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vendredi, 24 avril 2020

La destra radicale noglobal. Antimondialismo e capitalismo

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La destra radicale noglobal. Antimondialismo e capitalismo

di Matteo Luca Andriola

Pronunciare oggi la parola antiglobalizzazione, ai più fa venire in mente la sinistra radicale e l’area della contestazione nata alla fine degli anni Novanta nota come “movimento noglobal”: area multivariegata, composta da associazioni e gruppi che contestano il processo della globalizzazione neoliberista, fonte di inaccettabili iniquità tra Nord e Sud del mondo e all’interno delle singole società nazionali, in lotta contro lo strapote re delle multinazionali e le politiche liberoscambiste seguite dal Fondo Monetario Internazionale (Fmi) e dalla Wto (World Trade Organization). È giusto però porsi una domanda: vista l’egemonia della sinistra su tale movimento di protesta transnazionale, per la forte presenza di soggetti neomarxisti, ecologisti e vicini all’antagonismo, il fenomeno di questa contestazione si limita alla sinistra? No.

514w1uiG9SL._SX310_BO1,204,203,200_.jpgMarco Fraquelli, autore del volume A destra di Porto Alegre. Perché la Destra è più no-global della Sinistra (Rubbettino, 2005) sottolinea – pur essendo egli stesso di sinistra e discepolo del politologo Giorgio Galli – che i movimenti noglobal, nati a Seattle nel 1999 e protagonisti di importanti battaglie storiche, come la nascita nel 2001 del Social Forum di Porto Alegre in contrapposizione al World Economic Forum di Davos, e la contestazione del G8 di Genova, tendono “a contestare la globalizzazione convinti comunque che si tratti di un fenomeno che, attraverso opportuni correttivi, possa virare verso orizzonti positivi”, “che possa esistere insomma una globalizzazione ‘dal volto umano’, che sia possibile in altri termini, definire e imporre una nuova governance (e questo spiega per esempio le istanze per l’applicazione della Tobin Tax, per la cancellazione del debito contratto dai Paesi poveri, ecc.)” (1): ciò mostra che questi movimenti accettano le implicazioni della globalizzazione, rifiutando solamente il lato economico (“la Sinistra ha come obiettivo la mondializzazione senza il mercato” scrive Jean-François Revel), essendo figli dell’universalismo.

Al contrario la cultura di destra (termine usato dall’autore operando un’evidente quanto utile semplificazione, che racchiude complesse esperienze radicali-tradizionaliste, comunitariste o la Nuova destra metapolitica) presenta “molto spesso, nei confronti della globalizzazione, posizioni assai più radicali rispetto ai movimenti liberali e di sinistra” essendo “interprete ‘costituzionalmente’ di un nichilismo così profondo da non lasciare alcun margine a istanze in qualche modo riformatrici” (2), dato che nella sua lunga storia ha espresso valori come identità, patria, comunità, specificità e senso della gerarchia; tutti valori intrinsecamente antagonisti a qualsivoglia visione uniformante e globalista. Ma ciò significa che è anche contro il sistema economico capitalista?

Il mondialismo: il sistema per uccidere i popoli

Il grande cambio di paradigmi culturali in seno alla cultura di destra, che spinge diversi suoi settori ad archiviare l’analisi cospirazionista di marca antisemita dei fenomeni globali – che partendo dai Protocolli dei Savi di Sion porta alle riflessioni di Emmanuel Malynski (autore di un saggio sulla “guerra occulta”) e di Julius Evola – avviene in Francia in seno al Grece (Groupement de recherche et d’études pour la civilisation européenne), il centro studi francese patrocinato dal 1969 da Alain de Benoist e da altri intellettuali provenienti da destra, che si fa portavoce delle istanze della cosiddetta nouvelle droite; in Italia ciò avviene dentro la redazione del mensile Orion, fondato da Maurizio Murelli nel 1984, che dopo l’iniziale “linea nazional-rivoluzionaria” “vicina alle posizioni tradizionaliste-rivoluzionarie di Franco ‘Giorgio’ Freda” (3), arriva a proporre arditamente – non senza i condizionamenti della nouvelle droite – una ‘nuova sintesi’ nazionalcomunista: l’unione degli ideali del “fascismo-movimento” (secondo l’espressione coniata da Renzo De Felice) con quelli del bolscevismo pre-regime, accanto a un occhio di riguardo per il mondo islamico (soprattutto l’Iran di Khomeini) e la spiritualità russa. Un accostamento ‘rivoluzionario’ che li porta a riunire in un unico pantheon richiami a Julius Evola, Léon Degrelle, Alain de Benoist e Aleksandr Dugin, a Mao Zedong, Fidel Castro, Iosif Stalin, Che Guevara, Yasser Arafat, la guerriglia corsa, basca e irlandese, arrivando fino alle tesi di Noam Chomsky e Serge Latouche; il tutto nell’ottica di un’aspra lotta al mondialismo, ovvero alla globalizzazione nel suo significato più profondo, non solo economico ma anche politico-culturale e antropologico, e ai suoi principali fautori, gli Usa.

81lRyFgYM-L.jpgLa nouvelle droite svilupperà le prime analisi sul mondialismo, che non declinerà mai nel cospirazionismo, descrivendolo come un tratto ontologico del capitalismo stesso, che per sua natura non può rimanere relegato entro i confini di un singolo Stato ma ha la tendenza a ‘mondializzarsi’. L’analisi del fenomeno viene fatta nel 1981 dall’esponente del Grece Guillaume Faye nel libro Le système à tuer les peuples (Il sistema per uccidere i popoli), dove l’autore, citando Weber, Schmitt, Habermas e la Scuola di Francoforte – ergo, non intellettuali di destra – spiega che dal 1945 si sarebbe sviluppato globalmente un Sistema, descritto in questi termini: “La caratteristica precipua del Sistema, che oggi esercita la sua azione alienante e repressiva in gradi diversi su tutti i popoli e tutte le culture, è in effetti quella di essere costituito da un insieme di strutture di potere – di carattere principalmente economico e culturale, ma anche direttamente politico, tramite le grandi potenze e le istituzioni internazionali – completamente inorganico, funzionante in modo meccanico, senza altro significato che la propria sopravvivenza ed espansione in vista di un’uscita definitiva dell’umanità dalla storia [...] le espressioni particolari del suo potere sociale sono [...] il monopolio dell’informazione e l’uso repressivo del potere culturale” (4). Una descrizione che ricorda la Megamacchina “tecno-socio-economica” analizzata negli anni Novanta da Serge Latouche, “un bolide che marcia a tutta velocità ma [che] ha perso il guidatore”, i cui effetti determinano “conseguenze distruttive non solo sulle culture nazionali, ma anche sul politico e, in definitiva, sul legame sociale, tanto al Nord quanto al Sud” (5). La principale arma usata dal Sistema per “uccidere l’anima” (l’identità) è una subdola forma di penetrazione culturale che omologa i costumi e, in conformità al vigente complesso economico, i consumi. Gli Stati Uniti, visto il loro carattere antitradizionale (è una nazione giovane nata dall’immigrazione e dal melting pot di popoli diversi fra loro) sono vittime stesse del Sistema da loro creato, che procede da solo per mezzo di una “classe tecnocratica cosmopolita” (manager, amministratori delegati, decisori finanziari) che dirige una politica ormai svuotata da ogni potere: “Contrariamente alle tesi marxiste, nessun ‘direttore d’orchestra’ più o meno occulto ci governa. Nessuna volontà coscientemente programmata anima l’insieme per mezzo di decisioni globali a lungo termine. Il potere tende a non aver più né ubicazione né volto; ma sono sorti poteri che ci circondano e ci fanno partecipare al nostro proprio asservimento. La ‘direzione’ delle società si effettua oggi al di fuori del concetto di Führung. Il Sistema funziona in gran parte per autoregolazione incitativa. I centri di decisione influiscono, tramite gli investimenti, le tattiche economiche e le tattiche tecnologiche, sulle forme di vita sociale senza che vi sia alcuna concertazione d’assieme. Strategie separate e sempre impostate sul breve termine si incontrano e convergono. Questa convergenza va nel senso del rafforzamento del Sistema stesso, della sua cultura mondialista, della sua sovranazionalità, così che il Sistema funziona per se stesso, senza altro fine che la propria crescita. Le sue istanze direttive molteplici decentrate, si confondono con la sua stessa struttura organizzativa. Imprese nazionali, amministrazioni statali, multinazionali, reti bancarie, organismi internazionali si ripartiscono tutti un potere frammentato. Eppure, a dispetto, o forse proprio a causa dei conflitti interni d’interessi, come la concorrenza commerciale, l’insieme risulta ordinato alla costruzione dello stesso mondo, dello stesso tipo di società, del predominio degli stessi valori. Tutto concorda nell’indebolire le culture dei popoli e le sovranità nazionali, e nello stabilire su tutta la Terra la stessa civilizzazione” (6). Il Sistema cancella i territori e le loro sovranità, modellandole così a immagine e somiglianza dell’unico sistema vincente, quello nordamericano: “Il mondialismo del Sistema non procede dunque per conquista o repressione degli insiemi territoriali e nazionali, ma per digestione lenta; diffonde le sue strutture materiali e mentali insediandole a lato e al di sopra dei valori nazionali e territoriali. Si ‘stabilisce’ come i quaccheri, senza tentare di irreggimentare direttamente, [...] parassitando i valori e le tradizioni di radicamento territoriale. La presa di coscienza del fenomeno si rivela di conseguenza difficile. Parallelamente alla loro formazione ‘nazionale’ i giovani dirigenti d’azienda del mondo intero hanno oggi bisogno, per vendersi e valorizzarsi, del diploma di una scuola americana. Niente di obbligatorio in questa procedura; ma poco a poco il valore di questo diploma americano e ‘occidentale’ soppianta gli insegnamenti nazionali, la cui credibilità deperisce. Un’istruzione economica mondiale unica vede allora la luce. Essa veicola naturalmente l’ideologia del Sistema” (7).

Couv-elements-50.jpgErgo, la nouvelle droite, grazie al volume di Guillaume Faye, de-ebraicizza e de-complottizza l’analisi sul mondialismo, anche se negli ambienti del radicalismo di destra il concetto continuava sovrapporsi alla retorica antigiudaica. Non è casuale che Orion, che nel decennio Novanta sarà Organo del Fronte antimondialista, nei primi anni di vita editoriale, e cioè fra il 1984 e il 1987 circa, userà ancora tematiche cospirazioni ste antigiudaiche pescate dai Protocolli dei Savi di Sion, denunciando alleanze occulte fra l’alta finanza, ovviamente ebraica, le organizzazioni massoniche con a capo il B’nai B’rith, e i numerosi circoli sionisti sparsi in tutto l’Occidente, descritti come “l’architrave del progetto mondialista” dato che sarebbero tutti “casa, borsa e Sinagoga” (8). Il sionismo e il mondialismo sarebbero quindi considerate le due facce della stessa medaglia: il sionismo è “una delle componenti più importanti [...] del discorso mondialista” si legge in Orion, “il sionismo [...] è genocida e razzista [...] oggi l’unico vero razzismo esistente al mondo è quello praticato dal sionismo nazionale e internazionale. Un razzismo che affonda le sue radici nella storia, nella cultura e nella religione ma, certamente, l’unico vero e identificabile potere razzista e genocida” (9).

Col tempo i toni si sgrezzeranno, e anche se Orion continuerà a essere un’avanguardia del revisionismo (o forse è il caso di parlare di negazionismo) sull’Olocausto (10), presto lo sarà a livello continentale, grazie alla costruzione di soggetti transeuropei come il Fronte europeo di liberazione e Sinergie europee.

Il mondialismo è presentato come “un’ideologia, un progetto, una tendenza [...] parte integrante di progetti variamente formulati da diverse organizzazioni tra di loro alleate e concorrenti al tempo stesso”; si afferma “che il Governo Mondiale è un progetto perseguito e non realizzato; che comunque queste organizzazioni hanno un potere enorme e controllano diversi Paesi attraverso mezzadri insediati nei governi, attraverso l’alta finanza, il sistema bancario, il sistema creditizio, l’infiltrazione in organismi come l’Onu, il Gatt, l’Unicef ecc.; esse controllano inoltre la totalità dei mezzi di informazione e cercano di agire in modo discreto per plasmare menti e condizionare caratteri; lavora per lo sfruttamento intensivo del Terzo Mondo; lavora attraverso il controllo geopolitico, geofinanziario, geoenergetico; lavora per distruggere culture e popoli, per omologare, omogeneizzare, appiattire, uniformare” (11). Nell’analisi economica fatta da Orion esistono degli attori, soggetti che comporrebbero le varie lobby oligarchiche che sviluppano il disegno mondialista, gruppi totalmente svincolati da ogni legame partitico e governativo e da ogni controllo pubblico, capaci di condizionare i “partiti mondialisti” che portano avanti tale progetto nella società civile, omologandola all’American way of life: “Il governo planetario, o come si desidera definirlo, va pensato come un insieme di attori ciascuno dei quali adempie a un ruolo ben preciso, e che si rapporta con gli altri senza vincoli burocratico-gerarchici, quando piuttosto secondo un equilibrio che assomiglia più a un concetto di interfunzionalità reciproca di diversi elementi” (12). Parliamo di organizzazioni multilaterali a sfondo economico-finanziario, come banche centrali, banche d’affari e investitori istituzionali, agenzie di stampa e media, agenzie di rating e, infine, club internazionali a sfondo politico. Nel primo caso fanno capo a organismi come la Wto, la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale, tutti organismi “mondialisti”, a cui si sommano l’Organizzazione di Bali per la supervisione bancaria, lo Iosco (Organizzazione internazionale delle commissioni nazionali emettitrici di titoli obbligazionari), l’Isma (International securities market association) e l’equivalente per i titoli obbligazionari, l’Iso, i quali, “lungi dal perseguire gli obiettivi dichiarati, ovvero la salvaguardia della libertà degli scambi commerciali, economici e finanziari, attuano, attraverso il costante governo dei flussi dei beni, delle monete e dei titoli finanziari un rigoroso controllo delle politiche commerciali e finanziarie dei singoli Paesi, a esclusivo favore di quelli occidentali, che possono così penetrare gli altri mercati del mondo senza dover soggiacere alla legge della reciprocità, cosa che minaccerebbe di rompere gli equilibri di forza e di potere acquisito esistenti tra le diverse monete” (13).

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La Banca mondiale quindi, sorta per finanziare i Paesi sottosviluppati tramite risorse prelevate dai Paesi più ricchi (“non a caso”, nota Fraquelli, “il nome originale con cui sorse a Bretton Woods era quello di Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo”), non favorisce in realtà i Paesi finanziati, bensì le multinazionali lì presenti, ergo l’Occidente. Alcune di esse hanno dimensioni finanziarie e produttive superiori a quelle di Stati sovrani: l’azienda automobilistica Ford – registrava Orion – ha negli anni Novanta giri d’affari superiori all’ammontare delle entrate di Stati come la Norvegia e l’Arabia Saudita, mentre il colosso del tabacco Philip Morris vanta un volume di vendite il cui valore supera il prodotto interno lordo della Nuova Zelanda (14).

Tali risorse quindi, prelevate dalle economie deboli, servirebbero a sostenere gli investimenti delle multinazionali private presenti in tali Paesi. Chi favorisce la disuguaglianza economico-finanziaria sono le banche centrali come la Federal Riserve, la Bundesbank tedesca e, poi, la Banca centrale europea, tutti soggetti istituzionali che perseguono l’obiettivo di conciliare le esigenze dei mercati americano e tedesco verso gli altri “attori mondialisti”, come le banche d’affari; la quintessenza, se ci pensiamo, del processo di finanziarizzazione dell’economia, “perché senza alcuna definita collocazione geografica” e quindi “apolidi”, ma presenti in una fitta “rete globale” presente in tutto il mondo, realtà come Morgan Stanley, Goldman Sachs, Merill Lynch, Salomon Brothers e JP Morgan, per citare le più importanti, si muovono come “gestori delle interazioni tra le decisioni ‘politiche’ prese a livello di organismi multilaterali e specifici settori delle economie locali, quali per esempio le banche domestiche, i fondi d’investimento, i governi stessi (attraverso le privatizzazioni, tutte gestite dalle cinque banche menzionate) e gli enti territoriali. Di fatto queste banche rappresentano il lato ‘ufficiale’ degli orientamenti del governo mondiale, e hanno il ruolo di ‘guru’” (15).

orionex.jpgFondamentali poi i club internazionali politici, i quali ufficiosamente fungerebbero da cardine fra i vari “attori mondialisti”, quali la Trilateral Commission, il Bilderberg Group e il Club di Roma, a cui Orion dedica numerose analisi e, all’inizio, l’inserto Orion-finanza – diretto dal torinese Mario Borghezio, poi esponente della Lega Nord e tramite fra il Carroccio e il radicalismo di destra. Nell’ultimo fascicolo, il numero 4 del maggio 1986, Orion pubblica per la prima volta l’elenco dei membri della Trilateral Commission, organizzazione che prende il nome dalla teoria del suo ideologo, Zbigniw Brzezinsky, che teorizza la fine del bipolarismo indicando in “tre pilastri” – Usa, Giappone e Europa occidentale – gli attori di un progetto liberoscambista capace di avvicinare tali zone per poi unificare il sistema economico-finanziario. Grazie a pubblicazioni di questo tipo – nonostante persista una certa retorica antiebraica – Orion cerca di archiviare l’ormai vetusta e desueta teoria del ‘grande complotto’ a opera della “grande piovra ‘giudaico-massonica’ che manovrerebbe tutto. Descrivendo un vertice della Trilateral tenutosi a Madrid dopo la riunione del G7 a Tokyo a metà anni Ottanta, che vedeva riunite persone come David Rockfeller, Isamu Yamashita, Giovanni Agnelli, Zbigniew Brzezinski (ex consigliere di Jimmy Carter) e Robert McNamara, tutti interessati alla Spagna soprattutto dopo il suo ingresso nella Comunità europea per il suo ruolo strategico (“trampolino di lancio per la strategia mondialista americana”) per le sue relazioni coi Paesi arabi, il Nord Africa e l’America Latina, ruolo svolto precedentemente dal Giappone per l’Europa, Murelli scriverà: “Chi oggi si domanda come sia stata possibile l’espansione dell’industria giapponese in così breve tempo, trova in questa autorevole dichiarazione la risposta al quesito”. La Trilateral Commission “sta soppiantando le vecchie strutture mondialiste quali la Massoneria”. Infatti, continua Murelli, “è forse un caso che la politica finanziaria nazionale di questi ultimi tempi ha come chiodo fisso, per esempio, l’internazionalizzazione non solo dei capitali, ma anche e soprattutto delle imprese e della produzione? È forse un caso che se mentre colano a picco personaggi come Calvi e Sindona emergono i vari De Benedetti, Berlusconi, Agnelli ecc.? È forse un caso che proprio Agnelli si sia battuto affinché l’affare Sirwkoski fosse vantaggioso per un’impresa americana piuttosto che da un’impresa italiana? E ancora: è un caso che l’Avvocato sostenga l’acquisto di Alfa Romeo da parte della Ford, azienda automobilistica che attraverso la sua Fondazione – ma guarda caso! – assieme alla Lilly Endowment, alla Rockfeller Brothers Fund e alla Kattering Fondation ha, fin dall’inizio, costituito una delle principali fonti di finanziamento della Trilateral?” (16).

A1tSMdVKPdL.jpgLe pubblicazioni della Società Editrice Barbarossa, contestando l’analisi complottista, inizieranno a identificare negli Stati Uniti il principale motore del mondialismo (contraddicendo così l’analisi di Guillaume Faye secondo cui tale processo di omologazione non presenterebbe “nessun ‘direttore d’orchestra’ più o meno occulto” che “anima l’insieme per mezzo di decisioni globali a lungo termine”), per il suo volere “la creazione di un unico governo o amministrazione (il Nuovo Ordine Mondiale), di un unico assetto politico, istituzionale e sociale (il liberismo), di un unico sistema di valori (individualismo-egualitarismo-dottrina dei Diritti dell’Uomo), e quindi di un unico insieme di costumi e di stile di vita (il consumismo) estesi a tutta la Terra e funzionali al dominio assoluto da parte delle forze politiche, economiche e culturali che lo incarnano: le élite della finanza mondiale!” (17). Si attacca l’Occidente, un sistema americanocentrico (una centralità dovuta al fatto che la stragrande maggioranza delle multinazionali e le più influenti lobby finanziarie hanno la loro sede legale negli Stati Uniti), anche se i suoi centri d’irradiazione sono policentrici e sparsi in tutto il globo. Infatti, “le imprese multinazionali – oltre l’80 per cento dei casi a sede statunitense – dominano il mercato delle principali derrate di base e degli altri settore chiave (macchinari industriali e agricoli, fertilizzanti, elettronica, ecc.)” (18). Gli ingredienti per la creazione di questo One World (il Nuovo Ordine Mondiale) uniformato all’American way of life sarebbero le “strutture tecnoeconomiche, l’ideologia universalista e la sottocultura di massa che potremmo definire – sottolinea Faye – ‘americano occidentale’”.

Per Gabriele Adinolfi “tutte le ideologie moderne sono mondialiste, dal liberalismo al comunismo alla socialdemocrazia. E ciò non si limita alle ideologie moderne: possiamo anzi dire che il reale scontro ideologico che ha caratterizzato gli ultimi diciotto secoli della nostra storia sia proprio quello tra l’ideale di mondialismo e l’idea di universalità. La divergenza fra questi è palese. La prima concezione è tipicamente immanente, fa capo a un’organizzazione materiale al contempo super e trans partes che si traduce immancabilmente in un modello uniforme sul quale debbono appiattirsi, deformandosi e spegnendosi per forza di cose, tutte le singole individualità e collettività. L’altra [...] si fonda su di un’idea gerarchica e trascendentale rappresentata non da un apparato esclusivista (quali per esempio una Chiesa o il partito comunista) ma da un centro ideale che sia al contempo riferimento, fusione, sintesi ed elemento di trascendenza (quale fu a suo tempo l’imperatore o meglio l’idea di Impero) [...] Custodendo gelosamente le singole differenze come altrettanti patrimoni, l’universalità le unisce e le salda esclusivamente in un’idea spirituale trascendentale, non in un modello culturale totalizzante come pretende al contrario il mondialismo [...] Il mondialismo è infatti il frutto di un’idea monoteistica, totalizzante, di filiazione diretta dall’Antico Testamento. L’universalità, viceversa, è al contempo monistica e politeistica” (19).

GAnom.jpgIdentificando nel monoteismo giudaico-cristiano la cultura principalmente responsabile della genesi del mondialismo, notiamo come il gruppo di Orion recuperi le suggestioni neopagane della nouvelle droite, però scevre da ogni rimando di tipo antisemita. L’altra peculiarità del mondialismo è il rifarsi all’“ideologia universalista”, espletata “sia attraverso l’utopia cosmopolita e pacifista alla Emergency oppure tramite lo sbrigativo pragmatismo yankee alla Bush”, una “moderna religione” laica che fa sua la dottrina dei diritti umani, “la suprema espressione dell’Egualitarismo”, una “tendenza storica nata e affermatasi per la prima volta nella storia con il giudeo-cristianesimo e in seguito dispiegatasi storicamente nelle sue varianti laiche (democrazia liberale, comunismo, mondialismo ecc.)”, che impone una “morale presuntamente universale [che] fornisce l’armatura ideologica a un neo-colonialismo che al posto del ‘fardello dell’uomo bianco’ ha oggi come giustificazione un devastante cocktail di angelismo e ipocrisia. [...] La distruzione dei popoli passa anche da qui, dall’imposizione a livello planetario dei ‘valori’ occidentali e dalla conseguente disintegrazione di ogni legame organico, di ogni tradizione particolare, di ogni residuo di comunità – tutti ostacoli alla presa di coscienza della nuova ‘identità globale’ da parte del cittadino dell’era della globalizzazione. [...] rigettare la dottrina dei diritti dell’uomo non significa parteggiare per lo sterminio, per l’ingiustizia o per l’odio. [...] Il riconoscimento dei diritti umani, di per sé, non fonda proprio nulla, se non quel tipo di giustizia e di libertà che, tautologicamente, si trovano espresse... nella dottrina dei diritti umani! Malgrado il fatto che i sostenitori di tale dottrina continuino a pensare di aver ‘inventato la felicità’, occorre sostenere con decisione che un’altra giustizia, un’altra libertà, un’altra pace sono possibili. Opporsi ai diritti dell’uomo significa rifiutare una morale, un’antropologia, una certa idea dei rapporti internazionali e della politica, una visione del mondo globale figlia di una tendenza storica ben individuabile” (20).

Nella visione liberale – ‘figlia’ dell’illuminismo e della rivoluzione del 1789 e ‘madre’ del mondialismo – l’uomo è solo un individuo e se condariamente è membro di una cultura/comunità. Nell’idea tradizionale l’uomo è concepito olisticamente come parte della comunità organica. A una visione liberale fondata sui diritti dell’uomo, si contrappone una visione antimondialista fondata sui diritti dei popoli, delle etnie e delle comunità, incarnata dall’Euthereos, concezione indoeuropea dell’appartenenza, dove l’uomo è libero se è libera la sua comunità tradizionale: “Al leitmotiv dei diritti dell’uomo noi opponiamo la visione sinfonica secondo cui siamo dei popoli che rifiutiamo di lasciarci considerare un gregge portato verso gli altari o verso i mattatoi della società mercantile [...] Per quanto sembrino lontani dalle nostre preoccupazioni materiali, è con la carne e con lo spirito dei territori, dei clan, delle tradizioni e delle patrie, delle comunità e dei gruppi intermedi che bisogna ricollegarsi, poiché sono loro che conservano al mondo le sue varietà, la sua densità organica, la sua poesia, e innalzano ancora arcipelaghi di resistenza nei confronti dell’Impero della ragione totalitaria ammantata di morale che favorisce, volente o nolente, la colonizzazione delle terre da parte dei soli interessi tecno-economici e la trasformazione dell’uomo in semplici relais-robot dei circuiti di produzione-consumo” (21). L’etnocidio e la successiva costruzione di una società multietnica attraverso l’immigrazione e il melting-pot passerebbe dall’imposizione di un’etica universale che omologherebbe il tutto sotto un unico modello, edificato per gradi, “estirpando ogni precedente identità (e quindi differenza). La cancellazione delle differenze è a priori trascendentale, la condizione di possibilità della ‘società’ multirazziale. Ma con cosa riempire questo vuoto? Ricorrendo necessariamente a uno strumento astratto (e quindi ideologico). E allora: il diritto è la risposta; dunque accomunare ogni uomo attraverso il diritto” (22). E se questo diritto nasce con la Modernità, il problema, quindi, è essa, tout court. In ossequio a Evola, uno dei testi più emblematici di Carlo Terracciano è Rivolta contro il mondialismo moderno, dove l’autore vede la tradizione come il baluardo contro la cosiddetta ‘sovversione’ mondialista, un atto “rivoluzionario” in quanto capace di contrastare il sistema che sovverte le naturali radici dei popoli. Infatti, “se la conservazione è il contrario della Tradizione che è rivoluzionaria, la Sovversione, come tutti i fenomeni di ribellismo del mondo moderno, è una rivoluzione di segno contrario, una Contro-rivoluzione, sempre nel senso tradizionale del termine. Essa infatti, nel momento stesso in cui pretende di distruggere le forme del presente (e questo è il suo aspetto più positivo) lo fa nel nome e nel segno della ‘modernità’, come catego ria mentale e spirituale [...]. La sovversione tende a ribaltare le forme del passato per conservare l’essenza del presente, cioè il modernismo antitradizionale, cercando così di arrestare il vero processo rivoluzionario che chiuda un ciclo e ne apra uno nuovo. È insomma un’altra forma della conservazione [...]. Nel mondo moderno, alla fine di un ciclo, ogni distruzione del passato e del presente è propedeutica al compiersi del ciclo storico medesimo” (23).

GAdomani.jpgUn antimondialismo che non è anticapitalismo

L’analisi antimondialista, nonostante tocchi punti interessanti, è più debole rispetto a quella anticapitalista marxiana: non mette infatti in discussione il capitalismo e contesta le dinamiche globali e transnazionali solo nella sfera culturale, ergo sovrastrutturale. Insomma, tolta la retorica antiebraica, rimane, aggiornata, la critica dei vecchi fascismi al capitalismo apolide – e in tal caso improduttivo perché nato dalla speculazione, dall’usura – da contrapporre al capitalismo ‘sano’, quello locale e produttivo, dove il motore è il ‘produttore’, termine che sottintende sia il lavoratore che l’imprenditore in nome di una ricetta corporativa, la so cializzazione fascista della Rsi, che Orion, archiviato il nazionalcomunismo, riscopre negli anni Duemila quando diventa un faro per l’area ‘non conforme’ (cioè CasaPound). Non casualmente Gabriele Adinolfi, nel marzo 2005 scrive che “la Socializzazione rappresenta indiscutibilmente il compimento estremo della rivoluzione sociale mussoliniana. Economicamente essa rappresenta il punto di rottura con il capitalismo. Non è assolutamente vero che durante il Ventennio l’economia fascista sia stata capitalista: tutt’altro. Ogni intervento legislativo attesta la continua aggressione, da parte dello Stato nazionale e proletario, allo strapotere privato. Il Corporativismo, all’inverso di quanto ha voluto sostenere la propaganda marxista, ha rappresentato un’esperienza controcorrente rispetto al capitalismo, incentrata sull’organicità sociale. Il capitalismo, ovviamente, esercitò da sempre un’azione di contenimento rispetto alla rivoluzione autoritaria del Duce; sicché, inchiodato in una logica di azione/reazione, il Regime aveva finito col riuscire a imporre agli industriali un rapporto di armonia tra lavoro e capitale, tra società e individualità. In questa logica di armonia (contrassegnata dal procedere inesorabile dell’azione sociale del Capo) si mantiene il rapporto capitale-lavoro durante il Ventennio” (24). Una lettura revisionista ed edulcorata del regime mussoliniano quella di Adinolfi, che ‘dimentica’ le origini antioperaie dello squadrismo mussoliniano e la prima fase deflazionista e neoliberista del regime, opportunisticamente archiviata dopo la crisi borsistica del 1929, che colpì il capitalismo mondiale (a esclusione dell’Unione Sovietica) e obbligò il capitalismo, per resistere all’urto, a ricorrere al sostegno dello Stato, imponendo al fascismo l’attuazione di riforme corporativiste. Riforme che, con la Repubblica Sociale, spinsero l’ala populista del fascismo repubblicano a radicalizzarsi, ma solo alla fine (verso il dicembre del 1944) col boicottaggio degli occupanti/alleati tedeschi (il che dovrebbe far riflettere quando oggi l’estrema destra si erge ad alfiera del ‘sovranismo’). Insomma, il corporativismo solidarista auspicato in risposta al mondialismo, è solo una governance del capitalismo.

C’è però da chiedersi perché tali riflessioni, come notava Fraquelli, paiono più innovative, più ‘rivoluzionarie’. Va detto che esse vengono elaborate in una fase cruciale di cambi paradigmatici in seno al capitalismo globale, ovvero a cavallo degli anni Settanta e Ottanta, quando avvengono dei profondi mutamenti di natura strutturale, dato che, conclusi i famosi Trenta gloriosi (1945-1975), si ha l’avvio “della società post industriale, caratterizzata dalla fine del modello fordista e della centralità operaia, dallo sviluppo del terziario avanzato e dalla prima globalizzazione finanziaria, con la deindustrializzazione, le delocalizzazioni, i primi flussi migratori. Prende il via la rivoluzione conservatrice neoliberista degli anni Ottanta, che non coinvolgerà solo Ronald Reagan negli Stati Uniti e Margaret Thatcher in Gran Bretagna, ma muterà anche la genetica della sinistra. È il caso del francese François Mitterand e, in Italia, del Psi di Bettino Craxi” (25), una rivoluzione neoliberista che spingerà i settori più dinamici della destra culturale a dare una lettura più profonda rispetto a quelle date precedentemente.

La fase corrisponde non solo all’abbandono del pensiero marxiano da parte della socialdemocrazia, ma pure alla sua debolezza in seno ai partiti comunisti. Se negli anni Settanta era ancora egemone, è negli anni Ottanta “che si registra l’avvio della fase discendente della cultura marxista in Italia. Questa viene attaccata ‘dall’esterno’ (gli apparati ideologici dello Stato borghese), ‘dall’interno’ (vengono a galla le tendenze interne al Pci che puntano a una sua trasformazione socialdemocratica o si rafforzano le tendenze che prendono le distanze da Lenin o dal marxismo orientale) e ‘di lato’ (sorgono riviste e centri studio per influire sul dibattito interno del Partito)” (26), con l’epilogo odierno di una sinistra radicale comunista (o postcomunista?) che attua nei primi anni Novanta la sua rifondazione su basi ideologiche fragili ed eclettiche, che pescano più dalla nuova sinistra anni Sessanta.

9200000076235957.jpgUna delle motivazioni di tale crisi, rileva il filosofo marxista Domenco Losurdo, è da ricercare dal fatto che la sinistra italiana e occidentale risulta assente, incapace di rendersi realmente indipendente dal sistema imperialistico, quando non colpevole di aver spianato la strada a un neoimperialismo di ritorno sotto forma di guerre di esportazione della democrazia occidentale, veicolando un pregiudizio eurocentrico e inconsciamente razzista. Secondo Losurdo questo avviene perché s’è creata una dicotomia fra marxismo occidentale, “che ha sviluppato una sua personale riflessione separandosi dallo sviluppo del pensiero marxista nel resto del mondo, un marxismo occidentale che ha influenzato i movimenti della cosiddetta ‘nuova sinistra’ e il filone sviluppatosi dal ‘68 in poi, divenendo egemone dopo il crollo dell’Unione Sovietica. Un pensiero, i cui cantori odierni sarebbero Negri, Hardt, Zizec e prima ancora Foucault e Arent, che ha rimosso dalle sue riflessioni il nodo della lotta antimperialista di matrice leninista e quello sullo sviluppo delle forze produttive, come invece hanno continuato a fare quei movimenti affermatisi fuori dall’Occidente, che si sono posti l’obiettivo di fare uscire dalla miseria e dalla fame centinaia di milioni di essere umani” (27). Tutti intellettuali – pensiamo alla fortuna entro Rifondazione comunista o nell’area noglobal del libro di Toni Negri e Michael Hardt Impero e Moltitudini – che non contestavano la globalizzazione in quanto tale, ma solo la sua governance èlitaria, auspicandone, come notava Fraquelli all’inizio, una dal “volto umano”, cioè gestita dal basso.

Sta di fatto che la Kulturkritik delle nuove destre metapolitiche – una versione aggiornata della Konservative Revolution sviluppatasi a Weimar fra le due guerre e del filone antimoderno e aristocratico nietzscheano – cerca di rielaborare se stessa in risposta e reazione alla post modernità. Se la destra, con un intellettuale atipico come Alain de Benoist, ha cercato di uscire dal gorgo rielaborando la propria cultura, così non ha fatto la sinistra, che la propria cultura l’ha rinnegata. È in questo spazio che la nouvelle droite ha avuto gioco facile a sviluppare la sua strategia culturale. Ed è su questo terreno che la sinistra deve riflettere, per non perdere la battaglia sociale che caratterizzerà il futuro scontro politico.


Note
1 M. Fraquelli, A destra di Porto Alegre. Perché la Destra è più noglobal della Sinistra, con un’introduzione di G. Galli, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2005, p. 7
2 Ibidem
3 P.-A. Taguieff, Sulla Nuova destra. Itinerario di un intellettuale atipico, Firenze, Vallecchi, 2004, pp. 65, 66 (ed. orig. Sur la Nouvelle Droite, Paris, Descartes & Ce, 1994)
4 G. Faye, Il sistema per uccidere i popoli, 1981, 1º ed. it., Edizioni dell’Uomo libero, 1983, ristampato dalle Edizioni Barbarossa nel 1997, pp. 37, 38
5 S. Latouche, La megamacchina. Ragione tecnoscientifica, ragione economica e mito del progresso, Torino, Bollati Boringhieri, 1995, p. 29
6 G. Faye, Il sistema per uccidere i popoli, cit., p. 82
7 Ibidem, p. 59
8 C. Terracciano, Caleidoscopio Giugno 1987 e dintorni: Apocalypse now, in Orion, n. 34, giugno 1987, p. 292
9 Così nel commento al Manifesto Politico del convegno organizzato dal mensile, tenutosi a Milano il 17 maggio 1987, pubblicato su Orion, n. 33, luglio 1987, p. 339
10 Cfr. M. L. Andriola, La retorica antigiudaica e il negazionismo sulle pagine del mensile Orion, in Giornale di Storia Contemporanea, nuova serie, n. 1/2016, pp. 177-196
11 M. Murelli, Fisionomia ed essenza del mondialismo, in Orion, n. 74, novembre 1990, p. 1
12 Centro Studi Orion, La conformazione del potere mondialista, in Orion, nuova serie, n. 165, giugno 1998, p. 35
13 M. Fraquelli, A destra di Porto Alegre, cit., p. 44
14 R. Barnet, J. Cavanagh, Le trame del conflitto mondiale, in Orion, nuova serie, n. 125, febbraio 1995, p. 34
15 Centro Studi Orion, La conformazione del potere mondialista, cit., p. 36
16 M. Murelli, La Trilaterale, in Orion, n. 21, giugno 1986, pp. 149 (a p. 148 lo schema della Trilateral). Per confermare la sua tesi, Murelli cita la seguente dichiarazione di Zbigniew Brzezinski: “Dobbiamo sostituire il sistema internazionale attuale con un sistema nel quale devono essere integrate le potenze attive e creatrici emerse negli ultimi tempi. Questo sistema deve comprendere anche il Giappone, il Brasile, i Paesi produttori di petrolio inclusa l’Unione Sovietica [...] Sarà un mondo nel quale le supremazie nazionali spariranno”. Z. Brzezinski, dichiarazione rilasciata a ¿Que pasa?, n. 662-663, agosto 1979, cit. in Ibidem. Tornando al Giappone, è lì che nell’ottobre 1973 nacque la Trilateral, dato che in quell’anno fra Usa ed Europa vi fu “il deterioramento delle relazioni comuni (ricordiamo semplicemente l’effetto della crisi del dollaro e del sistema monetario internazionale) ma anche per il crescente isolamento del Giappone e ciò in contrasto con la sua potenza economica”. J. Carvajal, dichiarazione rilasciata a Diario 16, 18 giugno 1986, p. 21. Jaime Carvajal fu Presidente del Banco Industrial e noto trilateralista
17 G. Santoro, Dominio Globale. Liberoscambismo e Globalizzazione, Cusano Milanino, Società Editrice Barbarossa, 1998
18 G. Santoro, Il Mito del libero mercato, Cusano Milanino, Società Editrice Barbarossa, 1997, p. 135
19 G. Adinolfi, Nuovo ordine mondiale. Tra imperialismo e impero, Cusano Milanino, Società Editrice Barbarossa, 2006, pp. 185, 186
20 A. Scianca, Diritti dell’uomo?, in Orion, nuova serie, n. 226, luglio 2003. Adriano Scianca diverrà poi responsabile culturale di CasaPound, e oggi dirige la rivista online e cartacea Il Primato Nazionale, sempre vicina ai ‘fascisti del III millennio’
21 J. Marlaud, Per una critica radicale ai diritti dell’uomo, in Orion, nuova serie, n. 94, luglio 1992, p. 25
22 G. Damiano, Elogio delle differenze, Padova, Edizioni di Ar, 1999
23 C. Terracciano, Rivolta contro il mondialismo moderno, Molfetta, Noctua Edizioni, 2002, p. 144
24 G. Adinolfi, Le mine dimenticate, in Orion, nuova serie, n. 246, marzo 2005, pp. 15, 16
25 M. L. Andriola, Fra postmodernità, crisi del marxismo e affermazione delle nuo- ve destre metapolitiche: il caso italiano, in Paginauno, n. 62, aprile-maggio 2019, p. 48. Rimando a S.G. Azzarà, Crisi della cultura di massa, postmodernismo e necessità della menzogna, in Marxismo Oggi, n. 1-2, 2011, pp. 71-144
26 F. Maringiò, Marxismo oggi in Occidente: le ragioni di una crisi e la necessità di una rinascita, in Marx21.it, 5 maggio 2018, ora al link http://www.marx21.it/index.- php/storia-teoria-e-scienza/marxismo/28984-marxismo-oggi-in-occidente-le-ragioni- di-una-crisi-e-la-necessita-di-una-rinascita
27 Cfr. D. Losurdo, Il marxismo occidentale. Come nacque, come morì, come può rinascere, Roma-Bari, Laterza, 2017

Après la crise: «il ne faut pas de retour à la normale»

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Après la crise: «il ne faut pas de retour à la normale»

Entretien avec Louis Alexandre

Ex: Infos Toulouse

Louis Alexandre, rédacteur en chef de la revue Rébellion et spécialiste des questions sociales, analyse la situation sociale née du confinement et présente l’actualité de sa revue.

Après la crise sanitaire, la crise sociale ? C’est la crainte pour les renseignements généraux mais aussi pour la prédictions de nombreux spécialistes. Alors que des « efforts » seront demandés aux employés pour aider l’économie à se relever, Louis Alexandre craint que ce ne soit qu’un écran de fumée pour détruire encore plus le droit des travailleurs.

Infos-Toulouse : Le Covid-19 est à l’origine d’une crise sans précédent. Pensez-vous qu’un retour à la normale est possible rapidement ?

Louis Alexandre : Cela est possible malheureusement. Le pire est que tout rentre dans la norme voulue par nos gouvernants. Qu’on oublie les sacrifices des uns et les responsabilités des autres. Que les milliers de morts des hôpitaux et des Ehpad ne soient plus que des statistiques dans un rapport, qu’on ne tire pas les enseignements de tout cela. Mais je doute que cela soit aussi facile pour l’oligarchie. Si elle utilise la peur et la culpabilisation pour soumettre les esprits, la colère née de sa gestion calamiteuse de la situation sanitaire laisse penser qu’un nouveau cycle de révoltes va prendre la suite du mouvement des Gilets jaunes.

13814045_735413443263059_1374951334852381386_n.jpgCroyez-vous que le gouvernement tire des enseignements de la situation?

Il n’aura pas le choix car la colère populaire va lui présenter l’addition. « Nous sommes en guerre », martelait frénétiquement Emmanuel Macron lors de sa première intervention. Oui, en effet, ils sont en guerre sociale depuis son élection. Élu parce qu’étant le dernier barrage de l’oligarchie face à la montée du populisme, la macronie mène un lutte sans merci contre toutes les conquêtes sociales des travailleurs français et l’idée d’une nation solidaire. Dans sa politique intérieure comme extérieure, son agenda était d’imposer sa vision libérale d’un monde sans limite.

La crise sanitaire du Covid-19 a profondément bouleversé leurs plans car c’est une remise en question radicale du modèle mondialiste. Comme on l’avait observé lors des premiers jours de mobilisation des Gilets jaunes, le gouvernement a paniqué devant une situation nouvelle et tragique. Ils n’ont pas été à la hauteur des enjeux et cela s’est vu. La honte tue quand le roi se réveille nu.

Heureusement pour lui, la force régalienne de l’État a repris le dessus. Sauvée hier par les forces de l’ordre républicain des Gilets jaunes, la macronie a survécu grâce au dévouement des professionnels de santé. La machine a tourné uniquement par le travail des classes laborieuses qui ont assuré leurs devoirs alors que les élites fuyaient leurs responsabilités.

« Macron a tiré une balle dans la nuque du Code du travail »

Que vous inspirent les mesures d’urgence pour le redémarrage ?

C’est ma crainte. On aura beau applaudir les infirmières, célébrer les petits paysans et saluer le travail des ouvriers qui font tourner la nation durant cette crise, on risque de ne pas voir le hold-up que prépare l’oligarchie sur notre dos. Le MEDEF a déjà déclaré qu’il fallait donner un bon coup de fouet pour relancer la machine ! Macron avait commencé à tuer le Code du travail quand il était ministre de Hollande, là il lui a tiré une balle dans la nuque. Le patronat en rêvait, le Covid-19 l’a fait…

L’autre point très inquiétant est le développement de la surveillance numérique de masse. Les dispositifs de traçage et de contrôle social qui risquent d’être mis en oeuvre pour des raisons sanitaires, seront très utiles pour garantir une reprise sans explosion de révolte. Comme les lois antiterroristes post-Charlie, beaucoup de mesures de surveillance peuvent devenir des armes contre toute forme de dissidence au sein de la population.

Lire aussi : Pour un professeur, prix Nobel, le coronavirus a été créé « dans un laboratoire chinois »

Rébellion78-glissées.jpgQue vous inspirent les théories du complots présentes sur le net ?

Les gens doutent, avec raison du système, et les « Fakes News » propagées par le médias officiels n’y sont pas pour rien. Après je me méfie beaucoup des vertus incapacitantes de ce genre de lubies. À trop chercher les détails, on perd la logique de l’ensemble. Qu’un chinois ait choppé la maladie dans un bol de soupe au pangolin ou que la CIA (ou autres) ait créé le virus en laboratoire, ce sont d’abord les conséquences immédiates qu’ils faut combattre.

« Cette force ne sera pas perdue »

L’avenir est donc sombre selon vous ?

« Il faut opposer au pessimisme de la raison l’optimisme de la volonté », disait Gramsci. Il y a des choses très positives qui ont été semées dans les esprits. Les semaines de confinement ont aussi déconfiné l’imaginaire et la pensée collective. On a vu que la solidarité et l’entraide était toujours présente chez les « braves gens ». Que la spiritualité pouvait être vivante en dehors d’un cadre social établi. On a compris ce qui était essentiel à nos vies. Cette force ne sera pas perdue, j’en suis certain.

Lire aussi : Antoine Font, agriculteur : « Cette crise va recentrer les gens sur les produits français »

MV5BMGY4YTM1YTItYmZhMS00NDg5LWIyOTItYjZhMmJkYTgwOTBiXkEyXkFqcGdeQXVyNDkzNTM2ODg@._V1_UY317_CR4,0,214,317_AL_.jpgOn peut transposer l’avis du philosophe Slavoj Zizek sur les thèses complotistes sur les attaques du 11 septembre : « Il n’est pas nécessaire, de toute façon, de l’avoir organisé. Cela a servi à justifier une certaine politique. Et c’est encore mieux, dans la perspective, si cela n’a pas été prémédité. C’est cela surtout qu’il faut voir. Sans même une quelconque conspiration, cela fonctionne. D’un autre côté, il est vrai qu’il y a quelque chose, qui justifie que l’on réfléchisse à l’existence de figures paranoïaques conspirationnelles. (…) Aujourd’hui, avec la technologie, on sait ce qui se passe, partout. C’est pourquoi les États ont sans cesse besoin d’intervention secrètes. Il y a certainement des conspirations, partout, à cause de cette connaissance technologique de l’état du monde. De toutes les façons, je le répète, nous n’avons pas besoin de conspiration pour comprendre l’exploitation que l’on a faite du 11 septembre ».

Comment la revue Rébellion prépare la suite ?

En travaillant d’arrache-pied comme toujours. Les dernières semaines furent intenses en matière de diffusion sur notre site avec plusieurs articles publiés pour tenir en éveil nos lecteurs. Nous avons eu aussi un élan de soutien sans précédent, d’abonnements et de commandes. Je voudrais d’ailleurs remercier l’ensemble de ce nouveau public (mais aussi les anciens qui reviennent nous aider pour l’occasion) qui viennent nous donner les moyens d’assurer un nouvel élan pour nos initiatives.

La sortie du numéro 88 devra avoir lieu prochainement. Après 18 ans d’existence, Rébellion se renouvelle constamment et la jeune équipe qui émerge est surement la plus prometteuse de son histoire. De manière militante, il faut profiter de cette période de « calme avant la tempête » pour faire le bilan des expériences passée et surtout de redonner une dimension positive, créatrice et dynamique à notre engagement. Beaucoup de balivernes ont été balayées par la crise (le survivalisme du dimanche, la misanthropie en carton et le complotisme bidon), on ne doit pas retomber dans cela et proposer autre chose de plus constructif.

Un dernier mot ?

Prenez soin de vous et de vos familles ! Rendez-vous utile et préparez l’alternative !

Propos recueillis par R. Sterling.

L’affaire Airbus et les réponses européennes à l’extraterritorialité du droit américain

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L’affaire Airbus et les réponses européennes à l’extraterritorialité du droit américain

Auteur : Florent Rabottin
Ex: http://www.zejournal.mobi
 

Les multiples condamnations des sociétés européennes par les tribunaux américains ont marqué les esprits. La France en fut une cible privilégiée avec des amendes représentant ces dernières années plus de 20 milliards d’euros. En 2017, une utilisation encore plus agressive de la législation américaine permettant à General Electric de prendre le contrôle d’Alstom Énergie s’est matérialisée par l’organisation d’une campagne d’intimidation, l’incarcération d’un cadre dirigeant (Frédéric Pierucci[i]) et des menaces personnelles contre les dirigeants français du groupe. Comment se fait-il que les États-Unis puissent sanctionner nos entreprises ? Comment répondre à ses intrusions juridiques et économiques ?

La moralité comme prétexte à la défense des intérêts économiques

La genèse de l’extraterritorialité du droit américain commença par le scandale du Watergate qui met au jour un système de corruption de hauts fonctionnaires étrangers par des entreprises américaines. En réaction, le Foreign Corrupt Practices Act (FCPA) fut promulgué le 19 décembre 1977 afin de lutter contre la corruption d’agents publics à l’étranger. Les multinationales américaines s’émeuvent alors d’une législation qui ne leur permettent plus d’agir à armes égales face à leurs concurrents étrangers, ceux-ci pouvant continuer à utiliser la corruption afin d’obtenir des marchés. Débute alors un long travail d’influence juridique des autorités et des multinationales américaines pour imposer ces nouvelles dispositions le plus largement possible. Dans cet objectif, une étape majeure est franchie avec l’adoption par l’OCDE, le 17 décembre 1997, de la Convention de lutte contre la corruption d’agents publics étrangers dans les transactions commerciales internationales qui « transpose » le FCPA aux pays représentant la grande majorité de l’économie mondiale[ii]. La justice américaine obtient alors toute légitimité pour lancer des enquêtes à l’encontre de sociétés quelle estime être en infraction de sa législation.

