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lundi, 23 septembre 2013

L'impresa fiumana

samedi, 21 septembre 2013

Siria, cosa sta succedendo?

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vendredi, 13 septembre 2013

Rassegna Stampa (sett. 2013)

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Rassegna Stampa: articoli in primo piano (sett. 2013)

 

 



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vendredi, 06 septembre 2013

Festa dei Cinghiali - Torino

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mercredi, 04 septembre 2013

Verso l’Eurasia da Dostoevskij a Limonov passando per i Cccp

Verso l’Eurasia da Dostoevskij a Limonov passando per i Cccp

di Luca Negri - Alfonso Piscitelli

Fonte: Barbadillo

limonov.jpgNell’ambito del progetto Eu-Rus vogliamo incontrare intellettuali italiani che si pongono il problema di un nuovo modello di civiltà europea, al di là del vecchio steccato tra Est ed Ovest. Il primo dialogo è con Luca Negri, firma della pagina culturale de Il Giornale, che nel suo ultimo libro (“Il ritorno del Guerin Meschino. Appunti per comprendere il nuovo Medio Evo”, Lindau) si impegna nella ricerca di quel modello. Come se fosse una post-moderna e cosciente “ricerca del Graal”.

Luca, in passato  hai scritto un libro sulla curiosa vicenda di un gruppo musicale filo-sovietico. Cosa ti ha portato a interessarti alla band CCCP?

Ho scritto un libro su Giovanni Lindo Ferretti, cantante, scrittore, leader del  gruppo punk chiamato  CCCP – Fedeli alla linea.

Anche comico “comunista” della banda di Arbore …

No quello era Ferrini.

Ah!

Sono cresciuto con le canzoni di Ferretti ed ho affrontato un percorso simile al suo: dall’estrema sinistra al cristianesimo. La sua parabola ben illustra le interazioni tra le due grandi chiese italiane: quella cattolica e quella comunista.

In effetti anche i Brigatisti Rossi nascevano come chierichetti.

I CCCP erano interessanti perché nei primi anni ’80, quando  tutti si ispiravano agli anglosassoni,  preferirono guardare ad Est: un gruppo di “punk filosovietico”  anche al di là del riferimento alla ideologia. Sentivano molto il fascino dell’Islam, della Cina, della Mongolia.

Cioè erano eurasiatisti  ante litteram?

 Sì. Il retro copertina del loro secondo album mostrava una carta geografica con al centro la Russia, a destra l’Asia e a sinistra l’appendice europea. Aggiungerei che erano affascinati dal mondo sovietico perché vedevano nella monumentalità del realismo socialista una residua traccia del Sacro ormai perso in Occidente.

Di lì a poco il sistema sovietico sarebbe crollato e sarebbe rinata la Russia delle sacre icone ortodosse.

 Quella Russia non era mai morta, perché  i semi gettati dai grandi pensatori russi come Dostoevskij continuavano a mettere radici  sotto la terra e a influenzare la grande cultura europea.

Tu approfondisci questi autori nel tuo libro “Il ritorno del Guerin Meschino. Appunti per comprendere il nuovo medio evo”.  Proprio Dostoevsky è un pensatore che affronta il problema tipicamente europeo del nichilismo. Quali le analogie e le differenze con Nietzsche?

Della questione si  occupò ampiamente Julius Evola.

Certo, in Cavalcare la Tigre.

In effetti, alcuni eroi “negativi” del romanziere russo sembrano anticipare il nichilismo di Nietzsche. I “demoni” o gli  “ossessi” di Dostoevskij  sono, in fondo, individualità con una grossa tensione spirituale, che però si muovono in un mondo in cui Dio è morto, in un’epoca in cui l’antica concezione del Dio posto al di fuori degli uomini e non nell’interiorità, sta tramontando. Ecco perché cercano disperatamente risposte che non arrivano  né dalla storia,  né dalla politica. Sono martiri inconsapevoli di un nuovo cristianesimo a venire. Finiscono tragicamente, come lo stesso pensatore tedesco, perché la loro carica spirituale non riesce a risolvere le contraddizioni. Uniche soluzioni sembrano il suicidio, l’idiozia,il terrorismo, la follia.

Le tendenze più tragiche della modernità sarebbero dunque episodi di un “interregno” tra la vecchia concezione religiosa e una nuova manifestazione del Sacro?

Il nichilismo è appunto come una notte oscura dell’anima, o come un’opera al nero alchemica. Bisogna guardarlo in faccia. Non può essere eluso, come pretendono le anime belle con appelli  sentimentali. Ma appunto, deve essere una, un passaggio, una verifica.

L’altro grande russo Tolstoj sembra più appartenere al mondo  delle ideologie sociali ed è stato considerato per certi aspetti un precursore del comunismo.

Tolstoj ha delle responsabilità nella riduzione del cristianesimo  a mera  etica umanitaria. Tolstoj comprese che il Vangelo di Cristo non può essere  ingabbiato dentro l’istituzione ecclesiastica (nel suo caso ortodossa) e deve diventare qualcosa di ancor più universale. Però non riuscì ad immaginare altro che una declinazione umanitaria, una vocazione  sociale a stare dalla parte degli ultimi. Cosa giusta di per sé, ma c’è tutto l’aspetto mistico, oserei dire magico, che rischia di perdersi in questo discorso . Quello che servirebbe è un punto d’equilibrio fra la tensione metafisica di Dostoevskij e quella  terrestre, di Tolstoj.

