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mercredi, 07 novembre 2012

La Troisième Voie biélorusse

Georges Feltin-Tracol:

La Troisième Voie biélorusse

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L’Artico fra logica spartitoria e militarizzazione crescente

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L’Artico fra logica spartitoria e militarizzazione crescente

Mosca annuncia una istanza all’Onu per il riconoscimento delle rivendicazioni sulla piattaforma continentale artica

Andrea Perrone

Ex: http://rinascita.eu/  

Il Circolo polare Artico si combatte una guerra silenziosa, senza esclusione di colpi, per il controllo geopolitico dell’area e delle sue risorse energetiche.
Il 25 ottobre scorso Aleksandr Popov, direttore dell’Agenzia federale russa per lo sfruttamento del sottosuolo (Rosnedra), ha annunciato una istanza della Russia dinanzi alla commissione Onu, che rappresenta l’unico organismo internazionale preposto al riconoscimento delle rivendicazioni sulla piattaforma continentale artica.
Le spedizioni geologiche condotte da Mosca nell’Artico dal 2010 al 2012 permetterebbero di allargare la parte russa della piattaforma continentale artica di 1,2 milioni di km quadrati. Se Mosca vedesse accolta l’istanza, potrebbe estendere anche i propri diritti di sfruttare le risorse naturali, tra cui i ricchi giacimenti di gas e petrolio, sino a 350 miglia marine dalla costa anziché le 200 attuali della cosiddetta Zona economica esclusiva.
Nel corso del 2012 si sono svolte imponenti esercitazioni militari nell’Artico e incontri ad alto livello dei rappresentanti delle Forze armate di Stati Uniti, Russia, Canada, Norvegia, Danimarca, Svezia, Islanda e Finlandia per discutere la spartizione dell’area. Avvenimenti questi che avranno un peso enorme sul futuro del Polo Nord. Dopo il collasso dell’Urss, gli Usa, d’accordo con la Federazione russa, il Canada, la Norvegia e la Danimarca hanno costituito tre organismi di cooperazione dell’area: il Consiglio degli Stati del Mar Baltico, nato nel 1992; la Cooperazione di Barents, istituita nel 1993; infine, il Consiglio Artico, costituito nel 1996. Tuttavia lo scioglimento dei ghiacci, con l’apertura di nuove rotte marittime commerciali e militari a Nord e le pretese sulla piattaforma sottomarina artica ricca di petrolio, gas e minerali preziosi hanno attirato l’interesse di molti Paesi, così che anche Stati non artici, come Francia, Gran Bretagna e addirittura Cina hanno cominciato ad avanzare pretese. Da parte sua la Danimarca ha deciso il 17 gennaio scorso di nominare il primo diplomatico per le zone dell’Artico.
Il governo di Copenaghen rivendica infatti una porzione dei fondali sottomarini del Polo Nord. Il nuovo ambasciatore, Klavs A. Holm avrà il compito di difendere gli interessi del suo Paese “garantendo alla comunità danese (Danimarca, Groenlandia e isola Far Oer) un posto di primo piano nel dibattito internazionale sull’Artico”, ha dichiarato con un comunicato il ministro degli Esteri danese, Villy Soevndal. Lo scorso agosto, in un documento ufficiale dal titolo “Strategia per l’Artico”, la Danimarca ha annunciato di essere pronta a rivendicare formalmente dal 2014 i fondali marini del Polo Nord, risorse comprese. Anche gli altro quattro Paesi che si affacciano sull’Artico, Russia, Stati Uniti, Canada e Norvegia, rivendicano da parte loro diritti e territori nella regione. Ma veniamo a quanto accaduto di recente. Tutti gli Stati più importanti del mondo, compresi quelli emergenti e quelli prospicienti l’Artico, si stanno preparando per un nuovo tipo di Guerra Fredda al Circolo polare artico approfittando dei cambiamenti climatici.
La regione artica è già animata infatti da un’attività militare e gli analisti ritengono che questa situazione subirà un incremento significativo nei prossimi anni. Infatti, dal 12 al 21 marzo scorso, si è svolta, ospitata dalla Norvegia, una delle più imponenti manovre di sempre, proprio nell’Artico, denominata Exercise Cold Response, che ha visto l’utilizzo di 16.300 militari provenienti da 14 nazioni diverse, impegnati in esercitazioni sul ghiaccio in ogni campo e con l’ausilio di elicotteri, aerei e carri armati, per essere pronti ad opporsi, in caso di necessità, sia alla guerra ad alta intensità che alle minacce terroristiche. Le dure condizioni climatiche in cui si sono svolte le manovre hanno causato la morte di cinque uomini delle truppe norvegesi a causa di un’avaria al loro Hercules C-130 che si è andato a schiantare a poca distanza dalla cima del Kebnekaise, la più alta montagna svedese.
Gli Usa, la Francia, la Gran Bretagna, l’Olanda, il Canada, la Svezia e naturalmente la Norvegia sono gli Stati che hanno dato il maggior contributo all’operazione in termini di uomini e mezzi, e che hanno organizzato tutte le esercitazioni. Anche la Russia da parte sua ha tenuto la sua esercitazione, dal 9 al 15 aprile e denominata Ladoga 2012, presso la base aerea Besovets in Karelia. Alle operazioni ha preso parte la 200° Brigata Rifle motorizzata di stanza a Murmansk che ha eseguito le sue esercitazioni nell’area. Nelle manovre sono stati impegnati anche i carri armati russi T-80, i più adatti a sostenere le condizioni climatiche della regione, grazie ai loro motori a turbina a gas in grado di sopportare maggiormente freddo e intemperie rispetto ai diesel convenzionali. E poi hanno preso parte anche le navi della Flotta del Nord e più di 50 tra velivoli, caccia di tipo Mikoyan MiG-29STM, MiG-31 e Sukhoi Su-27, ed elicotteri delle Forze aeree russe. Durante le operazioni, i piloti di stanza in Karelia, Kaliningrad, Kursk, Murmansk e nella regione di Tver hanno partecipato alle operazioni nei pressi del Lago Ladoga e abbattuto più di 200 obiettivi e bersagli aerei.
Le esercitazioni dei Paesi aderenti alla Nato e quelle della Federazione russa sono stati soltanto uno degli aspetti della rinnovata strategia adottata per ribadire la volontà di dominio sulla regione. Il 12 e 13 aprile, infatti, i capi militari delle otto maggiori potenze dell’Artico – Canada, Stati Uniti, Russia, Islanda, Danimarca, Svezia, Norvegia e Finlandia – si sono incontrati nella base militare canadese di Goose Bay per discutere in particolare delle questioni riguardanti la sicurezza della regione. Nessuno di questi Paesi intende iniziare a combattere una guerra al Polo Nord. Ma visto il crescente numero di lavoratori e di navi impegnati per sfruttare le riserve di petrolio e di gas, ci sarà il bisogno di sorvegliare, di perlustrare i confini e – nella peggiore delle ipotesi – della forza militare per farsi valere sulle rivendicazioni dei rivali.
I leader delle Forze armate hanno concordato sulla necessità di una suddivisione vera e propria delle aree di influenza, oltre che la regolamentazione delle rotte commerciali e della spartizione delle enormi risorse energetiche, spartizione sulla quale al momento pare non esserci ancora nessun accordo. Il vertice si è tenuto il 12 e 13 aprile 2012 in Canada e a cui hanno partecipato i vertici militari di tutte le potenze artiche, tra cui anche la Russia rappresentata da Nikolai Makarov, capo di stato maggiore e generale.
Da quanto emerso finora Russia, Canada e Stati Uniti si spartiscono le porzioni più grandi dell’Artico. Ma, da un lato, Norvegia, Danimarca e Canada e, dall’altro, la Francia stanno rafforzando la loro presenza militare nella regione nella speranza di poter ottenere anche loro una fetta più grande della torta.
E proprio la Federazione ha deciso di non rimanere inerte e si appresta a consolidare la propria presenza in territori da sempre inospitali e che ora il riscaldamento globale sta rendendo progressivamente appetibili, non soltanto per le risorse ma anche per l’apertura di nuove vie di transito praticabili tutto l’anno. Per questo il Cremlino ha deciso di predisporre nell’Artico 20 posti di frontiera per controllare i confini settentrionali e la via marittima del Nord, secondo quanto comunicato dal capo del servizio di frontiera presso il Servizio federale di sicurezza della Russia, Vladimir Pronichev. Una misura questa prevista nel programma federale “Confine di Stato della Federazione Russa per il periodo dal 2012 al 2020”. Presso ogni postazione saranno in servizio 15-20 guardie preposte al monitoraggio della situazione nella regione. Pronichev ha riferito che attualmente la direzione strategica settentrionale risulta essere “senza copertura aerea”: circa 2.500 chilometri esulano dal raggio d’azione dei radar, mentre continuano a verificarsi situazioni di rischio e possibile confronto con “spedizioni scientifiche” abusive, finalizzate più che alla raccolta di dati, all’esplorazione delle risorse artiche e sprovviste di opportune autorizzazioni. Insomma, maggiori controlli da parte di tutte le potenze artiche per garantire la difesa dei propri interessi nell’area.
È quindi un’intera regione prima chiusa al mondo che si sta aprendo a causa del surriscaldamento globale e del conseguente scioglimento della banchisa e del permafrost. L’interesse per le risorse energetiche sta causando un aumento della presenza militare nella regione. E questa situazione è destinata ad accrescersi con il passare del tempo. Una situazione questa che dimostra quanto il Polo Nord stia diventato vitale per gli interessi geostrategici delle superpotenze e degli Stati emergenti, insieme alla necessità di garantirsi l’approvvigionamento energetico in funzione delle loro esigenze nazionali.

http://rinascita.eu/index.php?action=news&id=17516

De Tien Mythes van het Kapitalisme

De Tien Mythes van het Kapitalisme

 
Ex: http://vrijenationalisten.blogspot.com/

Het kapitalisme, in haar neoliberale versie heeft zichzelf uitgeput. Financiële uitbuiters willen hun winsten niet verliezen en schuiven de schuldenlast door naar de armen. De geest van de "Europese lente" plaagt de oude wereld en de tegenstanders van het kapitalisme leggen het volk uit hoe hun leven wordt vernietigd. Dit is het onderwerp van het artikel van de Portugese economist Guilherme Alves Coelho.  

Er bestaat een bekende uitdrukking die stelt dat elke natie de regering krijgt die deze verdient. Dit is niet per definitie waar. Het volk kan misleid worden door agressieve propaganda dat vorm krijgt in denkbeelden die gemakkelijk gemanipuleerd worden. Leugens en manipulatie zijn het hedendaagse massavernietigingswapen en onderdrukken het volk. Het is net zo effectief als traditionele manieren van oorlogsvoering. In veel gevallen vullen zij elkaar zelfs aan. Beide methoden worden gebruikt om verkiezingen te winnen en dissidente naties te vernietigen.

Er zijn veel manieren om de publieke opinie te beïnvloeden waarin de kapitalistische ideologie geworteld is en naar het niveau van mythes gebracht is. Het is een combinatie van allerlei valse waarheden die miljoenen keren herhaald worden, generatie na generatie, zodat deze voor de meeste mensen onbetwistbaar geworden zijn. Deze zijn ontworpen om het kapitalisme als betrouwbaar te representeren en daarmee de steun en het vertrouwen van de massa te winnen. Deze mythes worden gedistribueerd en gepromoot via media, educatieve kanalen, familie tradities, kerk lidmaatschappen, etc. Hieronder zullen we enkele van deze veelvoorkomende mythes behandelen.

Mythe 1: Onder het kapitalisme kan eenieder die hard werkt rijk worden 

Het kapitalistisch systeem zou automatisch welvaart genereren voor hard werkende individuen. Arbeiders vormden onbewust een illusoire hoop, als deze echter niet tot uitkomst kwam dan zouden ze enkel zichzelf de schuld kunnen geven. Feitelijk is onder het kapitalisme het behalen van succes ongeacht hoe hard je ook werkt hetzelfde als een loterij. Rijkdom, met zeldzame uitzonderingen, wordt niet door hard werk gecreëerd, maar is het resultaat van fraude en een gebrek aan wroeging voor diegene die een grotere invloed en macht hebben. Het is een mythe dat succes het resultaat van hard werk is gecombineerd met een gezonde dosis geluk, feitelijk hangt succes voornamelijk af van het vermogen om deel te nemen aan het ondernemerschap en het niveau van het concurrentievermogen. Deze mythe creëert volgelingen die dit systeem ondersteunen. Religie, in het bijzonder protestantisme, voedt eveneens deze mythe.

Mythe 2: Kapitalisme creëert welvaart en rijkdom voor allen

Rijkdom geaccumuleerd in de handen van een minderheid zou vroeg of laat herverdeeld worden onder allen. Het doel hiervan is om de werkgever in staat te stellen alle rijdom te accumuleren zonder dat er vragen gesteld worden. Tegelijkertijd wordt de hoop in stand gehouden dat de arbeiders uiteindelijk beloond zullen worden voor hun werk en toewijding. In feite concludeerde zelfs Marx dat het ultieme doel van kapitalisme niet de distributie van welvaart is maar de concentratie ervan. Het alsmaar groter wordende gat tussen arm en rijk de recente decennia, in het bijzonder na de invoering van het neoliberalisme is hier het bewijs van. Deze mythe kwam het meest voor tijdens de fase van de "sociale verzorgingsstaat" van de post oorlogsperiode en haar belangrijkste taak was dan ook de vernietiging van socialistische naties.

Mythe 3: We zitten allen in hetzelfde schuitje

De kapitalistische samenleving zou geen klassen kennen en dus zou de verantwoording voor fouten en crisissen bij allen liggen en moet iedereen hiervoor betalen. Het doel hiervan is om een schuldcomplex te creëren voor de arbeiders, zodat kapitalisten verhogingen van inkomsten en uitgaven kunnen verhalen op het volk. In feite ligt de verantwoordelijkheid geheel bij de elite van miljardairs die de regering steunen en dientengevolge altijd grote privileges kennen in taxatie, offertes, financiële speculatie, offshore, nepotisme, enz. Deze mythe is door de elites geïnstalleerd om zo de verantwoordelijkheid ten opzichte van het volk te omzeilen en hen te laten betalen voor de fouten die door de elite gemaakt zijn.

Mythe 4: Kapitalisme betekent vrijheid

Echte vrijheid zou enkel bereikt kunnen worden onder het kapitalisme door de zogenaamde "zelfregulatie van de markt". Het doel hiervan is om een soort kapitalistische religie te creëren waarin alles wordt genomen voor wat het is en waarmee het volk het recht wordt ontnomen om te participeren in macro-economische besluiten. Uiteraard is de vrijheid van besluitvorming een ultieme vrijheid, maar in de kapitalistische praktijk kent enkel een kleine cirkel van machtige individuen deze vrijheid en wordt dit recht het volk en zelfs de regering ontzegd. Tijdens bijeenkomsten en fora worden, achter gesloten deuren, beslissingen genomen omtrent alle grote financiële, economische en strategische vraagstukken door de hoofden van grote conglomeraten, banken en supranationale bedrijven. De markt is dus niet zelfregulerend, maar wordt voortdurend gemanipuleerd. Deze mythe wordt eveneens gebruikt om inmenging te rechtvaardigen in de binnenlandse aangelegenheden van niet-kapitalistische landen, gebaseerd op de aanname dat deze geen vrijheid zouden kennen.

Mythe 5: Kapitalisme betekent democratie

Democratie zou enkel onder het kapitalisme kunnen bestaan. Deze mythe, die eigenlijk voortvloeit uit de voorgaande, was gecreëerd om iedere discussie over andere modellen van sociale orde tegen te gaan. In de kapitalistische beleving zouden deze immers allen dictatoriaal zijn. Kapitalisme wordt het alleenrecht aangemeten op concepten zoals vrijheid en democratie, terwijl hun feitelijke betekenis wordt vervormd. In de praktijk is de kapitalistische samenleving ingedeeld in klassen waarin de minieme minderheid van rijken alle andere klassen domineert. De kapitalistische "democratie" is niets anders dan een vermomde dictatuur en "democratische hervormingen zijn processen die vooruitgang in de weg staan. Net als de vorige mythe is dit enkel een excuus om niet-kapitalistische landen te bekritiseren en aan te vallen.

Mythe 6: Verkiezingen zijn synoniem voor democratie 

Verkiezingen zouden hetzelfde zijn als democratie. Het doel hiervan is om andere systemen te demoniseren en discussie, over politieke en electorale systemen waarin leiders worden verkozen door niet-bourgeois verkiezingen, te voorkomen. Feitelijk is het, het kapitalistisch systeem dat manipuleert en omkoopt terwijl de stem is gereduceerd tot een conditionele term en verkiezingen tot een formele daad. Alleen al het feit dat de verkiezingen praktisch altijd gewonnen worden door vertegenwoordigers van de bourgeois minderheid maakt hen onrepresentatief. Dat bourgeois verkiezingen een vorm van democratie zouden garanderen is een van de meest diepgewortelde mythes die zelfs door enkele linkse en nationalistische krachten wordt geloofd.

Mythe 7: Afwisselende partijen in het parlement is hetzelfde als een alternatief hebben

Bourgeois partijen die elkaar periodiek afwisselen in de macht zouden alternatieve platformen bieden. Het doel is echter om het kapitalistische systeem te bestendigen binnen de heersende klasse om zo de mythe te voeden dat democratie gereduceerd is tot verkiezingen. Het is dan ook duidelijk dat een parlementair systeem met meerdere partijen in de praktijk niet veel verschilt van een een-partij systeem. Het gaat immers om meerdere fracties van dezelfde politieke kracht die elkaar van tijd tot tijd afwisselen en zich voordoen als een partij met een alternatief beleid. Het volk kiest altijd een agent van het systeem, terwijl zij de illusie houden dat ze een keus hebben. De mythe dat bourgeois partijen verschillende platforms hebben en zelfs in oppositie tegenover elkaar staan is van fundamenteel belang om het kapitalistisch systeem te laten werken.

Mythe 8: De verkozen politicus representeert het volk en kan daarom voor hen beslissen

De politicus heeft mandaat verkregen van het volk en kan dus regeren vanuit eigen inzicht. Het doel van deze mythe is om het volk lege beloften voor te houden om zo de echte maatregelen die in de praktijk doorgevoerd worden te verbergen. De verkozen leider vervult zijn verkiezingsbeloften niet maar implementeert stilgehouden maatregelen die vaak conflicteren met de originele constitutie. Vaak bereiken zulke politici die door een actieve minderheid verkozen zijn, in het midden van hun mandaat, hun minimale populariteit. In deze gevallen leidt het verlies van representatie niet tot een politieke verandering via constitutionele middelen, maar leidt het tot een degeneratie van de kapitalistische democratie in een echte of verhulde dictatuur. De systematische vervalsing van democratie onder het kapitalisme is een belangrijke reden waarom steeds meer mensen niet langer deelnemen aan de verkiezingen.

Mythe 9: Er bestaat geen alternatief voor het kapitalisme

Kapitalisme zou niet perfect zijn, maar zou het enige politieke en economische systeem zijn dat werkt. Het doel hiervan is om de studie en promotie van andere systemen te voorkomen en alle ideologische competitie met alle mogelijke middelen - inclusief geweld - te elimineren. Uiteraard zijn er andere politieke en economische systemen, waarvan het socialisme wellicht een van de meest bekende is. Deze mythe is bedoeld om het volk te intimideren en discussie over eventuele alternatieven voor het kapitalisme te elimineren en zo unanimiteit te garanderen.

Mythe 10: Bezuinigingen generen welvaart

De economische crisis zou zijn veroorzaakt door een overmaat aan sociale voorzieningen en arbeidsvoorwaarden. Als deze ingetrokken zouden worden dan zou de regering weer veilig zijn en het land weer rijk worden. Het doel hiervan is om aansprakelijkheid van de kapitalistische schuld af te wentelen op de publieke sector. Een ander doel is om het volk zo de armoede te laten accepteren met de leugen dat deze armoede tijdelijk zou zijn. Een andere belangrijke doelstelling is de facilitatie van de privatisering van de publieke sector. Het volk wordt ervan overtuigd dat besparingen en bezuinigingen "de verlossing" biedt zonder erbij te vermelden dat deze bereikt wordt door de privatisatie van de meest winstgevende sectors waarbij de toekomstige inkomsten verloren gaan. Dit beleid leidt tot een daling van staatsinkomsten en een afbraak van de publieke sector en alle sociale voorzieningen.

 

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La banlieue contre la ville et le libéralisme ennemi de la ville

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La banlieue contre la ville et le libéralisme ennemi de la ville

par Noël RIVIÈRE

En 1894, la loi Siegfried permettait la construction plus aisée de logements à bon marché en facilitant les conditions de prêts aux organismes constructeurs. Mais ce n’est qu’en 1912 que la loi Bonnevay réglemente les conditions de construction des H.L.M. et rend possible la création d’offices de construction par l’État, les communes et les départements. Cette loi a cent ans. Cent ans de logement social.

C’est à l’occasion de ce centenaire qu’une exposition se tient du 8 février au 30 mai 2012 à Saint-Denis à l’initiative de Plaine-Commune Habitat; un regroupement intercommunal d’offices H.L.M. (1).

L’exposition est d’un grand intérêt historique. Mais elle comporte des angles morts. L’habitat social aussi nécessaire soit-il ne peut prendre n’importe quelles formes. Les grands ensembles résolvent des besoins quantitatifs (plus ou moins) mais pas des besoins humains. L’habitat social ne peut non plus résoudre les problèmes posés par une immigration de masse, excessive depuis les années 1970.

En outre, une bonne part des problèmes de logement viennent d’un accroissement des arrivées d’immigrés (au moins 200 000 par an), venant de régions du monde les plus diverses et donc soumis à un violent déracinement, source de traumatismes sociétaux aussi bien pour eux que pour le peuple d’accueil qu’est le peuple français dit « de souche » (c’est-à-dire celui dont la composition était restée largement homogène depuis des siècles comme l’ont montré les travaux de Jacques Dupâquier).

Il n’en reste pas moins que l’enjeu du logement est essentiel. Celui-ci est l’enveloppe de l’homme. C’est son étui. Le quartier est quant à lui l’environnement le plus proche de l’homme. Au moment où se fait jour la nécessité de relocaliser en d’autres termes de démondialiser l’économie, la relocalisation du logement et des populations du monde par rapport à leur habitat d’origine (qui n’est pas dissociable de leur culture d’origine) s’impose aussi. Il faut relocaliser l’habitat. Vaste ambition mais nécessaire ambition.

Ce n’est pas la récente proposition (janvier 2012) de Nicolas Sarkozy de « libérer » la construction de logements en augmentant les droits à construire de 30 % qui va dans le bon sens. Elle tourne le dos à toutes les tentatives de retrouver au contraire la bonne échelle des politiques de construction. Elle tourne le dos aux exigences de qualité et d’insertion du nouveau bati dans l’existant. Cette proposition est par contre bien cohérente par rapport à ce qu’on appelle parfois le néo-libéralisme et qui est bien plutôt un ultra-libéralisme, un retour au libéralisme pur et dur, libéré des entraves du compromis fordiste, et se fixant comme projet de défaire le programme du Conseil national de la Résistance (C.N.R.), comme l’avait affirmé un grand dirigeant du patronat.

C’est pour aider à comprendre ces enjeux de la ville qu’il faut lire La banlieue contre la ville de Pierre Le Vigan (2). On y voit la banlieue comme défiguration de la ville, à juste titre, et on comprend à lire Le Vigan le pourquoi de cette involution, mais c’est aussi le libéralisme qui apparaît comme l’ennemi de la ville tout comme il est l’ennemi des peuples.

Noël Rivière

Notes

1 : Du 8 février au 30 mai 2012, Salle de la Légion d’honneur au 6, rue de la Légion d’honneur, 93200 Saint-Denis, du mardi au dimanche de 10 h. à 18 h., Métro (Ligne 13) : station Saint-Denis Basilique.

2 : Pierre Le Vigan, La banlieue contre la ville. Comment la banlieue dévore la ville, 250 p., Éditions La Barque d’or, 18 € (+ 3,50 de frais de port soit un total de 21, 50 €). Pour le commander, cf.

lien : http://la-barque-d-or.centerblog.net

courriel : labarquedor@hotmail.fr


Article printed from Europe Maxima: http://www.europemaxima.com

URL to article: http://www.europemaxima.com/?p=2419

 

Omar Khayyâm

Omar Khayyâm – aperçu sur sa vie et ses principales œuvres

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Hojjat al-Haqq Khâdjeh Imâm Ghiyâth ad-Din Abdoul Fath Omar Ibn Ibrâhim al-Khayyâm Neyshâbouri, plus connu sous son pseudonyme Khayyâm, naquit à Neyshâbour, ville située au nord-est de l’Iran actuel. On ignore la date précise de sa naissance mais la plupart des chercheurs penchent pour 1048. Il est néanmoins certain qu’il vécut de la première moitié du XIe siècle à la première moitié du XIIe siècle. Les historiens sont unanimes pour le savoir contemporain du roi seldjoukide Djalâl ad-Din et de son fils Soltân Sandjar. Savant remarquable de son époque, il choisit le pseudonyme de « Khayyâm » (qui signifie « fabricant de tente ») en référence au métier de son père qu’il n’a probablement pas exercé lui-même, contrairement à Attâr (droguiste) qui pratiquait lui-même le métier dont il porte le nom.

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Omar Khayyâm

Enfant et adolescent, Omar Khayyâm étudia sous la direction des grands maîtres de son époque tels qu’Emâm Mowaffagh Neyshâbouri, considéré comme le meilleur professeur du Khorâssân. La légende, fausse, veut que Abou Hassan Nezâm-ol-Molk, le célèbre vizir, et Hassan Sabbâh aient partagé l’enseignement de ce maître. Et ces trois hommes auraient convenu que celui des trois qui atteindrait le premier la gloire ou la fortune y introduirait également les deux autres.

Khayyâm étudia aussi la philosophie avec Mohammad Mansouri. C’est ce maître qui initia Khayyâm à l’œuvre et à la pensée avicenniennes, qu’il apprécia et continua d’étudier jusqu’à la fin de sa vie.

Il vécut plus tard à Samarkand où il écrivit deux traités. Il y écrivit aussi, avec l’appui d’Abou Tâher Abd al-Rahmân Ahmad, le juge suprême de Samarkand, son livre très important intitulé Risâla fi Barâhin alâ Masâ’il al-Jabr wa al-Moghâbila (Traité des démonstrations de problèmes d’algèbre). Il alla ensuite à Balkh, important centre scientifique de l’époque, pour y approfondir ses connaissances et bénéficier des grandes bibliothèques de cette ville.