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Deux ans plus tard et les attentats du 11 septembre 2011, un nouveau front s’ouvre contre le terrorisme et ses sources financières liées à la corruption, source d’argent sale susceptible de soutenir des projets d’attaques islamistes[iii]. Sous ce prétexte, le Patriot Act donne aux services de renseignement américains la capacité quasi illimitée de collecter des informations[iv]. Après la chute de l’URSS, les services de renseignements se concentrent ainsi sur une nouvelle cible : les communications commerciales. L’Administration américaine dispose désormais des moyens nécessaires à l’espionnage industriel à grande échelle afin de capter des secrets d’affaires et de constituer des dossiers pour corruption en fonction des intérêts des États-Unis. On s’aperçoit alors que « les propos « vertueux », les bonnes intentions affichées traduisent moins le souci d’éradiquer réellement les pratiques corruptrices, que la propension à jeter le discrédit sur des concurrents afin d’ouvrir de nouveaux marchés aux intérêts américains[v]». L’extraterritorialité du droit américain est désormais pleinement opérationnelle.

Un mécanisme juridique étendu, soutenu par un système étatique organisé

En vertu du principe de souveraineté, chaque État légifère librement, les lois étant régies par le principe de territorialité. Cela signifie que les textes régulièrement adoptés s’appliquent sur son territoire, à l’intérieur de ses frontières. Par exception, l’administration américaine applique sa propre norme juridique, adoptée par ses représentants nationaux, à un acteur économique étranger au-delà de ses frontières. La notion d’extraterritorialité du droit américain va même plus loin[vi], consistant en « une grande variété de lois et mécanismes juridiques conférant aux autorités américaines la capacité de soumettre des entreprises étrangères à leurs standards […] de capter leur savoir-faire, d’entraver les efforts de développement des concurrents […] contrôler ou surveiller des sociétés étrangères gênantes ou convoitées […]. ». De cette manière, les États-Unis s’attribuent une compétence judiciaire universelle grâce à l’application extensive de critères de rattachement territoriaux, souvent très ténus, tels que l’usage du dollar, d’un serveur de messagerie numérique américain, d’un composant électronique, voire d’un photocopieur ou d’un smartphone de fabrication américaine[vii].

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Deux agences sont chargées de faire respecter ces lois : le DoJ (Department of Justice) et la SEC (Security exchange commission). Ces procédures sont initiées et alimentées par les services de renseignement de la CIA (Central Intelligence Agency) à la NSA (National Security Agency) en passant par le FBI (Federal Bureau of Investigation) et ses agents placés dans les ambassades. L’information est alors remontée en utilisant si besoin des sources rémunérées, voire des organisations non gouvernementales[viii]. Ces informations sont traitées par divers organismes : le DoJ, le Trésor (Departement of Treasure), la SEC (Security exchange commission), la Réserve fédérale et l’OFAC (Office of Foreign Assets Control), qui surveille l’application des sanctions internationales américaines. À cela peut s’ajouter l’action de procureurs locaux, voire d’États, comme celui de New York, qui sont régulièrement partie prenante dans les procédures contre les grands groupes étrangers. Les procédures d’investigations américaines étant généralement assurées par des cabinets d’avocats et d’audit anglo-saxons fortement rémunérés par les groupes européens pour rassembler les preuves de leur culpabilité[ix]. Les sanctions résultant de ces négociations ne sont pas juridiques mais permettent d’annuler une procédure qui pourrait se poursuivre devant des tribunaux américains. Le DoJ joue ainsi sur la « peur » du juge en cas de procédure judiciaire qui serait plus longue et surtout plus coûteuse en cas de condamnation. Cette appréhension empêche les entreprises accusées de se prévaloir des lois de blocage, qui leur permettent de ne pas communiquer à des autorités étrangères des documents stratégiques pouvant porter atteinte à la souveraineté ou aux intérêts économiques essentiels de leur pays d’origine.

Des initiatives de riposte juridique européennes

Après des années de victimisation, plusieurs textes ont été promulgués afin de tenter de reprendre les prérogatives de sanction des entreprises européennes, principalement par la création d’un parquet européen[x]. Censé être opérationnel à partir de novembre 2020, cette instance indépendante avec des compétences judiciaires propres, aura pour mission de diriger des enquêtes et mener des poursuites pénales contre la fraude aux intérêts financiers de l’UE. Il pourra engager des poursuites directement au niveau national des États membres concernant des infractions portant atteinte au budget de l’UE, telles que la fraude, la fraude transfrontière à la TVA, la corruption ou le blanchiment de capitaux. Le Parquet européen travaillera en coopération avec l’Office européen de lutte anti-fraude (OLAF), Eurojust, Europol et les parquets nationaux.

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Certains États membres ont également agit tel que la France avec l’entrée en vigueur le 1er juin 2017 de la loi sur la transparence, la lutte contre la corruption et la modernisation de la vie économique[xi], qui a pour objectif de s’appliquer « en toutes circonstances » pour venir sanctionner tout délit de corruption commis à l’étranger par une personne physique ou morale française ou par une personne résidant habituellement ou exerçant tout ou partie de son activité économique sur le territoire français. Ces mesures sont contrôlées par l’Agence française anticorruption. Elle a introduit également, sous l’égide du Parquet national financier (PNF), la Convention judiciaire d’intérêt public (CJIP) dans le droit pénal français. Inspirée par le modèle américain du deferred prosecution agreement, elle s’adresse aux personnes morales mises en cause pour corruption, trafic d’influence, blanchiment, blanchiment aggravé et blanchiment de fraude fiscale en leur permettant de négocier une amende sans aller en procès ou sans plaider coupable. La logique est comparable au Royaume-Uni avec le United Kingdom Bribery Act (UKBA) et la création du Serious Fraud Office, équivalent du DoJ américain.

Ainsi, les réactions de certains pays européens face à l’ingérence américaine ont été globalement de copier le système de lutte contre la corruption et le blanchiment d’argent, d’abord par la « transposition » de la législation FCPA dans le périmètre OCDE, puis par la création d’équivalents des organismes administratifs américains au niveau européen et national. La procédure est également calquée avec la volonté de privilégier fortement les transactions (deals of justice). On a pu l’observer avec la condamnation d’UBS par tribunal correctionnel de Paris avec une amende d’un montant de 3,7 milliards d’euros tel que requis par le PNF, alors que l’amende proposée dans le cadre de la CJIP préalable, proche d’un milliard d’euros, soit plus de trois fois moins que la peine prononcée par la juridiction, démontre la volonté des autorités françaises d’inciter les entreprises à conclure des accords transactionnels.

Ces différentes initiatives ont le mérite de poser les jalons d’une concurrence de l’extraterritorialité du droit américain dans la lutte contre la corruption. Imparfait, ce cadre juridique commence pourtant à porter ses fruits et les premières sanctions sont tombées récemment.

La nouvelle concurrence juridique européenne dans condamnation tripartite d’Airbus

On a observé plusieurs groupes européens opter pour l’utilisation des mécanismes transactionnels comme le motoriste britannique Rolls-Royce, qui a été condamné début 2017 à verser une amende de 763 millions d’euros aux autorités judiciaires britanniques, américaines et brésiliennes afin de solder une affaire de corruption à l’étranger après avoir lui-même dénoncé les faits au SFO fin 2012 ; ou bien HSBC ou la Société Générale avec le recours à la CJIP en France.

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Le dernier cas en date fut celui d’Airbus, trouvant un accord de principe avec le PNF, le SFO et le DoJ pour payer une amende de 3,6 milliards d’euros. Soupçonné à plusieurs reprises de corruption, l’entreprise a identifié des pratiques commerciales illégales dans le cadre de contrats internationaux et s’est dénoncée elle-même auprès des autorités dans une optique de pleine coopération. L’entreprise a utilisé les dispositions des législations britannique (UK Bribery Act) et française (loi Sapin II) pour éviter le risque d’une condamnation pénale et de se voir interdire l’accès aux marchés publics dans le monde, signifiant de facto son arrêt de mort.

Le SFO et le PNF ont été saisis en 2016. L’année suivante, c’était au tour du DoJ d’ouvrir à son tour une enquête. Airbus concluant ses contrats en dollars, la menace d’une condamnation pénale américaine pouvait s’avérer dévastatrice pour l’avionneur. Parallèlement, la justice américaine soupçonnait Airbus de n’avoir pas obtenu les autorisations nécessaires pour exporter des armements contenant des composants américains (International Traffic in Arms Regulations). Le paiement de l’amende a ainsi été réparti entre le SFO, le DoJ et le PNF, 2,1 milliards d’euros revenant au Trésor public français. L’affaire Airbus démontre que l’application des dispositions anticorruption françaises et britanniques peuvent entraver les sanctions américaines, les États-Unis n’ayant plus le monopole des sanctions dans ce domaine. Les amendes infligées peuvent alors, au moins en partie, revenir aux États européens.

Des recommandations extra juridique pour éviter des sanctions extraterritoriales

 La pression américaine nous oblige, en réaction, à sanctionner nos entreprises et essayer de rapatrier une part la plus importante possible de l’amende, de faire en sorte que les informations récoltées soient sous contrôle national et éviter que les données fuitent vers d’autres puissances étrangères, que les acteurs du développement du dossier restent européens (recours à des cabinets d’avocats nationaux et non pas anglo-saxons) et essayer de démontrer que l’Europe est elle aussi disposée à lutter efficacement contre la corruption et dissuader les américains de le faire à notre place, comme essaie de le démontrer le groupe Thalès aujourd’hui.

 Souvent trop concentrées sur leurs cœurs de métier et la satisfaction de leurs clients, les entreprises ne pensent que trop peu à considérer la réalité de la guerre économique mondialisée. Il est donc impératif de sensibiliser au maximum les chefs d’entreprises et leurs salariés à ces questions. La prise de conscience des sociétés européennes doit passer par davantage de protection de leur patrimoine informationnel et de leurs communications (messageries cryptées et anonymisées) et mettre en place des systèmes d’intelligence stratégique pour surveiller, analyser et contrer les pratiques concurrentielles déloyales[xii].

Ces initiatives doivent être couplées par une remontée d’information des services achats et des ressources humaines des entreprises pour prévenir les éventuelles transactions pouvant être assimilées à des pots de vin[xiii]. Il est également nécessaire, dans la mesure du possible, d’éviter d’avoir recourt à tout élément pouvant servir de critère de rattachement (utilisation du dollar…etc.) permettant aux juridictions américaines d’être compétente en cas de potentielle violation de leur législation. Ces procédures doivent être intégrée à un cadre de mise en conformité renforcé des pratiques de l’entreprise. En France, la loi Sapin II a permis d’orienter les entreprises dans leurs démarches de mise en conformité de leurs pratiques et les efforts se poursuivent en ce sens.

Les entreprises européennes, malgré leur sensibilisation, voient de nouveaux fronts s’ouvrir encore avec l’entrée en vigueur de textes supplémentaires à portée extraterritoriale renforçant davantage l’arsenal juridique américain. De nouvelles formes d’extraterritorialité du droit seront également à prévoir avec l’expansion de la Chine avec les Nouvelles Routes de la Soie, dont les projets de développement de leurs partenaires sont régis par des contrats de droit chinois. Le droit islamique est également un vecteur de puissance et se diffuse à travers le monde[xiv]. L’inde et la Russie réfléchissent à leur tour à la création de lois extraterritoriales[xv]. A l’Europe et à la France de rester vigilant et ne pas se renforcer d’un côté pour se faire mieux déborder de l’autre.

Notes:

[i] Pierre Pierucci et Matthieu Aron, Le piège américain, édition JC Lattès, janvier 2019

41FvgTqjVjL.jpg[ii] Emmanuel Breen, FCPA. La France face au droit américain de la lutte anti-corruption, coll. « Pratique des affaires », Joly éditions, 2017

[iii] Ali Laïdi, Le droit, nouvelle arme de guerre économique, édition Actes Sud – Questions de société, février 2009, pp 51 – 52

[iv] Jean-Baptiste Noé, L’extraterritorialité, une arme de guerre, Conflits – La guerre du droit, n° 23, sept. – oct. 2019, p. 17

[v] Jean-François Tacheau, Stratégies d’expansion du nouvel empire global, L’Âge d’homme, 2001, p. 19

[vi] Régis Bismuth, Pour une appréhension nuancée de l’extraterritorialité du droit américain – quelques réflexions autour des procédures et sanctions visant Alstom et BNP Paribas, Annuaire français de droit international, LXI, CNRS Éditions, Paris, 2015

[vii] Hervé Juvin, Historique de l’extraterritorialité, Conflits – La guerre du droit, n° 23, sept. – oct. 2019, pp. 14 – 16

[viii] Ali Haïdi, Le droit, nouvelle arme de guerre économique, édition Actes Sud – Questions de société, février 2009, pp 232 – 240

[ix] Nicolas Lerègle, Le selfish law : in my law we trust… Vous de même ! Conflits – La guerre du droit, n° 23, sept – oct 2019, pp. 12 – 13

[x] Règlement (UE) 2017/1939 du 12 octobre 2017 mettant en œuvre une coopération renforcée concernant la création du Parquet européen

[xi] Loi n°2016-1691 du 9 décembre 2016 relative à la transparence, à la lutte contre la corruption et à la modernisation de la vie économique, dite loi « Sapin II »

[xii] Jean-Baptiste Noé, Les entreprises doivent se former à la guerre économique, Conflits – La guerre du droit, n° 23, sept. – oct. 2019, p. 41

[xiii] Véronique Chapuis Thuault, Christian Harbulot, Frédéric Pierucci, William Feugère et Blandine Cordier-Palasse, Conférence « Extra-territorialité : une nouvelle arme de guerre économique ? », École de guerre économique, 19 février 2020

[xiv] Olivier Hanne, Le droit islamique comme vecteur de puissance, Conflits – La guerre du droit, n° 23, sept – oct 2019, pp. 56 – 58

[xv] Loïk Le Floch Prigent, Ardavan Amir-Aslani, Ali Laïdi et Olivier de Maison Rouge, Table ronde : le droit, arme de puissance économique ?, Cercle Droit & Liberté, 12 février 2020


- Source : Infoguerre

mercredi, 22 avril 2020

Géopolitique du Coronavirus - Entretien avec Lucien Cerise

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Géopolitique du Coronavirus

Entretien avec Lucien Cerise

Ex: https://strategika.fr

Au cœur d’une crise mondiale inédite par son ampleur, Strategika vous propose l’éclairage d’analystes et de penseurs reconnus dans leur domaine d’expertise. Nous avons posé à chacun une série de questions qui portent sur les différents aspects de cette véritable crise de civilisation ainsi que sur ses répercussions politiques, géopolitiques et sociales.

C’est aujourd’hui Lucien Cerise qui nous répond.

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Après des études en philosophie, communication et sciences du langage, Lucien Cerise poursuit des recherches indépendantes sur les questions d’ingénierie sociale, de piratage de l’esprit et d’épidémiologie des idées, ou mémétique. Il a publié deux romans et divers textes théoriques, articles, préfaces et livres, seul ou dans des collectifs, dont les plus actuels sont Gouverner par le chaos (2010, 2014), Neuro-Pirates (2016), Retour sur Maïdan – La guerre hybride de l’OTAN (2017).

Strategika – On lit beaucoup d’éléments contradictoires selon les différentes sources d’information disponibles ou selon les avis des professionnels de la santé. Quelle est la réalité effective de cette pandémie selon vous ?

N’étant pas spécialiste des questions médicales, je vais essayer de répondre avec prudence depuis mon champ d’étude, qui traite aussi de contagion, mais plutôt celle des idées et des virus informationnels, ainsi que du langage et de sa fonction performative de façonnage de la réalité dans les méthodes d’influence et de contrôle social, ce que j’appelle du « reality-building ». J’ajoute à cela quelques observations de sens commun et de logique élémentaire. On voit effectivement que les contradictions abondent dans le discours des professionnels de la santé, et ils sont eux-mêmes souvent contredits par les faits, si bien que l’on peut se poser des questions sur ce qu’est réellement cette pandémie. Dans un premier temps, Agnès Buzyn, alors ministre de la Santé, annonce publiquement le 24 janvier 2020 à la sortie du Conseil des ministres que « tout est sous contrôle ». Verbatim d’un extrait de son discours :

« En termes de risques pour la France, des analyses de risques d’importation sont modélisées régulièrement par les équipes de recherche. Le risque d’importation de cas depuis Wuhan est modéré. Il est maintenant pratiquement nul puisque la ville, vous le savez, est isolée. Les risques de cas secondaires autour d’un cas importé sont très faibles et les risques de propagation du virus dans la population sont très faibles. Cela peut évoluer évidemment dans les prochains jours s’il apparaissait que plus de villes sont concernées en Chine, ou plus de pays, notamment de pays de l’Union Européenne. » (1)

À la décharge d’Agnès Buzyn, il faut avouer qu’elle n’était pas toute seule à raconter n’importe quoi, elle était soutenue par l’Organisation Mondiale de la Santé (OMS) et l’Institut national de la santé et de la recherche médicale (Inserm), qui fut dirigé par son mari, Yves Lévy, de 2014 à 2018 :

« De son côté, l’OMS espérait alors que les mesures prises par la Chine suffiraient à “stopper la transmission” et estimait qu’il était encore “trop tôt pour déclarer l’urgence internationale”. (…) En l’occurrence, ce 24 janvier en début d’après-midi, une équipe de l’Inserm a publié “un modèle pour estimer le risque d’importation de l’épidémie en Europe”. Les chercheurs ont fait des estimations de risque en se basant sur les données des flux aériens entre les pays de l’Union européenne et les régions chinoises touchées. Ils ont alors réalisé deux scénarios, “celui d’un faible risque de diffusion et celui d’un risque élevé”. Résultat : pour la France, le risque d’importation était estimé entre 5% et 13%. Il n’y avait donc effectivement, en théorie, qu’un faible risque de diffusion à l’intérieur de nos frontières. » (2)

Une modélisation scientifique vaut par son taux de prédictibilité. Autrement dit, les modélisations de l’OMS et de l’Inserm ne valent rien. Le 17 mars dans le quotidien Le Monde, Agnès Buzyn reviendra sur ses déclarations initiales du 24 janvier en prétendant qu’elle avait menti et qu’elle pensait depuis décembre 2019 qu’une crise grave se préparait. Bref, la communication des autorités sanitaires, des médias et du gouvernement français baigne dans la désinformation, les « fake news » et les injonctions contradictoires depuis le début. Pour se faire une idée de la réalité effective de cette pandémie, il faut donc commencer par oublier la parole politico-médiatique, ses éléments de langage et sa façon de nous raconter les événements (storytelling). Ensuite, une question vient spontanément à l’esprit : le vent de panique générale n’est-il pas un peu exagéré ? L’Institut national de la statistique et des études économiques (Insee) publie sur son site un recensement du nombre de décès quotidiens réalisé par les mairies. Les chiffres comparés des trois dernières années montrent une légère augmentation du nombre de décès toutes causes confondues en 2020 par rapport aux années précédentes à partir du 16 mars, c’est-à-dire depuis le début du confinement. À la date arrêtée du 6 avril, le nombre de décès sur trois ans était de 1731 en 2018, 1649 en 2019, 2410 en 2020. L’Insee commente ainsi les pourcentages :

« Au niveau départemental, trois départements comptent au moins deux fois plus de décès entre le 1er mars et le 6 avril 2020 que sur la même période de 2019 : le Haut-Rhin (+ 143 %), la Seine-Saint-Denis et les Hauts-de-Seine. Neuf autres départements enregistrent un nombre de décès supérieur de 50 % à moins de 100 % à celui observé en 2019. Il s’agit de tous les autres départements franciliens – le Val-de-Marne (+ 78 %), le Val-d’Oise (+ 70 %), Paris (+ 62 %), l’Essonne (+ 61 %), la Seine-et-Marne (+ 55 %) et les Yvelines (+ 52 %) – mais également des Vosges (+ 74 %), de la Moselle (+ 60 %), du Bas-Rhin (+ 56 %) et de l’Oise (+ 53 %). Trente-deux départements au total enregistrent un nombre de décès supérieur d’au moins 20 % à 2019. À l’opposé, 29 départements ont moins de décès enregistrés entre le 1er mars et le 6 avril 2020 que sur la même période de 2019. Ces départements sont essentiellement situés dans l’Ouest et le Centre de la France. » (3)

Il y a donc plus de décès en 2020 dans certains départements, mais il y en a moins dans d’autres départements. En outre, la courbe de progression du nombre de décès pour 2020 a commencé à dépasser de manière significative celles des années précédentes avec le début du confinement. En conséquence, si le confinement des malades s’explique très bien – mais pourquoi cette année et pas les précédentes ? – le confinement des bien-portants sur tout le territoire peine à trouver une justification, hormis la raison officielle avancée de ne pas saturer les services d’urgence et de réanimation avec de nouveaux cas lourds de contamination. Or, la plupart des hôpitaux publics ne connaissent pas d’affluence excessive et les cliniques privées sont peu sollicitées. Ce à quoi on nous rétorquera que c’est justement grâce au confinement drastique de masse. Cet argument est-il consistant ? Pour le tester, tournons-nous vers la cyndinique, la discipline scientifique qui étudie le risque et le danger. La cyndinique distingue entre risque perçu et risque réel. Le risque perçu est largement façonné par le discours tenu sur le risque réel. Il y a simultanément un fossé et un continuum entre le risque réel et sa représentation mentale langagière. Pour mieux saisir ce qui se passe, il faut réussir à démêler les interactions entre l’actuel et le potentiel, le réel et le virtuel. Pour justifier le confinement de masse, la narration politico-médiatique dit : « Les hôpitaux risquent d’être saturés, restez chez vous ». Le réel dit : « Les hôpitaux ne sont pas saturés ». La narration politico-médiatique dit : « Les hôpitaux ne sont pas saturés grâce au confinement, donc continuez à respecter le confinement sinon les hôpitaux seront saturés ». On en arrive à une situation paradoxale, et même absurde, une sorte de raisonnement circulaire que l’on peut analyser par la théorie des jeux et le phénomène des prédictions auto-réalisatrices, où le confinement des bien-portants permet de ne pas saturer les structures hospitalières, vidant de son sens le confinement dans le réel puisqu’il y a de la place dans les hôpitaux, mais le justifiant théoriquement par prévention, pour éviter une saturation qui pourrait avoir lieu mais qui n’a pas lieu dans le réel. C’est à ce moment que le type de raisonnement qu’on appelle communément un « prétexte » vient s’immiscer dans le processus décisionnaire du pouvoir et lui permet d’instaurer de nouvelles mesures de contrôle social dont la dangerosité peut s’avérer encore supérieure au prétexte alloué. Ce sont les paradoxes du principe de précaution : pour éviter un risque – saturation des hôpitaux – on ne le prend pas. Conséquence : le risque n’advient pas dans le réel, il n’existe que potentiellement – pas de saturation globale des hôpitaux. Le discours alarmiste se retrouve alors en décalage avec le réel, et avec les causes qu’il cherche dans le réel, mais il permet néanmoins de légitimer dans le réel des mesures préventives qui peuvent avoir des effets pervers, pires que le danger que l’on souhaite éviter. De fait, ce confinement des bien-portants sur tout le territoire aggrave la situation sanitaire en imposant à tout le monde des conditions de vie claustrées pathogènes et un climat anxiogène et dépressif apocalyptique particulièrement nocif pour le système immunitaire, qu’il faudrait au contraire renforcer. Tous les rythmes biologiques, psychologiques, socio-économiques sont déréglés. Le confinement de masse va de toute évidence se révéler contre-productif et viendra alimenter le taux de mortalité lié à cette « crise », largement amplifiée par l’hystérie médiatique. Parmi les nombreux couacs de la communication gouvernementale, le ministre de la Santé, Olivier Véran, déclarait lui-même le 9 mars à la télévision :

« Mais en réalité, vous savez ce qui fait que la grippe s’arrête au printemps ? Ce n’est pas la chaleur. Au printemps qu’est-ce qui se passe ? On ouvre les fenêtres, on ouvre les portes, on n’est plus confiné dans des lieux, on va dehors. Et donc, c’est le confinement qui provoque la circulation du virus. » (4)

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Pour ce qui concerne les estimations du nombre de malades et de décès du coronavirus annoncées par les autorités dites compétentes, professionnels de la santé ou autres, elles varient d’une source à l’autre et d’une méthode de recensement à l’autre, parfois sans test de dépistage et sur la base d’un simple entretien avec le médecin généraliste. Comment tenir compte de ces chiffres qui ne font l’objet d’aucun consensus et ne sont ni vérifiables, ni certifiés ? Sur le plan national comme international, le nombre exact de cas réels de malades ou de morts du coronavirus est simplement inconnu à ce jour. En ce moment, seuls le recoupement critique des sources, le bon sens et l’expérience personnelle sont des bouées auxquelles s’accrocher pour se faire une idée de ce qui se passe réellement. De toute façon, même en accordant une confiance aveugle à la parole politico-médiatique et à ses chiffres officiels, ces derniers ne sont guère effrayants. Sans oublier qu’il faut encore déduire les cas de comorbidité, quand le décès est en fait provoqué par une autre maladie contractée par le patient ou par l’association de plusieurs maladies, dont le coronavirus entre autres. En outre, il serait bon de comparer ces chiffres avec ceux des gens guéris et ayant développé une immunité, et qui forment une majorité écrasante à près de 99% des cas. Cela devrait donc orienter les pouvoirs publics sur la stratégie d’immunité collective, ou immunité de groupe, la seule capable d’en finir sur le long terme avec la maladie. Comparons les avantages et les inconvénients des deux stratégies, « confinement pour tous » ou « confinement des seuls malades plus développement de l’immunité de groupe dans la société » : dans les deux cas, il y a des morts, mais au moins le confinement des seuls malades ne bloque pas la société, ce qui évite les dommages collatéraux socio-économiques de la crise qui provoqueront des morts supplémentaires. Or, au lieu d’affronter un virus somme toute assez bénin en prenant des mesures volontaristes de renforcement du système immunitaire des Français, le gouvernement a choisi une stratégie d’évitement du virus, en attendant le développement d’un vaccin. On voit poindre certains intérêts commerciaux lucratifs. Quand on additionne les conflits d’intérêts, les mensonges et les initiatives délibérées de sabotage, on en vient à se demander si la santé des Français n’est pas entre les mains de mafieux et de criminels. L’hôpital public – comme tous les services publics – est savamment déconstruit depuis des années et, depuis janvier, tout ce qui marche pour contenir une épidémie et sauver des vies est négligé, rejeté, rendu inaccessible ou difficile d’accès à la population par le gouvernement : refus de fermer les frontières, pénurie de masques, de tests de dépistage, de respirateurs artificiels, de gel hydro-alcoolique, stocks de médicaments disparus, l’hydroxychloroquine classée « substance vénéneuse » le 13 janvier puis retirée de la vente libre, etc. Et à la place, de la psychose, des menaces, des contraventions, souvent abusives, et la banalisation par décret le 28 mars du Rivotril, sédatif pouvant entraîner la mort, pour les patients « atteints ou susceptibles d’être atteints par le virus SARS-CoV-2 ». Tout est fait systématiquement et méthodiquement, point par point, pour doper le taux de mortalité de ce virus bénin. Cette persistance dans l’erreur est le signe soit d’une incompétence totale, soit d’une volonté de nuire, et probablement les deux.

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En conclusion, soit ce virus est très dangereux et les mesures du gouvernement jusqu’à la mi-mars ont permis de l’installer en France, et de le cultiver depuis ; soit ce virus n’est pas si dangereux, et les mesures prises depuis la mi-mars sont excessives et comportent des risques supérieurs au virus lui-même. Manifestement, si l’on en reste aux chiffres annoncés, ce virus est assez contagieux mais peu mortel, avec de nombreux cas sans symptômes, et le système immunitaire de l’espèce humaine est parfaitement capable de le combattre sans confinement de masse, ni vaccin, mais avec un régime alimentaire prophylactique, un mode de vie sain et actif supposant de ne pas rester confiné et des médicaments peu onéreux en cas de contamination (Plaquénil, Interferon Alfa 2B, etc.). Rappel d’un principe de virologie, lui-même rappelé en septembre 2009 par Martin Winckler, médecin généraliste et écrivain, en pleine crise du H1N1, à savoir qu’un virus est soit très contagieux, soit très létal, mais qu’il ne peut pas être les deux en même temps :

« Un virus a un seul but dans la vie : multiplier son ADN le plus vite possible pour survivre génétiquement, comme le font tous les êtres dotés d’un ADN. Or, un virus, c’est un ADN réduit à sa plus simple expression. Son but, ça n’est pas de rendre malade. Les symptômes de la maladie sont liés aux réactions de l’organisme destinées à éradiquer le virus : la fièvre, c’est le corps qui la produit pour empêcher le virus de se reproduire ; les courbatures, c’est la contraction intense des muscles pour produire de la fièvre ; la toux, c’est la réaction inflammatoire du nez, de la trachée et des bronches à l’entrée du virus dans les tissus respiratoires. Le virus, lui, il a intérêt à ce que le patient reste debout et le transmette dans ses gouttelettes de salive. On comprend donc que pour qu’un virus soit très contagieux (par voie aérienne), il faut AUSSI qu’il soit relativement bénin. S’il est très dangereux, il risque en effet de tuer ses hôtes avant qu’ils ne l’aient transmis. Les virus les plus contagieux de la planète, ceux du rhume de cerveau, ne tuent personne… » (5)

Strategika – Cette pandémie précède-t-elle un effondrement économique et systémique ?

Certains commentateurs estiment que l’exagération de cette crise sanitaire par les médias permettra de camoufler une vraie crise économique, ou de renforcer encore le pouvoir de la banque en poussant l’économie réelle à l’effondrement et à un « reset » général, avec une éventuelle spoliation des épargnants au passage pour financer un « bail-in », ou quelque chose dans ce genre. Pourquoi pas ? L’oligarchie financière est capable de tout pour accroître sa domination. Une chose est certaine : le confinement aura un coût économique et humain supérieur au virus lui-même. Il faut distinguer deux niveaux : la pandémie en elle-même et les choix politiques mis en œuvre pour l’endiguer. En fait, ce n’est pas la pandémie en elle-même qui risque de provoquer un effondrement quelconque, c’est le confinement de la population saine qui peut provoquer cet effondrement économique et systémique, au prétexte de lutter contre le virus. Une pandémie sans confinement de la population saine n’aurait qu’un faible impact sur l’économie puisque la majorité de la population continuerait à travailler et produire. En attendant, les rapports d’experts s’accumulent et se contredisent, certains parlent de confinement de 18 mois ou plus, d’autres de déconfinement progressif et partiel, à partir du 11 mai pour la France, etc. Un confinement jusqu’en 2022, y compris un confinement intermittent, un mois sur deux ou sur trois, aurait le même impact qu’une guerre sur les pays qui l’auraient appliqué. Autrement dit, le remède serait pire que le mal. La pandémie toute seule ne mettra pas des pays entiers à genoux, mais le confinement prolongé de la population bien-portante, oui, avec certitude. Dans l’hypothèse d’un confinement court, de nombreux secteurs de l’économie réelle vont de toute façon être ravagés, de nombreux commerçants seront ruinés, sans même parler de la remise en cause d’acquis sociaux décidée par un vote du Sénat le 19 mars, censée relancer la machine et n’être que provisoire, mais peut-être pas. En revanche, un certain nombre de valeurs boursières sont en hausse et profitent de la crise, toutes celles liées à l’informatique et à l’industrie des vaccins, deux secteurs d’activité qui fusionnent dans la personne de Bill Gates :

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« Le coronavirus ne fait pas que des malheureux en Bourse. Certaines valeurs ont bondi à Wall Street ces derniers jours, portées par le sentiment des investisseurs qu’elles profiteront de la situation actuelle. C’est le cas notamment de Novavax. Ce petit laboratoire situé dans le Maryland s’est spécialisé dans les vaccins et a annoncé cette semaine qu’il tentait de développer un vaccin contre le Covid-19. En l’espace de deux jours, sa capitalisation boursière a quasiment doublé pour frôler les 600 millions de dollars. Une aubaine pour cette société qui ne compte que quelques centaines de salariés et qui a reçu le soutien de la fondation Bill et Melinda Gates. » (6)

Récemment, Bill Gates a annoncé s’impliquer encore davantage dans cette voie en sponsorisant la recherche sur sept vaccins. Le grand capitalisme industriel et financier parvient toujours à tirer bénéfice des crises, et même souvent il les provoque, selon le principe de la « stratégie du choc » exposé par Naomi Klein dans son livre de 2007. L’économie a ses parasites et ses charognards. À l’opposé, pour de nombreuses petites et moyennes entreprises, le confinement va provoquer au minimum une récession. Il va y avoir une pandémie de faillites de sociétés, avec leur lot de dépressions, crises de nerfs, suicides, règlements de comptes violents, divorces et violences conjugales, tout cela provoqué non par le virus mais par le confinement de la population saine, qui fait courir à toute la population d’énormes risques psychosociaux, pour reprendre une terminologie que nos experts devraient connaître. Le manque d’activité va aussi augmenter sensiblement les problèmes de santé, troubles cardio-vasculaires, troubles musculo-squelettiques, troubles du sommeil. Au total, le confinement va tuer plus que le coronavirus lui-même, directement ou indirectement.

Strategika – Plus de 3 milliards de personnes sont appelées à se confiner dans le monde. Pour la première fois de son histoire, l’humanité semble réussir à se coordonner de manière unitaire face à un ennemi global commun. Que vous inspire cette situation ?

Cette quarantaine à l’échelle mondiale est sans précédent, mais elle connaît des exceptions et des modulations dans son application. En France, des consignes émanant du ministère de l’Intérieur ont été données ponctuellement et localement pour alléger les mesures de confinement en faveur des demandeurs d’asile, des juifs en période de shabbat et des banlieues à forte population immigrée. Avant cette crise sanitaire, l’humanité s’était déjà coordonnée face à un ennemi commun plus ou moins construit par les médias à la suite des attentats du 11 septembre 2001. Ces considérations me font penser au rapport d’Iron Mountain, paru en 1967 avec une préface de l’économiste John Kenneth Galbraith. L’auteur principal du texte, qui reste anonyme, rapporte les réflexions d’un think-tank du complexe militaro-industriel américain sur l’utilité de la guerre pour créer de l’ordre social, au sens d’un conformisme et d’une discipline de masse, ou comment faire émerger un ordre conformiste à partir du chaos, et en réaction au chaos, par peur du chaos. En cas de paix trop prolongée, le texte mentionne que, pour garder la population sous contrôle, il faut chercher des ennemis de remplacement et des substituts à la guerre, comme les crises écologiques ou sanitaires, qui deviennent de grandes causes internationales plus ou moins fictives mais dont le but est de créer de la croyance commune, et ce faisant, d’uniformiser les représentations et les comportements. Le système mondialiste passe son temps à mettre au point des capteurs d’attention à l’échelle mondiale pour synchroniser tous les cerveaux de la planète. Les grandes compétitions sportives comme les Jeux olympiques ou la coupe du monde de football sont aussi des exemples de synchronisation globaliste du temps de cerveau disponible. La question qui intéresse les mondialistes est, par-delà toutes les particularités, ethniques, culturelles, d’âge, de genre, etc., qu’est-ce qui intéresse tout le monde ? L’homogénéisation des comportements, c’est-à-dire la militarisation des comportements, la capacité à faire agir une foule comme un seul homme, est le sommet de l’art politique, envisagé sous l’angle des méthodes de conditionnement comportemental, voire de dressage comportemental, du type « chien de Pavlov ».

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Bill Gates est l’un des principaux leaders d’opinion à diffuser la narration visant à récupérer la crise pour renforcer cette synchronisation mondialiste. Le 19 mars, le fondateur de Microsoft publiait sur son blog un entretien auquel il venait de répondre à propos de la crise sanitaire en cours. Quatre thématiques se distinguent dans ses propos : 1) la solution au virus passe nécessairement par un vaccin, 2) ce vaccin sera couplé à un certificat numérique indiquant qui est vacciné ou pas, 3) en attendant, il faut rester chez soi et maintenir la distanciation sociale entre les personnes, 4) mais faire le contraire entre les pays, car les virus ne connaissent pas les frontières nationales. Bien évidemment, si le virus transgresse les frontières nationales, c’est justement parce qu’elles ne sont pas assez marquées et hermétiques, et qu’il faut donc plus de « distanciation sociale » entre les pays. Mais pour récupérer cette crise à leur profit, Bill Gates et les mondialistes ont besoin de commettre intentionnellement une erreur logique de raisonnement qui permet d’implanter dans les esprits que cette pandémie serait au contraire la conséquence d’un manque d’unité globale et d’un déficit de mondialisation :

« Question : Quels changements devrons-nous apporter au mode de fonctionnement des entreprises pour maintenir notre économie tout en assurant la distanciation sociale ? Bill Gates : La question de savoir quelles entreprises doivent continuer à fonctionner est délicate. Il s’agit certainement de l’approvisionnement alimentaire et du système de santé. Nous avons encore besoin d’eau, d’électricité et d’internet. Les chaînes d’approvisionnement pour les choses essentielles doivent être maintenues. Les pays sont encore en train de déterminer ce qu’il faut continuer à faire fonctionner. À terme, nous disposerons de certificats numériques indiquant qui s’est rétabli, ou a été testé récemment, ou, quand nous aurons un vaccin, qui l’a reçu. (…) Question : Selon vous, quelle est la stratégie à long terme pour lutter contre cette pandémie et pensez-vous qu’elle nous préparera adéquatement à la prochaine ? Bill Gates : Je pense qu’une fois que la situation sera maîtrisée, les gouvernements et les autres intervenants investiront massivement pour être prêts pour la prochaine. Il faudra pour cela une coopération mondiale, en particulier pour aider les pays en développement qui seront les plus touchés. Un bon exemple est la nécessité de tester des thérapies partout où la maladie est présente pour aider le monde entier. Le virus ne respecte pas les frontières nationales. » (7)

De manière assez étrange, Bill Gates, censé être un grand capitaine d’industrie, ne se pose plus la question de la prospérité économique ou de la productivité des entreprises. Son approche est assez minimaliste, voire décroissante, ou carrément « survivaliste », pour la simple raison que dans son paradigme, ce sont les robots et l’intelligence artificielle qui font tourner le système. Les travailleurs humains et la société de consommation appuyée sur une économie réelle qui leur est destinée n’ont plus de sens. Ils peuvent, ils doivent être détruits, de même que les frontières nationales, dont les peuples ont besoin, mais pas les machines. Un pas plus loin, et ce sont les frontières nationales qui sont accusées de propager la pandémie. La présidente de la Commission européenne, Ursula von der Leyen va dans ce sens et déclarait début avril :

« “Le retour des contrôles aux frontières dans les États membres constitue une menace pour la vie et la santé des citoyens de l’Union, car la chaîne d’approvisionnement est ainsi perturbée. Le marché doit rester fluide”, a déclaré Ursula von der Leyen, présidente de la Commission européenne. » (8)

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Strategika – Cette pandémie va-t-elle forcer l’humanité à se doter d’un gouvernement mondial comme le préconisait Jacques Attali lors de la pandémie de grippe A en 2009 ?

Ces préconisations essayent d’articuler crise sanitaire et programme géopolitique. On sait que Jacques Attali est versé dans l’ésotérisme cabalistique, qui est en fait un programme politique et géopolitique. (9) De ce point de vue, le peuple d’Israël est élu par Dieu pour diriger le monde, la capitale de ce gouvernement mondial doit être Jérusalem, et la méthode pour y arriver est le Tikkoun Olam, terme hébraïque signifiant la « réparation du monde ». Réparer un monde qui n’en a pas besoin signifie en fait le détruire. Évidemment, détruire le monde aboutira à détruire aussi les juifs, mais il ne faut pas demander trop de cohérence à ces grandes théories mystiques. De ce point de vue eschatologique, les crises, les catastrophes, la peur sont des phénomènes positifs. Cette croyance en un nouvel ordre mondial émergeant du chaos est largement partagée dans de nombreux cercles de réflexion, de la franc-maçonnerie au groupe de Bilderberg, dont deux membres, Gordon Brown et Henry Kissinger, sont venus prêter main-forte à Jacques Attali avec des appels à créer un gouvernement mondial pour lutter contre le coronavirus. L’environnement d’Agnès Buzyn présente aussi ce double arrière-fond occulte, pétri de conflits d’intérêts, et occultiste, entre le B’naï B’rith, la fameuse loge maçonnique interdite aux non-juifs, et le Grand Orient, ainsi que le résume Politique Magazine :

« Du réseau, Agnès Buzyn n’en manque pas. Celle qui avait épousé dans les années 80 le fils cadet de Simone Veil, et qui est aujourd’hui mariée à l’ex directeur de l’Inserm [Yves Lévy] (signataire notamment d’un appel des directeurs de recherche à voter contre Marine Le Pen en avril 2017), a également su faire son chemin au sein des plus gros conglomérats financiers du monde pharmaceutique. Entre la fin des années 90 et le début de la décennie 2010, Agnès Buzyn a ainsi été rémunérée par les géants pharmaceutiques Genzyme, Novartis et Bristol-Myers Squibb pour intervenir en congrès ou siéger au comité consultatif de certains de leurs produits oncologiques phares. À l’instar de son père, longtemps membre actif du B’naï B’rith, elle n’hésite pas à plancher dans les loges maçonniques, comme le 15 octobre 2015 au Grand Orient de France sur le thème de “La fin de vie des enfants”. Deux ans plus tard, cette inconnue du grand public sera nommée ministre de la Santé. L’une de ses premières mesures sera d’étendre la vaccination obligatoire des bébés à 11 maladies, avec une entrée effective dès le 1er janvier 2018. En parallèle, le ministère de la Santé doublera le prix du vaccin contre la grippe suite à l’introduction de nouvelles souches par les laboratoires. Dans le milieu médical, de nombreuses voix se sont élevées contre ces mesures aux relents de conflit d’intérêts. » (10)

Strategika – En 2009 toujours, Jacques Attali expliquait que « l’Histoire nous apprend que l’humanité n’évolue significativement que lorsqu’elle a vraiment peur ». Que vous inspire cette idée ? 

Pour les mondialistes comme Jacques Attali, si la mondialisation ne marche pas, c’est donc qu’il faut plus de mondialisation. Pour imposer ce raisonnement illogique dans les esprits, de gros moyens sont mis en œuvre consistant à affoler les masses pour qu’elles perdent leur capacité de raisonnement lucide et leur faire accepter plus facilement des solutions aberrantes et contre leur intérêt. Pour ce faire, il faut diminuer dans la population l’activité cérébrale liée au néocortex, c’est-à-dire les fonctions réflexives et d’analyse du long terme, et augmenter l’activité du cerveau reptilien, qui gère l’instinct de conservation mais à court terme, et qui manque de discernement réflexif. La peur est mauvaise conseillère, le pouvoir cherche donc à l’amplifier dans la population, qui se retrouve alors comme une souris dans un labyrinthe, à avancer effrayée au gré des portes qui s’ouvrent ou se ferment devant elle. En France, depuis janvier, toutes les solutions rationnelles à la crise ont été ignorées ou sabordées méthodiquement par le gouvernement pour nous guider vers un seul et unique débouché : la vaccination de masse et la surveillance électronique. Certes, depuis la mi-avril, une inflexion commence à se faire sentir en faveur de plusieurs traitements peu onéreux, notamment ceux tournant autour de la chloroquine, mais ce fut un combat pour l’imposer et rien n’est encore gagné, le lobby des vaccins et de la surveillance électronique a encore de nombreuses cartes à jouer. Pour fabriquer le consentement à ces solutions irrationnelles, la peur et le stress sont des leviers très efficaces (triggers). La situation depuis janvier ressemble étrangement à une stratégie de conduite du changement et d’ingénierie sociale connue sous l’expression de « pompier pyromane », ou encore problème-réaction-solution : le gestionnaire du système créé un problème dans le système, ou le laisse arriver, pour susciter une réaction de stress et une demande de solution, laquelle sera apportée par le gestionnaire lui-même. Dans l’univers du développement informatique, c’est un secret de Polichinelle que les virus et leurs antivirus sont conçus par les mêmes unités de recherche. La « menace pandémique » est un dispositif de contrôle social qui ressemble aussi beaucoup à la « menace terroriste », menace semi-virtuelle amplifiée par l’hystérie médiatique, avec un ennemi invisible qui peut frapper n’importe où et n’importe quand. À la suite d’attentats terroristes, le plan Vigipirate a été déclaré mais ne sera jamais levé, alors même que des djihadistes sont remis en liberté par le ministère de la Justice. De la même façon, le pouvoir va tenter de pérenniser le confinement d’une manière ou d’une autre, ou du moins de pérenniser la philosophie paranoïaque et l’état d’esprit apeuré issu de la crise, alors même qu’il contrôle les paramètres de la crise.

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Le 7 mars, Emmanuel et Brigitte Macron se rendaient au théâtre pour montrer que tout va bien et que l’on peut sortir de chez soi. Le 16 mars, Emmanuel Macron nous donne l’ordre de rester chez nous et déclare sur un ton martial que « Nous sommes en guerre ! », ce qui contraste assez fortement avec son propre comportement mais aussi avec les « gestes barrières » édictés pour nous protéger. Une guerre que je peux mener en me lavant les mains et en toussant dans mon coude me donne presque envie de dire que « Je m’en lave les mains » justement. Dans le cas présent, on assiste à une véritable mise en scène de la peur soutenue par une véritable propagande 24 heures sur 24. Nul besoin que le danger soit réel, la représentation du danger est suffisante. Nous abordons le thème de la guerre psychologique, qui est un volet de cette guerre hybride totale menée contre les peuples et qui s’appuie autant sur le réel que sur l’irréel. Cette campagne de panique organisée et orchestrée est en fait une vaste opération psychologique (psyop). Les services secrets britanniques et américains, et leurs laboratoires de recherche associés comme l’Institut Tavistock ont beaucoup réfléchi sur le rôle des traumatismes dans le changement psychologique et social. William Sargant, psychiatre militaire ayant travaillé sur le projet MK-Ultra de la CIA publiait en 1957 un ouvrage intitulé « La bataille pour l’esprit » (Battle for the Mind), dans lequel il étudie le rôle des perturbations mentales dans le façonnage des croyances et des convictions. Le chapitre VII porte comme titre « Le lavage de cerveau dans la religion et la politique » et commence ainsi :

« Les preuves rassemblées dans les chapitres V et VI montrent comment différents types de croyances peuvent être implantées chez de nombreuses personnes, après que les fonctions cérébrales aient été suffisamment perturbées par des peurs, des colères ou des excitations arrivant accidentellement ou provoquées délibérément. Parmi les résultats de telles perturbations, les plus courants sont une altération temporaire du jugement et une suggestibilité accrue. Ses diverses manifestations collectives sont parfois classées sous la rubrique “instinct de troupeau” et apparaissent de façon plus spectaculaire en temps de guerre, lors de graves épidémies et dans toutes les périodes similaires de danger commun, ce qui augmente l’anxiété et donc la suggestibilité individuelle et collective. » (11)

Strategika – Comment voyez-vous l’évolution de la pandémie et ses conséquences politiques et sociales dans les semaines à venir ?

Si ce virus est un virus normal, c’est-à-dire apparu naturellement, par sélection naturelle, il devrait s’affaiblir, voire disparaître, avec l’été et l’immunité de groupe, qui va augmenter tendanciellement malgré le confinement. Le principal obstacle à cette résolution naturelle de la crise vient de ce qu’elle est manifestement instrumentalisée politiquement pour faire avancer le projet de gouvernement mondial sous surveillance électronique, et que pour cette raison, la crise risque d’être prolongée artificiellement. On va nous annoncer que le virus a muté ou qu’il y a un nouveau virus, etc. Plusieurs scientifiques, dont un prix Nobel de médecine, Luc Montagnier, ont fait remarquer que ce virus comportait des séquences de VIH et qu’il s’agissait forcément d’une création humaine, probablement échappée par accident du laboratoire P4 de Wuhan en Chine. De nombreux pays travaillent sur des armes biologiques, éventuellement couplées avec des vaccins, et employées pour tuer ou stériliser. L’histoire retiendra le nom de Wouter Basson, médecin sud-africain en charge du programme militaire de guerre bactériologique du régime d’apartheid (Project Coast), et le South African Institute for Maritime Research (SAIMR) évoqué dans le documentaire Cold Case Hammarskjöld, qui travaillèrent sur des vaccins visant à stériliser ou inoculer une maladie à certaines catégories de la population. (12) L’Afrique du Sud ne fut évidemment pas le seul pays à s’intéresser à ces recherches et les populations ciblées peuvent varier. Wouter Basson voyageait beaucoup pour partager son expérience en bioterrorisme d’État :

« L’”espion globe-trotter” se targuait d’avoir coopéré avec Saddam Hussein. Il affirmait avoir eu des crédits illimités pour acquérir du matériel “auprès de la mafia de l’armement chimique” en Libye ou en Europe de l’Est. Des documents font aussi état de nombreux échanges avec Israël ou l’Allemagne de l’Ouest. Basson lui-même a admis “avoir négocié un certain nombre de choses avec l’armée belge”. Les services secrets suisses le recevaient à bras ouverts. » (13)

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En outre, il est plus que probable que les mesures de contrôle social et de surveillance ne cesseront pas après la crise et deviendront pérennes, comme le redoute Edward Snowden, ce qui signifie que nous serons en liberté surveillée permanente. Il faut parler de biopouvoir, notion travaillée par Michel Foucault et Giorgio Agamben. Jadis, le pouvoir politique et les sciences de la vie étaient deux domaines distincts et compartimentés, aujourd’hui ils fusionnent dans le biopouvoir, avec le transhumanisme en horizon. Le biopouvoir étudie certaines disciplines comme la sociobiologie et l’éthologie pour prendre le contrôle total de notre corps dans ses deux dimensions, intérieure et métabolique mais aussi extérieure, c’est-à-dire notre façon d’occuper l’espace, nos déplacements, nos allées et venues, nos faits et gestes. Grâce à cette crise sanitaire, le biopouvoir est en mesure de nous imposer de nouvelles règles de proxémique, c’est-à-dire qu’il peut déterminer la distance qu’il y aura entre moi et autrui, et entre moi et le monde. Le biopouvoir veut le confinement définitif, le Grand Confinement. Au moyen de cette pseudo-crise sanitaire, il est en train de nous faire entrer dans une vaste prison à ciel ouvert, physique et numérique. Le système panoptique carcéral étudié par Michel Foucault dans Surveiller et punir est le modèle appliqué en ce moment : des individus isolés physiquement du monde – principe du confinement – et isolés les uns des autres – principe de la distanciation sociale – mais chacun sous l’œil du pouvoir et de sa technologie de surveillance. Le confinement et la distanciation sociale sont les deux concepts clés d’une restructuration complète du lien social sur une base complètement paranoïaque, fondée sur la peur et la méfiance vis-à-vis des autres, puisqu’on m’inculque que je peux mourir d’avoir croisé quelqu’un dans la rue, et vis-à-vis de moi-même, car je suis potentiellement coupable de transmettre le virus. On s’achemine tranquillement vers une interdiction de se serrer la main, ce geste pourtant universel et immémorial signifiant la confiance.