Un equilibrio tra vocazione celeste e terrestre. Mi viene in mente Florensky, che fu un grande mistico russo e uno dei principali scienziati del Novecento.

Pavel Florensky … anche detto il “Leonardo da Vinci” russo!  La  sua opera fu una sintesi di  teologia, filosofia, critica d’arte, matematica, scienza applicata. È come se fosse riuscito  a vedere tutto da una prospettiva superiore e unitaria. Fu sacerdote ortodosso e  martire del comunismo. Avrebbe potuto scappare in Francia, come molti altri, ma preferì sopportare le stesse sofferenze del suo popolo. I comunisti si servirono di lui e gli concessero un poco di libertà proprio perché non potevano fare a meno delle sue conoscenze ed abilità tecniche. Ma alla fine lo spedirono in un Gulag e lo fucilarono.

Un pensatore europeo che intravede un grande compito per lo Spirito Russo è Rudolf Steiner, il fondatore dell’antroposofia.

Steiner vedeva ad Est, in Russia il futuro della civiltà europea  e del cristianesimo. Dopo il cristianesimo romano nato con Pietro, quello luterano ispirato da Paolo, secondo Steiner arriverà il turno di quello slavo: il Cristianesimo di Giovanni …

 … di Giovanni che vede in Cristo il Logos che illumina il Cosmo.

Un cristianesimo  non troppo legato alle chiese, neppure a  quelle ortodosse, ma vivo nelle individualità. Ecco che i nomi fatti precedentemente, Dostoevskij, Tolstoj, Florenskij  ed altri come Soloviev Berdjaev, Merezkovski  ci appaiono veramente come precursori di questo cristianesimo futuro.

Nel tuo libro parli anche di Drieu La Rochelle, che alla fine della seconda guerra mondiale guardava alla Russia come il  polo di aggregazione di tutta l’Europa.

 Drieu La Rochelle, come Berdjaev e Florenskij, auspicava un nuovo Medioevo in alternativa all’individualismo dell’Occidente illuminista. Affidò prima le sue speranze all’ideologia fascista, poi assistendo alla disfatta militare, guardò, nei suoi ultimi giorni di vita, alla Russia di Stalin.

Vi è  però una grande differenza con i pensatori russi, che peraltro avevano sperimentato sulla loro pelle il bolscevismo: per loro la rinascita spirituale si sarebbe realizzata con il risveglio delle facoltà mistiche nell’umanità, a partire dai popoli slavi; Drieu invece era affascinato da  un potere autoritario  che imponesse dall’alto una nuova società. In questo senso, Berdjaev e Florenskij appaiono molto più moderni, maggiormente proiettati verso il futuro rispetto a Drieu  che rimane legate alle soluzioni di tipo giacobino. E fa riflettere il fatto che il francese abbia alla fine scelto la strada del suicidio, come un disperato personaggio di Dostoevskij …

Per finire, mi dai un parere su Limonov?

 Personaggio interessante con un trascorso a suo modo “punk” (e qui chiudiamo il cerchio aperto con Ferretti)  e con una  tensione metafisica che si sviluppa col passare degli anni. Può sembrare l’altra faccia di Putin: opposto e complementare. Se Putin incarna l’orgoglio nazionale, la  realpolitik e il sentimento di rispetto per la tradizione religiosa, Limonov mi sembra un uomo nuovo. O quantomeno un buon punto di partenza!

 


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vendredi, 30 août 2013

Rassegna Stampa: articoli in primo piano (agosto 2013)

italie,journaux,presse,médias,actualité,europe,affaires européennes

Rassegna Stampa:
articoli in primo piano (agosto 2013)

 

 



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jeudi, 29 août 2013

Emilio Gentile: Pour ou contre César?

Emilio Gentile: Pour ou contre César?


Pierre Le Vigan
Ex: http://metamag.fr

Pour-ou-contre-Cesar882.jpgEn 1938, le chanoine de Winchester écrivait que le totalitarisme, de droite ou de gauche, « c’est l’Antéchrist. C’est une révolution et une religion. » L’opposition entre le christianisme et le totalitarisme s’inscrit en fait à la suite d’une longue histoire. C’est le conflit entre religion et modernité. 

Première étape : la condamnation de l’esprit de libre examen au temps de Luther. Deuxième étape : la condamnation de la Révolution française comme volonté de déifier l’homme. Etape suivante : la condamnation de la volonté de déifier la nation, ou la race, ou la classe des prolétaires. Mais entretemps, il y a eu l’apocalypse de la modernité : la guerre de 1914. Elle a amené pour les églises un défi de type nouveau. Le nihilisme risquait de tout submerger. Et des religions de substitution apparaissent. 

Nicolas Berdiaev avait observé que le bolchévisme mobilisait des « énergies religieuses résiduelles ». Reinhold Niebhur parlait de son côté d’un « idéalisme politique aux implications religieuses ». Un constat parfaitement compatible avec la persécution des chrétiens affirmés par le bolchévisme. De ce point de vue, les choses étaient claires : en Russie, Lénine avait engagé une guerre sans merci contre la religion. Le plan quinquennal de 1927 se donnait 5 ans pour éradiquer ce qui restait de la religion. Explication : le communisme était une religion de la liquidation de toutes les religions, d’où l’anticommunisme réactionnel des églises chrétiennes dans les années 20 et 30.
 