A son retour à Neyshâbour, il était déjà reconnu en tant que savant. Le roi Malek Shâh l’invita à ce titre à faire partie de l’équipe chargée de la réforme du calendrier solaire. Il accepta et participa lors de ce projet, à la construction d’un observatoire à Ispahan. Il travailla aussi pendant quelques temps comme astrologue à la cour, sans pour autant croire à l’astrologie. Il travailla plusieurs années sur son ouvrage mathématique Risâla fi sharh iskhâl mâ min Mosâdirât Kitâb Oqlidos (Traité sur quelques difficultés des définitions d’Euclide). Après les morts de Malek Shâh et de son vizir Nezâm-ol-Molk, Khayyâm perdit ses mécènes et l’Etat arrêta de subvenir aux frais de l’observatoire de Khayyâm, qui mourut quelques temps plus tard à Neyshâbour.

Son tombeau se trouve au sud-est de Neyshâbour, près des tombeaux d’Attâr et de Kamâl al-Molk. On ne connaît pas la date exacte de la construction de son premier tombeau, qui fut de nombreuses fois changé au cours des siècles. Son tombeau actuel a été construit en 1962.

Khayyâm, mathématicien et astronome

De son vivant, Khayyâm était surtout connu comme mathématicien, astronome et philosophe. Ses études sur les équations cubiques sont remarquables et représentaient une découverte importante dans le domaine de mathématiques. Il traite ce sujet dans son traité le plus connu Risâla fi Barâhin alâ Masâ’il al-Jabr wa al-Moghâbila (Traité des démonstrations de problèmes d’algèbre). Il fut le premier mathématicien à déclarer qu’il était impossible de tracer des équations cubiques par le seul moyen des mesures et des boussoles et il se servit lui-même des tracés de coniques pour les résoudre. Il découvrit d’ailleurs que les équations cubiques ont plus d’une racine réelle. Il étudia également et commenta les œuvres d’Euclide et écrivit un traité sur quelques-unes de ses définitions.

Auteur d’études sur les nombres, il définit les nombres comme une quantité continue et présenta alors pour la première fois une définition des nombres réels positifs. Il signala aussi que du point de vue mathématiques, on pouvait diviser toute quantité en parties infinies.

Dans son ouvrage intitulé L’Histoire des mathématiques, Carl B. Boyer considère Khayyâm comme l’un des plus grands précurseurs de l’algèbre dans la période qui suit les mathématiques grecques et indiennes. Selon lui, Khayyâm connaissait le triangle connu aujourd’hui sous le nom de Pascal, bien avant celui-ci. Ernest Renan considérait aussi Khayyâm comme un érudit de mathématiques.

Khayyâm composa également Zidj-e Mâlekshâhi (Les tables astronomiques) et participa à la réforme du calendrier persan, à la demande du roi seldjoukide Malek Shâh. Khayyâm introduisit l’année bissextile et mesura la longueur de l’année comme étant de 365,24219858156 jours. L’année djalâli, ainsi réformée, est plus exacte que l’année grégorienne qu’on créa cinq siècles plus tard. ہ la fin du XIXe siècle, on calcula la longueur de l’année comme étant de 365,242196 jours et ce n’est qu’aujourd’hui qu’on tient la longueur de l’an de 365,242190 jours. Le calendrier solaire dont on se sert actuellement en Iran doit donc son exactitude à ce grand savant.

Khayyâm poète

Khayyâm, considéré de son vivant comme savant, est aujourd’hui célèbre pour ses poèmes. Peu de ses contemporains connaissaient ses quatrains et rares sont les historiens de l’époque qui le citent dans les anthologies de poètes. Le premier à le faire fut Emâdeddin Kâteb Esfahâni, dans son anthologie Farid al-Ghasr en 1193, soit presque une cinquantaine d’années après la mort de Khayyâm.

Khayyâm a exprimé ses sentiments et ses idées philosophiques dans de beaux et courts poèmes épigrammatiques appelés Robâiyât ; au singulier robâi, qu’on pourrait traduire en français, faute de terme propre, par le mot « quatrain ». Le robâi est composé de quatre vers, construits sur un rythme unique, le premier, le second et le quatrième rimant ensemble, le troisième étant un vers blanc. Le premier poète iranien connu pour ses robâi est Roudaki, mais ceux de Khayyâm occupent une place à part.

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Le plus ancien exemplaire manuscrit des Robâiyât, actuellement conservé à Oxford, date de 1477. Il comprend cent cinquante-huit quatrains attribués à Khayyâm et rassemblés trois siècles après sa mort. Il existe tant d’exemplaires manuscrits de cette œuvre qu’il est aujourd’hui très difficile de savoir lesquels de ces quatrains sont vraiment de Khayyâm. D’ailleurs, le nombre des robâiyât varie d’un exemplaire à l’autre. Dans les manuscrits les plus anciens, les quatrains attribués à Khayyâm vont de 250 à 300. Mais plus on s’approche de l’époque actuelle, plus le nombre des quatrains attribué à Khayyâm tend à augmenter. La plupart des chercheurs attestent uniquement l’authenticité d’une centaine de ces quatrains. En 1934, Sâdegh Hedâyat prépara une édition comprenant les quatrains 56 et 78 à 143. Quelques années plus tard, les chercheurs littéraires Foroughi et Ghani publièrent une édition corrigée de 178 des quatrains. Parmi les autres recherches faites à ce propos, celle du danois Arthur Christensen est également remarquable. Celui-ci est l’auteur de deux ouvrages à ce propos : Les recherches sur les Ruba’iyat d’Omar Khayyâm, écrites en français et publiées en 1905 à Heydenberg, et Etudes critiques sur les Ruba’iyat d’Omar Khayyâm Khayyâm, en anglais, qui furent publiées à Copenhague en 1927.

Khayyâm au-delà des frontières de l’Iran

Khayyâm est aujourd’hui mondialement connu pour ses Robâiyât, traduits dans la plupart des langues du monde.

En Occident, le premier à l’avoir fait découvrir est l’Anglais Thomas Hide qui, dans son livre L’Histoire de la religion des Perses, des Parthes et des anciens Mèdes, traduisit en latin certains quatrains de Khayyâm et les publia à Oxford.

Au début du XVIIIe siècle, l’ambassadeur britannique à la cour de Fath Ali Shâh Qâdjâr publia une première traduction anglaise de certains quatrains de Khayyâm. En 1818, Joseph von Hammer Purgstall, l’orientaliste autrichien, dans son livre L’Histoire littéraire des Iraniens traduisit des passages de Khayyâm en allemand.

Cependant celui qui ouvrit le chemin de la célébrité de Khayyâm en Europe fut l’un des directeurs de l’école sanscrite de Calcutta qui fit connaître Khayyâm et ses idées à son élève Fitzgerald, à qui les Robâiyât doivent leur célébrité mondiale.

Ce fut la traduction anglaise d’Edward Fitzgerald qui fit connaître au grand public, en 1859, l’œuvre poétique de Khayyâm et qui servit de référence aux traductions dans beaucoup d’autres langues. Cette traduction, d’abord peu connue, obtint quelques années plus tard un grand succès. Cette traduction souleva cependant de nombreuses discussions : ce livre était-il une vraie traduction ou son auteur mystérieux voulait dissimuler sa vraie identité en se présentant comme un simple traducteur ? Les éditions suivantes rendirent les quatrains célèbres dans le monde entier, et les Robâiyât devinrent le livre le plus vendu après la Bible et les pièces de Shakespeare. Entre les années 1895 et 1929, quatre cent dix éditions de ce livre ont paru en anglais et plus de sept cents livres, articles, compositions théâtrales et musicales s’en sont inspirés. Les francophones ont également fait de nombreuses recherches sur Khayyâm et ses œuvres qui seront abordées dans un autre article de ce dossier. Durant la seconde moitié du XIXe et tout au long du XXe siècle, plusieurs traductions des Robâiyât furent publiées dans différentes langues. Il faut signaler que ce n’était pas seulement cet ouvrage qui attirait l’attention des étrangers, mais également le travail et les traités scientifiques de Khayyâm. Les œuvres de Khayyâm, en particulier ses Robâiyât, inspirèrent de nombreux écrivains, poètes et artistes dont Marguerite Yourcenar, Amin Maalouf, Granville Bantock, Jean Cras, Ernest Renan ou Jose Louis Lopez.

« Les » lectures de Khayyâm en France

Les célèbres Robâiyât de Khayyâm ont fait l’objet d’un très grand nombre de traductions en différentes langues occidentales. Si la première et la plus fameuse fut la traduction anglaise de Fitzgerald, à partir de la seconde moitié du XIXe siècle, plusieurs traductions françaises des Quatrains ne tardèrent pas à être publiées. Les fameux poèmes suscitèrent de nombreux débats concernant la personnalité de leur auteur : Khayyâm était-il un hédoniste ou même un ivrogne aux penchants nihilistes avide de profiter des jouissances de l’instant présent ? Ou était-il plutôt un grand mystique ayant exprimé les mystères de l’existence au travers d’un langage très chargé symboliquement, mais n’en révélant pas moins une intense profondeur spirituelle ? Entre ces deux visions du personnage, des dizaines d’autres « Khayyâm » ont été évoqués et parfois argumentés au cours d’âpres échanges par articles interposés. Si l’ensemble de ces controverses ne nous apporte peut être pas beaucoup d’éclairage sur qui fut réellement Khayyâm, elle a néanmoins l’intérêt de nous révéler certains aspects de la mentalité et de la vision du monde de plusieurs grands écrivains du XIXe et du XXe siècles.

Le début d’une controverse

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Théophile Gautier

La première traduction anglaise des Robâiyât de Khayyâm, réalisée en 1859 par Fitzgerald, passa au départ presque inaperçue. Ce dernier y présentait Khayyâm comme un penseur et philosophe profond, mais n’en étant pas moins habité par de profondes souffrances métaphysiques qu’il ne pouvait consoler qu’en se réfugiant dans des plaisirs terrestres comme les femmes ou le vin. Selon Fitzgeral, loin d’être métaphorique, le langage de Khayyâm décrit donc ses souffrances et ses quelques refuges dans ce monde. Une première traduction française réalisée par Nicolas – de bien moins bonne qualité que celle de Fitzgerald – fut publiée quelques années après en 1867. Nicolas avait été consul plusieurs années dans la ville iranienne de Rasht et y avait appris le persan. Il avait également fréquenté plusieurs dervishes qui l’avaient orienté vers une interprétation gnostique des quatrains : loin de faire référence au vulgaire jus de raisin, le vin ou les femmes évoqués par Khayyâm ne pouvaient être compris que dans le cadre d’un riche symbolisme exprimant la quête mystique d’un Khayyâm en constante recherche d’élévation et de spiritualité. Va ici commencer une controverse entre les deux traducteurs et qui oppose une lecture littéralise et « terrestre » des quatrains à une lecture plus symbolique et spirituelle. Fitzgerald ne tarde donc pas à répondre à Nicolas que son interprétation du personnage est fausse : le vin ne fait aucunement référence à la divinité, et le pauvre Monsieur Nicolas n’est que la victime de « l’endoctrinement des soufis » qu’il a fréquentés en Iran. [1] De nombreux intellectuels suivirent avec passion le débat, dont la presse se fit également l’écho. La controverse favorisa néanmoins une première réédition de la traduction de Fitzgerald et aida grandement à sa diffusion. La controverse entre Fitzgerald et Nicolas fut à l’origine de l’émergence de deux visions totalement différentes de Khayyâm en Angleterre et en France : Khayyâm demeura un hédoniste fataliste chez les Anglais, tandis que la conception d’un Khayyâm aux aspirations mystiques ou du moins plus ambigües s’enracina dans l’Hexagone.

La projection de désirs et espérances multiples

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Ernest Renan

Après la controverse entre Fitzgerald et Nicolas, Renan fut l’un des premiers à reprendre la plume sur le sujet : prenant davantage position pour la lecture littéraliste de Fitzgerald, il défendit la vision d’un Khayyâm dépravé et dissimulateur : « Mystique en apparence, débauché en réalité, hypocrite consommé, il mêlait le blasphème à l’hymne, le rire à l’incrédulité. » [2] Renan étudia également la personnalité de Khayyâm à travers la notion de « race » très en vogue à l’époque, pour faire de ce dernier l’archétype d’une endurance et d’un art de la dissimulation (taqiyya) qu’il qualifia de propre aux Aryens. Selon lui, c’est cette disposition qui a permis au cours de l’histoire aux Iraniens de conserver leur riche culture face à de nombreux envahisseurs. L’hypocrisie n’est donc pas ici blâmable, elle est au contraire le reflet d’une intelligence et d’une force de caractère.

Force est de constater que la plupart du temps, Khayyâm semble être un personnage où chacun projette ses propres espérances et craintes, et où se reflète les a priori ou les besoins de chaque auteur. Ainsi, Fitzgerald était lui-même un poète semble-t-il quelque peu désabusé et n’ayant pas réussi à trouver un sens réel à son existence. Il fait donc de Khayyâm son compagnon imaginaire, qui l’aide à sortir de son impasse en lui suggérant de jouir de l’instant présent et non de se noyer dans des tourments métaphysiques. La tendance mystique de Nicolas projetait au contraire sur le poète toutes ses aspirations à trouver un sens au monde au-delà du silence de la matière.

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Judith Gautier, env. 1880

Théophile Gautier s’est également intéressé à plusieurs auteurs persans dont Khayyâm, qu’il découvrit de façon fortuite non pas chez un libraire, mais lors d’une promenade en canot sur la Seine en compagnie de sa fille Judith : ils y firent alors la rencontre d’un prénommé Mohsen Khân, en train de déclamer à voix haute un quatrain de Khayyâm, et qui s’avèrera être un diplomate iranien en mission à Paris à l’époque. Des liens d’amitiés se tissèrent entre le diplomate et Judith, qui permirent à cette dernière d’apprendre de nombreux quatrains qu’elle récitait ensuite à son père. [3] Mohsen Khân proposa ensuite à Judith de se marier avec lui et de le suivre en Perse, ce dont son père la dissuada. Cette rencontre permit ainsi à Théophile Gautier d’avoir un contact « vivant » avec les quatrains de Khayyâm, qui l’amena également à se poser la question de la personnalité de leur auteur : un libertin, tel que semble l’entendre Mohsen Khân, ou un mystique, comme l’affirme Nicolas ? Dans un article publié dans le Moniteur Universel, Gautier va livrer sa propre vision du personnage : ni mystique ni débauché, Gautier fait de lui une sorte de poète qui appréciait fort le vin de Neyshâbour sans être non plus insensible aux plaisirs immatériels. Loin d’être contradictoire, le vin joue au contraire le rôle de « pont » entre ces deux aspirations, l’ivresse matérielle permettant soi d’atteindre une certaine extase mystique, soi d’oublier le tourment des angoisses de ce monde. Gautier adopte donc une position médiane : « Khayyâm cherchait dans le vin cette ivresse extatique qui sépare les choses de la terre et enlève l’âme au sentiment de la réalité… Certes, de toutes les manières d’anéantir le corps pour exalter l’esprit, le vin est encore la plus douce, la plus naturelle, et, pour ainsi dire, la plus raisonnable. » [4] Plus loin, Gautier penche néanmoins davantage pour un Khayyâm fataliste, qui cherche à noyer sa détresse nihiliste dans la douceur du vin : « Quel profond sentiment du néant des hommes et des choses, et comme Horace, avec son carpe diem de bourgeois antique et son épicurisme goguenard est loin de cette annihilation mystique qui recherche dans l’ivresse l’oubli de tout et l’anéantissement de sa personnalité ! Kèyam ne s’exagère pas son importance, et jamais le peu qu’est l’homme dans l’infini de l’espace et du temps n’a été exprimé d’une façon plus vivre. » [5] Lorsqu’il rencontra Khayyâm, Gautier avait cependant rédigé la majorité de ses grandes œuvres ; l’influence de l’auteur des Robâiyât est donc peu présente dans ses écrits. Cette figure de poète aux élans tantôt mystiques tantôt nostalgiques fut reprise par certaines figures littéraires françaises. Ce fut notamment le cas du dramaturge Maurice Bouchor, qui publia en 1892 une pièce intitulée Le songe de Khéyam et y repris dans ses grandes lignes l’interprétation de Gautier. Quelques années plus tard, Jean Lahor écrivit un ouvrage mettant en scène Khayyâm intitulé Illusion : le poète iranien se fait l’écho des pensées de l’auteur concernant l’omniprésence de la mort et son inquiétude face à la fragilité de l’existence. Il évoque également la problématique de l’existence du mal : selon lui, les Aryens ont cherché la réponse à cette question dans plusieurs écoles de pensées : d’abord le panthéisme, puis le pessimisme et le nihilisme. Ils glissèrent vers le stoïcisme et fondèrent finalement l’humanisme, que Lahor décrit comme étant la religion par excellence. Dans cette esquisse de l’évolution de la pensée perse, il situe Khayyâm dans la fin de la première partie, comme recherchant un remède ultime aux souffrances du monde dans la jouissance et l’ivresse de chaque instant, pour échapper à l’idée et à la fatalité de la mort. Dans son ouvrage parsemé de vers, il reprend des images clés de l’œuvre de Khayyâm en évoquant constamment de beaux corps devenus terre, et de dialogues entre les morts et les vivants qui seront bientôt appelés à les rejoindre :

Cette poussière, cette ordure
Ces os épars étaient jadis
La forme lumineuse et pure
D’une femme aux blancheurs de lys,
Jetant des rayons de tendresse […]
Ce que vous êtes, nous l’étions ;
Vous serez ce que nous sommes.
Voici les sages près des fous ;
Plus de brunes ici, ni de blondes.
Vous qui passez, regardez-nous,
C’est le dénouement de ce monde. [6]

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Jean Lahor

Khayyâm fut également l’objet d’attention d’André Gide, qui avait lu avec attention la traduction de Fitzgerald. Certains passages de son ouvrage Les nourritures terrestres ne sont ainsi pas sans rappeler certains thèmes des fameux quatrains. Comme les autres, Gide construisit « son » Khayyâm, dans lequel ses idées pouvaient trouver l’écho qu’il recherchait. Au début du XXe siècle, Khayyâm était connu par la majorité des écrivains et intellectuels français. En Angleterre, la traduction de Fitzgerald avait alors conquis de nombreux foyers. Dès la fin du XIXe siècle, tout un ensemble de clubs réservés aux admirateurs de Khayyâm furent fondés dans plusieurs pays d’Europe : il s’agissait pour certains de simples groupes de lecture et de partage d’une passion commune, tandis que pour d’autres, il s’agissait d’appliquer dans sa vie quotidienne la pensée – ou plutôt ce que l’on en comprenait – d’Omar Khayyâm. L’un des premiers du genre fut fondé en 1892 en Angleterre : il mêlait l’hédonisme à la vénération de Khayyâm et de Fitzgerald, mort près d’une décennie plus tôt. Sa traduction étant parue en 1859, il fut décidé que le nombre des membres du club n’excèderait pas 59 personnes. En 1900, un club du même genre fut fondé aux Etats-Unis. Il semble cependant que la France ne connût pas un tel phénomène : Khayyâm continuait de captiver plutôt l’attention d’écrivains et d’artistes isolés. Parallèlement à ces influences littéraires, de nouvelles traductions et recherches dont certaines étaient basées sur des sources persanes furent engagées. L’un de ces nouveaux traducteurs de Khayyâm fut Charles Grolleau, qui publia une nouvelle traduction des quatrains en 1902. Il fut bientôt suivi de Fernand Henry, qui proposa à son tour sa traduction des poèmes de Khayyâm.

La question de l’authenticité des quatrains

Parallèlement à ces nouvelles traductions, une controverse concernant l’originalité de la pensée de Khayyâm éclata aux Etats-Unis à la même époque : tout commença lorsqu’un membre du club des omaristes américains prénommé Amin al-Rayhâni traduisit le recueil d’un poète syrien aveugle appelée Abou al-Alâ al-Ma’arri ayant vécu près d’un siècle avant Khayyâm, et dont les idées ressemblaient à s’y méprendre à celles exprimées dans les Robâiyât. De nombreuses discussions furent alors engagées sur l’authenticité de la pensée de Khayyâm : Al-Ma’arri avait-il influencé ce dernier ? Au même moment, une autre controverse concernant l’authenticité de la majorité des quatrains de Khayyâm fut lancée par des chercheurs comme l’iranologue Arthur Christensen, qui affirma que seulement une douzaine de quatrains pouvaient être attribués avec certitude à Khayyâm. Face à ce double affront, un ouvrage de Georges Salmon intitulé Un précurseur d’Omar Khayyam ou le poète aveugle dans lequel il compare les œuvres des deux poètes et en conclut que tout séparait en réalité ces deux auteurs : le contenu de leur œuvre, la distance géographique, et les dates. Toute influence était donc impossible.

La « projection » des inquiétudes sociales ou personnelles de différents écrivains français n’en continua pas moins par la suite : ainsi, en 1905, le poète et essayiste anarchiste Laurent Tailhade publia Omar Khayyam ou les poisons de l’intelligence où il louait les idées libertaires de Khayyâm tout en lui reprochant d’avoir abusé de ce qu’il appelait les « poisons de l’intelligence », c’est-à-dire le vin et tout ce qui altère la raison de l’individu – choses dont l’auteur avait semble-t-il lui-même abusé dans sa jeunesse. Le monologue permet donc de passer à une sorte de dialogue fictif mettant en scène Khayyâm comme le reflet de ses propres erreurs.

Durant la première décennie du XXe siècle, d’autres poètes tels que Jean-Marc Bernard ou Georges Salmon s’inspirèrent également de Khayyâm dans leurs œuvres.

Après la Première Guerre mondiale, le mouvement conjoint de traductions et d’influences se poursuivit. En 1920, Claude Anet, journaliste qui avait passé plusieurs années en Iran, publia une traduction des Robâiyât et fut suivi par une nouvelle traduction de Franz Toussaint agrémentée de nombreuses gravures. Pour la première fois, ce travail était le fruit d’une collaboration d’un Français avec un Iranien, Ali Nowrouz. Cet ouvrage illustré connut un grand succès et contribua à une diffusion encore plus importante de l’œuvre de Khayyâm.

Durant cette période, la question de l’authenticité des quatrains fut de nouveau discutée et reprise par le même Arthur Christensen, qui revit ses critères et affirma que près de 125 quatrains pouvaient être attribués avec certitude à Omar Khayyâm. La controverse resta cependant ouverte jusqu’à la découverte d’un manuscrit datant de 1259 par Arthur Arberry en Angleterre qui contenait 172 quatrains, qui n’étaient selon l’auteur du manuscrit qu’une « sélection ». D’autres découvertes de manuscrits à Téhéran et aux Etats-Unis suivirent et permirent d’invalider les thèses selon lesquelles les quatrains originaux de Khayyâm ne se limiteraient qu’à une dizaine.

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Arthur Christensen

L’influence sur les écrivains resta constante, notamment chez des écrivains comme Marguerite Yourcenar. En 1943, l’écrivain Alexandre Arnoux publia une œuvre où l’influence de Khayyâm est omniprésente intitulée CVII quatrains. Cette œuvre était parsemée de vers où étaient abordés les grands thèmes khayyâmiens de la mort, de la place de l’homme dans l’univers, et de la fragilité de l’existence. Il faisait ainsi de Khayyâm une sorte de philosophe naturaliste, loin du mystique présenté un siècle plus tôt pas Nicolas. Quelques années après, le poète belge Jean Kobs publia les Roses de la nuit, dont les poèmes reprenaient également les mêmes grandes thématiques des quatrains, et faisaient dialoguer morts et vivants. D’autres traductions furent réalisées, dont celles de Maurice Chapelain en 1969, qui reste considérée comme l’une des plus belles. Suivirent ensuite les traductions plus récentes, telles que celles de Gilbert Lazard ou encore de Vincent-Mansour Monteil.

Depuis la seconde moitié du XIXe siècle, les Robâiyât de Khayyâm ont donc fait l’objet de l’attention de nombreux auteurs, poètes et dramaturges français. Si certains se sont juste contentés de les traduire, de nombreux auteurs se sont emparés du style et de certains motifs des quatrains pour y refléter leur propre pensée, engager un dialogue avec eux-mêmes et leur conception du monde, ou encore exprimer leurs inquiétudes existentielles et dénoncer certains maux de leur temps.

Notes

[1] Fitzgerald, Edward, Works, p. 13. Op cit : Hadidi, Javâd, De Sa’di à Aragon, l’accueil fait en France à la littérature persane (1600-1982), Al-Hodâ, Téhéran, 1999.

[2Journal Asiatique, juillet-août 1868, pp. 56-57. Op cit : Hadidi, Javâd, De Sa’di à Aragon, l’accueil fait en France à la littérature persane (1600-1982), Al-Hodâ, Téhéran, 1999.

[3] Judith Gautier évoque cette rencontre dans son ouvrage intitulé Le second rang du collier.

[4] Gautier, Théophile, L’Orient, II, 82. Op cit : Hadidi, Javâd, De Sa’di à Aragon, l’accueil fait en France à la littérature persane (1600-1982), Al-Hodâ, Téhéran, 1999.

[5] Ibid.

[6] Lahor, Jean, Illusion, p. 27. Op cit : Hadidi, Javâd, De Sa’di à Aragon, l’accueil fait en France à la littérature persane (1600-1982), Al-Hodâ, Téhéran, 1999.


Quelques œuvres de Khayyâm
- Zidj-e Mâlekshâhi (Les tables astronomiques)
- Resâleh dar sehat-e toroq-e hendesi barâye estekhrâj djazr va ka’b (Méthode pour l’extraction des racines carrées et cubiques)
- Risâla fi Barâhin alâ Masâ’il al-Jabr wa al-Moghâbila (Traité des démonstrations de problèmes d’algèbre)Risâla fi sharh iskhâl mâ min Mosâdirât Kitâb Oqlidos (Traité sur quelques difficultés des définitions d’Euclide)Robâiyât
- Poèmes arabes
- La traduction persane du sermon d’Avicenne sur le monothéisme


 

Bibliographie :
- Mostafâ Badkoubeyi Hezâveyi, Nâbegheh-ye Neyshâbour (Le génie de Neyshâbour), éd. Farâyen, 1995.
- Djavâd Barkhordâr, “Khayyâm-e Dâneshmand” (Khayyâm le savant), in revue Dâneshmand, n° 588, 2010.
- Djahânguir Hedâyat, Khayyâm-e Sâdegh (Le Khayyâm de Sâdegh)(Ensemble des œuvres de Sâdegh Hedâyat sur Khayyâm), Téhéran, éd. Tcheshmeh, 2005.
- Seyyed Akbar Mir Ja’fari, “Hakim Omar Khayyâm”, in revue Moa’llem, n°16, mai 2007
- Abolfazl Mohâdjer, « Pir-e Pegâh khiz » (Le Maître matinal), in Hamshahri, le 18 mai 2005.
- Ruba’iyat, trilingue (anglais, français, persan), avec l’introduction de Saïd Nafissi, Téhéran, éd. Namak, 2004.
- http://www.khayyam.info/persian/khayyam_persian09.htm

- Hadidi, Javâd, De Sa’di à Aragon, l’accueil fait en France à la littérature persane (1600-1982), Al-Hodâ, Téhéran, 1999.
- Fitzgerald, Edward, Rubaiyat of Omar Khayyam, edited by Daniel Karlin, Oxford University Press, 2009.

la Revue de Téhéran

Ezra Pound: Protector of the West

Ezra Pound: Protector of the West

By Ursus Major

Ex: http://www.counter-currents.com/

Ezra Pound was arguably the finest American-born poet and a first rate Classical scholar. He happened to be born in Idaho, a state not noted for either its poets or Classicists. It was, however, a center of the American Populist Movement, which pitted the (usually family) farmer against the banks and railroads. The Populists called themselves “National-Socialists,” long before that term was heard in Europe.

