La crisi finanziaria e il nuovo ordine economico mondiale
Ex: http://www.geopolitica-rivista.org
In distribuzione
Geopolitica, vol. II, no. 1 (Primavera 2013)
Nel 2008 una grave crisi finanziaria sistemica, legata soprattutto al fenomeno dei “derivati”, ha colpito il mondo intero, facendo ancora oggi sentire i suoi effetti sull’economia globale. Da allora, diverse ricette sono state presentate e applicate per risolvere il rallentamento della crescita, che in alcuni paesi è stagnazione e in altri, tra cui l’Italia, vera e propria recessione. I cinque anni successivi all’esplodere della crisi hanno visto fronteggiarsi le rivendicazioni dei paesi emergenti rispetto alle tradizionali potenze economiche legate al sistema di Bretton Woos, ma anche i fautori dell’austerità fiscale a quelli di un risveglio di politiche di stampo keynesiano. Cosa provoca il perdurare della crisi? Come è possibile risolverla?
274 pp, cartografie b/n, ISBN
Indice:
EDITORIALE
La globalizzazione della crisi e lo shift geopolitico (Tiberio Graziani)
FOCUS
Economia reale vs. speculazione. Una disputa irrisolta nel mezzo di rischi sistemici (Paolo Raimondi)
La crisi finanziaria e la guerra per il governo globale (Kees van der Pijl)
Lo stallo del mondo contemporaneo (Andrej Volodin)
L’inevitabile declino? L’ordine occidentocentrico alla prova dell’understretching (Davide Borsani) Peer reviewed
La crisi finanziaria e l’ordine economico mondiale (Angela De Martiis) Peer reviewed
L’oro come asset strategico in un contesto di guerre valutarie (Enrico Ferrini) Peer reviewed
Tramonto dell’egemonia americana? Implicazioni economiche e geopolitiche dei nuovi scenari energetici e tecnologici (Enrico Mariutti) Peer reviewed
Le ragioni della crisi europea. Una visione dalla periferia (Marcelo Gullo)
Europa, vantaggio posizionale ed Euro (Peter Holland)
L’Unione Europea in recessione sceglie l’austerità (Nancy De Leo) Peer reviewed
Capire la crisi europea contro l’ortodossia vigente: la Modern Money Theory e la comprensione dei sistemi monetari (Diego Del Priore) Peer reviewed
L’India e la crisi dell’eurozona (Jayshree Sengupta)
I Brics e la crisi della governance globale (Zorawar Daulet Singh)
Il Corridoio Trans-Euroasiatico Razvitie (Sviluppo): un nuovo polo di generazione di ricchezza sociale (Michail Bajdakov, Jurij Gromyko, Viktor Zjukov)
Lo sviluppo industriale innovativo e la politica dell’istruzione del Kazakhstan di oggi (Nazhen Sarsembekov)
Lotta alla corruzione e difesa degli interessi nazionali in Kazakhstan (Luca Bionda)
Le misure politico-economiche adottate dal Giappone per contrastare la crisi (Massimiliano Porto)
Il modello della knowledge-based economy: il caso di Israele (Cinzia Bianco) Peer reviewed
ORIZZONTI
La situazione degli studi geopolitici in Iran (Mohammad Reza Dehshiri)
Contro l’unità mondiale. Carl Schmitt e l’ordine liberale (Fabio Petito)
RECENSIONI
Edward Luttwak, Il risveglio del drago (Daniele Scalea)
Autori:
MICHAIL BAJDAKOV Presidente di Millennium Bank, Mosca
CINZIA BIANCO M.A. in Middle East and Mediterranea Studies (King’s College, Londra)
LUCA BIONDA Direttore di Programma nell’IsAG
DAVIDE BORSANI Dottorando di ricerca in Istituzioni e politiche (Università Cattolica di Milano)
ZORAWAR DAULET SINGH Dottorando al King’s College di Londra
NANCY DE LEO Cultore di Scienza e storia delle Relazioni Internazionali (Università Kore di Enna)
ANGELA DE MARTIIS Ricercatrice associata dell’IsAG
MOHAMMAD REZA DEHSHIRI Professore di Scienze Politiche (Facoltà di Relazioni internazionali, Ministero degli Affari Esteri della Repubblica Islamica dell’Iran)
DIEGO DEL PRIORE Ricercatore associato dell’IsAG
