elle est d’Alsace ! Bismarck nous a rendu l’Alsace et la Lorraine en 1871 ! Strasbourg nous appartient ! ».

 

La critique générale de Burg porte en fait sur la « double morale » : « Au lieu de nous conduire comme une grande puissance, lorsque nous attaquons, et comme un petit pays fragile, lorsque nous sommes attaqués ou critiqués, nous nous présentons toujours comme une superpuissance. Konrad Adenauer, le premier chancelier de l’Allemagne d’après-guerre, a dit un jour, que le judaïsme mondial était une grande puissance… Nous, les Israéliens juifs, nous sommes le noyau de la puissance juive dans le monde ».  

Les exagérations nuisent à la cause d’Israël

 

vaincrehitler.jpgAvraham Burg craint surtout les nuisances que les exagérations peuvent entrainer : « Nous avons fait de la Shoah un moyen au service du peuple juif. Nous en avons même fait une arme, qui est plus puissante que les forces armées israéliennes ».  Et, plus loin : « L’holocauste nous appartient, et tous les autres crimes du monde sont des maux normaux, ne relèvent pas d’un holocauste. Et comme ils ne relèvent pas de l’holocauste, dit le juif, ils ne me concernent pas ».

 

Ce type de parti-pris unilatéral met notre auteur en colère : « Israël et le peuple juif nient tous les autres assassinats de masse, car nous nous sommes emparé de la Shoah et nous l’avons monopolisée. Ce refus d’empathie participe du moyen que nous sommes donné : tous les autres assassinats de masse en viennent à être minimisés, nous les posons comme dépourvus de signification et nous les ignorons ». Israël, conclut Burg, doit abandonner Auschwitz. Et, pour finir : si Israël se libère de son obsession de la Shoah et de son exclusivisme, alors le monde tout entier sera plus libre.

 

(article paru dans DNZ, Munich, n°44/2009). 

Georg Trakl: "Triumph des Todes"

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Triumph des Todes

Peter Brueghel d. Ä. pinxit, ca. 1562 -
cf.: http://rezistant.blogspot.com

O der Seele nächtlicher Flügelschlag:
Hirten gingen wir einst an dämmernden Wäldern hin
Und es folgte das rote Wild, die grüne Blume und der lallende Quell
Demutsvoll. O, der uralte Ton des Heimchens,
Blut blühend am Opferstein
Und der Schrei des einsamen Vogels über der grünen Stille des Teichs.

O, ihr Kreuzzüge und glühenden Martern
Des Fleisches, Fallen purpurner Früchte
Im Abendgarten, wo vor Zeiten die frommen Jünger gegangen,
Kriegsleute nun, erwachend aus Wunden und Sternenträumen.
O, das sanfte Zyanenbündel der Nacht.

O, ihr Zeiten der Stille und goldener Herbste,
Da wir friedliche Mönche die purpurne Traube gekeltert;
Und rings erglänzten Hügel und Wald.
O, ihr Jagden und Schlösser; Ruh des Abends,
Da in seiner Kammer der Mensch Gerechtes sann,
In stummem Gebet um Gottes lebendiges Haupt rang.

O, die bittere Stunde des Untergangs,
Da wir ein steinernes Antlitz in schwarzen Wassern beschaun.
Aber strahlend heben die silbernen Lider die Liebenden:
Ein Geschlecht. Weihrauch strömt von rosigen Kissen
Und der süsse Gesang der Auferstandenen.

Georg Trakl, Abendländisches Lied.

mardi, 24 novembre 2009

Entretien avec Bernd Rabehl: Chute du Mur, l'Allemagne a fêté son américanisation!

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Entretien avec Bernd RABEHL:

 

Chute du Mur: l’Allemagne a fêté son américanisation!

 

Bernd Rabehl, ancien professeur de sociologie, animateur de la contestation étudiante autour de Rudy Dutschke en 1967-68, nous transmet ses réflexions vingt ans après la chute du Mur et la mort de la RDA. Pour lui, ces vingt années ont fait disparaître les valeurs authentiquement allemandes.

 

Q.: Professeur Rabehl, il y a vingt ans, le Mur de Berlin tombait. Quelles mutations l’Allemagne a-t-elle connue depuis lors?