Pound was born in 1885, making him less than two-years younger than his later hero, Benito Mussolini. This was at the apex of the Populist movement. The Populist Party’s platform for the 1886 election was almost entirely written by Edward Bellamy. Bellamy was a novelist-journalist, whose utopian work, Looking Backward had sold over 1 million copies in the U.S. alone.

Looking Backward is set in the year 2000, and recounts the victory of National-Socialism: the nationalization of the banks and railroads, along with a host of reforms to alleviate the lot of the working-man without invoking Marxism. The syndicalism of Georges Sorel was a major influence upon the Populists, as it was upon the one-time Socialist, Benito Mussolini.

(Mussolini had been named “Benito,” which is not an Italian name, by his anarchist father, in honor of Benito Juárez, the Mexican revolutionary responsible for the execution of Maximilian. Actually, Juárez didn’t last that long: he was disposed of by his lieutenant Díaz, who proceeded to set up a dictatorship, which was 100-times more repressive than anything envisioned by the liberal Austrian Arch-Duke, who had been tricked by Napoleon III into accepting a “crown,” which was created by the French, the Catholic Church, and the Mexican latifundiastas: huge landowners. One should remember that the Spanish Habsburgs had ruled Mexico for centuries. The Habsburg arms — the Roman Double Eagle — are to be found on the Governor’s House in Santa Fe, New Mexico, which was founded during the Habsburg era. So Maximilian, being offered the crown as Emperor of Mexico wasn’t off-the-wall.)

What happened with the Populists? Basically, William Jennings Bryan stole their rhetoric; and Theodore Roosevelt along with Taft gave support to the trade-union movement. Bryan’s “Cross of Gold” speech, in support of the free-silver movement, caused the Populists to support Bryan, and they shared in Bryan’s defeat. Imperialism was the impetus of the hour, as the U.S. attacked and defeated Spain, taking what remained of the Spanish Empire (and sending the Marines to the Philippines, to show them that it was merely a “change of title,” by shooting half-a-million of the “liberated”).

Oscar Wilde once commented, “When a good American dies, he goes to Paris.” Pound didn’t wait until he was dead before leaving the Land of the Free and Hopelessly Vulgar. By 1908, he was living in London. In 1920, he moved to Paris (which was less expensive); and in 1924, he moved to Italy, where he was to remain until the U.S. Army brought him back to the Land of the Victorious and Hopelessly Vulgar — in a cage! Pound was an ardent Fascist and remained one until the day of his death, well over 30 years after the Duce and his mistress, Clara Petacchi, were hung like sides of beef from the rafters of a bombed-out gas station in Milan.

Pound found in Fascist Italy both the “National-Socialism” of the Populists plus a reawakening of the “civilizing” mission of Ancient Rome, of which Pound (the Classicist) was so fond. Pound referred to his poems as “Cantos” — lyrics! — which drew upon the greatest Euro-poets, from Homer on, as their inspiration; and, in his Pisan Cantos (written while confined to a cage in Pisa after WWII, and for which he was awarded the 1949 Bollingen Prize in Poetry) incorporating inspiration from that other great High Culture: the Culture of Confusian China. What was Pound doing in a U.S. Army cage? Awaiting some decision by the U.S. government as to what to do with its most famous poet — who had regularly broadcast pro-Axis speeches from 1941 on!

In the Plutocratic-Marxist alliance of WWII, he found all he had despised since his youth: the joint determination of Bankers and Barbarians to destroy Western Civilization (which, in Pound’s view was personified in Fascist Italy, with Germany a distant second). His slim prose work Jefferson and/or Mussolini drew attention to Jefferson loathing of banks and compared the tyranny of International Finance with British Mercantilism, finding the former worse than the latter. His anti-Semitic speeches were directed solely against Jewish financial control. (Unlike most anti-Semites, he was rabid in his loathing of Jewish financial interests, but totally indifferent toward the Jews qua Jews and was quite disturbed when Mussolini sanctioned the deportation of Italian Jews, who were obviously not financiers.) He described Italian Fascism as “paternally authoritarian” and subscribed to the view that freedom was for those who’d earned it. He described the American concept of free speech as merely “license”: “Free speech, without radio free speech is zero!” was a comment he made in one of his own broadcasts.

Although manifestly guilty of treason under U.S. law, the government felt embarrassed at the prospect of trying him, so they had some medical hacks from the military certify he was insane, and committed him to St. Elizabeths, the federal asylum in Washington from 1946 until 1958, when he was allowed to leave, providing he immediately left the country. That he did, returning to Italy; his last act in the U.S. being to accord the Statue of Liberty the Roman/Fascist salute!

The first of the “Cantos” had appeared in 1917. The last (96-109: Thronos) in 1959. The Whole he considered one vast epic poem, on a Homeric scale; however, it is more an epic reflecting the maturity of an artist and Classicist, in an age which marked the decline of both. One can see in influence of Yeats (who was also markedly pro-Fascist, but died before that could produce a crisis [1939]), Ford Maddox Ford and James Joyce were “cross pollinators” with Pound. T. S. Eliot and Ernest Hemingway [. . .] died before him; therefore, Ezra Pound became the last of the expatriate artists, a tradition that began with Henry James. Certainly some brief excerpt of his work is called for. The following is taken from one of the Pisan Cantos, written in the cage:

this breath wholly covers the mountains
it shines and divides
it nourishes by its rectitude
does no injury
overstanding the earth it fills the nine fields
to heaven

Boon companion to equity
it joins with the process
lacking it, there is inanition
When the equities are gathered together
as birds alighting
it springeth up vital

If deeds be not ensheaved and garnered in the heart
there is inanition.

I selected this example, because it draws upon the High Culture of China for inspiration, and incorporates within this a Classical maxim, which even those who know no Latin should be aware of. The final phrase (“if deeds be not ensheaved and garnered in the heart / there is inanition”) is a restatement of ACTA NON VERBA! (For those denied access to a dictionary of sufficient scope, “inanition” means “emptiness, a need – like a need for food or drink.”)

So Pound combines the essence of Mandarian art with the essence of the West, affirming the Spenglerian premise that all High Cultures are “transportable.” How many full-time Western symphony orchestras does Tokyo support? EIGHT! (Pound,by the way, was a excellent bassoonist.)

Leaving aside all other considerations, Ezra Pound — Poet and Traitor — PROVES the essential unity of all Euros. From Hailey, Idaho to London, Paris, Rapallo, Rome, an asylum in Washington,  D.C. back to die in his beloved Rapallo (where the aging Gore Vidal now spends most of his time), Pound showed that no part of Magna Europa is alien to any Euro. Art, like an orchid, requires a special soil, a special climate to blossom in. A poet was born in the prairies of Idaho, but his genius could not thrive in the same soil as potatoes. Even as thousands of years before, the genius of Ovid atrophied in Tomis, where Augustus had banished him (Ovid had a great influence on Pound), so the genius of Ezra (what a horrid name!) Pound, Classicist, Poet-Supreme, would have atrophied in that backwater of Magna Europa. And so the Euro had to return to the primal soil, that his genius might bloom — yes, and be driven into treason, lest greed and barbarism destroy Magna Europa. “If this be treason, let us make the most of it!” Patrick Henry admonished his colleagues. Pound made as much of it as he could.

That what he saw as a deadly threat to his Race-Culture, he put ahead of the color of his passport may be heinous or not. That is not the issue. The issue is that Hailey, Idaho could give Magna Europa one of Her greatest poets, whose greatness ensued in the main from his ability to absorb all that had gone before and say it anew — even deploying adoptive forms!

 


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mardi, 06 novembre 2012

Russia can make Greece prospering state in one year

Russia can make Greece prospering state in one year

by Lyuba LULKO
 
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Two years ago, Greece missed the chance to extricate from the crisis with Russia's help. Nowadays, Russian investments in the country grow and give air to breathe to economies of several regions of Greece, such as the north-east. Russian investors are especially attracted by cheap real estate, tourism and the property that they can buy from the state.

"Greece should only give Russia the green light, and the Russian money will come," said Ivan Savvidi, a businessman and the president of the Association of Greek Public Organizations of Russia said. "If Greece asks Russian business, I can tell you that by October next year, Greece will become a prosperous country," the BBC quoted Savvidi, a former deputy of the Russian State Duma.

"Russia has never turned its back on Greece in a thousand years, and, of course, it will not now," the official said.

According to Savvidi, the Greek government has once missed a historic opportunity to get out of the crisis with Russia's help. "Two years ago, when George Papandreou (former Prime Minister) met with Vladimir Putin, the Russian side was ready to help, but Athens did not raise the issue," Savvidi said.

Why wasn't Greece ready? Prominent German politician of the CDU, Armin Laschet, tried to answer this question. According to him, Greece's exit from the euro zone "may lead to instability in NATO member states. Russia is ready to help Greece with its billions should the scenario continues to develop," Laschet told Reuters. "There is much more at stake here than just a question of whether Greece meets the criteria of EU's bailout plan."

However, despite the absence of political will on the part of Greece, Russian investments in the economy of the crisis-stricken nation grow. First, it is tourism that Savvidi called "the oil pipe of Greece." Eleftherios Meletlidis, a hotelier in the area of Mount Athos, told the BBC that the number of tourists in the region had increased tenfold since 2002. "The Russian market is huge. The Russians practice  Orthodoxy, they love Greece. The proximity to Mount Athos is the key, as the Russians are very religious, at a much greater extent than the Greeks."

According to Russia-Greece Chamber of Commerce, tourists from Russia - 1.7 million people last year - leave a lot of money in the country - about $ 2 billion. About 7 percent of Russians come with a wish to buy real estate. For example, last year there were 31,000 such transactions registered. "The Russians have a strong interest in acquiring land, businesses and real estate," said Grigoris Tassios, the chairman of the Association of Halkidiki Hotels in the north of the country.

According to him, Russian entrepreneurs have acquired eight hotels in four years. "But the Russians are tough negotiators. They know that the market is depressed and therefore request a 30 percent discount on everything that catches their interest," he added.

It should be noted that the Greek real estate market is not in the first priority of the Russians - it takes only the 15th position. The second Greek-Russian forum on real estate, which was held in Athens on October23-24, unveiled the following numbers. Russians prefer to buy property in Italy (35 percent), Bulgaria (15 percent), the U.S. (12 percent), Czech Republic (9 percent), Spain (8 percent), Turkey (3 percent), Greek portal Imerisia.gr. wrote.

The President of the federation of Russian brokerage firms, Anna Lupashko, reported that in Greece, Russian customers look for real estate ranging from 100 to 200 thousand euros for personal recreation. She described an average Russian investor. This is a businessman aged 30-45, married, with children, concluding his or her deal for the first time. He or she wants to spend around 150,000 dollars (56 percent). As many as 13.6 percent buy homes within 500,000 dollars in the countries such as the UK, Italy and France). They buy mostly new apartments (55 percent), and are not interested in real estate property under construction.

The Russians also look for a mild climate (71 percent), friendly attitude of people (44 percent) and investment opportunities (40 percent). All of this they can find in Greece. In addition to tourism and real estate, the Russian business is ready to invest in the infrastructure and industry of the country. To implement the recommendations of the IMF, ECB and EU, the Greek government widely privatizes state property in order to replenish its liquidity. A Russian investor has bought a controlling stake in the state-controlled Dodoni dairies and a port complex in Thessaloniki. Gazprom is interested in buying DEPA gas company; Russian Railways monopoly is interested in unprofitable Greek railways.

Despite Greece's membership in the EU and NATO, the country's friendship with Russia has many years of fine traditions. Count Ioannis Kapodistrias, a Greek diplomat and foreign minister of the Tsarist Russia, was elected in 1827 the first President of Greece (after the country became independence from the Ottoman Empire).

During the Greek National Liberation Revolution in 1821 - 1829 years, the "Russian party" that was representing the Peloponnesian Greeks was primarily responsible for the armed struggle against the Turks on land. Russia's influence has not been lost in the areas where Russia was fighting against the Ottoman Empire. This influence grows through investments from both private and state Russian businesses and can be much bigger if the Greek government has the political will for it.

Lyuba Lulko

Pravda.Ru

Read the original in Russian 

Islam : un échec des médias

Islam : un échec des médias

Overdose de l’opinion sur le matraquage médiatique.

par Raoul Fougax 
ex: http://metamag.fr/  

La conclusion du dernier sondage du Figaro est sans appel. L’image de l’islam se dégrade fortement en France: une influence et une visibilité « trop importantes ». On doit s’arracher les cheveux dans certaines rédactions. En fait,  les français ne sont pas dupes. Le matraquage permanent sur « les beautés de l’islam qui enrichissent notre diversité », cette chance pour la France grâce à l’immigration a saturé le public.
 
 
Il faut dire que les médias, confondant information et communication, mises en perspective et propagande, en font des tonnes. L’islam est mieux traité dans les médias que les autres religions  et les musulmans toujours valorisées. Dés qu’un  incident met en cause des « craignant dieu » aussitôt la parole est donnée  à des musulmans rassurants dans leurs discours de tolérance et de « vivre ensemble ». Chaque fête du calendrier musulman est expliqué et valorisé, le ramadan, le pèlerinage, la fête du mouton, tout est admirable car l’islam il est beau, l’islam il est gentil comme  aurait pu dire le regretté Jean Yanne.
 
C’est le problème des médias. Ils en font trop dans les infos mais aussi dans les magazines d’actualités ou de reportages sans parler des séries télévisées toujours très « islamiquement » correctes.
 
On n’est pas loin d’un prosélytisme médiatique. 

Trop c’est trop. Ils portent tort à la cause qu’ils veulent servir. Le sondage du Figaro du 25 octobre dernier est un sondage dans une forte actualité religieuse.
 
un sondage dans une forte actualité religieuse.
 
La communauté musulmane de France s'apprête à fêter sa plus grande fête de l'année, Aïd-el-Kébir, également dénommée Aïd-el-Adha, fête du sacrifice. Elle intervient au lendemain du rassemblement de millions de pèlerins sur le mont Arafat près de La Mecque. Cette fête commémore l'acte de sacrifice, interrompu par l'ange, du fils d'Ibrahim (Abraham dans la tradition juive). Elle voit donc les familles musulmanes immoler, après le sermon de l'aïd, un mouton ou un bélier, parfois un bovin ou une chèvre, couché sur le flanc gauche et la tête tournée vers La Mecque.
 
Un sondage intéressant
 
L’analyse du sondage par le Figaro qui ne porte pas de jugement est intéressante. «Notre sondage, explique Jérôme Fourquet, directeur du département opinion de l'Ifop, démontre une évolution qui va dans le sens d'un durcissement supplémentaire des Français vis-à-vis de cette religion et d'une perception négative renforcée de l'islam. Même si une proportion non négligeable de Français, 40 %, continue à se dire indifférente à la question de la présence de l'islam en France.»
 
 
Ce qui explique, à ses yeux, un tel durcissement - 43 % des sondés considèrent l'islam comme une «menace» - est lié à une «visibilité» fortement accrue de l'islam sur la scène publique et médiatique. «Ces dernières années, il n'est pas une semaine sans que l'islam, pour des questions sociétales, (voile, nourriture halal(, ou pour une actualité dramatique, (attentats, ou géopolitique(, n'ait été au cœur de l'actualité.» D'où cette autre impression: 60 % pensent que cette religion a désormais «trop d'importance». Ils étaient 55 % il y a seulement deux ans. Ceux qui se disaient indifférents à cette question passent de 41 à 35 %.
 
 
«De ce point de vue, ajoute Jérôme Fourquet, la polémique sur le fast-food halal à Roubaix - certes largement instrumentalisée politiquement - ou certaines publicités halal, ont eu plus d'effets que n'importe quel discours politique. Elles confirment dans l'opinion l'irréversibilité de l'enracinement de l'islam en France, qui n'est plus perçu comme un problème passager. Voilà une clé d'interprétation de ce sondage: cette caisse de résonance permanente conduit à une prise de conscience très forte qui n'a peut-être jamais été atteinte à ce point
 
Une analyse qui apparaît du reste très nettement quand les questions sont posées sur le voile islamique ou sur la construction des mosquées. En 1989, 33 % des sondés se disaient favorables à la construction des mosquées. Ils ne sont plus que 18 %. Pour le voile dans la rue, et sur la même période, les personnes opposées passent de 31 % à 63 %. Et les indifférents ont quasiment fondu de moitié pour n'être que 28 %. Quant au voile à l'école, le feu rouge écarlate s'allume puisque l'on passe sur la même période de 75 % opposés à 89 %! Les indifférents chutant de 17 % à 6 %… « 
 
Tout se passe comme si les marqueurs du communautarisme étaient devenus insupportables aux français, qui ne voient, au passage, aucun effet des «actions ou des budgets des pouvoirs publics» pour l'intégration, conclut le journal. Jugeant lui aussi les musulmans responsables de leur mauvaise image, le Front national (Fn) exhorte dans un communiqué «l’islam à s’adapter à la République» et les musulmans à «s’assimiler». Une approche qui bien sûr inquiète Libération qui tente de prendre en compte les résultats de ce sondage.
 
 
« Le sociologue Raphaël Liogier, auteur du « Mythe de l’islamisation » et professeur à Sciences Po-Aix, s’est dit très préoccupé par le sondage qui, selon lui, reflète une «situation explosive».
Le «plus grave», dit-il, est la statistique suivante : « 68% des sondés attribuent les problèmes d’intégration des musulmans à leur «refus de s’intégrer. En disant cela, les Français supposent une intention maligne et négligent les facteurs économiques et sociaux», estime le chercheur. «On est dans la définition clinique de la paranoïa : on a peur de choses que l’on ne voit même plus, que l’on suppose exister
« C’est très dangereux,  car cela peut entraîner des personnes fragiles à se prendre pour des «héros isolés» de la «civilisation européenne» et à verser dans la violence », dit-il. L’occupation de la Mosquée de Poitiers samedi par le groupuscule d’extrême droite Génération identitaire relève, selon lui, de cette logique. Mais «le pire est encore devant nous», ajoute l’expert en estimant possible l'émergence en France d’un tueur comme Anders Behring Breivik, qui a assassiné 77 personnes en Norvège le 22 juillet 2011 au nom de la lutte contre le multiculturalisme. 
 
Un amalgame  cousu de fil blanc

Il n’en reste pas moins que l’apologie médiatique permanente de l'islam ça ne marche pas et que cela aurait même un effet repoussoir.
 
Les journalistes concernés en tireront-ils les conséquences?  Non bien sûr! Tout simplement parce qu’ils en sont incapables. Incapables  de relativiser leurs opinions par rapport aux faits. Ils veulent imposer leur vision de l’islam pour aider l’idéologie immigrationiste et antiraciste dont ils se réclament. C’est leur droit, mais le problème c’est qu’ils pensent au fond d’eux-mêmes que c’est même leur devoir.

Le pétrole, le grand stratège d’hier et d’aujourd’hui

La 3ème guerre mondiale expliquée - Le pétrole, le grand stratège d’hier et d’aujourd’hui

La 3ème guerre mondiale expliquée

 

Le pétrole, le grand stratège d’hier et d’aujourd’hui



par Jean Ansar
Ex: http://metamag.fr/
 
Dans son numéro 9, daté d’Octobre 2012, la revue Guerres § histoire confirme toutes ses qualités. Des articles clairs, remarquablement illustrés, des angles originaux,  tout y est avec l’essentiel : connaitre le passé pour comprendre le présent et préparer l’avenir. Le dossier de ce numéro est au regard de ces critères une référence. Il s’intitule : « Le pétrole. L’arme noire qui a fait gagner les alliés ».
 
Une thèse incontestable

Les puissances militaires de l’axe ont perdu la guerre faute de moyens énergétiques suffisants. La hantise du manque de carburant et donc de pétrole explique des choix stratégiques qui sinon seraient incohérents comme certaines offensives allemandes, mais aussi l’entrée en guerre quelque peu précipitée du japon.
 
 
En fait, cette explication éclaire la stratégie américaine d’aujourd’hui qui consiste par la guerre ou des changements de régimes  à  se mettre en position de contrôler l’essentiel des ressources du monde en énergie fossile.
 
On peut se demander dans quel but ?

Il parait évident : isoler la Chine, le seul vrai rival et pousser ce pays à une politique militaire aventuriste. On refait à la Chine le coup du Japon- moyen orient - Asie centrale permettant un isolement énergétique, de l’empire du milieu.
 
Le Pentagone a programmé, pour permettre aux Usa de conserver leur leadership mondial, un conflit contre la Chine. Une troisième guerre mondiale est annoncée. C’est depuis longtemps la conviction  de Metamag, évoquée à plusieurs reprises. Une conviction confortée par la lecture de ce dossier exceptionnel qu’on peut lire par ailleurs comme une simple étude historique originale.
 
Les têtes de chapitre sont éclairantes. A l’orée de la seconde guerre mondiale, les alliés sont dès le départ dans une position dominante dans le jeu pétrolier, impératif pétrolier qui va vite s’imposer à la stratégie des belligérants. L’Italie par exemple n’a pas les moyens de ses ambitions. Elle a une belle flotte de guerre, mais dès 1941 la moitié est à quai, faute de carburants. C’est de toute évidence l’embargo pétrolier qui a provoqué Pearl Harbour et le manque de carburant qui a mis en échec Rommel.
 
 
L’ouverture du deuxième front soviétique s’explique par une offensive préventive par rapport aux plans de Staline mais aussi par la nécessité d’atteindre les réserves du Caucase puis de faire la jonction avec l’Afrika Corps en Irak. Si Hitler avait réussi, tout aurait changé.

 
En 1941, l’Amérique a le pétrole sur son propre territoire. Elle n’a aucun risque de manque. Sa stratégie est libre. Elle peut de plus bombarder le tissus industriel allemand et rester hors de portée. L 'Europe centrale allemande n’a jamais atteint à l’autarcie énergétique, même avec l’apport du charbon. La puissance s’est tarie et n’a pu se renouveler.
Ce n’est pas le courage qui a manqué au soldat allemand ou japonais pour gagner, c’est le manque d’énergie fossile, ce sang noir indispensable à la guerre mécanisée.
Les dirigeants ne l’ont pas suffisamment anticipé et n’ont pas réussi à briser les anneaux de l’encerclement énergétique. Quand on regarde la carte, c’est évident. Rommel n’arrive pas au Caire et le front de l’est est figé avant Grozny. Entre les deux se trouvent les principales réserves mondiales de pétrole, hors Usa et Urss. 
 
Tout est dit. Voilà une remarquable leçon à tirer du passé…. C’est sans doute ce que sont en train de faire les stratèges du pentagone mais aussi ceux de… Pékin. Ce n’est guère rassurant.

L’anti-Modernité : une révolte contre-productive ?

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L’anti-Modernité : une révolte contre-productive ?

par Daniel COLOGNE

Je ne regrette pas les années passées dans la compagnie livresque de René Guénon et Julius Evola. L’un a concrétisé sa critique principielle de la modernité en « s’installant en Islam ». L’autre a mené, jusqu’à son décès survenu en 1974, un inlassable combat pour « orienter convenablement tous les révoltés contre le monde moderne » (Georges Feltin-Tracol).

À la fin de la décennie 1970, on commence à parler de « post-modernité », de « condition post-moderne » (Jean-François Lyotard), mais c’est plutôt une « hypermodernité » que d’aucuns diagnostiquent dans les événements de l’histoire la plus récente. On est donc en droit de se poser cette question : la position à contre-courant n’a-t-elle pas eu pour effet d’accentuer ledit courant ? L’anti-modernité serait-elle une révolte contre-productive ?

Ce sont les pays de la plus ancienne sagesse (l’Inde, la Chine) qui mettent aujourd’hui le plus d’acharnement à épouser la cadence infernale du productivisme occidental. « Enrichissez-vous rapidement » : ce mot d’ordre qui fait la synthèse de Guizot et de Marinetti est devenu la devise d’une terre où les sages d’autrefois faisaient équivaloir un million d’années de l’histoire humaine et un instant de la respiration divine. La volonté de puissance matérielle est désormais la seule raison de vivre de la pseudo-élite de milliardaires de cette Extrême-Asie où, il y a 2 500 ans, on cherchait « la Voie » en évitant de « tailler du bois à la place du Grand Charpentier ».

Loin d’offrir à l’Occident, via ses écoles soufies, un modèle de redressement spirituel, l’Islam des dernières décennies est traversé par des tendances qui le font apparaître comme une hideuse « machine à fabriquer de la haine » (Bernard-Henri Lévy) et qui constituent l’expression hypermoderne de la guérilla dont le nom même date de l’enlisement de Napoléon en Espagne (1808). Ce terrorisme aveugle, insoucieux des dégâts collatéraux parmi des milliers d’innocents, est une caricature de la « guerre sainte » (« grande » ou « petite »), une version meurtrière et dévoyée de la mors triumphalis qui promettait au guerrier de la Tradition une ascension paradisiaque dans les bras des Walkyries.

Moins par conviction profonde que par honnêteté intellectuelle, Guénon a examiné les potentialités de l’Église catholique romaine de restaurer spirituellement l’Occident. Dans le sillage de Georges Feltin-Tracol, il n’est pas interdit de penser qu’Evola voyait dans le catholicisme « une adaptation des vieux polythéismes européens ». Force nous est cependant d’admettre que les courants de « renouveau » qui traversent aujourd’hui l’Église vont dans le sens d’une protestantisation : contact direct de l’individu avec Dieu, charismes attribués sans discernement à des laïcs, influence de l’évangélisme nord-américain, sans parler des talibans bien spécifiques, tout aussi dangereux que ceux d’Asie Centrale, réchauffés en leur sein par des sectes manichéennes.

Notamment inspiré par Otto Weininger, Evola développe une Métaphysique du sexe tout en nuances, où la supériorité principielle du H sur le F s’accomode de la bisexualité concrète de tout être humain et de la subtile distinction entre sexe intérieur et sexe apparent. Bien que cet ouvrage ait été revendiqué comme livre de chevet par la célèbre chanteuse Dalida, les media véhiculent plus que jamais, depuis le début des années 2000, l’égalitarisme homme-femme façon Kate Millett et Simone de Beauvoir.