ENRICO FERRINI Dottore in Economia aziendale (Università di Firenze), lavora presso una società di trading e raffinazione metalli
TIBERIO GRAZIANI Presidente dell’IsAG, direttore di “Geopolitica”
JURIJ GROMYKO Direttore dell’Istituto di Ricerche Avanzate “E.L. Shiffers”, Mosca
MARCELO GULLO Professore alla Scuola Superiore di Guerra e all’Accademia Diplomatica dell’Argentina
PETER HOLLAND School of Economic Science
ENRICO MARIUTTI Laureando in Storia moderna e contemporanea (Università di Roma Sapienza)
FABIO PETITO Docente di relazioni internazionali presso la University of Sussex
MASSIMILIANO PORTO Direttore del programma “Asia Orientale” dell’IsAG
PAOLO RAIMONDI Editorialista di “Italia Oggi” e “La Finanza”
NAZHEN SARSEMBEKOV Vice-Presidente del Comitato Innovazione del partito kazako “Nur Otan”
JAYSHREE SENGUPTA Senior Fellow della Observer Research Foundation di Nuova Delhi
KEES VAN DER PIJL Professore emerito di Relazioni internazionali (University of Sussex)
ANDREJ VOLODIN Professore presso l’Accademia Diplomatica del Ministero degli Affari Esteri della Federazione Russa
VIKTOR ZJUKOV Produttore della piattaforma intellettuale RAZVITIE, Mosca
Sommari:
Il Corridoio Trans-Euroasiatico Razvitie (Sviluppo): un nuovo polo di generazione di ricchezza sociale
MICHAIL BAJDAKOV, JURIJ GROMYKO, VIKTOR ZJUKOV
L’articolo esamina le possibili trasformazioni del quadro economico-finanziario mondiale sulla base dell’idea del Corridoio Trans-Euroasiatico “Razvitie”: uno spazio di investimenti a lungo termine di tipo nuovo. Scopo di tale progetto è la creazione di un nuovo polo in grado di generare ricchezza sociale nel territorio euroasiatico, lungo cioè tutta la massa continentale. Il Corridoio Trans-Euroasiatico “Razvitie” va inteso come una complessa e dinamica rete infrastrutturale basata sull’uso di alta tecnologia e su una nuova concezione socio-culturale dello sviluppo. Una rete da realizzarsi non solo tenendo conto del sistema dei mercati esistenti ma soprattutto in considerazione della possibilità che sorgano nel futuro nuovi mercati che ancora non esistono.
Il modello della knowledge-based economy: il caso di Israele
CINZIA BIANCO
Questa analisi sostiene che il modello economico conosciuto come “knowledge economy” (economia della conoscenza, ndt.) rappresenti una valida alternativa per Stati di minore entità, soprattutto in vista degli sviluppi che hanno seguito al crisi finanziaria mondiale del 2009. Per convalidare questa tesi, sarà esposto da un punto di vista teorico e poi pragmatico il modello israeliano, una delle economie che meglio ha resistito alla recessione, e si tratterà degli Stati che già hanno applicato questo modello. L’analisi si chiuderà con delle riflessioni sulle ripercussioni a livello strategico che potrebbero verificarsi con l’acquisizione da parte di Stati minori di un nuovo ruolo sullo scacchiere geoeconomico internazionale.
Lotta alla corruzione e difesa degli interessi nazionali in Kazakhstan
LUCA BIONDA
Il governo kazako pare impegnarsi sempre più nella lotta ai suoi “cattivi ragazzi”, politici e uomini d’affari saliti coinvolti in scandali finanziari e altri reati commessi soprattutto all’estero. Ciò si inserisce nel più vasto programma nazionale di accreditamento del paese presso gli organismi internazionali e le strutture chiave dell’economia mondiale. La lotta alla corruzione costituisce una premessa indispensabile per uniformare lo sviluppo delle regioni economicamente periferiche e migliorare l’immagine del paese all’estero. Non c’è dunque da stupirsi se il governo di Astana ha deciso di correre ai ripari agendo su diversi fronti. In tale contesto si inseriscono le vicende che hanno coinvolto gli oligarchi Rakhat Aliyev (Shoraz), Mukhtar Ablyazov e diversi loro collaboratori.