 

Bernd_Rabehl_2009.jpgBR: L’Allemagne s’est transformée à grande vitesse! D’abord, la “RDA” a été totalement démantelée; son industrie, dans une large mesure, a été délibérément détruite, ce qui a fait naître des zones dés-industrialisées en Allemagne. Ensuite, un tiers de sa population, surtout les diplômés universitaires et la main-d’oeuvre qualifiée, a quitté les nouveaux Länder de l’Est pour ceux de l’Ouest ou, même, pour les Etats-Unis ou l’Australie. Certes, on doit aussi dire qu’une petite part de cette industrie s’est maintenue et développée mais, quoi qu’il en soit, on ne peut pas parler d’une parité entre les nouveaux Länder de l’Est et les anciens Länder de l’Ouest.

 

Q.: Quel héritage l’ancienne “RDA” a-t-elle finalement apporté à la République Fédérale après la réunification?

 

BR: Votre question est intéressante parce que la politique de la SED (ndt: le parti du pouvoir en RDA, rassemblant les partis communiste et socialiste) se référait toujours à des traditions allemandes et surtout à des traditions prussiennes. Dans cette optique, la politique de la RDA restait dans le cadre de la tradition politique allemande, alors que l’Allemagne de l’Ouest s’en était détachée depuis longtemps.

 

Q.: Si l’Allemagne de l’Ouest s’était détachée de l’ancienne tradition, l’unité allemande, qui résulte du processus de réunification, peut-elle être considérée, en quelque sorte, comme un “accident de l’histoire”?

 

BR: Les partis politiques de l’Allemagne de l’Ouest ne voulaient pas la réunification, et Helmut Kohl non plus, parce que la CDU (ndt: le puissant parti démocrate-chrétien) partait du principe qu’il devait y avoir désormais deux Etats allemands. Ensuite, personne, à l’Ouest, n’avait imaginé que la RDA pouvait subitement s’effondrer: on avait donc admis, comme fait acquis, cette dualité étatique allemande et, qui plus est, on ne voulait plus rien avoir à faire avec l’ancienne Allemagne, avec la tradition politique allemande. C’est l’Union Soviétique qui a mis en branle le processus de la réunification allemande, parce que l’Europe de l’Est toute entière menaçait de s’écrouler. Dans ce contexte, les élites du KGB, qui entouraient Gorbatchev, savaient que cela pouvait entraîner une révolution ou même une guerre parce que l’Armée Rouge et ses généraux n’étaiernt pas prêts à assumer l’effondrement de leur appareil militaire et de leur Etat. Voilà pourquoi on a préparé l’affaire à Moscou deux ou trois ans auparavant et mis tout en oeuvre pour que la réunification ait lieu de manière pacifique: Kohl a donc reçu entre les mains une réunification clef sur porte. Le président américain de l’époque, Bush Senior, et Gorbatchev ont donc négocié entre eux la réunification et ont dit ensuite à l’Allemand Kohl: “Tu peux y aller, la réunification est possible”. Et lorsque les grandes manifestations de Leipzig, Berlin-Est et Rostock ont eu lieu, il était clair que la RDA ne pouvait plus se maintenir parce que les Russes n’étaient plus prêts à la soutenir en tant qu’Etat.

 

Q: Dans quelle mesure, ce que vous appelez en Allemagne le “consensus antifasciste de base” (“Antifaschistischer Grundkonsens”), qui était l’idéologie fondatrice de la RDA,  est-il devenu après la réunification un dogme politique général, y compris dans les anciens Länder de l’Ouest?

 

BR: L’antifascisme en RDA désignait l’ennemi, tous les ennemis. Etaient considérés comme “fascistes”, tous ceux qui n’adhéraient pas au système. Parmi eux, il y avait des sociaux-démocrates, des libéraux, des gauchistes et bien entendu des conservateurs et des réactionnaires. Le “fascisme”, ainsi entendu, était un concept de lutte, extensible à l’infini, tout comme l’antifascisme d’ailleurs. Au moment où la République Fédérale a perdu son ennemie la RDA, il s’est opéré un glissement: en RFA, c’était auparavant le contraire, ce n’était pas le fascisme que l’on désignait comme ennemi principal, c’était le communisme, c’était lui le grand ennemi et c’était la subversion communiste qu’il fallait combattre. Le support étatique allemand du communisme allemand a donc disparu et, par voie de conséquence, l’antifascisme a été repris et utilisé dans l’Allemagne réunifiée, cette fois contre la tradition politique nationale, contre ce qu’il restait de la “prussianité”, contre toutes les volontés de changement, contre tous ceux qui récriminent contre les empiètements de l’Union Européenne, etc. Dans ce contexte, il est significatif de constater que les partis d’Allemagne de l’Ouest, bien avant 1990, et sur le modèle américain, ont mis en avant les droits de l’homme et les “libertés” individuelles et n’ont plus mis l’accent sur l’importance de maintenir intactes les assises de la culture allemande, de la langue allemande, des valeurs spécifiquement allemandes et surtout ont abandonné progressivement toutes les traditions politiques et étatiques allemandes.