Il faut donc se méfier de chaque personne dans la rue, ainsi que de soi-même, mais en revanche il est interdit de se méfier du pouvoir, il est même obligatoire de lui faire confiance, ainsi qu’à sa parole, même quand elle accumule les contradictions et les mensonges flagrants. Tout scepticisme conduit à être accusé de « conspirationnisme » ou de « théorie du complot », ce qui sera bientôt criminalisé. Nous sommes au cœur de l’ingénierie sociale, la réécriture furtive des relations de confiance/méfiance/indifférence pour réécrire la perception d’autrui et la structure du lien social. Le biopouvoir veut une méfiance générale dans les structures horizontales de la société mais une confiance aveugle envers lui, donc sur le plan vertical. Nous devons aimer Big Brother. La nature humaine est en cours de modification au prétexte d’une crise largement gonflée par la bulle médiatique virtuelle, c’est-à-dire une vaste dramaturgie à laquelle nous sommes sommés d’adhérer aveuglement en dépit de ses incohérences évidentes, principe de la « double pensée » orwellienne dans 1984. Ces nouvelles normes mentales et comportementales à intérioriser définitivement – puisqu’on nous martèle que plus rien ne sera comme avant ! – sont le produit d’une expérimentation « in vivo » sur cobayes humains visant à une nouvelle rationalisation scientifique du lien social. Nous assistons à une déstabilisation des rythmes biologiques et des constantes anthropologiques élémentaires, ainsi que de l’intelligence collective organique, intuitive et spontanée de l’espèce pour les réécrire selon d’autres règles, celles du nouvel ordre mondial de Bill Gates et Attali, ce New World Order annoncé par George H.W. Bush le 11 septembre 1990 pour célébrer la fin du communisme.

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Le biopouvoir joue avec nos nerfs et notre santé. Le tonus physique et émotionnel est fortement éprouvé par cette crise à moitié imaginaire dont découlent des mesures de confinement, c’est-à-dire d’emprisonnement de masse, qui, elles, sont bien réelles. Les analystes des services de renseignement qui étudient les réactions de la population peuvent tester en direct leurs modèles issus de la criminologie et de la justice prédictive, reposant sur l’établissement d’un continuum prison-liberté pour qu’il n’y ait plus de différence entre les deux. La psychose, c’est l’indistinction générale, la fusion de tout, l’incapacité à distinguer intérieur et extérieur. Le confinement pour tous est psychotique en abolissant la distinction intérieur/extérieur à deux niveaux : il abolit la distinction entre maladie et santé dans un état maladif global ; il abolit la distinction entre intérieur et extérieur de la prison dans un régime carcéral commun et un statut général d’assigné à résidence. Les murs de notre appartement sont devenus les murs de notre maison d’arrêt. L’univers pénitentiaire, voire concentrationnaire, sort de son statut de relégation et s’étend à toute la société, et ce n’est même plus une métaphore. En effet, d’une part les citoyens normaux sont emprisonnés chez eux et risquent des représailles judiciaires s’ils sortent trop loin ou dépassent l’heure légale de la promenade, comme s’ils étaient en train de s’évader ; d’autre part, au prétexte d’éviter l’épidémie en prison, des milliers de prisonniers sont extraits de leurs cellules et renvoyés chez eux, dans des conditions de semi-liberté qui se distinguent à peine de celles des voisins, théoriquement en liberté, mais de fait contraints et surveillés dans les mêmes proportions. (14) À ce stade, il devient difficile de distinguer les deux états « prison » et « liberté » car ils ont fusionné. Pas besoin de bracelet électronique, nous portons tous une laisse mentale. Nous avons le droit de sortir, mais avec un papier à faire remplir par soi-même et de manière « dérogatoire » par rapport à ce qui est considéré comme normal : être enfermé.

Strategika – Existe-t-il une issue politique à la situation que vous venez de décrire et quelle forme pourrait-elle prendre selon vous ?

La seule issue politique réside dans le retour des égoïsmes nationaux. Fort heureusement, l’humanité est encore incapable de s’unir. Tous les pays ne réagissent pas de la même façon, il y a encore de la diversité et de l’hétérogène, et les leçons à tirer de cette crise varient aussi d’un pays à l’autre. Il faut espérer un impact sur l’opinion publique qui ferait réfléchir un maximum de monde sur le caractère nuisible de ces idées tournant autour d’un gouvernement mondial, ce qui permettrait d’amorcer un mouvement de démondialisation et de relocalisation. Avec cette crise mondiale, nous avons la preuve définitive du danger d’un système mondial unifié et ouvert, où la contagion des problèmes ne rencontre aucune limite, aucun obstacle, aucune frontière nationale, et peut se diffuser à grande vitesse sans résistance. Quand il n’y a pas de murs dans une maison, le feu se propage plus rapidement. Il faut donc en finir avec la connotation toujours positive associée à la notion d’ouverture, et passer d’une apologie systématique de la société ouverte à un « éloge des frontières », comme écrivait Régis Debray. Bref, le mot d’ordre gouvernemental « Restez chez vous ! » doit être récupéré et retourné en slogan localiste et antimondialiste pour lutter avec humour contre les deux piliers de l’hybris libérale que sont le marché global et l’immigration sans limites. J’espère aussi que la démonstration actuelle de la toute-puissance coercitive de l’État, capable de séquestrer chez eux des millions de gens au prétexte d’une menace tout à fait discutable, servira de pédagogie à tous ceux qui s’imaginaient pouvoir échapper à Big Brother et qui se retrouvent confinés comme tout le monde. Le pouvoir de l’État, on le subit, ou on le contrôle, mais on n’y échappe jamais. Il faut donc le contrôler pour ne pas le subir. Le pouvoir, c’est la capacité à se faire obéir par les forces de l’ordre. On sait que l’on est au pouvoir quand les forces de l’ordre nous obéissent. Quand on n’a pas les moyens de la révolution ou du coup d’État, pour parvenir à ce résultat – diriger les forces de l’ordre – il faut donc en passer par des organisations politiques de masse, capables de reprendre le contrôle de l’État, c’est-à-dire qui jouent le jeu des institutions et des médias. La métapolitique militante et dissidente n’est évidemment pas inutile, elle est un contre-pouvoir qui permet de préparer les esprits et de travailler l’opinion publique, mais elle est simplement impuissante par elle-même, on le voit avec évidence en ce moment, ce n’est pas elle qui passe ses ordres aux forces de l’ordre.

Strategika – Comment liez-vous la crise actuelle à votre domaine d’expertise et votre champ de recherche ?

LCgpchaos.jpgEn 2010, je décrivais dans Gouverner par le chaos la situation actuelle dans ses grandes lignes, à savoir comment certaines forces tentaient d’implémenter un totalitarisme numérique à l’échelle mondiale au moyen d’une stratégie du choc qui pouvait être une épidémie. Je ne parle que de ça, directement ou indirectement, depuis dix ans. La crise du coronavirus présente un cas pratique d’ingénierie sociale et de constructivisme des perceptions, ce que j’ai appelé « reality-building ». Je propose les définitions suivantes : « L’ingénierie sociale est la transformation furtive d’un sujet social, individu ou groupe. » Selon cette définition, l’IS est plus que de la manipulation ou de la propagande, qui restent réversibles. L’IS cherche à transformer votre nature de manière irréversible mais aussi furtive et subliminale. Il s’agit de pirater votre esprit pour vous faire adopter sans même que vous ne vous en rendiez compte un changement définitif. Maintenant, définition du reality-building : « Construction de la réalité par la parole, reposant sur le principe de l’hypnose, c’est-à-dire que la parole de l’hypnotiseur devient la réalité de l’hypnotisé. » Comment la parole de quelqu’un peut-elle devenir la réalité de quelqu’un d’autre ? Une parole, c’est-à-dire un récit composé de simples mots, peut devenir votre réalité dès lors que vous y croyez, c’est-à-dire que vous accordez votre confiance à ces mots, peu importe qu’ils correspondent à une réalité matérielle objective ou pas.

Pour bien comprendre ce que nous vivons, il faut faire des allers et retours permanents entre la réalité et la fiction, l’actuel et le potentiel, les deux domaines étant en interaction permanente dans le cerveau humain. Nous retrouvons la même structure qu’avec la « menace terroriste » : un mélange de réel et de fiction, combiné à deux stratagèmes bien connus qui sont le pompier pyromane et le triangle de Karpman. Sur le mélange réel/fiction, souligné dans son dernier livre par le professeur Didier Raoult – qui se fait le disciple occasionnel de Jean Baudrillard : les partisans du « tout réel » ont tort, les partisans du « tout fiction » ont tort. Exemple : ce n’est pas parce que la « version officielle » de la crise du coronavirus est fausse qu’il n’y a pas de maladie ; de même, ce n’est pas parce que la « version officielle » des attentats terroristes est fausse que les attentats n’ont pas lieu. Des événements ont lieu, et c’est la narration explicative qui est fausse, pas les événements en eux-mêmes. Il peut arriver également que les faits soient entièrement faux et non seulement la narration du pouvoir, son storytelling. La réalité est alors entièrement résorbée dans une représentation, ce que certains appellent l’ère post-vérité et post-factuelle. Mais le plus souvent, il y a tout de même des morceaux de réalité dans la fiction, ne serait-ce que pour rendre la fiction d’ensemble plus crédible. C’est le principe de la propagande grise, qui mélange des éléments vrais et faux, pour mieux faire passer les faux. Les lecteurs de Philip K. Dick sont également familiers de cette dialectique du réel et du virtuel tournant autour du fameux thème de science-fiction du « cerveau dans la cuve » et posant la question solipsiste « Le monde existe-t-il en dehors de la représentation présente dans mon cerveau ? » Mon mémoire de maîtrise de philosophie en 1995 portait sur les relations entre le réel et l’imaginaire, et le passage graduel et insensible de l’un à l’autre, avec toutes les dérives pathologiques possibles qui constituent le cœur de la condition humaine, par opposition aux autres espèces vivantes, qui sont bien plus dans le « réel » pur. En effet, le cerveau humain ne distingue pas spontanément le réel du virtuel, ce qui explique que nous puissions éprouver des émotions réelles et nous mettre à pleurer ou à rire en regardant un film de fiction. Un autre phénomène intéressant que tous les joueurs de tennis ont expérimenté : on peut améliorer sa technique de jeu en regardant des matchs à la télé. Tous ces mécanismes neuro-moteurs sont fondés sur la fonction mimétique de l’esprit humain et les neurones miroirs qui nous dotent d’une grande capacité d’apprentissage épigénétique, c’est-à-dire post-natal et par imitation des autres membres de la société. Ceci explique aussi que le coronavirus n’a pas besoin d’exister réellement pour exister mentalement et produire des effets dans la réalité parce que l’on croit qu’il existe réellement. C’est aussi le mécanisme de l’effet placebo et du rôle de la pensée dans les phénomènes psychosomatiques, bien connus de la recherche clinique et de ses études en double aveugle, quand ni le médecin, ni le patient ne savent si le médicament prescrit contient le principe actif ou non. Cette boucle de rétroaction entre le réel et sa représentation est fascinante.

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L’analyse de la crise actuelle révèle aussi l’application combinée de deux techniques d’ingénierie sociale : 1) le pompier pyromane, qui repose sur la trilogie déjà mentionnée problème-réaction-solution ; 2) le triangle de Karpman, c’est-à-dire le jeu de rôles bourreau/victime/sauveur, qui permet de jouer à volonté sur les relations de confiance, de méfiance et d’indifférence et de les modifier dans l’opinion publique, afin de structurer et façonner cette opinion publique. En IS, la phase d’hameçonnage (phishing) repose sur l’usurpation d’identité et l’abus de confiance. Il s’agit d’hameçonner, ou attraper, la confiance d’autrui, en usurpant une identité inoffensive, c’est-à-dire en se faisant passer pour une victime ou un sauveur. Exemple : le pouvoir provoque la crise, ou laisse la crise s’installer. Dans le réel, le pouvoir occupe donc la place du pyromane, donc du bourreau. Puis, une fois que la crise est installée et en cours, le pouvoir se présente comme le sauveur, qui va donc nous sauver de la crise qu’il a lui-même installée furtivement, tel un pompier qui éteindrait l’incendie après l’avoir lui-même allumé discrètement.

Le pompier pyromane créé donc un problème – ou le laisse arriver, ou favorise son avènement – puis il attend la réaction de panique dans la population, puis il apporte sa solution pleine de compassion pour les victimes. Cette solution n’est pas forcément la meilleure sur le long terme mais elle l’intéresse lui d’abord à court terme. Par exemple, Bill Gates et ses amis mondialistes ne vont pas nous parler de tous les traitements alternatifs aux vaccins, ils ne parleront pas non plus de respecter la bonne distance entre les nations pour éviter la contagion internationale du virus. Non, surtout pas, car ce sont les bonnes solutions à long terme. Au prétexte de cette crise, les mondialistes cherchent à imposer la vaccination obligatoire de masse et une surveillance électronique toujours plus intime, avec la suppression de l’argent physique, accusé de transmettre le virus, remplacé par le paiement sans contact, et in fine, l’introduction de composants électroniques dans le corps portant les informations qui permettront la traçabilité et l’identification numérique des individus, comme cela se pratique déjà avec le bétail et les animaux domestiques. Ce ne sera sans doute pas au moyen de la puce RFID classique de la taille d’un grain de riz, qui est déjà dépassée technologiquement, mais sous forme d’objets encore plus petits et de tatouages à points quantiques. Cette approche authentiquement cybernétique, c’est-à-dire qui ne distingue pas entre les êtres vivants et les objets inanimés, tous décrits comme des « systèmes », transformera les êtres humains en objets connectés. Au niveau international, ce programme d’identification numérique de chaque individu est soutenu par Bill Gates et porte un nom : ID2020. En France, le développement de l’identité numérique est soutenu depuis 2004 au moyen de divers stratagèmes avoués dans le Livre Bleu du GIXEL – Groupement professionnel des industries de composants systèmes électroniques (devenu ACSIEL en 2013). (15)

Il ne faut pas oublier non plus que cette crise se trame sur fond d’un bras de fer opposant la Chine aux USA pour la suprématie informatique mondiale. Le gouvernement chinois veut en effet équiper l’entièreté du parc informatique de la Chine avec un système d’exploitation fabriqué en Chine, et abandonner Windows, développé par Microsoft de Bill Gates. Le rapport de forces est radical : si la Chine parvient à se débarrasser de Microsoft, vu la capacité d’entraînement de la Chine au niveau mondial, Microsoft est mort. Donc aussi la NSA et son système Echelon, c’est-à-dire l’État profond et le complexe militaro-industriel anglophones, dont l’unité est formalisée par l’Accord UKUSA, mieux connu sous le nom des Five Eyes, désignant l’alliance des services de renseignement du Royaume-Uni, des USA, du Canada, de l’Australie et de la Nouvelle-Zélande, et qui ne pourront plus espionner tranquillement la Terre entière avec les backdoors de Windows. Cette guerre à mort pour la suprématie informatique mondiale entre la Chine et le monde anglophone couvait depuis au moins 2014 mais elle a explosé en 2019. Ceci étant dit, la Chine ne nous sauvera pas du cauchemar cybernétique. Les multiples tentatives de déstabilisation de ce pays par des puissances étrangères depuis les événements de la place Tian’anmen, en passant par le Tibet, les Ouïgours et Hong-Kong ont poussé le gouvernement chinois à développer une surveillance électronique de masse, notamment avec son système de crédit social à reconnaissance faciale, qui n’a rien à envier aux projets occidentaux en la matière et qui est même en avance sur eux.

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Le confinement et la distanciation sociale sont les concepts clés du nouveau paradigme international qui essaye de se mettre en place : des individus isolés physiquement et qui ne pourraient communiquer que par écrans interposés, donc sous l’œil de Big Brother. L’informatique doit encadrer totalement nos vies, devenir enveloppante et omniprésente, un passage obligé, une médiation nécessaire dans notre rapport au monde, à autrui et à nous-mêmes. Il y a inversion du contenant et du contenu : normalement, la réalité réelle contient la réalité virtuelle, mais nous glissons progressivement dans un monde où c’est la réalité virtuelle qui contiendra le réel. Le but ultime est la destruction de la réalité physique, toujours incontrôlable, remplacée par une réalité numérique parfaitement contrôlée. Le remplacement du monde réel par un monde virtuel n’est possible que par étapes. Pour commencer, la nature doit devenir défectueuse et inquiétante, pleine de virus très méchants, si l’on veut fabriquer le consentement des peuples au Grand Confinement, c’est-à-dire à la psychose hygiéniste et à l’artificialisation numérique totale, qui deviendront alors des refuges et des solutions de sécurité.

Le couple confinement/distanciation sociale nous éloigne du monde et d’autrui, et nous prive d’une relation naturelle et immédiate au monde. Pour le biopouvoir, toute la vie doit devenir sans contact, non seulement les paiements. Les observations de Walter Lippmann sur la construction de l’opinion publique par les médias sont plus que jamais d’actualité : pour que les médias contrôlent parfaitement l’opinion publique et le cerveau collectif, il faut une barrière entre le public et les faits, que le public ne puisse pas constater la matérialité des faits, donc la réalité des faits, et qu’il soit contraint d’accorder sa confiance à la narration médiatique parce qu’il ne peut pas faire autrement. Le biopouvoir cherche à contrôler le robinet des informations, car cela lui donne le contrôle du flux des contenus qui occuperont votre temps de cerveau disponible. Quand il n’y a plus de source d’information directe, que l’information est entièrement indirecte, passée au filtre d’un intermédiaire, d’un média, alors cet intermédiaire médiatique peut construire la réalité, parce que la réalité est entièrement résorbée dans la représentation dont il a le monopole. La parole de l’hypnotiseur devient la réalité de l’hypnotisé. Pour se prémunir contre ce risque, il faut tout d’abord devenir imperméable, ou au moins critique, vis-à-vis de la parole politico-médiatique, cesser de l’intérioriser, d’y croire, de lui faire confiance, du moins de manière inconditionnelle, et surtout il faut pouvoir sortir de chez soi pour aller constater les faits soi-même.

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Petit problème d’ingénierie sociale : comment être suffisamment nombreux dans la rue, sur les réseaux sociaux, et partout, à dire « Stop Confinement ! » et « Non aux vaccins ! » pour que le dispositif de répression soit inopérant ? Comment atteindre le seuil de bascule, le seuil critique permettant d’imposer une nouvelle norme dans les esprits, y compris dans la tête de la police ? Ce qui s’est passé à Berlin le 11 avril, quand de simples gens ont organisé une manifestation pour braver le confinement, avait un air de déjà vu le 9 novembre 1989, quand les Berlinois ont attaqué le mur, sans que les forces de l’ordre n’interviennent, car elles avaient été désarmées psychologiquement par l’instauration d’une nouvelle normalité, c’est-à-dire d’une nouvelle légitimité, légalité, majorité, phénomène psychologique qui s’appelle le « retournement » ou « spin » en anglais, proche de la notion de « conversion ». Voir aussi du côté de l’astroturfing, qui consiste à créer un consensus majoritaire sur telle idée ou solution en procédant à un encerclement cognitif de l’ennemi pour marginaliser et mettre en minorité ses solutions, qui sont en l’occurrence le confinement de masse, la vaccination de masse et la surveillance électronique de masse. Il faut toujours viser les grands nombres et la quantité. Le retournement des masses, la conversion des masses, et en particulier des forces de l’ordre, précède et accompagne tous les mécanismes révolutionnaires. Notre travail doit être de convertir un maximum de monde autour de nous, au moyen d’une contamination mémétique massive, car il n’y a que le nombre qui nous protège, illustration du slogan : « Quand on n’a pas les millions, il faut être des millions. » Le problème à surmonter vient de ce que les mesures du gouvernement, qui occupe la place du sauveur, ont encore des connotations positives dans l’opinion publique. Devenons donc des spin-doctors, passons aux travaux pratiques d’ingénierie sociale, retournons l’opinion publique sur ces sujets en accolant une connotation négative, celle du bourreau, à la formule confinement/vaccin/surveillance électronique et à ceux qui la promeuvent. Comment ? Rappeler inlassablement les chiffres très modestes de la mortalité de ce virus. Rappeler que le confinement de masse retarde l’acquisition de l’immunité de masse et va donc provoquer autant de morts sinon plus que le confinement des seuls malades. Communiquer en essaim sur les solutions alternatives à la trilogie confinement/vaccination/surveillance électronique, de sorte que le message contamine tout le corps social et finisse par impacter le sommet du pouvoir. Il y a déjà des résultats positifs puisque les solutions alternatives aux vaccins ont commencé à exister dans l’opinion publique et à se faire une place dans la parole politico-médiatique, mais ce n’est pas suffisant, il ne faut pas relâcher la pression et nous devons continuer à réclamer l’accès à tous les traitements non vaccinaux, et non seulement celui du professeur Raoult.

Pour finir, un conseil de reality-building pour cultiver l’optimisme et ainsi renforcer notre système immunitaire. La « pensée positive », qu’on appelait avant la méthode Coué, l’autosuggestion, a un effet psychosomatique bien réel sur le corps. Face à la maladie, il faut adopter une bonne attitude qui renforce nos défenses immunitaires en développant un sentiment d’invincibilité. Quiconque a peur d’attraper le coronavirus doit considérer qu’il l’a déjà eu, mais de façon asymptomatique, et qu’il en est sorti vainqueur et désormais immunisé. Et ainsi, pour parodier Mao, de victoire en victoire, jusqu’à la victoire finale !

Notes:

(1) Compte-rendu du Conseil des Ministres du 24 janvier 2020, intervention d’Agnès Buzyn sur le coronavirus entre 12.20 et 18.30.

https://www.facebook.com/elysee.fr/videos/571736363557692/

(2) « Coronavirus : Agnès Buzyn a-t-elle sous-estimé le risque de propagation en France ? »

https://www.francetvinfo.fr/replay-radio/le-vrai-du-faux/...

(3) « Nombre de décès quotidiens par département »

https://www.insee.fr/fr/information/4470857#tableau-figur...

(4) « Olivier Véran : “C’est le confinement qui provoque la circulation du virus” »

https://www.bfmtv.com/mediaplayer/video/olivier-veran-c-e...

(5) « “Si le virus A H1N1 mute…” ou l’escroquerie à l’échelle planétaire »

https://martinwinckler.com/article.php3?id_article=973

(6) « Ces entreprises américaines qui profitent de la crise du coronavirus »

https://www.lesechos.fr/industrie-services/conso-distribu...

(7) « What changes are we going to have to make to how businesses operate to maintain our economy while providing social distancing? [Bill Gates] The question of which businesses should keep going is tricky. Certainly food supply and the health system. We still need water, electricity and the internet. Supply chains for critical things need to be maintained. Countries are still figuring out what to keep running. Eventually we will have some digital certificates to show who has recovered or been tested recently or when we have a vaccine who has received it. (…) What do you see as the long-term strategy for fighting this pandemic and do you feel like it will adequately prepare us for the next? [Bill Gates] I think that after this is under control that Governments and others will invest heavily in being ready for the next one. This will take global cooperation particularly to help the developing countries who will be hurt the most. A good example is the need to test therapeutics wherever the disease is to help the whole world. The Virus doesn’t respect national boundaries. »

https://www.gatesnotes.com/Health/A-coronavirus-AMA

(8) « Unijne kraje chronią bezpieczeństwo obywateli. Niemcom wolno, Polskę Bruksela chce karać »

https://www.tvp.info/47414792/unijne-kraje-chronia-bezpie...

(9) « Attali : “Nous sommes là pour réparer le monde” »

https://www.egaliteetreconciliation.fr/Attali-Nous-sommes...

(10) « Buzyn ou l’ambition d’un régime »

(11) William Sargant, Battle for the Mind, Pelican Books, 1957, page 131.

https://archive.org/details/BattleForTheMind-Sargant/page...

(12) « La mort suspecte d’un secrétaire général de l’ONU décryptée dans un documentaire »

https://www.lemonde.fr/m-le-mag/article/2019/02/28/la-mor...

(13) « Wouter Basson, l’obsession de la stérilisation des Noirs »

https://www.lefigaro.fr/actualite/2007/07/28/01001-200707...

(14) « Un mois après la libération anticipée de 10.000 détenus par Nicole Belloubet : déjà, les premières récidives »

https://fr.sputniknews.com/france/202004151043567285-un-m...

(15) « Livre Bleu du Gixel, les BBA republient la version originale (et non censurée) »

http://bigbrotherawards.eu.org/Livre-Bleu-du-Gixel-les-BBA

Économie : En territoire inconnu

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Économie : En territoire inconnu
par Hervé Juvin
Ex: http://metapoinfos.hautetfort.com

Nous reproduisons ci-dessous un point de vue d'Hervé Juvin, cueilli sur son site personnel et consacré aux conséquences économiques de la crise sanitaire. Économiste de formation, vice-président de Géopragma et député européen, Hervé Juvin est notamment l'auteur de deux essais essentiels, Le renversement du monde (Gallimard, 2010) et La grande séparation - Pour une écologie des civilisations (Gallimard, 2013). Candidat aux élections européennes sur la liste du Rassemblement national, il a publié récemment un manifeste intitulé France, le moment politique (Rocher, 2018).

Économie : En territoire inconnu

Wall Street a connu début avril sa meilleure semaine depuis… 1938 ! Au moment même où les États-Unis annonçaient un nombre record d’inscriptions au chômage : 16 millions ! Malgré l’extension mondiale de la pandémie de Covid19, la paralysie d’un nombre croissant d’économies et la réduction du commerce international, de l’ordre de 30 %, ni les produits de taux, ni les actions n’ont subi les conséquences de la crise en proportion des effets attendus sur les résultats des entreprises, à l’exception des valeurs directement impactées ; tourisme, aéronautique, etc.

Les marchés lead l’économie

Que se passe-t-il ? Aucun hasard dans cet apparent paradoxe, aucune raison non plus d’en appeler à la ritournelle de ceux qui veulent que tout ça n’ait aucun sens, que les marchés aient perdu toute utilité, et qu’il suffise de fermer les Bourses, d’interdire le versement des dividendes, et accessoirement de nationaliser les entreprises. Les Cassandre finissent toujours par avoir raison, elles ne savent ni quand ni pourquoi, ce qui les rend dérisoires.

Mieux vaut regarder en face les trois faits révolutionnaires qui changent tout ce que nous croyions savoir sur les marchés.

D’abord, ce ne sont plus les chiffres d’affaires et les résultats qui font les mouvements des valeurs d’actifs, c’est l’action des Banques centrales. Business ne fait plus-value. Ceux qui croient encore que les sociétés privées dirigent le monde doivent y réfléchir. Depuis un mois, les États décident du versement des dividendes et des rachats d’action, les États décident de l’implantation des usines et des autorisations de vente à l’étranger ou d’importation de produits industriels, et les États décident de la vente ou non d’entreprises privées à d’autres entreprises privées, le blocage de la vente de Photonis à Télédyne en France en donnant un bon exemple !

Nous sommes loin de l’abandon d’Alcatel, d’Alstom, de Morpho-Safran, de Technip, des Chantiers de l’Atlantique, etc. Et ceux qui croient encore que les marchés s’autorégulent doivent abandonner leurs illusions ; les banques centrales ont tiré la leçon de 2008, elles savent que les marchés s’autorégulent encore moins qu’ils ne sont transparents et équitables, et elles en tirent la conséquence ; à elles de faire les prix de marché — pour le meilleur ou pour le pire, c’est une autre histoire !

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L’endettement

Ensuite, la Nouvelle Politique Monétaire (NPM) et son application signifient que l’émission de monnaie est devenue le vrai moteur des économies, et que tout peut être fait, rien ne doit être exclu, qui assure le maintien des valorisations boursières. Les banques centrales sont le premier acteur de l’économie nouvelle. Les marchés ont été nationalisés ; ou, plutôt, les marchés financiers sont devenus trop importants pour les laisser à la confrontation des acheteurs et des vendeurs. Le citoyen avait disparu, effacé par le consommateur, le consommateur disparaît, effacé par l’investisseur, devenu l’acteur central de la société globale, ou par son symétrique, le consommateur endetté, État ou particulier, qui doit avoir la certitude, non de rembourser ses dettes, ne rêvons pas, mais de pouvoir s’endetter davantage !

Nous sommes passés d’un univers dans lequel le crédit bancaire et les aides d’État déterminaient l’activité, au monde dans lequel la valorisation boursière commande la propriété et in fine décide de l’activité du crédit. Quelle Nation pourrait accepter que les plus belles entreprises nationales soient rachetées à vil prix parce que les cours de leurs actions ont baissé ? Trois solutions : la nationalisation, à la fois suspecte et coûteuse ; l’interdiction par la loi, qui trouve vite ses limites géopolitiques ; le soutien des cours. D’où cette conviction appliquée, il faut faire tout ce qu’il faut pour que les valorisations demeurent élevées, et progressent, c’est la condition de la stabilité économique ! La surabondance monétaire booste les cours des actions. Est-ce la nouvelle règle du jeu ?

Enfin, c’en est fini de la diversité des anticipations, cette fiction convenable des marchés où les prix étaient le résultat de l’appréciation du risque, et des anticipations d’acteur divers par leurs horizons de gestion, leurs objectifs de rendement, leur appétence pour le risque, etc. Jamais la détention d’actions n’a été aussi massivement concentrée entre les mains des 1 % de « superriches » — aux États-Unis, de toute leur histoire ! Et jamais la concentration des pouvoirs (ou la confiscation de la démocratie) n’a joué aussi manifestement pour protéger les super-riches contre tout événement fâcheux, et leur garantir la poursuite accélérée de leur enrichissement !

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Les banques centrales sont prêtes à tout

Les données publiées par le site « Zerohedge » indiquent plus de 16 000 milliards de dollars ont été engagées par la FED pour sauver les banques américaines, leurs actionnaires et leurs dirigeants, de la faillite et de ses conséquences judiciaires pour les uns, financières pour les autres ! Ce qu’elles n’indiquent pas, c’est ce phénomène bien connu et si bien exploité ; la surrèglementation nourrit l’hyperconcentration. Seuls, les très gros, très riches et très forts bénéficient des seuils réglementaires et normatifs qui excluent les plus petits, plus faibles, moins riches.

Le temps est venu de ranger au bazar des accessoires défraîchis les enseignements de l’économie classique sur la fabrication des prix et les racontars sur « la concurrence libre et non faussée » que nul n’a jamais rencontrée nulle part ailleurs que dans les manuels d’économie et les discours de la Commission européenne à la Concurrence ! Les marchés actions doivent progresser, les Banques centrales en sont garantes, et on ne gagne jamais contre les banques centrales, c’est bien connu ! Voilà qui met à bas tout ce que nous croyions savoir sur les politiques de gestion d’actifs. Les politiques de gestion raisonnables, différenciées, basées sur les fondamentaux des entreprises ou des États n’ont plus de sens quand ce sont les injections de liquidités et les politiques de rachat de tout et n’importe quoi par les banques centrales qui font les cours. S’il est une conclusion à tirer de l’énormité des engagements des banques centrales, Fed comme BCE, c’est bien qu’elles sont prêtes à acheter n’importe quoi pour que la musique continue !

Dans ces conditions, le couple risque-rentabilité qui dirigeait les allocations d’actifs raisonnées n’est plus de saison. La sélection des titres est un exercice vain. Tout simplement parce que la partie « risque » s’est évanouie, ou que l’action des banques centrales fait qu’il est impossible de l’évaluer. Il n’y a plus de prix pour le risque, ce qui interroge au passage sur le nouveau tour du capitalisme et le sens du mot « entrepreneur ». La logique est : qui va bénéficier des actions de la FED et du Congrès, de la BCE et des décisions du Conseil et de l’Eurogroupe ?

La richesse ne vient plus du travail

Au moment d’entrer en territoire inconnu, que conclure ? D’abord, essayer de comprendre les règles du « new normal ». Les règles ne sont pas les mêmes, ce qui ne signifie qu’il n’y a pas de règles ; elles sont nouvelles, c’est tout. Ensuite, s’efforcer de prévoir l’évolution dans le temps de ces règles et de leurs impacts, leur nouveauté même pouvant réserver toutes les surprises. Enfin, reconnaître l’intérêt de la France, et faire en sorte que la France sorte gagnante d’un jeu qui fera des gagnants et des perdants.

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Sauver l’effet richesse, c’est la nouvelle règle du chef d’orchestre. La richesse dans les pays riches ne vient plus du travail, mais de la détention ou de l’attraction du capital (cas exemplaire des start-up qui ne sont riches ni de produits, ni de clients, ni de chiffre d’affaires, mais du capital qu’elles lèvent sans limites, et qu’elles consomment également sans limites ; voir Uber, Tesla, etc. !) Et voilà comment des compagnies aériennes américaines qui ont racheté pour 45 milliards de leurs propres actions (soit 96 % de leur cash flow disponible) pour enrichir leurs actionnaires demandent… 54 milliards d’aides au gouvernement pour ne pas faire faillite (Boeing a suivi la même politique, consacrant la totalité de son cash flow disponible en dix ans au rachat de ses propres actions et demande également le sauvetage par l’argent public) !

Le compromis entre le capital et le travail a été rompu dans les années 1990 pour être remplacé par un compromis entre les détenteurs du capital et les banques centrales ; il ne s’agit plus de partager des gains de productivité, il s’agit de s’enrichir sans fin ! Il ne s’agit plus de redouter une « stagnation séculaire » de la croissance dans les pays riches, il s’agit d’assurer l’enrichissement des plus riches par la création monétaire déversée sur les marchés d’actifs ! Ce ne sont plus les plus vulnérables qui sont protégés, ce sont les plus riches qui peuvent se servir. Il est permis d’espérer, mais ce n’est pas demain que le monde du travail retrouvera les leviers qui lui avaient permis de négocier le partage des gains de productivité qu’assurait l’industrie — d’ailleurs, il n’y a plus chez nous ni industrie ni gains de productivité ! Pour s’en convaincre, et contrairement à tout ce que suggèrent la situation actuelle et la célébration méritée du courage des soignants, des gendarmes et des policiers, des caissières et des livreurs, il suffit de regarder où va l’argent émis par les banques centrales ; les marchés ont l’argent, les soignants ont l’ovation de 20 heures aux fenêtres chaque soir ! Paradoxalement, la pandémie marque un nouveau bond en avant du capitalisme libéral. Certains peuvent rêver que ce soit le dernier.

L’Europe laissée de côté pour le véritable affrontement

Éviter la confrontation au réel et ruiner l’adversaire, c’est le jeu du moment. Un jeu impitoyable dans la confrontation des faibles aux forts. La Chine est annoncée grande gagnante de l’épreuve actuelle. Attendons. Il serait paradoxal que le pays d’où est parti la pandémie, qui l’a probablement aggravé par sa politique de censure des informations critiques, ou simplement des mauvaises nouvelles, et par le retard mis à en reconnaître le caractère expansif et non maîtrisé, en tire un bénéfice géopolitique et financier, mais nous sommes installés en plein paradoxe (le fait qu’une chose et son contraire puissent être affirmés en même temps est caractéristique de la situation présente, c’est-à-dire du chaos cognitif et de la confusion mentale) ! Attendons pour en juger de voir quels engagements en faveur de la relocalisation massive de nos productions stratégiques seront effectivement tenus.

Tout indique que les États-Unis se détournent de l’Europe pour engager la confrontation avec le pays qu’ils jugent leur premier adversaire du XXIè siècle, une confrontation dont tout indique qu’elle mobilisera la gamme entière des stratégies non conventionnelles et des armes non militaires, les moyens de paiement, les systèmes d’information et les attaques biologiques constituant quelques-uns des moyens d’un arsenal varié. Bitcoin, 5G, biotech — nous n’avons encore rien vu des ressources que la monnaie et la finance de marché peuvent mobiliser pour appauvrir l’ennemi, pour diviser l’ennemi, pour obliger l’ennemi à composer.

Plus besoin des canonnières du commodore Perry pour obliger un pays à s’ouvrir et à se plier ! Au choix, on considérera les milliers de milliards de dollars mis sur la table par la FED depuis ces dernières années comme une arme de destruction massive pour les détenteurs de papier libellé en dollar, ou pour le système financier occidental lui-même… les paris sont ouverts ! Et on sera attentif au projet attribué au macronisme de confier la gestion des réserves d’or de la France à une banque américaine ; après le pillage d’Alstom, le pillage de la Banque de France ? Pendant la pandémie, le hold-up continue !

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Protéger le patrimoine national et l’activité nationale devient une priorité pour chaque État. C’est la priorité de la France. La sécurité monétaire, la sécurité économique et patrimoniale, s’imposent au premier rang des enjeux de sécurité globale. Derrière les soubresauts boursiers, les risques de prise de contrôle de tel ou tel fleuron technologique ou industriel sont multipliés. Derrière la suppression de la monnaie papier, les enjeux de contrôle, de détournement, et de vol, sont gigantesques. Derrière la naïveté avec laquelle les administrations européennes prétendent se moderniser en substituant au papier et au guichet l’Internet obligé se cache mal l’exploitant américain ou chinois et un retour au temps des colonies, quand quelques compagnies privées, aventureuses et pirates, se partageaient des continents.

Et qu’en sera-t-il si le traçage individuel grâce aux données collectées à partir des téléphones portables se justifie par des motifs sanitaires pour devenir la règle imposée à toute la population, au bénéfice des prestataires qui s’en félicitent déjà ? La pandémie n’arrête pas les (bonnes) affaires d’Atos et de ses concurrents (écouter à ce sujet sur RTL l’étonnant discours du commissaire européen Thierry Breton, ex-PDG d’Atos, ouvrant sereinement la voie au contrôle numérique de la population européenne !) Derrière l’échappée belle de toutes les règles budgétaires de rigueur imposées par l’Union, s’annonce une course qui fera des gagnants et des perdants.

La France doit saisir dans la pandémie une bonne occasion de rompre avec les contraintes que l’Union européenne impose aux choix nationaux, à la protection du marché national, à la préférence pour les entreprises nationales. La France doit utiliser au maximum les facilités qui sont offertes par la BCE, par un mécanisme européen de solidarité (MES) débarrassé de toute conditionnalité, par le fonds européen de relance annoncé.

Elle doit le faire au profit des entreprises françaises, des projets français, de l’indépendance de la France – et sauver les entreprises familiales du commerce et de la restauration, contre les ambitions prédatrices des chaînes mondiales de « malbouffe ». Elle doit mobiliser toutes les capacités que l’Union européenne peut offrir dans son propre intérêt, comme l’Allemagne, comme les Pays-Bas, comme les autres Nations le font. Et elle doit plus encore considérer les marchés financiers pour ce qu’ils sont, un outil à la disposition de qui choisit de s’en servir. Voilà qui n’invalide pas le rôle des marchés, mais qui le transforme.

Tout simplement parce que nous sortons du monde du bon père de famille qui savait que rembourser des dettes enrichies. Dans le nouveau monde, non seulement les dettes ne seront jamais remboursées, mais celui qui s’enrichit est celui qui peut émettre le plus de dettes. Dans le nouveau monde, ce ne sont plus des créanciers exigeants et sourcilleux qui achètent la dette, ce sont des banques centrales d’autant plus accommodantes qu’elles jouent elles-mêmes leur survie — au cours des dernières semaines, la nouvelle Présidente de la BCE, Christine Lagarde, l’a bien compris !

Et l’impensable arrive. La France de 2020 doit savoir s’enrichir de sa dette et mobiliser sans freins la dépense publique, si elle sait l’employer à relocaliser son industrie, à relancer une politique territoriale qui commence par le soutien au secteur de l’hôtellerie, de la restauration familiale et du petit commerce, à relancer de grands projets (le second porte-avion, le cloud français ?) et à réduire le coût du financement de son économie, l’exemple allemand étant sur ce sujet à méditer.

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Mieux vaut danser en cadence quand s’arrêter donne le vertige. Les colonnes du temple européen s’effondrent les unes après les autres, de Maastricht à Schengen, ce n’était que des colonnes en papier. Mais que l’entreprise privée, libre de sa stratégie, que les marchés concurrentiels où se forment les prix, que l’allocation des capitaux selon le rapport rendement-risque disparaissent par la magie complaisante des banques centrales, voilà qui mérite attention ; ce sont cette fois les bases du libéralisme qui sont mises à mal. Certains diront ; changeons de partition ! D’autres diront plus simplement ; tant que la musique joue, il faut continuer à danser, seuls ont tort ceux qui pensent d’en tirer en s’isolant dans leur coin. Mais la seule question qui compte est tout autre ; vaut-il mieux être celui qui joue dans l’orchestre, celui qui danse sur la piste, ou celui qui agite son mouchoir sur le quai en regardant partir le Titanic, tous pavillons flottant au vent ?

Hervé Juvin (Site officiel d'Hervé Juvin, 13 avril 2020)

mardi, 21 avril 2020

Resisitiré…. a la dictadura del régimen del 78

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Resisitiré…. a la dictadura del régimen del 78

Eduardo Núñez

En estos días de pandemia, algunos se han referido al cierre de fronteras y las medidas extraordinarias adoptadas por los gobiernos citando recurrentemente la celebérrima fórmula schmittiana sobre la manifestación fáctica del verdadero poder soberano, que es quien decide sobre la excepcionalidad. En realidad, Carl Schmitt no aludía con esto al recurso por parte de los Ejecutivos a los poderes excepcionales o de emergencia previstos en las Constituciones, cuyo ejercicio está acotado a predeterminadas circunstancias de gravedad o alteración de la normalidad jurídico-política, como resulta de la crisis sanitaria del Covid-19, sino al estado de excepción, algo mucho más profundo y vasto en su obra que remite al propio concepto de lo político.

Puestos a seguir con el genial politólogo y jurista alemán, sorprende que en estos momentos de tanta excepcionalidad, en coherencia con lo anterior, no se haya reparado en traer a colación también una temática que cobra plena vigencia y a la que este teórico de la democracia dedicó su atención: la dictadura como forma de gobierno emanada, precisamente, de la máxima excepción. La dictadura, institución clásica de Roma, rescatada con las revoluciones liberales y democráticas de los siglos XVIII y XIX, ha pervivido a lo largo de la historia bajo diversos regímenes, fueran liberal-parlamentarios, autocráticos, autoritarios o puramente totalitarios de un signo u otro e implantadas con carácter transitorio o con vocación de permanencia. Y parece que, por todo lo que estamos presenciando, no es una forma lejana y arrumbada en el tiempo, sino que retorna bajo el pretexto de lucha contra el coronavirus.

Los poderes de emergencia tasados en las Constituciones, llamados estados de excepción, implican una suspensión o restricción provisional de alguno de los derechos garantizados en éstas ante una situación grave o extraordinaria prevista en la norma con la finalidad de defender la propia Constitución o en pos de un bien superior. Por ejemplo, proteger la salud pública ante una pandemia.

Sin embargo, el enfoque schmittiano de estado excepcional no debe confundirse con los mencionados estados de excepción constitucionales, aunque se solape con ellos. La excepción es la condición para que irrumpa en el momento de crisis, de alteración del orden existente, el soberano quien es el mismo que decide sobre la excepcionalidad para enfrentar la amenaza que quiebra la normalidad y regularidad jurídica. Lo cual presupone el acto político por excelencia, que es la previa designación del “enemigo”, sin el cual no puede existir la excepción, comunidad política ni lo propiamente político. La excepción se decide contra el hostil que amenaza el orden normativo preestablecido.

Así, la suprema excepción que implica la suspensión general del orden jurídico significa la imposición transitoria de una dictadura cuya finalidad puede ser el restablecimiento del orden preexistente, una vez conjurado el peligro existencial o, como suele mostrar la historia de forma más habitual, una dictadura sin posibilidad de regreso a la regularidad anterior, sino a la instauración constituyente de un nuevo orden.

Un ataque sin precedentes del Régimen contra los derechos y las libertades

no.pngEl gobierno de coalición del PSOE y Unidas Podemas decretó el estado de alarma, que es el más leve y limitado dentro de los tres estados de excepción, graduados de menor a mayor restricción de derechos, del artículo 116 de la Constitución del régimen del 78 (alarma, excepción y sitio) y además, permite eludir el control parlamentario, cuya actuación se ciñe a convalidar los decretos de estado de alarma que pueden ser prorrogados ilimitadamente. Ahora bien, bajo el decreto dictado por el ejecutivo para combatir al “enemigo”, el Covid-19, y escudados en las recomendaciones de un comité científico y expertos médicos se ha suspendido de facto derechos y libertades que, bajo ningún concepto, están contemplados en la previsión del estado de alarma, el cual, entre otras medidas, solo permite la posibilidad de restringir la libre circulación en determinados lugares y a determinadas horas. Así, de un plumazo se ha confinado a toda la ciudadanía en sus domicilillos y se ha impuesto un toque de queda permanente que supone un flagrante atentado contra derechos y libertades, incluso de los denominados como fundamentales, tales como el de reunión, libertad de circulación, residencia, reunión y manifestación. Con las medidas de “hibernación” de la economía, de parón forzoso de casi todas las actividades, se ha vulnerado el derecho al trabajo y el de libertad de empresa. Por la vía de hecho, se ha suspendido la ley de transparencia, contribuyendo al apagón informativo que además sostienen cadenas y medios de prensa regados con dinero público; a lo que se suman las encuestas sesgadas del CIS, un organismo público puesto al servicio del gobierno de forma burda y descarada. Qué decir de los rastreos promovidos en internet y redes sociales por el Ministerio de Interior bajo la coartada de contrarrestar los “ciber-bulos” y localización de discursos sobre la infección que puedan ser considerados peligrosos e incluso punibles; y otras medidas del ente público RTVE, como verifica RTVE también para la neutralización de supuestos “fake news”, atentando con todo  lo anterior contra el derecho a la información, a la vez que se imponen subrepticiamente mecanismos de censura y se coarta el derecho a la libertad de expresión.

Cuanto menos, si no solo resulta inquietante la monitorización del confinamiento vía geolocalización de móviles, supone además una violación del derecho a la intimidad y al secreto en las comunicaciones de la ciudadanía.

A lo que se sumarían otras iniciativas liberticidas en el mundo entero, como la acometida motu proprio por WhatsApp para limitar el reenvío masivo de mensajes, que no puede ser interpretada de otra manera que como un medio indiscriminado para censurar preventivamente la propagación, llegado el caso, de mensajes subversivos a través de esta aplicación propiedad de Facebook, cuyas relaciones de colaboración con la agencias norteamericanas de seguridad e inteligencia NSA y CIA son sobradamente conocidas.

Estamos ante una suspensión generalizada de derechos y libertades anti-jurídica, conculcando la propia norma que rige al régimen del 78, y por tanto ante la emergencia de una dictadura de facto, con una deriva despótica. No es un golpe de estado partidista de corte bolivariano como pretende cierta derecha casposa, sino la dictadura del mismo régimen del 78 al completo, dada la solícita asistencia de todos los partidos al Ejecutivo por acción u omisión, reyertas de banderías aparte.

Está por ver si lo excepcional devolverá en algún momento la normalidad anterior a la pandemia o, por el contrario, como puede intuirse por la envergadura de las actuaciones excepcionales impuestas en España, y en buena parte del mundo con el confinamiento masivo de poblaciones, se está jalonando el camino hacia una nueva “normalidad” que instituirá en lo cotidiano el cercenamiento de derechos y libertades. Máxime para reforzar los mecanismos de control de conflictividad y represión social de una población noqueada de antemano por el coronavirus ante la gran crisis económica global del liberal –capitalismo que es una realidad cuyos efectos devastadores para España pronostican, para empezar, una espeluznante caída del 15% del PIB y tasas de desempleo superiores al 20%, con el consiguiente bucle infernal de repunte de déficit y deuda públicas, deterioro y devaluación de las condiciones socio-económicas de la ciudadanía y de la vida en general

“Resistiré”

Si bien, con carácter anecdótico, puede haber algunos pocos, muy pocos, periodistas y juristas en España que comienzan a cuestionar tímidamente y de pasada algunos aspectos del estado de alarma, no puede hablarse de ninguna reacción significativa por parte de nuestros compatriotas frente a la vulneración de sus derechos y libertades bajo este estado de alarma impropio que algunos sí denunciamos desde el primer momento. A diferencia, por ejemplo, de otros países, tales como Estados Unidos en los que hay protestas contra las medidas de confinamiento o Alemania, cuyo Tribunal Constitucional ha fallado a favor de unos ciudadanos que pretendían manifestarse en la vía pública.

Nuestros queridos compatriotas pueden seguir endulzando su confinamiento, sometido a vigilancia policial y, a veces también bajo el escrutinio de vecinos chivatos vocacionales presentes en todas las dictaduras y estados policiales, con el jolgorio en los balcones, el trágala de las consignas oficiales y participar de las convocatorias de las 20h, los catárticos “2 minutos del odio” orwellianos, reconvertidos en aplausos acríticos de adhesión a la gestión gubernamental de una calamidad, así como atiborrarse de los amables reportajes de sainetes vecinales de entrañables y conmovedores gestos solidarios que emiten constantemente los informativos, junto a series de entretenimiento e infinidad de conciertos online.

“Resistiré” es el himno oficial de la dictadura del Covid-19. Pero resistencia es también la consigna que los españoles deben interiorizar frente a esta dictadura cuyos resultados nos abocan a una catástrofe sin parangón.