Face aux autres totalitarismes, la situation était plus nuancée. « La confrontation entre le christianisme d’une part, et le fascisme et le national-socialisme d’autre part, fut d’un ordre différent et bien plus complexe. » note Emilio Gentile. D’un côté, fascisme et nazisme se voulaient un rempart contre le communisme, ennemi mortel des Eglises. D’un autre côté, ces totalitarismes anticommunistes tendaient à devenir des religions de substitution. En Italie, cette tendance s’affirma surtout à partir de 1937. A partir du moment où le Duce était présenté comme « la Providence vivante », les Catholiques ne pouvaient que constater l’impossibilité de « catholiser » le fascisme. « A considérer le principe totalitaire en lui-même en tant qu’énergie historique ayant sa loi propre, il apparait ainsi que ce principe enveloppe une aversion foncière des ordinations chrétiennes, aversion qui n’est rendue inefficace que dans la mesure où le totalitarisme est efficacement contrarié par l’opposition de la religion. » écrivait Jacques Maritain en 1936. Cet aspect n’a pas échappé à l’Eglise. Un rapport du Vatican de 1931 définissait et condamnait le nationalisme outrancier du régime de Mussolini comme une « religion civile ». Le fascisme est un « absolutisme païen » déclarait Francisco Luigi Ferrari. De son côté, don Sturzo résumait : « Communisme, fascisme et nazisme sont devenus une religion. » Une religion de l’anti-religion dans le cas du communisme, une contre-religion dans le cas du fascisme et du national-socialisme. « Il n’y a de différence vraiment marquante, écrivait don Sturzo, à savoir que le bolchévisme ou dictature communiste est le fascisme de gauche, tandis que le fascisme ou dictature conservatrice est le bolchévisme de droite. »
  
Le cas le plus manifeste de contre-religion fut le national-socialisme. Hitler exécrait l’universalisme du catholicisme mais admirait sa hiérarchie. D’un autre côté, il appréciait le caractère national du protestantisme allemand mais voulait l’unifier à son service. Quant à Jésus, il le définissait comme « notre grand chef aryen ». « En me défendant contre le Juif, je combats pour défendre l’œuvre du Seigneur. » disait-il encore. C’est dire qu’Hitler voulait plus nazifier le christianisme que l’éradiquer. Ainsi, il ne goûtait pas les rêves d’une religion antichrétienne d’Erich et Mathilde Ludendorff, de même qu’il ne soutint pas les idées d’Alfred Rosenberg, l’auteur du Mythe du XXe siècle et ne fut jamais convaincu que le mouvement dit de la « Foi Germanique » puisse avoir un grand avenir.
  
Face au totalitarisme nazi, les églises catholiques s’opposèrent tôt, avec la déclaration du curé de Kirschhausen (Hesse) en septembre 1930, déclarant qu’aucun catholique ne pouvait être membre du parti nazi. Il fut soutenu par sa hiérarchie et cette incompatibilité fut réaffirmée en première page de l’Osservatore romano le 11 octobre 1930. Le Concordat allemand de 1933 intervint avant tout comme une stratégie du gouvernement allemand pour liquider les restes de l’influence politique de l’Eglise. Le philosophe catholique Anton Hilckman dénonça radicalement le national-socialisme comme une « sacralisation du politique ». « Aucun doute ne peut subsister quant au caractère non seulement fondamentalement antichrétien, mais aussi fondamentalement antireligieux, au sens le plus large du terme, du mouvement hitlérien. » écrivait-il. 
 
Les relations entre le national-socialisme et le protestantisme furent plus complexes. Une partie des dirigeants des églises protestantes considéraient que préserver la « pureté de la race » faisait partie des devoirs envers Dieu. Les Chrétiens Allemands constituaient le fer de lance de cette tendance. Ils prônaient un « christianisme positif » purgé du judaïsme : un nouveau marcionisme, mais non pour opposer l’Amour à la Loi mais pour opposer la race au judaïsme.  A la pointe extrême de ces idées, on trouvait les thèses  du philosophe Ernst Bergmann sur « L’Eglise nationale germanique ». Mais pour le pasteur Richard Karwehl, le racisme est une divination de la race aryenne. Il est ainsi incompatible avec le christianisme. Un point de vue que l’on trouve aussi chez Paul Tillich et Karl Barth. Gerhard Leibholz parlait pour sa part de « confessionnalisation de la politique » à propos du nazisme. C’est qui donna lieu à la création de l’Eglise confessante, suite à la déclaration de Barmen, rassemblant les protestants rebelles à la mise au pas au sein de la nouvelle Eglise protestante du Reich. C’est George N. Shuster qui avait raison en voyant dans l’hitlérisme « la première expérience moderne de mahométisme appliqué ».L’hitlérisme se voulait une nouvelle religion, une « foi politique ». Une foi est toujours exclusive. Le conflit avec les religions instituées était alors inévitable. C’est ce que montre l’histoire des totalitarismes. Mais le missionnaire anglais Joseph H. Oldham n’avait pas tort de souligner qu’une certaine forme de totalitarisme pouvait aussi concerner les Etats démocratiques. La confrontation entre christianisme et modernité n’est donc pas terminée.