Dans ce domaine, les repères sont tellement brouillés qu’on a vu des chefs de file de partis identitaires mettre l’égalité des sexes au fronton de leur programme. Un ex-commissaire de police ainsi reconverti en suffragette s’est rangé aux côtés des amazones hystériques de la laïcité face aux prétendus périls du foulard et de la burqa. En Belgique et en France, Mesdames Antoinette Spaak et Élisabeth Badinter ont sommé les femmes musulmanes de se dévoiler pour mesurer avec leurs consœurs occidentales « éclairées » tout le chemin parcouru depuis Lucy pour la conquête des droits du « deuxième sexe ».

Nous voici à l’évocation du darwinisme, un des dogmes intouchables de la modernité. Sur ce point aussi, la critique guénonienne et évolienne a eu un effet paradoxal. Censée rebelle à toute vérité absolue, la modernité oppose depuis peu, à ceux qui persistent à se révolter contre elle, son dogmatisme de substitution, sa religion de rechange, ses « valeurs-fétiches » dont Georges Feltin-Tracol a pu écrire qu’elles exercent une « tyrannie morale », voire une « insupportable théocratie ».

Le progressisme est une de ces « valeurs-fétiches ». Encore convient-il d’écouter le sage conseil de Paul Virilio et de ne pas confondre le progrès et sa propagande. Ce n’est pas parce que les média présentent la Gay Pride comme une fête nationale qu’il faut tenir tous les homosexuels pour des exhibitionnistes. Sur les ondes et les écrans, les dépénalisations de l’avortement et de l’euthanasie apparaissent comme d’irréversibles « avancées ». Il ne faut cependant pas réagir comme si Simone Veil et Willy Peers avaient poussé toutes les femmes à se débarrasser de leurs enfants non désirés. Le progrès ne consiste pas à tuer un enfant dans le ventre de sa mère ou à abréger les souffrances d’un vieillard. Il ne réside que dans une édulcoration juridique somme toute banale. Qui oserait en effet traiter d’assassins le médecin qui accorde à son patient le droit de mourir dans la dignité ou la jeune femme qui refuse d’assumer les conséquences d’un moment d’égarement ?

C’est dans la mesure même où la critique anti-moderne s’en prend à « l’état de droit » comme à un bloc monolithique que la modernité impose son « processus d’indistinction » (Alain de Benoist) au bout duquel même les plus légitimes discriminations passent pour des injustices.

Dans l’une de ses livraisons de 2009, la revue Éléments met en garde contre le non-discernement des « articulations historiques contingentes », auxquelles il faut opposer les articulations idéologiques essentielles. L’État de  droit n’est pas indissociable du libéralisme. Le fait que l’embryon des « droits de l’homme » (l’habeas corpus) ait vu le jour en Angleterre au XVIIe siècle n’autorise nullement à penser le « droits-de-l’hommisme » échevelé des années 2000 comme la « super-structure » d’une « nouvelle classe » bourgeoise, dont les intérêts seraient par essence liés au monde anglo-saxon, à la thalassocratie, voire à « l’humanisme occidental » dénoncé d’une manière « sloganique » (Éric Louvier) dénuée de toute réflexion.

Sur la base de critères secondaires (couleur de la peau, appartenance ethno-religieuse, marginalisation sociale, comportement sexuel minoritaire), le principe de non-discrimination de l’État de droit peut parfaitement être respecté par un régime non moderne, dont la doctrine officielle serait le retour aux inégalités naturelles, aux hiérarchies transversales, aux « races de l’esprit ». Pour cette dernière grande idée, les évoliens militent depuis trois décennies pour constater que le discours dominant demeure l’égalitarisme réduisant les humains à ce qu’ils ont de plus ordinaire en commun (double sens du latin laicus), tandis que la révolte anti-moderne reste entachée de racisme, « ennemi gémellaire » de l’universalisme, selon une heureuse formule de Georges Feltin-Tracol. Tradition et modernité seraient-elles des « ennemis gémellaires » ? Posons-nous enfin cette bonne question, sans quoi notre lutte contre un Système doté d’une immense faculté de récupération risque de déboucher sur une « impasse intellectuelle majeure » (Rodolphe Badinand).

La « démonie de l’économie » (Evola) et « le règne de la quantité » (Guénon) nous a préservés de l’absurde tentation de réduire l’homme à sa capacité de travail social. Nous avons mobilisé les plus vieux mythes de l’humanité pour étayer notre vision du travail comme pénible par définition, issu d’une « chute » et d’un « péché originel » (perspective biblique), résultant de la sortie de « l’Âge d’Or » (point de vue des légendes païennes), mais toujours connoté par les idées de souffrance, de peine, voire de torture.

Les utopistes narratifs et programmatiques des temps modernes ont consolidé cette vision. Les récits de voyages nous ont emmenés, non vers des « pays de nulle part » (ou-topos), mais vers des lieux idéaux où l’on se sent bien (eu-topos) parce qu’on y travaille de moins en moins. Les premières doctrines socialistes inscrivaient la diminution du temps de travail dans le développement normal de l’histoire de la « race humaine aux destins d’or vouée » (Émile Verhaeren). En 1911, le gendre de Karl Marx publiait un Droit à la paresse, tandis que jouaient encore en culottes courtes des sociologues qui annonceraient, un demi-siècle plus tard, une « civilisation des loisirs », une « révolution silencieuse » où le progrès technique délivrerait l’humanité d’une large part de pénibilité du travail, une « ère nouvelle » où serait déchiré « le vieux cahier des charges », comme le chantait Nougaro en 1988 (Il faut tourner la page).

On nous dit aujourd’hui que, pour faire face à la crise et relancer la croissance, il faut travailler plus, tant au niveau de la prestation hebdomadaire qu’à l’échelle de la vie tout entière. Presque aussi absurde que le service militaire obligatoire, cette idée figure parmi celles que l’on peut critiquer tant du point de vue traditionnel que moderne. C’est vers ce type de critique qu’il faut braquer de nouveaux faisceaux de clarté, afin de dépasser le clivage dans lequel les pseudo-Lumières cherchent à nous enfermer, pour abandonner le stérile et obsolète antagonisme Tradition – Modernité.

J’ai cité Verhaeren et pour terminer, à travers un coup d’œil sur ses recueils Les Campagnes hallucinées et Les Villes tentaculaires, je vais suggérer aux générations futures de notre famille de pensée l’approfondissement de nos lettres et de nos arts européens, et tout particulièrement de notre patrimoine poétique, qui recèle peut-être de plus vives sources de lumière que les grandes œuvres théoriques du traditionalisme.

Certains poèmes de Verhaeren évoquent la Tradition et la Modernité par des images fortes davantage que par l’enchaînement parfois rébarbatif des concepts, et ce dans la féconde perspective d’une « synthèse des mondes » aux antipodes des lassantes antinomies toujours recommencées.

 

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Mais il faut d’abord faire justice d’un préjugé. Verhaeren n’est pas un chantre du modernisme. Certes, il est fasciné par les cheminées d’usines et les locomotives à vapeur, mais il reste sensible au charme des béguinages et des beffrois. Le rythme de la vie moderne lui inspire une esthétique nouvelle désarticulant la strophe en vers hétérométriques, mais il n’abandonne jamais complètement l’usage de l’alexandrin. Il est socialiste sans jamais oublier que la conquête des droits implique l’assomption de devoirs correspondants. Il perd la foi catholique en 1885, mais dix ans plus tard, il écrit encore :

« Et qu’importent les maux et les heures démentes,

Et les cuves de vice où la cité fermente,

Si quelque jour, du fond des brouillards et des voiles,

Surgit un nouveau Christ, en lumière sculpté,

Qui soulève vers lui l’humanité

Et la baptise au feu de nouvelles étoiles. »

Reflété par l’agglomération urbaine dévorant la campagne, l’affrontement de la Modernité et de la Tradition se poursuit dans l’enceinte même de la cité, où coexistent désormais les joyaux d’architecture passée et le réseau de plus en plus dense du chemin de fer, que le jeune Verhaeren a vu s’étendre dans la seconde moitié du XIXe siècle.

« Et les vitraux, peuplés de siècles rassemblés

Devant le Christ – avec leurs papes immobiles

Et leurs martyrs et leurs héros – semblent trembler

Au bruit d’un train lointain qui roule sur la ville. »

(Les cathédrales)

 

Lorsque Émile Verhaeren décède en 1916, à l’âge de 61 ans, dans un stupide accident ferroviaire en gare de Rouen, Julius Evola n’est encore qu’un artilleur perdu dans l’anonymat des tranchées et René Guénon n’a pour carte de visite que quelques années d’errance dans l’univers glauque de l’occultisme parisien. Mais les vers prophétiques du poète couvrent aujourd’hui de leur voix sonore les lourdes ratiocinations philosophiques sur le matérialisme devenu planétaire :

 

« Oh l’or, là-bas, comme des tours dans les nuages,

L’or étalé sur l’étagère des mirages,

Avec des millions de bras tendus vers lui,

Et des gestes et des appels, la nuit,

Et la prière unanime qui gronde,

De l’un à l’autre bout des horizons du monde ! »

(La Bourse).

 

Point n’était besoin de déclarer des « guerres en chaîne » (Raymond Aron) et de remplir les rayons des bibliothèques pour deviner que le capitalisme sortirait vainqueur de toutes les révolutions qui ont cherché à l’abattre.

 

L’or de Verhaeren n’est pas seulement l’objet de la quête frénétique du profit. C’est aussi le métal précieux qui symbolise le premier âge du monde bien avant qu’Evola et Guénon n’appellent Hésiode et Virgile à la rescousse pour en célébrer les bienfaits perdus.

 

L’Âge d’Or selon Verhaeren n’est pas une théocratie parfaite, une royauté sacrée, un système de castes que n’altère aucun dysfonctionnement. C’est une source de lumière décrite en termes d’esthète :

« Plus loin que la vertu ou le vice,

Par au delà du vrai, du faux, de l’équité,

Et plus haute que n’est la force et la justice,

Luit la beauté. »

 

(Les idées)

« Clef du cycle humain », la beauté est « large accord » et « totale harmonie ». Toujours dans le même texte, Verhaeren ajoute :

« Les temps sont datés d’elle et marchent glorieux

Dès que sa volonté leur est douce et amie. »

Nous verrons plus loin que le « cycle humain » s’ouvre sur la beauté et se clôt avec la sagesse, mais il arrive que le poète attende aussi la beauté dans le futur,

« Vers les temps clairs, illuminés de fêtes ,

[car]

Quiconque espère en elle est au delà de l’heure

Qui frappe aux cadrans noirs de sa demeure. »

 

Sous les auspices de la sagesse ou de la beauté, ou des deux à la fois, le « temps des Dieux » reviendra et redonnera vie au « cœur antique de la terre » qui « pourrit » dans

« La plaine et le pays sans fin

Où le soleil est blanc comme la faim. »

(Les Plaines).

Dans cette attente alternent des périodes d’assombrissement et des phases de renouveau : l’Égypte, la Grèce, Florence, Paris. Le décadentisme linéaire contre-productif est étranger à Verhaeren qui salue l’humanisme du Quattrocento comme une authentique renaissance et le classicisme français indépendamment de son articulation historique avec l’absolutisme et le centralisme du « Roi-Soleil ».

Étonnante est la place que réserve Verhaeren au Christianisme dans le mouvement général de l’histoire. Le Dieu unique des chrétiens apparaît comme l’ultime avatar du polythéisme. Évoquant les ostensoirs des cathédrales, le poète écrit :

« Ils conservent, ornés de feu,

Pour l’universelle amnistie,

Le baiser blanc du dernier Dieu,

Tombé sur terre en une hostie. »

Certaines strophes ont des accents nietzschéens :

« L’esprit de la campagne était l’esprit de Dieu;

Il eut peur de la recherche et des révoltes;

Il chut; et le voici qui meurt, sous les essieux

Et sous les chars en feu des nouvelles récoltes. »

Mais avant la « mort de Dieu », c’est l’éclipse de l’astre diurne qui hante le poète et ne laisse dans l’obscurité que la crainte de la mort.

« Et les grands bras des Christs funèbres,

Aux carrefours, dans les ténèbres,

Semblent grandir et tout à coup partir,

En cris de peur, vers le soleil perdu. »

Verhaeren semble préfacer ici le monothéisme solaire d’Hermann Wirth (1885 – 1981) et la vision d’une humanité conviée à enrichir le « progrès » (uniquement horizontal et matériel) par une Aufgang (ascension spirituelle, dimension verticale).

« Ô race humaine aux destins d’or vouée. »

Dieu et Satan sont présentés comme des « ennemis gémellaires ». Pour affermir la foi en l’un, l’autre sème la peur. Face aux mauvaises récoltes et à leurs granges ravagées par les intempéries, les paysans ne savent plus à qui adresser leurs prières, à l’Être Suprême qui devrait rayonner de miséricorde ou à son complice destructeur inavouable :

« Le Satan noir des champs brûlés

Et des fermiers ensorcelés

Qui font des croix de la main gauche. »

(Pèlerinage)

Devant les ambiguïtés des chrétiens d’aujourd’hui, Verhaeren récrirait sans doute ces vers qui dépeignent les croyants d’avant 1914 :

« Luttant avec des cris et des antinomies,

Au nom du Christ, le maître abominable ou doux,

Selon celui qui interprète ses paroles. »

(Les idées)

Le matérialisme est évidemment dénoncé comme un symptôme crépusculaire :

« Comme un torse de pierre et de métal debout

Le monument de l’or dans les ténèbres bout. »

La modernité ne coïncide pas pour autant avec l’agonie de la civilisation. Verhaeren place dans la recherche scientifique son espoir d’une définitive résurrection à l’horizon d’un avenir lointain.

« C’est la maison de la science au loin dardée,

Par à travers les faits jusqu’aux claires idées. »

(La Recherche).

La science est à la fois une accumulation de savoir et un trésor de sagesse. Aussi Verhaeren imagine-t-il « les derniers paradis » comme des campagnes à la paix retrouvée, « un monde enfin libéré de l’emprise des villes » et de leur voracité tentaculaire, des champs « délivrés de leur folie » et « affranchis de leurs présages », une terre nouvelle

« Où s’en viendront rêver, à l’aube et aux midis,

Avant de s’endormir dans les soirs clairs, les sages. »

(Vers le futur)

De ce rêve de poète qui unifie le meilleur de la Tradition et de la Modernité en une synthèse « s’élevant au ciel », il y a peut-être beaucoup plus à attendre que des constructions philosophiques, si brillantes soient-elles, qui les opposent en un conflit sans issue et nous entraînent dans une impasse en sous-sol majeur.

Daniel Cologne


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Entretien avec Gilbert Sincyr

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« Le Paganisme est une Vue du monde basée sur un sens du sacré, qui rejette le fatalisme. Il est fondé sur le sens de l’honneur et de la responsabilité de l’Homme, face aux évènements de la vie »

Entretien avec Gilbert Sincyr, auteur du livre Le Paganisme. Recours spirituel et identitaire de l’Europe

par Fabrice Dutilleul

Votre livre Le Paganisme. Recours spirituel et identitaire de l’Europe est un succès. Pourtant ce thème peut paraître quelque peu « décalé » à notre époque.

Bien au contraire : si les églises se vident, ce n’est pas parce que l’homme a perdu le sens du sacré, c’est parce que l’Européen se sent mal à l’aise vis-à-vis d’une religion qui ne répond pas à sa sensibilité. L’Européen est un être qui aspire à la liberté et à la responsabilité. Or, lui répéter que son destin dépend du bon vouloir d’un Dieu étranger, que dès sa naissance il est marqué par le péché, et qu’il devra passer sa vie à demander le pardon de ses soi-disant fautes, n’est pas ce que l’on peut appeler être un adulte maître de son destin. Plus les populations sont évoluées, plus on constate leur rejet de l’approche monothéiste avec un Dieu responsable de tout ce qui est bon, mais jamais du mal ou de la souffrance, et devant qui il convient de se prosterner. Maintenant que l’Église n’a plus son pouvoir dominateur sur le peuple, on constate une évolution vers une aspiration à la liberté de l’esprit. C’est un chemin à rebours de la condamnation évangélique, originelle et perpétuelle.

 

Alors, qu’est-ce que le Paganisme ?

C’est d’abord un qualificatif choisi par l’Église pour désigner d’un mot l’ensemble des religions européennes, puisqu’à l’évidence elles reposaient sur des valeurs communes. C’est donc le terme qui englobe l’héritage spirituel et culturel des Indo-européens. Le Paganisme est une Vue du monde basée sur un sens du sacré, qui rejette le fatalisme. Il est fondé sur le sens de l’honneur et de la responsabilité de l’Homme, face aux évènements de la vie. Ce mental de combat s’est élaboré depuis le néolithique au fil de milliers d’années nous donnant une façon de penser, une attitude face au monde. Il est à l’opposé de l’assujettissement traditionnel moyen-oriental devant une force extérieure, la volonté divine, qui contrôle le destin de chacun. Ainsi donc, le Paganisme contient et exprime l’identité que se sont forgés les Européens, du néolithique à la révolution chrétienne.

 

Vous voulez donc remplacer un Dieu par plusieurs ?

Pas du tout. Les temps ne sont plus à l’adoration. Les Hommes ont acquit des connaissances qui les éloignent des peurs ancestrales. Personne n’a encore apporté la preuve incontestable qu’il existe, ou qu’il n’existe pas, une force « spirituelle » universelle. Des hommes à l’intelligence exceptionnelle, continuent à s’affronter sur ce sujet, et je crois que personne ne mettrait sa tête à couper, pour l’un ou l’autre de ces choix. Ce n’est donc pas ainsi que nous posons le problème.

Le Paganisme, qui est l’expression européenne d’une vue unitaire du monde, à l’opposé de la conception dualiste des monothéismes, est la réponse spécifique d’autres peuples aux mêmes questionnements. D’où les différences entre civilisations.

Quand il y a invasion et submersion d’une civilisation par une autre, on appelle cela une colonisation. C’est ce qui s’est passé en Europe, contrainte souvent par la terreur, à changer de religion (souvenons-nous de la chasse aux idoles et aux sorcières, des destructions des temples anciens, des tortures et bûchers, tout cela bien sûr au nom de l’amour). Quand il y a rejet de cette colonisation, dans un but de recherche identitaire, on appelle cela une libération, ou une « Reconquista », comme on l’a dit de l’Espagne lors du reflux des Arabes. Et nous en sommes là, sauf qu’il ne s’agit pas de reflux, mais d’abandon de valeurs étrangères au profit d’un retour de notre identité spirituelle.

Convertis par la force, les Européens se libèrent. « Chassez le naturel et il revient au galop », dit-on, et voilà que notre identité refoulée nous revient à nouveau. Non pas par un retour des anciens Dieux, forme d’expression d’une époque lointaine, mais comme un recours aux valeurs de liberté et de responsabilité qui étaient les nôtres, et que le Paganisme contient et exprime.

Débarrassés des miasmes du monothéisme totalitaire, les Européens retrouvent leur contact privilégié avec la nature. On reparle d’altérité plutôt que d’égalité, d’honneur plutôt que d’humilité, de responsabilité, de volonté, de défi, de diversité, d’identité, enfin de ce qui constitue notre héritage culturel, pourchassé, rejeté et condamné depuis deux mille ans.

 

S’agit-il alors d’une nouvelle guerre de religion ?

Pas du tout, évidemment. Les Européens doivent dépasser ce qui leur a été imposé et qui leur est étranger. Nous devons réunifier sacré et profane, c’est-à-dire réaffirmer que l’homme est un tout, que, de ce fait, il est le maître de son destin car il n’y a pas dichotomie entre corps et esprit. Les Européens ne doivent plus s’agenouiller pour implorer le pardon de fautes définies par une idéologie dictatoriale moyen-orientale. Ce n’est pas vers un retour du passé qu’il nous faut nous tourner, gardons-nous surtout d’une attitude passéiste, elle ne serait que folklore et compromission. Au contraire des religions monothéistes, sclérosées dans leurs livres intouchables, le Paganisme, comme une source jaillissante, doit se trouver de nouveaux chemins, de nouvelles expressions. À l’inverse des religions du livre, bloquées, incapables d’évoluer, dépassées et vieillissantes, le Paganisme est l’expression de la liberté de l’homme européen, dans son environnement naturel qu’il respecte. C’est une source de vie qui jaillit de nouveau en Europe, affirmant notre identité, et notre sens du sacré, pour un avenir de fierté, de liberté et de volonté, dans la modernité.

 

Le Paganisme. Recours spirituel et identitaire de l’Europe de Gilbert Sincyr, éditions de L’Æncre, collection « Patrimoine des Religions », dirigée par Philippe Randa, 232 pages, 25 euros.

 

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lundi, 05 novembre 2012

Les Usa jouent Alger contre Paris

Mali : Les Usa jouent Alger contre Paris

Mauritanie futur protectorat algérien

par Jean Bonnevey

Ex: http://metamag.fr/

Alors que paris tente laborieusement d’organiser une intervention militaire au Mali impliquant les pays riverains, les Usa se rapprochent de l’Algérie. Une intervention militaire sous contrôle américano-algérien serait un bouleversement régional capital et aux conséquences incalculables. Cette perspective inquiète un certain nombre de capitales en commençant par Rabat bien sûr, meilleur ennemi héréditaire de l’ Algérie.
 
 
Tout le monde est d’accord pour l’option militaire. Demeurent quelques inconnues : quand, comment et avec qui ? Sans oublier l’issue de la présidentielle Us qui pourrait peser sur la suite des évènements. On peut donc s’étonner de l’accélération de la diplomatie américaine paralysée par ailleurs notamment au proche orient. Cela peut s’expliquer par des informations alarmantes sur la situation dans le vaste territoire contrôlé par les islamistes. 
 
On sait par exemple que des centaines de combattants islamistes ont rejoint les éléments locaux pour les renforcer. L’Algérie d’autre part sait qu’elle est une cible privilégiée à moyen terme des islamistes et qu’un certain  nombre de  ses nationaux  sont dans Al Qaïda au Maghreb islamique, des anciens du GIA qui ne rêvent que d’une reconquête du pays dont ils ont été chassés par la force.
 
Le quotidien algérien Liberté analyse

« Après la résolution adoptée le 12 octobre dernier par le Conseil de sécurité de l’Onu autorisant le déploiement d'une force internationale de quelque 3 000 hommes au Mali et donnant jusqu'au 26 novembre à la Cédéao (Communauté économique des États d'Afrique de l'Ouest) pour préciser ses plans, la question de l’intervention militaire pour libérer le nord du Mali ne se pose plus. Aujourd’hui, il s’agit de savoir comment elle va se faire et qui y participera. Si Alger n’a jamais exclu cette option, elle a néanmoins privilégié le dialogue pour donner le maximum de chance à la solution politique. Mais force est de constater que la situation, aussi bien sécuritaire qu’humanitaire, se dégrade de jour en jour. Depuis le coup d’état du 22 mars dernier, les islamistes ont proclamé unilatéralement l’indépendance du nord de ce pays en occupant ses principales villes et en détruisant son patrimoine. »
 
La secrétaire d’état américaine, Hillary Clinton,  vient de se rendre à Alger. “Nous avons fait le point sur nos relations bilatérales extrêmement fortes et nous avons souligné le fait que nous venons tout juste de tenir une excellente conférence de dialogue stratégique qui s'est tenue la semaine dernière à Washington, comme nous avons eu des discussions très approfondies sur la situation dans la région et, surtout, la situation qui prévaut dans le nord du Mali”, a déclaré à la presse Mme Clinton, à l'issue de l'audience que lui a accordée le président Bouteflika. Et d’ajouter : “J’ai beaucoup apprécié l'analyse du président Bouteflika qui est fortement enrichie de sa très longue expérience de la région pour faire face à la situation très complexe et aux problématiques très compliquées au nord du Mali, mais aussi pour faire face aux problèmes du terrorisme et du trafic de drogue dans la région.”
 

Hillary Clinton et le président Bouteflika
 
Selon un responsable américain, l’Algérie commencerait à se laisser convaincre par l’idée d’une intervention militaire africaine mais attend de connaître les grandes lignes du plan que doit établir la Communauté des États de l’Afrique de l’Ouest. Alger donne à l’évidence du fil à retordre à ses interlocuteurs américains et français pressés de déloger Aqmi du nord Mali.
 
Puissance régionale effectivement incontournable pour toute intervention, au double plan de la logistique et du renseignement, l’Algérie ne voit pas d’un bon œil une agitation guerrière à ses frontières. Elle préfèrerait  mettre en avant une démarche politique visant à isoler Al-Qaïda  des rebelles touaregs et éviter un embrasement du Mali.
 
Alger est donc réticent. Bouteflika aurait aimé une prise en compte d’Al Qaïda dans la région et se demande pourquoi on veut intervenir et si rapidement au mali. Sous entendu bien sûr, c’est la France qui s’inquiète et l’Algérie n’entend pas voir renforcer dans le sahel d’une manière ou d’ une autre l’influence de Paris.
 
L’Algérie pourrait donc s’engager aux cotés des Usa contre le terrorisme pour s’imposer comme puissance dominante du sahel avec l’accord américain. Alléchant pour Alger mais terriblement dangereux aussi.

Horseback Riding and Bronze Age Pastoralism in the Eurasian Steppes

Horseback Riding and Bronze Age Pastoralism in the Eurasian Steppes

Mégalithisme et tradition indo-européenne

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Mégalithisme et tradition indo-européenne

par

Ex: http://www.centrostudilaruna.it/

1. L’espace, le temps, la mesure dans le monde indo-européen

L’expression des notions d’espace et de temps est manifestement récente dans les langues indo-européennes, mais les notions elles-mêmes, et celle de leur mesure conjointe — base de l’architecture sacrée — certainement anciennes.

  • 1.1. Les noms de l’espace et du temps dans les langues indo-européennes

L’expression des notions d’espace et de temps diffère d’une langue à l’autre, sauf quand elle a été empruntée, et surtout les termes qui les désignent présentent initialement une autre signification. C’est le cas pour le français temps. Il se retrouve certes dans l’ensemble des langues romanes, mais le latin tempus auquel il remonte est isolé en indo-européen. D’autre part, comme le montrent les formes tempête, tempérer, température, intempéries, le “temps qui passe” est initialement lié au “temps qu’il fait”, que distinguent les langues germaniques.

Il n’y a pas non plus d’ancien nom de l’espace, souvent désigné à partir d’une forme qui signifie “espace libre” comme le latin spatium ou la forme germanique d’où est issu l’allemand Raum. Certaines de ces formes peuvent s’appliquer au temps, comme le latin spatium et le français espace. Les seules désignations anciennes sont celles de l’espace libre, notamment la base sur laquelle reposent le latin rûs (campagne) et l’allemand Raum.