Eduardo Núñez

Der größte Crash aller Zeiten: Deutschland am Scheideweg

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Torsten Groß:

Der größte Crash aller Zeiten: Deutschland am Scheideweg

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Einer der klügsten Köpfe Deutschlands legt nach: Nach Der Draghi-Crash (2017), Wenn schwarze Schwäne Junge kriegen (2018) und Verzockte Freiheit (2019), allesamt Bestseller, hat der Ökonom und Risikomanager Markus Krall, ein neues, 300 Seiten starkes Buch mit dem Titel Die bürgerliche Revolution vorgelegt. Sein Untertitel ist Programm: »Wie wir unsere Freiheit und unsere Werte erhalten«.

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Im ersten Teil seines Buches zeigt Krall, der sich selbst als libertär einordnet, welche Entwicklungen die bürgerlich-freiheitliche Ordnung in Europa und Deutschland bedrohen. In komprimierter und auch für Laien verständlicher Form erläutert Krall die fatalen Folgen, die von der planwirtschaftlichen Geldpolitik der Notenbanken für Wachstum und Wohlstand unserer Gesellschaft ausgehen. Dieser vom Autor so bezeichnete »Geldsozialismus«, der zu Lasten der Leistungsträger geht und seinen sichtbarsten Ausdruck in den Nullzinsen der EZB finde, führe unweigerlich zum Kollaps des monetären Systems und der Marktwirtschaft. Die politische Klasse billige den Kurs der Zentralbanken, um mit immer neuen Schulden die kurzfristigen Konsumwünsche der Bürger zu befriedigen und Wählerstimmen zu maximieren. Die herrschenden Eliten seien nicht in der Lage, den Menschen durch Aufklärung und geistige Führung das langfristig Notwendige zu vermitteln. Den tieferen Grund für dieses Versagen sieht Krall in der adversen ökonomischen Selektion des politischen Personals, die den Aufstieg rückgratloser Opportunisten ohne intellektuelle Befähigung begünstige.

Der absehbare wirtschaftliche Zusammenbruch werde am Ende auch die Demokratie zerstören, ist sich Krall sicher, und führt als historisches Beispiel die Weimarer Republik an. Dieses Szenario werde begünstigt durch die Aushöhlung der Herrschaft des Rechts und die defizitär ausgestaltete Gewaltenteilung in Deutschland, was der Autor beispielhaft an der Institution des Bundesverfassungsgerichts und seiner Rechtsprechung festmacht. Letztlich versagten aber alle drei Gewalten – Exekutive, Legislative und Jurisdiktion – bei ihrer vom Grundgesetz vorgegebenen Aufgabe, die konstitutionelle Ordnung zu schützen und die Rechte der Bürger zu wahren.

Scharfe Kritik übt Krall an den Kirchen, die zu einem »Wurmfortsatz des Staates« verkommen seien und sich dem linken Zeitgeist angebiedert hätten. Ihre Funktionsträger schwiegen zum Konsumterror, zur Auflösung von Ehe und Familie, zu Pornographie und Abtreibung. Stattdessen beteilige man sich an der Abschaffung der freiheitlichen Ordnung, obwohl die ihr ideengeschichtliches Fundament gerade im christlichen Glauben finde. Die Folge, so Krall, sei »die tiefgreifendste Erosion des Glaubens in unserer Gesellschaft, die je stattgefunden hat«. Das Führungsversagen der Kirchenoberen schaffe ein geistiges Vakuum, das sowohl von scheinwissenschaftlicher Propaganda mit religiösem Wahrheitsanspruch wie der Klimahysterie als auch dem Islamismus gefüllt werde.

35446679._SY475_.jpgEbenfalls hart ins Gericht geht Krall mit den Medien, die ihrer Rolle als »vierte Gewalt« zur Kontrolle der Mächtigen nicht mehr gerecht würden. Stattdessen fungierten sie als ein Erziehungsinstrument im Interesse der herrschenden Eliten, was besonders im Haltungsjournalismus zum Ausdruck komme, der nicht mehr zwischen Nachricht und Meinung unterscheide. Ziel sei es, das Publikum im politisch korrekten Sinn umzuerziehen. Dazu gehöre es auch, die Sprache zu manipulieren, indem bestimmte Begriffe als »Unworte« aus dem Diskurs verbannt oder usurpiert und mit neuen Bedeutungen aufgeladen werden. Krall nennt dafür einige Beispiele im Buch. Darüber hinaus würden ganze Themenkomplexe und unliebsame Meinungen in der öffentlichen und medialen Diskussion verunglimpft. Eine besonders unrühmliche Rolle bei dem Versuch, die destruktive Politik der Regierenden zu rechtfertigen, spiele der öffentlich-rechtliche Rundfunk, den der Bürger als Opfer der Indoktrination auch noch mit Zwangsgebühren finanzieren müsse. Gleichzeitig werde das Internet als freier Informations- und Diskussionskanal für kritische Bürger durch immer schärfere Gesetze und Zensurmaßnahmen beschränkt. Als Beispiele führt Krall das Netzwerkdurchsetzungsgesetz und den auf EU-Ebene beschlossenen Upload-Filter an.

Als ideologische Grundlage für die gesellschaftlichen Verwerfungen, die den Fortbestand der bürgerlich-freiheitlichen Gesellschaftsordnung gefährden, identifiziert Markus Krall den Kulturmarxismus. In ihm manifestiere sich die Herausforderung des Sozialismus in der Gegenwart, der für die Unfreiheit des Menschen stehe. Seine Merkmale seien die Feindschaft gegen Ehe und Familie, die Ablehnung des Privateigentums, die Verneinung der Freiheitsrechte des Individuums, der Hass auf die Religion und insbesondere das Christentum sowie die Zerstörung von Kunst, Kultur und Musik. In allen seinen historischen Ausprägungen – einschließlich der des Nationalsozialismus – habe der Sozialismus stets zu Massenmord und Genozid geführt, weshalb diese Ideologie ein Todeskult sei, der die Vernichtung der Menschheit zum Ziel habe. Krall beschreibt die »weichen« Methoden, mit denen die Kulturmarxisten versuchen, die Macht schrittweise an sich zu reißen, um danach zu den viel brutaleren Mitteln des Staatssozialismus überzugehen.

Für den Autor ist klar: Die Gesellschaften des Westens stehen vor einem Kampf um die Freiheit, sowohl gegen die Kräfte des Kulturmarxismus als auch des salafistischen Islamismus, der eine Spielart der sozialistischen Menschenfeindlichkeit sei. Wie dieser Kampf ausgehen wird, hängt nach Meinung von Krall entscheidend davon ab, ob die Leistungsträger der Gesellschaft bereit und in der Lage sind, die freiheitliche Kraft der bürgerlichen Revolution zu revitalisieren. Es gehe um Freiheit oder Knechtschaft. Das sei der epochale und unausweichliche Konflikt, den es zu bestehen gelte.

Im zweiten Teil seines Buches zeigt Markus Krall auf, mit welchen Strategien und Methoden es dem Bürgertum gelingen kann, diesen Kampf zu gewinnen. Der nahende Zusammenbruch des Geldsystems biete dabei die Chance zu einer grundlegenden Erneuerung, sofern es gelinge, den Menschen zu verdeutlichen, dass der Crash nicht die Folge von Markt-, sondern von Staats- und Politikversagen sei. Ziel müsse eine »Republik der Freiheit« basierend auf Bildung und Leistung sein, die Marktwirtschaft, Eigentum, Ehe und Familie, Religion, Individualität und christlich-europäischer Kultur verpflichtet sei. Krall entwirft den 100-Tage-Plan einer neuen freiheitlichen Regierung, der die Reaktivierung der Selbstheilungskräfte des Marktes zum Ziel hat, um die Folgen der jahrzehntelangen Misswirtschaft rasch zu überwinden.

Dem schließt sich ein umfassendes Konzept für die Reform des Grundgesetzes an, das von allen freiheitsfeindlichen Elemente bereinigt werden müsse. Krall will für Deutschland eine Reform an Haupt und Gliedern, die nicht nur die Wirtschaft, sondern alle Politikfelder umfassen soll.

Der Autor beschränkt sich dabei nicht auf Allgemeinplätze, sondern legt seine Vorstellungen zur Neugestaltung unserer Verfassungsordnung sehr konkret dar. Einige der Programmpunkte dürften kontroverse Diskussionen auslösen, etwa die Forderungen nach einer Mindestqualifikation für Amtsträger der Exekutive, der Abschaffung des Länderfinanzausgleichs und einem Goldstandard. Oder der Gedanke, ein Wahlkönigtum anstelle des heutigen, von den Parteien ausgekungelten Bundespräsidenten zu konstituieren.

Mit Die bürgerliche Revolution hat Markus Krall einen provokanten Debattenbeitrag vorgelegt, der es bereits kurz nach seinem Erscheinen in die Spiegel-Bestsellerliste geschafft hat. Zu Recht. Ein empfehlenswertes Buch für alle freiheitlich denkenden Zeitgenossen, denen die Zukunft Deutschlands nicht gleichgültig ist!

Bestellinformationen:

» Markus Krall: Die bürgerliche Revolution, 300 Seiten, 22,00 Euro – hier bestellen!

Samstag, 18.04.2020

lundi, 20 avril 2020

«Une annulation des dettes ne changera rien aux difficultés de l’Afrique» Entretien avec Caroline Galactéros

Entretien avec Caroline Galactéros*

paru dans le FigaroVox le 17/04/2020

Ex: http://www.geopragma.fr

FIGAROVOX.- Le chef de l’État s’est engagé à «effacer» une partie de la dette des pays africains, était-ce la meilleure manière d’aider ces pays face à la crise économique sans précédent qui guette le monde entier?

Caroline GALACTÉROS.- La France a décidé de réorienter une partie de son aide au développement à hauteur d’1,2 milliard d’euros pour alléger les dettes bilatérales de certains pays africains envers nous et renforcer les systèmes de soins, de recherche et de détection, notamment via les instituts Pasteur. Paris a par ailleurs poussé le Club de Paris, qui réunit les créanciers de l’Afrique, à déclarer un moratoire sur 20 des 32 milliards de dollars dus cette seule année, par 76 pays pauvres dont 40 africains. Il s’agit donc à ce stade d’un moratoire, non d’une annulation ni même d’un allègement ou d’un rééchelonnement. Par ailleurs, le FMI et la Banque mondiale ont eux aussi activé certains de leurs mécanismes pour pouvoir prendre en charge le service de la dette durant quelques mois ou prêter (comme d’ailleurs l’UE à hauteur de 20 milliards d’euros) aux pays africains dont le budget est très lourdement au service de la dette et qui risquent une trop grande fragilisation si la crise du coronavirus venait à les toucher massivement submergeant leurs structures sanitaires notoirement insuffisantes et souvent dépendantes de l’intervention humanitaire.

“Au regard du sous-équipement de notre système de soins, on peut imaginer l’incidence d’une propagation soudaine du Covid-19 en Afrique.”

Quand on voit le sous-dimensionnement et le sous-équipement de notre propre système de soins, alors que nous pérorions sur sa supériorité mondiale il y a encore quelques mois, on peut imaginer l’incidence d’une propagation soudaine du Covid-19 sur certains grands ou petits États africains. Pour l’heure, le continent est toutefois peu touché à l’exception de l’Algérie, de l’Égypte et de l’Afrique du Sud. Les pays les plus à risque sont paradoxalement les plus développés et ceux qui dépendent fortement du tourisme et du pétrole, deux ressources en chute libre. La crise économique liée à la pandémie menace au bas mot 20 millions d’emplois, pourrait priver les États africains d’un tiers de leurs recettes fiscales et faire chuter leur croissance d’au moins 1%, sans parler du fait que les économies africaines demeurent majoritairement informelles, ce qui rend le concept du confinement tout simplement impraticable.

De ce point de vue, Paris est donc une fois encore dans l’incantation généreuse, sans grands risques, mais aussi un peu décalée par rapport à la réalité des nouveaux équilibres de puissance et d’influence. L’initiative française masque mal la préoccupation grandissante qui est la nôtre. En appelant à l’annulation de la dette, Emmanuel Macron a aussi saisi l’opportunité, après son offensive européenne manquée sur la mutualisation des dettes européennes, de mettre une nouvelle fois LE sujet brûlant sur la table. Celui de notre propre dette que les vannes désormais grandes ouvertes de la création monétaire pour parer l’effondrement de l’économie nationale (et européenne) va rendre elle aussi ubuesque et de fait bientôt irremboursable! Un peu comme lorsqu’on veut poser une question personnelle à un psychologue et qu’on lui «demande conseil pour un ami».

Toutefois, cette salve de générosité envers l’Afrique correspond sans doute aussi à un élan plus large et partiellement sincère, que le tragique de la situation mondiale actuelle permet d’invoquer…sans trop y croire. En effet, la France est aussi en train de «tester» auprès des membres permanents du Conseil de sécurité des Nations unies, un texte appelant à une trêve mondiale des conflits en cours, tandis que la Russie a, de son côté, proposé son aide à l’Amérique. Donald Trump avait semblé prêter l’oreille. Crise du Pétrole oblige probablement. La Chine enfin a, à plusieurs reprises, appelé à l’unité du monde et au renforcement du multilatéralisme face à une menace qui vise la communauté humaine dans son ensemble.

“Les attaques sur la propagande des démocratures respirent la frustration et l’impuissance.”

Évidemment, comme pour les cargaisons de matériel sanitaire et médical livrées par la Russie à l’Italie ou par Pékin à l’Europe, on crie à la propagande et à l’instrumentalisation de la solidarité. Comment imaginer qu’il puisse exister, à côté d’un évident opportunisme et de la gestion bien comprise des intérêts nationaux, une once d’empathie ou de générosité gratuite dans l’action de ces démocratures? À mon sens, ces attaques sont à la fois puériles et contre-productives. Elles respirent la frustration et l’impuissance. Nous aimerions bien, nous aussi, être sortis de la tempête, avoir protégé nos populations, limité les pertes et remis notre appareil productif en branle, nous offrant le luxe de nous porter au secours des autres et de leur faire sentir combien ils dépendent de nous pour avoir abandonné leur souveraineté industrielle ou sanitaire…! Nous en sommes très loin. La crise du Coronavirus est une crise d’humanité. Elle révèle l’indifférence, la rapacité, l’absence d’appréhension globale de notre sort au-delà des envolées abstraites sur le multiculturalisme. C’est déjà le multilatéralisme qui est en morceaux et qu’il faudrait savoir ranimer.

N’est-ce pas la Chine qui est le plus gros créancier de l’Afrique?

En effet, la Chine détient environ 40% de la dette africaine: 145 milliards de dollars sur 365. Il faut savoir que cette dette n’est pas que publique, mais détenue partiellement par des fonds d’investissement, des banques, des entreprises privées. La Chinafrique n’est pas un mythe. La Chine achète l’Afrique depuis déjà près de 20 ans, sur les décombres de notre influence viciée par la repentance. L’absence de conditionnalité politique mise à son appui financier (il suffit de reconnaître l’existence d’une seule Chine pour être dans les clous) lui a assuré un immense succès qui lui fait posséder des pans entiers de l’économie de certains États ou parfois leur dette entière.

“La Chinafrique n’est pas un mythe.”

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Pékin n’a donc pas d’intérêt à annuler quoi que ce soit, mais à creuser plus encore son emprise économique et monétaire, comme d’ailleurs en Amérique latine. Le projet des Nouvelles Routes de la Soie y pourvoie notablement et vise à installer des têtes de pont notamment portuaires pour les produits chinois à destination des marchés locaux mais aussi européens. Il est d’ailleurs évident qu’au moment où se conclut ce «généreux» moratoire, de multiples contreparties en concessions minières, pétrolières agricoles doivent être négociées sans doute à des conditions léonines, contre le secours chinois (comme probablement contre celui des autres créanciers occidentaux du continent). La pandémie a juste accéléré la bascule en cours depuis plus d’une décennie du leadership global du monde vers l’Asie et chacun cherche à en tirer parti, ou du moins, à n’en point trop faire les frais.

Cette aide sera-t-elle suffisante?

Évidemment non. Ce n’est pas à la mesure des problèmes de l’Afrique qui sont endémiques. Rien ne garantit d’ailleurs qu’elle sera véritablement «fléchée» vers les bons usages et qu’elle ne disparaîtra pas au moins partiellement dans les poches de ses récipiendaires africains officiels. C’est un geste qui ne coûte pas grand-chose au Club de Paris au G20 et mais ne rapportera pas non plus beaucoup aux populations africaines.

“C’est un geste qui ne rapportera pas non plus beaucoup aux populations africaines.”

C’est à mon sens surtout un moyen d’espérer retarder les effets déstabilisateurs de la pandémie sur un continent surpeuplé dont nous voudrions en Europe qu’il fixe ses populations afin d’enrayer la perspective de flux migratoires à sens unique incontrôlables, et ce plus encore maintenant que nos propres populations vont par millions se retrouver hors de l’emploi et que les coûts économiques et sociaux de l’épidémie en Europe vont exploser.

La fermeture des frontières européennes a ralenti pour un temps la pression migratoire. Faut-il s’attendre à ce qu’elle s’intensifie dans les années qui viennent à cause de la crise?

Oui. D’abord car il faudrait une prise de conscience durable pour que l’espace Schengen demeure véritablement fermé, ce qui est impératif. Je rappelle que la France, tandis que la pandémie fait toujours rage, n’a toujours pas jugé bon de fermer ses frontières nationales avec ses voisins immédiats tandis que l’Allemagne ou l’Italie sont infiniment plus pragmatiques…Nos tabous européistes et idéologiques nous affaiblissent dans la réponse à la crise.

“Le pire en matière de pression migratoire est à venir.”

S’agissant de l’Afrique, le pire en matière de pression migratoire est donc à venir. À cause de la crise, à cause des guerres de déstabilisation suicidaires que nous soutenons toujours au Moyen-Orient sans voir qu’elles creusent au loin le lit de la déstructuration nationale. À cause aussi des questions environnementales qui affectent une Afrique déjà si structurellement frappée par les éléments. Plus encore que cette pandémie sans doute, le défi migratoire est et sera pour l’Europe le test de sa survie. Si elle ne sait pas comprendre que la souveraineté de ses membres et le rétablissement d’États lucides et solides au socle régalien assumé sont, non des handicaps, mais les conditions de sa renaissance comme ensemble qui compte, alors l’UE mourra progressivement de son européisme hors sol, de son allégeance mentale et stratégique naïve à une Amérique plus patriote et unilatéraliste que jamais, dont elle ne constitue en fait docilement que la profondeur stratégique continentale face à la Russie et face à la Chine. Pour survivre, et d’autant plus après ce coup d’arrêt économique, l’Europe va devoir réserver ses forces et ses moyens pour ses propres populations et valoriser la préférence communautaire dans tous les domaines. Pour reconstituer ses forces et ses équilibres, sans indifférence au reste du monde, mais sans vivre dans un permanent renoncement à elle-même. Ce sursaut ne sera possible qu’avec des gouvernants dotés de vision, de cohérence et de courage politique.

*Caroline Galactéros, Présidente de Geopragma

Du discrédit de la parole publique

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Du discrédit de la parole publique

par Jean-Gilles Malliarakis

Ex: https://www.insolent.fr

Alors que l'Allemagne entreprend aujourd'hui, méthodiquement et franchement, son déconfinement, les représentants du meilleur système du monde, celui de l'Hexagone, s'exprimaient hier sur les ondes du service public. La longueur de leur communication n'a d'égal que le nombre de questions sans véritables réponses.

Humainement, on peut les plaindre de leur douleur, visible en ce moment, dans leur rôle de ministres, c'est-à-dire serviteurs, d'un État aussi lourd, aussi centralisé, aussi coûteux et en même temps aussi impuissant, hésitant et cafouilleux.

Mais, autant nous souffrons tous de cet étatisme, autant nos bons esprits faiseurs d'opinion suggèrent d'en guérir les maux par un surcroît d'étatisme.

Cette conférence de presse conjointe du Premier ministre et du ministre de la Santé présentait, sur tous les points, le mérite d'une certaine franchise, celle de sa propre obscurité. Les deux intervenants associés dans cette entreprise s'enlisaient en effet dans les nouveaux méandres de la parole publique.

Ils y étalaient donc à l'envi leurs propres incertitudes.

Deux heures pour lâcher, ce 19 avril, à peu près trois informations : la première pour annoncer que nous pourrons, c'est une bonne nouvelle, aller visiter ceux de nos aînés séjournant, dépendants, contraints, en fin de vie, dans des maisons de retraite ; la deuxième qu'il sera bientôt obligatoire de porter un masque dans les transports en commun et d'installer du gel dans les magasins – à condition de pouvoir se procurer masques et gels, idem pour les tests – sans garantie du gouvernement ; et enfin, confirmation, on ne sait toujours rien, après un mois de confinement et une semaine de tâtonnement, de ce qu'il en sera vraiment de la vie scolaire des enfants et de leurs vacances d'été.

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Pour le reste, débrouillez-vous dans le brouillard braves gens, mais attention aux gendarmes.

Une seule chose semble certaine : les bistrots seront totalement fermés et les écoles en partie ouvertes. Cette dernière décision, arrêtée en fait parce qu'il se révèle urgent de laisser les parents travailler, se veut prise en principe au nom de l'égalité des chances. Le discours présidentiel du 13 avril a fixé la doctrine sur ce point. Reste aux syndicats et aux bureaucrates de l'Éducation nationale de s'accorder sur sa mise en œuvre. Ils n'y sont pas encore parvenus.

Ainsi, la parole publique ne souffre pas seulement de l'incertitude propre au sujet.

Comment accepter un propos toujours si imprécis, sur la disponibilité des masques, ou des tests, nous contraignant de croire, par ailleurs à l'omnicompétence de notre bureaucratie ?

Comment se fier, pensera-t-on, à des experts qui se contredisent ?

Comment croire en un président de leur comité, si péremptoire face aux médias, le Delfraissy, obligé de reconnaître les larges pans de son ignorance quand il est auditionné par les Sénateurs le 15 avril ?

Le discrédit s'abat, plus encore, et de plus en plus massivement, depuis les authentiques mensonges proférés face à la crise.

Le 24 janvier, deux victimes du virus chinois étaient confirmées en France, sur des patients hospitalisés à Paris et Bordeaux. Ce jour-là, encore ministre de la santé, Agnès Buzyn déclare :
• 1° que "le risque d’importation depuis Wuhan est pratiquement nul";
• 2° que "le risque de propagation est très faible";
• 3° que "notre système de santé est bien préparé".

Trois affirmations totalement démenties par les faits

Le 17 mars, la même Buzyn affirme au Monde que, dès le mois de janvier, elle avait prévenu le Premier ministre de la gravité potentielle de l’épidémie de nouveau coronavirus. Autrement dit, si on la croit : d’une part le Gouvernement, informé du danger, n’aurait pas agi ; d’autre part, elle-même aurait sciemment cherché à tromper l'opinion.

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Le 27 janvier, le professeur Jérôme Salomon directeur général de la santé ose affirmer que "nous bénéficions en France d’un test rapide qui va être disponible de plus en plus largement sur le territoire dans les prochains jours".

Le 23 février, Olivier Véran, qui vient de succéder à Agnès Buzyn, annonce : "dans les hôpitaux de Paris, nous allons pouvoir être largement en mesure de répondre aux demandes, quelles qu’elles soient, de réalisation de tests".

Que vaut donc aujourd'hui, au pays de Voltaire et des servantes de Molière, la parole publique ?

Le 11 mai approche, et ce jour-là, devant le désastre, l'opinion et la rue, artificiellement endormies jusque-là, se réveilleront et pourront demander des comptes.

Le règne du mensonge appartient toujours, certes hors concours, aux héritiers de l'empire du communisme. Mais si nous ne voulons pas évoluer vers l'ombre mortifère du totalitarisme, il faut prendre conscience du danger, ici et maintenant, de la post vérité officielle.

 

JG Malliarakis  
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dimanche, 19 avril 2020

Pourrissement des élites : pour une analyse du cas français...

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Pourrissement des élites : pour une analyse du cas français...
par Denis Collin
Ex: http://www.metapoinfors.hautetfort.com

Nous reproduisons ci-dessous un point de vue de Denis Collin, cueilli sur le site La Sociale et consacré à la décomposition accélérée des élites françaises. Agrégé de philosophie et docteur ès lettres, Denis Collin est l’auteur de nombreux ouvrages consacrés à la philosophie, à la morale et à la pensée politique, dont Introduction à la pensée de Marx (Seuil, 2018) et Après la gauche (Perspective libres, 2018).

Pourrissement des élites

Pour une analyse du cas français

Il n’y a pas de société sans élite. Ce cons­tat est désa­gréa­ble pour tous ceux qui, comme moi, tien­nent l’égalité pour une vertu fon­da­men­tale. Mais c’est un fait. Nous ne pou­vons guère nous passer de chefs capa­bles de pren­dre des bonnes déci­sions sans trop ter­gi­ver­ser, de pen­seurs qui voient un peu plus loin que le bout de leur nez. Aucun État ne peut se passer d’un corps de fonc­tion­nai­res com­pé­tents, intè­gres et connais­sant les lois et les tech­ni­ques de l’admi­nis­tra­tion. Qu’on le veuille ou non, toutes ces tâches ne peu­vent être exer­cées par tous. Pour deve­nir un bon méde­cin, il faut beau­coup de temps et de connais­san­ces et per­sonne ne peut s’impro­vi­ser méde­cin.

Le pro­blème est bien connu : com­ment conci­lier l’idéal démo­cra­ti­que avec la néces­sité que les élites gou­ver­nent de fait. Il doit demeu­rer un libre jeu, conflic­tuel, entre le peuple et les grands, pour parler comme Machiavel. Les lois fon­da­men­ta­les doi­vent être adop­tées par le peuple tout entier et les élites doi­vent être élues par le peuple et doi­vent lui rendre des comp­tes. La répu­bli­que idéale n’a pas d’autres prin­ci­pes. Le pro­blème tient à ce que dans une société divi­sée en clas­ses socia­les aux inté­rêts diver­gents et même anta­go­nis­tes, les élites sont sélec­tion­nées par leur com­pé­tence, mais aussi et sur­tout par leur ori­gine sociale. Ceux d’en haut finis­sent en haut ! Vilfredo Pareto a consa­cré un tra­vail monu­men­tal à cette ques­tion en mon­trant les dif­fi­cultés de la sélec­tion des élites et la néces­sité de la cir­cu­la­tion des élites.

Si nous reve­nons main­te­nant à la situa­tion fran­çaise, il faut faire un cons­tat ter­ri­ble : celui de la décom­po­si­tion accé­lé­rée des élites. En rajeu­nis­sant le per­son­nel poli­ti­que et en contri­buant à l’éjection d’une bonne partie de la vieille classe poli­ti­que, le macro­nisme a mis en lumière l’extra­or­di­naire effon­dre­ment du niveau intel­lec­tuel des élites ins­trui­tes dans notre pays. La bêtise crasse, la vul­ga­rité, l’absence de tout sens moral et l’incom­pé­tence acca­blante domi­nent ces nou­vel­les élites, cette classe des « cré­tins éduqués » si bien carac­té­ri­sée par Emmanuel Todd. Chaque jour, pres­que chaque heure, un des per­son­na­ges haut placés du gou­ver­ne­ment pro­fère quel­que énormité qui va ali­men­ter les réseaux sociaux. La porte-parole du gou­ver­ne­ment, Sibeth Ndiaye excelle dans ce domaine, mais elle s’est tout sim­ple­ment mise dans les pas de son « Jupiter » dont les peti­tes phra­ses sur les gens qui ne sont rien, les chô­meurs qui n’ont qu’à tra­ver­ser la rue, etc. ont donné le ton géné­ral. Lallement et Castaner, Aurore Bergé et Amélie de Montchalin, Élisabeth Borne qui les a dépas­sées (les bornes) en niant la néces­sité pour les éboueurs d’avoir des mas­ques, cette dépu­tée LREM, méde­cin de son état, qui affirme que gou­ver­ne­ment a volon­tai­re­ment menti sur les mas­ques pour mieux obli­ger les Français à se laver les mains : la gale­rie des mons­tres n’en finit pas.

Trransformations sociales du mode de production capitaliste

Il serait absurde de penser qu’un hasard malen­contreux a permis à cette assem­blée de pren­dre le pou­voir. Contrairement à l’idée que 99 % des citoyens s’oppo­se­raient à 1 % de salo­pards, il faut admet­tre que la stra­ti­fi­ca­tion sociale, les modes de for­ma­tion et l’évolution tech­no­lo­gi­que ont pro­duit ces gens.

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La France, c’est bien connu main­te­nant et nous le véri­fions cruel­le­ment ces jours-ci, est un pays lar­ge­ment désin­dus­tria­lisé — à la dif­fé­rence de nos voi­sins alle­mands et ita­liens (on oublie que la deuxième puis­sance indus­trielle de l’UE n’est pas la France, mais l’Italie). La désin­dus­tria­li­sa­tion affai­blit le poids des élites scien­ti­fi­ques et tech­ni­ques. À l’époque des Trente Glorieuses, l’appa­reil d’État était dominé par les « grands corps » issus des pres­ti­gieu­ses écoles d’ingé­nieurs (Polytechnique, Mines, Ponts et Chaussées). Ces gens n’étaient for­cé­ment des modè­les d’huma­nisme ni d’huma­nité, mais au moins on peut pré­su­mer qu’ils savaient de quoi ils par­laient. En outre, leur exis­tence sociale dépen­dait de l’exis­tence d’une indus­trie forte et de la péren­nité des orien­ta­tions stra­té­gi­ques de l’État. L’orien­ta­tion vers les ser­vi­ces et le com­merce au détri­ment de l’indus­trie date de Giscard d’Estaing, grand euro­péiste. Elle sera pour­sui­vie par Mitterrand, en dépit de vel­léi­tés contrai­res entre 1981 et 1983 et par tous les gou­ver­ne­ments suc­ces­sifs depuis. Macron n’est que l’abou­tis­se­ment d’un héri­tage par­ti­cu­liè­re­ment lourd.

La délo­ca­li­sa­tion mas­sive de la pro­duc­tion vers les pays à bas coûts de main-d’œuvre se pro­jette dans l’ensem­ble du corps social. Les ouvriers et les tech­ni­ciens de l’indus­trie ont vu leurs effec­tifs fondre. Des pans entiers de l’indus­trie (tex­tile, sidé­rur­gie, électroménager) ont qua­si­ment dis­paru. Les auto­mo­bi­les « fran­çai­ses sont mas­si­ve­ment fabri­quées en dehors de nos fron­tiè­res, notam­ment pour les peti­tes cita­di­nes et gammes moyen­nes sur les­quel­les la marge de profit est plus faible quand elles res­tent fabri­quées en France. Est appa­rue une nou­velle classe moyenne supé­rieure de mana­gers, com­mer­ciaux, com­mu­ni­cants, DRH, etc. dont les com­pé­ten­ces tech­ni­ques et scien­ti­fi­ques sont net­te­ment moin­dres, mais dont l’arro­gance sur­passe bien vite les pires des anciens élèves de l’X. Cette classe moyenne supé­rieure mène une vie aisée. Ses enfants trus­tent les bonnes écoles. Elle parle sys­té­ma­ti­que­ment une langue qui mélange des restes de fran­çais avec le glo­bish. Elle com­porte plu­sieurs mil­lions d’indi­vi­dus. Certains sont direc­te­ment des pro­fi­teurs de ce nou­veau sys­tème et beau­coup d’autres sont seu­le­ment des aspi­rants, mais qui veu­lent y croire parce qu’ils pen­sent qu’ils le valent bien. Cette classe supé­rieure (entre la moyenne supé­rieure et la vrai­ment supé­rieure) est géné­ra­le­ment “pro­gres­siste” : elle aime le “high tech”, les voya­ges, la com­mu­ni­ca­tion et ne sou­haite pas trop s’encom­brer de res­tric­tions. Elle est aussi sou­vent sym­pa­thi­sante de la cause ani­male, et elle est favo­ra­ble au mul­ti­cultu­ra­lisme avec d’autant plus de fer­veur qu’elle vit dans ses pro­pres quar­tiers, notam­ment les cen­tres-villes “gen­tri­fiés”. Point commun : la haine des “gilets jaunes”, ces ploucs qui fument et rou­lent au gazole, comme l’avait dit un cer­tain ancien minis­tre, le sieur Benjamin Grivaux, dis­paru pré­ma­tu­ré­ment de la scène poli­ti­que pour avoir voulu faire concur­rence à Rocco Siffredi…

Des socio­lo­gues comme Christophe Guilluy ou des poli­to­lo­gues comme Jérôme Sainte-Marie ont com­mencé d’ana­ly­ser ces trans­for­ma­tions socia­les, mais c’est un tra­vail qu’il fau­drait pour­sui­vre afin d’en com­pren­dre toutes les impli­ca­tions.

L’éducation nouvelle et la fin de la culture générale

La culture géné­rale a tou­jours eu pour fina­lité la for­ma­tion intel­lec­tuelle des clas­ses domi­nan­tes. De Gaulle le disait clai­re­ment : “La véri­ta­ble école du com­man­de­ment est la culture géné­rale. Par elle, la pensée est mise à même de s’exer­cer avec ordre, de dis­cer­ner dans les choses l’essen­tiel de l’acces­soire (…) de s’élever à ce degré où les ensem­bles appa­rais­sent sans pré­ju­dice des nuan­ces. Pas un illus­tre capi­taine qui n’eût le goût et le sen­ti­ment du patri­moine et de l’esprit humain. Au fond des vic­toi­res d’Alexandre, on retrouve tou­jours Aristote.” Tout est dit ! C’est pour cette raison que le mou­ve­ment ouvrier tra­di­tion­nel a tou­jours reven­di­qué pour les pro­lé­tai­res l’accès à cette “école du com­man­de­ment”. Dans les écoles de for­ma­tion des partis “marxis­tes” on fai­sait lire Marx et Engels, mais aussi Balzac et Hugo. On y véné­rait l’his­toire autant que la poésie.

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À partir du moment où le gou­ver­ne­ment cède la place à la gou­ver­nance, où la com­mu­ni­ca­tion enva­hit tout le champ public autant que privé — ce qui com­mence au début du XXe siècle — la culture géné­rale authen­ti­que n’est plus d’aucune uti­lité. Symbolique : la sup­pres­sion de l’épreuve de culture géné­rale à l’entrée de Sciences Po Paris — une école “pres­ti­gieuse” qui depuis long­temps n’était le plus sou­vent que “science pipeau”. La poli­ti­que n’a plus besoin de culture, comme la direc­tion de l’indus­trie n’a plus besoin d’ingé­nieurs. Une classe diri­geante culti­vée peut être aussi cruelle et cyni­que qu’une classe diri­geante inculte — si la culture avait un rap­port quel­conque avec le bien, on le sau­rait. Mais une classe diri­geante inculte n’a aucun sens des pers­pec­ti­ves d’avenir, y com­pris de son propre avenir. L’ensei­gne­ment des vertus ayant com­plè­te­ment dis­paru, il ne peut plus en émerger quel­que grand homme, quel­que vision­naire.

Toutes les “réfor­mes” de l’école depuis 1968 ont eu comme prin­ci­pale fina­lité l’abais­se­ment du contenu des dis­ci­pli­nes ensei­gnées, entraî­nant l’indif­fé­rence crois­sante à l’idée de vérité objec­tive. Tout bon com­mu­ni­cant le sait : la vérité n’existe pas, elle n’est que ce que l’on par­vient à faire croire. La péda­go­gie n’est rien d’autre qu’une tech­ni­que de per­sua­sion. L’idée n’est pas neuve. Elle est propre au sys­tème tota­li­taire, ainsi que l’a bien montré Hannah Arendt — on peut lire avec profit son livre sur Du men­songe à la vio­lence. La fin de la culture géné­rale impli­que également la fin du rap­port au passé. Ce qui est ins­crit d’une manière ou d’une autre dans l’idéo­lo­gie du “pro­gres­sisme” s’impose avec d’autant plus de per­fi­die qu’on mul­ti­plie les com­mé­mo­ra­tions qui n’ont pas d’autre fin que de réé­crire le passé, comme le fait Winston dans 1984.

L’élite gou­ver­nante réunie der­rière la figure de Macron — on a main­tes fois raconté com­ment Macron a été choisi par l’élite tant étatique (ins­pec­tion des finan­ces) que capi­ta­liste — est à la fois inculte (il suffit d’avoir entendu Macron essayer de s’élever spi­ri­tuel­le­ment pour com­pren­dre pour­quoi il n’a pas passé l’agré­ga­tion de phi­lo­so­phie) et douée pour le bara­tin. Ils font tous imman­qua­ble­ment penser à un ven­deur de voi­tu­res d’occa­sion, ce qui est un peu injuste pour les ven­deurs de voi­tu­res d’occa­sion. Dans l’atti­tude de ces gens dans la crise du coro­na­vi­rus il y a une part d’affo­le­ment devant une situa­tion qui les dépasse, parce qu’il faut faire autre chose que de la com­mu­ni­ca­tion et que les manuels de réso­lu­tion de pro­blè­mes n’indi­quent pas la pro­cé­dure à suivre.

Ce qui atteint les clas­ses domi­nan­tes rejaillit sur les clas­ses domi­nées. On le sait depuis long­temps, ce sont sou­vent les intel­lec­tuels issus des clas­ses domi­nan­tes qui ont apporté leurs armes aux domi­nés. Marx et Engels n’étaient pas des gros pro­duc­teurs de plus-value ! Au lieu de ces mou­ve­ments des clas­ses domi­nan­tes vers les clas­ses popu­lai­res, nous avons aujourd’hui une “rébel­lion” orga­ni­sée, patron­née, finan­cée par les grands capi­ta­lis­tes qui y voient une oppor­tu­nité com­mer­ciale autant qu’une idéo­lo­gie par­fai­te­ment adé­quate à leur monde, les mou­ve­ments “anti-dis­cri­mi­na­tion” de tous les cin­glés de la Terre, fémi­niste 2.0, LGBTQ+++, déco­lo­niaux de tous poils et amis des isla­mis­tes qui trus­tent les postes à l’Université, orga­ni­sent les col­lo­ques les plus déments sur fonds publics et orga­ni­sent la chasse aux sor­ciè­res contre ceux qui gar­dent un peu de bon sens.

La destruction du sens moral

Ce qui a dis­paru, ainsi que l’a très bien montré Diego Fusaro, c’est la “cons­cience mal­heu­reuse”, c’est-à-dire l’exis­tence au sein de la classe domi­nante de la cons­cience de la contra­dic­tion entre les idéaux intel­lec­tuels et moraux au nom des­quels elle a ins­tauré sa domi­na­tion (liberté, égalité, fra­ter­nité) et la réa­lité de cette domi­na­tion. Tous ces res­sorts de la vie sociale qui expri­ment la “force de la morale” [1] ont été pro­gres­si­ve­ment sup­pri­més. Entre un mora­lisme puri­tain et anxio­gène et la des­truc­tion du “Surmoi” (au sens freu­dien), on aurait dû trou­ver une juste mesure. La cri­ti­que du mora­lisme s’est trans­for­mée en cri­ti­que de la morale et en apo­lo­gie du “style décom­plexé”. Sarkozy avait fait l’éloge de la “droite décom­plexée”. Que veut dire “être décom­plexé” ? C’est assez simple : mentir sans même avoir honte quand on se fait pren­dre la main dans le sac, n’avoir aucune com­pas­sion réelle pour les plus fai­bles, sauf, si c’est utile de mani­fes­ter une com­pas­sion feinte qui n’entraîne aucune action, mépri­ser ceux qui se trou­vent plus bas dans l’échelle sociale (les fameu­ses “gens qui ne sont rien”), et plus géné­ra­le­ment refu­ser toute contrainte d’ordre moral et consi­dé­rer que la réus­site en termes d’argent est le seul cri­tère qui vaille. Dans un tel monde, la cor­rup­tion et les passe-droits sont nor­maux. Un Benalla est pro­tégé et peut faire ce qu’il veut. Les titu­lai­res de fonc­tions poli­ti­ques se consi­dè­rent comme les pro­prié­tai­res des lieux qu’ils occu­pent — voir le couple Macron à l’Élysée. Cette pour­ri­ture se pro­page de haut en bas — la sou­mis­sion totale ou pres­que de la magis­tra­ture au pou­voir exé­cu­tif en est un exem­ple. “Le pois­son pour­rit par la tête” dit un pro­verbe.

Certes, rien de tout cela n’est vrai­ment neuf. Les scan­da­les émaillent la vie de toutes les répu­bli­ques. Mais ce qui est nou­veau, c’est qu’il n’y a même plus de scan­dale. L’immo­ra­lisme a pignon sur rue et ceux qui invo­quent la morale ne sont plus craints, mais trai­tés comme des niais incu­ra­bles, reli­quats du “monde d’avant”. On a léga­lisé l’eutha­na­sie obli­ga­toire pen­dant cette crise sani­taire sans qu’il y ait le moin­dre débat et sans qu’on entende la moin­dre pro­tes­ta­tion. La vie humaine a un coût, n’est-ce pas. Et si cela passe aussi faci­le­ment, c’est que les esprits sont pré­pa­rés depuis long­temps, parce que, depuis long­temps, règne le “tout est pos­si­ble” — un slogan dont Hannah Arendt avait montré qu’il est un des slo­gans du sys­tème tota­li­taire.

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Tous les pays d’Europe ne sont pas également atteints par ce mal qui décom­pose les élites fran­çai­ses. Le contrôle de la morale publi­que reste assez fort dans les pays pro­tes­tants d’Europe du Nord. Plus géné­ra­le­ment, le par­le­men­ta­risme aide à réfré­ner les déli­res des puis­sants, y com­pris dans un pays où la cor­rup­tion est endé­mi­que comme l’Italie. La France qui se pensa jadis comme le phare intel­lec­tuel et poli­ti­que de l’Europe, est aujourd’hui dans la pire des situa­tions. “Ma France”, celle de Jean Ferrat peine à sur­vi­vre sous le tas de fumier de la caste. Pourtant, il reste un peu d’opti­misme. Emmanuel Todd dit les choses à sa manière : les clas­ses supé­rieu­res ont bloqué l’ascen­seur social, donc les meilleurs éléments des clas­ses popu­lai­res res­tent “en bas” et donc logi­que­ment la bêtise se concen­tre en haut ! Voilà où est l’espoir.

Denis Collin (La Sociale, 5 avril 2020)

Note :

[1] Voir La force de la morale par Denis Collin et Marie-Pierre Frondziak, à paraître à l’automne 2020 aux éditions « Rouge et Noir ».

jeudi, 16 avril 2020

Tiers-mondisation de la France ?

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Tiers-mondisation de la France ?

par Jean-Gilles Malliarakis

Ex: https://www.insolent.fr

Toujours persuadé, au fond, que ce pays reste la cinquième ou la sixième puissance mondiale et devrait se comporter comme telle, Éric Zemmour s'exclamait ce 13 avril sur CNEws, dans son émission Face à l'Info : "Si on n’est toujours pas capables de produire suffisamment de masques, cela veut vraiment dire que l’on est un pays du tiers-monde".

Cette terrible question était formulée le 14 avril, avant même l'intervention présidentielle. Fidèle admirateur des institutions de la cinquième république, un peu contrarié cependant par les faits du demi-siècle écoulé depuis 1970, notre brillant polémiste en attendait manifestement un caractère providentiel.

Or, il plaidait pour la fin du confinement la plus rapide possible. Le processus avait déjà été enclenché dans l'Europe du nord, en Autriche comme dans la majorité des Länder allemands notamment, en Tchéquie et même dans les deux pays les plus touchés, l'Italie et l'Espagne. Ainsi, la date choisie par le gouvernement de Paris pour amorcer la délivrance des Français pouvait servir d'indicateur quant au problème évoqué plus haut : sommes-nous devenus, oui ou non, un pays du tiers-monde ? Le lecteur peut, dès lors, considérer que poser cette question revient à y répondre.

Bien des traits de l'évolution de notre société, de notre bureaucratie et de la classe politique ne laissent pas de nous conforter dans le sentiment de déclassement, de déclin et, à certains égards, de déchéance. Ne nous égarons pas, cependant, dans la délectation morose du sentiment de décadence : nous ne sommes pas en présence d'une fatalité collective, mais d'un renoncement de la part de nos dirigeants.

Mais il n'est pas de pays du tiers-monde qui se respecte sans des médias servilement aux ordres du pouvoir et des affairistes de connivence.

Les noms viennent trop facilement à l'esprit pour que quiconque puisse douter de cette situation au sein comme au voisinage de l'État central parisien. Et la servilité de certains commentaires convenus a confirmé la consistance de ce qui a cessé d'être une rumeur pour devenir une certitude.

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Ainsi put-on entendre, au lendemain du discours tristounet du 13 avril, l'ironique festival suivant sur BFM :

Ruth Elkrief : "Une date, un ton, l'humilité, l'empathie. Une allocution très carrée, très précise. Il y a une manière d'être beaucoup plus proche des Français. Et il y a un horizon. [... ] Il rappelle que nous sommes tous des êtres humains fragiles."

Apolline de Malherbe : "C'était un ton extrêmement humble, assez naturel. Il était assez franc, assez vrai. Ensuite, l'humilité pour lui-même et sur l'avenir. On a le sentiment du Paul Valéry qui dit que les civilisations sont mortelles. C'est une étape extrêmement importante."

Anna Cabana : "Dans la tonalité, l'espoir renaît. Dans ses précédentes allocutions, il était très tragédien. Là, il nous parle de jours heureux à venir. C'est du lyrisme souriant."

Thierry Arnaud : "On a bien compris que sa manière à lui de se réinventer, c'est vraiment de lutter contre les inégalités."

Alain Duhamel : "C'est son meilleur discours depuis le début, le plus humain. Un discours plus modeste, précis. Il y avait un ton, des réponses, un calendrier."

Bruce Toussaint : "Merci Monsieur le ministre de nous avoir réservé vos premières réactions après le discours du président de la République."

Ainsi va ce pays, ainsi va une partie du monde, celle qui s'agenouille devant l'Empire du capitalo-communisme chinois.

On félicite ce régime abominable pour son efficacité. On le remercie déjà pour son aide humanitaire. Bientôt on sollicitera ses financements. Car on accepte, jour après jour, de dépendre de l'aide de la dictature de Pékin. Nos technocrates la jugent indispensable sinon pour enterrer dignement nos morts, du moins pour combler le coût, évalué à 120 milliards d'euros, 15 milliards par jour, de la prolongation des mesures trop tardives, consécutives aux dégâts sanitaires, occasionnés par les mensonges des obligés du camarade Xi Jin-Ping.

 

JG Malliarakis  
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mardi, 14 avril 2020

Phobocratie hexagonale

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Phobocratie hexagonale

par Georges FELTIN-TRACOL

Pendant la révolte des Gilets jaunes, l’essayiste non-conformiste Michel Drac se demandait sur sa chaîne YouTube si l’hyper-classe qui tire les ficelles du gouvernement de l’Hexagone reculerait ou bien contre-attaquerait au lendemain de cette épreuve remarquable. On connaît maintenant la réponse. Après la séquence conflictuelle de l’hiver 2019 – 2020 due à la cessation des retraites aux fonds de placement appelée « réforme des retraites », la caste cosmopolite profite de la pandémie du coronavirus pour passer à la vitesse supérieure.

Se vengeant de ces contestations inouïes et de l’inquiétude qu’elle a suscitée, la clique globaliste propage grâce aux médiats centraux un discours d’effroi propice à sidérer les esprits les moins préparés. Elle répartit les tâches. Il revient ainsi au gouvernement hexagonal de jouer la théâtrocratie, ce qui est facile quand le locataire de l’Élysée a suivi au lycée des cours de théâtre. Cette notion platonicienne désigne la mise en scène du pouvoir à travers les visites officielles, le décorum, les réceptions, les rendez-vous, la parole publique sur les conseils avisés – ou supposés tels – des communicants. Ces scénaristes gouvernementaux offrent un récit médiatique plus ou moins convaincant. La théâtrocratie ne se confond pas avec la « société du spectacle » de Guy Debord.

Entre des injonctions contradictoires, des interventions présidentielles pseudo-martiales, longues et filandreuses, et un réel amateurisme, les membres de ce gouvernement ont très mal appris leur rôle. Sur scène, ils mériteraient de recevoir des tomates et des œufs pourris. Cela n’empêche pas la si bien nommée Sibeth Ndiaye, secrétaire d’État à la Désinformation, de se concerter avec Cédric O, secrétaire d’État à la Censure numérique et un certain Adrien Taquet, probable secrétaire d’État à la Fiction ministérielle, pour affronter d’hypothétiques fausses nouvelles venues d’Internet et d’au-delà.

Si la théâtrocratie a vite atteint ses limites, la phobocratie s’épanouit au contraire pleinement à l’échelle communale. Dieu de la Peur dans la mythologie grecque, Phobos accompagne toujours Arès, le dieu de la Guerre. Pour la circonstance, Phobos le devance. De nombreux maires ont édicté ces dernières semaines des arrêtés liberticides au nom de la lutte contre la propagation du virus. L’Enfer est toujours pavé de bonnes intentions.

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Le 20 mars, la municipalité de Biarritz punit la station assise de plus de deux minutes, car il ne faut pas flâner. Idole d’une certaine droite rétrograde et ringarde, le maire de Béziers fait enlever tous les bancs publics. À Carpentras, on risque une amende en cas de non-respect de la distance minimale d’un mètre. La ville de Saint-Étienne proscrit entre 9 h et 21 h toutes les activités physiques, dont la course à pied, sur l’espace public. Le 26 mars, le maire de Sanary-sur-Mer empêche les habitants de s’éloigner de leur domicile de plus de dix mètres et d’acheter à l’unité une baguette ou le journal. À la sortie de certains (hyper- ou super-) marchés, policiers et gendarmes inspectent les achats de la population. Le 2 avril, la mairie de Marcq-en-Barœul prohibe sous peine de 68 € d’amende d’éternuer sans se protéger le visage. Et combien en cas de pet ? À Morlaix, sous prétexte de permettre au personnel de santé de service nocturne de dormir en journée, il ne faut pas débroussailler, ni tondre sa pelouse de 9 h à 15 h, ce qui est normal, mais aussi de bricoler. Qu’entend-on par bricolage ? Repeindre une pièce entre-t-elle dans le champ de la contravention ? Comment le prouver depuis la rue quand on se trouve enfermé au dernier étage ?