L’inevitabile declino? L’ordine occidentocentrico alla prova dell’understretching
DAVIDE BORSANI
In Europa e negli Stati Uniti, la crisi finanziaria ha causato importanti ricadute sull’organizzazione delle finanze statali e sulla politica di potenza. Con il sostegno delle opinioni pubbliche, il welfare State è stata privilegiato rispetto al warfare State. Gli Stati Uniti hanno così avviato un processo di understretching, mentre l’Europa non sembra avere le risorse e la volontà di assumersi nuove responsabilità geopolitiche. Pur non crollando, il ponte che collega le due sponde dell’Atlantico poggia su due piloni traballanti. Il flusso di potenza in uscita dall’Occidente, se non invertito, potrebbe quindi cambiare l’equazione globale del potere con radicali conseguenze per l’attuale ordine mondiale.
I Brics e la crisi della governance globale
ZORAWAR DAULET SINGH
I BRICS hanno oggi l’opportunità di promuovere, all’interno della comunità internazionale, un dialogo che possa svincolarsi dal discorso dominante sulla governance globale, ampiamente screditato nell’ultimo decennio. Il primo vertice dei BRIC(S) si è tenuto nel 2009 sullo sfondo di una crisi finanziaria occidentale. I BRICS sono apparsi sulla scena mondiale in una fase in cui le potenze tradizionali stavano perdendo il loro storico dominio sull’economia mondiale. Per quale motivo l’ordine economico liberale post-1945 costruito dagli USA sta attraversando ora una profonda crisi strutturale? La globalizzazione sopravviverà alla fine dell’unipolarismo? I BRICS possono costituire un ordine mondiale alternativo? Tali sono i temi su cui riflette quest’articolo.
L’Unione Europea in recessione sceglie l’austerità
NANCY DE LEO
Le misure economiche, imposte dall’Unione Europea agli Stati vittime della crisi economico-finanziaria, non frenano la recessione economica in corso, generando danni sul piano sociale. Partendo da questa considerazione, il paper intende rivedere alcuni fondamenti economici adottati sino ad oggi dall’UE, principalmente tramite le recenti critiche dei Premi Nobel per l’economia Joseph Stiglitz e Paul Krugman. Ritorna in auge la politica economica keynesiana e si ripropongono le grandi riforme statunitensi del New Deal, all’epoca della Grande Crisi del 1929. Altresì l’inefficienza dei mercati finanziari richiede l’intervento dello Stato nei processi economici, al fine di regolarli. Il caso europeo, nella sua fattispecie, non consente ai singoli Stati membri di effettuare in autonomia delle scelte di natura economica, perché vincolati dagli altri Stati membri. Ciò che maggiormente emerge dalla crisi economica europea è la mancanza di solidarietà tra gli Stati membri. Non tenendo conto dell’importanza dell’esternalità, la Germania bloccando gli investimenti produce un effetto negativo anche per sé stessa. L’esternalità ci insegna che in un mondo integrato come il nostro, avere dei vicini con una economia in crescita produce effetti positivi anche su noi stessi.
La crisi finanziaria e l’ordine economico mondiale
ANGELA DE MARTIIS
Nell’attuale assetto globale, che vede Stati Uniti e Cina come principali partner e competitor della scena internazionale, si vanno delineando nuovi assetti politico-economici che inducono all’analisi di un nuovo ordine economico. La globalizzazione ha determinato lo sviluppo di nuovi mercati strategici, primo fra tutti la Cina, seguita da Brasile, Russia, India e Sud Africa, un arcipelago di paesi che rappresenta la futura geografia economica mondiale. All’interno di un difficile scenario economico-politico si assiste quindi ad una riconfigurazione geoeconomica, incoraggiata da una severa crisi finanziaria, che oltre ad aver messo a dura prova il circolo virtuoso Stati Uniti-Cina ha ridefinito la traiettoria di sviluppo dei futuri leader mondiali.