  • 1.2 Espace et temps dans le système grammatical

Espace et temps ont une expression grammaticale. L’espace dans les compléments de lieu (lieu où l’on est, où l’on va, d’où l’on vient, par où l’on passe), dont certains sont à l’origine de cas grammaticaux comme l’accusatif d’objet, le temps dans les compléments de temps (instant ou durée), et les propositions subordonnées correspondantes. De plus, le temps s’exprime dans la conjugaison: le verbe indo-européen a un présent, *esti «il est» (grec esti, latin est), un prétérit ou imparfait *êst (grec ê), un futur, dit aussi “subjonctif” *eseti (latin erit). Au futur correspondent, dans le nom, le datif “prospectif” et les adjectifs correspondants, qui expriment la destination, la possibilité, l’obligation. Les 3 temps sont également à la base d’énoncés formulaires du Véda (le géant cosmique Prajâpati est aussi «ce qui fut» et «ce qui sera»), de l’Avesta (qui joue sur les temps du verbe être pour évoquer le présent, le passé et l’avenir, ou les vivants, les morts et les enfants à naître); selon l’Illiade, le devin Chalcas connaît «le présent, le passé et l’avenir»; et, à en juger par leurs noms, les 3 Nornes scandinaves Yrd, Verdandi, Skuld ont été mises en rapport avec les 3 temps. Le verbe indo-européen a de plus un “intemporel” *est (il est) employé pour les procès qui ne se situent pas dans le temps, comme les vérités générales.

  • 1.3 La mesure de l’espace et du temps

Il existe une racine qui désigne la mesure de l’espace, “arpenter”, et du temps, “viser”, 2 procès dont la réalité physique diffère, mais dont le but est identique, et, par extension, diverses activités et diverses situations homologues comme “être en mesure de”, “prendre des mesures”. Elle possède 3 formes liées entre elles par des formes intermédiaires: *meH-, d’où *mê-, *met-, mêt-, *med-, *mêd-. Cette morphologie singulière indique une haute antiquité.

La première forme *meH-, conservée dans le nom hittite du “temps” (mehur) mais qui a évolué en *mê- dans les autres langues indo-européennes, est à la base du nom de la lune (conservé dans les langues germaniques, mais remplacé en latin par lûna) et du mois, que le français conserve aussi dans ses formes “savantes” (empruntées au latin) mensuel, trimestre, semestre. Elle l’est aussi dans le nom des mœurs, issu du latin môrês, pluriel de môs.

La deuxième forme *met-, mêt- est représentée en français par l’emprunt savant au grec mètre avec ses dérivés métrique, métrer, et ses composés diamètre, symétrie, géomètre, et certains composés en métro-: métrologie, métronome. Elle l’est également dans le nom de la mesure, et dans les formes savantes en mens- — immense, dimension, (in)commensurable, mensuration — qui se rattachent au participe passé mênsus du verbe latin mêtîrî: “mesurer” et “parcourir”. On note que cette forme comporte un n comme le nom de la lune (anglais moon, allemand Mond) et du mois (anglais month, allemand Monat).

Dans les langues baltiques, cette forme réunit les notions: “mesurer, en général” (lituanien matas: “mesure”), “mesurer le temps” (lituanien metas: temps, année), mais aussi “viser”, d’où “lancer” (lituanien mesti: “lancer”, d’où “jeter”) et “regarder” (lituanien matyti). Nous reviendrons ci-dessous § 2 sur cette indication significative.

La troisième forme *med-, *mêd-, est représentée en français par divers substantifs qui se rattachent directement ou non au latin modius (boisseau) comme muid, moyeu, trémie, moule ainsi que les invariants comme, comment, combien, qui se rattachent au latin quômodô, et les formes savantes en med-, médecin, remède, méditer, et en mod-, mode, modèle, module, modérer, modeste, moderne, modique. Cette troisième forme est également à la base du verbe “mesurer” des langues germaniques, allemand messen. Dans plusieurs langues, l’un de ses dérivés désigne le destin et, en vieil-anglais, le Dieu chrétien. S’y rattache aussi le perfecto- présent *môt (allemand müssen, anglais must) qui signifie initialement “avoir la place”, d’où “pouvoir”, puis “devoir”.

On voit par là que l’arpentage et la mesure du temps par visée, qui s’expriment par cette même racine, sont dans le monde indo-européen des activités à la fois anciennes et exemplaires. Or la mesure du temps est spatiale. Avant l’invention du sablier et de la clepsydre, qui permettent de mesurer directement une durée, on a mesuré le temps à partir des cycles temporels. Le cycle quotidien et le cycle mensuel s’observent directement, l’un par la place du soleil dans le ciel du jour, l’autre par l’aspect de la lune, et leurs extrémités sont directement saisissables. Mais la mesure du cycle annuel est moins aisée. On emploie à cet effet un instrument nommé gnomon.

2 – Le gnomon

La mythologie védique rend compte de la création de l’espace, ou plus précisément des 3 mondes, par les 3 pas de Vishnou, dieu mineur, mais qui deviendra l’un des 3 grands dieux des temps ultérieurs: son premier pas crée l’espace terrestre, son deuxième pas l’espace intermédiaire (ce que nous nommons l’atmosphère), son troisième pas le ciel. De la provient la fréquente identification de Vishnou au soleil. Mais comme le montre clairement le mythe de la décapitation de Vishnou, c’est la tête du dieu que l’Inde védique identifie au soleil, non le dieu lui-même. Reprenant une hypothèse antérieure, Falk (1987) a identifié Vishnou au gnomon. Le gnomon est l’artefact qui, dès l’époque védique, remplace l’arbre du soleil du stade antérieur de la mesure du temps. Avant de diviser le jour en sous-unités, les peuples primitifs ont cherché à déterminer les solstices. À cet effet, ils ont pris comme points de repère (que l’on vise, *met-) des sommets de montagnes ou des arbres: d’où par ex. l’arbre du Soleil (féminin) Saule, des Chansons mythologiques lettonnes (Jonval 1929 : 65 et suiv.). Ainsi la strophe 227:

Un tilleul touffu aux branches d’or
Pousse au bord de la mer, dans le sable;
Sur la cime est assise la Fille de Saule
Saule elle-même sur les branches d’en bas.

Un passage de la Taittirîya Samhitâ conserve le souvenir de cette notion. Après avoir indiqué que celui qui désire la splendeur doit offrir une vache blanche à Sûryâ (Soleil féminin, comme Saule, dont le nom est apparenté), et que le poteau sacrificiel doit être en bois de l’arbre bilva, le texte poursuit: «l’endroit d’où le soleil d’en haut naquit, c’est là que s’éleva l’arbre bilva. Le sacrifiant gagne la splendeur grâce au lieu d’origine du soleil». Ce “lieu d’origine” du soleil est manifestement l’arbre qui servait à déterminer le terme de sa course annuelle, comme l’arbre du soleil des chansons mythologiques lettonnes. Mais l’arbre du soleil a pu servir ultérieurement à subdiviser le jour, d’abord par la mesure de l’ombre portée, puis par sa place sur un cadran. Or c’est à partir de l’arbre que s’interprète l’image de la décapitation. Le soleil rouge du soir ou du matin qui s’éloigne de l’arbre pris comme repère peut être assimilé à une tête coupée qui se détache du tronc. Le gnomon en conserve parfois le souvenir: ainsi celui que décrit Pline l’Ancien, Histoire Naturelle, 36, 72-73: sa pointe était surmontée d’une boule dorée assimilée à une tête humaine.

À partir de ces considérations, j’ai proposé une nouvelle interprétation de la comparaison effectuée antérieurement par G. Dumézil entre la décapitation de Vishnou et celle du géant Mimir de la légende scandinave, ainsi qu’une étymologie du nom de Vishnou (Haudry 2001).

3 – Mégalithes et cycle annuel

Nombre de constructions mégalithiques d’Europe ont été édifiées sur la base du cycle annuel, comme le rappelle Vadé (2008 : 9 et suiv.):

«On sait depuis longtemps que Stonehenge n’est pas un monument isolé. Ce n’est que l’exemple le plus considérable d’une série de constructions circulaires de l’époque néolithique, soit en pierres, soit en bois, dont on trouve des vestiges depuis l’Europe du Nord jusqu’au Proche-Orient. En France, les enclos circulaires de plus de 100 m. de diamètre découverts à Étaples (Pas-de-Calais) et dépourvus de toute trace liée aux fonctions d’habitat présentent de fortes similarités avec les henges d’outre-Manche. Leur destination cultuelle, notent prudemment les archéologues, “ne semble pas totalement exclue”.

Mais c’est surtout en Allemagne qu’on a retrouvé de semblables constructions. La plus notable est le cercle de Goseck en Saxe-Anhalt, énorme ensemble tumulaire de 75 m. de diamètre, daté du début du Ve millénaire. Il comporte 3 cercles concentriques de terre et d’épieux et s’ouvre par 3 portails, dont l’un est orienté au nord et les 2 autres, au sud-est et au sud-ouest, correspondant au lever et au coucher du soleil au solstice d’hiver. Ensembles analogues au Portugal, avec les cercles de pierres de l’Alentejo également datés du Ve millénaire. Sensiblement à la même époque, en Nubie, l’important champ mégalithique de Nabta Playa, à une centaine de kilomètres à l’ouest d’Abou Simbel, comporte des alignements marquant le nord, l’est et le lever du soleil au solstice d’été ainsi qu’un petit cercle de pierres dont les couvertures correspondent également à l’axe nord-sud et à l’axe solsticial».

Il conclut :

«On est loin d’avoir fini d’établir la liste des lieux d’Europe comportant des “portes solsticiales” dûment aménagées. Une exposition récente [hiver 2006] sur L’Or des Thraces au Musée Jacquemart-André donnait l’occasion d’en découvrir plusieurs. Le plus spectaculaire est peut-être le monument mégalithique de Slantcheva Vrata dominant la “Vallée des rois thraces” près de Kazanlak. Plusieurs blocs empilés de main d’homme figurent une véritable porte, d’où l’on embrasse du regard tout le territoire sacré des rois odryses. Au moment du solstice d’été, le soleil passe par l’ouverture.

Il faudrait parler encore du site de Kokino en Macédoine (à 75 km environ de Skopje). L’archéologue Jovica Stankovski y a découvert en 2002, au sommet d’une colline de plus de 1.000 m. d’altitude, “un observatoire” daté d’environ 1800 avant notre ère. Selon l’astronome Gjorgii Cenev, de l’observatoire de Skopje, on y observait les solstices et les équinoxes, ainsi que la constellation des Pléiades, depuis d’énormes “trônes” de pierre face à l’horizon de l’est, où des repères marquaient les directions remarquables».

Mohen (2008 : 48 et suiv.) en cite quelques autres:

Newgrange (co. Meath, Irlanda).

Newgrange (co. Meath, Irlanda).

«L’un des plus beaux exemples de cette intention précise est constituée par le couloir du grand tumulus dolménique de Newgrange (Co. Meath) en Irlande. Le fouilleur, M. Herity, constata en1963 qu’un linteau décoré, placé au-dessus et en arrière de la dalle de couverture de l’entrée du couloir, était en réalité le sommet d’une ouverture qui permaittait à un rayon du soleil levant de parcourir le couloir jusque dans la chambre. L’angle de cette ouverture, appelé roof-box, laissant passer le rayon lumineux rectiligne du soleil levant, le jour du solstice d’hiver, illuminait le fond du dolmen de plan cruciforme. Ainsi, comme le niveau du sol à l’entrée du couloir était à 2 m., en-dessous du sol de la chambre, lieu funéraire sacré, l’ouverture de la lucarne située au-dessus des 2 m., à l’entrée du couloir, permettait au rayon d’éclaircir la chambre. Impressionnés par cette précision, et le rôle du soleil solsticial, les archéologues ont pensé que les motifs spiralés ornant les grandes dalles disposés devant et à l’arrière du tumulus ou encore au pourtour de nombreux tumulus irlandais, dont ceux de Knowth ou de Dowth dans la même région irlandaise orientale, étaient peut-être en relation avec le mouvement perpétuel du soleil.

L’autre exemple qui prouve que l’observation des constructeurs préhistoriques de mégaliques pouvait être d’une précision extrême est celui de la dernière phase du monument de Stonehenge, système de fossés circulaires et de pierres dressées, délibérément orienté à partir d’un aménagement des trilithes disposés en U, entourant l’observateur situé au centre du dispositif en cercle, et visant à travers 2 pierres rapprochées l’endroit exact où le soleil apparaît à l’horizon, le jour du solstice d’été. Si cet axe de la phase 1, antérieure aux trilithes, reste approximatif en cadrant un angle entre 27°N et 24°N, le nouvel aménagement est très précis et juste; il est celui de la quatrième et dernière phase, contemporaine de l’implantation de 2 nouveaux menhirs laissant passer exactement la ligne d’observation allant du centre du site au point d’apparition du solstice d’été, selon l’axe principal de 24°N. Cette troisième phase est datée de 2250 à 1900 avant notre ère. C’est elle qui est encore, de nos jours, le cadre des célébrations contemporaines du solstice d’été».

Il mentionne également les alignements de Carnac, dont l’étude a permis à Alexandre Thom de déterminer l’unité de mesure utilisé, le “yard mégalithique” valant 0,829 m., et observe à ce propos:

«Il semble bien que le fait de dresser des monolithes réponde à un besoin de concrétiser un repère spatial que la lumière révèle, d’où l’attention particulière à l’emplacement topographique de la pierre dressée, d’où aussi les déplacements fréquents des pierres depuis les gîtes géologiques. L’endroit choisi pour l’implantation de la pierre est donc sans doute minutieusement choisi. La notion d’espace est de la même manière minutieusement calculée et se retrouve dans l’aménagement du territoire que les recherches archéologiques peuvent, dans le meilleur des cas, révéler. La place des mégalithes y est essentielle» (p. 51).

4 – Interprétations

Les mégalithes font l’objet de multiples interprétations, dont la conclusion de Mohen (p. 53) donne un aperçu: «Ces mégalithes et monuments sont des indicateurs pour ceux qui les mettent en œuvre. Ils reflètent des visions cosmiques de ces premiers agriculteurs mais aussi des préoccupations ancestrales et topographiques, liées sans doute à la légitimité du terroir et à la protection des aïeuls». Une précédente étude parue dans cette même revue (Haudry 2007-2008) fait écho à la théorie récente de Mahlstedt (2004), qui permet de donner un contenu à l’image indo-européenne du “ciel dans la pierre”, mais on s’en tiendra ici à leurs rapports avec le cycle annuel.

Le fait que les mégalithes apparaissent au Néolithique a suggéré une interprétation des rapports de leur disposition avec cycle annuel [cf. Culture mégalithique et archéoastronomie, Y. Verheyden, in Nouvelle École n°42, 1985]: ils auraient constitué un premier calendrier agricole. Cette utilisation est une possibilité qui ne peut être écartée. Elle est confirmée à l’âge du bronze par la présence, sur le disque de Nebra et à Kokino (Macédoine), comme on l’a vu ci-dessus, des Pléiades, dont Hésiode rappelle que leur lever et leur coucher constituait des signaux pour l’agriculteur:

«Au lever des Pléiades, filles d’Atlas, commencez la moisson, les semailles à leur coucher. Elles restent, on le sait, quarante nuits et quarante jours invisibles ; mais, l’année poursuivant sa course, elles se mettent à reparaître quand on aiguise le fer. Voilà la loi des champs» (trad. Paul Mazon).

Mais elle ne constitue sûrement pas la motivation initiale, comme l’observe Vadé (2008 : 12) :

«A-t-il fallu attendre l’agriculture, comme on le pense généralement, pour repérer les bornes de la course du soleil et en tirer parti pour le choix de certains lieux? Autrement dit, à défaut de structures d’observations construites, des orientations solaires privilégiées ne pourraient-elles être repérées dès le Paléolithique supérieur, à l’époque du grand art pariétal? Il semble bien, grâce aux recherches de Chantal Jègues-Wolkiewiez, que l’on puisse répondre par l’affirmative. On sait que cette chercheuse indépendante a provoqué une certaine sensation au cours de l’année 2000 en présentant au Symposium d’art préhistorique en Italie une communication sur la vision du ciel des Magdaléniens de Lascaux. On continue à discuter sur les interprétations qu’elle a proposées des peintures de la grotte.

Retrouver des constellations définies beaucoup plus tard et parler de zodiaque primitif ne va pas de soi. Mais ce qui n’est guère contestable, c’est la coïncidence de l’orientation de l’ancienne entrée de la grotte et de la direction du soleil couchant au solstice d’été. Il s’ensuit qu’à cette date le fond de la grande salle se trouve éclairé comme à aucun autre moment de l’année par les rayons du soleil vespéral. À partir de cette constatation, la chercheuse s’est demandé si d’autres grottes à peintures présentaient des particularités analogues. Elle a ainsi engrangé une moisson de résultats dont elle nous donne ici un échantillon concernant la grotte de Commarque — avec une étude parallèle sur la chapelle du château, où des fenêtres dissymétriques répondent au même souci de faire entrer la lumière solsticiale, tant cette préoccupation semble permanente dans les cultures restées traditionnelles».

Cette interprétation “traditionnelle” postule une continuité ininterrompue du Paléolithique au Moyen Âge comme l’indique Jègues-Wolkiewiez (2008 : 25) dans le résumé de son étude:

«Dans le sanctuaire magdalénien de Commarque, comme à Lascaux, le coucher solsticial d’été pénètre la grotte ornée par des artistes paléolithiques. À 50 mètres de distance dans l’espace, mais à douze millénaires de distance dans le temps, au Moyen Âge, les bâtisseurs de la chapelle Saint Jean du château de Commarque ont non seulement mis en valeur le coucher solsticial d’été, mais aussi le lever de l’hiver. Les rayons solaires pénètrent par les fenêtres situées de part et d’autre de l’autel et éclairent celui-ci.

Ces deux temps forts de l’année sont mis en valeur sur le territoire français par l’ornementation préférentielle des grottes ornées paléolithiques. Ce phénomène cyclique partageant l’année en deux temps avait non seulement été remarqué mais aussi exploité par les Paléolithiques. On peut se demander si la mise en scène des rayons de lumière du “roi du ciel”, lors de ces deux moments clefs de calcul du temps par les constructeurs catholiques du Moyen Âge ne relève pas du même concept que celui des païens du Paléolithique? »

Les conceptions sur lesquelles se fonde cette pratique remontant au Paléolithique supérieur ne sont pas attestées directement, faute de textes. Mais la continuité matérielle constatée rend admissible une continuité de la signification qui toutefois ne peut être précisée, et qui n’exclut pas la possibilité d’utilisations et de réinterprétations. La probabilité de la continuité est renforcée par ce que nous savons des courants traditionnels au sein du christianisme tels que les a mis en évidence Paul-Georges Sansonetti dans le numéro précédent de cette revue.

5 Mégalithisme et tradition indo-européenne

  • 5.1 Conception et réinterprétation

Il n’est évidemment pas envisageable d’interpréter l’ensemble des données mentionnées ci-dessus par la tradition indo-européenne: certains lui sont extérieurs, notamment ceux du Proche-Orient et d’Afrique du nord, d’autres, comme l’orientation des grottes paléolithiques, lui sont antérieurs. Mais on peut déterminer les significations qui leur ont été attribuées, même s’il s’agit de la réinterprétation d’édifices conçus et mis en place par une population antérieure qui lui attribuait une autre signification.

  • 5.2 Le symbolisme social de la “concordance”

La proximité formelle entre le nom indo-iranien du “moment propice”, du “temps fixé pour une activité” — *r(a)tu-, terme qui désigne par ailleurs le “modèle”, le “représentant idéal” —, et celui de la “vérité”, (a)rta-, suggère un rapport entre les 2 notions. Ce rapport est confirmé et précisé par le troisième représentant de la base *(a)rt-, l’adverbe grec arti, qui signifie à la fois “justement”, “récemment” et en premier terme de composés “convenablement”, “correctement”. Cet emploi est à la base d’une concordance formulaire que j’ai signalée jadis (en dernier lieu: Haudry 2009 : 84, 119, renvoyant à un travail antérieur) entre 3 composés grecs et leurs correspondants indo-iraniens, reflétant la triade héritée pensée, parole, action. Il semble que les Indo-Européens aient considéré la régularité des cycles temporels comme l’image cosmique de leur valeur suprême, la vérité, c’est-à-dire essentiellement de la “fidélité”, concordance entre ce que l’on dit (notamment ce que l’on promet) et ce que l’on fait. Les Yârya avestiques, génies des 6 saisons de l’année, sont des “modèles de vérité”, ashahe ratavô.

  • 5.3 Concordance et retour annuel de la lumière

L’interprétation à partir de l’image cosmique de la vérité vaut pour la période récente de la période commune, celle dans laquelle les rapports sociaux se sont diversifiés et complexifiés, exigeant loyauté mutuelle entre les clans potentiellement rivaux, voire ennemis. Mais dans la phase la plus ancienne, on est encore loin de cette conception. La “concordance” entre l’événement humain, rassemblement, fête, sacrifice, et la manifestation cosmique, l’arrivée de la lumière solsticiale dans l’ouverture de l’enclos (initialement de la grotte), est l’essentiel. La concordance entre l’événement humain et l’événement cosmique avait sa signification en elle-même, et non par référence aux rapports sociaux. Dans la part de la tradition qui prend son origine dans le Grand Nord (Haudry 2006), le but du rite était d’assurer la régularité du cycle des saisons, et notamment le retour annuel de la lumière.

* * *

De: Hyperborée magazine n°10/11, 2011.

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Bibliographie

FALK Harry, 1987: Vishnu im Veda, Festschrift für Ulrich Schneider: 112 et suiv.
JEGUES-WOLKIEWIEZ Chantal, 2008: Paléoastronomie à Commarque, VADÉ 2008: 23-45.
JONVAL Michel, trad., 1929: Les chansons mythologiques lettonnes, Paris: Picart.
HAUDRY Jean, 2001: Mimir, Mimingus et Vishnu, Festschrift für Anders Hultgård: 296-325.
HAUDRY Jean, 2006: Les Indo-Européens et le Grand Nord, Hyperborée, 3: 5-10.
HAUDRY Jean, 2007-2008: Du ciel de pierre au ciel dans la pierre, Hyperborée, 5 (2007): 18-24; 6 (mai 2008): 37-42; 7 (nov. 2008): 9-15.
HAUDRY Jean, 2009: Pensée, parole, action dans la tradition indo-européenne, Milan: Archè.
MAHLSTEDT Ina, 2004: Die religiöse Welt der Jungsteinzeit, Darmstadt: Wissenschaftliche Buchgesellschaft.
MOHEN Jean-Pierre, 2008: Mégalithes européens de la préhistoire et orientations remarquables, in VADÉ 2008: 46-54.
VADÉ Yves (éd.), 2008: Étoiles dans la nuit des temps, L’Harmattan.


Ilya Repin: la fillette du pêcheur

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Ilya Repin:

La fillette du pêcheur

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dimanche, 04 novembre 2012

Ciao, Pino

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Addio a Pino Rauti, simbolo del Msi

Addio a Pino Rauti, simbolo del Msi

Pino Rauti era nato a Cardinale (Catanzaro) il 19 novembre del 1926

Giovanissimo partecipò alla nascita del Movimento sociale italiano di cui fu anche leader. Aveva 85 anni. Assunta Almirante: «E’ stato uno dei grandi della destra italiana»
 
 

È morto Pino Rauti. L’ex segretario del Movimento Sociale Italiano, che avrebbe compiuto 86 anni il 19 novembre, si è spento alle 9.30 di questa mattina nella sua casa di Roma. Nel 1946, giovanissimo, contribuì alla nascita del Movimento.  

“E’ stato uno dei bravi, dei grandi di questa destra”. le parole di Assunta Almirante, vedova di Giorgio Almirante, storico leader del Movimento sociale, che ha ricordato i guai giudiziari di Rauti, coinvolto nelle inchieste sul terrorismo stragista neofascista: “Molto ingiustamente è stato indicato come un uomo che aveva commesso errori che è stato accertato che non erano suoi, come la strage di piazza Fontana”. Per la vedova Almirante Rauti “è stato una persona di grande intelligenza, è stato indicato come il fondatore di Ordine nuovo ma era un uomo di partito come pochi ce ne sono stati”.  

 

Il Presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini, ha espresso«il più profondo cordoglio per la scomparsa di Pino Rauti, uomo politico che ha rappresentato una parte di rilievo nella storia della Destra italiana». «Parlamentare rigoroso, intellettuale di profonda cultura, Rauti - conclude - ha testimoniato con passione e dedizione gli ideali della nazione e della società che appartengono alla storia politica del nostro Paese. Ai familiari esprimo i sentimenti della più intensa vicinanza mia personale e della Camera dei deputati».  

Il «fascista di sinistra», come è stato definito Giuseppe Umberto Rauti, nacque a Cardinale, in provincia di Catanzaro, il 19 novembre 1926. Fascista di sinistra in contrapposizione con il «fascismo di destra» incarnato da Giorgio Almirante, prima, e da Gianfranco Fini poi. L’attenzione di Rauti si concentrava, infatti, sulla socializzazione e sui temi dell’anticapitalismo e del terzomondismo interpretando, dal suo punto di vista, i motivi ispiratori del fascismo. Questo lo ha relegato per lungo tempo in una posizione minoritaria all’interno del Msi, partito che, giovanissimo, contribuisce a fondare alla fine del 1946. Nei primi anni cinquanta contribuisce a dare nuovamente vita all’organizzazione neofascista che rispondeva alla sigla FAR (Fasci di Azione Rivoluzionaria) insieme ad alcuni appartenenti alla corrente così detta «pagana» e «germanica» della prima organizzazione disciolta nel luglio del 1947.  

 

Dopo due attentati a Roma, presso il Ministero degli Esteri e all’ambasciata statunitense, il 24 maggio 1951 furono condotti numerosi arresti nei confronti dei quadri di questa organizzazione, fra questi: Pino Rauti, Fausto Gianfranceschi, Clemente Graziani, Franco Petronio, Franco Dragoni e Flaminio Capotondi. Tra gli arrestati anche il filosofo Julius Evola, considerato l’ispiratore del gruppo. Il processo si concluse il 20 novembre 1951: Graziani, Gianfranceschi e Dragoni furono condannati a un anno e undici mesi. Altri dieci imputati a pene minori. Tutti gli altri vennero assolti. Tra loro Evola, Rauti ed Erra. Con la fine del processo si concluse definitivamente anche l’adozione della sigla FAR. Nel 1954, dopo la vittoria dei fascisti in doppiopetto e la nomina a segretario di Arturo Michelini, dà vita al centro studi Ordine Nuovo. Nel 1956 Ordine Nuovo esce dal MSI. Arriverà ad avere dai 2.000 ai 3.000 iscritti. Successivamente Giorgio Freda ed altri esponenti di estrema destra entreranno a far parte di Ordine Nuovo. Negli anni sessanta e settanta, il nome di questa organizzazione verrà usato per rivendicare una serie di attentati, ai quali Rauti si dichiarerà sempre estraneo. Nel maggio del 1965 l’istituto di studi militari Alberto Pollio organizza un convegno sulla «guerra rivoluzionaria», a Roma all’Hotel Parco dei Principi, che viene finanziato dallo Stato Maggiore dell’esercito: si trattava di un raduno fra fascisti, alte cariche dello Stato e imprenditori: Rauti presenta una relazione su «La tattica della penetrazione comunista in Italia». Il 16 aprile 1968 parte insieme ad altri 51 estremisti di destra (fra cui l’agente del SID Stefano Serpieri, Giulio Maceratini, Mario Merlino, Stefano Delle Chiaie, Franco Rocchetta) da Brindisi per un viaggio di istruzione sulle tecniche di infiltrazione, nella Grecia dei Colonnelli, a spese del governo greco. Con l’arrivo alla segreteria del MSI nel 1969 di Giorgio Almirante, Rauti e un gruppo di dirigenti rientrò nel partito, e alla guida del movimento restò Clemente Graziani.  