 

Q.: Si les valeurs allemandes n’ont plus aucune importance, que célèbre-t-on alors en République Fédérale réunifiée?

 

bruecke_BM_Be_473190k.jpgBR: Dans le fond, ce que l’on célèbre, ce dont on se réjouit, c’est du fait qu’il n’y a pas eu de révolutions, ni à l’Est ni à l’Ouest. A l’Est, les gens sont descendus dans les rues et ont hurlé “Nous sommes un seul peuple!”, mais on les a amadoués par une réforme monétaire et par des oboles de quelques centaines de marks données gratuitement pour leur souhaiter la bienvenue à l’Ouest. C’est ainsi qu’ils ont perdu leur identité politique. Aussi parce qu’ils étaient très faiblement organisés auparavant et parce qu’il n’y avait aucune continuité pour leurs protestations dans l’opposition. Ce que l’on célèbre, maintenant, vingt ans après, c’est le fait que la Constitution, la Loi Fondamentale, et les structures de la République Fédérale ont été implantées sans peine dans les provinces qui formaient la RDA. Et c’est ainsi qu’il n’est rien resté de la RDA. Donc, dans le fonds, ce que l’on célèbre, c’est l’américanisation totale de toutes les Allemagnes.

 

Q.: N’est-il pas remarquable que vingt ans après la chute du Mur de Berlin, le Traité de Lisbonne consacre la “dés-étatisation” de l’Allemagne et des autres Etats membres de l’UE?

 

BR: On “dés-étatise” effectivement tous les Etats nationaux et donc aussi l’Etat allemand. L’UE acquiert dans ce processus une souveraineté supra-étatique et devient ainsi un “Super-Etat”. Mais l’Europe n’en devient pas pour autant une grande puissance: elle ne le peut parce qu’elle est liée aux Etats-Unis, par les traités qui régissent l’OTAN et par les accords en matière de sécurité. On a certes fait quelques timides efforts pour accéder au statut de grande puissance mais, au début de l’année 2003, les Etats-Unis sont intevenus pour enrayer le processus et ont bien fait comprendre aux Européens que les Etats-Unis seuls, ou éventuellement l’ONU, décidaient de la guerre ou de la paix, tant et si bien que le “Super-Etat” européen n’avait pas à trancher dans cette question ô combien cruciale. Or tout Etat qui ne peut décider par lui-même de la guerre ou de la paix n’est pas un Etat souverain!

 

Q.: Quelles forces se profilent-elles derrière cette évolution, quelles forces poussent-elles en avant la “dés-étatisation” des Etats nationaux européens?

 

BR: Indubitablement, ce sont les Etats-Unis qui, depuis 1945, cherchent systématiquement à imposer à l’Europe leur propre système politique. Lorsque l’on songe aux partis, alors nous constatons que ne gouvernent généralement que deux partis, soit par le biais d’une coalition, comme en Allemagne, soit par alternance comme aux Etats-Unis, où c’est tantôt l’un tantôt l’autre parti qui fournit le président. Ce système politique, que je qualifie de “libéralisme matériel”, a pris pied en Allemagne. Dans le passé, l’Etat primait toujours: ce furent tour à tour l’Etat monarchiste ou l’Etat de l’administration ou de la fonction publique indépendantes, qui s’opposèrent à l’Etat partitocratique, à l’Etat perverti par les machines politiciennes et partisanes. Après 1945, l’Etat est devenu le jouet des intérêts politiciens et partisans. Comme on le dit vulgairement aujourd’hui, l’Etat a dégénéré en une “auberge” sans structure, où les intérêts partisans cherchent à glaner le maximum de prébendes et d’avantages. Et cela, c’est typiquement américain.