Près d’Angers, la commune d’Avrillé refuse l’accès aux jardins familiaux et prive des familles d’une alimentation de substitution. Certaines préfectures autorisent néanmoins l’accès à ces jardins qui ne seront pas d’agrément. À Royans et à Sceaux, les maires ont exigé que leurs administrés sortent le visage couvert d’un tissu alors que les masques sanitaires manquent cruellement en raison de l’incurie patente des autorités françaises. Or, la République ne se vit-elle pas le visage découvert ? Les musulmanes en tchador n’ont-elles pas anticipé une prophylaxie bienvenue ? Le maire de « Sot » ne commanderait-il pas directement aux Talibans un milliard de burqa avec un niqab intégré ? Cela risquerait, il est vrai, de contrarier leur sacro-sainte laïcité.

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Le summum revient cependant aux Sables-d’Olonnes, à Chamonix et à Sète où se manifeste ouvertement le « rejet de l’autre ». Les discriminations fleurissent en ce printemps 2020 ! Les communes vendéenne et alpine empêchent la location de courte durée (d’une nuit à deux semaines) ainsi que de « toute nouvelle occupation de résidence secondaire » (les propriétaires devraient répondre par une grève massive des impôts locaux) au motif – incroyable – « d’éviter les mouvements de population intra-communal ou extra-territorial ». On s’en souviendra quand il faudra enfin juguler cette autre pandémie qu’est l’immigration extra-européenne. La municipalité de Sète va encore plus loin : elle fait bloquer toutes les voies d’accès et refuse quiconque, y compris les ambulances, d’entrer dans la ville. Serait-ce le début d’une sécession ?

Maints de ces arrêtés, jamais pris en Seine – Saint-Denis multiculturaliste (est-ce un hasard ?), ont été suspendus, retirés, voire annulés, suite à une intervention préfectorale ou au jugement de tribunaux administratifs. Il est toutefois intéressant de savoir que ces maires qui font la guerre contre le peuple albo-européen, appartiennent en général à la faction centriste des Républicains, à l’UDI et au MoDem, soit quelques « cas sociaux » collectifs de la vie politique française. Pour sa part, la sociétaliste Anne Hidalgo, mairesse de Paris, propose de remettre aux rescapés du covid-19 un certificat d’immunité. Qu’aurait-on entendu si cette suggestion avait concerné les sidaïques…

Potentats municipaux pour six années, les maires jouent sciemment sur la peur diffuse fomentée par les médiats aux ordres. « À l’instar de Péguy, note Rémi Soulié dans Pour saluer Pierre Boutang (Pierre-Guillaume de Roux, 2016, p. 55), [Pierre Boutang] aimait […] distinguer, pour les opposer, les “ craties ”, détestables (démocratie, ploutocratie…) aux “ archies ” (monarchie, anarchie…). » Phobocratie municipale et théâtrocratie hexagonale concourent ensemble à la mutation de ce jeu d’ombre bien installé, la démocratie, en deimocratie, le gouvernement des anxiolytiques et de l’épouvante.

Georges Feltin-Tracol

• « Chronique hebdomadaire du Village planétaire », n° 168.

dimanche, 12 avril 2020

Géopolitique du Coronavirus - Entretien avec Patrice-Hans Perrier

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Géopolitique du Coronavirus

Entretien avec Patrice-Hans Perrier

Au cœur d’une crise mondiale inédite par son ampleur, Strategika vous propose l’éclairage d’analystes et de penseurs reconnus dans leur domaine d’expertise. Nous avons posé à chacun une série de questions qui portent sur les différents aspects de cette véritable crise de civilisation ainsi que sur ses répercussions politiques, géopolitiques et sociales.

C’est aujourd’hui Patrice-Hans Perrier qui nous répond.

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Patrice-Hans Perrier est un journaliste indépendant qui s’est penché sur les affaires municipales et le développement urbain durant une bonne quinzaine d’années. Disciple des penseurs de la lucidité – à l’instar de Guy Debord ou Hannah Arendt – Perrier se passionne pour l’éthique et tout ce qui concerne la culture étudiée de manière non-réductionniste. Dénonçant le marxisme culturel et ses avatars, Patrice-Hans Perrier s’attaque à produire une critique qui ambitionne de stimuler la pensée critique de ses lecteurs.
Passant du journalisme à l’analyse critique, l’auteur québécois fourbit ses armes avant d’aborder le genre littéraire. Patrice-Hans Perrier est un contributeur régulier de différents sites d’analyses stratégiques tels que le Saker francophone, Dedefensa, Réseau International. Vous pouvez aussi le retrouver sur son propre site : patricehansperrier.wordpress.com et sur le réseau social VK.

Strategika – Cette pandémie précède-t-elle un effondrement économique et systémique ?

J’estime que oui puisque la puissance dominante, les USA, ne parvient plus à juguler une dette cumulative de 23 mille milliards de dollars. La monnaie USA, le dollar, n’est plus adossée à l’or d’aucune façon et correspond à une monnaie totalement dépréciée. Les Russes et les Chinois tentent de se soustraire aux accords qui ont institué le pétrodollar, alors que les accords de Bretton Woods prenaient fin au début des années 70. Donc, un cycle de 25 ans prenait fin et lorsque les USA suspendent la convertibilité du dollar en or, en 1971, un nouveau cycle est initié. La monnaie américaine, qui est le joker des grandes banques d’affaire, devient une monnaie flottante, ce qui permet de monétiser à l’infini et de spéculer sur les autres monnaies qui ne sont pas indexées au pétrole en tentant de provoquer des crises pour saisir les réserves d’or des pays convoités.

La Russie vient, avec l’accord de l’OPEP, de provoquer une chute vertigineuse des cours du brut et l’industrie des gaz de schiste américaine est en faillite. Trump a bien tenté de rapatrier des emplois, mais il s’agit d’emplois peu rémunérés et avec la crise actuelle c’est tout l’effort de reconstruction de l’économie domestique américaine qui est menacé. L’argent liquide pourrait être retiré de la circulation au terme de la crise du coronavirus et les gouvernements, avec l’accord du FMI, de la BCI et de la BRI pourraient brancher une partie importante de la population sous respirateur artificiel. C’est-à-dire qu’un revenu universel sera mis sur pieds et qu’une part importante de la population tombera sous la tutelle absolue de l’état.

L’économie, telle que nous la connaissons, risque d’être détruite artificiellement et c’est le modèle chinois qui prévaudra à l’échelle du globe : capitalisme monopolistique étatique.

Strategika – Plus de 3 milliards de personnes sont appelées à se confiner dans le monde. Pour la première fois de son histoire, l’humanité semble réussir à se coordonner de manière unitaire face à un ennemi global commun. Que vous inspire cette situation ?

Lorsque Macron nous dit « Nous sommes en guerre », il parle un langage crypté. Cela signifie la FIN DE L’HABEAS CORPUS au gré de l’imposition de mesures d’exception qui ne sont que les préliminaires à la suspension des libertés civiles et à l’instauration de la loi martiale. Cette période de confinement est bonne puisqu’elle nous oblige à faire un retour sur nous-mêmes et à nous questionner sur les fondamentaux d’un « vivre ensemble » qui est bien plus qu’un simple slogan de type novlangue. Toutefois, ce confinement forcé pourrait fournir aux autorités publiques et privées l’opportunité d’implémenter les mesures d’exception suivantes :

– Traçabilité totale via les portables et cartes à puce ;

– Passeports intérieurs afin de pouvoir circuler d’un point à un autre au niveau local ;

– Enfermement des personnes contaminées ou récalcitrantes dans des camps ;

– Rationnement de la population au moyen d’un système de points « bonus-malus », tels que préconisés par Jacques Attali ;

– Contrôle total d’Internet avec, à la clef, fermeture des sites de réinformation ou des comptes des récalcitrants. Les fournisseurs de service étant obligé de transmettre aux services de renseignement l’historique de navigation et toutes les pages consultées par les citoyens « récalcitrants » ;

– Abolition de l’argent liquide et système faisant en sorte que les ministères des Finances puissent gérer toutes vos transactions : entrées et sorties d’argent numérique ;

– Vaccins obligatoires et, in fine, puçage de la population à des fins de traçabilité ;

– La technologie 5G sera implémentée afin de tisser la nouvelle toile du confinement permanent.

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Strategika – Cette pandémie va-t-elle forcer l’humanité à se doter d’un gouvernement mondial comme le préconisait Jacques Attali lors de la pandémie de grippe A en 2009 ?

J’estime que les gouvernements locaux vont s’occuper des frontières, de la gestion des mesures d’exception, de la perception et de la redistribution des revenus d’impôt et de la sécurité publique de première ligne.

Au même moment, les agences mondialistes, telles que le FMI ou l’OMS vont transmettre les ordres aux entités nationales en matière de gestion de la masse monétaire, des activités de l’économie domestique, de la sécurité intérieure ou des normes d’hygiène.

Les pays ou les régions récalcitrants pourraient faire l’objet d’intervention des « forces spéciales » commandées par l’OTAN ou certaines firmes privées de mercenaires qui agissent en sous-œuvre. Autrement dit, un gouvernement mondial INVISIBLE sera mis sur pied et utilisera toutes les agences liées à l’ONU et les banques d’affaires privées afin de relayer les consignes aux autorités nationales.

Strategika – En 2009 toujours, Jacques Attali expliquait que « l’Histoire nous apprend que l’humanité n’évolue significativement que lorsqu’elle a vraiment peur ». Que vous inspire cette idée ?

71VCfuZiArL.jpgIl faut consulter l’ouvrage « La Doctrine du Choc », de l’auteur canadienne Naomi Klein, pour comprendre que le choc de la pandémie du coronavirus est utilisé afin d’accélérer le processus de DISSOLUTION, au sens cabalistique, des structures anthropologiques et socioéconomiques telles que nous les connaissons. D’ailleurs, un organisme baptisé Open Democracy – et qui semble être une filiale de l’OPEN SOCIETY – prône l’abolition de la famille, des frontières et des entités politiques nationales. La période de confinement et la campagne de peur orchestrée par les médias stipendiés par le grand capital font en sorte que la majorité de la population est incapable de comprendre ce qui se trame derrière les mesures d’exception décrétées par nos gouvernements complices. La peur permet d’immobiliser l’adversaire, le temps de lui inoculer un ensemble de notions qui servent à instiller le poison du CONSENTEMENT.

Strategika – Comment voyez-vous l’évolution de la pandémie et ses conséquences politiques et sociales dans les semaines à venir ?

Les gens ayant peur, perdant leur emploi, perdant espoir et énergies, les autorités vont serrer encore plus la vis au point d’instituer une véritable LOI D’EXCEPTION. L’Habeas Corpus sera définitivement suspendu.

Strategika – Existe-t-il une issue politique à la situation que vous venez de décrire et quelle forme pourrait-elle prendre selon vous ?

Le mouvement des Gilets jaunes constituants doit rapidement procurer des forums et liens pour signer des pétitions ou obtenir de l’aide à la population confinée. Un référendum virtuel doit être organisé à propos de la clôture de cette période de confinement et de la suite des choses en matière de gouvernance publique. Il faut mettre sur pied des tribunaux virtuels afin de juger les coupables de crime de délits d’initiés ou de négligence criminelle. Etc.

Strategika – Comment liez-vous la crise actuelle à votre domaine d’expertise et votre champ de recherche ?

Ancien journaliste indépendant, analyste et écrivain, cette crise unique dans l’histoire contemporaine me permet de valider tout une panoplie de réflexions critiques que j’ai mises sur la table depuis un quart de siècle. Sans être économiste ou politologue, j’estime être en mesure d’apporter des pistes de réflexion fécondes, aptes à aider mes contemporains à mieux se positionner et à pouvoir faire face à la réalité actuelle. J’en profite pour développer des projets d’écriture fictionnelle et aussi pour forger des partenariats avec d’autres observateurs et commentateurs.

Géopolitique du coronavirus - Entretien avec Claude Timmerman

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Géopolitique du coronavirus

Entretien avec Claude Timmerman

Au cœur d’une crise mondiale inédite par son ampleur, Strategika vous propose l’éclairage d’analystes et de penseurs reconnus dans leur domaine d’expertise. Nous avons posé à chacun une série de questions qui portent sur les différents aspects de cette véritable crise de civilisation ainsi que sur ses répercussions politiques, géopolitiques et sociales.

C’est aujourd’hui Claude Timmerman qui nous répond.

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Ancient élève Ecole Normale Supérieure de ST Cloud (aujourd’hui Lyon) prom. 69. Biologiste : zoologie, paléontologie, génétique et génétique des populations ; démographie. Statisticien : modélisations et statistiques biologiques et critique des méthodologies médicales. Spécialiste des questions environnementale et de l’analyse de l’Evolution. Analyste de la surpopulation et des effets de la densification humaine croissante sur le milieu, notamment de son impact sur les espèces aujourd’hui en voie de disparition. Militant de la première heure dans la lutte contre les OGM, les pesticides, la chimie agricole et les saccages environnementaux liés aux nouvelles pratiques agricoles mal gérées (Remembrements, irrigation, etc.) Ancien conseiller pour les questions agricoles et environnementales du gouvernement togolais de la présidence Eyadéma. Ancien chargé de mission du Ministre du Développement Rural togolais. Il signe régulièrement des articles sur Boulevard Voltaire,Medias-presse-info et le blog Terre-future. Il est aussi Conférencier et rédacteur au CEP (Centre d’Etude et de Prospective). Catholique traditionaliste, ancien cérémoniaire pontifical du cardinal Veuillot, notamment lors d’un pèlerinage en Terre Sainte (1965) où il a découvert l’importance des églises primitives et séparées et les rapports islamo-chrétiens pluricentenaires associés notamment au statu quo à Jérusalem. Il s’est beaucoup intéressé au monde coranique et à la civilisation islamo-perse d’Asie Centrale. Aujourd’hui en retraite, résolument opposé aux thèses du concile Vatican II et au mythe nouveau du « judéo-christianisme » qui en a découlé,  qu’il considère comme un oxymore. Il a publié à ce sujet un ouvrage : Judéo-christianisme – Travestissement historique et Contre-sens idéologique.

Strategika – On lit beaucoup d’éléments contradictoires selon les différentes sources d’information disponibles ou selon les avis des professionnels de la santé. Quelle est la réalité effective de cette pandémie selon vous ?

         Il est parfois difficile de supporter ces « professionnels de santé » qui se gargarisent à l’envie, à travers des médias beaucoup trop complaisants dans la transmission d’une logorrhée insupportable dont la seule raison d’être est de masquer l’ignorance et l’imprévoyance, donc l’impuissance, du corps médical. Ceci fait la part belle à l’approximation quand ce n’est pas carrément à d’authentiques fake news, parfois même gouvernementales, ainsi relayées.

Nous avons seulement à disposition quatre mois d’observations et d’analyses asiatiques, essentiellement d’origine chinoise, et environ deux mois d’observations dans les pays européens du sud secondairement touchés : Italie, Espagne et France… Les observations italiennes sont de loin les plus rigoureuses et les plus documentées à aujourd’hui. Rien hélas ne nous parvient de l’Iran où l’infestation a été virulente et massive.

Pourtant dès le mois de janvier, l’Institut Pasteur avait inventorié et décodé le génome de ce virus baptisé ensuite « Covid 19 » comme appartenant à la famille des Corona Virus dont on connaît certains représentants depuis des décennies…

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C’est là que des observateurs plein de bonne volonté – à défaut de connaissances sur la question – ont soulevé un lièvre de taille : la réalité du dépôt de brevets sur ces virus, ce qui a les beaucoup choqué…

Sous l’influence anglo-saxonne, on amalgame aujourd’hui « découvreur » et « inventeur ». Un brevet associé à une « découverte » est ainsi confondu sous le même vocable avec celui lié à une « invention ». Les responsables bénéficières du brevet en tant que « découvreurs » sont donc désormais désigné sous le terme devenu général d’«inventeur»… (Et c’est vrai dans tous les domaines : ainsi un plongeur sous-marin qui découvre une épave gréco-romaine sera qualifié d’inventeur.)

Abusés par ce faux sens, certains observateurs non avertis ayant découvert (c’est en consultation publique !) les dépôts de brevets de génome (parfois vieux de plus de15 ans) de divers coronavirus en ont abusivement déduit que ces virus étaient des « créations brevetées » avec tous les fantasmes complotistes qui s’y rattachent…

C’est que nous ne sommes plus au temps de Flemming qui, lorsqu’il a découvert la pénicilline, a déclaré « faire don de cette découverte à l’Humanité »… Aujourd’hui aucun chercheur et aucun institut ne perdent de vue la capacité d’exploitation notamment pharmaceutique de toute découverte biochimique et des formidables profits que cela peut générer… L’institut Pasteur n’y échappe donc pas même si, question d’aura, il évite de communiquer dessus…  Breveter un virus c’est l’assurance de retombés financières considérables s’il est utilisé pour des vaccins, pour des synthèses biochimiques ou,  chose beaucoup moins avouable mais toujours bien d’actualité quoi qu’on en dise, surtout si chaque Etat (à part Israël) en a signé la convention internationale d’interdiction, pour les armes biologiques.

D’où sort ce virus ? Apparemment de Wuhan, une ville chinoise récemment dotée d’un laboratoire de recherche de virologie de classe 4, construit en coopération avec la France entre 2014 et 2017 sur le modèle de celui de Lyon. La construction du laboratoire de Wuhan a été décidé en 2014 sous l’égide d’Emmanuel Macron (alors ministre de l’Economie de François Hollande) et de son comparse Edouard Philippe, tous deux membre du très fermé club « Young fellows China », organisation franco-chinoise de « sélection et de promotion d’acteurs de la coopération franco-chinoise ».

Construit en partenariat avec la France, ce laboratoire aura initialement pour directeur Yves Lévy, nommé en 2014 directeur de l’Inserm dans des conditions alors qualifiées d’opaques.

[Second mari d’Agnès Buzyn, non reconduit dans ses fonctions à l’Inserm en 2018, Yves Lévy a été récemment recasé comme conseiller d’Etat avec le statut pour le moins original de « service extraordinaire ».]

Nous voyons donc que nous avons bien affaire ici au résultat d’une opération politique.

Clairement, la fable d’une origine « animale » culpabilisante à souhait pour la faune,  alliant chauve-souris et pangolin ne tient pas même si elle séduit tous les fanatiques des zoonoses. C’est biologiquement simplement impossible ! Le démontrer ici prendrait trop de temps, nous le ferons dans un autre document souhaité par Stratégika. Savoir si ce virus, forcément sorti a priori de la collection du laboratoire de Wu Han (même s’il a pu être assemblé ailleurs dans un autre laboratoire et ensuit transféré) s’est échappé accidentellement ou s’il a été volontairement et stratégiquement répandu n’est pas la question ici.

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Bornons-nous seulement à rappeler qu’un bon agent infectieux stratégique doit  répondre aux critères suivants pour assurer la meilleure dispersion possible et présenter le maximum d’efficacité pour diffuser une pandémie :

  • transmission facile d’individu à individu sans intermédiaire (contact physique direct ou air ambiant);
  • incubation la plus longue possible pour assurer un maximum de dispersion sans détection du vecteur ;
  • contagion durant longtemps avec développement d’un minimum – ou pas du tout – de symptômes repérables pour en empêcher le diagnostic et limiter ainsi la capacité de riposte sanitaire ;
  • mortalité certaine et espérée importante au terme du développement de l’infection.

Force est de constater que ce nouveau coronavirus coche presque toutes les cases, sauf la dernière : l’efficacité létale d’un taux de mortalité important ne semble donc  être l’objectif atteint.

Il faudrait beaucoup de bonne volonté pour imaginer que ce Covid 19 soit autre chose qu’un agent de cette nature dont la dispersion a été sans doute accidentelle, à moins qu’elle ne soit liée à un sabotage calculé.

Nous avons finalement encore peu d’informations réellement fiables sur le développement de cette pandémie et sur ses effets. Les observations chinoises épidémiques sont, si elles sont certaines sur le plan biochimique,  contredites en termes de contagion et de mortalité par les observations européennes en terme de réalité sanitaire de terrain.

Comme nous l’avons souligné, c’est l’Italie qui nous fournit les chiffres les plus fiables et statistiquement effectivement  les plus significatifs, vu l’importance locale de l’épidémie et la qualité des analystes intervenants. En plus nous sommes là sous un climat et avec des populations ethniquement comparables avec ce qui existe en France, mais faute de dépistage généralisé on ne connaît pas encore de manière significative dans la population les proportions pourtant essentielles en modélisation

– de gens effectivement contaminés ;

– de gens contaminés asymptomatiques.

Tant qu’on n’aura pas une approche de ces chiffres, on en restera au bavardage de salon.

On peut constater alors, tandis que l’Allemagne multiplie les tests de dépistage, que la France freine des quatre fers toute initiative pouvant conduire à dépister ou à soigner. Ce qui pose question.

Pire, au milieu d’une débauche financière insensée pour quelques patients (mobilisation de trains rééquipés, avions sanitaires, hélicoptères, etc.) on fait essaimer sur l’ensemble du territoire une infestation virale plutôt  limitée jusqu’ici au Grand Est et à l’Ile de France… Tout est fait comme si on voulait développer géographiquement l’épidémie au prétexte qu’on manquerait localement de lits de réanimation…

En Chine, puis en Allemagne et en Grande Bretagne, on a construit en urgence des hôpitaux opérationnels en quelques semaines ; mais en France, les rares voix qui se sont fait entendre pour la réouverture de structures hospitalières qui pourraient être rendues opérationnelles rapidement – car fermées depuis peu – comme à Paris le Val de Grâce ou l’Hôtel Dieu ont été immédiatement étouffées car les projets immobiliers métropolitains ont apparemment beaucoup plus d’importance que les hôpitaux pour nos dirigeants…

Le refus politique opiniâtre de mise en place immédiate d’une grande politique de dépistage comme en Allemagne (actuellement 500 000 tests sont pratiqués par semaine et on envisage maintenant 200 000 tests par jour !) doit faire réfléchir.

De même, la véritable chasse aux sorcières menée contre le professeur Raoult et son équipe est proprement hallucinante. C’est vrai que cet homme est dangereux, très dangereux…. pour le lobby pharmaceutique.

Il a mis au point empiriquement un traitement qui ne coût pratiquement rien à base d’un dérivé de la nivaquine, produit hautement toxique comme chacun le sait : ayant vécu des années en Afrique j’en ai pris personnellement quotidiennement durant pratiquement vingt ans. J’apprends ainsi grâce aux médias, et aux médicastres à leur solde, que je suis un rescapé ! Soyez rassuré, je suis très loin d’être le seul…

Mais ce lobby médical dirigeant, constituant ce que j’ai appelé la médicocratie, n’en démord pas : c’est un produit dangereux abusivement utilisé en dehors de son domaine de prescription  prévu, et, peu importe le nombre de morts que son absence d’emploi va occasionner, il faut coûte que coûte que la doxa de l’OMS s’impose… On finirait par croire en la véracité de la théorie complotiste dite de « Big Pharma ».

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A contrario, on se souviendra de l’affaire du Médiator, abusivement employé comme coupe-faim, qui a fait des milliers de morts à la suite de prescriptions ordonnancées par des médecins peu scrupuleux, surtout soucieux de conserver leur clientèle voulant maigrir. Quand cela fut découvert, le premier soin du Conseil de l’Ordre a été de faire mettre ces médecins à l’abri de poursuites les plus légitimes, et de les dédouaner de toute responsabilité ! Cela n’a provoqué aucune réaction médiatique !….

Si nous avions un corps de décideurs sanitaires qui soit plus soucieux de l’intérêt des populations que de certains  intérêts idéologiques et économiques transnationaux, les choses évolueraient autrement.

Car on ne cherche nullement à soigner l’épidémie pour l’instant si on y réfléchit bien, mais seulement à étaler au maximum la période d’infestation pour diminuer l’amplitude du pic d’infection et permettre à l’Etat – dont la politique de dés-équipement sanitaire pratiquée depuis des décennies (on a commencé avec Sarkozy) montre ses effets désastreux – d’arriver plus ou moins à faire face ou à en donner l’illusion.

Voir ici : https://www.mediapart.fr/journal/france/010420/hopital-pu...

Dans le même temps, il s’agira surtout d’user de la menace épidémique pour mettre en place une politique dirigiste, forcément impopulaire, fondée sur une idéologie qui n’a vraiment plus rien de « démocratique ».

Par le confinement (option qui n’a pas fait du tout consensus en Europe) le bouclage des populations sera d’autant plus efficace que l’on se sera donné le temps nécessaire pour le mettre en œuvre et les moyens techniques et humains indispensables à sa mise en place.

C’est bien ce à quoi on assiste maintenant en France : 160 000 hommes déployés sur le terrain, hélicoptères, drones, caméras, repérage et suivi des données personnelles informatiques, rien n’est négligé aujourd’hui.

Non pas pour la protection du citoyen face aux agressions et à la délinquance, mais pour contraindre le quidam de base à se plier à l’arbitraire de ses dirigeants et pour l’empêcher de quitter sa zone de bouclage.

Une infection virale se déroule en trois phases. Le covid 19 n’y fait pas exception. On peut la résumer ainsi:

– une phase de contagion (on parle d’une à deux semaines),

– une phase d’infestation des organismes au cours de laquelle des anticorps sont fabriqués en réaction par le système immunitaire qui va alors donner une résistance au virus (on parle de quinze jours au plus),

– une phase de régression puis de disparition progressive de la population virale infectante aboutissant très généralement à la guérison sous huitaine, sauf pour une proportion estimée dans la fourchette (0,5 % – 2%) des personnes diagnostiquées où l’infestation virale conduit à une réaction inflammatoire des alvéoles pulmonaires qui peut conduire à un défaut de ventilation et donc à une gêne respiratoire, voire à la mort.

Les statistiques italiennes montrent que la moyenne d’âge des patients décédés est de l’ordre de 80 ans et tous porteurs de pathologies graves (une dans 25% des cas, deux dans 50% des cas, trois dans 25% des cas) et que cette affection atteint plus souvent les hommes que les femmes.

On estime en outre que la proportion de cas asymptomatiques est énorme et pourrait atteindre 70%  voire 80% de la population.

Voir ici : https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/bollettino/Report-COVID-2019_17_marzo-v2.pdf et Corona Context: The Average Italian Flu Season Harvests 17 Thousand Lives, in 2016-17 It Was 25 Thousand

On observe d’ailleurs que les sujets plus jeunes atteints – même les enfants et les rares bébés décédés  – apparaissent rarement « sains » mais ont bien été porteurs de pathologies graves non détectées.

D’une manière générale tous les schémas prévisionnels et les modélisations construites par l’infectiologie montrent qu’une épidémie disparaît à partir du moment où la contamination a atteint 2/3 de la population. Il doit donc être clair que pour se débarrasser de l’épidémie de covid 19, on  doit atteindre le seuil de 45 millions de Français infectés où environ huit à neuf millions auront présenté des symptômes à des degrés divers de dangerosité et où entre 50 000 et 150 000 seront menacés de mort si on se contente de ventiler les plus atteints sans chercher à les soigner en amont. D’où précisément la bagarre avec le professeur Raoult qui s’obstine à soigner les gens avec le succès que l’on sait….

Il doit aussi être clair que vaincre une épidémie ne veut pas dire « faire disparaître un virus ».

Le Covid 19 fera donc très durablement  partie des menaces épidémiques virales  comme l’a été la rougeole par exemple. Et comme la contagion est encore loin d’avoir faire le tour de la planète, l’actualité pandémique sera encore certainement de mise quelque part en cette fin d’année !

Strategika – Plus de 3 milliards de personnes sont appelées à se confiner dans le monde. Pour la première fois de son histoire, l’Humanité semble réussir à se coordonner de manière unitaire face à un ennemi global commun. Que vous inspire cette situation ?

Je ne crois pas du tout à une coordination des peuples et encore moins à une « unité dans la riposte ».

C’est peut-être le rêve des mondialistes qui entendent bien utiliser cette situation – nous y reviendrons – mais l’actualité montre que les réactions des gouvernements sont totalement à l’opposé de cette conception.

Nous sommes beaucoup plus actuellement dans le « sauve-qui-peut » général et le « chacun pour soi » que dans le consensus.

Les Etats Unis viennent d’en donner encore une éclatante illustration en raflant en Chine, puis en Allemagne des lots de masques respiratoires, au détriment des destinataires initiaux des transactions d’achat.

Il suffit de voir partout ce qui se passe :

– expulsion des étrangers, touristes comme travailleurs,

– refus d’accueil de nouveaux immigrants,

– fermeture des frontières,

– reflexes nationalistes dans la lutte contre la pandémie.

En Europe, l’espace Schengen  a volé en éclat : on a même vu un mondialiste aussi fanatique qu’Emmanuel Macron exiger de Bruxelles le retour des contrôles aux frontières.

La stratégie de lutte, même à l‘intérieur de l’Europe, répond à des options politiques diamétralement opposées mises en œuvre suivant les pays :

– confinement ou non confinement,

– dépistage systématique ou non,

– stratégie fondée sur le curatif ou au contraire sur le vaccinal, etc.

Et nous ne parlons jusqu’ici que des pays occidentaux de l’Amérope car ce sont les premiers atteints après la Chine. Il serait intéressant de comparer ce cheminement épidémique à celui, si semblable, de la progression européenne de la plus grande épidémie qu’a connu le monde occidental : la grande peste de 1347 / 1355.

Il est clair que l’infestation qui débute maintenant en Afrique va certainement générer, face au danger, le retour de comportements tribaux parfois brutaux et des violences urbaines.

La seule institution qui cherchera à coordonner la lutte contre l’épidémie est l’OMS.

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Mais elle le fera pour conforter son pouvoir de plus en plus prégnant et de plus en plus contesté: celui des médicocrates dont la dictature, telle qu’elle se manifeste à travers les fameuses « recommandations de l’OMS », si elle est de moins en moins discutée par les gouvernements est de moins en moins tolérée par les populations assujetties qui en subissent les oukases (nutrition, vaccins, etc.)

C’est ce que nous appelons la « médicocratie » qui justifie son pouvoir par la « sécurité sanitaire » qu’elle est censé apporter au prix des interdictions et obligations multiples qu’elle impose, notamment sur le plan alimentaire : quasi interdiction du sel, du sucre, des corps gras, de l’alcool, de la viande rouge… Et on ne parlera pas de la guerre menée par ces fanatiques contre le tabac, ni de la lutte catastrophique engagée contre le cholestérol qui fit des milliers de morts au début des années 80 et qui, après avoir été justement abandonnée, revient en force car le marché pharmaceutique y afférent est énorme.

[Le cholestérol – s’il peut provoquer par ses dépôts des durcissements artériels et des accidents circulatoires et cardiaques exceptionnellement mortels –  est un composant dérivé de la choline dont le métabolisme conduit à l’acétylcholine, le premier médiateur chimique du système nerveux.

Lutter contre le métabolisme de la choline a donc pour première conséquence la possible perturbation de la transmission nerveuse cholinergique !

Cela a conduit à des milliers de morts constatés, mais parfaitement assumés par les médicastres dirigeants.]

On pourrait ainsi dire que c’est la iatrogénèse qui est désormais à l‘ordre du jour.

L’OMS est une instance doctrinale sociologique mondialiste bien avant que d’être une organisation sanitaire! C’est une dictature idéologique: celle de l’Organisation Médicocratique Supranationale.

Elle mène une politique insidieuse à visée strictement mondialiste dont le but a été exposé clairement par son premier directeur  Brock Chisholm :

« Ce que les gens doivent développer en tous lieux, est le contrôle des naissances et les mariages mixtes [interraciaux] dans le but de créer une seule race dans un monde unique et dépendant d’une autorité centrale».

On ne peut être plus clair !

Strategika – Cette pandémie va-t-elle forcer l’humanité à se doter d’un gouvernement mondial comme le préconisait Jacques Attali lors de la pandémie de grippe A en 2009 ? 

Laisser sans le contrôle des nations à l’OMS la gestion de cette crise pandémique pourrait effectivement contribuer à l’établissement d’un mondialisme politique via le « volet sanitaire ».

Cependant, l’instauration d’un tel régime par ce biais-là imposera des contraintes que les populations ne seront pas nécessairement prêtes à accepter.

Le panurgisme ayant ses limites, Michel Onfray soulignait récemment que la population française ne supporterait pas très longtemps les astreintes et les rigueurs du confinement policier auquel elle est soumise actuellement.

Voir ici : https://www.europe-israel.org/2020/03/michel-onfray-je-ne-suis-pas-bien-sur-quavec-le-confinement-les-francais-garderont-leur-calme-cest-ainsi-que-les-regimes-tombent-je-ne-dis-pas-les-gouvernements-mais-les/

Ce confinement n’est en fait qu’un test sociologique de soumission, comme peut l’être le véritable « caprice ministériel » qu’est la limitation de vitesse à 80 km/h. Un oukase totalement injustifiable mais peu ou prou toléré en apparence  par les usagers dans les faits, même s’il n’est évidemment pas franchement respecté.

Par ailleurs les politiques sanitaires opposées des Etats seront jugées à leurs résultats et la popularité de leurs leaders aux options contradictoires y sera forcément liée.

Il y a donc peu de chance que cela débouche directement sur un consensus global de gouvernement.

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Strategika – En 2009 toujours, Jacques Attali expliquait que « l’Histoire nous apprend que l’humanité n’évolue significativement que lorsqu’elle a vraiment peur ».  Que vous inspire cette idée?

Jacques Attali « explique » beaucoup de choses avec une assurance qui n’a d’égale que sa mauvaise foi. J’ai ainsi dû consacrer un chapitre entier de mon premier ouvrage à montrer que contrairement aux dires d’Attali les juifs n’avaient historiquement inventé ni dieu ni l’argent…

Mais cette réflexion rappelle surtout le « Rapport de la montagne de fer » (qui date de plus de 50 ans)  auquel j’avais consacré une conférence à laquelle je vous renvoie.

Voir ici : http://www.geopolintel.fr/article703.html

La thèse des auteurs est claire : pour maintenir l’assujettissement des masses à leur classe dirigeante, notamment en période de paix supposée perpétuelle,  il est nécessaire de suggérer une menace conduisant les masses à se rassembler, mues par la peur, autour de leurs leaders. Faute de guerre qui reste l’acteur majeur, on aura recours à des succédanés tels la pollution massive ou les épidémies.

On notera d’ailleurs que, selon les derniers sondages,  si les Français sont très majoritairement (72%) hostiles à la gestion de la crise épidémique, la cote de popularité personnelle d’Emmanuel Macron comme celle d’Edouard Philippe a curieusement remonté !

Jacques Attali n’a donc absolument rien inventé, mais il s’appuie sur la stratégie épidémique déjà évoquée, notamment dans ce rapport, mais aussi par les stratèges de la CIA et de la NSA, pour élaborer sa stratégie de mise en place d’une gouvernance mondiale : utiliser la menace pandémique pour susciter une  « peur mondiale salutaire »

Strategika – Cette pandémie précède-t-elle un effondrement économique et systémique selon vous ?

Nous assistons à une remise en cause des circuits économiques transnationaux et à l’éclatement d’une nouvelle bulle spéculative américaine comme il s’en produit une tous les 15 ans en moyenne depuis 1870. (Le fameux jeudi noir de  1929 ne fut qu’une de ces péripéties boursières.)

Celle-ci est sans doute un peu plus violente que les autres, mais comme toutes les économies et toutes les monnaies seront affectées, s’il y a un coup de frein global à la croissance, il n’est pas certain du tout que la hiérarchisation économique soit globalement affectée.

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Ce que le contexte actuel met en évidence en France c’est la quasi disparition du tissu industriel français, et de la production de biens qui s’y rattache, au profit d’importations venant de grandes puissances orientales telles la Chine, la Corée, le Japon ou l’Inde.

C’est ainsi que l’on découvre que notre pays est devenu commercialement dépendant de ces puissances pour la fourniture de matières premières pharmaceutiques et d’autres produits essentiels, certains pouvant même revêtir un intérêt stratégique.

Sauf offensive mondialiste virulente dont on ne voit pas d’autre levier d’action que le chantage financier, on devrait s’attendre à une tentative de ré-industrialisation pour ramener sur le sol national la fabrication de produits indispensables voire stratégiques dont nous n’avons plus aujourd’hui la maîtrise de production.

Par ailleurs, la stabilité étant le souci majeur conditionnant la mise en place de toute politique, il est évident qu’il est hors de question de laisser durablement la population sans emploi. L’activité va donc devoir reprendre.

La seule question est de savoir – puisque la fameuse barre de Bruxelles des 3% de déficit du budget a volé en éclats à la demande des chefs d’Etat, à commencer par Macron – comment va évoluer l’euro et même s’il pourra survivre aux fluctuations financières internes. Du jour au lendemain Francfort a émis des dizaines et des dizaines de milliards d’euro à la demande des Etats… Une dette qu’il va bien falloir rembourser à moins qu’il ne soit prévu de dévaluer en douce massivement la monnaie européenne…

Et comme le dollar et le yuan vont devoir en faire autant pour les mêmes raisons économiques, il n’est pas évident que les fluctuations monétaires soient en fin de compte si importantes qu’on l’imagine.

Je laisse aux spécialistes monétaires – dont je ne suis pas – le soin de creuser cette hypothèse : la stabilité  des parités monétaires pourrait être finalement conservée dans la globalité d’un déficit mondial commun.

Strategika – Comment voyez-vous l’évolution de la pandémie et ses conséquences politiques et sociales dans les semaines à venir ?

Les six semaines, de Pâques à l’Ascension, seront le moment des premières grandes révélations :

Nous allons assister à la fois à la décroissance de l’épidémie en Italie et en Espagne, à la manifestation des effets de la politique de dépistage systématique de l’Allemagne, au développement de l’épidémie en Afrique, et aux effets supposés (ou pas) du confinement drastique imposé aux Français face au pari du non confinement pour lequel d’autres pays ont opté : ils s’en tiennent aux effets de l’immunisation de groupe.

On aura aussi les résultats (si on ose nous les communiquer) des essais européens en vraie grandeur portant sur des tests de traitements et notamment sur le traitement à la chloroquine.

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On aura enfin une première appréciation sur le scandale de la manipulation des morts décomptés en EHPAD où – pour nourrir la terreur souhaitée par les décideurs –  aujourd’hui tout décès déclaré est automatiquement comptabilisé comme « conséquence du Coronavirus »…

On a déjà pu constater depuis des années que la propagande anti-tabac faisait comptabiliser tous les cancers du poumon comme « liés aux fumeurs », ce qui est cocasse quand il a été clairement mis en évidence que plus de 50% des patients atteints de cancers des voies respiratoires et des poumon étaient non-fumeurs.

La propagande de la terreur épidémique, devant se justifier pour pouvoir durer, mous allons assister à plusieurs manœuvres non exemptes de fake-news :

– insister sur un confinement drastique en agitant la crainte d’un « second pic d’infestation » pour maintenir l’assujettissement des masses autant qu’on le pourra s’il n’y a pas de résistance notable devenue incontrôlable ;

– mettre en doute la capacité d’immunisation des personnes guéries ;

– propager l’idée qu’une immunisation acquise (notamment pour l’immense majorité des gens contaminés qui sont ou ont été asymptomatiques)  ne se conserverait pas dans le temps.

Certes, ce serait du jamais vu dans  monde des infections virales mais c’est vital pour la propagande vaccinale : forcer par ce biais l’énorme proportion de patients contaminés reconnus guéris à se faire vacciner et faire admettre ensuite que cette vaccination doit être renouvelée plusieurs fois au cours de l’existence.

En Afrique le développement de l’épidémie en vitesse et en répartition fournira des indications précieuses notamment sur les liens possibles de traitements avec le paludisme, mais pas seulement :

– sur le rôle potentiel de l’impact préventif des traitements antipaludéens utilisés dans les zones concernées

– sur l’effet imaginable (possible ou non ?) de résistance par la présence de la drépanocytose,  premier facteur génétique de protection contre le paludisme

– sur les taux comparés de contamination en milieu urbain et non urbain où les habitants n’ont pas accès à l’eau potable traitée, et sont plus proches de la vie en milieu naturel

– les taux comparés d’infestation et d’immunité conférée à des populations moins auto-domestiquées que les populations très majoritairement urbanisées européennes.

– la contagion possible de la grande faune anthropoïde en Afrique équatoriale

Par ailleurs, ce sera l’occasion de mettre en lumière certaines pratiques hélas avérées de laboratoires peu scrupuleux qui utilisent (surtout en Afrique de l’est d’ailleurs) la détresse de populations déjà malmenées par la guerre civile et en proie à la famine pour mettre en place des protocoles de tests pharmacologiques, rémunérés à bas prix quand ils le sont…

Voir ici : https://www.francetvinfo.fr/sante/maladie/coronavirus/tests-de-vaccins-du-covid-19-en-afrique-un-depute-saisit-la-justice-apres-des-propos-polemiques_3899993.html

Dans notre pays on peut s’inquiéter à terme du ravitaillement des zones rurales et des petites agglomérations ce qui pourrait amener une recrudescence du mouvement des Gilets Jaunes.

Cela peut paraître surprenant, mais aujourd’hui le monde rural n’est plus du tout le monde de la polyculture vivrière ! Nous ne sommes plus au temps de l’exode où les citadins fuyaient vers les campagnes certains d’y trouver gîte et nourriture… Aujourd’hui, les agriculteurs sauf exception, ne produisent plus leur nourriture sur leur exploitation et se ravitaillent auprès des supermarchés locaux qui ont pullulé dans les plus petits bourgs.

Comme pour les grandes villes, ce sont les plates-formes logistiques des grandes enseignes qui y assurent l’approvisionnement des magasins de distribution.

La panique orchestrée  a conduit à des réflexes de stockage non alimentaire parfois déroutants. Ainsi pendant qu’en France « on » stockait le papier hygiénique, ce qui a provoqué l’ironie des observateurs américains, en Californie on a dévalisé les armureries !

Aujourd’hui, les banlieues sont étonnement calmes, ce qui ne peut s’expliquer que par un accord tacite conclu avec les autorités et les forces de l’ordre dont certains médias se sont déjà fait l’écho : « Pas de vague, mais pas de confinement » et «  Pas de criminalité, mais pas de contrôles et donc pas de couvre-feu ». C’est ce qu’on voit dans le 93… Cela permet de dégager un maximum de forces de l’ordre à consacrer à accroître la répression des populations et le confinement.

Cela n’est pas sans rappeler les accords classiques douteux de la fin 44 entre les résistants et certains gangs…

Cela implique évidemment que le ravitaillement des banlieues soit correctement assuré. Or les problèmes de pénurie de main d’œuvre saisonnière vont affecter sérieusement les prochaines récoltes, notamment en fruits et légumes, d’où une carence prévisible en approvisionnement de la grande distribution qui ne saurait  être répercutée alors en zone urbaine et périurbaine : c’est la distribution rurale qui subira le rationnement, salaire de la paix civile des banlieues…

(C’est ainsi que personnellement, habitant au milieu de nulle part à 30 Km de Moulins, je suis rationné à un paquet de beurre et à une boîte de 6 œufs par semaine par le supermarché local qui alimente environ 3000 personnes dans un rayon de 10 Km!)

Si la pénurie s’installe en ruralité, ce ne sont pas les banlieues qui vont déferler dans les campagnes, mais les ruraux qui vont aller envahir les villes…

Un facteur, comme l’exaspération croissante des masses face au confinement, à ne pas négliger.

Avec les médicocrates, le retour de l’hygiénisme.

La doctrine hygiéniste s’est élaborée au milieu du XIXeme siècle dans un monde ouvrier émergeant  marqué par la tuberculose et l’alcoolisme au temps où Pasteur après sa  découverte de la fermentation a mis en évidence le rôle des microorganismes dans la contamination et la contagion.

Elle s’illustra dans la lutte contre l’alcoolisme et déjà dans les prémices du nutritionnisme.

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Sur le plan urbanistique elle préconise notamment d’ouvrir les villes « intra muros » délimitées alors par les anciennes fortifications, afin de permettre une meilleure circulation de l’air et un abaissement de la densité de population. On peut lui imputer le développement des réseaux d’égouts, le traitement des eaux usées, le ramassage des déchets, la prophylaxie ou encore la lutte contre la tuberculose.

Toute l’urbanisation de la seconde moitié du XIXeme sera dominée par ces théories (Hausmann, Rambuteau, Poubelle en seront des acteurs emblématiques.)

Ces idées ont eu un grand retentissement dans les milieux de gauche où elles deviendront un vecteur de la diffusion des doctrines socialistes et une arme électorale redoutable.

Ainsi le maçon (et franc-maçon)  Martin Nadaud député de la seconde puis de la troisième république déclarera : « L’hygiénisme, en nous faisant donner des coups de pioche, nous a permis de pénétrer politiquement dans des quartiers que nous ignorions. »

Il faudra attendre Nicolas Sarkozy pour remettre cette doctrine d’ouverture de la ville en cause lorsqu’il déclara en janvier 2012 : « Nous avons décidé pour les trois ans qui viennent que tout terrain, toute maison, tout immeuble verra ses possibilités de construction augmenter de 30%. »

Mais les difficultés à densifier encore le tissu urbain notamment en région parisienne rendirent la mesure sans effet.

On peut s’attendre aujourd’hui à une recrudescence des mesures hygiénistes notamment à travers les « recommandations » diététiques et les dispositions vaccinales nouvelles imposées, consécutives à l’épidémie de Covid 19 qui vont être édictées. Même notre comportement pourra être assujetti à une norme médicocratique. On entendait récemment sur les ondes qu’il était recommandé  « au plus de croiser cinq personnes par jour » (sic !)

2 verres de vin, 5 fruits et légumes, 5 interlocuteurs, telle est la journée idéale du zombi décrite en médicocratie.

Pourtant la théorie hygiéniste est  aujourd’hui contrebalancée par la notion de « saleté propre » du biologiste Marc-André Selosse qui considère qu’un certain degré de contamination est requis pour un bon développement et un bon fonctionnement du système immunitaire.

Une réalité mise en évidence lors de la grande épidémie de poliomyélite de l’après-guerre, mais qui sera furieusement combattue par les médicastres.

Des mesures dirigistes en chantier qui passent inaperçues

Après l’ouverture au retour de la semaine de travail de 48 h voire de 60 h, on peut noter que la crise sociétale ouverte par l’épidémie permet de faire passer des mesures idéologiquement en opposition flagrante avec la volonté des populations.

Ainsi l’ouverture par décret du 29 mars à l’usage du Rivotril (produit de sédation) hors milieu hospitalier, pour « désengorger » les services, est considérée par certains comme une invitation à l’euthanasie en EHPAD.

La géolocalisation des personnes et le traçage (comme en Corée) des cartes de crédit

L’essai de la suppression de l’argent liquide.

Le renforcement de l’idéologie à l’école : craintes des endoctrineurs.   

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 Après la liquidation du baccalauréat (qui sera reconduite) à la faveur des difficultés du déroulement des épreuves pour être remplacé par un contrôle continu (vieux rêve des démagogues de l’Education Nationale), on a pu observer des manifestations idéologiques offensives notamment laïcistes :

– l’exclusion initiale dans le dispositif des élèves des établissements hors contrat finalement réintégrés puisqu’ils disposent légalement d’un livret scolaire comme les autres

– l’appel d’enseignants à une réouverture rapide des établissements d’enseignement craignant de voir leurs élèves échapper à l’endoctrinement républicain et être sensibilisés à des idées qualifiées de « non appropriées » d’origine évidemment familiale.

Une mesure qu’on retrouve aux USA ; exprimée ici sous une forme d’un cri du cœur qui frise la caricature:

“Nous devons rouvrir le plus tôt possible – avant qu’ils ne retrouvent leur capacité à avoir des pensées indépendantes”, a déclaré Mme Jenny Mudd, enseignante de 4e année à New York.

“Il s’agit d’une crise urgente. Nous réalisons que nous devons faire notre part pour empêcher la propagation du virus, mais nous devons aussi empêcher la propagation d’idées non approuvées. Rouvrez les écoles avant qu’il ne soit trop tard.”

Voir ici : https://babylonbee.com/news/teachgers-warn-parents-arent-properly-equipped-to-indoctrinate-children”

Strategika – Comment liez-vous la crise actuelle à votre domaine d’expertise et votre champ de recherche ?

En tant que biologiste, j’ai toujours été hanté par l’impact de la pollution humaine, la dégradation des milieux, la disparition des espèces et la compétition entre l’homme et les espèces naturelles qui sont détruites depuis cinquante ans à une vitesse effarante.

On parle beaucoup du grand panda qui est devenu emblématique du sauvetage des espèces en voie de disparition et dont l’effectif dépasse aujourd’hui les 1500 individus.

Mais on oublie que des centaines d’espèces animales ont aujourd’hui des effectifs très inférieurs à 500 membres et sont en très grand péril. Les causes de leur disparition sont multiples (destruction de l’habitat surtout par l’agriculture, braconnage, pesticides, empoisonnement de l’air, etc) mais l’origine de tous ces maux en est toujours la même : l’homme !

La présence humaine entre partout en compétition avec l’animal et toujours à son détriment.

Ainsi personne ne se demande aujourd’hui pourquoi l’ours pyrénéen est condamné à manger du mouton ? Simplement parce que l’homme y a détruit par la chasse toutes les ressources alimentaires carnées de l’ours. Les exemples sont légion.

La crise du Corona en « effaçant » temporairement l’homme du milieu par son confinement et en suspendant ses activités, permet à la nature de reprendre un peu ses droits.

On revoit alors des animaux sortir et circuler. La pollution de l’air a été divisée par 10 en quelques jours…Bref on pourrait dire que la terre, si meurtrie par l’homme, grâce au confinement, souffle un peu… C’est aussi ce que l’on observe aujourd’hui à Tchernobyl où l’on revoit même des ours disparus de la région depuis près de 250 ans.

Il est clair que certaines zones, notamment en occident, ont atteint un stade de saturation de peuplement humain où le seul remède est la diminution drastique de la densité de ces populations. Un constat évidemment réfuté par certains lobbyistes extrémistes religieux mais de plus en plus accepté par les populations elles-mêmes qui comprennent que c’est la condition de base à la poursuite de leur existence dans de bonnes conditions.