La situazione degli studi geopolitici in Iran
MOHAMMAD REZA DEHSHIRI
Lo studio della geopolitica e della geografia politica in Iran ha avuto una grande crescita negli ultimi trent’anni. La guerra con l’Iraq ha dato un primo impulso, con tendenza verso la geografia militare, alla diffusione di corsi universitari. Successivamente a catalizzare l’attenzione su questi rami di studio sono stati la dissoluzione dell’URSS (con la nascita di nuovi Stati indipendenti nell’Asia Centrale e nel Caucaso confinanti con l’Iran) e, in tempi più recenti, le rivolte arabe. Questo articolo mira a fare il punto sugli studi di geografia politica e geopolitica in Iran, individuando le cause della loro fortuna, presentandone i temi principali e analizzandone i cambiamenti nel corso degli anni.
Capire la crisi europea contro l’ortodossia vigente: la Modern Money Theory e la comprensione dei sistemi monetari
DIEGO DEL PRIORE
In tempi di crisi un graduale deteriorarsi dello status quo favorisce un’attenzione ed un ascolto più sensibile nei confronti del non ortodosso, del fino ad allora inascoltato. La presente analisi si prefigge di offrire una visione alternativa dell’economia, rovesciando totalmente i dogmi correnti. Comprendere come funzionano i sistemi monetari, che cos’è la moneta e le sue implicazioni politiche e sociali, è l’asse portante della Modern Money Theory (MMT), una scuola di pensiero economico che, sull’eredità di John Maynard Keynes, solo per citare uno dei suoi più autorevoli ispiratori, ci aiuta a capire l’Eurozona, la sua crisi e le potenzialità di uno Stato che possegga una sovranità monetaria.
L’oro come asset strategico in un contesto di guerre valutarie
ENRICO FERRINI
A cinque anni dallo scoppio della crisi, gli squilibri economici e finanziari che ne sancirono l’inizio nel 2008 sembrano ancora oggi irrisolti se non ingigantiti. In mancanza di un sufficiente grado di cooperazione internazionale che potesse attenuare questi squilibri, le svalutazioni monetarie sono diventate con la crisi lo strumento attraverso cui i paesi perseguono le proprie finalità economiche, aggiungendo instabilità al sistema monetario internazionale. In questo contesto l’ oro si sta riaffermando con sempre maggior forza nel suo storico ruolo monetario, arrivando a rappresentare oggi un asset di grande valore strategico e politico da utilizzare per dare credibilità ai sistemi valutari se non per lanciarne altri in alternativa a quello vigente.
La globalizzazione della crisi e lo shift geopolitico
TIBERIO GRAZIANI
A distanza di circa un lustro dall’esplosione della crisi economico-finanziaria e nonostante le numerose analisi prodotte, gli studi ad essa dedicati e i suggerimenti proposti, le leadership dei paesi coinvolti ancora non sono riusciti a trovare e a mettere in campo soluzioni soddisfacenti, né per un suo contenimento, né per un suo superamento. Giacché la particolarità di questa crisi epocale – che mette a nudo le contraddizioni del sistema neoliberista – è da ricercarsi anche nella sua relazione con il cambio geopolitico globale in atto, lo stallo in cui si dibattono i decisori politici, economici e finanziari costituisce una particolare espressione della tensione che sussiste tra i sostenitori del vecchio assetto unipolare e le spinte verso l’evoluzione multipolarista dello scenario internazionale.
Le ragioni della crisi europea. Una visione dalla periferia
MARCELO GULLO
La crisi economico-finanziaria europea discende tanto da quella globale originatasi negli USA, quanto da sviluppi propri e peculiari dell’Europa. Negli anni ’70 il capitalismo finanziario-speculativo ha preso il sopravvento su quello industriale-produttivo, e in Europa si è rotta l’alleanza tra borghesia e lavoratori mediata dalla classe politica. La classe politica si è schierata col capitalismo finanziario dando avvio a una stagione di delocalizzazione industriale e politiche neoliberali. La crisi attuale ha portato al culmine di questo processo: il personale degl’istituti del capitalismo finanziario stanno sostituendosi ai funzionari politici alla guida degli Stati, ed anche agli Stati al centro del sistema mondiale vengono imposte le politiche neoliberali prima riservate al Terzo Mondo. La dinamica interna è invece l’affermarsi dell’egemonia (involontaria) della Germania sugli altri paesi dell’Unione Europea a seguito dell’introduzione della moneta unica, che l’ha resa una grande potenza esportatrice a discapito delle periferie europee e anche della Francia.