Emilio Gentile, Pour ou contre César ? Les religions chrétiennes face aux totalitarismes, Flammarion / Histoire, 482 pages, 28 Euros.

mercredi, 03 juillet 2013

LIBYE : L’Italie revient sur la « quatrième rive »

LIBYE : L’Italie revient sur la « quatrième rive »

L’art de la guerre

Dans sa rencontre avec le premier ministre Letta pendant le G8, le président Obama « a demandé un coup de main à l’Italie pour résoudre les tensions en Libye ». Et Letta, en élève modèle, a sorti de son cartable le devoir déjà fait : « un plan pour la Libye ». La ministre Bonino, fière de tant d’honneur, jure : « nous ferons le maximum, la Libye est un pays que nous connaissons bien historiquement ».Aucun doute à ce sujet. L’Italie occupa la Libye en 1911, en étouffant dans sang la révolte populaire, en utilisant dans les années 30 des armes chimiques contre les populations qui résistaient, en internant 100mille personnes dans des camps de concentration. Et, quand trente années plus tard elle perdit sa colonie, elle soutint le roi Idriss pour conserver les privilèges coloniaux. Idriss tombé, elle passa un accord avec Kadhafi pour avoir accès aux réserves énergétiques de la République libyenne mais, quand la machine de guerre USA/Otan s’est mise en marche en 2011 pour démolir l’Etat libyen, le gouvernement a déchiré, avec un consensus bipartisan du parlement, le Traité d’amitié signé trois années plus tôt avec Tripoli, en fournissant des bases et des forces militaires pour la guerre. Une histoire dont on peut être fiers. Qui continue avec le plan italien pour la « transition démocratique » de la Libye, où – comme même le Conseil de sécurité de l’Onu a été obligé de le reconnaître- se produisent « de continuelles détentions arbitraires, tortures et exécutions extra-judiciaires ». Se trouvent en jeu, explique Bonino, « non seulement l’intérêt des Libyens mais notre intérêt national » : d’où « le ferme engagement du gouvernement italien pour la stabilité du pays nord-africain ». Stabilité nécessaire à l’Eni et aux autres compagnies  occidentales pour exploiter, à des conditions beaucoup plus avantageuses qu’avant, les réserves pétrolifères libyennes (les plus grandes d’Afrique) et celles de gaz naturel (au quatrième rang en Afrique). Mais ce sont justement les champs pétrolifères qui sont  au centre des affrontements armés entre factions et groupes, dont la rivalité a explosé une fois l’Etat libyen démoli.

Le chef d’état-major libyen, Salem al-Gnaidy, a invité les groupes armés à se mettre sous le commandement de l’armée, disposée à accueillir « n’importe quelle force ». Mais ceci risque de faire exploser les affrontements à l’intérieur de l’armée, en grande partie encore à construire. L’Otan a convoqué à Bruxelles le premier ministre libyen Ali Zeidan pour établir les modalités d’entraînement de l’armée libyenne, qui -a précisé le secrétaire général Rasmussen- sera effectué « hors de la Libye ». En Libye, ceux qui tireront les marrons du feu, seront des envoyés militaires et des fonctionnaires italiens, accompagnés d’ « opérateurs humanitaires » militarisés. Personne ne sait combien coûtera cette opération, qui provoquera une nouvelle saignée d’argent public. Peu importe si augmente ainsi la dépense publique de l’Italie, qui se monte déjà à 70 millions d’euros par jour. L’essentiel est de « faire le maximum » pour que la coalition USA/Otan puisse contrôler la Libye, dont l’importance ne réside pas que dans sa richesse énergétique, mais dans sa position géostratégique dans l’aire nord-africaine et moyen-orientale. Confirmé par le fait –d’après une enquête du New York Times- que des armes des anciens arsenaux gouvernementaux sont transportées par des avions cargos qatari de la Libye à la base d’Al Udeid au Qatar, où sont déployées les forces aériennes du Commandement central étasunien, et de là envoyées en Turquie pour être fournies aux « rebelles » en Syrie. Une photo prise dans un dépôt des « rebelles » montre des caisses de munitions de 106mm pour canons sans recul M-40 et M-40 A1, avec une marque  attestant la provenance libyenne. Avec son plan pour la Libye, l’Italie contribue ainsi à la « transition démocratique » de la Syrie.

Manlio Dinucci

Edition de mardi 25 juin 2013 de il manifesto

Traduit de l’italien par Marie-Ange Patrizio

 « Quatrième rive » était une expression de la période fasciste pour désigner la colonie italienne de l’époque, la Libye, qui venait s’ajouter aux trois autres rives -adriatique, tyrrhénienne et ionique- du territoire italien.

Manlio Dinucci est géographe et journaliste

mercredi, 19 juin 2013

Rassegna Stampa (06/2013-1)

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Rassegna Stampa:
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mardi, 18 juin 2013

La spiritualità di Marinetti

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La spiritualità di Marinetti: fra anticlericalismo, spiritismo e cristianesimo

Giovanni Balducci

Ex: http://www.centrostudilaruna.it/

È noto come il Programma sansepolcrista del 1919 fosse fortemente anticlericale e presentasse addirittura un piano di “svaticanizzazione” dell’Italia mediante il sequestro di beni e l’abolizione dei privilegi ecclesiastici. All’adunata di piazza San Sepolcro del 23 marzo 1919 a Milano partecipa anche Filippo Tommaso Marinetti in qualità di leader del Partito Politico Futurista.