 

Il 4 marzo 1972 il giudice Stiz di Treviso esegue mandato di cattura contro Rauti per gli attentati ai treni dell’8 e 9 agosto 1969. Successivamente l’incriminazione si estenderà agli attentati del 12 dicembre. Il 21 novembre 1973 trenta aderenti ad Ordine Nuovo vengono condannati dalla magistratura per ricostituzione del Partito Nazionale Fascista e viene decretato lo scioglimento dell’organizzazione. Nel 1974, con la rivoluzione dei garofani in Portogallo, viene scoperta l’organizzazione eversiva internazionale fascista Aginter Press con la quale ha stretti rapporti anche Rauti attraverso l’agenzia Oltremare per la quale lavora. Nessuna di queste inchieste ha mai accertato qualche reato a suo carico. Successivamente Pino Rauti fu inquisito per la strage di Piazza della Loggia a Brescia e in merito il 15 maggio 2008 è stato rinviato a giudizio. Assolto il 16 novembre 2010 in base all’articolo 530 comma 2 del codice di procedura penale (insufficienza di prove). Nelle richieste del pm Roberto Di Martino, per quanto concerne la posizione di Pino Rauti si afferma che la sua è una «responsabilità morale, ma la sua posizione non è equiparabile a quella degli altri imputati dal punto di vista processuale. La sua posizione è quella del predicatore di idee praticate da altri ma non ci sono situazioni di responsabilità oggettiva. La conclusione è che Rauti va assolto perché non ha commesso il fatto».  

 

Nel 1972 Rauti viene eletto deputato alla Camera nelle file del Msi nel collegio di Roma, dove verrà sempre rieletto fino alle elezioni del 1994. È promotore di una stagione di rinnovamento dentro il partito, lanciando un quindicinale «Linea», e organizzazioni parallele, dal Movimento giovani disoccupati, ai Gruppi Ricerca Ecologica, e sostenendo i Campo Hobbit fu riferimento delle nuove generazioni del Fronte della Gioventù. La sua era detta la componente dei «Rautiani». Nel 1979, al XII congresso del MSI-DN, viene eletto vicesegretario. È animatore di mozioni congressuali come «Linea futura» (1977), «Spazio Nuovo» (1979 e 1982) e «Andare oltre» (1987). Il 14 dicembre 1987, al XV congresso del MSI a Sorrento, raccoglie quasi la metà dei consensi, insieme alla corrente di Beppe Niccolai, per l’elezione a segretario, ma è battuto da Gianfranco Fini, sostenuto dal segretario uscente e padre nobile del partito Giorgio Almirante, ormai gravemente malato.  

 

Réponse aux intellectuels français du café de Flore

Réponse aux intellectuels français du café de Flore

par Alexandre Latsa, Rédaction en ligne
 
       

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Dans une tribune publiée le lundi 22 octobre dans le journal Le Monde, des politiques et intellectuels français ont appelé ouvertement à une intervention militaire occidentale en Syrie, pour abattre le régime de Bashar-El-Assad. Le texte, signé par Jacques Bérès, Mario Bettati, André Glucksmann, Bernard Kouchner et Bernard-Henri Lévy est l’aboutissement d’une pensée politique Occidentale, Americano-centrée, qui associe les notions de « droit d’ingérence » et « d’occident gendarme de la planète ». L’article arrondit des chiffres invérifiables. Bashar El Assad aurait fait assassiner 40.000 personnes (!), alors que ce chiffre est visiblement le total des morts, comprenant quand même les milliers de soldats Syriens et de civils assassinés par ceux que les auteurs de l’article osent qualifier « d’opposition Syrienne ». Il est sans doute inutile de revenir sur le parallèle grossier et irresponsable qui est fait entre la Syrie et la Libye, puisque désormais tout le monde sait que la Libye d’aujourd’hui ne mérite même plus le nom d’état, tellement elle est gangrenée par l’Islamisme radical, la violence et les volontés séparatistes. Il faut aussi noter, dans cet article, le ridicule parallèle historique fait entre la Russie de Vladimir Poutine qui soutient la Syrie et l’époque ou Mussolini et Hitler armaient les putschistes de Franco pendant la guerre d’Espagne. Mais les choses, observées depuis le café de Flore, paraissent simples : il faut que les puissances occidentales interviennent militairement.

Pour nos va-t-en guerre, « Le Conseil de sécurité de l'ONU étant paralysé par les vetos russe et chinois, n'importe quelle autre alliance est justifiée pour arrêter les rivières de sang qui coulent dans les villes syriennes (…) L'OTAN, l'UE, la France, les Etats-Unis devraient donc cesser de se dérober et enfin organiser une aide décisive à la Syrie démocratique ». Ceux qui s’opposent à une intervention militaire occidentale s’inquiètent eux du sort qui pourrait être réservé aux minorités chrétiennes, alaouites, druzes, ismaélites, turkmènes, arméniennes, après un changement de régime en Syrie, et des risques de déstabilisation pour les pays voisins, Turquie, Liban, Jordanie et Israël. Mais par ailleurs, le véto russo-chinois au conseil de sécurité de l’ONU est peut être bien un soulagement pour les puissances occidentales qui hésitent, face à la complexité de la situation dans la région. Est-ce qu’il s’agit du début d’un grand affrontement entre Islam chiite et Islam sunnite ? Quelles sont les rivalités entre l’Egypte, l’Arabie saoudite et la Turquie ? Quel est le rôle exact du Qatar qui vient de briser l’isolement diplomatique du Hamas dans la bande de Gaza et surtout soutient l’internationale Djihadiste qui combat l’armée Syrienne ?

Ceux qui poussent à une intervention occidentale en Syrie se servent également de l’arme médiatique pour ranger le régime syrien dans « l’axe du mal ». Tout comme la Serbie en 1992, la Syrie est elle aussi victime d’une guerre de désinformation de très haute intensité et se retrouve menacée d’une agression militaire. Mais alors qu’Alep est présentée comme une ville en ruines et en sang par toute la presse occidentale (« des rivières de sang » disent nos va-t-en-guerre), un article récent explique qu’en fait la capitale économique du pays était largement aux mains du régime et que de nombreux quartiers de la ville n’étaient même pas touchés par les combats. Mieux encore, le reporter ébahi y constate que le marché fonctionne et que la liaison par bus avec Damas n’est pas coupée. Malgré toute la propagande déployée et l’offensive subventionnée de milliers de mercenaires islamistes, ni l’attaque de Damas ni la bataille d’Alep n’ont pourtant abouti a déstabiliser le régime Syrien.

La méthode il est vrai n’est pas nouvelle, la Yougoslavie en a fait les frais de 1992 à 1999, lorsqu’elle fut attaquée elle aussi par les mêmes puissances qui menacent la Syrie aujourd’hui. Après une campagne de désinformation médiatique exemplaire, les forces croates et bosniaques furent elles aussi épaulées par des Djihadistes Islamistes acheminés dans la région via le soutien logistique et politique du département d’état américain pour combattre l’armée serbe, il y a de cela déjà 20 ans!

Depuis le démantèlement de la Yougoslavie qui n’est toujours pas terminé (Kosovo), les interventions militaires de l’occident en Irak, en Afghanistan et en Lybie n’ont pas donné de résultats probants, c’est le moins qu’on puisse dire. Ces trois pays sont déstabilisés pour longtemps, et une intervention en Syrie pourrait être lourde de conséquences. Déstabiliser toute la région, détériorer les rapports entre les occidentaux d’une part, la Russie et la Chine d’autre part, et de plus enlever toute crédibilité au conseil de sécurité de l’ONU. Alors à quoi jouent nos apprentis sorciers dans les colonnes du journal Le Monde ? Ceux-ci s’étaient faits en 1992 les apôtres de l’impardonnable alliance entre les nationalistes croates, les mercenaires arabes et les intérêts américains dans la région. Nul surprise des lors de les retrouver aujourd’hui a appeler à la croisade en Syrie et à soutenir la diabolique et désormais cyclique alliance entre les puissances occidentales et les pétromonarchies Islamiques du golfe.

Il convient de tenter de comprendre l’objectif de ces opérations militaires contre la Serbie et la Syrie et celles-ci sont très claires. Ces deux pays ont un point commun essentiel: avoir refusé l’alignement géostratégique imposé par les Occidentaux, nouveaux gendarmes du monde, et être des alliés objectifs de la Russie. Les interventions contre la Serbie et la Syrie ont donc un objectif géopolitique clair: il s’agit d’annihiler la sphère d’influence de la Russie en détruisant un à un ses alliés les plus fiables, et les plus vulnérables. Nul doute que les prochaines étapes de ce remodelage géostratégique planifié viseront l’Iran, puis la Biélorussie, les deux derniers alliés clefs de la Russie. Et ensuite?

Quel que soit le résultat de l’élection américaine, qui pourrait voir l’arrivée à la maison blanche d’un candidat ayant déclaré que la Russie était l’ennemi puis l’adversaire principal de l’Amérique, une chose est certaine, le conflit Syrien semble parti pour s’intensifier et pour durer.

Presseschau - November 2012

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Presseschau

November 2012

Eine ganze Menge Stoff aus dem Monat Oktober hat sich angesammelt. Viele Grusel-Meldungen dabei. Bei Interesse einfach den jeweiligen Link anklicken...

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AUßENPOLITISCHES

Europa-Manifest
Eine verrückte Euro-Vision
Der Grüne Daniel Cohn-Bendit und der Liberale Guy Verhofstadt fordern gemeinsam einen europäischen föderalen Staat – als Ausweg auch aus der Euro-Krise.
http://www.zeit.de/politik/ausland/2012-10/europa-manifest/komplettansicht

Daniel Cohn-Bendit über Europa "Wir sollten weiter gehen als Schäubles Vorstoß"
http://www.sueddeutsche.de/politik/daniel-cohn-bendit-ueber-europa-wir-sollten-weiter-als-schaeuble-gehen-1.1497265

Interview mit Stéphane Hessel: Vater der Kapitalismuskritik
http://www.ftd.de/panorama/vermischtes/:interview-mit-stephane-hessel-vater-der-kapitalismuskritik/70110234.html

Proteste in aller Welt
Heiliger Zorn der Jugend
http://www.sueddeutsche.de/politik/proteste-in-aller-welt-heiliger-zorn-der-jugend-1.1133140

(Zur EU-Krise)
Lieb Vaterland, magst ruhig sein
http://www.sezession.de/34072/lieb-vaterland-magst-ruhig-sein.html#more-34072

Friedensnobelpreis
Die gefährliche Auszeichnung der Krisen-EU
http://www.welt.de/debatte/kommentare/article109792757/Die-gefaehrliche-Auszeichnung-der-Krisen-EU.html

Nigel Farage: Nobelpreis für EU ist eine Schande
http://www.mmnews.de/index.php/politik/11055-farage-eu-nobelpreis-ist-eine-schande

„Trotzdem Helden!“ – Nobelpreis für Alle
http://www.sezession.de/34229/trotzdem-helden-nobelpreis-fur-alle.html#more-34229

Ich habe den Nobelpreis
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M58ca8086b28.0.html

Der renommierteste Preis der Welt? Für den norwegischen Juristen und Schriftsteller Fredrik Heffermehl ist der Friedensnobelpreis längst eine Farce. Im FOCUS-Online-Interview kritisiert er: Die Vergabe sei nicht im Sinne Alfred Nobels.
http://www.focus.de/politik/ausland/eu-mit-dem-friedensnobelpreis-geehrt-der-wille-alfred-nobels-wird-voellig-missachtet_aid_837797.html

Hans-Werner Sinn im n-tv Interview
"Der Euro ist kaputt"
Hans-Werner Sinn sorgt mal wieder für Furore. In Berlin stellt der streitbare Ifo-Präsident sein neues Buch zur Eurokrise vor. Mit n-tv spricht Sinn über den Euro, wie er gerettet werden kann und warum es notwenig ist, dass Griechenland temporär aus der Eurozone austritt.
http://www.n-tv.de/mediathek/videos/wirtschaft/Der-Euro-ist-kaputt-article7458066.html

Eurokrise
Ex-WestLB Vorstand Poullain: Euro-Crash ist unvermeidlich
http://www.deutsche-mittelstands-nachrichten.de/2012/10/47407/

Zeit für einen Schlussstrich bei der Eurorettung
Von Ludwig Poullain
http://www.cicero.de/kapital/zeit-fuer-einen-schlussstrich-bei-der-eurorettung/52063?seite=1

Schuldenberg voraus
Warum die „Euro-Rettung“ in die Katastrophe führt
http://www.wiwo.de/politik/europa/schuldenberg-voraus-warum-die-euro-rettung-in-die-katastrophe-fuehrt/7287260.html

EU-Parlament stimmt gegen weitere Einsparungen
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M588e7533261.0.html

Vermögen
Banken wollen an das Gold der Türken
Die Türken horten Gold. Doch das passt Banken und Volkswirten nicht. Sie wollen sich etwas einfallen lassen, um die Menschen zum Eintauschen ihrer Münzen und Barren zu bewegen. Der Plan könnte aufgehen.
http://www.handelsblatt.com/finanzen/rohstoffe-devisen/rohstoffe/vermoegen-banken-wollen-an-das-gold-der-tuerken/7332064.html

Europas neue Staaten
Mit Schottland, Katalonien, dem Baskenland und Flandern dürften bald neue Staaten in Europa entstehen
http://www.heise.de/tp/artikel/37/37796/1.html

Katalonien macht sich auf den Weg in die Unabhängigkeit
http://info-baskenland.de/1146-0-Ralf+Streck+Katalonien+auf+dem+Weg+in+die+Unabhaengigkeit.html

Spanien
Katalonien steuert auf die Abspaltung zu
http://www.handelsblatt.com/politik/international/spanien-katalonien-steuert-auf-die-abspaltung-zu/7275094.html

Hilferuf – Katalonien fürchtet Einmarsch Madrids
http://www.welt.de/politik/ausland/article110254899/Hilferuf-Katalonien-fuerchtet-Einmarsch-Madrids.html

Uhupardo. Blog zur Situation in Spanien
http://uhupardo.wordpress.com/

Regionalisten stürzen rot-schwarze Allianz im Baskenland
http://www.unzensuriert.at/content/0010486-Regionalisten-st-rzen-rot-schwarze-Allianz-im-Baskenland

Basken gegen Madrid
Generalstreik: Gewerkschaften wollen nicht für Spaniens Krise zahlen
http://www.jungewelt.de/2012/09-27/047.php

Schotten dürfen über Unabhängigkeit abstimmen
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M58c2340db3a.0.html

Merkel-Besuch löst Chaos und Gewalt in Athen aus
http://www.welt.de/politik/ausland/article109706962/Merkel-Besuch-loest-Chaos-und-Gewalt-in-Athen-aus.html

Griechenland Nicht zu retten
http://www.faz.net/aktuell/wirtschaft/griechenland-nicht-zu-retten-11924739.html

Europa: Massenproteste gegen das Sparen
http://www.profil.at/articles/1241/560/343858/eurokrise-europa-massenproteste-sparen

Schweizer Armee bereitet sich auf Unruhen in Europa vor
http://deutsche-wirtschafts-nachrichten.de/2012/10/07/schweizer-armee-bereitet-sich-auf-unruhen-in-europa-vor/

Rassistischer Übergriff auf Caritas-Aktion
Sie sind maskiert, wettern gegen Toleranz und überkleben Straßenschilder mit provokanten Parolen: Wer steckt hinter den "Identitären Wiens"?
http://kurier.at/nachrichten/wien/4514198-rassistischer-uebergriff-auf-caritas-aktion.php

Rassismus bei Caritas-Aktion: Behörden ermitteln
Sie sind maskiert, wettern gegen Toleranz und Überfremdung und attackierten eine Caritas-Tanzgruppe: Nun ermitteln Polizei und Verfassungsschutz gegen Polit-Aktivisten.
http://kurier.at/nachrichten/4514318-rassismus-bei-caritas-aktion-behoerden-ermitteln.php

Die Identitären
Wien bleibt Wien
http://dieidentitaeren.tumblr.com/post/32681735455/hier-das-heiss-erwartete-video-zu-unserer-kleinen

Hardbass Mass-Attack Vienna
http://www.youtube.com/watch?v=Qr1giOez9Ng

Frankreich
Rechtsextreme besetzen Moschee
Etwa 60 Mitglieder der rechtsextremen Vereinigung “Generation Identitaire” hat am Samstag ein Moschee-Dach in Poitiers besetzt.
http://www.tageblatt.lu/nachrichten/welt/story/Rechtsextreme-besetzen-Moschee-18762069

Sie riefen: 732! – Génération Identitaire in Poitiers
http://www.sezession.de/34432/sie-riefen-732-generation-identitaire-in-poitiers.html#more-34432

Identitäre Generation - Die Kriegserklärung
http://www.youtube.com/watch?v=DxalEUWZTG8

Die Identitären – Europas neue Jugendbewegung?
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5aa1c02e8bd.0.html

Identitäres Europa: Der Kampf um die Symbole
http://www.sezession.de/34502/identitares-europa-der-kampf-um-die-symbole.html

Frankfurt
Identitäre in Deutschland, Nr. 1 – Jetzt mit Video
von Johannes Schüller
Mit einer kleinen, spontanen Aktion haben Identitäre aus Hessen gestern Abend die Eröffnung der »Interkulturellen Wochen« in Frankfurt am Main bereichert. Ein Video dazu folgt bald. Mehr zu den Identitären gibt’s hier, Material zur Eigeninitiative hier.
Am Dienstagabend haben mehrere Aktivisten der Identitären Bewegung aus verschiedenen Untergruppen der feierlichen Eröffnung der interkulturellen Wochen in Frankfurt am Main in der Zentralbibliothek einen Besuch abgestattet und vor ca. 70 -100 Anwesenden (darunter auch http://de.wikipedia.org/wiki/Nargess_Eskandari-Grünberg#Kontroverse) Multikulti weggebasst!
http://www.blog.blauenarzisse.de/5475/identitaere-in-deutschland.html

(Zu den „Identitären“)
Hallo, Wien! (Der Untergang des Abendlandes in Anekdoten, Folge 3)
http://www.sezession.de/34540/hallo-wien-der-untergang-des-abendlandes-in-anekdoten-folge-3.html

Identitäre Blog-Seite
http://wirkungsfeuer.tumblr.com/archive

(Dies hier ist nach offizieller Lesart womöglich kein Fall von Rassismus…)
Streit um Hecke
Osloer Nachbarn ärgern Deutschen mit Hitler-Puppe
http://www.welt.de/vermischtes/kurioses/article110425650/Osloer-Nachbarn-aergern-Deutschen-mit-Hitler-Puppe.html

Schuldenimperium: 40% der US-Bürger haben weniger als USD 500 an Ersparnissen
http://www.propagandafront.de/1140490/schuldenimperium-40-der-us-burger-haben-weniger-als-usd-500-an-ersparnissen.html

Vier Jahre Obama
Die coole Macht
Barack Obama reformiert Amerika – seine größte Tat aber ist der Abschied von der alten Selbstherrlichkeit.
http://www.zeit.de/2012/42/Obama-Bilanz/komplettansicht

Was passiert wenn Israel Iran angreift? 3. Weltkrieg!!!
http://www.youtube.com/watch?v=S1OgwCWd5-U

Russland und Deutschland feilen an Plan für militärische Kooperation
http://de.rian.ru/politics/20121008/264646963.html

(Zitat: „Im Wahlkampfstab seines Widersachers Iwanischwili unterstützten ganze Heerscharen von US-Lobbyisten, Politikern und Wissenschaftlern im Hintergrund die Kampagne des Oligarchen.“)
Wahl in Georgien
Milliardär schlägt Machtmensch
http://www.stuttgarter-zeitung.de/inhalt.wahl-in-georgien-milliardaer-schlaegt-machtmensch.1dc2d532-1738-401d-b21b-ea7706312409.html

(Da überrascht folgende Schlagzeile überhaupt nicht…)
USA loben Ablauf der Parlamentswahl in Georgien
http://www.welt.de/newsticker/news2/article109598975/USA-loben-Ablauf-der-Parlamentswahl-in-Georgien.html

(und auch diese nicht…)
Georgien: EU lobt Ablauf der Parlamentswahl in Georgien
http://www.dradio.de/nachrichten/201210030400/1

Staatsbesuch
Erdogan stößt auf Ablehnung
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M57eb354ac63.0.html

(nicht bei jedem…)
Döner Alan Posener zu “Anti-Sarrazin” Erdogan
www.pi-news.net/2012/10/doner-alan-posener-uber-anti-sarrazin-erdogan/

(Eine türkische Stimme zum Erdogan-Besuch, mit eindeutiger Ausrichtung)
Armenisches Gejammer
http://www.turkishpress.de/news/22102012/armenisches-gejammer/2568

(auch das noch…)
Dänemark
Häftling flieht dank Burka aus Gefängnis
http://www.spiegel.de/panorama/justiz/gefaengnisflucht-mit-burka-verschleierter-haeftling-entkommt-daenemark-a-860081.html

Syrien
Pogrome gegen Christen
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5016b942819.0.html

Tunesiens führender Islamist lässt einmal mehr die Maske fallen
http://www.unzensuriert.at/content/0010497-Tunesiens-f-hrender-Islamist-l-sst-einmal-mehr-die-Maske-fallen

(Arabische Frühlingsgefühle)
Kairo
Erneut Journalistin auf Tahrir-Platz sexuell attackiert
http://www.welt.de/politik/ausland/article110077175/Erneut-Journalistin-auf-Tahrir-Platz-sexuell-attackiert.html

Keine Frauen in saudi-arabischem IKEA-Katalog
http://www.unzensuriert.at/content/0010256-Keine-Frauen-saudi-arabischem-IKEA-Katalog

Indien schockiert über Massenvergewaltigungen
http://www.welt.de/vermischtes/weltgeschehen/article109724445/Indien-schockiert-ueber-Massenvergewaltigungen.html

Nach jüngsten Unruhen
Flüchtlingsdrama in Birma verschärft sich
Tagelange Unruhen, Dutzende Tote, hunderte Häuser zerstört - in Birma wächst die Gewalt gegen die muslimische Minderheit. Die Flüchtlingslager sind völlig überfüllt. Menschenrechtler nehmen die Regierung ins Visier.
http://www.handelsblatt.com/politik/international/nach-juengsten-unruhen-fluechtlingsdrama-in-birma-verschaerft-sich/7311440.html

Burma
Blutige Zusammenstöße zwischen Buddhisten und Muslimen
http://www.faz.net/aktuell/politik/ausland/burma-blutige-zusammenstoesse-zwischen-buddhisten-und-muslimen-11936745.html

Nigeria: Mehrere Tote nach Selbstmordattentat
Mindestens drei Menschen kamen ums Leben, nachdem zwei Männer ein mit Sprengstoff beladenes Auto in eine katholische Kirche steuerten.
http://diepresse.com/home/politik/aussenpolitik/1306236/Nigeria_Mehrere-Tote-nach-Selbstmordattentat-

Piusbruderschaft wirft Holocaust-Leugner Williamson raus
http://www.abendblatt.de/politik/article110197105/Piusbruderschaft-wirft-Holocaust-Leugner-Williamson-raus.html

Honduras schafft ökonomische Stadtstaaten im eigenen Land
http://www.unzensuriert.at/content/0010284-Honduras-schafft-konomische-Stadtstaaten-im-eigenen-Land

Brasilien
Bilder wie im Krieg: Polizei besetzt Slum
http://www.op-online.de/nachrichten/welt/brazilien-bilder-krieg-polizei-besetzt-slum-2547102.html

Zum Tod von Norodom Sihanouk
Der traurige Champagner-König
http://www.spiegel.de/politik/ausland/kambodschas-frueherer-koenig-sihanouk-gestorben-a-861399.html

INNENPOLITISCHES / GESELLSCHAFT / VERGANGENHEITSPOLITIK

(Bundesgold liegt bei den West-Siegermächten…)
Rechnungshof macht Druck
Bundesbank holt Teil ihres Goldes zurück
http://www.tagesschau.de/wirtschaft/bundesbank-goldreserven102.html

Angst um Reserven
CDU-Politiker will deutsches Gold nach Hause holen
http://www.welt.de/finanzen/article110105525/CDU-Politiker-will-deutsches-Gold-nach-Hause-holen.html

Holt unser Gold heim. Initiative zur Rückholung des deutschen Goldes im Ausland
http://www.bullion-investor.net/2012/03/holt-unser-gold-heim-initiative-zur-rueckholung-des-deutschen-goldes-im-ausland/

(Inflation als soziale Lösung)
Frank Meyer befragt Stefan Risse
"Wann ist die Gold-Hausse zu Ende?"
http://www.teleboerse.de/mediathek/mediathek_videos/n-tv_mediathek_videos_wirtschaf/Wann-ist-die-Gold-Hausse-zu-Ende-article7553256.html

Katja Kipping
Grundeinkommen ist mit links zu machen
http://www.cicero.de/kapital/grundeinkommen-ist-mit-links-zu-machen/52358?print

Die ausgepresste Mittelschicht
Zu Walter Wüllenwebers Buch „Die Asozialen“
http://www.freie-waehler-frankfurt.de/artikel/index.php?id=399

Die Nomenklatura will die Nation opfern
Vorbereitung auf Opfer vom Volk läuft auf vollen Touren
http://www.freie-waehler-frankfurt.de/artikel/index.php?id=392

Rechtsruck zu den Freien Wählern
Freie CDU-Wähler
CDU-Politiker trommeln in einer „Wahlalternative 2013“ für die Freien Wähler. Die sollen „Partnerpartei“ für Konservative und Euroskeptiker sein.
http://taz.de/Rechtsruck-zu-den-Freien-Waehlern/!102918/

Die FREIEN WÄHLER und die WAHLALTERNATIVE 2013
Chancen und Probleme einer politischen Hoffnung
http://www.freie-waehler-frankfurt.de/artikel/index.php?id=394