Europa, vantaggio posizionale ed Euro
PETER HOLLAND
La prima integrazione pacifica degli Stati nazionali europei è cominciata nel 1957 con la Comunità Economica Europea (CEE). L’enfasi era sull’economia, ma alcuni dei padri fondatori – come Jean Monnet – ambivano a un’integrazione più complessiva. È questa ambizione ad aver guidato il continuo progresso dell’integrazione europea, malgrado i dubbi di molti cittadini. Sfortunatamente le disposizioni della CEE hanno fin dall’inizio ignorato un principio fondamentale, la Teoria della localizzazione, i cui effetti causeranno gravi tensioni internazionali e probabilmente la disintegrazione dell’UE se si dovesse continuare a ignorarla. Questo saggio spiega la Teoria della localizzazione e i suoi effetti, con un esempio numerico tratto dalle prime fasi della CEE, e suggerisce possibili correzioni all’errore di modo da garantire a tutte le nazioni europee eguali opportunità di prosperare.
Tramonto dell’egemonia americana? Implicazioni economiche e geopolitiche dei nuovi scenari energetici e tecnologici
ENRICO MARIUTTI
Grazie al fenomeno shale gas e shale e tight oil, gli USA potranno contare, nei prossimi 10/15 anni, su una netta riduzione del costo dell’energia. Confrontando il costo attuale del Kw/h tra UE, USA e Cina e le oscillazioni previste nei prossimi 10/15 anni si può valutare il riassetto del mercato globale dei combustibili fossili e dell’energia, le possibili evoluzioni delle dinamiche industriali di alcune regioni (concentrazione di produzioni ad alto costo energetico, spinta a una maggiore automazione dei cicli industriali, riallocazione di parte dell’industria manifatturiera) e i nuovi equilibri di alcune aree del pianeta particolarmente interessate dall’evoluzione del fenomeno (Medio Oriente, Sud-Est Asiatico).
Contro l’unità mondiale. Carl Schmitt e l’ordine liberale
FABIO PETITO
Il presente articolo è tratto da un capitolo di The International Political Thought of Carl Schmitt: Terror, liberal war and the crisis of global order, libro collettaneo edito da Routledge (Londra-New York 2007) e curato da Fabio Petito e Louiza Odysseos. Si prende in considerazione la critica di Carl Schmitt all’idea della necessità politica e/o morale di unificazione planetaria, la sua analisi dell’ordine post-bellico e la ricerca d’un nuovo Nomos della Terra. Infine da una prospettiva schmittiana si critica una tesi di Alexander Wendt.
Le misure politico-economiche adottate dal Giappone per contrastare la crisi
MASSIMILIANO PORTO
L’articolo tratta delle misure politico-economiche adottate dal Giappone all’indomani della crisi finanziaria globale del 2007-2008. Nella prima parte dell’articolo ci si sofferma brevemente sull’andamento della crisi e sulla sua trasformazione da crisi finanziaria a crisi reale. Successivamente si fanno dei richiami alla precedente crisi finanziaria che ha colpito il Giappone negli anni Novanta del secolo scorso che ha avuto pesanti conseguenze sull’economia nipponica ma ha anche costituito una lezione per i policy-makers giapponesi. Infine si conclude l’articolo con le misure di politica economica adottate dal governo e dalla Banca centrale del Giappone per contrastare gli effetti della crisi.