L’anticlericalismo di Marinetti ben si sposa con quello del movimento fascista, anzi è ancor più radicale di quest’ultimo, come si evince dal manifesto “Contro il Papato e la mentalità cattolica, serbatoi di ogni passatismo”, sempre del 1919, in cui il poeta propone di: «Sostituire all’attuale anticlericalismo retorico e quietista un anticlericalismo d’azione, violento e reciso, per sgomberare l’Italia e Roma dal suo medioevo teocratico che potrà scegliere una terra adatta ove morire lentamente».

aeroplano-del-papaTali dichiarazioni non fanno altro che confermare quanto già espresso da Marinetti ne L’aeroplano del Papa, pubblicato nel 1912, in cui il padre del Futurismo predicava la necessità di «svaticanare l’Italia» e – in tempi non sospetti – di muovere guerra alla bigotta Austria.

Ma il violento anticlericalismo marinettiano è ben visibile in nuce già nel celebre Manifesto futurista del 1909, così pregno di quel dinamismo anarchico ed antitradizionale che sarà la cifra essenziale del movimento futurista, dal quale prenderà il via una nuova e rivoluzionaria stagione culturale, e che rappresentò, ça va sans dire, l’antecedente storico non solo di tutta l’arte a venire, ma anche di un nuovo modo di intendere la vita veloce e disinvolto.

Coevo al Manifesto del Futurismo è il “Manifesto politico per le elezioni del 1909” in cui Marinetti faceva professione di nazionalismo, anti-pacifismo, anti-socialismo ed anti-clericalismo. Dello stesso anno è anche l’incendiario romanzo Mafarka, il futurista, che gli valse un processo per oltraggio al pudore. Pervaso da suggestioni nietzscheane ed anti-romantiche, il romanzo culmina con la generazione da parte del protagonista di un essere dalle fattezze di uccello meccanico, stante a simboleggiare la volontà di potenza ed il genio creativo dell’artista, temi cari al filosofo della “morte di Dio”.

mafarkaA proposito delle concezioni antimetafisiche di Marinetti, Julius Evola – che di metafisica, invece, campava – ricorderà nella sua autobiografia di quando il poeta, dopo aver letto un suo scritto, gli disse chiaro e tondo che le proprie idee erano lontane dalle sue più di quelle di un esquimese. Ma si sa, quando non si crede più nella trascendenza, si finisce spesso col credere a tutto: così fu anche per Marinetti, che come molti altri positivisti della sua epoca – pensiamo a Cesare Lombroso, e alla sua passione per i tavolini traballanti – prese a frequentare medium e spiritisti, stringendo amicizia, tra l’altro, con la sensitiva e poetessa triestina Nella Doria Cambon, confidente, per altro, anche di Svevo e di D’Annunzio.

Ma il vitalismo di cui è pervasa l’intera opera marinettiana non è esente da influenze misticheggianti: quella di Marinetti è però una “mistica della materia”, infatti, il movimento, l’azione, il dinamismo, per Marinetti, non sono che espressioni di quell’energia bergsonianamente intesa come frutto di uno slancio vitale che spinge la materia ad evolversi. Egli stesso affermava che ogni sera era solito inginocchiarsi e pregare di fronte alla lampadina del proprio comodino, perché in essa circolava la “divina velocità”.

venezianellaCon l’avanzar degli anni, nondimeno, farà ritorno alla fede cattolica. Negli anni ’30 promuove addirittura il movimento dell’“arte sacra futurista”, sostenendo che: «Solo gli artisti futuristi, che da vent’anni impongono nell’arte l’arduo problema della simultaneità, possono esprimere simultaneamente i dogmi simultanei del culto cattolico, come la Santa Trinità, l’Immacolata Concezione e il Calvario di Dio».

I suoi ultimi scritti, del 1944, sono “L’aeropoema di Gesù”, dove canta con enfasi palinodica «l’illusione di essere di metallo, mentre si è solo povera carne piangente», ed il “Quarto d’ora di poesia per la X Mas” – scritto poche ore prima di morire – in cui pare destreggiarsi tra il ritrovato amore per Dio e la passione per l’azione che l’accompagnò per tutta la vita: «Non vi grido arrivederci in Paradiso – dirà ai combattenti della X – ché lassù vi toccherebbe ubbidire all’infinito amore purissimo di Dio mentre voi ora smaniate dal desiderio di comandare un esercito di ragionamenti dunque autocarri avanti».

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mardi, 11 juin 2013

Centro Studi La Runa

Centro Studi La Runa

Ultimi articoli pubblicati

http://www.centrostudilaruna.it/

 

Giovanni Balducci, Le Dictionnaire infernal: una curiosa operetta del XIX secolo

 
 

Emilio Michele Fairendelli, Resteranno sul tuo cuore

 
 

Alfonso Piscitelli, Dal Tradizionalismo del Novecento alla Geopolitica del XXI Secolo. Parte IV

 
 

Julius Evola, Le baron von Ungern vénéré dans les temples mongols

 
  Alfonso Piscitelli, Dal Tradizionalismo del Novecento alla Geopolitica del XXI Secolo. Parte III  
  Michele Fabbri, La Massoneria e la rivoluzione intellettuale del Settecento  
  Giovanni Balducci, La spiritualità di Marinetti: fra anticlericalismo, spiritismo e cristianesimo  
  Aleister Crowley, Liber Librae  
  Alfonso Piscitelli, Dal Tradizionalismo del Novecento alla Geopolitica del XXI Secolo. Parte II.  
  Robert Steuckers, I temi della geopolitica e dello spazio russo nella vita culturale berlinese dal 1918 al 1945  
  Alfonso Piscitelli, Dal Tradizionalismo del Novecento alla Geopolitica del XXI Secolo. Parte I.  
  René Guénon, Il simbolismo del Graal  
  Jean Haudry, Les Indo-Européens et leur tradition  
  Francesco Lamendola, Viaggi della speranza o viaggi dell’improntitudine?  
  Adriano Romualdi, Actualidad de Evola  
  Mario Enzo Migliori, I grandi testi della Lingua Etrusca – tradotti e commentati  
  Alberto Lombardo, I medaglioni della necropoli di Chiavari  
  Francesco Lamendola, Malinconia e platonismo nel ‘Sogno di una notte di mezza estate’ di Shakespeare  
  Giovanni Balducci, Sul domandare metafisico  
  Robert Steuckers, La voie celtique