Rechts von der CDU? Parteipolitische Perspektiven des freiheitlichen Konservatismus
http://www.stresemann-stiftung.de/2012/10/05/diskussions-papier-zur-lage-freiheitlich-konservativer-politik/

Warum Saskia Ludwig scheitert
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M599ea354511.0.html

Steinbrück bei Jauch
SPD-Pointenmaschine setzt auf Lacher statt Inhalt
http://www.welt.de/kultur/article109691196/SPD-Pointenmaschine-setzt-auf-Lacher-statt-Inhalt.html

Vortragshonorare
Steinbrück hat verloren
Die Offenlegung seiner Honorare macht Steinbrück nicht glaubwürdiger. Übermäßig dotierte Vorträge sind eine Form der Korruption. Die Wähler werden ihm das nicht verzeihen.
http://www.wiwo.de/politik/deutschland/vortragshonorare-steinbrueck-hat-verloren/7321546.html

Media Control-Auswertung für die ersten drei Quartale
TV-Nachrichten verlieren massiv Zuschauer
http://meedia.de/fernsehen/tv-nachrichten-verlieren-massiv-zuschauer/2012/10/22.html?utm_campaign=NEWSLETTER_ABEND&utm_source=newsletter&utm_medium=email

CSU-Politiker wehrt sich gegen EU-Schnupftabak-Verbot
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5e339634534.0.html

Grüne plädieren für PKW-Maut in Großstädten
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5116df41af3.0.html

Oberbürgermeisterwahl in Stuttgart
Grüner Triumph, schwarze Blamage
http://www.spiegel.de/politik/deutschland/gruene-gewinnen-ob-wahl-in-stuttgart-kommentar-zum-kuhn-sieg-a-862576.html

(Zum „grünen“ Neubürgertum)
Was ist „bürgerlich“?
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5fe16ba4514.0.html

Grüne Siege
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M51ccf2bee2e.0.html

Bundeswehrverband protestiert gegen Musikvideo von Joachim Witt
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5c44e6669a4.0.html

(Bundeswehr am Hindukusch)
Ja-Wort im Einsatz
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M532a2632b02.0.html

Nominierung von „Pussy Riot“ für Lutherpreis stößt auf Kritik
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M556159d2211.0.html

(Nun ja, die Bilder werden in ein Nebenzimmer gehängt…)
Bilder angeblich zu hässlich
Gauck lässt teure Ahnen-Galerie verschwinden
http://www.op-online.de/nachrichten/politik/gauck-laesst-teure-ahnen-galerie-schloss-bellevue-verschwinden-zr-2586902.html

Alexanderplatz ist überall
Verrohung und Gewalt: Tourist in Rüdesheim grundlos niedergestochen
http://www.blu-news.org/2012/10/21/alexanderplatz-ist-uberall/

Holocaustleugner
Erneuter Strafbefehl gegen Bischof Williamson
http://www.welt.de/politik/deutschland/article109637496/Erneuter-Strafbefehl-gegen-Bischof-Williamson.html

SWR-Rundfunkrat: Grün-Rot wirft Vertriebene raus
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M519cc9fa166.0.html

DDR-Opfer kritisieren Deutsches Fernsehballett
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M51bccc3dfe2.0.html

Mahnmal für Sinti und Roma „Wir haben jetzt einen Ort“
http://www.faz.net/aktuell/politik/inland/mahnmal-fuer-sinti-und-roma-wir-haben-jetzt-einen-ort-11937005.html

Merkel weiht Zigeuner-Mahnmal ein
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5b39d0ff233.0.html

Grüne nutzen Denkmaleinweihung für Parteienstreit
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M59b01496cea.0.html

UNESCO-Welterbe
Matschie verteidigt Bewerbung Buchenwalds
http://www.mdr.de/mdr-info/buchenwald182_zc-885afaa7_zs-5d851339.html

LINKE / KAMPF GEGEN RECHTS / ANTIFASCHISMUS

(Innenminister Friedrich der unlauteren Aussagen überführt...)
Zuerst seine Aussagen am 20.10.:
Fahndung nach 100 Rechtsextremisten im Untergrund
http://www.welt.de/politik/deutschland/article110060207/Fahndung-nach-100-Rechtsextremisten-im-Untergrund.html
...hier wurde er “gebusted”:
Minister Friedrich bauschte Nazi-Meldung auf
http://www.spiegel.de/politik/deutschland/untergetauchte-rechtsextreme-innenminister-friedrich-trug-dick-auf-a-863838.html

Rechtsextreme Bauern
Welche Farbe hat Bio?
Fälle von rechtsextremen Biobauern häufen sich - und verunsichern die Öko-Szene.
http://www.spiegel.de/wirtschaft/braune-biobauern-verunsichern-die-oeko-szene-a-855140.html

Spiegel-Online hetzt gegen Ring Freiheitlicher Jugend Deutschlands
http://www.unzensuriert.at/content/0010555-Spiegel-Online-hetzt-gegen-Ring-Freiheitlicher-Jugend-Deutschlands

(Rainer Fromms neuester Erguss „Schwarze Geister. Neue Nazis“)
Unerträgliche Lektüre
http://www.blauenarzisse.de/index.php/rezension/item/3567-unertr%C3%A4gliche-lekt%C3%BCre

Eklat beim Deutschen Engagementpreis
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M55be45c89f4.0.html

Blasierte Rumpfgesellschaft Deutschlandbewohnender
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5710f8dabfa.0.html

Junge Union warnt vor linksextremer Gefahr
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5af777c92ae.0.html

Alsfeld
Rechtsextreme greifen Piraten-Infostand an
http://www.main-netz.de/nachrichten/regionalenachrichten/hessenr/art11995,2318419

Linksextreme Medien radikalisieren ihre Leser
http://www.unzensuriert.at/content/0010333-Linksextreme-Medien-radikalisieren-ihre-Leser

Schule ohne Rassismus – Schule “mit Courage”?
http://www.pi-news.net/2012/10/schule-ohne-rassismus-schule-mit-courage/#more-288513

(Selbstverständlich. Wer hätte anderes je erwartet?...)
Verhinderter Mallorca-Attentäter
Spanier ist rechtsextrem
http://www.n-tv.de/panorama/Spanier-ist-rechtsextrem-article7398336.html

Der rote Terror
Francesco Güssow: Die blutige Geschichte der Roten Armee Fraktion
http://www.blu-news.org/2012/09/23/der-rote-terror/

Linke laufen weiter Sturm gegen Dresdner Akademikerball - GFSK spricht von "Rufmord"
http://www.ovz-online.de/web/ovz/nachrichten/detail/-/specific/Linke-laufen-weiter-Sturm-gegen-Dresdner-Akademikerball-und-Studentenverbindungen-GFSK-spricht-von-788047728

[DD] Burschenball verhindern!
http://de.indymedia.org/2012/10/336545.shtml

Dortmund
Linke laufen Sturm gegen „Frei.Wild“-Konzert
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M51a0a443fa1.0.html

Frei.Wild
Gegen Gutmenschen und Moralapostel
http://www.blauenarzisse.de/index.php/rezension/item/3573-gegen-gutmenschen-und-moralapostel

Linksextremismus
Die immer recht haben
Der Schwarze Block ist kein Verein, keine Partei, kein Bündnis, nicht einmal eine Gruppe. Er ist der linksextremistische Schwarm, der mit Moral und Militanz auf Polizisten losgeht.
http://www.faz.net/aktuell/politik/inland/linksextremismus-die-immer-recht-haben-11940221.html

Linksextremisten randalieren in Göppingen
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M58ebdf708b8.0.html

Leipzig: Linksextremisten drohen Polizei
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M52e84e0063d.0.html


Mehrere Autos in Berlin angezündet
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5bbff18bbf9.0.html

EINWANDERUNG / MULTIKULTURELLE GESELLSCHAFT

Kassel
Halitplatz erinnert an NSU-Opfer
http://www.hr-online.de/website/rubriken/nachrichten/indexhessen34938.jsp?key=standard_document_46223597

(Warum bittet er um Entschuldigung? Hat er auch etwas mit den Straftaten zu tun?)
Platz nach NSU-Opfer Yozgat benannt
Mahnmal gegen rechte Gewalt eingeweiht - Hahn bittet Angehörige um Entschuldigung
http://www.welt.de/newsticker/news3/article109574767/Platz-nach-NSU-Opfer-Yozgat-benannt.html

Dortmund: Gedenkstein für NSU-Mordopfer Mehmet Kubasik enthüllt
http://www.readers-edition.de/2012/10/01/dortmund-gedenkstein-fur-nsu-mordopfer-mehmet-kubasik-enthullt/

Theater
Breivik in Weimar
http://www.fr-online.de/meinung/auslese-breivik-in--weimar,1472602,20683910.html

Laschet kritisiert Integrationspolitik Buschkowskys
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5b09a6ef8f0.0.html

Frankfurter Würstchen
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M54d34edd07a.0.html

Der „Du-darfst-nicht“-Antirassismus
Kolumne von Deniz Yücel
http://www.taz.de/Kolumne-Besser/!104064/

(Mal wieder was von Böhmer…)
Böhmer fordert mehr Rechte für Asylbewerber
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M55e4f1f8d25.0.html

Öney erwägt Lockerung des Kopftuchverbots
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5866bf7b5e8.0.html

Vortrag über den Islam – oder: Wenn zwei Welten aufeinanderprallen
http://www.blog.blauenarzisse.de/5329/vortrag-ueber-den-islam-oder-wenn-zwei-welten-aufeinanderprallen.html

Eindrücke vom Zwischentag in Berlin (1): Konflikte zwischen identitärer Rechter und PI-Aktivisten
http://ernstfall.org/2012/10/06/eindrucke-vom-zwischentag-in-berlin/

Weißmann, Stürzenberger und das Elend der Islamkritik
http://www.sezession.de/34132/weismann-sturzenberger-und-das-elend-der-islamkritik.html#more-34132

Lichtmesz oder Stürzenberger – Sezession oder PI?
http://www.sezession.de/34264/lichtmesz-oder-sturzenberger-sezession-oder-pi.html#more-34264

Islamkritik und Liberalismuskritik
http://www.sezession.de/34285/islamkritik-und-liberalismuskritik.html/2

Die Pappkameraden abräumen – ein Unterfangen
http://www.sezession.de/34235/die-pappkameraden-abraumen-ein-unterfangen.html

Eine Lanze für Michael Stürzenberger
http://www.sezession.de/34397/eine-lanze-fur-michael-stuerzenberger.html

Besetztes Gelände und Islamkritik
http://www.sezession.de/34371/besetztes-gelande-und-islamkritik.html

(Zur Islam-Christentum-Debatte)
Das Kreuzzugs-System
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5f84b44cce5.0.html

Zeichen setzen am Weißelberg-Tag!
http://www.pi-news.net/2012/10/zeichen-setzen-am-weiselberg-tag/#more-288469

(Sie werden offenbar immer dreister)
Ditib betont Rolle der Türken für deutsche Einheit
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5df1493dbb9.0.html

(Und die Deutschen immer selbstvergessener…)
Ist Deutsch Deutsch?
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5e19d320377.0.html

(Fachkräftemangel = Durch Zuwanderung entstandene Probleme durch weitere Zuwanderung lösen)
Zerrbild Deutschland: Wettbewerbsfähigkeit nur durch billige Löhne, Zeitarbeit und Minijobs?
http://www.kas.de/wf/de/33.32460/

Zahl der Asylbewerber aus Serbien und Mazedonien steigt rasant an
http://www.abendblatt.de/politik/deutschland/article2409991/Zahl-der-Asylbewerber-aus-Serbien-und-Mazedonien-steigt-rasant-an.html

Pläne gegen „Asylmissbrauch“ von Serbien und Mazedonien
Friedrich will Asylbewerbern den Geldhahn zudrehen
http://www.focus.de/politik/deutschland/plaene-gegen-asylmissbrauch-von-serbien-und-mazedonien-friedrich-will-asylbewerbern-den-geldhahn-zudrehen_aid_837939.html

Asyl-Pläne des Innenministers
Grünen-Vorsitzende Roth: „Friedrich zieht neue Mauern hoch“
http://www.focus.de/politik/deutschland/tid-27694/asyl-plaene-des-innenministers-gruenen-vorsitzende-roth-friedrich-zieht-neue-mauern-hoch_aid_838279.html

(Zu Asylmissbrauch)
Gekommen, um zu bleiben
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M585b8a93d8e.0.html

Zentralrat Deutscher Sinti und Roma gegen Visapflicht für Zigeuner
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M5ca81953d48.0.html

Hanau
Müllfledderer vor Sammelstelle
„Metall, geben Metall!“
http://www.op-online.de/nachrichten/hanau/spermuell-jugendliche-hanau-durchsuchen-autos-sammelstelle-2561906.html

Offenbach
Metalldiebe suchen Spielplatz und die Müllverbrennung heim
http://www.op-online.de/nachrichten/offenbach/metalldiebe-suchen-spielplatz-muellverbrennung-heim-2564077.html

(…der seit sieben Jahren in Deutschland lebt und nach eigenen Angaben kein deutsch spricht…)
Rabiatem Offenbacher bleibt das Gefängnis erspart
Mit Küchenmesser nach Taxifahrer geworfen
http://www.op-online.de/nachrichten/offenbach/kuechenmesser-nach-taxifahrer-geworfen-2533815.html

Nach Tritt gegen den Kopf stürmten Zuschauer das Spielfeld
http://www.unzensuriert.at/content/0010331-Nach-Tritt-gegen-den-Kopf-st-rmten-Zuschauer-das-Spielfeld

Übergriff beim A-Klassen-Spiel Gewalt-Exzess gegen Schiri: Er droht zu erblinden!
http://www.abendzeitung-muenchen.de/inhalt.uebergriff-beim-a-klassen-spiel-gewalt-exzess-gegen-schiri-er-droht-zu-erblinden.c0b73886-be67-4a52-a2fe-fbbca7bd91a8.html

“Nazi-Getue”: Spieler von Albaner-Verein prügeln Schiedsrichter ins Krankenhaus
http://www.zuerst.de/2012/10/09/nazi-getue-spieler-von-albaner-verein-prugeln-schiedsrichter-ins-krankenhaus/

Berlin-Mitte
Schläger prügeln Mann "aus nackter Mordlust" fast tot
http://www.welt.de/vermischtes/weltgeschehen/article109836448/Schlaeger-pruegeln-Mann-aus-nackter-Mordlust-fast-tot.html

Der blutige Preis der „Vielfalt“
Zum Gedenken an den ermordeten Jonny K. und viele andere
http://www.freie-waehler-frankfurt.de/artikel/index.php?id=403

(„Keine Erklärung“ hat Klaus Wowereit für die Tat: „Berlins Regierender Bürgermeister Klaus Wowereit (SPD) bezeichnete die Tat nach der Gedenkstunde als sinnlos. Es gebe keine Erklärung für den Gewaltakt. Zur Suche nach den Tätern wollte er sich nicht äußern.“)
Berliner trauern um Jonny K.
http://www.rp-online.de/panorama/deutschland/berliner-trauern-um-jonny-k-1.3048147

(„Bei den beiden Männern soll es sich um Angehörige der Patientin handeln. Sie werden von Sehouli als Südländer beschrieben.“)
Angriff auf Arzt der Berliner Charité
http://www.bz-berlin.de/tatorte/charit-professor-motiv-fuer-angriff-bekannt-article1569171.html
http://home.1und1.de/themen/nachrichten/panorama/249to9s-charit-arzt-klinik-ueberfallen-schwer-verletzt
http://www.mz-web.de/servlet/ContentServer?pagename=ksta/page&atype=ksArtikel&aid=1351059850670&openMenu=1013083806405&calledPageId=1013083806405&listid=1018881578737

Bochum: 15-20 “Südländer” malträtieren Schüler
http://www.pi-news.net/2012/10/bochum-15-20-sudlander-maltratieren-schuler/

No-Go-Area für Deutsche in Bremen
http://www.sezession.de/34543/no-go-area-fur-deutsche-in-bremen.html#more-34543

KULTUR / UMWELT / ZEITGEIST / SONSTIGES

Berlin
Neubau im Regierungsviertel
Teure Pläne für das Haus der Zukunft
http://www.berliner-zeitung.de/berlin/neubau-im-regierungsviertel-teure-plaene-fuer-das-haus-der-zukunft,10809148,19895328.html

(Aber für das Berliner Stadtschloss ist kaum Geld vorhanden…)
Berlin
Zeitung: BND-Neubau wird rund 100 Millionen Euro teurer
http://www.berlin.de/aktuelles/berlin/2737519-958092-zeitung-bndneubau-wird-rund-100-millione.html

Wismar
Die Linke verhindert weiteres Aufmauern von St. Marien
http://www.ln-online.de/lokales/nordwestmecklenburg/3593617/schluss-mit-aufmauern-bei-st-marien

(Britisches Architekturbüro mit Neubauten im klassischen Stil)
Quinlan & Francis Terry LLP Architects
http://www.qftarchitects.com/

(Für angehende Bauherren!)
Villa Belavista
Neue Bauten nach historischen Vorbildern
http://www.villa-belavista.de

Aue: Ganoven rauben mit Brachialgewalt drei schwere Glocken
In früherer Besteckfabrik ereignete sich einer der spektakulärsten Diebstähle in der Stadt
http://www.freiepresse.de/LOKALES/ERZGEBIRGE/AUE/Aue-Ganoven-rauben-mit-Brachialgewalt-drei-schwere-Glocken-artikel8136935.php

Heimat
Von Anni Mursula
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M58ed55fdaa7.0.html

(Zu Bildungspolitik und Klassengesellschaft)
Amerika, du hast es besser?
http://www.sezession.de/34180/amerika-du-hast-es-besser.html

(Schräg)
Nazi-Fundstück aus Tibet
Buddha-Statue aus Meteorit geschnitzt
http://www.spiegel.de/wissenschaft/mensch/tausend-jahre-alte-buddha-statue-ist-aus-meteorit-geschnitzt-a-858258.html

“Zwischentag” in Berlin – ein Fazit
http://korrektheiten.com/2012/10/06/zwischentag-in-berlin-ein-fazit/

Klartext über den „zwischentag“? – Eine Sehhilfe für den rbb-Film
http://www.sezession.de/34205/klartext-uber-den-zwischentag-eine-sehhilfe-fur-den-rbb-film.html#more-34205

(Zu „Zwischentag“)
Gipfeltreffen in der Hauptstadt - Rechte Eliten spinnen Netzwerk
http://www.rbb-online.de/klartext/archiv/klartext_vom_10_10/gipfeltreffen_in_der.html

Öffentlich-rechtliche Medien über den Zwischentag: Die Sprache der Propaganda
http://ernstfall.org/2012/10/11/offentlich-rechtliche-medien-uber-den-zwischentag-die-sprache-der-propaganda/

„Zwischentag“
Zeichen und Wunder
http://www.jungefreiheit.de/Single-News-Display-mit-Komm.154+M548179239d0.0.html

Komiker zerlegt Gender-Forschung in Norwegen ("The Gender Equality Paradox")
http://www.youtube.com/watch?v=-u_AnNTSujA

Der Junge unterm Feigenbaum
Trent Arsenault ist Vater von 17 Kindern - und lebt seit jeher enthaltsam. Ein Hausbesuch beim bekanntesten Samenspender der USA
http://www.taz.de/1/archiv/digitaz/artikel/?ressort=tz&dig=2012%2F10%2F20%2Fa0025&cHash=5b381279a654c1794b0b24574cd2050d

Bielefelder Ideenwerkstatt: Geschlechterfragen
http://www.sezession.de/34492/bielefelder-ideenwerkstatt-geschlechterfragen.html#more-34492

Die Kampagne gegen Ökostrom geht demagogisch mit Armut um
Geheuchelte Sorge um die Armen
http://www.taz.de/!103313/

Zum Tode Eric Hobsbawms
Der Mann, der mit Marx Geschichte schrieb
http://www.spiegel.de/kultur/gesellschaft/nachruf-auf-britischen-historiker-eric-hobsbawm-a-858999.html

Kunst
Erbe erhält Plakatsammlung Sachs aus Berlin zurück
http://www.focus.de/kultur/kunst/kunst-erbe-erhaelt-plakatsammlung-sachs-aus-berlin-zurueck_aid_834355.html

(Zu Peter Altmaier)
Mit ganzem Gewicht
http://www.taz.de/Kolumne-Die-eine-Frage/!103437/

Madagaskar
Kleinstes Chamäleon der Welt entdeckt
http://www.stern.de/wissen/natur/madagaskar-kleinstes-chamaeleon-der-welt-entdeckt-1787227.html

"Wer stirbt, will sich doch gut dabei fühlen"
Naomi Feil beschäftigt sich seit ihrer Kindheit mit dem Altsein - Der Begriff Demenz kommt in ihrem Wortschatz nicht vor
http://derstandard.at/1350259616126/Gerontologie-Altwerden-Demenz-Validation

Filmkritik „Abraham Lincoln Vampirjäger“ von Timur Bekmambetov
http://clauswolfschlag.blog.com/2012/10/24/filmkritik-%E2%80%9Eabraham-lincoln-vampirjager%E2%80%9C-von-timur-bekmambetov/

Mehr als tausend Neufaschisten feiern in Italien den 90. Jahrestag von Mussolinis „Marsch auf Rom“ - Video
http://link.brightcove.com/services/player/bcpid1476763779001?bckey=AQ~~,AAABNTOXzWk~,XOQppeUuyCFS8ojoLW1Z6aFUpF_RsG9O&bclid=0&bctid=1929025318001

In the House of Pound
An Interview with Gianluca Iannone
http://www.alternativeright.com/main/the-magazine/in-the-house-of-pound/

(Casa Pound-Konzert)
ZetaZeroAlfa - Fronte dell'essere
http://www.youtube.com/watch?v=jvcldqh-qvU&feature=related

Vermes, Er ist wieder da (6 CD)
http://www.youtube.com/watch?v=fDwZgO6hxRo&NR=1&feature=endscreen

Nouvelle revue d'Histoire: le conflit du trône et de l'autel

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Nouvelle revue d'Histoire: le conflit du trône et de l'autel

Le conflit du Trône et de l’Autel”, par Dominique Venner

Editorial de La Nouvelle Revue d’Histoire

N°63, novembre-décembre 2012

Tout grand évènement religieux a des causes politiques et historiques. Cette observation se vérifie particulièrement en Europe dans l’histoire du christianisme, en raison des liens étroits et conflictuels établis entre l’Église et l’État, le Sacerdoce et l’Empire, le Trône et l’Autel. Tel est le sujet du dossier de la NRH de novembre 2012 (n° 63). Si vous prenez le temps de le lire, vous découvrirez certainement une face des choses qui vous paraîtra neuve. L’étude historique comme nous la pratiquons n’a pas pour but de rabâcher les clichés entretenus par une transmission paresseuse des savoirs scolaires. Elle à pour but de nous donner des instruments pour comprendre les mystères du passé et ceux du présent afin de construire notre avenir.

Il existe bien d’autres religions (ou de sagesses religieuses) à travers le monde et d’origine vénérable, mais aucune n’a eu un destin comparable au christianisme, en ce sens où aucune n’a édifié sur la longue durée une telle institution de pouvoir se posant à la fois en rivale ou en appui du Trône ou de l’État. Analyser cette particularité excède naturellement les limites de cet éditorial (1). Je me limiterai donc à rappeler deux particularités historiques majeures.

À la suite d’une série d’imprévus historiques majeurs, à la fin du IVe siècle de notre ère, un culte d’origine orientale et en constants changements fut adopté comme religion d’État obligatoire d’un Empire romain devenu largement cosmopolite. Pour faire bref, je ne crois pas du tout à la vieille thèse selon laquelle la nouvelle religion aurait provoqué la décadence de l’Empire. En revanche, c’est évidemment parce que « Rome n’était plus dans Rome » depuis longtemps, que les empereurs, à la suite de Constantin et de Théodose (malgré l’opposition de Julien), décidèrent, pour des raisons hautement politiques, d’adopter cette religion.

En trois gros siècles (l’espace de temps qui nous sépare de Louis XIV), la petite secte juive des origine était devenue une institution sacerdotale frottée de philosophie grecque que saint Paul avait ouverte à tous les non-circoncis (Galates, 3-28), une religion qui se voulait désormais celle de tous les hommes.

Ce projet d’universalité chrétienne coïncidait avec l’ambition universelle de l’Empire. Il en était même le décalque, ce qui favorisa son adoption après des périodes de conflits (sans parler des nombreuses hérésies). Pour un empire à vocation universelle, une religion qui se voulait celle de tous les hommes convenait mieux que la religion des dieux autochtones de l’ancienne cité romaine. On pense rarement à cette réalité capitale. Tout plaidait politiquement en faveur de cette adoption, et les apologistes chrétiens n’ont pas manqué de le souligner. À la différence de l’ancienne religion civique, la nouvelle était individuelle et personnelle. Par la prière, chaque fidèle était en relation implorante avec le nouveau Dieu. Celui-ci ne s’opposait pas au pouvoir impérial : « Rendons à César ce qui est à César et à Dieu ce qui est à Dieu ». Les difficultés surgiront ultérieurement sur la délimitation du territoire accordé à César (le Trône) et à Dieu (l’Autel).

Par la voix de saint Paul, l’Église naissante avait justifié l’autorité des Césars : « Tout pouvoir vient de Dieu » (Romains, 13). À la condition toutefois que les Césars lui reconnaissent le monopole de la religion et de la parole sacrée. À cet égard, l’Empire multiethnique de l’époque ne pouvait souhaiter mieux qu’une religion prête à le servir en unifiant tous les peuples et toutes les races dans l’adoration d’un même Dieu sans attache ethnique.

L’empereur Constantin, imité en cela par ses successeurs en Orient (Byzance) était bien décidé à intervenir dans les affaires d’une Église qu’il voulait soumise, et à mettre de l’ordre dans les disputes théologiques grosses de désordres. Son autorité s’imposa ainsi au Concile de Nicée (326) qui établit les fondements de l’orthodoxie catholique en donnant une assise au mystère de la trinité divine. Devenue obligatoire, ce qui impliquait la conversion de tout titulaire d’autorité, l’Église naissante devint une formidable machine de pouvoir, épousant les structures de cette non moins formidable institution qu’était l’Empire.

Un siècle après Constantin et Théodose, surgit un nouvel imprévu historique aux conséquences colossales. Depuis longtemps, le gigantisme de l’Empire avait conduit à le diviser en deux : empire d’Occident (capitale Rome en attendant Ravenne) et empire d’Orient (capitale Constantinople). Une primature était accordée à Constantinople en raison du déplacement oriental du centre géométrique, ethnique et économique, de l’Empire. Cela d’autant que la présence toujours accrue à l’Ouest de populations germaniques, dites « barbares », créait une instabilité mal maîtrisée.