Cela impliquera inéluctablement à long terme un contrôle planétaire des naissances.

Il n’y a alors que deux options pour rectifier le tir :

– dé-densifier le tissu urbain et répartir autrement les populations dans le milieu ;

– diminuer arbitrairement l’accroissement de la taille de la population tel que ce fut pratiqué un temps en Chine où se fut un échec car ce fut trop brutal et mal préparé.

Dans tous les cas, on va aboutir obligatoirement économiquement à une situation de décroissance. Cette situation n’est pas tellement différence de celle que va prévaloir avec la repris de l’économie après le confinement

C’est donc une occasion unique d’analyses qu’on ne peut laisser passer !

Par ailleurs, la question d’une transmission du Covid 19 à des espèces sauvages doit être sérieusement étudiée.

samedi, 11 avril 2020

Géopolitique du coronavirus - Entretien avec Gabriele Adinolfi

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Géopolitique du coronavirus

Entretien avec Gabriele Adinolfi

Gabriele Adinolfi est un théoricien politique italien. Il a dirigé la rédaction du journal Orion et lancé divers projets médiatiques et métapolitiques comme le site d’information NoReporter ou le think tank Centro Studi Polaris. Il a aussi parrainé en Italie les occupations illégales d’immeubles abandonnés à destination des familles italiennes démunies, occupations dont la plus connue est la Casapound (dont le nom fait référence à l’écrivain Ezra Pound) et qui est aujourd’hui un mouvement politique national. A partir de 2013 il anime un think tank basé à Bruxelles, EurHope. Les activités de Eurhope et de Polaris aboutissent au projet de l’Académie Europe (2020) qui relie des intellectuels, des activistes et des entrepreneurs de plusieurs pays. Le but de cette initiative est de créer une élite politique et entrepreneuriale apte à influer sur la politique européenne à l’échelle continentale. Dans le cadre de cette Académie Europe, il donne un cours de méthodologie politique en français tous les jeudis à 18h. Cours accessible en ligne ici.

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Strategika – On lit beaucoup d’éléments contradictoires selon les différentes sources d’information disponibles ou selon les avis des professionnels de la santé. Quelle est la réalité effective de cette pandémie selon vous ?

Trop d’informations génèrent de la désinformation, surtout lorsque les journalistes et les blogueurs sont, comme aujourd’hui, des amateurs présomptueux.
Cela signifie que nous avons une série infinie de données contradictoires dans la tête et que la confusion augmente. Les autorités peuvent ainsi nous mentir à volonté.
Si cela se produit en minimisant ou en générant un excès d’alarmisme, nous ne pouvons pas le dire.
La seule chose sûre est que le récit donné à l’opinion publique est un récit standard qui cache beaucoup trop de choses mais qui aide à garder le troupeau compact derrière une seule vérité en imposant des comportements obligatoires. On devient ainsi plus habitués à vivre dans la terreur et à accepter qu’une autorisation nous soit demandée pour tout.

Strategika – Cette pandémie précède-t-elle un effondrement économique et systémique ?

Je ne crois pas à l’effondrement du système. La gestion de la pandémie a produit une accélération dans le sens mondialiste. Les classes petites et moyennes, la libre entreprise, peut-être même les retraites en seront affectées. Avec l’accélération de l’économie fermée du télétravail, les plus faibles paieront. Nous aurons une mondialisation sans les avantages pour les moins riches (les voyages coûteront probablement beaucoup plus chers). À être menacé, c’est aussi l’étanchéité de l’UE car en quelque sorte c’est un organisme institutionnel et économique intermédiaire et donc dans le scénario international actuel elle correspond dans le scénario économique global à ce que sont les producteurs et l’État social. Dans le capitalisme mondialisé de déréglementation totale, il est préférable que chaque province soit “souveraine” mais non un continent dans son ensemble. C’est à dire qu’elle subisse une standardisation sans aucun pouvoir contractuel à opposer du fait de leur petite autonomie réelle et qu’il s’agit pour chacune de n’être au final qu’une pièce de couleur différente des autres d’un unique costume de l’Arlequin globaliste. Mais je ne suis pas du tout sûr que le plan de destruction de l’UE réussira.

Strategika – Plus de 3 milliards de personnes sont appelées à se confiner dans le monde. Pour la première fois de son histoire, l’humanité semble réussir à se coordonner de manière unitaire face à un ennemi global commun. Que vous inspire cette situation ?

Depuis 2001, avec les Twin Towers, nous assistons à une standardisation progressive des coutumes et des libertés au moins dans tout l’Occident. En fait, le 11 septembre a été un accélérateur. Plus tôt, nous avons été témoins  de la guerre contre le tabac et l’alcool. Covid est une accélération sur l’accélération 9/11.

Strategika – Cette pandémie va-t-elle forcer l’humanité à se doter d’un gouvernement mondial comme le préconisait Jacques Attali lors de la pandémie de grippe A en 2009 ? 

Je ne partage pas la crainte du gouvernement mondial et pas même son souhait, comme dans le cas d’Attali.
La réalité est plus complexe et je suis d’accord avec la formule de Lénine quand il parle de “l’unité et de la division de l’impérialisme”.
Je pense que nous devons donc parler de gouvernance mondiale et non de gouvernement mondial. Une gouvernance qui est l’expression de la synthèse des pouvoirs et qui s’inscrit dans la logique des Conseils d’Administration. (Notez que le mot Soviet signifie Conseil et rappelez-vous donc la profonde unité structurelle entre le communisme et le capitalisme).
La gouvernance mondiale existe déjà et fonctionne très bien. Aujourd’hui, l’OMS et l’ONU décident des méthodes et des moyens de répondre au Covid-19 pour 3 milliards de personnes.

Strategika – En 2009 toujours, Jacques Attali expliquait que « l’Histoire nous apprend que l’humanité n’évolue significativement que lorsqu’elle a vraiment peur ». Que vous inspire cette idée ?    

ewavgc.jpgAttali n’a en fait rien inventé ni découvert. Eric Werner dans ses livres L’avant-guerre civile et La post-démocratie avait très bien expliqué comment une oligarchie au pouvoir déconnectée des intérêts du peuple tend à la garder soumis. Ils ont besoin de générer un sentiment d’angoisse généralisé, voire de terreur envers un ennemi extérieur et invisible qui a ses alliés dans la maison (dans notre cas, ce sont les « pesteurs » qui sortent dans la rue et qui propagent l’épidémie). Alors les gens acceptent tout des tyrans.

Strategika – Comment voyez-vous l’évolution de la pandémie et ses conséquences politiques et sociales dans les semaines à venir ?

Je les vois comme très négatives pour les classes productives, pour les retraités et les petits bourgeois et assez négatives pour tout le monde. Mais, avec la terreur, les gens se sont rassemblés autour de Big Brother et sont leurs propres gardiens de prison.

Strategika – Existe-t-il une issue politique à la situation que vous venez de décrire et quelle forme pourrait-elle prendre selon vous ?

Pas dans l’immédiat. Mais nous pouvons surfer sur la vague et commencer à organiser des réseaux économiques et sociaux dans lesquels recréer notre communauté à partir de la sphère privée (sur l’exemple des associations d’entraide de la fin du XIXe siècle), nous pourrions alors agir pour une régénération syndicaliste révolutionnaire et corporatiste à la fois. Si nous le faisons à l’échelle européenne, nous pouvons toujours espérer la création d’un acteur européen qui, avec ses partenaires naturels (je pense à la Russie et au Japon) et ses zones d’influence stratégique (je pense à l’Afrique), peut offrir une variante de la mondialisation et bloquer le mécanisme mondialiste.

Strategika – Comment liez-vous la crise actuelle à votre domaine d’expertise et votre champ de recherche ?

J’essaie de chevaucher le tigre.
Je garde des liens en Europe et je les élargis et les approfondis. J’ai lancé la première expérience de l’Académie Europe en ligne avec des cours et des conférences en italien, français et espagnol. Bientôt aussi en anglais. Pour l’instant nous avons des participants de France, Belgique, Hollande, Espagne, Suisse, Pologne, Grèce, Italie.

En français c’est tous les jeudis à 18h

Ce Jeudi 9 avril, à 18h : “Le Pouvoir”

Sociologie des pouvoirs, comment les reconnaître, comment les gérer, comment les acquérir, comment en créer de nouveaux.

Modalité d’inscription : quelques instants avant 18 heures, entrez simplement le code suivant sur le web (depuis un ordinateur ou un smartphone) : meet.google.com/bgn-dcrc-kwq

Au plaisir de vous avoir en ligne !

Le Covid-19 ou l'échec du globalisme

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Le Covid-19 ou l'échec du globalisme

par Eugène Guyenne

Ex: http://thomasferrier.hautetfort.com

A l’heure où ces lignes sont écrites, trois semaines se sont écoulées depuis le début du confinement en France.

Ce virus venu tout droit de Chine, qui semblait être une épidémie localisée avant de se transformer en pandémie, a montré l’échec d’un système promu depuis plus de trente ans maintenant (système global et unipolaire) dont le secteur sanitaire montre ses limites (querelles entre groupes, sous-estimation du rôle médical et des moyens matériels a apporter, etc).

Cela nous rappelle que les États sont toujours souverains, de part le rétablissement des frontières (malgré le caractère très dogmatique de certains chefs d’État mais ce cas de force majeure exige le réalisme) et aussi par la méthode pour contrer ce virus, dont à ce jour on peut compter trois réponses: l’une, majoritaire, qui promeut le confinement (partiel ou total selon certains cas), un autre qui promeut la prise de sang (comme en Corée du Sud ou en Allemagne) et un autre qui ne confine pas sa population pour qu’ils développent leur système immunitaire (comme en Suède et un temps en Grande-Bretagne).

Pour nous Européens, nous voyons aussi que les mantras souverainistes tombent à l’eau: l’Union Européenne (ni nazie, ni bolchévique) n’est qu’une institution sans cohérence dont font partie des experts en politique de fin de carrière recasés par leurs chefs de gouvernements.

Le caractère assez risible par ailleurs de la présidente de la Commission Européenne, Ursula von der Leyen (ancienne ministre de Merkel, qui a succédé à Jean-Claude Juncker) tournant un clip visant à sensibiliser les populations d’États membres de l’UE quant au lavage de main, le démontre.

Et octroyant des aides financières importantes à des États africains au détriment d’une population italienne victime du laxisme sanitaire de son gouvernement (dont le nombre s’élève à plus de 17.000 morts en 2 mois).

En France, tout est allé très vite depuis l’annonce du Covid-19 le 27 janvier (dont les deux premières villes touchées furent Paris, la capitale, et Bordeaux, jumelée à Wuhan, centre du début de la pandémie):

- le Griveaugate (Benjamin Griveaux, un des macronistes de la première heure fut pressenti pour porter la voie gouvernementale aux municipales à Paris, mais il s’est retrouvé dans une sextape dévoilée par Piotr Pavlenski, un dissident marxiste réfugié en France, ce qui amena à porter candidate l’ex-ministre de la santé, Agnès Buzyn, à sa place

- l’utilisation de l’article 49-3 de la Constitution sur une loi sur les retraites, après un mois de janvier tumultueux de grèves inter-syndicales et inter-professionnelles.

- et maintenant le "coronavirus".

Entré en vigueur en France il y a trois semaines donc, le confinement partiel (qui a pour but d’endiguer ce virus) met au défi le gouvernement.

Et le début n’a pas raté: très rapidement les domaines « secondaires » de la vie (restaurants, théâtres, magasins, événements sportifs...) ont été fermés (présageant des pertes financières colossales), laissant place à des scènes surréalistes en supermarché où des rayons (pâtes, riz, papier toilette) ont été vidés entièrement; l’instauration de justificatifs de sortie sous contrôle de la police (là aussi le décalage a été rapide puisque le gouvernement a avoué son inaptitude à faire régner l’ordre dans certains quartiers) et maintenant quasiment tous les emplois se font par télétravail (avec au passage la fermeture des lieux scolaires au moins pour la fin des vacances scolaires dont on peut présager les dégâts quant aux examens pour les scolarisés).

S’ajoute également à cela, le renouvellement toutes les deux semaines du prolongement du confinement.

Jusqu’à quand est-ce que cela va se terminer ?

Est-ce qu’un monde vraiment nouveau va déboucher après ce virus, ou bien les fantasmes (quels qu’ils soient) resteront chimères au prix de la sauvegarde de l’économie ?

Eugène Guyenne (Le Parti des Européens)

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vendredi, 10 avril 2020

La crise du Covid-19, victoire des “démocratures”?

Article de Caroline Galactéros* paru dans Marianne le 06/04/2020

Nous devons profiter de la crise pour tirer des enseignements et cesser de nous tromper de priorité. L’important en effet, n’était pas de laisser se tenir le premier tour des municipales ou des matchs de foot avant de commencer à restreindre les activités de nos concitoyens, ni de laisser fonctionner les aéroports sans contrôle systématique des entrants et isolement, ni surtout de garder ouvertes nos frontières pour faire croire au bon peuple que tout était sous contrôle. L’important, le premier devoir de l’Etat, c’est la protection et la défense de sa population. Il faut sauver la vie des Français et leur donner des consignes claires et simples pour évincer en eux, dans l’urgence, cet ultra-individualisme qui n’a pas seulement fait le lit du communautarisme mais aussi celui d’une vulnérabilité collective ancrée dans le fait de se croire autorisé à tout et sans devoir de rien.

LES ETATS GAGNANTS DE LA CRISE

Quoi qu’il en soit, pour le regard à la fois global et scrutateur du géopolitologue, ce drame est, il faut bien l’avouer, l’occasion d’une observation sans pareille. Car le Coronavirus va rebattre les cartes de la puissance en Europe et dans le reste du monde. Le premier réflexe, celui du bien-pensant occidental qui bat sa coulpe, est de rattacher cette pandémie à un “signe du Ciel” devant opportunément enclencher un gigantesque processus d’autorégulation, de remise à plat d’une planète partie en vrille et en train de s’étouffer de sa propre démence productiviste. Un processus vertueux donc, qui irait vers une réforme de l’économie et de la finance mondiales et vers un assagissement salutaire d’une globalisation en surchauffe. Après ce drame, les dirigeants du monde vont enfin réfléchir et réformer la gouvernance mondiale vers plus de sens et de solidarité. C’est beau mais très improbable.

Les grands gagnants seront donc les régimes qui auront osé guider, sans simagrées guerrières, leurs peuples et les associer à une prise de conscience de leur devoir individuel pour un salut collectif.

En revanche, la pandémie signe le grand retour d’un malthusianisme de la puissance et de l’influence. Seuls les plus résistants et adaptables des Etats s’en sortiront. Et le jackpot ira à ceux qui oseront non pas juste revenir au statu quo ante, et repartir dans leur roue comme des hamsters bourrés d’amphétamines, mais prendre l’initiative d’une réforme globale de l’entropie mondiale dans le sens d’une meilleure coopération internationale et d’une pratique du dialogue respectueux entre adversaires (et déjà entre partenaires…). Les autres, ceux qui vont “jouer perso’ en croyant jouer gagnant, seront discrédités moralement et politiquement. Mais jouer collectif signifie voir clair et décider vite pour sauver sa propre peau avant de secourir les autres. Comme dans un avion en dépressurisation : avant d’aider votre voisin, vous devez mettre votre propre masque ! …L’ironie est donc que ce sont les Etats qui ont réagi le plus vite et fermement, par des mesures coercitives de surveillance, pour protéger leurs propres concitoyens, qui ont pu le plus rapidement exercer leur solidarité envers les autres et donc remporter la mise en matière d’influence et de magistère politique comme de reprise de l’économie : Taiwan, Hong Kong, Singapour, le Japon, la Corée du Sud, la Chine, la Russie etc…. Les grands gagnants seront donc les régimes qui auront osé guider, sans simagrées guerrières, leurs peuples et les associer à une prise de conscience de leur devoir individuel pour un salut collectif, les contraindre pour les protéger.

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On a vertement critiqué la Chine pour ses méthodes drastiques et autoritaires mais, comme pour la Russie, force est de constater que c’est la fermeture quasi-immédiate des frontières, le confinement total de régions entières, la pratique massive du test, le triage et le traitement différencié et sans états d’âme de catégories de populations à risques, le traçage de leurs déplacements pendant et après la réouverture qui a permis à un pays d’un milliard et demi d’habitants d’avoir…quelques milliers de morts seulement, moins déjà que l’Espagne ou l’Italie et sans doute bien moins que les Etats-Unis dans quelques semaines. Quant à la Russie, elle a été prompte à fermer sa très longue frontière chinoise, à mettre les voyageurs en observation longue et elle prend désormais des mesures strictes mais très différenciées selon les catégories de population pour limiter l’épidémie. Elle ne parle pas de “guerre” mais fait comprendre que l’heure et grave et que du comportement de chacun dépend la survie de tous. Elle annonce aussi des sanctions lourdes aux contrevenants. Fake news ! Ces dictateurs antédiluviens nous mentent me rétorquera-t-on ! Leurs chiffres sont faux ! Peut-être un peu. L’OMS pense le contraire. Et l’on ne peut, à l’heure des réseaux sociaux, cacher impunément des tombereaux de morts. Ce qui est certain, c’est que les citoyens chinois et russes obéissent à leurs autorités, de gré et au besoin de force. On ne leur demande pas leur avis, on ne les ménage pas, on leur explique simplement les enjeux pour eux-mêmes et pour la survie collective de leur nation. On leur donne des consignes cohérentes. La France est le pays des droits de l’homme, la Chine celui des devoirs de l’homme. Et la Russie en a vu d’autres…

LA BASCULE DU LEADERSHIP

L’ironie du sort pour des élites européennes qui ont passé leur temps depuis 3 ans à critiquer Donald Trump, vient du fait que c’est de ce président américain honni et méprisé que l’Europe entière attend aujourd’hui son salut économique et financier. Pour l’instant l’Amérique souffre, mais elle met le prix pour s’en sortir au plus tôt. Et elle s’en sortira. Toutefois, c’est géopolitiquement que le pire est à venir pour Washington. C’est la bascule globale du leadership mondial vers l’Asie au profit du “contre monde” chinois qui se trouve accélérée par la pandémie. Car l’attitude de Pékin comme de Moscou a su démontrer un réflexe de solidarité envers le reste du monde et notamment envers les pays européens dont eux-mêmes comme l’Amérique ont été parfaitement incapables. Surtout, au-delà d’une capacité de rebond économique et industriel remarquable, Russie et Chine démontrent une absence totale d’approche idéologique de la crise et se paient le luxe d’exprimer, par leur soutien concret à ceux qui ont compris et agi avec retard, une empathie multilatérale ignorante des avanies subies et aux antipodes de notre comportement infantile. Tandis que nous faisons la preuve de notre incapacité mentale à prendre la mesure des enjeux (à l’instar des migrations ou du terrorisme) et de notre absence de solidarité intra-européenne, les “démocratures” que nous diabolisons à l’envi s’en sortent mieux que nous car elles osent contrôler les foules. Puis elles se paient le luxe de venir à notre secours. Elles envoient, comme Cuba ou le Venezuela, des médecins et des respirateurs en Italie, et Pékin va pour nous fabriquer un milliard de masques.

C’est aussi une triste heure de vérité pour l’Europe.

Bref, humiliation suprême, après le Moyen-Orient, après l’Afrique, sous les yeux du monde entier, Pékin et Moscou nous font de nouveau la leçon. Une leçon d’humanité qui démonétise complètement nos postures ridicules sur les dictateurs et les démocrates, les grands méchants et les bienveillants. Ils font ce qu’on n’a pas su faire : se concentrer sur la menace existentielle elle-même, la traiter sans égard pour les droits individuels de leurs citoyens mais assurer grâce à ces mesures “liberticides” leur salut collectif et leur remise au travail, donnant magistralement raison à la pensée chinoise qui voit dans toute situation le potentiel d’une inversion des équilibres. Nous y sommes. C’est la rançon de notre naïveté, de notre cupidité, de notre égoïsme et de notre oubli des devoirs premiers de l’Etat envers la nation. A force de nous soucier de notre souveraineté comme d’une guigne, elle se venge.

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C’est aussi une triste heure de vérité pour l’Europe. Même une tragédie humaine concrète, vécue par ses membres fondateurs principaux, n’aura déclenché aucun geste, aucune générosité. Le récent sommet européen vient de démontrer l’inanité de la solidarité européenne en cas de péril commun. Les plus forts, donc les plus riches, n’ont pas la hauteur de vue pour valoriser leur position de force en donnant aux plus faibles. Un peu comme chez les individus en somme. On écrase l’autre affaibli au lieu de lui sortir la tête hors de l’eau. On lui fait la leçon au lieu de lui tendre la main. On déboule en réunion sur le budget européen avec une pomme et un livre, comme le Premier ministre néerlandais, pour montrer qu’on a tout son temps et qu’on ne négociera rien. Au-delà de l’inélégance, quelle indignité ! Il y a un très fort paradoxe : les Etats européens qui refusent aujourd’hui, au nom de l’orthodoxie budgétaire, d’aider leurs partenaires, font un mauvais calcul stratégique et géopolitique. S’ils montraient leur humanité, ils gagneraient plus encore que ceux auxquels ils porteraient secours. On me dira que je prêche pour la paroisse des cigales et que je ne comprends pas la juste austérité des fourmis laborieuses. Non, je cherche à raisonner stratégiquement, du point de vue de l’intérêt européen. Or, en diplomatie comme en amour, le premier pas n’est possible qu’au plus fort, et c’est un pas forcément gagnant pour lui car “stratégique” en termes d’influence et de crédit moral et politique. Ce sont ces pas là qui font avancer l’ensemble. Encore faut-il en être humainement capable. Le Général de Gaulle sut tendre la main à l’Allemagne anéantie, puis à la Chine, à l’Espagne et à d’autres. Cette grandeur d’âme qui est la marque d’un esprit visionnaire n’est plus. Il faut d’urgence réinventer le gaullisme en Europe. Invoquer les mânes du Général ou celles du Tigre ne suffira pas.

L’Europe peut exploser.

L’Europe est donc en train de “tomber en miettes” comme l’annonce tristement le président italien. Elle peut exploser. Elle n’est même pas “en voie de déclassement stratégique” car finalement elle n’a jamais été véritablement “classée” puisqu’elle a toujours été sous la coupe américaine via l’OTAN et que, mis à part Paris durant quelques décennies, tout le monde a trouvé ce marché de dupes formidable. Peut-être finalement ne méritons-nous pas mieux que la servitude puisqu’au-delà des mots creux, nous sommes incapables entre nous d’exprimer une compassion concrète, une charité envers nos propres Etats membres. Nous faisons la morale au monde entier, mais nous sommes une aporie éthique, rien d’autre qu’une machinerie commerciale et monétaire qui ne sait que parler budget et dette et réduit ses 700 millions de citoyens à des unités de coûts et de recettes. Une Europe de comptables, où les fourmis l’ont clairement emporté sur les cigales. Notre président peut bien chanter. Berlin va le faire danser. Bientôt, l’Allemagne déçue depuis trois ans au moins par notre incapacité à tenir il est vrai nos promesses, prendra uniquement de la machine européenne ce que celle-ci peut encore lui donner tout en poursuivant une politique de puissance et d’influence personnelle en agrégeant autour d’elle son satellite batave et ceux du nord et de l’est.

LES ETATS-UNIS ET L’EUROPE DOIVENT FAIRE PREUVE D’HUMANITÉ

Petitesse d’esprit, indigence éthique : ces défauts de structure de l’édifice communautaire font rêver d’un Occident enfin décillé, remettant les compteurs de la solidarité internationale à zéro, décidant de lever enfin les arsenaux iniques de sanctions contre la Russie ou l’Iran. Ce serait le moment ou jamais. Pour satisfaire notre instinct de vengeance, notre vision punitive du monde, notre volonté d’écrasement des autres ou notre simple grégarisme, nous laissons en effet, dans un contexte sanitaire dramatique, un peuple déjà très affaibli et cette situation va entrainer probablement des milliers de morts. Pourquoi ? Juste pour le punir de ne pas déposer ses dirigeants qui résistent au plan américain de dépeçage de la Perse. C’est d’un cynisme parfaitement insupportable. Où est la conscience de la globalité des menaces pesant sur l’humanité ? L’indifférence totale des politiciens occidentaux pour les parties du monde qui ne les concernent pas et ne serviront pas leur réélection parait à l’heure de la pandémie plus abjecte encore que d’ordinaire. Souhaitons que la récente annonce d’une aide européenne à l’Iran via le mécanisme Instex jusque-là mort-né de contournement des sanctions extraterritoriales américaines auxquelles nous nous soumettons servilement depuis bientôt 2 ans contre toute raison, soit le premier pas d’une rupture nette d’attitude et d’état d’esprit de notre part. Notre cynisme et notre indifférence sinon nous perdront. Le coronavirus est un révélateur d’humanité et d’inhumanité. Il faut retrouver le sens de la Vie dans nos existences, cette Vie commune en humanité que masquent nos prédations et nos luttes incessantes pour la primauté. Les USA comme les puissances européennes ont une occasion inespérée de faire vraiment preuve d’humanité et de préoccupation pour l’homme. La bascule du monde sinon va s’accélérer à notre détriment

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Ce virus a eu le mérite de révéler des réflexes de survie collectives des peuples et des nations que l’on jugera égoïstes mais qui traduisent la verdeur d’une vertu cardinale : l’esprit de souveraineté. Certains ont enfin réalisé que le fait de se prendre en mains, de revenir aux fondamentaux politiques et sécuritaires c’est à dire à la protection de nos populations, cet égoïsme sacré et salutaire était la seule approche qui permette d’abord de survivre avant d’espérer éventuellement construire un chemin collectif avec d’autres survivants. On ne battit pas sur un champ de ruines ou de morts. Il n’y aura jamais pour l’Europe, en aucun domaine, de salut à attendre du suivisme, du grégarisme ou des déclarations hors sol d’un Commission de Bruxelles qui préfère que l’on meure par millions pour rester fidèles à des principes abscons d’ouverture de l’espace européen plutôt de survivre en reprenant le contrôle de ce qui se passe sur nos territoires nationaux.

C’est la vassalisation mentale et l’esprit de renoncement qui sont si enkystés dans nos rouages institutionnels collectifs.

Le problème en somme, qui vient de se manifester magistralement, est toujours le même : c’est la vassalisation mentale et l’esprit de renoncement qui sont si enkystés dans nos rouages institutionnels collectifs et parfois même nationaux que nous sommes les ventriloques d’un discours qui nous condamne à l’impuissance. Exactement comme en matière de défense, quand nous persistons à faire semblant de croire en la garantie atomique ou même conventionnelle américaine alors que l’on sait tous depuis plus d’un demi-siècle, qu’elle est théorique (l’Europe servant essentiellement de profondeur stratégique aux Etats-Unis). Cette “Foi du charbonnier” des Européens en des utopies-pièges (pacifisme, fatalité heureuse de la fin des Etats et des frontières, universalisme béat, refus des traditions, culte du présent, progrès conçu comme l’arasement du passé, dogmatisme moralisateur, etc… …) que l’on nous survend depuis 70 ans pour tuer la puissance européenne en prétendant la construire, a une fois encore joué contre nous.

Or, nul n’a jamais construit sur le renoncement à ce que l’on est profondément. On construit sur des partages équitables, sur des compromis respectueux, sur la lucidité qui refuse l’égalitarisme fumeux et n’aboutit, comme le communautarisme chez nous, qu’à la dictature des “petits” sur les “grands” au prétexte qu’ils doivent par principe être traités à l’identique. Mais il n’y a pas d’identique en Europe ! Les Etats-membres ne sont pas des clones ! il y a en revanche des racines historiques et religieuses communes et comme par hasard celles-là, on les nie on les oublie ! Pour le reste, il n’y a qu’une diversité culturelle économique, sociale gigantesque et d’ailleurs fertile. Mais il y a aussi une histoire commune des membres fondateurs, des membres qui ont joué franc jeu et d’autres qui poussaient d’autres agendas…

Les Américains sont pragmatiques mais pas stratèges.

Cette crise doit enfin nous conduire à redéployer massivement des moyens vers la préparation collective des situations d’urgence. Il faut reprendre en main notre souveraineté notamment sanitaire et industrielle. L’état de sidération économique du monde développé observé à cette occasion ouvre des boulevards aux hackers de tous poils et à la guerre dans le cyberspace. Il y aura d’autres corona et un jour l’un d’entre eux tout spécialement destiné à notre déstabilisation mettre à l’épreuve nos politiciens du temps court et de l’expédient conjoncturel. L’épidémie peut rebondir, en Chine comme ailleurs, et nul ne devrait se risquer à fanfaronner. Pékin semble en train de battre de vitesse l’Amérique (et plus encore l’Europe qui est le terrain de jeu sacrificiel de leur duel), qui entre tout juste dans la pandémie et va comme l’Europe, subir une contrecoup économique lourd, en faisant repartir sur les chapeaux de roues son économie pour voler au secours du monde et le soigner… Mais une autre “guerre fait rage”, là aussi pleine d’ironie qu’il faut suivre avec grande attention : celle des grands producteurs de pétrole (dont la Chine est la cible commerciale ultime).

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Donald Trump est désormais contraint d’aller à Canossa et d’implorer Moscou et Ryad de réduire leur production pour enrayer la chute vertigineuse du prix du baril et ne pas noyer définitivement son industrie du schiste dans une marée noire saoudo-russe. L’OPEP l’emporte. Russes et Saoudiens sont d’accord pour lui faire rabattre sa superbe et l’aider un peu, en échange d’un allègement des sanctions contre Moscou et d’un arrêt du soutien au cousin rival de MBS à Ryad que certains à Washington verraient bien lui succéder depuis le dépeçage de Kashoggi qui a fait désordre. Vladimir Poutine doit savourer sa vengeance mais réfléchira sans doute avant de tendre la main à Washington. L’Amérique lui en saura-t-elle gré durablement ? Rien n’est moins sûr. La nouvelle guerre froide et l’anti-russisme pavlovien reprendront de plus belle dès que Washington se relèvera. Les Américains sont pragmatiques mais pas stratèges. Ils ne sont malheureusement pas près de comprendre qu’ils auraient tout à gagner à faire basculer Moscou dans le camp occidental. Cette erreur stratégique dure depuis 30 ans et il est bien tard maintenant. Les Russes n’en veulent plus et les Européens sont incapables de comprendre qu’ils en font les frais.

*Caroline Galactéros, Présidente de Geopragma

jeudi, 09 avril 2020

Coronavirus: les nouvelles règles en Belgique... Essayons de voir clair...

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Coronavirus: les nouvelles règles en Belgique...

Essayons de voir clair...

par Jean-Marie Claus

1. Vous ne pouvez pas quitter la maison en principe, mais si vous en avez besoin, vous pouvez quand même.

2. Les masques ne servent à rien, mais il faudrait peut-être en porter, ça peut sauver.


3. Les magasins sont fermés, sauf ceux qui sont ouverts.


4. Il ne fait pas aller dans les hôpitaux, sauf s'il faut y aller, même chose pour les médecins, il ne faut y aller qu'en cas d'urgence A CONDITION que vous ne soyez pas malade (?!?).


5. Ce virus est mortel, mais pas trop effrayant néanmoins, sauf que si parfois, en fait ça va être une catastrophe planétaire.


6. Les gants n'aideront pas, mais ils peuvent aider quand même.


7. Tout le monde doit rester à la MAISON, mais il est important de SORTIR.


8. La nourriture dans le supermarché ne manquera pas, mais il y a plein de choses qui manquent si vous y allez en fin de journée mais ll ne faut pas y aller le matin.


9. Le virus n'a pas d'effets sur les enfants sauf sur ceux sur qui il en a...


10. Les animaux ne sont pas atteints, mais il y a malgré tout un chat qui a été testé positif en Belgique en février, quand on ne testait encore personne, mais ce chat oui ?!?


11. Vous aurez de nombreux symptômes si vous êtes malade, mais vous pouvez aussi tomber malade sans symptôme, avoir des symptômes sans être malade ou être contagieux sans symptôme. Ah ? Bref ???


12. Pour ne pas être malade, vous devez bien manger et faire du sport, mais mangez malgré tout ce que vous avez sous la main et c'est mieux de ne pas sortir, enfin si, mais non...

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13. Il est préférable de prendre l'air, mais vous serez très mal vu si vous allez prendre l'air, et surtout n'allez pas dans les parcs, ou alors sans vous asseoir, sauf que maintenant si, vous pouvez si vous êtes vieux (à quel âge on est vieux ?!?) mais pas trop longtemps ou enceinte (mais pas vieille).


14. Vous ne pouvez pas aller chez les personnes âgées, mais vous devez vous en occuper et apporter des courses et des médicaments.


15. Vous ne pouvez pas sortir si vous êtes malade, mais vous pouvez aller à la pharmacie. Pour les soignants, même avec de la température, vous pouvez travailler, allez, pas plus de 38°C... 37,9 c'est pas grave, sauf si vous n'êtes pas soignant.


16. Vous pouvez commander la livraison de plats préparés qui l'ont peut-être été par des personnes qui ne portaient ni masques ni gants. Mais il faut laisser décontaminer vos courses pendant 3 heures dehors.


17. Chaque article ou interview inquiétant commence par les mots "Je ne veux pas semer la panique, mais...".


18. Vous ne pouvez pas voir votre mère ou votre grand-mère âgées, mais vous pouvez prendre le taxi et rencontrer un chauffeur de taxi âgé.


19. Vous pouvez vous promener avec un ami mais pas avec votre famille si elle ne vit pas sous le même toit.


20. Mais on vous dit que se promener avec la bonne "distanciation sociale" n'est pas dangereux alors pourquoi on ne peut pas se promener avec d'autres amis ou de la famille (un à la fois) si on est dehors à la bonne distance ?


21. Le virus reste actif sur différentes surfaces pendant deux heures, non, quatre, non, six, non, on a pas dit des heures, c'est peut-être des jours ? Mais il a besoin d'un environnement humide. Oh non, en fait pas nécessairement.


22. Le virus reste en suspensions dans l'air enfin non, ou oui, peut-être, surtout dans une pièce fermée, en une heure un malade peut en contaminer dix, donc si ça tombe tous nos enfants ont déjà été contaminés à l'école avant qu'elles ferment ?


23. On compte le nombre de morts mais on ne sait pas dire combien de personnes sont infectées, puisque jusqu'ici on a testé que ceux qui étaient "presque morts" pour savoir si c'était de ça qu'ils allaient mourir...


24. On n'a pas de traitement sauf qu'il y en a peut-être un, qui n'est apparemment pas dangereux sauf si on en prend trop (ce qui est le cas de tous les médocs, non ?).


25. On devrait rester confinés jusqu'à la disparition du virus mais il ne va disparaître que si on arrive à une immunité collective et donc à condition qu'il circule... et pour ça il faut qu'on ne soit plus confinés...

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Géopolitique du coronavirus: Entretien avec Robert Steuckers

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Géopolitique du coronavirus:

Entretien avec Robert Steuckers

Au cœur d’une crise mondiale inédite par son ampleur, Strategika vous propose l’éclairage d’analystes et de penseurs reconnus dans leur domaine d’expertise. Nous avons posé à chacun une série de questions qui portent sur les différents aspects de cette véritable crise de civilisation ainsi que sur ses répercussions politiques, géopolitiques et sociales.

C’est aujourd’hui Robert Steuckers qui nous répond.

82469796.jpgRobert Steuckers, né en 1956 à Uccle, est diplômé de l’Institut Maria Haps, lié à l’Université de Louvain, où il a obtenu le Master en langues anglaise et allemande. Il a dirigé un bureau de traduction à Bruxelles pendant vingt ans avant de se consacrer à diverses tâches d’enseignement des langues. Il avait créé le think tank “Synergies européennes” en 1994, qui a organisé des universités d’été en France, en Italie et en Allemagne. Il gère, avec d’autres, le site Euro-Synergies qui affiche près de 17.000 articles de fonds, consultables par tous. Il dispose également d’un compte Twitter Robert Steuckers (@RobertSteuckers) | Twitter alimenté chaque jour. Robert Steuckers est l’auteur de plusieurs livres et essais, notamment la trilogie Europa, véritable somme sur l’identité et l’histoire des peuples européens ainsi que La révolution conservatrice allemande et Sur et autour de Carl Schmitt.

Strategika – On lit beaucoup d’éléments contradictoires selon les différentes sources d’information disponibles ou selon les avis des professionnels de la santé. Quelle est la réalité effective de cette pandémie selon vous ?

On ne peut exclure une origine naturelle de la pandémie (bien que je reste sceptique à l’endroit de la fable de la manducation du pangolin ou de la chauve-souris) mais on doit aussi accepter de discuter une autre hypothèse : celle d’un acte de guerre bactériologique dirigé contre la Chine, l’Iran et l’Europe, les trois principaux foyers de la maladie. Le virus mutant, car il est mutant paraît-il, pourrait aussi s’être échappé d’un laboratoire chinois ou autre mais alors pourquoi frappe-t-il les principaux rivaux de l’hegemon, quasi à l’exclusion des autres régions du globe ? Si l’hypothèse d’une guerre bactériologique s’avère exacte, nous pourrions établir le scénario suivant : le centre névralgique de la Chine est frappé, son industrie boostée par les délocalisations néolibérales ailleurs dans le monde, surtout en Europe, est ralentie, ce qui a un effet sur sa monnaie, capable, à moyen terme, de supplanter le dollar. De plus, ce ralentissement ou ce sabotage freine la réalisation des fameuses « routes de la soie ». L’Iran, ennemi numéro un de certains cénacles néo-conservateurs, est frappé à son tour, alors qu’il pourrait aisément devenir le principal fournisseur d’hydrocarbures de la Chine et un partenaire commercial très important de l’Europe, comme à la fin du règne du dernier Shah, avec les accords EURATOM notamment. C’est la thèse de Houchang Nahavandi, ancien ministre du Shah et auteur de livres très importants sur l’histoire récente et ancienne de l’Iran, dont je conseille vivement la lecture.

9782825113110-200x303-1.jpgEn Europe, les calamités s’abattent sur les maillons les plus faibles et sur le moteur principal de l’économie européenne, l’Allemagne. La Grèce doit affronter la crise des réfugiés sur sa frontière thrace, alors que sa santé économique et financière est vacillante depuis une dizaine d’années, suite à la crise de 2008. Elle échappe encore en gros au coronavirus mais… Wait and see… L’Italie, rappelons-le, avait signé des accords spéciaux, faisant d’elle le tremplin de la Chine dans l’UE. L’Espagne a reçu également la crise de la pandémie de plein fouet parce qu’elle est aussi une économie fragilisée qui risque d’aboutir à la ruine du projet européen, favorisé par les Etats-Unis dans les années 1940 et 1950, puis jugé concurrentiel et posé, notamment par la doctrine Clinton, comme « alien », c’est-à-dire comme ennemi potentiel, sinon ennemi déclaré. La France est frappée elle aussi, même si, officiellement, elle est considérée comme alliée depuis Macron, président formaté intellectuellement par une école américaine. Elle est vidée progressivement de ses fleurons industriels (Alsthom, Latécoère,…) et lourdement infestée par le coronavirus, tout simplement parce que l’hyperlibéralisme qui l’anémie depuis la présidence de Sarközy, a sabré dans les secteurs non marchands, dont le secteur médical. Sans un secteur médical fort, bien charpenté, prévoyant toutes formes de pandémie, y compris celles qui pourraient être déclenchées par une frappe bactériologique, un pays est la cible idéale pour ce type d’opération.

La « dé-gaullisation » de la France, depuis Sarközy, constitue le démantèlement d’un Etat qui avait des réflexes clausewitziens, voulu par le militaire De Gaulle, du moins dans ses écrits théoriques, dans l’influence qu’avait exercé Raymond Aron, grand spécialiste du stratège allemand du 19ème siècle, dans sa praxis originale des années 60, laquelle pouvait être décrite comme un modèle de « troisième voie » entre les deux blocs de la guerre froide. C’était une réponse aux impérities de la 3ème République, fustigées par Simone Weil à Londres avant sa mort en 1943, et à la gabegie politicienne et vasouillante de la 4ème. Ces types de régime gèrent à la petite semaine et ne prévoient rien, ce qui entraîne l’incapacité de décider aux moments opportuns ou de faire face à des catastrophes imprévues, comme une pandémie. Le « suicide français », décrit par Eric Zemmour est justement ce démantèlement progressif de l’Etat clausewitzien  -avec tous ses dispositifs mis en place qui prévoyaient toujours le pire-  que voulait être la 5ème République dès sa proclamation et surtout dans les années 1963-69.

La morale de cela, c’est que tout Etat ou groupe d’Etats, doit impérativement, s’il veut survivre aux manigances de ses ennemis (car il y a toujours un ennemi, disait Julien Freund), conserver ses atouts industriels et refuser les délocalisations et les fusions avec des firmes étrangères, garder des infrastructures médicales solides et un système scolaire/universitaire performant.

En Allemagne, les dispositifs prévus pour une pandémie ont été conservés, ce qui explique une meilleure gestion de la crise du coronavirus. Cependant, l’avenir de l’Allemagne n’est pas rose : les flots de réfugiés qui se sont installés sur son territoire ruinent le système de sécurité sociale exemplaire qui y avait été instauré dans l’après-guerre et génèrent du désordre à n’en plus finir dans les rues des villes ; le partenaire principal de l’industrie allemande est la Chine aujourd’hui mais cette dépendance est fragile, les Chinois finissant toujours par produire eux-mêmes ce dont ils ont besoin, notamment des automobiles. L’industrie allemande a trop parié sur l’exportation de ses excellentes automobiles, sans imaginer que ce flux pourrait un jour se tarir. Par ailleurs, le tandem gazier germano-russe est dans le collimateur de l’hegemon : les entreprises européennes qui contribueraient à l’achèvement du gazoduc Nord Stream 2 sont directement menacées de procès par la « justice » américaine ou de confiscation de leurs avoirs dans les banques d’Outre-Atlantique. L’affaire Frédéric Pierucci, cadre d’Alsthom, illustre bien quel est ce risque, notamment dans le livre témoignage que ce cadre a rédigé après son emprisonnement aux Etats-Unis, Le piège américain.  

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Enfin, l’Allemagne connait une crise politique sans pareil dans son histoire d’après 1945. Les partis qui ont été les porteurs de la République Fédérale depuis le miracle économique et depuis la réunification suite à la disparition du Mur de Berlin, sont en chute libre. La SPD socialiste n’est plus que l’ombre d’elle-même ; la CDU, véritable pilier du pays, connaît des tassements problématiques et perd ses billes dans tous les Länder de l’ancienne RDA. Ce tassement ou ce déclin n’est pas une exception en Europe : les chrétiens-démocrates italiens ont disparu de la scène depuis longtemps déjà ; le PPE espagnol est en liquéfaction, ce qui permet aujourd’hui à une fausse gauche, en dépit des étiquettes, de mal gouverner le pays en crise et face à la pandémie ; les deux partis chrétiens-démocrates belges sont également en voie de disparition. Ces effacements démocrates-chrétiens et socialistes interpellent : une autre normalité politique est en voie de constitution mais on ne sait pas encore quels contours elle prendra. Seul Orban maintient sa forme hongroise de démocratie chrétienne en état de fonctionnement, obtenant simultanément un certain consensus dans son pays mais est fustigé voire ostracisé par les instances eurocratiques qui font pression pour qu’il soit exclu de tout.

Le déclin allemand est inéluctable, contrairement à ce que l’on croit généralement en France aujourd’hui, où certains cercles agitent à nouveau le spectre d’un pangermanisme offensif. Outre-Rhin, la littérature contestatrice du système est florissante et n’est plus réduite à des marges de gauche ou de droite mais provient désormais des plus hautes sphères économiques ou intellectuelles. Il faudra y revenir car les arguments avancés par ces contestataires se marieraient très bien avec les critiques de l’eurocratie en vogue en France. C’est un thème excellent pour Strategika !

Si la pandémie frappe depuis peu les Etats-Unis, dont le système hospitalier laisse beaucoup à désirer, on pourra arguer que l’hypothèse, qui n’est qu’une hypothèse, que j’ai esquissée ici est erronée puisque l’hegemon, accusé d’avoir déclenché une guerre bactériologique, serait exonéré de cette accusation, vu qu’il est lui-même frappé par la pandémie. Mais toute opération bactériologique a ceci de particulier, c’est que la première victime peut aisément renvoyer la balle et répandre l’agent perturbateur chez l’envoyeur.

Strategika – Cette pandémie précède-t-elle un effondrement économique et systémique ?

313UGyA8Z1L._SX346_BO1,204,203,200_.jpgJe le pense. D’abord, le confinement ralentit l’industrie dans un système qui ne tolère aucune pause. Pour Carl Schmitt, le monde globalisé par la volonté de Roosevelt dans les années 1930 et 1940, relève de l’élément « eau », puisque l’hegemon bâti par ce président américain est une thalassocratie idéologiquement libérale : nous naviguons donc sur cet immense océan symbolique et sur les flux de marchandises et de communications contrôlés au départ par la puissance navale américaine : qui fait du sur-place dans un tel contexte coule, tout simplement, écrivait Carl Schmitt dans son Glossarium (non encore traduit). Ensuite, j’ai toujours pensé que la crise de 2008, plus profonde qu’on ne l’a cru jusqu’ici, n’a pas vraiment été résolue : on a colmaté les brèches en permanence par toutes sortes d’artifices, on en a freiné les effets pendant douze ans. Ces manœuvres de rafistolage prennent fin. Et on va mettre sur le compte du virus l’implosion définitive du système pour que les peuples ne cherchent pas à désigner des coupables.

Strategika – Plus de 3 milliards de personnes sont appelées à se confiner dans le monde. Pour la première fois de son histoire, l’humanité semble réussir à se coordonner de manière unitaire face à un ennemi global commun. Que vous inspire cette situation ?

Cette situation est effrayante parce que si pandémie il y a, indubitablement, elle n’est pas beaucoup plus explosive, du moins jusqu’ici, que les grippes saisonnières habituelles. Le virus semble certes plus virulent que celui des autres grippes, plus résilient une fois expectoré hors d’un corps humain et plus agressif sur le système respiratoire des patients les plus faibles, dont le système immunitaire est fragilisé par d’autres pathologies. Nous sommes face à une situation comparable à celle de 1968 et 1969-70 où un virus grippal avait tué, à un certain moment, jusqu’à 4000 personnes par semaine rien qu’en France ! En 2018, du 26 février au 4 mars, 2.900 personnes décèdent de la grippe saisonnière en Belgique, en une seule petite semaine !

Les hypothèses qui disent que les cercles dominants orchestrent une panique pour installer un système dictatorial, panoptique, vecteur d’une surveillance universelle et ubiquitaire, sont à prendre au sérieux. Le comportement moutonnier des citoyens est ahurissant dans un tel contexte, alors qu’il est patent que les sphères dirigeantes ont intérêt à promouvoir un tel système : l’Italie de Salvini ou même l’Italie post-Salvini est un pays imprévisible qu’il faut mater ; la France des gilets jaunes qui refuse l’hyperlibéralisme qu’on veut lui imposer mérite, à leurs yeux, une punition sévère et l’Allemagne qui hue Merkel à chacune de ses apparitions publiques doit également être châtiée, d’autant plus qu’elle se chauffe au gaz russe et fait tourner son industrie, automobile et autre, avec ces mêmes hydrocarbures poutiniens.

Nous sommes arrivés à l’ère du « Surveiller et punir » planétaire dont l’Europe sera la principale victime car les Chinois et les Iraniens sont davantage prêts à accepter les coûts humains et possèdent des capacités de résilience supérieures aux nôtres, qu’ils puisent dans la religion chiite ou confucéenne ou dans l’idéologie communiste revue et corrigée, tant et si bien qu’elle ressemble davantage aux projets constructifs de Frédéric List au 19ème siècle et aux projets que celui-ci a inspirés aux idéologues du Kuo MinTang, militant d’une renaissance chinoise après le « siècle de la honte », où le Céleste Empire était tombé en une profonde déchéance.

Strategika – Cette pandémie va-t-elle forcer l’humanité à se doter d’un gouvernement mondial comme le préconisait Jacques Attali lors de la pandémie de grippe A en 2009 ?

Attali formule du moins le projet et il y a des traces de cette vision messianique dans bon nombre de ses écrits antérieurs. Par ailleurs, dans un ouvrage traitant du monde vu par la CIA, il y a une dizaine d’années, Alexandre Adler évoquait une pandémie comme accélératrice d’une mondialisation amplifiée sinon définitive. Je ne vois cependant pas la Chine de Xi Jinping et la Russie de Poutine s’embarquer dans un tel projet. Sans parler de l’Iran…

Strategika – En 2009 toujours, Jacques Attali expliquait que « l’Histoire nous apprend que l’humanité n’évolue significativement que lorsqu’elle a vraiment peur ». Que vous inspire cette idée ?    

Cette idée est une idée générale. Quasi une lapalissade. Mais si Attali, chantre du projet globalisateur en voie de réalisation, l’évoquait en 2009, c’est qu’une ingénierie sociale et médiatique bien orchestrée pouvait, le cas échéant, créer de la peur pour faire aboutir un projet tel celui dont il rêve depuis longtemps. Cette création d’une panique globale est ce à quoi nous assistons aujourd’hui. Mais Attali est désormais un vieux gourou, de l’âge de tous ceux à qui il souhaite la mort pour que les gouvernements hyperlibéraux n’aient pas à payer des retraites. Cependant, le nouveau gourou mondial s’appelle Yuval Noah Harari, célèbre pour deux bestsellers que l’on retrouve en toutes langues dans toutes les librairies du monde, surtout dans les grandes gares et dans les aéroports, là où passent ceux qui nomadisent à grande ou à petite échelle.