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L'architettura razionalista

dimanche, 02 juin 2013

Calabria Fest 2013

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vendredi, 10 mai 2013

Italia sotto attacco

Italia sotto attacco

Marco della Luna: quinte colonne della finanza internazionale presenti nel governo

Federico Dal Cortivo

Federico Dal Cortivo ha intervistato Marco Della Luna, autore del libro “Traditori al governo? Artefici, complici e strategie della nostra rovina”. L’Italia è oramai da anni sotto attacco, non militare, non ve ne è bisogno essendo la penisola dalla fine della Seconda Guerra Mondiale occupata militarmente dagli Stati Uniti, ma economicamente.Gli obiettivi fin troppo chiari: distruggere completamente il sistema Italia che era fatto anche d’imprese anche a partecipazione statale, lo Stato sociale, le regole del mondo del lavoro, la previdenza pubblica e la sanità, la scuola e l’università dello Stato e infine mettere le mani sul nostro patrimonio economico, colonizzando definitivamente la penisola.
 
Avv. Della Luna lei ha recentemente pubblicato un saggio da titolo eloquente, “Traditori al governo”, nel quale analizza in modo esauriente le dinamiche e i personaggi che hanno portato la nostra nazione al punto in cui si trova oggi dopo l’ultimo governo tecnico di Mario Monti . Quali sono stati a suo avviso i passaggi fondamentali che ci hanno portato alla situazione attuale di grave crisi economica?
Le principali tappe della rovina voluta, e finalizzata a dissolvere il tessuto produttivo del Paese, desertificandolo industrialmente e assoggettandolo alla gestione via centrali bancarie fuori dai suoi confini, onde farne territorio di conquista per capitali stranieri, sono i seguenti:
- la progressiva e totale privatizzazione-divorzio dal Ministero del Tesoro della proprietà e della gestione della Banca d’Italia, con l’affidamento ai mercati speculativi del nostro debito pubblico e del finanziamento dello Stato (operazione avviata con Ciampi e Andreatta negli anni Ottanta);
- l’immediato, conseguente raddoppio del debito pubblico (da 60 a 120% del pil) a causa della moltiplicazione dei tassi, e la creazione di una ricattabilità politica strutturale del Paese da parte della finanza privata;
- la svendita agli amici/complici e ai più ricchi e potenti, stranieri e italiani, delle industrie che facevano capo allo Stato e che erano le più temibili concorrenti per le grandi industrie straniere;
- la privatizzazione, con modalità molto “riservate”, ma col favore di quasi tutto l’arco politico, della Banca d’Italia per mezzo della privatizzazione delle banche di credito pubblico (Banca Commerciale Italiana, Banco di Roma, Banca Nazionale del Lavoro, Credito Italiano, con le loro quote di proprietà della Banca d’Italia);
- la riforma Draghi-Prodi che nel 1999 ha autorizzato le banche di credito e risparmio alle scommesse speculative in derivati usando i soldi dei risparmiatori e alle cartolarizzazioni di mutui anche fasulli, come i subprime loans americani;
- l’apertura delle frontiere alla concorrenza sleale dei Paesi che producono schiavizzando i lavoratori e bruciando l’ambiente;
- l’adesione a tre successivi sistemi monetari – negli anni Settanta, Ottanta e Novanta – che impedivano gli aggiustamenti fisiologici dei cambi tra le valute dei paesi partecipanti – anche l’Euro non è una moneta, ma il cambio fisso tra le preesistenti monete – con l’effetto di far perdere competitività, industrie e capitali ai paesi meno competitivi in favore di quelli più competitivi, che quindi accumulano crediti verso i primi, fino a dominarli e commissariarli.
Da ultimo, le misure fiscali del governo Monti-Napolitano-ABC, che, tra le altre cose, hanno depresso i consumi,hanno messo in fuga verso l’estero centinaia di miliardi, svuotando il Paese di liquidità; hanno distrutto il 25% del valore del patrimonio immobiliare italiano, paralizzato il mercato immobiliare così che imprese e famiglie non possono più usare gli immobili per ottenere credito, e l’economia è rimasta senza liquidità, con insolvenze che schizzano al 30% e oltre..
 
Nel suo libro lei parla senza mezzi termini di “tradimento”, di quinte colonne che, neppure camuffate, operano all’interno dei governi per agevolare l’opera di conquista economica, che si traduce anche in politica, dell’Italia. Personaggi che devono avere dei requisiti ben precisi a suo avviso, ce ne può parlare?
Ma io nego che siano definibili “traditori”. Sono piuttosto definibili “nemici”, perché fanno gli interessi stranieri contro quelli nazionali, in modo scoperto. Definisco traditori, invece, i dirigenti dell’ex PCI che sono passati al servizio del capitalismo finanziario sregolato e collaborano con esso alla costruzione di una società e di un nuovo ordinamento nazionale e mondiale al servizio di esso, tradendo il loro elettorato. A dirla tutta, però, non ci sono nemici né traditori: l’Italia è un Paese tanto radicalmente mal assortito e tanto irrimediabilmente entropizzato, che l’unica cosa che razionalmente se ne può fare è ciò che quei signori ne stanno facendo, lasciando ai giovani, ai ricercatori, agli imprenditori la possibilità di emigrare verso paesi più funzionanti. Quindi sono assolti, anche moralmente.
 