C’est ainsi qu’en 476, le dernier empereur fantoche d’Occident (Augustule) fut déposé par un chef hérule nommé Odoacre qui renvoya les insignes impériaux à Constantinople. Cet évènement signait la fin discrète de l’empire d’Occident (2). Ne subsistaient à l’Ouest que deux pouvoirs issus partiellement de l’ancienne Rome. Celui d’abord des rois et chefs germaniques adoubés par l’Empire, qui sont à l’origine de tous les royaumes européens. Celui, ensuite, plus ou moins concurrent d’une Église, riche et puissante, représentée par ses évêques, héritiers de l’administration diocésaine romaine.

Ce serait trop simplifier les choses que de distinguer alors pouvoir politique et pouvoir religieux, tant ce dernier disposait d’une part notable de la richesse et de la puissance publique. Mais dans ce monde neuf d’un Occident en ébullition, vont apparaître bientôt deux autres pouvoirs juxtaposés aux précédents, celui du pape, évêque de Rome, et celui des empereurs d’Occident et de rois qui, à la façon de Philippe le Bel, se voudront « empereur en leur royaume ». Ainsi se dessine le cadre historique d’équilibres et de conflits qui se sont prolongés jusqu’à nous (2).

Dominique Venner

Notes

(1) J’ai développé les observations de cet éditorial dans mon livre Le Choc de l’Histoire (Via Romana, 2011). Notamment p. 108 et suivantes, que complètent les réflexions du chapitre Mystique et politique(p. 155).

(2) L’Empire d’Occident fut relevé en l’an 800 par Charlemagne, ce qui suscita l’irritation de l’empereur byzantin.

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Sly le révélateur

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Sly le révélateur

par André WAROCH

Le succès colossal d’Expendables II est l’occasion de faire le bilan de la carrière de Sylvester Stallone, et d’essayer de comprendre l’évolution de son image telle qu’elle fut livrée, selon les époques, par les médias occidentaux et particulièrement français. Et de ce qu’elle révèle de la psychologie profonde de nos « élites », ces fameuses élites médiatiques « qui-nous-disent-ce-qu’on-doit-penser » et dont il serait plus exact de dire que leur fonction, plus subtile, est de nous signifier lesquelles de nos pensées peuvent être exposées au jugement public, et lesquelles doivent rester entre quatre murs. Puisque que c’est de ce contrôle idéologique et culturel impitoyable de la population, c’est de cette censure permanente de l’agora que découle, en fin de compte, leur domination politique.

Remontons jusqu’au milieu des années 80. Stallone semble être devenu le roi du monde. Coup sur coup, Rocky IV et Rambo II se sont installés au sommet du box-office planétaire. Toutes muscles dehors, l’acteur, bannière étoilée au vent, y affronte et terrasse les communistes, que ceux-ci soient russes ou vietnamiens. Ce patriotisme, sincère, naïf et assumé, qui trouve toujours un écho favorable dans l’Amérique profonde, va néanmoins lui mettre à dos cette classe médiatique. Sa carrière, à partir de là, va décliner irrémédiablement.

De plus, alors que la menace soviétique s’éloigne puis s’éteint, un pan essentiel de la culture de droite aux États-Unis s’effondre comme un Mur de Berlin virtuel. Les films de Sly (et accessoirement ceux de Chuck Norris, qui met sa carrière cinématographique en sommeil au début des années 90) apparaissent subitement appartenir à une autre époque, exalter un combat sans objet. Peu à peu, Schwarzenegger, plus calculateur, plus cynique, va s’imposer comme le nouveau roi des acteurs-athlètes, alternant savamment films d’action de facture « classique », œuvres de S.-F. ambitieuses, et comédies dans lesquelles il va, avec beaucoup d’à-propos, s’auto-parodier volontairement. Pendant ce temps, Stallone va s’entêter dans des films « de droite » qui vont marcher de moins en moins bien et attiser les quolibets.

Mais plus qu’aux États-Unis, c’est en France, alors, que le nom de Stallone commence à déclencher immanquablement des ricanements aussi mauvais que pavloviens. Car l’image qui s’impose alors de Sly est celle d’une « montagne de muscles sans cervelle ».

Il est inutile de chercher une quelconque origine « populaire » dans ce phénomène. De manière très cynique, on pourrait presque dire que, d’une certaine manière, le « peuple », dès cette époque, a disparu dans ce pays, remplacé par « l’opinion publique », c’est-à-dire l’agora censurée.

La haine que les élites médiatiques éprouvent pour l’idéologie dont Stallone est le vecteur, n’a que peu à voir, finalement, avec sa lutte contre le communisme soviétique avec lequel elles ont rompu depuis déjà longtemps. Il est, à ce titre, très intéressant d’examiner, vingt-cinq ans plus tard, le casting de stars d’Expendables II : Stallone, le véritable maître-d’œuvre du projet, est accompagné et secondé, dans l’ordre de leur notoriété, par Arnold Schwarzenegger, Bruce Willis, Jean-Claude Van Damme, Chuck Norris et Dolph Lundgren. On se croirait dans un congrès du Parti républicain. Si Norris et Willis ont toujours apporté à ce dernier leur soutien public, Schwarzenegger a carrément été élu gouverneur républicain de Californie. Quant à Stallone, s’il ne s’est jamais engagé officiellement pour tel ou tel parti, il suffit de voir le film Cobra réalisé en 1986, dans lequel il incarne un Dirty Harry bodybuildé, pour comprendre quel est son positionnement concernant ces questions clivantes à Hollywood que sont la peine de mort et la lutte contre le crime.

Cette sur-représentation d’acteurs de droite déclarés est absolument extraordinaire quand on connaît l’état politique du cinéma américain, dont les comédiens sont de gauche à 90 %, et fait de ce film une riposte à Ocean’s Eleven qui regroupait d’autres stars plus récentes, plus efféminées, plus bourgeoises, plus « intellectuelles », et ayant bien sur massivement soutenu, par la suite, l’élection du Messie Obama.

La seconde remarque concernant ces six noms est la suivante : trois d’entre eux sont européens.

Pour le formuler autrement : pour faire les films qu’ils avaient envie de faire, des films d’action, des films d’aventure, des films de S.-F., des films d’arts martiaux ou des films de guerre, le Suédois Lundgren, l’Autrichien Schwarzenegger et le Belge Van Damme ont ressenti le besoin impérieux de s’exiler aux États-Unis. Tout comme l’Anglais Ridley Scott, qui a réalisé en 2000, pour le compte des studios hollywoodiens, le film Gladiator, véritable plongée dans les racines romaines et antiques de l’Europe.

Je ne résiste pas au plaisir de citer un grand penseur de la dégénérescence de l’Europe, Guillaume Faye, dans son maître-livre L’archéofuturisme paru en 1998 :

« Le succès des superproductions hollywoodiennes s’explique par leur caractère imaginatif et épique, par leur rigorisme dramaturgique, l’ultra-professionnalisme de la production et de la distribution, une technicité parfaite… Ce qui rattrape largement la fréquente indigence des scénarios ou des bombardements de clichés infantiles et sirupeux. Hollywood fait du “ Jules Vernes filmé ”, et souvent avec des scénarios écrits par des Européens dégoûtés de l’absence de dynamisme de la production européenne.

Les Français et les Européens ont perdu le sens de l’épopée et de l’imagination. Qu’est-ce qui nous empêcherait de les retrouver ? Qui nous l’interdit ? Pourquoi aucun Européen n’a-t-il eu l’idée de traiter (à notre manière, sans doute plus intelligente, et tout autant dramaturgique) les thèmes de E.T., Jurassic Park,  d’Armageddon ou de Deep Impact, de Twister, de Titanic ? »

En France, le dernier à avoir pu rivaliser sur le terrain du film d’action avec les Américains a été Jean-Paul Belmondo. Entre 1975 et 1983, il a triomphé dans des films musclés, à grand spectacle, truffés de cascades. La question se pose alors de savoir pourquoi « Bébel » n’a pas eu d’héritier. Et au-delà du simple film d’action de « musclé », il faudrait parler évidemment, comme le souligne Guillaume Faye, de la fin du cinéma épique populaire en Europe, dont Belmondo était en fait une survivance.

En France, à quel genre de films sont consacrés aujourd’hui les plus gros budgets du cinéma ? À des comédies, Astérix et Taxi en tête, qui sont, en fait, des parodies des grands films épiques d’autrefois. Comme si les Français et les Européens n’étaient plus capables d’autre chose, quand ils essaient de sortir du cinéma intellectuel, nombriliste et pseudo-élitiste, que de dérision.

Alors pourquoi les Européens n’ont-t-ils pas pu faire Gladiator ? Et plus révélateur encore pour nous, pourquoi Christophe Lambert n’a-t-il pu incarner Vercingétorix que dans un film américain (même si celui-ci se révéla être un navet infâme) ? Vercingétorix, symbole du patriotisme français, qui tenta de repousser par les armes l’invasion étrangère ? Poser la question, c’est apporter la réponse.

Imaginons un film sur ce héros national tourné en France : à quoi pourrait-il ressembler, à part à une comédie grotesque tournant en ridicule les mythes nationaux (ce qu’a été Astérix) ?

Il y a bien une autre option, évidemment, c’est le film de repentance : les soldats gaulois, racistes et moustachus, se montreraient injustement cruels avec les immigrés italiens, mais le chef arverne, révolté, prendrait fait et cause pour les opprimés. Son homosexualité latente s’éveillerait ensuite à l’occasion d’une nuit d’amour avec un jeune éphèbe de Rome arraché des griffes des beaufs celtiques. La bataille finale d’Alésia montrerait tout de même Vercingétorix luttant contre l’ennemi étranger, mais accompagné de son nouveau fiancé ayant trahi la cause de César par amour, ainsi que de quelques Noirs et Arabes dont on expliquerait qu’ils ont traversé les mers pour défendre la liberté et le progressisme contre les fascistes romains, même si l’histoire officielle (de toute façon raciste) n’en garde pas trace.

Le retour fulgurant, avec les deux Expendables, de Sylvester Stallone et de ses collègues sur le devant de la scène, alors qu’on les croyait morts et enterrés depuis quinze ou vingt ans – mis à part Bruce Willis – ne peut pas être interprété idéologiquement : après tout, le film d’action ne s’est jamais arrêté aux États-Unis. Ce qui s’était essoufflé, c’est le sous-genre « héros musclé et surpuissant » qui avait été remplacé justement, entre autres, par la série des Die Hard avec Willis.

On voit bien, à la vision de ce film, ce qui peut unir entre eux ces acteurs  qui ont vraiment l’air de s’entendre comme larrons en foire : ils assument, sans aucun état d’âme, la violence inhérente au monde des hommes. On n’essaie pas de comprendre, encore moins d’excuser son ennemi : on l’anéantit. La rupture est alors inévitable entre ces « hommes de toujours », comme dirait Philippe Murray, et la nouvelle Europe des hommes d’après.

En 2005, Arnold Schwarzenegger, en tant que gouverneur de Californie, refuse de gracier un condamné à mort. Il est exécuté le lendemain. Alors, en Autriche, à Graz, ville natale de « Schwarzie », on s’insurge. Car, quelques années auparavant, on avait débaptisé le  stade de Graz-Liebenau pour lui donner le nom de la star. Éclairé sur sa véritable philosophie, le conseil municipal, soudain outré, s’apprête à voter une procédure pour de nouveau débaptiser l’enceinte, quand Schwarzenegger, de lui-même, retire à la ville le droit d’utiliser son patronyme. Le bâtiment reprend alors son ancienne appellation. Le conseil n’a pas suivi les recommandations de l’opposition des Verts, qui souhaitait donner au stade le nom du condamné à mort, Stanley Williams, chef de gang, condamné pour quatre homicides.

Les « élites » médiatiques européennes et américaines partagent peu ou prou la même idéologie, la même vision du monde, et se considèrent investies de la mission sacrée d’imposer cette vision à la planète entière, et d’abord en Occident, puisqu’elles y ont déjà pris le contrôle des canaux de communication. Aux États-Unis, toutefois, leur domination est entravée par le conservatisme très fort, et lui aussi d’essence religieuse, de la population de base. L’expression convenue des « élites déconnectées du peuple » est beaucoup plus pertinente s’agissant du cas américain que pour ce qui concerne l’Europe, où il ne s’agit que d’un argument démagogique servi par l’opposition pendant chaque campagne électorale. Si l’on veut bien reprendre cette expression au pied de la lettre, on pourrait même dire que c’est le contraire qui est vrai : les peuples européens n’ont jamais été autant connectés aux « élites », buvant ses paroles comme un nourrisson boirait le lait empoisonné d’une mère perverse. Ils n’ont jamais autant été privés de l’idéologie alternative et des ressorts psychologiques qui leur permettraient de se mobiliser et de s’organiser pour défendre leurs intérêts. Les peuples européens sont comme un fruit qu’on a pressé pour en vider tout le suc, tout le contenu vital.

Plus que toute autre chose, c’est le caractère immensément populaire des films et de la personnalité de Sylvester Stallone, qui, depuis trente ans, lui vaut la haine des « élites » occidentales.

André Waroch


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Tableau de Constantin Meunier

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Les femmes au tabac

Tableau de Constantin Meunier

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The Last Emperor of China

The Last Emperor of China

samedi, 03 novembre 2012

Ilya Glazunov: le déclin de l'Europe

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Ilya Glazunov:

Le déclin de l'Europe

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L'article intitulé “Oswald Spengler”, dans Stur, 1937

L'article intitulé "Oswald Spengler" dans Stur, 1937

Il y a aujourd’hui plus d’un an, mourait à Munich l’un des hommes qui ont le plus fait, dans la crise profonde de la défaite allemande, pour maintenir intact le moral du pays et rendre possible un redressement : celui que nous voyons se développer sous nos yeux. Cet homme est en outre un cerveau de premier ordre, un de ces savants gigantesques, — comme il en apparaît quelques-uns au cours de l’histoire de l’Europe, depuis Roger Bacon jus­qu’à Vinci, Descartes, Newton… — sorte de Titan spiri­tuel, sur les découvertes duquel repose, avouée ou non, presque toute l’orientation de la pensée contemporaine.

Ce philosophe — puisque les travaux historiques d’Oswald SPENGLER sont en quelque sorte « enveloppés » dans une philosophie — a été cependant assez peu remar­qué en France, dans la période qui a suivi immédiatement la dernière guerre . En Allemagne, son Déclin de l’Occident (Untergang des Abendlandes) a connu un succès sans précédent pour un ouvrage aussi sévère, puisqu’il dépasse aujourd’hui le 15e mille — succès d’actualité, mais également succès de profondeur. Le livre venait « à son heure », au moment où la défaite semblait contredire les aspirations de la grande majorité des Alle­mands et les livrer au désespoir ; il leur démontrait, par l’alliance d’une immense érudition et d’une pensée rigou­reuse, l’inanité de la philosophie du progrès généralement admise et les voies qu’ils devaient adopter désormais, s’ils voulaient se relever. Aujourd’hui, les idées de Spengler ont disparu au second plan, dépassées qu’elles sont par la poussée plus apparente des sentiments de race, des mystiques de l’ordre, voire même de la pure apologie de la force. Elles n’en subsistent pas moins dans le domaine intellectuel — face à l’expansion véritablement angoissante du raisonnement matérialiste dans la masse des peuples blancs — comme l’expression profonde et authentique de tous les jeunes mouvements révolutionnaires, de ceux qui ne veulent pas subir la « mécanisation » envahissante, et qui ne la subiront pas.

Il serait temps qu’en Bretagne, cet ensemble de décou­vertes de l’ordre psychologique soit pris à sa juste valeur, que l’âme celtique soit mise désormais, et maintenue irré­médiablement, en face d’un système qui lui est si intime­ment apparenté, et qui, convenablement appliqué, peut faire jaillir son renouveau.
Oswald Spengler est né en 1880, dans la petite ville de Blankenburg-en-Harz. De confession luthérienne, comme un grand nombre de ces compatriotes, il fit des études littéraires et scientifiques très complètes aux grandes Uni­versités de Halle, Munich, Berlin, et il fut reçu docteur en philosophie en 1904 avec une thèse sur l’ancien penseur grec Héraclite d’Ephèse.

Il nous raconte lui-même, dans l’Introduction de son grand ouvrage (parag. XVI), comment il fut amené dans les années qui précèdent la guerre de 1914, à concevoir toute l’étendue de son système de l’histoire :

Les approches d’un grand conflit européen ne lui ont pas échappé, cette marche fatale des événements l’inquiète : « …En 1911, étudiant certains événements politiques du « temps présent, et les conséquences qu’on en pouvait « tirer pour l’avenir, je m’étais proposé de rassembler « quelques éléments tirés d’un horizon plus large. » En historien, il tente de comprendre sans parti-pris, de s’expliquer les tendances actuelles à l’aide de son expé­rience des faits anciens : « …Au cours de ce travail, d’abord restreint, la conviction s’était faite en moi que, pour comprendre réellement notre époque, il fallait une documentation beaucoup plus vaste… Je vis clairement qu’un problème politique ne pouvait pas se comprendre par la politique même et que des éléments essentiels, qui y jouent un rôle très profond, ne se manifestent souvent d’une manière concrète que dans le domaine de l’art, souvent même uniquement dans la forme des idées… Ainsi, le thème primitif prit des proportions considérables. »

L’histoire de l’Europe lui apparaît dès lors sous un jour tout nouveau : « …Je compris qu’un fragment d’histoire ne pouvait être réellement éclairci avant que le mystère de l’histoire universelle en général ne fût lui-même tiré au clair…; Je vis le présent (la guerre mondiale imminente) sous un jour tout différent. Ce n’était plus une figure exceptionnelle, qui n’a lieu qu’une fois…, mais le type d’un tournant de l’histoire qui avait depuis des siècles sa place prédéterminée. »

Un système s’est fait en son esprit, qui ne lui laisse plus de doutes sur la marche générale de l’histoire — et point seulement celle de notre civilisation européenne : « …Plus de doute… : l’identité d’abord bizarre, puis évidente, entre la perspective de la peinture à l’huile, l’imprimerie, le système de crédit, les armes à feu, la musique contrepointique et, d’autre part, la statue nue, la polis, la monnaie grecque d’argent, en tant qu’expressions diverses d’un seul et même principe psychique. » Chaque civilisation suit un cours qui lui est propre, avec une rigueur entière et véritablement impressionnante.

Du même coup, il a saisi le sens profond de l’inquiétude de l’homme moderne et il en ressent comme une assurance, délivré qu’il est de ses manifestations multiples et con­tradictoires : « …Une foule de questions et de réponses très passionnées, paraissant aujourd’hui dans des milliers de livres et de brochures, mais éparpillées, isolées, ne dépassant pas l’horizon d’une spécialité, et qui par conséquent enthousiasment, oppressent, embrouillent, mais sans libérer, marquent cette grande crise… Citons la décadence de l’art, le doute croissant sur la valeur de la science ; les problèmes ardus nés de la victoire de la ville mondiale sur la campagne : dénatalité, exode rural, rang social du prolétariat en fluctuation ; la crise du matérialisme, du socialisme, du parlementarisme, l’attitude de l’individu envers l’Etat ; le problème de la propriété et celui du mariage, qui en dépend ; …Chacun y avait deviné quelque chose, personne n’a prouvé, de son point de vue étroit, la solution unique générale qui planait dans l’air depuis Nietzsche… »

« …La solution se présenta nettement à mes yeux, en traits gigantesques, avec une entière nécessité intérieure, reposant sur un principe unique qui restait à trouver, qui m’avait hanté et passionné depuis ma jeunesse et qui m’affligeait parce que j’en sentais l’existence sans pouvoir l’embrasser. C’est ainsi que naquit, d’une occasion quelque peu fortuite, ce livre… Le thème restreint est donc une analyse du déclin de la culture européenne d’Occident, répandue aujourd’hui sur toute la surface du globe. »

Tout l’essentiel de la théorie spenglérienne de l’histoire est exposé en trois tableaux synoptiques, au début du premier tome de son « Déclin de l’Occident »  : On y suit une comparaison systématique du développement, sur 1000 années environ, des deux civilisations gréco-romain (Antiquité) et européenne (Occident), du triple point de vue de la pensée abstraite, de l’art et des formes du gouvernement. Il en ressort la notion de l’âge des civilisations : une phase de jeunesse, notre Gothique (Moyen Age), à laquelle succède la maturité, notre Baroque (Epoque Moderne), puis la vieillesse au milieu de laquelle nous vivons (Epoque Contemporaine). C’est la même succession des formes doriennes, puis ioniennes, puis « romaines » dans le monde méditerranéen depuis les temps homériques jusqu’à l’avènement d’Auguste ? Des parallèles avec ce que nous savons des philosophie hindoues, de l’art égyp­tien ou des révolutions de l’ancienne Chine confirment cette impression du « cyclisme » de l’histoire humaine.

Le corps même de l’ouvrage n’est qu’une longue et savante justification de ce qui vient d’être avancé : justification métaphysique, en un premier tome, de divers pro­blèmes logiques soulevés par un pareil système; en parti­culier celui de la continuité de la notion de Nombre à travers les diverses civilisations ; d’autre part, la définition de l’idée historique du Destin face à la Causalité scienti­fique… Un second tome renferme la justification érudite de plusieurs des assertions historiques du système : en particulier, l’existence d’une civilisation « arabe » durant le premier millénaire de notre Ere qui est en effet l’époque de floraison des grandes religions universelles de souche « sémitique » (christianisme, manichéisme, islam, judaïs­me talmudique) . Spengler ne distingue pas moins de huit grandes civilisations qui se sont succédées en divers points du globe jusqu’à nos jours: civilisations égyptienne, mésopotamienne, chinoise, hindoue, gréco-romaine, orien­tale-arabe, mexicaine et occidentale-européenne, celle que nous vivons encore. Il tend à réserver le nom de «culture» à la période première de ces civilisations, pleine encore de sève et d’invention, pour laisser plus spécialement le nom de « civilisation » a leur phase de dissolution, quand disparait, dans l’impuissance, tout ce que des ancêtres vigoureux ont créé.

Il ne convient pas de surestimer l’originalité du sys­tème : pareil sentiment du cycle, de la fatalité, se retrouve à travers toute la spéculation germanique voire même européenne, depuis la foi calviniste en la Prédestination jusqu’au moyen nietzschéen du « retour éternel ». Et l’ancienne littérature des Celtes d’Irlande n’est-elle pas l’ex­pression la plus absolue de ce sens du destin, héroïquement accepté ? C’est Spengler lui-même qui nous avertit de ce qu’il doit à Nietzsche dont il a seulement, dit-il, « changé les échappées en aperçus ». De façon plus générale, cette pensée d’historien se rattache à tout le mouvement de spé­culation sur le temps, sur la durée, aux diverses « philosophies de la vie » fort en honneur depuis le début du siècle et dont H. Bergson serait en France le plus illustre repré­sentant («L’Evolution créatrice»). W. Dilthey, en Alle­magne, s’était engagé dans des voies similaires dès 1883, par sa curieuse «Introduction aux sciences morales». Nombreux ont été les historiens, les ethnologues allemands qui, dans le même temps, se sont efforcés de rechercher les lois de l’histoire universelle d’accord avec les résul­tats les plus poussés des sciences d’érudition : notons le grand explorateur africain Léo Frobenius, auteur d’un ou­vrage fort remarqué . A Spengler était réservé, semble-t-il, de les trouver et de les exprimer, pour la première fois, avec une netteté irréfutable .

Là, réside la nouveauté absolue de l’œuvre, comme sa valeur immense dans le domaine de la pensée non moins que de la pratique. Avant lui bien des penseurs, depuis Montesquieu, Herder… jusqu’à Hegel et Auguste Comte plus près de nous, s’étaient bien hasardés à esquisser une « philosophie de l’histoire », très littéraire encore. Karl Marx s’était approché le plus près d’une rigueur scienti­fique, dans son « Capital », lorsqu’il avait bâti toute une interprétation de l’histoire moderne sur la loi du « maté­rialisme historique ». Hegel, il y a un siècle aujourd’hui, avait, d’autre part, parfaitement défini en logique les con­ditions et les limites de toute interprétation de l’Histoire. De là au système d’idées absolument clos et, de plus, par­faitement concret, tangible, expérimentable, que forme l’in­tuition spenglérienne, il y a un monde ! C’est une forme nouvelle de pensée, un instrument nouveau que Spengler met entre les mains des peuples blancs, une exploration dans le domaine du temps : non pas une quelconque magie, il s’agit de possibilités psychologiques nouvelles que dé­gage aussitôt en nous la conscience de la fin pressante de la civilisation que nous subissons, en particulier celle d’en­visager de sang-froid les rapports des diverses nations et races de la planète… la possession de l’histoire entière est mise au service de notre avenir. Il ne faut voir là rien d’autre que la réplique, à trois siècles de distance, à l’ex­ploration tentée dans les espaces sidéraux par les premiers astronomes munis d’instruments à longue portée. « Une découverte copernicienne sur le terrain de l’Histoire», a-t-on pu dire (voir le § VI de l’Introduction). Spengler doit ce sens aigu de la relativité des événements à l’intérêt qu’il porte aux civilisations exotiques, non classiques, si souvent négligées par les historiens. Pour lui, une création en vaut une autre : l’architecture de l’ancienne Egypte n’est pas inférieure à notre calcul infinitésimal, la vieille morale de Confucius pas moins positive que toute la so­phistique rationnelle des socratiques,… il ne craint pas de mettre en parallèle pour leur rôle moral le bouddhisme primitif, le stoïcisme antique, et notre socialisme contem­porain ! Le coup d’oeil est devenu sans parti-pris, mais combien plus pénétrant !

Ce n’est pas aujourd’hui encore que sera saisie dans son ampleur la répercussion révolutionnaire de pareilles nou­veautés dans le monde des idées, ou — pour parler mé­taphysique — la possibilité d’ériger désormais en un sys­tème viable le monde intuitif des poètes, « l’univers-histoire », en face de « l’univers-nature », du règne de la science, si exclusivement tyrannique encore à l’heure ac­tuelle (l’opposition est esquissée au chapitre 2 du tome I) ! Mais, au simple contact de ces doctrines, des sentiments confus se réveillent en nous, un monde mystique tend à reparaître, qui dut exister dans la foi du moyen-âge et que l’éducation classique de la Renaissance avait peu à peu enfoui. Car enfin, est-ce bien le livre qui a bouleversé le monde d’après-guerre ? ou n’est-il pas seulement le pre­mier éclat, la première et insolite traduction littéraire de cette résurrection de l’âme du Nord, qui tend à se faire jour avec la violence d’un élément ?

Le tome I du «Déclin de l’Occident» parut en 1918 et Spengler en dédiait alors la préface aux armées allemandes, espérant que le livre ne serait pas « tout à fait indigne des sacrifices militaires… » Après l’écroulement, parmi « la misère et le dégoût de ce temps », l’édition de l’ouvrage tout entier (1922) apparut d’abord comme un instrument de combat…

STUR n° 11 Octobre 1937

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