Economia reale vs speculazione. Una disputa irrisolta nel mezzo di rischi sistemici
PAOLO RAIMONDI
La crisi del 2008 non ha cancellato certi comportamenti irresponsabili da parte delle banche e della grande finanza. All’orizzonte si profilano nuovi colossali disastri sistemici se i governi non sapranno reagire come F.D. Roosevelt negli anni ’30, costruendo una nuova Bretton Woods i cui pilastri siano la responsabilizzazione delle banche, il controllo del mercato tramite un nuovo Glass-Steagall Act e la Tobin Tax, politiche d’investimento che vadano a favore dell’economia reale. Il denaro che con tanta celerità e prodigalità è stato trovato per aiutare gli speculatori finanziari, dovrebbe essere destinato a investimenti infrastrutturali di lungo periodo.
Lo sviluppo industriale innovativo e la politica dell’istruzione del Kazakhstan di oggi
NAZHEN SARSEMBEKOV
In quest’articolo viene discussa la politica industriale innovativa realizzata in Kazakhstan riguardo all’innalzamento della qualità del capitale umano attraverso lo sviluppo della scienza e della formazione. L’Autore evidenzia l’importanza e il tempismo della realizzazione del programma statale “SIII 2010-2014″, il quale avrà un’influenza positiva sulla crescita dell’economia del Paese. L’Autore arriva alla conclusione che per rispettare i parametri di crescita prestabiliti dell’economia è indispensabile aumentare la qualità del capitale umano attravero la formazione.
L’India e la crisi dell’eurozona
JAYSHREE SENGUPTA
L’India, al pari di gran parte dell’Asia Meridionale, sta attraversando una fase di brusco rallentamento della crescita indotta principalmente dalla crisi dell’eurozona. Il governo indiano, malgrado alcuni interventi sociali populisti, ha adottato una risposta per lo più neoliberale, con l’apertura del mercato interno agl’investimenti esteri e politiche monetarie deflattive. Tali politiche, molto simili a quelle dell’Unione Europea, hanno però costi sociali ancora più gravi in India, dove già una grossa fetta della popolazione vive in condizioni di povertà, anche estrema, e dove gl’investimenti in campo sanitario o educativo sono molto bassi. Tutto ciò sta allargando la sperequazione sociale e gettando nell’indigenza milioni di persone, con effetti non solo sul futuro dell’economia ma anche sull’ordine interno, come dimostra la crescente insorgenza maoista.
La crisi finanziaria e la guerra per il governo globale
KEES VAN DER PIJL
Il militarismo di Reagan e la rivolta dei mercati finanziari contro il keynesismo hanno segnato la transizione dal liberismo corporativo al neoliberismo e la proiezione del controllo globale da parte dell’Occidente. Nei primi anni ’90 il complesso militare-industriale statunitense è stato riorganizzato in modo da renderlo dipendente dagli investimenti bancari, accrescendo l’interconnessione tra la finanza internazionale e l’attivismo militare nel processo di globalizzazione neoliberista. Nell’espansione della NATO e nell’intervento in Jugoslavia, e nella serie di guerre in Medio Oriente in risposta agli attacchi del 11 settembre, il dilatato complesso finanziario-industriale-militare ha creato una condizione di guerra e tensione permanenti. Ciò si è verificato soprattutto dopo che l’asse finanziario si è disintegrato nella crisi del 2007-08 e gli Stati Uniti, trascinando con loro l’Europa attraverso la NATO, hanno fatto sempre più affidamento sul “vantaggio competitivo” della loro macchina militare.
Lo stallo del mondo contemporaneo
ANDREJ VOLODIN
L’attuale fase del sistema di relazioni internazionali può essere descritta come uno stallo, un’incapacità collettiva di assumere decisioni importanti e lavorare congiuntamente sugli scenari di lungo periodo. Nell’articolo ne viene proposta una ricostruzione che coinvolge aspetti economici, storici e geopolitici. Alla crisi economica del capitalismo anti-statalista e liberista figlio della rivoluzione thatcheriano-reaganiana si è aggiunta quella dell’unipolarismo geopolitico che ha le sua radici nella dissoluzione dell’URSS. Soltanto l’inclusione dei Paesi emergenti in organizzazioni internazionali dal profilo istituzionale rinnovato può mettere fine a questa fase di stallo ed aprire un nuovo orizzonte nella storia politica internazionale.