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Le 20 mars 2020, cet Harari publie un long article dans le Financial Times (https://amp.ft.com/ ), où le programme mondialisateur en cours est présenté sur un mode plaisant et attrayant, comme d’habitude : on ne peut reprocher ni à Attali ni à Harari d’avoir un style ennuyeux, incapable de capter l’attention de leurs lecteurs. Harari constate qu’avec le coronavirus, il y a urgence (emergency) et que toute urgence est « un processus historique accélérant ». Ensuite, je cite : « Les décisions en temps normaux, qui peuvent prendre des années de délibération, sont prises en quelques heures (…). Des technologies non encore entièrement développées voire dangereuses sont mises en œuvre, parce que les risques sont plus élevés si on ne fait rien (…). Des pays entiers servent de cobayes à grande échelle pour des expérimentations sociales ». Harari évoque alors un monde où il n’y aura plus que du télétravail et surtout du télé-enseignement: le confinement, que nous subissons, semble alors une étape préparatoire à cet avenir de réclusion complète, concocté dans les hautes sphères dominantes.  Harari évoque aussi le monitoring général de l’humanité, assorti de punitions pour les récalcitrants. Il est quelque peu lyrique en disant qu’aujourd’hui, les gouvernements sont plus forts que le KGB soviétique car ils disposent maintenant de « senseurs ubiquitaires et d’algorithmes puissants ». Le coronavirus, ajoute-t-il comme s’il voulait apporter de l’eau à notre moulin,  a d’ores et déjà permis de déployer un tel arsenal inédit dans l’histoire de l’humanité, notamment en Chine où l’Etat se manifeste en permanence à travers les smartphones de ses citoyens, utilise la reconnaissance faciale à très grande échelle et peut déterminer quel est l’état sanitaire de chaque Chinois par des appareils destinés à vérifier leur fièvre, que n’importe quel policier peut trimbaler et utiliser sur les voies publiques. L’étape suivante nous est également révélée par l’article d’Harari : les sentiments, comme la colère ou la joie, sont des phénomènes biologiques au même titre que la fièvre ou la toux : on peut donc les détecter et les manipuler au départ des mêmes instruments qui servent à repérer dans les rues de Chine les fiévreux potentiellement « coronavirusés ». Enfin, Harari dévoile l’objectif final, quasi messianique, bref la parousie enfin en advenance : la « coopération globale », seule planche de salut contre le virus qui doit nous induire tous à opter pour « un esprit globaliste », rendant inutile les réflexes locaux ou nationaux.

CLS.jpgEn d’autres termes, Harari opte pour une humanité radicalement différente de celle qu’avait préconisée en son temps Claude Lévi-Strauss : celui-ci voulait autant de modèles humains qu’il en existait encore sur la planète quand il s’adonnait à ses recherches en ethnologie, voulait promouvoir un « esprit ethnopluraliste » pour que l’homme ait à sa disposition de nombreux modèles possibles à imiter ou à assimiler en cas de blocage ou d’effondrement du modèle auquel il avait auparavant appartenu, dans lequel plusieurs générations de ses ancêtres avaient vécu. L’humanité devait être plurielle pour cet ethnopluralisme lévi-straussien. Pour Attali et Harari, cela ne semble pas être le cas. J’ai, je ne vous le cache pas, la nostalgie du projet de Lévi-Strauss. 

Strategika – Comment voyez-vous l’évolution de la pandémie et ses conséquences politiques et sociales dans les semaines à venir ?

Je pense que l’on suscitera la panique au moins jusqu’à la mi-mai, jusqu’au moment où le ralentissement des industries européennes aura des conséquences irréversibles et que la crise sera là, bien palpable, avec un nombre incalculable de faillites dans les PME (petites et moyennes entreprises). La crise sociale en France s’accentuera et le mouvement des gilets jaunes reprendra vigueur et de plus belle. Les autres pays européens suivront, Allemagne comprise. Ensuite, le confinement finira par agacer les plus patients d’entre les autochtones et par provoquer des émeutes dans les quartiers à risque car le Ramadan commence fin avril et s’étendra jusqu’à la fin du mois de mai. Il y a plus grave : le mondialisme globalitaire vise l’éradication de la culture européenne, dont le symbole le plus patent et le plus spectaculaire fut l’incendie de Notre-Dame de Paris. Le confinement a entraîné un premier sabotage de la liturgie implicite de notre civilisation : les vacances de Pâques et les festivités pascales, dont la semana santa espagnole, seront effacées pour la première fois depuis des siècles, de même que le cycle printanier de mai, avec les fêtes religieuses assorties des communions, prétextes à des fêtes de famille qui soudent la société. Suite à ce sacrilège, car il faut bien l’appeler ainsi, le cycle des vacances estivales sera très probablement bouleversé, alors qu’il est une tradition séculaire, ponctué de fêtes également. L’humanité de notre sous-continent sera perturbée en profondeur, ébranlée psychologiquement, avec effets somatiques et psychologiques. C’est là le risque le plus effrayant dans l’immédiat car, une fois enclenché le sacrilège de briser notre liturgie millénaire, il y aura en permanence le risque de le rééditer. Mais même la rupture du cycle rituel liturgique, hérité de Rome, pendant une année seulement est annonciatrice de catastrophes : jamais on avait osé cela.

Strategika – Existe-t-il une issue politique à la situation que vous venez de décrire et quelle forme pourrait-elle prendre selon vous ?

b2f8434b2865b541e9db2e207b87586a.jpgUne issue politique, véritablement politique au sens où l’entendaient Carl Schmitt et Julien Freund, n’est possible que par un coup de force, une épreuve cruellement conflictuelle. Par un bouleversement pareil à la révolution russe de 1917. Or nous ne sommes plus dans les années 1920 ou 1930 où des millions de soldats revenaient du front et n’avaient pas peur d’encaisser des coups ou de mourir face aux balles de régimistes ou d’adversaires politiques. Qui plus est, on ne brise plus un régime aujourd’hui avec de simples fusils, munis de baïonnettes. Les Etats sont dotés d’armes plus sophistiquées, que l’on ne peut pas acheter au magasin du coin, même aux Etats-Unis. Ils disposent de « senseurs ubiquitaires et d’algorithmes puissants », pour paraphraser Harari. De nos jours, il y a des drones, des caméras, des centres cachés si bien qu’il ne suffit pas de prendre la Grande Poste comme à Dublin en 1916, ou la radio à Moscou en 1993, face aux blindés d’Eltsine. Notre humanité est bien trop adoucie par des décennies de « libéralisme » (ou de festivisme) pour oser une telle aventure.

La seule forme qu’une réaction pourrait prendre serait un glissement vers l’illibéralisme à la Orban ou à la Poutine, sans répéter le stupide clivage gauche/droite car l’ennemi de tous est unique : il s’agit de l’hyperlibéralisme induit dans nos sociétés par le tandem Thatcher-Reagan à partir de 1979.  Or à gauche, on conserve de lourds réflexes hostiles au politique et, à droite, on a toujours tendance à sombrer dans une forme ou une autre de libéralisme. Ce sont là les écueils à éviter, en faisant appel à une imagination métapolitique qui fondrait les corpus opposés en une nouvelle synthèse, où les principes de la justice sociale et du suum cuique sont respectés.  

Strategika – Comment liez-vous la crise actuelle à votre domaine d’expertise et votre champ de recherche ?

Je ne suis pas un expert mais un observateur engagé. La crise actuelle, pour moi, est l’aboutissement de la crise freinée de 2008 et, mais je peux me tromper, un coup de force bien ciblé, perpétré par un acte de guerre bactériologique qui vise à anéantir la puissance économique européenne (le seul mode de puissance qui restait à notre sous-continent), le challengeur chinois,  à ruiner le projet des « routes de la soie », avec l’appui continu d’une orchestration médiatique planétaire. Nous sommes dans des guerres hybrides ou des guerres de quatrième génération, c’est-à-dire des guerres où l’on n’aligne plus des armées de chars et de fantassins mais où l’on applique savamment des stratégies indirectes. L’Europe, constataient déjà certains observateurs dans les années 1990 et 2000, était la moins bien préparée à manier les outils médiatiques et culturels de cette guerre de nouvelle dimension : c’était diantrement vrai et elle en paie lourdement les conséquences aujourd’hui. Si son projet avait été clausewitzien au lieu de néolibéral, elle n’en serait pas là…

Les leçons de la crise : la mise sous respiration artificielle de l’Europe...

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Les leçons de la crise : la mise sous respiration artificielle de l’Europe...

par Caroline Galactéros
Ex: http://metapoinfos.hautetfort.com

Nous reproduisons ci-dessous un point de vue de Caroline Galactéros, cueilli sur le site de Geopragma et consacré aux conséquences de la crise du Coronavirus en Europe. Docteur en science politique, Caroline Galactéros est l'auteur de  Manières du monde, manières de guerre (Nuvis, 2013) et de Vers un nouveau Yalta (Sigest, 2019). Elle a créé en 2017, avec Hervé Juvin, entre autres, Geopragma qui veut être un pôle français de géopolitique réaliste.

Les leçons de la crise : la mise sous respiration artificielle de l’Europe

Il ne s’agit pas, comme pour l’OTAN, d’une prétendue “mort cérébrale” mais d’une très concrète mise sous respiration artificielle de l’Europe. Sans garantie de survie. Le Covid-19 agit comme un triste révélateur de la vérité de ce qu’est l’UE : une vieille dame qui a “de beaux restes” mais ne sait plus ce que veut dire “se tenir”, être digne de soi ou de ce que l’on prétend être. Telle une ancienne gloire de la scène mondiale, elle vit tellement dans ses souvenirs et ses illusions qu’elle ne s’est pas rendu compte que le monde avait complètement changé et qu’on ne l’écoutait plus.

Les masques tombent

Cette pandémie révèle les meilleurs et les pires des comportements humains : les trafics, les pillages dans nos hypermarchés dégoulinants de nourriture, le mépris des consignes de confinement d’une partie de notre jeunesse en sécession, l’abandon de notre partenaire italien en pleine tragédie, comme d’ailleurs celui de la Grèce plus seule que jamais face aux migrants à l’assaut de ses frontières, les coups de poignard dans le dos entre Européens (comme ces douaniers Tchèques qui récupèrent l’aide chinoise d’urgence destinée à l’Italie et la distribuent dans leurs hôpitaux). Il y a aussi le meilleur : la solidarité active de tant de nos concitoyens et de nos entreprises qui fourmillent d’initiatives et d’empathie, les policiers qui travaillent nuit et jour pour sauver de leurs bourreaux domestiques femmes et enfants plus en danger encore que d’ordinaire, les pompiers, les personnels dévoués de nos maisons de retraite et même simplement les “mercis” chantés chaque soir pour les “soignants” qui ne démissionnent pas alors même que l’impéritie gouvernementale les fait depuis des semaines monter au front presque sans masques ni gants… Ne nous trompons pas toutefois. Le dévoiement de la sémantique guerrière est à mon sens ridicule et même contreproductif. Cette rhétorique martiale dessert l’image de nos “chefs de guerre” manifestement mal armés et peu décisifs aux premiers temps de l’épidémie. Les “soignants” ne font que leur devoir. Ils vivent leur vocation, celle qui a inspiré leur choix professionnel. Ce ne sont pas des “héros”, ni des victimes. Même s’il est vrai que, comme nos gendarmes, nos policiers, nos croquemorts et tant d’autres, ils montent au front de la pandémie depuis des semaines souvent sans armes et prennent des risques personnels insensés dans un pays qui se targuait hier encore d’avoir le meilleur système de soins au monde…

“Il est donc grand temps de redéfinir avec lucidité et ambition le périmètre du régalien”

Les masques sont donc tombés de ce nouveau village Potemkine français, la politique préventive de santé publique. Dieu merci, Hippocrate est encore vivant. Il faudra néanmoins sérieusement s’occuper de lui dès la crise passée et le soigner à son tour sans mégoter. Cette incurie sanitaire aux conséquences désastreuses rappelle celle du budget de la défense, allègrement raboté durant des décennies au nom des “dividendes de la paix” sans réfléchir même à préserver les capacités essentielles indépendantes pour faire face à de collectives calamités. Nous sommes là au cœur de la résilience d’une nation et même de sa survie. Quand la tempête sera passée, ces domaines, comme ceux de la sécurité ou de la justice, devront une fois pour toutes échapper à nos petits hauts fonctionnaires comptables ratiocineurs, qui trouvent toujours de l’argent pour remplir les tonneaux des Danaïdes de l’assistanat à visée électoraliste, mais laissent nos soldats et nos médecins en haillons au nom de la rationalité budgétaire en misant sur leur sens du devoir pour faire le job malgré tout si besoin était. Besoin est.

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Le besoin d'état

Il est donc grand temps de redéfinir avec lucidité et ambition le périmètre du régalien, qui dessine celui de notre souveraineté comme socle vital de la persistance dans l’être de la Nation. Temps aussi d’admettre que nous faisons face au grand retour des Etats dont il faut se réjouir au lieu de célébrer stupidement leur déliquescence comme un progrès.

Car nos peuples, tous les peuples ont besoin d’un Etat, et d’un Etat fort qui sache les protéger et décider dans l’incertitude au mieux de leurs intérêts physiques, matériels, et même immatériels. Les utopies fluides de la globalisation, de la délocalisation vertueuse des productions indispensables (des masques et respirateurs aux catapultes de nos avions de chasse, aux turbines de nos sous-marins en passant par notre alimentation, nos médicaments, etc…), celles de la virtualisation accélérée du monde viennent de se fracasser lamentablement devant un petit virus mutant, né de nos propres expérimentations, qui décime cet humain prétendument si proche de la vie éternelle et de l’humanité “augmentée”. Le COVID 19 vous terrasse comme la peste noire ou la grippe espagnole emportèrent en leur temps des centaines de milliers de malheureux. Nous ne sommes donc rien ou plutôt pas grand-chose ! Vanitas vanitatis, omnia est vanitas ! Il était temps de s’en souvenir. Pas de masque, pas de gants, une accolade de trop et hop ! Au trou ! Cette crise est une crise de l’Ubris occidental, gavé d’utopie technicienne au point de se croire invulnérable. On n’y croyait pas. Un peu comme les Américains avant le 11 septembre 2001, qui ne pouvaient seulement imaginer, en dépit de bien des signaux d’alarme, que leur territoire allait être magistralement désanctuarisé en son cœur même. Notre civilisation “post-moderne”, pétrie d’économisme triomphant, saisie du vertige transhumaniste et nos sociétés si sophistiquées qui pratiquent le trading haute fréquence et installent des millions de Kilomètres de câbles sous-marins pour gagner plus encore, en quasi totale décorrélation d’avec l’économie réelle comme du sort des populations ordinaires, avaient juste oublié qu’elles étaient mortelles. Paul Valery n’aurait sans doute pas imaginé pareille postérité à son prophétique propos.

“L’Etat tient” nous dit-on ! Encore heureux ! Mais pour combien de temps et surtout, saura-ton tirer profit de ce drame mondial pour prendre de la hauteur, revoir de fond en comble nos plans d’urgence, nos priorités, notre planification de crise, notre gouvernance et enfin définir ce que nous attendons de nous-mêmes en tant qu’Etat-nation digne de ce nom dans le monde tel qu’il est ? Cela nous permettrait de décider au passage ce que nous attendons de l’Europe et ce ne serait pas du luxe ! Quand on réalise le temps perdu à Bruxelles par nos eurocrates hors sol et pleins de certitudes à nous convaincre qu’il était urgent d’attendre, qu’il ne fallait surtout pas fermer les frontières nationales ni même celles de Schengen, encore moins contrôler systématiquement les entrants nationaux ou étrangers, car c’était là manquer à “l’esprit européen” de liberté et au sacro-saint dogme libre échangiste, on mesure la totale irresponsabilité de ceux qui prétendent savoir ce qu’il faut aux Européens pour vivre en paix et prospères. Il faut vivre tout court déjà !

Saura-t-on faire que cette crise soit le catalyseur d’une prise de conscience urgentissime de ce que la souveraineté nationale n’est pas une option mais une nécessité vitale pour chaque peuple sur cette planète ? Va-t-on en finir avec le conformisme intellectuel qui nous affaiblit collectivement en nous faisant faire l’autruche et tout comprendre en permanence de travers ? Saura-t-on voir que le sujet n’est pas le populisme ou je ne sais quelle lubie rétrograde, mais bien l’urgence de protéger concrètement nos peuples et notre civilisation contre divers périls, lutte à laquelle il faut affecter les moyens suffisants au lieu de fuir dans le ronron du productivisme en roue libre et de la morale en toc qui fait au loin des tombereaux de morts ?

Les conseilleurs n’étant pas les payeurs (quoiqu’en l’espèce un peu quand même), il serait évidemment malvenu de critiquer ceux qui dans la tempête, après l’avoir gravement sous-estimée, cherchent rames et écopes. Si cette pandémie rappelle le monde entier à son humaine condition et fait sonner à ses oreilles sidérées le même glas, on voit immédiatement que les pays sont tout sauf égaux devant elle, selon les « choix » de leurs gouvernants en matière de contrôle des frontières mais aussi de dépistage et de traitement. Le” pouvoir égalisateur ” du virus lui-même s’arrête à la décapitation de nos petites vanités dérisoires. Plus que jamais, les destinées collectives des peuples dépendent des forces morales, mentales comme de l’autorité de leurs dirigeants.

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L’état n'est plus stratège

En France, la stratégie adoptée de limiter les tests au maximum et de confiner l’ensemble de la population en mettant à l’arrêt la vie économique du pays au lieu de dépister massivement puis d’isoler les contaminés pour les traiter, n’a d’ailleurs pas été un arbitrage scientifique. Nous n’avions juste pas (plus) les moyens de faire autrement. Ce choix nous a été imposé par notre système sous-dimensionné de prise en charge de l’urgence sanitaire. Pourtant, le risque pandémique est un risque sanitaire majeur bien connu. Et depuis 15 ans, nous avons déjà connu les tragédies de la grippe aviaire et du virus H1N1…Mais nous n’en avons pas tiré les enseignements. Nous sommes passés à autre chose. Nous délocalisons toujours les productions pharmaceutiques et médicales et nos arbitrages sont idéologiques et d’opportunisme politique, nourris d’une confiance ingénue dans la supériorité de la liberté de circulation des individus sur la contagiosité extrême d’un virus. Dont acte.

Alors, on a différé, séquencé, délayé, et perdu un temps précieux au risque de bien des morts, et de devoir in fine, une fois le système saturé et les soignants éreintés, choisir ceux que l’on sauve et ceux que l’on sacrifie, écrémage pourtant politiquement suicidaire. Le gouvernement après quelques semaines d’atermoiements, parait désormais avoir pris la mesure du danger et de bonnes décisions. On peut tout de même remarquer que notre vaisseau prend l’eau de toutes parts, et qu’il faudrait voir à racheter une grand-voile au lieu de rapiécer sans cesse notre Tourmentin. Tout cette improvisation révèle une folle vanité et une désorientation plus vaste encore, qui font craindre pour la sécurité au sens le plus large que méritent nos compatriotes. Car, à moins que l’on ne cède au complotisme, ce virus n’a pas été intentionnellement lâché dans la nature. Le prochain le sera peut-être. La “guerre” bactériologique et chimique est aussi vieille que l’homme. Chinois comme Américains et Russes sont les meilleurs au monde en cette matière. Nous ne sommes pas mauvais non plus. C’est la massification de l’empoisonnement à l’ancienne, la strychnine à l’échelle industrielle. Alors l’économie mondiale s’enraye bien plus surement qu’avec un blackout venu du cyber-warfare ! Alors le pétrole plonge, les convoitises et les embuscades préparées de longue date contre des entreprises fragiles peuvent s’accélérer. Pékin est déjà en train de fondre sur des proies australiennes, et bien des entreprises européennes sont sur sa wish list… Cette crise est donc une répétition générale opportune pour une autre attaque probable lancée à des fins de déstabilisation offensive.

Face à ce type d’occurrence, il faut à nos démocraties molles des “chefs” politiques ayant des vertus particulières. Des hommes ayant le sens de l’Etat et de l’intérêt général, dotés une grande humanité mais insensibles et même réfractaires à l’air du temps, sachant définir un cap et s’y tenir, donner des ordres et se faire obéir. Des hommes surtout, qui arrêtent de bêler avec les autres européistes qui ont tué l’Europe des Nations à force de l’émasculer. Or, on a cassé le moule. Les gouvernants européens sont presque tous d’une autre eau. Pour eux, la guerre est un objet historique. Ils ne savent plus ce qu’elle exige d’anticipation austère et de sacrifices impopulaires. Ils sont sans boussole intérieure, historique et morale. Ils ne savent que “gérer” l’urgence dans l’urgence, sans jamais prendre le temps de s’y préparer sérieusement, à l’instar d’ailleurs de leur pratique politique générale, qui consiste à vouloir plaire à tout le monde, donc à personne. Pourquoi cette systématique indifférence à l’anticipation ? Sans doute parce qu’elle ne rapporte rien politiquement… sauf en cas de “surprise stratégique”. C’est un pari. Qu’ils ne font pas. Celui du service de l’intérêt national dont on ne vous saura peut-être jamais gré. Un pari à rebours de l’air du temps, qui requiert des mesures de protectionnisme économique, des nationalisations, la constitution de stocks et de champions nationaux, le maintien de capacités de production indépendantes multiples. Bref, cela coûte cher et ne rapporte rien, sauf si… Cela demande de croire à la souveraineté nationale, à l’intérêt et à la raison d’Etat et d’accepter leur coût politique et financier toujours exorbitant. Or, nous parlons d’Etat stratège sans jamais en accepter l’austérité et les exigences. Gouverner n’est pas glamour.

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Dieu merci, le cadavre européen bouge encore. Ou plutôt, sous l’effet de la gravité de la crise sanitaire qui cible les populations – première richesse d’une nation-, certains de ses “organes” (les Etats-membres) sortent de leur torpeur et reprennent leur vie propre. La Hongrie, l’Allemagne, l’Italie, la Grèce, la Pologne. On appelle cela avec dégoût le populisme, le souverainisme, et même “l’i-libéralisme”, alors que ce sont les systèmes immunitaires des peuples et nations qui se réveillent, non pas contre l’Europe mais pour elle, pour la faire sortir enfin de son enveloppe abstraite mortifère !

Caroline Galactéros (Geopragma, 4 avril 2020)

mardi, 07 avril 2020

Déconfinement par étapes : l’opposition politique au Système doit définir ses priorités et imposer son agenda

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Déconfinement par étapes : l’opposition politique au Système doit définir ses priorités et imposer son agenda

par le Dr. Dominique Baettig

Ex: http://www.lesobservateurs.ch

Plus la pandémie se développe et plus le questionnement légitime des citoyens se justifie. Si l’origine du virus, sa spécificité et sa dangerosité restent encore incertaines, l’instrumentalisation dans une tentative globaliste d’activer le passage à un stade supérieur de gestion et de contrôle de la population est nettement perceptible.

Soyons clair, le principe de précaution l’emporte dans de telles situations. Et seul l’Etat souverain national est encore en position de parer au plus pressé : fermeture des frontières, directives globales de précaution pour ne pas contaminer les groupes à risque, développement de structures médicales supplémentaires d’urgence, recours à l’armée, redéfinition des priorités hospitalières, mobilisation de ressources bénévoles. Il semble évident aujourd’hui que nos autorités fédérales, malgré le degré d’urgence, ont tergiversé par idéologie (le libre-échange et la libre circulation des biens et des personnes sont des valeurs saintes et intouchables) et aussi par peur des réactions internationales. Il n’est pas normal, dans ces conditions, que les citoyens soient punis après coup par de l’emprisonnement volontaire et l’arrêt d’activités économiques vitales. Sur une période limitée, dans le doute oui, mais pas dans l’incertitude, la prolongation sans limite des mesures liée aux décisions arbitraires, à la lecture de statistiques peu nuancées par les augures de l’OFSP qui n’oseront jamais desserrer le nœud coulant sans se coordonner avec nos voisins de l’Union européenne. Confinement avec exceptions, recommandations contradictoires et culpabilisantes, port de masques par la population recommandé mais sans moyens suffisants, découverte de la dépendance de l’acheminement de médicaments, masques, réactifs nécessaires au diagnostic qui viennent de Chine. Retour au chacun pour soi avec les pays voisins, culpabilisation de la population vecteur du virus qui aggraverait la vitesse de propagation si elle n’obéit pas aux injonctions (rester chez soi sauve des vies) mais il faut quand même soigner les malades, assurer la vente de denrées alimentaires, assurer la sécurité, produire des biens de première nécessité. C’est la porte ouverte à toutes sortes de revendications plus ou moins légitimes puisque les bobos disent que la santé vaut mieux que le profit…Mais l’économie doit continuer à fonctionner, pour garantir les prestations sociales, payer les salaires, dédommager ceux qui se trouvent privés de revenus. La vie associative est annulée, les parents contraints de s’occuper des devoirs scolaires de leurs enfants, on fait miroiter des prêts, des suspensions douteuses de loyers, un report des échéances, une suspension de la vie parlementaire.

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Il est très important que l’opposition antiglobaliste se mobilise et puisse imposer un agenda souverainiste au déconfinement :

a) Priorité à l’économie de proximité : maraîchers, paysans, travailleurs indépendants qui doivent reprendre leur activité, avec des précautions (masques, distance de protection)

b) Laisser faire la débrouille et auto-organisation citoyenne pour éviter le blocage complet de l’économie

c) Favoriser l’accès aux soins efficaces (hydroxycholoroquine et analogues) pour éviter le chantage à la priorité des soins aigus, avec le risque de saturation, pour les victimes majoritairement très âgées et vulnérables à l’épidémie.

d) Ne pas permettre aux problèmes induits par un confinement arbitraire et culpabilisant de s’accumuler : blocage de l’économie autonome, stress relationnel et violences induites du confinement, mise en attente d’interventions médicales qui exploseront dans un second temps.

e) Rapatrier les industries vitales pour l’économie : respirateurs, réactifs pour tests, masques recommandés pour tous, ouverture aux thérapies alternatives et locales (contre le diktat du pharmacologiquement correct et les exigences inappropriées de documentation de l’efficacité par des procédures bureaucratiques irréalistes dans un état d’urgence et de guerre).

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f) Ne pas laisser miroiter des solutions durables par la création de nouvelles dettes par les banques. La monnaie cash doit impérativement être sauvegardée

g) La fermeture des frontières et son contrôle peut durer, il n’est pas prioritaire d’y surseoir…

h) Favoriser les énergies non fossiles existantes, y compris le nucléaire, l’énergie hydraulique et géotherminque non profonde.

i) Ne pas laisser le contrôle social (par Internet, 5G, etc.) s’installer. Y préférer les solutions alternatives, les opinions critiques.

j) Reprendre le contrôle civique par les citoyens plutôt que la bureaucratie administrative médicale pilotée par l’OMS et les institutions centralisatrices globalistes. Le législatif doit impérativement fonctionner

k) Faire confiance au bon sens et à l’auto-organisation citoyenne. Non à l’isolement, non au gavage totalitaire d’informations catastrophistes qui empêchent toute critique et toute contestation.

l) La pandémie est la résultante d’un système dysfonctionnel (agriculture industrielle, médecine industrielle, libre circulation comme idéal, immigration systématique de remplacement ou de mélange imposé, dépendance de la distribution globale). Il ne faut pas continuer comme si de rien n’était mais organiser la souveraineté politique, économique, agricole. Revenir au local de manière prioritaire. Redimensionnement à échelon humain.

m) La décroissance qui s’annonce implique la fin de l’immigration sans limites et la préparation de la remigration indispensable, vu la surpopulation problématique sur les plans écologique, économique, social.

Le travail  le plus important arrive. Ne laissons pas ceux qui sont responsables de cette situation, par idéologie ou cynisme, ou instrumentalisation par propagande, profiter d’imposer leurs solutions.

Dominique Baettig, 05.04.2020

lundi, 06 avril 2020

Pandémie et post-démocratie Entretien avec Slobodan Despot

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Pandémie et post-démocratie

Entretien avec Slobodan Despot

Ex: https://strategika.fr

Slobodan Despot est un écrivain suisse d’origine serbe. Il est entre autres l’auteur de La Signification du Kosovo dans l’histoire du peuple serbe, de Valais Mystique et des romans Le Miel et Le Rayon bleu, les deux aux éditions Gallimard. Il est aussi le traducteur de la remarquable étude d’Alexandre Zinoviev sur le globalisme politique intitulée La Grande Rupture. Ami et confident du célèbre dissident soviétique, il restera marqué par sa philosophie. Un héritage qui éclaire la compréhension des temps étranges que nous traversons. Slobodan Despot est le cofondateur et le directeur des éditions Xenia. Depuis fin 2015, il publie chaque dimanche une lettre d’information numérique intitulée Antipresse. Une source d’information attentivement scrutée par la rédaction de Strategika.

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Strategika — On lit beaucoup d’éléments contradictoires selon les différentes sources d’information disponibles ou selon les avis des professionnels de la santé. Quelle est la réalité effective de cette pandémie selon vous?

Slobodan Despot – Qu’est-ce que la réalité effective d’un phénomène et comment la saisir dans cette confusion? On connaît très bien le paradoxe des guerres: le soldat en première ligne ne voit que ses cent mètres de front. Il ne sait pas s’il s’agit d’une bataille dantesque ou d’une escarmouche, sinon par les nouvelles que lui transmet sa hiérarchie. Laquelle ne lui transmet que qu’elle a besoin qu’il sache.

Nous nous trouvons dans la situation de ce soldat, à une nuance près: l’état-major, en théorie, est aussi exposé que nous (même s’il a des brancardiers de piquet dans le couloir), et il n’est pas sûr qu’il ait une meilleure vision du front. Plus exactement, on est fondé à penser que sa vision est brouillée par la superposition de deux angles de vue qui se déforment mutuellement: d’une part, le tableau de l’épidémie en soi; de l’autre, sa projection utilitaire.

De même que les guerres servent souvent à régler des problèmes de politique intérieure au prix de vies cyniquement sacrifiées, de même cette épidémie tombe à pic comme alibi d’un faisceau de mesures suspendues en l’air et qui attendaient leur heure. Faisceau (je n’utilise pas le mot au hasard) qu’on peut ramener à un constat simple: la parenthèse démocratique est terminée!

Ce brouillage, aggravé par le bombardement émotionnel, est si généralisé qu’on est tout étonné de voir passer encore des analyses strictement ancrées dans la réalité de la chose. Ainsi le pathologiste britannique John Lee, dans une remarquable tribune du Spectator (à paraître en traduction française ce dimanche dans l’Antipresse) s’interroge sur la létalité réelle du coronavirus, une fois dégagée de la dramatisation médiatique et — hypothétiquement — isolée du «parasitage» statistique des morts de la grippe, de pathologies diverses ou simplement… de vieillesse. En un mot: dans quelle mesure meurt-on du coronavirus, dans quelle mesure meurt-on avec? Tant qu’on n’aura pas un aperçu de ces données de base, nous serons dans la manipulation de la peur:

«Une grande partie de la réaction à Covid–19 semble s’expliquer par le fait que nous surveillons ce virus d’une manière qui n’a jamais été observée auparavant. Les scènes des hôpitaux italiens ont été choquantes, et font de la télévision un lieu sinistre. Mais la télévision n’est pas une science.»

1461005_medium.jpgNous avons observé un phénomène d’ampleur équivalente, mais de bien moindre intensité, avec la grippe A (H1N1). Au printemps 2009, j’avais repéré sur Agoravox les chroniques d’un pharmacologue français, Bernard Dugué, qui relevait les incohérences de la communication officielle — OMS comprise — sur cette épidémie naissante qui, déjà, promettait de faucher le quart de l’humanité. Si elle est si terrible, observait Dugué, pourquoi n’entreprend-on aucune des mesures connues et établies pour l’endiguer? De cette chronique, nous avons fait un livre. A la rentrée 2009, H1N1, la pandémie de la peur était l’unique ouvrage, sur les 38 titres consacrés à ce sujet dans l’édition française, à dédramatiser la pandémie. Pour ma part, j’étais intuitivement et rationnellement convaincu de l’issue et mon comportement libre, à l’époque, avait suscité des réactions d’une surprenante agressivité (mais qui, du moins, ne pouvaient encore s’adosser à un dispositif policier).

Dugué avait évidemment raison au vu des résultats, pratiquement indiscernables dans le tableau général de la mortalité en 2009–2010. Personne ne l’en a remercié, bien entendu. On avait l’impression que l’issue relativement bénigne de cette pandémie avait déçu bien du monde. La «soif d’apocalypse», ai-je pu observer alors comme aujourd’hui, imbibe l’inconscient collectif de notre temps.

Comparaison n’est pas raison, le COVID_19 semble plus vicieux et plus insaisissable à la fois, mais les parallèles demeurent et ils sont éclairants. Pourquoi cette antinomie, dans les gouvernements occidentaux, entre d’une part la propagation de la panique et l’intimidation martiale, et d’autre part la cautèle, la lenteur et l’ineptie dans le traitement concret? L’affaire Didier Raoult en est un exemple éclatant.

On a l’impression que H1N1 fut, en effet, un ballon d’essai, mais qui aura surtout servi à… ne rien entreprendre. Sinon à peaufiner la communication et affaiblir les structures de défense collectives au profit du seul pharma-business.

ay.jpgStrategika — Cette pandémie précède-t-elle un effondrement économique et systémique?

Slobodan Despot – Je ne suis pas économiste, mais je dirais plutôt qu’elle l’accompagne ou qu’elle le camoufle. De bulle en bulle, ce système en était arrivé à de telles tensions, à un tel écart entre la réalité concrète et ses représentations, qu’un effondrement était inéluctable. D’une certaine façon, nous assistons à l’aboutissement global d’une expérience initiée simultanément, voici un demi-siècle, des deux côtés du Rideau de Fer et qui s’est brutalement arrêtée à l’Est voici trente ans avec l’effondrement de l’URSS. C’est ce dédoublement de la réalité en simulacre total et conscient que l’anthropologue Alexei Yourtchak (photo) a appelé l’hypernormalisation — concept dont le cinéaste britannique Adam Curtis a tiré un film documentaire saisissant. Pour faire court, les élites dirigeantes, ayant compris que le système était inéluctablement voué à la désagrégation, n’ont pas eu la force ou le courage d’essayer de le réformer, mais se sont uniquement soucié de prolonger le statu quo. Pour s’acheter ce sursis, elles ont construit un monde parallèle, un immense «village Potemkine» à vocation sédative.

«Politiques, financiers et utopistes technologiques, résume Curtis, plutôt que de faire face aux complexités du monde, ont battu en retraite. Au lieu d’affronter la réalité, ils ont construit une version plus simple du monde.» L’intelligentsia «créative» — média, art, cinéma — leur a emboîté le pas et l’alliance du pouvoir financier avec l’utopie informatique a rapidement fourni à cet hologramme des moyens techniques et matériels illimités. On allait presque oublier que ce monde idéal, gouverné par les bonnes intentions et la bien-pensance, où des minorités infimes de population reçoivent davantage d’attention et de protection que la majorité laborieuse, ne pouvait rester en lévitation indéfiniment.

Nous ne sommes pas loin du scénario de Matrix, sauf qu’ici les protagonistes sont bien réels. On croise d’ailleurs, à l’aube même de cette vaste falsification un jeune requin de l’immobilier new-yorkais du nom de Donald Trump. Mais voyez plutôt le film.[1]

Strategika — Plus de 3 milliards de personnes sont appelées à se confiner dans le monde. Pour la première fois de son histoire, l’humanité semble réussir à se coordonner de manière unitaire face à un ennemi global commun. Que vous inspire cette situation?

Slobodan Despot – Elle évoque bien entendu le souvenir de tous ces films de science-fiction où seule une invasion venue de l’espace, ou la menace d’un astéroïde géant, parvient à nous faire surmonter nos divisions et à faire front commun. On peut aussi dire, d’un point de vue moins romancé, que la suprasociété globale est de plus en plus homogène. Il ne se trouve aucune autorité, dans aucun pays, à évaluer par exemple cette épidémie à l’aune de ses problèmes sociaux et sanitaires prioritaires et à intégrer le risque qu’elle représente dans un tableau global de la mortalité non naturelle. Dans un pays comme l’Inde où les vieux et les malades meurent dans les rues des grandes villes sans que personne ne s’en soucie, voici qu’on réprime les infractions à la «distanciation sociale» avec la dernière rigueur. Même en Syrie, on verra les hommes en treillis s’entremitrailler avec des masques sur le nez.

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Tout cela a quelque chose d’irréel, comme si l’humanité entière jouait une pièce sur la pandémie. Tous les pouvoirs, quels qu’ils soient, se sentent tenus de payer leur dîme à la narration imposée, quitte à la contourner ou la détourner selon leurs intérêts locaux. La nature stéréotypée de la réaction montre que ces pouvoirs sont très largement unifiés à l’échelle globale. Les exceptions sont rarissimes. Par exemple, certaines Églises orthodoxes rappelant que les nourritures consacrées de la communion ne peuvent par définition être porteuses de maladies. Dans le climat actuel, une telle hérésie risque de leur valoir le bûcher.

Strategika — Cette pandémie va-t-elle forcer l’humanité à se doter d’un gouvernement mondial comme le préconisait Jacques Attali lors de la pandémie de grippe A en 2009?

SB – La réponse est dans la question. «L’humanité», tout d’abord, qui est-ce? Que veut-elle? Si vous imaginez un référendum sur la question en temps normal à l’échelle des quatre milliards de citoyens en âge de voter, la réponse sera certainement cacophonique. Aujourd’hui, si vous leur posez la question de manière adéquate — par exemple: «Acceptez-vous un gouvernement mondial qui organise une lutte efficace contre la pandémie et vous assure une levée du confinement sous deux semaines», vous aurez 99 % d’adhésion. Pour ceux qui ne pensent qu’à ça, qui n’œuvrent qu’à ça et qui y voient un intérêt concret, c’est la meilleure fenêtre de tir depuis la Grande Peste.

Concrètement, l’ensemble de l’humanité se retrouve aujourd’hui en Corée du Nord, à obéir du matin au soir sans rien attendre en retour que la miséricorde d’une simple survie. La population de Corée du Nord est-elle en mesure de «se doter» de quoi que ce soit qui ne lui soit pas imposé?

Strategika — En 2009 toujours, Jacques Attali expliquait que «l’Histoire nous apprend que l’humanité n’évolue significativement que lorsqu’elle a vraiment peur». Que vous inspire cette idée?

SB – Il a raison. La masse effrayée court effectivement bien plus vite que des individus prévenus et sceptiques. La question est de savoir vers quoi. Nous avons l’exemple édifiant des lemmings.

Strategika — Comment voyez-vous l’évolution de la pandémie et ses conséquences politiques et sociales dans les semaines à venir?

SB – Tout dépend des pays. En France ou en Suisse, je vois une levée du confinement au plus tard début mai, faute de quoi c’est une pandémie plus grave — violences, dépressions, suicides et troubles sociaux — qui prendra la relève. Les gens préféreront affronter le virus que la famine ou l’extermination conjugale. En Suisse, où les milieux économiques ont manifestement (quoiqu’en coulisses) pris en main les rênes, je pense que l’instant du «break even» sera rapidement déterminé et qu’on tentera une sortie «en douceur», par exemple en filtrant la population et déconsignant les valides, immunisés ou testés négatifs. En France, l’ineptie du pouvoir et l’existence de «zones de non droit» me font penser que l’issue sera plus aléatoire. Il est beaucoup plus aisé de prononcer le confinement que de le lever. Il suffit d’un coup d’œil sur les réseaux sociaux pour entendre gronder la colère, souvent irrationnelle, contre les autorités. Si vous enfermez votre meute dans un chenil, que vous l’affolez de peur et que vous ne lui accordez pas les soins minimaux, il vous faudra tirer la clenche du portail avec une très longue ficelle.

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D’un autre côté, si la pandémie ne tient pas ses horrifiques «promesses», je pense que cette mesure extrêmement brutale qu’est le confinement ne tiendra pas. L’été arrive. L’humain fera n’importe quoi pour accéder à l’air libre. Même à Londres sous les V2, la vie continuait. Mais peut-être essaie-t-on justement de remplacer cet animal trop dégourdi et trop gourmand en espace vital par une espèce mieux calibrée? Pour cela, il faudra accélérer la fabrication de drones et de dobermans robotiques pour remplacer les garde-chiourme encore trop humains. Méditons sur l’ultime mise en garde de Julian Assange parlant d’une «vile poussière intelligente» imprégnant toute notre vie grâce aux nanotechnologies (relayées demain par la 5G et l’«internet des objets»). C’était son dernier message d’homme presque libre, juste avant qu’on lui coupe l’internet.

Strategika — Existe-t-il une issue politique à la situation que vous venez de décrire et quelle forme pourrait-elle prendre selon vous?

SB – Je pense, et j’espère, qu’il n’existe pas une issue politique à cette crise, mais une palette d’issues, déterminées selon les circonstances locales et les rapports gouvernants-gouvernés locaux. La seule issue unique consisterait en ce fameux gouvernement mondial que la suprasociété appelle de ses vœux. Et encore, à voir comment les instances supranationales «gèrent» les crises, on peut se demander en quoi cette concentration de pouvoirs serait plus salutaire que les piteux gouvernements en place.

J’observerai, ceci dit, que la notion même de politique implique un substrat humain et social en tout point opposé à l’ingénierie sociale que la crise actuelle cherche à imposer. Depuis la Deuxième guerre mondiale, comme l’a montré un Pierre Legendre, la société technologique globale évolue vers un «Empire du management» où la politique ne joue plus qu’un rôle ornemental. Toutes les contraintes environnementales, climatiques, «sociétales» et «genderiques» qu’on nous impose ces dernières années achèvent de transférer des pans entiers du champ ouvert de la politique vers la zone fermée et intangible de la nécessité et du tabou moral. Le bac à sable de la politique, dans le monde d’avant le confinement, se résumait à de vaines querelles de personnes et à des enjeux subalternes, avec un personnel d’une sidérante petitesse. Comment pouvait-on à la fois se laisser acheter pour deux costumes et prétendre manier le feu nucléaire? Dans bien des cas, la «carrière» politique était devenue l’équivalent social de l’entrée dans les ordres sous l’Ancien régime: une voie de garage pour les cadets de famille, les veules et les surnuméraires. Il n’est qu’à voir la morgue avec laquelle les ingénieurs (managers, financiers, technologues et juristes) considèrent les «politiques» pour comprendre le divorce de ces deux castes et la dégénérescence qu’il recouvre.

Strategika — Comment liez-vous la crise actuelle à votre domaine d’expertise et votre champ de recherche?

SB – D’une certaine manière, la crise est mon domaine d’expertise et de préoccupation, que ce soit en tant qu’éditeur et journaliste ou en tant qu’écrivain. Le choc de l’éclatement provoqué de mon pays natal, la Yougoslavie, a changé le cours de mes études, l’orientation de mes pensées et de manière générale toute ma vie.

Mon premier roman, Le Miel, a pour théâtre les décombres encore fumants de la Yougoslavie. Le deuxième, Le Rayon bleu, traite de la rarissime prise de conscience effective de la menace d’une extinction nucléaire. La crise actuelle n’est que l’aboutissement inéluctable de processus connus et amplement décrits. D’un point de vue spirituel, elle est inscrite de toute éternité — disons pour simplifier comme une des étapes finales du Kali Yuga, cet âge de fer où le monde se vide littéralement de sa substance comme par une blessure ouverte pour succomber au règne morbide de la quantité.

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L’âge où nous sommes n’a été capté dans son essence que par les visionnaires et par ces médiums sociaux que sont les grands écrivains. De même que Dostoïevski avait décrit le bolchevisme dans sa nature démoniaque un demi-siècle avant la Révolution d’octobre — et un bon siècle avant que le rideau de cette colossale illusion finisse par se déchirer —, de même un C. S. Lewis avait dépeint avec minutie la simplification mécaniste de l’humain et le putsch des gestionnaires dans sa Trilogie cosmique (1938–1945), en particulier dans sa dernière partie, Cette hideuse puissance. Sans oublier sa prophétie très précise de l’Abolition de l’Homme non par des régimes totalitaires, ni par des cataclysmes, mais par des messages anodins diffusés par d’insipides manuels scolaires qui, goutte à goutte, subliminalement, en «déconstruisant» nos mythes et notre «irrationalité», ont fait de nous ces êtres frémissants tapis au fond de leurs clapiers et mendiant la survie. L’homme se distingue justement du bétail en ceci qu’il refuse la survie à n’importe quel prix.

Je n’ai pas de domaine d’expertise. Je dirais même qu’au stade où nous en sommes l’expertise nous égare alors que la conscience universelle nous sauve. Nous avons besoin de connaissance, toujours, mais aujourd’hui nous avons surtout besoin d’âme et de cœur, autrement dit de vertu au sens antique. Si nous rampons vers la termitière, ce n’est pas seulement qu’on nous y pousse: c’est que nous sommes des termites.

Mon champ de recherche s’apparente à la déambulation de Diogène avec sa lanterne. Je traque l’homme derrière l’«individu» et le «citoyen», je l’interroge et le provoque, et je l’encourage à se hisser au-dessus des rôles qu’on lui fait endosser. C’est tout le sens de l’Antipresse, ce projet qui m’occupe depuis quatre ans, et qui n’est rien d’autre qu’une messagerie où les humains parlent aux humains.


[1] Pour plus de détails, je renvoie à mes textes «Pourquoi il ne se passe rien (1/2)», Antipresse 101 | 05/11/2017, «Pourquoi il ne se passe rien (2/2)», Antipresse 102 | 12/11/2017.

Géopolitique du coronavirus - Entretien avec Pierre Le Vigan

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Géopolitique du coronavirus

Entretien avec Pierre Le Vigan

Ex: https://strategika.fr

Au cœur d’une crise mondiale inédite par son ampleur, Strategika vous propose l’éclairage d’analystes et de penseurs reconnus dans leur domaine d’expertise. Nous avons posé à chacun une série de questions qui portent sur les différents aspects de cette véritable crise de civilisation ainsi que sur ses répercussions politiques, géopolitiques et sociales.

Nous poursuivons cette série d’entretiens avec Pierre Le Vigan

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Pierre Le Vigan est urbaniste. DESS d’urbanisme, DEA de l’EHESS, CEA d’école d’architecture, maitrise d’AES, licence d’histoire, DESU de psychopathologie, licence de philosophie. Collaborateur de nombreuses revues depuis des décennies, il a donné des cours (économie, droit public, politiques urbaines) aux universités d’Orsay, Créteil et Bobigny–Villetaneuse. Il a publié quelque 800 articles sur des sujets de sciences humaines et une quinzaine de livres. Ses derniers ouvrages sont Le malaise est dans l’homme, Ecrire contre la modernité, La banlieue contre la ville, Soudain la postmodernité, Métamorphoses de la ville (édition revue et augmentée en mars 2020), Achever le nihilisme (Sigest, 2020), Le grand empêchement. Comment le libéralisme entrave les peuples (ed. Perspectives Libres/Cercle Aristote), Avez-vous compris les philosophes ? 3 volumes parus (éditions la barque d’or). Ses livres ont été salués pour leur finesse, leur profondeur de vue, et leur rigueur.

Strategika – On lit beaucoup d’éléments contradictoires selon les différentes sources d’information disponibles ou selon les avis des professionnels de la santé. Quelle est la réalité effective de cette pandémie selon vous ?

Merci à votre société de pensée de mener cette enquête,  nécessaire pour y voir clair. L’obscurcissement des enjeux est en effet un élément de la guerre idéologique – et cette guerre est menée, n’en doutons pas, par le pouvoir.

On parle de pandémie à propos du Covid-19 parce que c’est une épidémie de masse, mondiale. Elle est tout simplement mondiale parce que nous vivons dans un monde… mondialisé. Plus de 3 % de la population mondiale émigre chaque année, et ce pourcentage est en augmentation depuis des décennies. En France, près de 400 000 immigrés (nous ne parlons que des légaux) s‘installent tous les ans, la plupart durablement, voire définitivement, et en y fondant une famille ou en en faisant venir une. Mais il n’y a pas que l’immigration. Il y a le tourisme.

Le nombre de touristes a doublé en 30 ans et représente environ 900 millions de personnes, soit 12 % de la population mondiale. 12 %  de la population mondiale qui fait des voyages internationaux. Nous ne parlons pas de voyages de Romorantin à Vendôme… Ainsi, la France a accueilli en 2018  le chiffre délirant de prés de 90 millions de visiteurs étrangers, plus que sa population (69 millions). Le tourisme devient le contraire du voyage. Il devient la prostitution généralisée des lieux d’histoire, de culture, de culte, d’identité. Le tourisme « disneylandise » le monde. Il le muséifie. Il le réifie. Il participe au système à tuer les peuples. Il amène à ce que Rodolphe Christin appelle « l’usure du monde ».

Bien sûr, il ne faut pas supprimer l’hospitalité, qu’elle concerne le tourisme ou l’immigration, mais il faut qu’elle soit choisie par les accueillants, et sans culpabilisation aucune en cas de refus de leur part. Il faut rompre avec la logique de ce que  Crawford Brough Macpherson a appelé dès 1962 « l’individualisme possessif ». C’est cet individualisme de propriétaire qui fait que nous raisonnons en termes de « porteur de droits », que nous emmenons partout avec nous, alors qu’il s’agit, dans une société saine, d’élaborer en commun, sur un territoire donné, le droit qui s’impose à tous.  Rompre avec l’individualisme possessif, c’est considérer que l’individu n’est pas propriétaire de lui-même,  qu’il n’est justement pas un individu, mais un membre d’une communauté politique qui l’oblige et en même temps lui fait une place. C’est cette rupture qui est nécessaire. Une rupture avec la vision du monde individualiste.

Compte tenu de cette « touristisation » du monde, encore plus importante que les migrations, le virus Covid-19 se répand facilement partout. Certes, il y avait dèjà des épidémies au Moyen Age, et d’ampleur européenne (la Grande Peste dite Peste noire de 1346-52), une Europe où on voyageait, ce qu’on oublie trop souvent, mais l’ampleur de la propagation du virus est maintenant multipliée par la vitesse et l’ampleur des déplacements actuels. De continentale, une épidémie devient vite mondiale avec les voyages en avion et les transports massifs de marchandises, et c’est alors une pandémie.  

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Quant à son degré de gravité, on peut voir les choses sous des angles qui le font apparaitre très différemment. Le 2 avril, on comptait 45 000 morts dans le monde (35 000 le 30 mars, ce qui montre une progression rapide mais qui est en fait très différenciée). Localement, il y a des disparités : des pays où l’épidémie régresse (Chine), d’autres où elle progresse (France, Italie, Espagne, quoique l’Italie semble proche du point d’inflexion, à confirmer). Pour une population de près de 8 milliards d’habitants, c’est très peu (mais nous n’en sommes pas au bout), sachant que tous les ans, quelques 60 millions de personnes décèdent dans le monde (toutes causes confondues).