Ci dica di Mario Monti e dell’altro Mario, quel Draghi che regge la BCE. Ambedue hanno prestato i loro servizi… alla stessa banca d’affari, la Goldman Sachs. A quali poteri, economici e non, rispondono realmente questi figuri? Per il primo si può ipotizzare oggi il reato di Alto Tradimento?
Per quali interessi lavorino è nella loro storia obiettiva… non è un mistero. Ciò vale anche per Romano Prodi, altra carriera con Goldman Sachs: quando non era suo advisor, era al governo e la nominava advisor del governo per le privatizzazioni… pensiamo specialmente a quella della Banca d’Italia… sono tutte storie di vita e lavoro convergenti… dirlo ieri poteva suonare ardito e fantasioso, dirlo oggi suona per contro ovvio. Il reato di alto tradimento, previsto dall’art. 77 del Codice Penale Militare di Pace, presuppone che l’autore del fatto sia un militare; altra ipotesi di questo reato è quella enunciata dall’art. 90 della costituzione, in relazione al solo capo dello Stato. Quindi un civile in generale, e in particolare un premier, può commettere il reato di alto tradimento solo in concorso o con un militare o col capo dello Stato. Altrimenti, a un civile diverso dal capo dello Stato si possono ipotizzare altri reati, di attentato alla Costituzione e all’indipendenza della Repubblica, commessi con la violenza consistita nel sottoporre il Paese e il popolo a gravi sofferenze e minacce economiche per indurlo a modificare il suo ordinamento costituzionale e a cedere la sua sovranità sancita dall’art. 1 della Costituzione.
 
E veniamo al Presidente Giorgio Napolitano, ha favorito la caduta dell’ultimo governo Berlusconi, posto sotto ricatto dalla famosa lettera della BCE ,con la quali si ordinava all’Italia di prendere tutta una serie di misure antisociali per favorire i “mercati”. Che ruolo ha avuto e ha tutt’ora colui che fin dai tempi del PCI aveva ottimi rapporti con gli Stati Uniti e quali sono i suoi legami con i poteri finanziari e massonici?
Dico che non so se e che legami abbia coi poteri finanziari forti e con le massonerie. E direi così anche se li conoscessi. Quando si parla di un presidente della Repubblica, bisogna stare attenti. A meno che si parli da un Paese estero, sotto la protezione di un’altra bandiera. Da dove sono, posso dire che egli si intende di macroeconomia, quindi capiva e capisce ciò che stava e sta avvenendo, e che effetti hanno certe manovre.
 
Per un attimo un passo indietro, certe cose non sono solo di oggi come lei ben saprà. Come giudica i precedenti governi, sia di centrosinistra sia di centrodestra, che nulla hanno fatto per tutelare gli interessi nazionali negli ultimi decenni? Si potrebbe, a suo avviso, far partire la loro “negligenza” (ma meglio starebbe il termine “tradimento” degli interessi nazionali) da quella famosa riunione a bordo del panfilo reale Britannia al largo di Civitavecchia nel giugno 1992?
 
Facendo seguito alla mia prima risposta direi che la partitocrazia italiana, complessivamente, dalla fine degli anni ‘70, lavora per rendere il Paese territorio di conquista per i capitali stranieri, come ho già detto. Ciò ha fatto e sta facendo soprattutto la sinistra sotto la copertura di due concetti, quelli del riformismo e dell’europeismo.
 