 

Q.: A quoi l’Allemagne va-t-elle ressembler d’ici vingt ans, à votre avis, le jour où l’on fêtera les quarante ans de la chute du Mur?

 

BR: Cela dépendra des conséquences qu’aura, dans la vie politique de la nation, la sélection à rebours que systématisent nos pseudo-élites, une sélection négative que favorisent les partis et qui produit un personnel politique toujours plus médiocre. Si la corruption s’impose partout, si les intérêts privés des groupes et des lobbies finissent par dominer à l’intérieur des partis et de la machine étatique elle-même, alors nous sombrerons dans la paralysie politique. L’Etat et les gouvernements seront dans l’incapacité d’agir, situation dont nous percevons déjà les signes avant-coureurs, une involution que nous apercevions déjà du temps de Kohl, qui est visible chez Merkel. Tout gouvernement affecté d’une telle paralysie, qui élude les problèmes ou qui réagit différemment selon les situations, se révélera incapable de maîtriser les crises qui surviendront; par conséquent, de tels gouvernements ne pourront pas résoudre les conflits sociaux ni éliminer ni piloter les contradictions au sein de la société. J’oserais alors affirmer que les peuples et les nations d’Europe, à un certain moment, entreront en résistance, que les classes sociales, que je n’exclus pas du processus d’insurrection potentiel, se dresseront elles aussi contre cette inaction fatale, parce que tous diront, tout simplement, “ça ne va plus, ça ne peut plus continuer ainsi!”. Si Angela Merkel ne trouve aucune solution pour Opel, les ouvriers risquent bien de descendre dans la rue, de taper sur la table et d’exiger que l’on trouve des solutions. Et quand les autres nations d’Europe, à leur tour, se sentiront grugées, alors, elles aussi, entreront en résistance.

 

(propos recueillis par Bernhard Tomaschitz pour l’hebdomadaire viennois “zur Zeit”, n°46/2009; trad. franç.:  Robert Steuckers).

 

 

Les origines de l'ostalgie

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Les origines de l'ostalgie

Ex: http://unitepopulaire.org/

« Le débat sur la RDA est resté au point mort ou, plus exactement, qu’il a été étranglé par l’unité allemande. La vie de presque tous les Allemands de l’Est ayant été de ce fait bouleversée de fond en comble, débattre de “l’autre époque” eût été un grand luxe. Il fallait d’abord souscrire les bonnes assurances, se former aux entretiens d’embauche, apprendre ce qu’était un propriétaire bailleur. La vie après la chute du Mur a été, pour de nombreux Allemands de l’Est, tellement dévorée par ces aspects peu romantiques que tout regard en arrière aurait été contre-productif. Je me suis mis à la sociologie pour en finir une bonne fois pour toutes avec ce que Neues Deutschland [l’organe du Parti] m’avait inculqué. Seuls ceux qui ne trouvaient pas leur place dans la nouvelle société, trop étrangère, pouvaient se permettre de penser à la RDA – un pays où tous les problèmes que l’on ne parvient pas à résoudre aujourd’hui n’existaient pas. C’est là que la nostalgie de la RDA a fait son apparition et s’est répandue comme une traînée de poudre, tant étaient nombreux ceux qui n’avaient pas pu s’adapter et menaient une vie insatisfaisante. Il y en avait bien plus qu’on ne le supposait à l’Ouest. Et ce n’étaient pas seulement des anciens de la Stasi et autre vermine de l’appareil d’Etat.

Le photographe Joachim Liebe a retrouvé, des années plus tard, les gens qui étaient passés par hasard devant son objectif à l’automne 1989 et il a parlé avec eux. Sur les dix personnes photographiées qui ont accepté de s’exprimer, une seule a déclaré avoir réussi sa vie. Les autres font comme ils peuvent, se débrouillent, serrent les dents. Et, je le souligne encore, ce n’étaient pas des gens démis de leurs fonctions, mais des manifestants qui avaient précipité la chute de la RDA. Il est évident que, sur tous les Allemands de l’Est que nous sommes, un seul pouvait devenir chancelier, mais l’unité aurait dû nous offrir un meilleur taux de réussite que celui de un sur dix.» 

 

Thomas Brussig, sociologue, Cicero (Allemagne), octobre 2009

00:30 Publié dans Actualité | Lien permanent | Commentaires (0) | Tags : allemagne, rda, actualité, sociologie | |  del.icio.us | | Digg! Digg |  Facebook