En France, nous en sommes à 4 000 morts le 2 avril (3000 le 30 mars). Sur 600 000 décès annuel, dans un pays de 69 millions d’habitants, c’est 0,5 % de la mortalité normale.  Moins que le nombre de morts d’accidents de la route (environ 4 500).  

Voyons les choses d’une autre façon. Regardons l’Italie. Le nombre de morts y a dépassé celui de la Chine. Et nous sommes dans un pays de 60 millions d’habitants, et pas 1,4 milliard comme la Chine.  Mais le plus inquiétant n’est pas là. L’inquiétant est la tendance : 1000 morts par jour le 27 mars, et le nombre de mort, depuis février, a doublé tous les 3 jours. Même en restant à 1000 morts par jour,  si cela durait, nous aurions en Italie 365 000 morts de plus par an, soit 1 000 000 morts au lieu de 650 000. Vu sous cet angle, l’épidémie apparait très inquiétante. Donc, deux angles de vue existent. A l’échelle de la planète, le problème parait un problème parmi d’autres, et un des plus mineurs.  A l’échelle de nos pays européens à la démographie faible, voire négative, et vieillissante, le problème apparait considérable. Entre ces deux visions laquelle choisir ?  La moins catastrophique s’impose.

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Dr. Bruno Lina

Le virologue Bruno Lina explique : “Les tailles moyennes [il veut parler des durées] des épidémies sont de deux à trois mois”. Mais il précise qu’il “peut y avoir plusieurs vagues”. En 1920, avec la grippe espagnole, il faut savoir que c’est la 2e vague qui fut la plus meurtrière. Comment allons-nous en sortir ? Par une régulation naturelle, disent la plupart des épidémiologistes. “Il va y avoir des infectés, ils vont guérir et devenir immunisés. Cette immunité va freiner la diffusion du virus, voire arrêter l’épidémie si elle est couplée à des mesures d’hygiène et des mesures barrières.”  (Bruno Lina, 4 mars 2020). De fait, il y a deux façons d’être immunisé : l’une est d’avoir contracté le virus et d’en être guéri, l’autre est d’être vacciné, ce qui ne concerne pour l’instant personne en France, le vaccin n’étant qu’à l’étude. C’est bien pour cela que certains Etats (la Grande- Bretagne) ont opté dans un premier temps pour une immunisation collective, c’est-à-dire pour ne rien faire, avant de se rallier à des mesures de distanciation sociale limitant le choc de la propagation du virus.

Vaccin ou guérison. Tel est donc l’alternative officielle. Bien entendu tout le monde ne va pas guérir : 97 à 98 % des détectés positifs détectés au Covid-19 guérissent. Pas les autres. Et bien sûr le pourcentage de ceux qui ne guérissent pas est beaucoup fois plus grand chez les personnes âgées et chez les malades, que chez les moins de 60 ans. Il faut donc prendre cette épidémie très au sérieux, mais bien voir que ce n’est sans doute pas le problème majeur de la santé publique, par rapport au cannabis (5 millions de consommateurs en France, dont 700 000 usagers quotidiens), voire par rapport aux usages toxicomaniaques de cartouches de gaz (on trouve dans chaque rue de banlieues populaires des dizaines de cartouches par terre qui indiquent le développement de cette drogue comme une trainée de poudre), par rapport aux cancers dus à la mal bouffe et au stress de la vie moderne, « cet univers de camelote qui est le monde moderne » (Drieu La Rochelle), etc. Bref, par rapport à toutes les autres causes de fragilité de la santé.

* * *

Evidemment, la fin de l’épidémie peut être facilitée ou retardée en fonction de notre comportement collectif. Le non rapprochement évite, ou limite, les risques de transmission du virus. Reste à savoir si le maintien de distances entre les gens nécessite le confinement tel qu’il est pratiqué. D’autres pays ont compris que la nécessaire distanciation sociale n’est pas la même chose que le confinement.

On peut remarquer plusieurs incohérences dans le confinement strict et sans nuance tel qu’il est édicté et, plus ou moins pratiqué chez nous.  Le vélo est interdit pour l’activité « exercice physique », admise dans le formulaire d’auto-dérogation de sortie. Or, il ne peut pas se pratiquer en étant collé l’un à l’autre. Le vélo implique une distance d’au moins un mètre – qui suffit à se protéger mutuellement. Le vélo implique donc la distanciation sociale. De même, les promenades en forêt, ou sur le bord des fleuves sont interdites. Or, si les promenades en groupe, et les pique niques collés sont évidemment à éviter, une promenade dans un endroit aéré en gardant une distance d’un mètre ne présente pas de danger. A fortiori une promenade solitaire… qui est pourtant interdite.

Par ailleurs, le confinement amène d’autres pathologies, collectives  et personnelles, ou les aggravent, et devrait être mis en perspective et en balance avec celles-ci. On observe l’augmentation des violences conjugales. Quand un couple tient parce qu’on se voit peu, comment résister  en période de confinement ?

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Il y a aussi les conséquences sociales. Un exemple : dans l’Aisne, on compte 31 morts (30 mars) et, dans le même temps, un millier de demandes de chômage partiel qui concernent 10 000 salariés. Derrière cela, et partout ailleurs, des angoisses, des dépressions, voire des suicides. Dans ce même département, le préfet avait envisagé, avant de reculer, d’interdire la vente d’alcool. Dans une petite ville du midi (Var), un maire interdit… tout déplacement à plus de 10 mètres du domicile. Il interdit la vente de baguette à l’unité. Il faut en acheter plusieurs à la fois, de façon à ne sortir qu’une fois ou deux par semaine (il a dû revenir sur cette mesure). Une véritable hystérie s’empare de certains élus et fonctionnaires tandis que, dans le même temps, des consignes de souplesse dans l’application du confinement sont données pour les « quartiers sensibles » des banlieues. Quartiers dans lesquelles agressions de pompiers et de policiers se poursuivent.

Chacun sait que, plutôt que un confinement de tous, un confinement des personnes à risques (personnes âgées, et porteurs de virus) aurait été moins déstabilisant pour la société tout entière. Mais cela eu nécessité que nous ayons des tests en quantité. La rigueur uniforme et absurde du confinement (l’interdiction de se promener même seul en forêt ou au bord d‘un fleuve est emblématique) est stupide, mais elle est surtout proportionnelle à l’imprévoyance de nos dirigeants, et, en conséquence, au manque de masques, de tests, de respirateurs. 

Didier Raoult, de l’IHU de Marseille – La Timone, propose justement de multiplier les tests de dépistage. Il y a et il y eut à l’évidence une rivalité, et de probables conflits d’intérêts, entre des institutions centrales, liées au pouvoir macronien, avec Agnès Buzyn, son mari Yves Lévy (directeur de l’Inserm jusqu’en 2019), et le « cousin de province », selon l’expression de Michel Onfray, qu’est Didier Raoult. En même temps, il faut souligner qu’il peut y avoir des questions scientifiques débattues de bonne foi sur les effets secondaires de la chloroquine (dite encore cloroquinine), molécule qui, certes, existe et est administrée depuis 40 ans, mais comme traitement contre le paludisme, non contre le Covid-19 (on désigne par ce mot la maladie du coronavirus). Est-ce cela qui guide les pouvoirs publics ? Leur préoccupation principale n’est-elle pas de faire de ce virus une occasion de profits, ce que ne permettrait pas l’hydroxychloroquine, associée à un antibiotique, proposée par le professeur Raoult, avec des résultats, d’après ce qui nous est communiqué, très supérieurs à tous les autres traitements ? Un autre traitement ? Un vaccin ? Sur lequel on aura de toute façon beaucoup moins de recul que sur la chloroquine ? Pour quoi faire, sinon pour faire des profits privés sur le dos de la Sécurité sociale, c’est-à-dire sur le dos des Français ? 

En fait, le Covid-19 montre l’état déficient de notre système de santé. Nous manquons de lits de soins intensifs. Nous en avons 4 fois moins que les Allemands. Nous manquons de masques. Nous en produisons 8 millions par semaine. Taiwan, petit pays de 23 millions d’habitants,  en a produit 10 millions par jour. Notre désindustrialisation se paie au prix fort. Notre économie externalisée montre sa faiblesse ; La France 6e puissance économique mondiale ? C’est en fait un village Potemkine. Le roi est nu. Nous dépendons de l’étranger pour tout, et surtout pour nos médicaments.  C’est le virus du libéralisme qui permet la propagation du Covid-19. Cela amène à redéfinir le souverainisme. Un souverainisme purement juridique ne servirait à rien. Il n’y a de vraie souveraineté qu’avec une autonomie économique, avec une certaine capacité d’autarcie. C’est désormais la question majeure qui se pose.

Il faut souligner d’autres aspects, non pas du virus lui-même, mais de la réponse apportée à la pandémie. A savoir le confinement. Cela soulève des questions philosophiques et anthropologiques. Il y a d’autres moyens que le confinement pour connaitre les vertus de la « demeure », selon l’expression de François–Xavier Bellamy (c’est le sujet de son beau livre éponyme). Le confinement rajoute du non-sens à une vie urbaine déjà largement dénuée de sens : « un monde, dit Lewis Mumford, qui de plus en plus échappe au contrôle des hommes, et qui, pour l’humanité, a de moins en moins de sens. » C’est un mode contrôlé, digitalisé par des processus technologiques mis en place par des instances de contrôle social total.  “Grâce à cette nouvelle ‘mégatechnologie’, la minorité dominante créera une structure uniforme, supraplanétaire » ? disait déjà Lewis Mumford (Le mythe de la machine, 1967). Préscience d’un gouvernement mondial.

Ce n’est pas être complotiste (encore que, sachons-le, de vrais complots existent) que de constater que les gouvernements, et le nôtre en tête, tirent parti d’une crise qu’il n’ont pas su ou pas voulu anticiper pour faire avancer l’idée de règles mondiales, c’est-à-dire pour renforcer le pouvoir de la superclasse mondialiste, affairiste et ploutocratique (rappelons que cela veut dire tout simplement pouvoir de l’argent, gouvernement des plus riches). En vérité, il est sidérant de voir à quel point des privations essentielles de libertés sont passées avec fort peu de résistances. Dans une « société » (à défaut de dire une nation, car sommes-nous encore une nation ?) dans laquelle le libéralisme a voulu nous libérer de toute contrainte, quand une certaine discipline est nécessaire – et elle l’est avec ce virus – il n’y a plus d’autre solution que la privation des libertés les plus élémentaires. Que beaucoup se résignent à une telle privation de libertés est très inquiétant. D’autant que cela s’accompagne d’un contrôle social, d’un traçage des faits, gestes et déplacement qui est tout simplement  un totalitarisme accompli.  Quel Albert Camus nous en dira le haut le cœur ressenti par tout honnête homme ?

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Dans le même temps, des camionnettes passent dans les rues, appelant au confinement, avec des mots d’ordre en langue de bois : gestes barrière, etc. Un conditionnement social s’installe avec une force inouïe : c’est « une journée particulière » comme celle d’Ettore Scola, mais étendue à des semaines et à des mois. Face au virus, il nous faut croire qu’ « il n’y a qu’une seule politique possible ». De même, face à la destruction du monde par le capitalisme et le productivisme, il nous faut croire qu’il n’y a qu’une analyse possible, la théorie officielle du réchauffement climatique édictée par le GIEC, organisme intergouvernemental, et une seule réponse possible, le « développement durable », doctrine officielle de toutes les grandes métropoles et de tous les ministères. Et il nous faut fermer les yeux sur tout ce qui relève de la destruction de la terre sans relever forcément du réchauffement climatique.

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Lewis Mumford écrivait encore, il y a 50 ans : « La société des grandes métropoles est particulièrement bien outillée pour éliminer les initiatives spontanées et l’indépendance de l’esprit…Par l’antenne de la radio et de la télévision, un très petits nombre d’individus interprètent à notre place, avec une adresse toute professionnelle, les mouvements d’opinion et les événements quotidiens. Ainsi les occupations les plus naturelles, les actes les plus spontanés sont l’objet d’une surveillance professionnelle et soumis à un contrôle centralisé. Des moyens de diffusion, aussi puissants que variés, donnent aux plus éphémères et aux plus médiocres ouvrages un éclat et une résonance qui dépassent de loin leurs mérites. » (La cité à travers l’histoire, 1966).  Le contrôle social a fait depuis des « progrès » énormes. Il les a faits par l’extension continue de la ville capitaliste, et de l’Etat tentaculaire à son service. Un véritable processus de sidération collective est en place, avec les médias télévisuels en boucle (et le faible nombre de kiosque à journaux). De plus en plus de gens vivent dans un monde de plus en plus artificiel, « un monde de murs vitrés, de plexiglass, de cellophane, qui les isole de leur peine et des mortifications de la vie, – monde d’illusionnistes professionnels entourés de leurs dupes crédules », écrit encore Lewis Mumford.

* * *

On nous dit que le confinement est nécessaire pour sauver des vies. Non, la vie n’est pas la valeur suprême, la valeur suprême, c’est la vie libre qui est la valeur suprême. C’est cela qui fait que les Espagnols ont résisté à Napoléon en 1808, c’est cela qui fait qu’il y a eu des Résistants, ou des gens qui ont risqué leur peau, dans un camp ou dans un autre, à toutes les époques, pour leurs idées, ou pour une certaine conception qu’ils avaient de l’honneur, etc. Or, la facilité avec laquelle les libertés les plus élémentaires ont été supprimées laisse pantois. Ces libertés seront-elles toutes rétablies après la crise du coronavirus ? Ce n’est pas du tout certain. L’état d’urgence (un mot bien facile), ici l’urgence sanitaire, l’état d’exception peut être appliqué à bien d’autres domaines. En outre, on constate que le confinement est proportionnel à l’impuissance et à l’imprévoyance de notre Etat. En Allemagne, pays moins imprévoyant, il n’y a pas de confinement. Il  y a simplement une interdiction de sortir à plus de deux. C’est la distanciation sociale. Il est possible de voyager, d’aller d’une vile à une autre. Nous sommes à mille lieux de la situation française.

Nous avons donc les inconvénients d’une société policière, alors que nous avons depuis des décennies tous les inconvénients d’une société ouverte. La cause en est que, en dernière instance, ce qui détermine les choix de nos dirigeants, c’est le profit, c’est la course en avant dite « croissance », c’est la mondialisation spatiale – dont la limite sera la consommation de toute la terre et de toutes ses ressources – et la marchandisation de toutes les tranches de la vie de l’homme, avec la numérisation intégrale de nos vies. 

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Si certains voient des vertus au confinement, je n’en vois guère. Le confinement permettrait le retour à soi ? Voire. Le confinement n’est pas forcément l’isolement. Il peut même être son contraire : il peut être l’entassement dans un petit logement.  Et il y n’y a jamais eu besoin de confinement, en clair, d’assignation à résidence, pour trouver la solitude. « Qui cherche l’exil le trouve », disait Montherlant.

Le confinement, c’est, par contre, une accoutumance à l’emprisonnement et à la domestication de l’homme. Chacun s’autorise à sortir dans certaines conditions. Chacun devient le gardien de soi-même en attendant d’être peut-être le délateur de ses voisins. Il y a bien sûr une discipline à observer et des précautions à prendre, pour soi et pour les autres. Mais il y a quelque chose de profondément malsain dans la situation actuelle. Il y a un évident abus de pouvoir de l’Etat. Il y a, normalement, trois instances anthropologiques de régulation d’une société : le commun, le public, l’étatique. Le commun n’est pas forcément le public, et le public n’est pas forcément l’Etat. Or, avec le libéralisme et l’individualisme qui va avec, le commun n’a plus de place, et le public est de plus en plus démantelé. Quand il subsiste, il est entièrement asservi à l’Etat, c’est-à-dire à ses hauts fonctionnaires, eux-mêmes très liés au monde économique et volontaires pour en rajouter dans tous les crétinismes à la mode (telle l’écriture inclusive, qui aurait bien fait rire Jean de la Fontaine). Sous couvert d’expertise c’est l’argent, c’est la profitabilité qui est souvent l’arbitre. Nous en sommes au point où le libéralisme entraine l’étatisme, et le pire de celui-ci.

En outre, la nouvelle phase du libéralisme est anti-conservatrice, elle ne s’appuie plus sur l’idée d’un ordre naturel – ce qu’elle faisait auparavant d’une manière abusive en réduisant la nature de l’homme à la recherche de son intérêt –, mais elle prétend désormais que la nature de l’homme, c’est de ne pas en avoir, c’est la plasticité absolue. Qu’est-ce que l’homme du point de vue libéral ? Un matériau façonnable à merci, interchangeable sans limite, substituable facilement par un autre homme. Ou par une « intelligence » artificielle. Un robot. Et quand cette plasticité absolue ne se constate pas, le libéralisme l’impose. C’est cela le « néo » libéralisme : le projet d’imposer un homme nouveau, au-delà des peuples, au-delà des races, au-delà des catégories du masculin et du féminin.  Un homme digitalisé, au-delà même de l’humain. La manipulation des mots est un des aspects de ce projet totalitaire : Macron, dans un de ses discours répète six fois « nous sommes en guerre ».  La fausseté de ce propos est totale. Un virus, un cancer, une maladie n’est pas une guerre. C’est un drame, c’est tragique, comme bien des choses dans la vie, mais tout drame n’est pas une guerre. « Le vocabulaire de guerre laisse entendre ‘’silence dans les rangs’’ », souligne Jean-Luc Mélenchon. Or, « le covid-19 n’est pas un ennemi, c’est juste un virus », dit-il avec justesse.

Mais depuis Sarkozy et Hollande, nos présidents ne savent plus ce qu’est une guerre, comme Chirac le savait, comme Giscard le savait, comme Chevènement le savait.  Ils ne le savent plus – et personne ne songe à leur reprocher de ne pas les avoir vécues – mais ils ne le sentent pas non plus. Ils sont les complices, mais aussi les victimes d’un monde post-national. Nos dirigeants croient que l’échange marchand permet de sortir de l’histoire. Ils veulent un monde post-national, mais sont prêts à le faire accoucher au forceps. Guerre à la guerre, donc guerre aux nations. Mais le réel fait de la résistance. Les peuples ne veulent pas mourir. La France ne veut pas mourir.

Dés lors, les mots de M. Macron sont vides. Son verbiage  souligne la désertion du sens. Mais le gouvernement ne perd pas de vue ses objectifs de toujours : démembrer l’Etat protecteur.  Du reste, au même moment où M. Macron explique que, désormais, le marché ne doit pas imposer sa loi partout, un rapport de la CDC prône, sans originalité, comme solution aux problèmes de l’hôpital, sa… privatisation (Marianne, 2 avril 2020).

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La crise sanitaire est l’occasion pour le gouvernement d’accentuer la domination de la société par l’expertocratie (dont je trace la genèse dans Le grand empêchement). Le gouvernement se réfugie, face au virus et à la nécessité de décider, derrière un Comité scientifique. Or, la science ne pense pas. Les scientifiques peuvent penser, mais ils ne sont pas là pour décider. La décision est un choix politique. En outre, les scientifiques ne sont pas tous d’accord entre eux, sur la nature d’une épidémie, sur sa portée, sur les traitements, et ils ne sont pas là pour édicter des priorités. Faut-il sauver en priorité un immigré sans papier qui n’a jamais cotisé, ou un vieux Français qui a cotisé toute sa vie ? S’il faut choisir – et il faut espérer que non, mais la réalité nous oblige à constater que des choix sont faits – ce choix est éminemment politique.  

Bien entendu, on a pu remarquer que le confinement oblige certains à prendre du recul. « Nombreux sont les bourgeois qui fuient dans l’affairement leur vide intérieur », remarquait Finkielkraut. Et pour cela, le confinement peut être l’occasion d’une prise de distance par rapport au quotidien. Mais pour d’autres ? Pour des travailleurs immigrés hébergés dans un foyer, dans des chambres de 7 m2 ? Quelle est la qualité de leur confinement, moins confortable que celui de tel terroriste bénéficiant d’une salle de sport privative ?

Le confinement : moyen de se retrouver, de se « donner rendez-vous avec soi-même », comme dit Henri Michaux ? L’idée peut séduire les niais, ceux qui font l’impasse sur les réalités de classe. Mais quand une famille est confinée dans un HLM, comment cela peut-il être possible ?  Comment l’enfant peut-il « être seul comme l’enfant est seul, quand les grandes personnes vont et viennent », comme le dit Rainer Maria Rilke, quand tous sont confinés dans un petit logement ? En outre, a-t-on remarqué que l’injonction de « bouger » perdure plus que jamais ? Le jooging est autorisé, mais la promenade est à peine tolérée. Il est interdit de s’asseoir sur un banc, même seul, même à 10 mètres de toute personne. Les policiers vous interpellent immédiatement : « Circulez », disent-ils. Il faut bouger, même sur place. Surtout sur place. En singeant le gouvernement. Même confiné, il faut remuer, se bouger. Le banlieusard est réduit à la triste fréquentation des centres commerciaux encore ouverts. Car quand on cherche les permanences de nos sociétés, ce qui demeure en période de confinement,  on ne trouve plus qu’eux. « Dans le système capitaliste, la permanence n’a pas droit de cité, ou plutôt les seuls éléments stables qui s’y retrouvent de façon constante sont l’avarice, la cupidité et l’orgueilleuse volonté de puissance » (Lewis Mumford).

Des vérifications de sac de courses sont pratiquées, abusives, mais difficiles à contester ensuite, quand elles ont donné lieu à une verbalisation, de 135 €, soit une semaine de courses pour bien des familles populaires.  Disons-le d’un mot : le confinement ne guérit pas nos pathologies sociales. Il les souligne. Ce confinement aboutit du reste à des situations ubuesques, mais surtout très inquiétantes. Des récidivistes du non-respect du confinement sont condamnés à de la prison ferme… alors que le ministère de la justice libère en masse des prisonniers de droit commun, sans parler des terroristes lâchés dans la nature, dont la libération était déjà programmée.

Strategika – Cette pandémie précède-t-elle un effondrement économique et systémique ?

Je crains que non. Les optimistes attendent trop des catastrophes. Et à l’échelle de l’histoire, c’est une toute petite catastrophe. De 1994 à 1999, on estime le nombre d’enfants irakiens morts du fait du blocus américain à 500 000. Il est vrai que « cela en valait la peine », disait Madeleine Albright.  Ce qui est par contre très frappant, c’est l’effet idéologique de la crise sanitaire et donc économique. De même qu’en 2008, Nicolas Sarkozy avait expliqué que le capitalisme libéral et le tout marché, c’était fini, et que le temps était au retour de la puissance publique, de l’Etat, voire du Plan gaullien, sans que cela soit suivi d’effet, M. Macron nous a expliqué que rien ne serait plus comme avant, que l’on dépenserait « tout ce qu’il fallait sans compter », et que le tout marché, et la mondialisation de tout, c’était fini. « Déléguer notre alimentation, notre capacité à soigner à d’autres, c’est une folie ». Macron pour la  relocalisation ? Macron pour la démondialisation ? Mais M. Macron est un homme de la finance et de la communication, mais il n’est que cela.  Il est plus que probable que, de même qu’avec Sarkozy, nous n’avons pas vu d’actes suivre ces bonnes paroles, nous ne verrons pas non plus, avec M. Macron, d’actes suivre durablement ses propos. Tout à coup, on découvre que les 3 % de déficit public par rapport au PIB à ne pas dépasser, ne sont plus un critère, et que le rapport dette/PIB limité à 60 % n’est plus indispensable (nous en étions de toute façon à 100 %). Il est bien évident que le virus symbolise les faiblesses de la mondialisation et de la logique du marché. Soyons plus précis : il montre que nous abordons la mondialisation en telle position de faiblesse qu’elle fait de nous un pays vaincu. La mondialisation est le prétexte trouvé par nos « élites » pour, précisément, ne pas assumer leur rôle de protection du peuple, pour, précisément, s’enrichir au détriment du peuple, en se déconnectant de ce peuple, décidément encombrant et bien moisi.

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Dans un monde où tout circule, Il n’y a plus de petite crise localisée. Une épidémie locale peut vite devenir une pandémie. « Le virus n’a pas de passeport », dit M. Macron.  La remarque est trompeuse. C’est parce que les porteurs de virus passent, touristes, immigrés, commerçants sans cesse les frontières que le virus se déploie aussi rapidement.  On sait que, en Italie, un des principaux foyers du virus a été le secteur de la mode, dans lequel les Chinois sont très présents.  Donc, il y a bien un effet idéologique du virus. Il affaiblit la doctrine de la globalisation et renforce le camp des partisans des frontières, et des partisans de la relocalisation, des partisans de l’enracinement contre  ceux du nomadisme, des gens qui sont « de quelque part » contre ceux qui sont « de nulle part » (David Goodhart, Les deux clans. La nouvelle fracture mondiale, 2019).  

Mais, après cette crise sanitaire, le libéralisme mondialisé reprendra sa marche en avant, qui est sans doute une marche à l’abime, vers toujours plus de concurrence, toujours plus de recherche de croissance. La perte d’emplois et de richesses sera néanmoins sans doute considérable pour certains pays et c’est tout un rapport de force mondial qui sera bouleversé. Il est possible que cela soit au bénéfice de la Chine car celle-ci, touchée la première, a réagi la première, et avec force. Mais il y a bien des incertitudes. Les épidémiologiques indiquent que dans une épidémie comme le Covid-19, il y aura une deuxième vague. Est-elle anticipée par les Chinois ? Et par nous ?   La Chine est déjà la 2e économie du monde en nominal, et la première en parité de pouvoir d’achat (PPA – c’est-à-dire en corrigeant la sous-évaluation du yen), soit 16% du PIB mondial en nominal, 29 % en PPA. Devant les EUA. Il n’est pas impossible qu’elle prenne l’avantage, même en nominal.

Pour nous, Français, et pour nous, Européens, la crise sanitaire est une alerte. Elle nous montre que la voie que nous suivons, celle de la mondialisation sans frontières, et de la société ouverte à tout et à tous, est pleine de risques. Quant à la prétendue « Union européenne », elle ne sert à rien. L’Italie, la Serbie, bien d’autres pays reçoivent l’aide… de la Chine et de Cuba. Bien joué.  Les pays européens concernés s’en souviendront. La structure parasitaire de Bruxelles ne leur a pas tendu la main. Aucune subsidiarité n’a fonctionné.

C’est une occasion de réfléchir, et peut-être, de changer de cap. Comme le dit Falk van Gaver, « soit nous profitons de ce ralentissement pour remettre en cause l’obsession de la croissance, soit au contraire nous cédons aux injonctions à faire redémarrer l’économie. Pression déjà à l’œuvre par la propagande culpabilisatrice en vue de la mobilisation totale. » C’est bien vu. Le discours du gouvernement sur les sacrifices (supplémentaire) qu’il va falloir faire, sur la pente (économique)  qu’il va falloir remonter laisse penser que le productivisme forcené est à l’horizon de la sortie de crise sanitaire.

Strategika – Plus de 3 milliards de personnes sont appelées à se confiner dans le monde. Pour la première fois de son histoire, l’humanité semble réussir à se coordonner de manière unitaire face à un ennemi global commun. Que vous inspire cette situation ? Cette pandémie va-t-elle forcer l’humanité à se doter d’un gouvernement mondial comme le préconisait Jacques Attali lors de la pandémie de grippe A en 2009 ? 

Près de la moitié de la population mondiale est confinée. Mais cela relève en fait de situations extrêmement différentes. Donnons un seul exemple. Avant d’être confinés, beaucoup de gens doivent rentrer chez eux. Quand ils ont un « chez eux ». Des dizaines de millions de gens habitent en effet dans des bidonvilles. En Inde, les travailleurs pauvres qui rentrent chez eux, dans leur province, mis au chômage suite au Covid-19, le font souvent à pied, ils sont aspergés par les forces de l’ « ordre » d’eau javellisée pour les désinfecter. Telle est la réalité, loin de l’idéologue du « care » (prendre soin). Il n’y a pas dans le monde de réponses uniformes au virus. Le cadre national reste celui qui détermine la réponse même s’il y a bien sur des effets de mimétisme.

Le confinement est plus rigoureux dans les pays hyper-connectés comme la France ou la Chine que dans des pays restés plus ruraux. Mais en Chine et dans les pays asiatiques, c’est le confinement plus l’action (tests, isolement des infectés, soins rapides, construction éclair d’hôpitaux). En France, c’est le confinement parce que nos dirigeants ne savent rien faire d’autre.  Ils se sont rendus illégitimes comme les responsables de la défaite de 1940. Qui a songé à remettre Albert Lebrun à la présidence de la République en 1945 ?  Passé un bref moment d’émotion et de communion nationale, le peuple rejettera – il a commencé à le faire avec les Gilets jaunes – les médiocres prétentieux qui nous gouvernent, bien souvent vendus aux puissances d’argent (à quelques exceptions près). 

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Effectivement, la crise sanitaire réveille les grands fantasmes d’Etat mondial.  Macron partage ce fantasme, en « monomaniaque de l’Etat universel », comme dit Michel Onfray. Mais y croit-il vraiment ? Macron pense souhaitable cet Etat mondial. Mais ce qui existe, ce n’est pas un Etat universel, contradictoire dans les termes, car, comme l’avait démontré Carl Schmitt, un Etat suppose d’autres Etats. Un Etat universel ne peut être un Etat. Ce peut, par contre,  être un pouvoir mondial. Et ce pouvoir existe, il n’est pas tout puissant, il se heurte aux peuples, mais il est très puissant. C’est le pouvoir de l’hyperclasse mondiale, ou de la  « superclasse mondiale » comme dit Michel Geoffroy.

S’il y a gouvernement mondial, il faut bien comprendre qu’il ne sera en rien démocratique. Cela signifiera au contraire la fin de toute démocratie. Seule la relocalisation de l’économie, et des populations, est compatible avec la démocratie. Celle-ci est avant tout une question de taille. La démocratie n’est possible qu’en étant subsidiaire. Le niveau supérieur ne peut être, au mieux, qu’une unité de civilisation, ou une parenté de civilisation. Si on va vers un « gouvernement mondial », ce ne sera que le nom plus ou moins acceptable pour les peuples de la domination oligarchique de la superclasse mondiale (et dit comme cela, c’est nettement moins acceptable et cela sera moins accepté). Ce que veulent les peuples, c’est être maitre chez eux. « Citoyen du monde » est une antinomie. Cela ne veut rien dire. Seule une minorité de « bobos » hors sol veulent un Etat mondial. Ils croient aimer la diversité du monde parce qu’ils usent et abusent des vols long courrier et fréquentent les aéroports.

Toutefois, cette question du gouvernement mondial n’est pas simple. Ce n’est pas seulement le peuple contre les élites. Il y a des conflits à l’intérieur même des classes dirigeantes des grands pays. Il y a dans les classes dirigeantes, qui elles-mêmes ne sont pas immuables, des fractions patriotes. Et il y a des fractions mondialistes. Le problème est qu’il est plus facile de s’unir sur les objectifs mondialistes de l’hyperclasse (renforcer le pouvoir du Capital et son emprise sur toute la société) que sur une internationale des patriotes. Le patriotisme présente toujours le risque de dégénérer en nationalisme opposé à d’autres nationalismes (Grèce vs Turquie, Croatie vs Serbie, etc). L’intérêt des grands pays est toutefois très clairement un monde multipolaire. Je ne crois donc pas du tout au triomphe final d’un gouvernement mondial. C’est une menace, et il faut y faire face, mais je crois que la tendance historique est à un monde multipolaire. Chine, Brésil même, Iran, Turquie, Russie, Inde : tous ces pays réagissent en fait de manière spécifique à la crise sanitaire.

Quant à l’ébauche d’un gouvernement mondial qu’est devenu l’Union dite européenne, elle montre – nous l’avons vu  – dans la crise sa parfaite impuissante, sauf quand elle renie ses principes pour lâcher 750 milliards, mais il s’agit, une fois de plus, de donner de l’argent aux banques et non aux Etats. L’UE est bel et bien une structure parasitaire dont la fonction est de perpétuer le pouvoir de la finance et de rendre les Etats de plus en plus impuissants et dépendants des banques. Face à une crise importante, le cadre de l’UE craque et les Etats font retour. La question est que le retour des Etats se fait, en France, sur des bases de plus en plus liberticides, avec notamment des mesures qui cassent plus que jamais le droit du travail, et reviennent sur plus de 100 ans d’acquis sociaux.

En tout état de cause, les oppositions entre grandes aires géopolitiques sont telles, les rivalités si fortes   qu’un gouvernement mondial ne pourrait être que le cache sexe d’une grande puissance qui aurait triomphé des autres. Or, je ne vois ni la Chine, ni les EUA, ni la Russie baisser les bras, et mettre fin à une rivalité qui n’a pas dit son dernier mot.

Strategika – En 2009 toujours, Jacques Attali expliquait que « l’Histoire nous apprend que l’humanité n’évolue significativement que lorsqu’elle a vraiment peur ». Que vous inspire cette idée ?    

jatt.jpgCe n’est pas faux, et ce ne sera ni la première fois, ni la dernière que nous remarquerons que Jacques Attali dit des choses intelligentes. Oui, la peur fait évoluer, mais dans quel sens ? Deux exemples : la peur de perdre la guerre a accéléré le massacre des Juifs par les nazis. La même peur (mais pas chez les mêmes) a amené, en 1941-42, Staline à redonner une place à la religion orthodoxe en Russie. La peur qu’a eu M. Macron face aux Gilets jaunes l’amène, en ce moment, à lancer une contre-révolution antisociale, et à édicter des mesures « provisoires », privatrices des libertés, dont l’expérience nous montre, avec les mesures antiterroristes, qu’elles finissent par  être intégrées dans la loi ordinaire. Les restrictions provisoires des libertés sont, dans leur immense majorité, un pas vers des restrictions définitives : telle est la leçon des dernières décennies.  Et il serait bon de s’en inquiéter.

Strategika – Comment voyez-vous l’évolution de la pandémie et ses conséquences politiques et sociales dans les semaines à venir ? Existe-t-il une issue politique à la situation que vous venez de décrire et quelle forme pourrait-elle prendre selon vous ?

La pandémie peut avoir des conséquences très fortes en termes d’accroissement de la misère dans le monde. Et donc en secousses sociales. Le contraire serait même étonnant. Les gouvernements vont essayer d’en profiter pour développer la lutte de classes des très riches contre les classes populaires et moyennes, cette lutte de classe qu’ils ont gagné (Warren Buffett). « C’est ma classe, la classe des riches, qui mène cette guerre, et qui est en train de la gagner », disait-il il y a quelques années. Cette guerre sociale, celle des très riches contre le peuple, M. Macron la mène comme fondé de pouvoir de la fraction française de la superclasse mondiale.

Mais Warren Buffett (l’homme ne manque pas de finesse)  disait aussi : « Si jamais vous vous retrouvez dans un bateau qui coule, l’énergie pour changer de bateau est plus productive que l’énergie pour colmater les trous. » En d’autres termes, nous en conclurons qu’il ne faut pas réformer le mondialisme mais qu’il faut en sortir. Il faut reconstruire à côté. Comment ? Par la relocalisation. La relocalisation de tout : économie, politique, démographie, démocratie, imaginaires.

Strategika – Comment liez-vous la crise actuelle à votre domaine d’expertise et votre champ de recherche ?

Le virus est une « altérité invisible », c’est « un autre absolu », disait Jean Baudrillard. Le virus, c’est l’Etranger, c’est le Grand Autre. Et nous donnons asile à cet inconnu. Nous devenons l’hôte du virus malgré nous. Il est vrai que du point de vue libéral, notre pays n’est pas autre chose qu’ »un hôtel, qui doit être attractif et compétitif. Et puisque l’heure est à l’antispécisme, il n’est pas très étonnant que le virus s’invite chez nous via le pangolin et la chauve-souris. Serge Latouche a rappelé (Remember Baudrillard) que ce thème du virus peut s’appliquer à bien des domaines (électronique, idéologique, etc). C’est ce qui échappe au contrôle, quand bien même tel laboratoire de recherche biologique à Wuhan serait classé Haute sécurité.  

Ayant souvent écrit sur les questions de psychopathologie, je constate que le virus a ce point commun avec le monde moderne qu’il est un ennemi intérieur, et qu’il est transmis par ce qui nous est le plus proche.  

„Das Corona-Virus kann uns wirklich den Buckl runterrutschen“

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„Das Corona-Virus kann uns wirklich den Buckl runterrutschen“ 

Helmut Müller

Ex: https://helmutmueller.wordpress.com

Es bedarf keines Verstandes, um alle Meinungen und Kommentare in Politik und Medien für bare Münze zu nehmen, aber es bedarf  – Aug´ in Aug´ mit der veröffentlichten Meinung – anscheinend eines großen, um die dahinter liegenden Ungereimtheiten und Halbwahrheiten  zu erkennen. Das war schon bei der derzeit in der Pause sich befindlichen Anti-CO2-Kampagne  so und ist erst recht so bei der aktuell inszinierten Corona-Hysterie. Gewiss, so ein Virus ist gefährlich, aber das ist der jährlich in neuem „Outfit“ auftretende Influenza-Virus ja auch. Wie kommt es dann, daß man demselben, der immerhin jedes Mal tausende Opfer fordert, nicht mit ähnlichen, aber hoffentlich weniger überschiessenden Maßnahmen als jetzt begegnet?

Ja, es ist, auch aus anderen Gründen, etwas faul an der ganzen Corona-Geschichte, weshalb immer mehr von Konzernen, finanziellen Zuwendungen oder Preisen unabhängige Ärzte und Wissenschaftler sich zu Wort melden und mit ihrer ehrlichen Meinung nicht hinter dem Berg halten. Ist es denn nicht so, dass es Zustände und Krankheiten gibt, welche zu gewissen Zeiten durch verordnete Maßnahmen und Mittel verschlimmert werden? Genau das passiert jetzt, in Spitälern, Altenheimen und Betrieben, nicht zuletzt im eigenen Heim. Viele werden später Bilanz ziehen und erkennen, dass man fahrlässig gehandelt und über das Ziel geschossen hat. Aber hätte man denn, auf Österreich bezogen, von dieser an Lebens- und/oder  Berufserfahrung eher spärlich ausgestatteten Regierungsspitze mehr erwarten können? Eher schon anmaßend-gönnerhafte  Sager wie:  „Wollen hier jetzt großzügig sein“ .(Finanzminister Blümel zur Milliardenhilfe).

coronavirus-oesterreich-350x227.jpgWenn die österreichische Regierungsspitze, dabei sich selbst lobend, jetzt betont, man möchte keine Zustände wie in Italien, nun gut. Aber was läuft dort wirklich? Hören wir doch was die italienische Virologin Prof.Marita Rita Gismondo in einem dramatischen Appell an den Gesundheitsdienst ihres Landes uns verrät: „Ich rufe Sie dazu auf, keine Zahlen über Sars-CoV-2 Infizierte und Tote zu veröffentlichen. Diese Daten sind aus wissenschaftlicher Sicht falsch.“ So, und nur weil wir keine italienischen Zustände haben, sind die „Fakten“ unserer oder auch der deutschen  Bundesregierung deshalb alle richtig? Da bekomme ich gleich einen Lachanfall, könnte aber auch gleich grantig werden, wenn ich an gewise Lobbyarbeiten dahinter denke, und richtig böse, wenn ich die die seelischen, sozialen und ökonomischen Folgen der Panikmache für abertausende Menschen vor mir sehe.

Stellen wir noch einer Panik machenden Einschätzung von Österreichs erfolgreichsten Studienabbrecher, Sebastian Kurz, die da lautet „Bald kennt jeder wen, der am Virus gestorben ist“ , jene eines gestandenen Mannes und verdienten Arztes, des von mir geschätzten ehemaligen Leiters für Tropenmedizin und Immunolgie des Allgemeinen Krankenhauses in Wien, Professor Wolfgang Graninger, gegenüber: „Das Corona-Virus kann uns wirklich den Buckl runter rutschen. Es hat keine klinische Konsequenz. Die Grippe ist viel wichtiger.“ Prächtig gesagt. Doch unsere Politiker reagieren – auf welche befugten oder nicht befugten Zurufe und Ratschläge auch immer – wie Angsthasen und Dilettanten, und so wird am Ende auch das Ergebnis ihrer Politik aussehen. Und trotzdem könnten sie noch eine Weile als Gewinner aussteigen, solange der Masse die Angst im Nacken sitzt (und diese geschürt wird).

Um nun noch größeren Schaden von Land und Bevölkerung abzuwenden, fordert jetzt die Initiative Heimat und Umwelt  in einerm Aufruf eine Beendigung aller Zwangsmaßnahmen, wobei natürlich nicht allgemeine, vernünftige Vorsichtsmaßnahmen, wie sie auch in normalen Grippezeiten angebracht wären, gemeint sind. Siehe: https://www.ots.at/presseaussendung/OTS_20200325_OTS0110/... und auch https://www.youtube.com/watch?v=xpI3IbmmUww&feature=y...

Besonders interessant und wichtig die nachfolgenden Stellungnahmen, die mehr Licht in das Dunkel bringen:

Aufklärer https://youtu.be/PtzHH8DhgZM 

Kritiker  https://youtu.be/ga-y4Uc5EjU 

Erhellend https://youtu.be/zqYNvm0K-N8 

Aufdecker https://www.youtube.com/watch?v=gSn_YaOYYcY

Was meine Person betrifft, so möchte ich damit das Kapitel Corona erst einmal beenden, nicht ohne abschließend noch einen libertären sloewenischen Blogger, Marko Marjanovic, zu dem Thema zu Wort kommen zu lassen.

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Die große Hysterie-Pandemie

Von Marko Marjanovic*

Was für ein unglaublich nützlicher kleiner Virus das für die Machtelite gewesen ist Anstatt die Schuld für den globalen Wirtschaftscrash zu übernehmen, dürfen sie das Kriegsrecht spielen. Ich sage nicht, dass es eine Verschwörung ist. Aber wenn ja, was wäre anders?

Weihnachten kam für unsere Herrscher, die Machtelite, in diesem Jahr früh. Zählen wir alle „Goodies“ auf, die die Covid-Pandemie-Hysterie  mit sich bringt:

> Sie können Hunderte von Milliarden, sogar Billionen von Dollar, Euro und Pfund unter ihren Freunden verteilen, um eine wirtschaftliche Abkühlung inmitten von Virus-Ausbrüchen und Gegenmaßnahmen auszugleichen.                                                                    > Sie können sich als entscheidende Männer des Augenblicks positionieren, die drastische Maßnahmen ergreifen, wenn die Umstände dies erfordern. Und wenn sich die Frühlingssonne wie jedes Jahr um die Viren kümmert, können sie sich als unsere Retter positionieren.                                                                                                                                          > Sie dürfen uns von der Straße in unsere Häuser drängen. Vergessen Sie Kim Jong-il, Stalin oder das afrikanische Kriegsrecht, das ist der wahre Deal. Es ist ein Maß an Unterdrückung, mit dem selbst Nordkorea nicht durchkommen könnte. Es dient dazu, die populistische Revolte zu entlasten und möglicherweise zu brechen (Gilet jaunes oder sonst irgendjemand?), Aber mehr als das vergessen Sie nicht die unkomplizierte Freude, die diese Menschen daran haben, Macht auszuüben und sich wichtig zu fühlen.                           

> Sie können sich vor der Schuld für den bevorstehenden wirtschaftlichen Zusammenbruch drücken. Ein Zusammenbruch, der ohnehin bald geschehen sollte, da das eine oder andere die globale Schuldenblase, die ihre Zentralbanken und ihre Geldpolitik zum Platzen gebracht hatte, zum Platzen bringen sollte, was nun aber dem Corona angelastet werden soll. Was für ein Ausweichmanöver!

Diese Hysterie-Pandemie war für sie ein Glücksfall. So sehr, dass ich, wenn ich an ihrer Stelle wäre, versuchen würde, sie so lange wie möglich zu verlängern. Ich würde sicherstellen, dass jeder, der starb, während er an Coronavirus litt, als Opfer gezählt wird. Und ich würde das Land mit Corona-Tests überschwemmen (wen interessiert es, wie sie so schnell als zuverlässig zugelassen wurden), um sicherzustellen, dass die Anzahl der Infizierten so lange wie möglich steigt, indem ein immer größerer Anteil der üblichen saisonalen Patienten mit grippeähnlichen Symptomen mit dem gefürchteten Covid-19 identifiziert wird.

Wenn Trump klug ist, wird er die USA nach Vorbild Europas unter ein  Kriegsrecht  stellen, um die Krise zu verlängern. Je größer die Virushysterie und je größer die Auswirkungen von Antivirenmaßnahmen sind, desto glaubwürdiger wird seine Behauptung im November sein, dass es bis zum unglücklichen Akt der Natur / Gottes eine großartige Wirtschaft war.

dimanche, 05 avril 2020

RIP, Référendum d’Initiative Populaire

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RIP, Référendum d’Initiative Populaire

Quand l’idée de cet article m’est venue, la révolte des gilets jaunes n’avait pas encore commencé. J’essayais de trouver des arguments pour convaincre que la démocratie directe à la Suisse était la meilleure voie pour gouverner un pays en lui assurant justice, calme et stabilité.

La démocratie représentative fut un grand pas en avant, en tous cas pour nombre de pays qui vivaient, auparavant, sous des régimes totalitaires. Si l’on considère que la politique est la façon non-violente de résoudre les conflits, on ne peut que se féliciter de voir s’opposer des gens raisonnables dans des débats d’idées, avec fougue, et même avec rage, mais toujours en-deçà de toute violence physique.

Mais aujourd’hui, la démocratie représentative arrive à bout de souffle : elle a été dévoyée et dans beaucoup de pays, des dysfonctions graves empêchent l’exercice serein de cette forme de politique. Qu’est-il donc arrivé pour que ces systèmes de démocratie en arrivent là ? Certains leaders, sans aucune expérience, sans aucun sens pratique, sans aucune considération pour les aspirations du peuple, sans aucune vision ni aucun sens de l’anticipation, sont parvenus au pouvoir et gouvernent uniquement selon l’idéologie dont ils sont pétris.

La désinvolture avec laquelle un Chef d’Etat se croit autorisé à prendre toutes sortes de décisions sans consultation du peuple ne peut que pousser les gens à désirer un système dans lequel ils ont leur mot à dire, c’est-à-dire un système de démocratie directe à travers le référendum, pas le référendum déclenché depuis le haut par la seule volonté du président, mais par le référendum d’initiative populaire déclenché par le bas.

Ceux qui s’opposent au référendum sont pour leur part favorables à une dictature de minorités, partis, groupes, clans, cliques, syndicats, qui cherchent à pérenniser leurs intérêts. Or le référendum est la piqûre de rappel nécessaire à celui qui a tendance à oublier qu’il n’est où il est que pour servir les autres. Car le Chef d’Etat n’est là que pour le bien être de son peuple et ce dernier a le droit de le lui rappeler et doit avoir le moyen de le lui imposer.

Pour que le peuple garde constamment à l’esprit ce qui doit être sa priorité, il lui faut adopter un moyen visible dans toutes les manifestations : un signe comme un badge, un emblème, une cocarde, un écusson, un ruban, en tout cas une marque bien reconnaissable avec, en son centre, sur fond clair, se détachant en sombre les trois lettres suivantes : RIP (pour Référendum d’Initiative Populaire) ou RIC (pour Référendum d’Initiative Citoyenne).

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Partout où des rassemblements importants ont lieu (dans les stades, dans les manifestations sur la voie publique quelles qu’elles soient, dans les déplacements du chef de l’Etat ou des ses ministres, dans les apparitions publiques des représentants de l’état et des députés, dans les marches, manifestations, grèves, etc.), que partout on voit s’agiter une forêt des signes estampillés RIP ! Si nous voulons une société où règne la vraie justice, il faut instaurer le RIP.

Mais diront certains : la majorité n’a pas toujours raison. A cet argument qui ne peut être contredit complètement, j’en opposerai deux autres : d’une part, la minorité n’a pas toujours raison non plus. D’autre part, si l’on analyse l’état des rares pays qui pratiquent le RIP aujourd’hui, leur situation est en général plus qu’enviable. La Suisse en est le symbole éclatant. Quand le référendum a parlé, les tensions baissent car le résultat est accepté et les polémiques se taisent jusqu’au prochain référendum. La Suisse est le cas d’école à étudier. Pourquoi l’Europe ne tirerait-t-elle pas profit de l’expérience helvétique ? La Suisse pourrait devenir un phare pour le continent tout entier.

Et pas question de faire une sarkozerie en faisant annuler le résultat d’un référendum par un tour de passe-passe (en 2007, Sarkozy utilise la voie parlementaire pour ratifier le Traité de Lisbonne, annulant du même coup le non massif du peuple français à la Constitution européenne en 2005). Il faut cadenasser le système contre de tels coups de force en instaurant une clause qui stipule qu’un résultat de référendum ne peut être annulé ou amendé que par un autre référendum. Qu’un Sarkozy décide unilatéralement contre 55 % des Français est un exemple flagrant d’une minorité qui n’écoute pas ce que veut le peuple.

Un Chef d’Etat est élu pour défendre son pays et protéger son peuple. Toutes les grandes questions concernant le pays doivent être soumises à référendum : immigration, sécurité, réforme des retraites, réforme du chômage, réforme de l’impôt, questions sociétales, pouvoir d’achat, etc. Tant que l’exécutif n’aura pas accepté cela, il gouvernera à contre-courant et fera montre d’autoritarisme le rapprochant des régimes totalitaires. A moins que les Gilets jaunes …

Sur le revers de la veste,

sur mes cahiers d’école,

sur les portes des mairies,

sur le sable et sur la neige,

sur les murs des Préfectures,

sur la pluie épaisse et fade,

sur les murs des Conseils régionaux,

sur chaque main qui se tend,

sur les tableaux de classe,

sur la vérité physique,

sur les marches de l’Assemblée nationale,

sur chaque bouffée d’aurore,

sur l’avenue des Champs-Elysées,

sur les marches de la mort,

sur les grilles de l’Elysée,

J’écris ton nom,

 

Référendum

Bertrand Hourcade, avril 2020