E veniamo alla cura proposta dalle teste d’uovo di Bruxelles, del FMI e dalla BCE: pareggio di bilancio, privatizzazioni, tagli alla sanità, alla scuola, alle pensioni, riforma del lavoro ecc. Queste cose dove sono state messe in pratica non hanno certo portato prosperità per i popoli, bensì solo per i cosiddetti mercati, che non sono di certo un entità aliena. Ce ne può parlare?
La parola “riformismo”, di cui tutti si riempiono oggi la bocca, ha avuto, dopo la metà degli anni ‘70, un’inversione di significato: dapprima, dalla seconda rivoluzione industriale, e anche nella Carta Costituzionale del 1948, e ancora nello Statuto dei Lavoratori, “riformismo” significava riforma della proprietà agraria per porre fine allo sfruttamento dei contadini da parte dei latifondisti; significava diritti sindacali, previdenziali e di sciopero per por fine allo sfruttamento degli operai da parte dei grandi imprenditori; significava contrastare le sperequazioni di reddito, diritti e opportunità tra lavoratori e capitale finanziario; significava consapevolezza del crescente strapotere delle corporations e del capitalismo rispetto ai cittadini, ai lavoratori, agli elettori, ai risparmiatori, ai piccoli proprietari, degli invalidi (uno strapotere che oggi è moltiplicato dalla globalizzazione e dal carattere apolide della grande finanza). Era un riformismo per la solidarietà, l’equa distribuzione delle opportunità e del reddito, l’accessibilità al lavoro e alla proprietà privata. Da tutto ciò l’art. 1 con la Repubblica fondata sul lavoro; l’art. 3 con la parità dei cittadini e l’obbligo di rimuovere gli ostacoli anche economici che, di fatto, limitano questa parità; gli artt. 35-40 con la tutela del lavoro; l’art. 41, che vieta l’iniziativa economica che sia contro l’interesse sociale o la sicurezza e dignità umane, stabilendo che la legge possa indirizzarla ai fini collettivi; l’art. 42 che assicura le funzioni sociali della proprietà; l’art. 43 che prevede l’esproprio nel pubblico interesse; etc.; fino all’art. 47, che tutela il risparmio, e non le maxifrodi ai danni dei risparmiatori, e i bonus e le cariche pubbliche in favore di chi le ordisce.
Dalla fine degli anni ‘70, “riformismo” ha preso a significare esattamente l’inverso, ossia la demolizione di tutto quanto sopra al fine, dichiarato, di togliere ogni limitazione alla possibilità di azione e profitto del capitale finanziario, della proprietà privata, della privatizzazione di beni e compiti pubblici, sul presupposto che ciò genererà più ricchezza, più equità, più produzione, più occupazione, più libertà, più stabilità, più razionale allocazione delle risorse. Con i risultati che vediamo: crescente estrazione della ricchezza prodotta dalla società da parte di cartelli e oligopoli multinazionali, anzi soprannazionali. È la linea, come dicevo, della scuola economica di Chicago, del Washington Consensus, della CIA, di Thatcher, Reagan, etc. E dell’europeismo. Ma nonostante questi risultati, i vari Monti, Draghi, Rehn, Merkel e compagnia bella non fanno che ripetere che bisogna continuare sulla via delle riforme, altrimenti non c’è speranza, e se qualcosa non funziona, è appunto perché le riforme non sono state abbastanza risolute e complete. In realtà personaggi come la Merkel non sono tanto ottusi da non capire che il modello è radicalmente sbagliato e devastatore, ma alcuni paesi, Germania in testa, traggono vantaggio da esso in quanto la sua applicazione colpisce in modi diversi quei medesimi Paesi e altri, come l’Italia; e l’effetto di tale diversità è che esso, come già detto, spinge capitali, imprese e lavoratori qualificati a trasferirsi nei Paesi più forti, depauperando i più deboli ed eliminandoli come concorrenti. Se vi prendete qualche minuto e leggete attentamente i suddetti articoli della Costituzione, che regolano la sovranità e i rapporti e valori socio-economici, noterete, forse con stupore, che tutto il percorso di riforme in materia di moneta, finanza, lavoro, Banca d’Italia, sistema monetario europeo (Maastricht), globalizzazioni, privatizzazioni, liberalizzazioni, cartolarizzazioni, finanziarizzazione dell’economia – tutto, dico, è costituzionalmente illegittimo perché va esattamente, intenzionalmente e organicamente contro quelle norme costituzionali e contro lo stesso impianto sociale e valoriale e teleologico della Costituzione, che è appunto teso all’esclusione dell’attività imprenditoriale contraria all’interesse della società e alla realizzazione di una parità anche sostanziale dei cittadini in un quadro di solidarietà e di sicurezza in fatto di lavoro, reddito, servizi, pensioni. E non di “casinò” speculativo che comanda il Paese da piattaforme finanziarie estere attraverso il potere del rating e della manipolazione dei mercati, decidendo irresponsabilmente e insindacabilmente come si debba vivere e morire e governare.

È un disegno eversivo della Costituzione. Illecito. A esso hanno collaborato attivamente quasi tutti i “rappresentanti” del popolo, soprattutto la sinistra parlamentare. Senza farlo capire al popolo, ovviamente. Qui sta il conflitto di interessi vero. L’incompatibilità assoluta con le cariche pubbliche. Quindi i veri e primi incandidabili, ineleggibili, portatori di conflitto di interessi sono proprio i leaders della sinistra, assieme a Monti e Draghi: tra i vivi, Prodi, Bersani, Amato…
 
Lei parla di “ sacrifici senza prospettive e di “ sogno che la crisi finisca”, ma non vede la luce in fondo al tunnel? Eppure Monti e i suoi sodali ci hanno ripetuto fino alla nausea che siamo in ripresa… e che bisogna avere fiducia nei “mercati”. Lei contesta le linee economiche e fiscali imposte all’Italia dai paladini del “libero mercato”. Ci spieghi perché.
L’Italia è vicina alla fine, lo ha detto anche Squinzi il 24 marzo parlando al premier incaricato Bersani. Gli indici sono tutti al peggio, e vengono frequentemente corretti al peggioramento. Non vi è outlook di ripresa. Le migliori risorse del Paese – capitali, imprenditori, cervelli – se ne sono andate o se ne stanno andando. Chi dice che l’Italia stia riprendendosi, o è pazzo o mente. Secondo la tesi adottata dalle istituzioni monetarie, dalla Ue, da quasi tutta la politica che vuole governare, il libero mercato spontaneamente realizzerebbe l’ottimale impiego delle risorse e l’ottimale distribuzione dei redditi, inoltre automaticamente preverrebbe o riassorbirebbe le crisi. I fatti hanno clamorosamente smentito questa tesi. Del resto quella tesi valeva per i mercati dell’economia reale, non per i mercati della speculazione e dell’azzardo della finanza, che sono un’altra cosa.
O meglio, il libero mercato non esiste, perché per essere libero un mercato dovrebbe essere trasparente (cioè con operatori visibili, eleggibili dentro), non dominato da cartelli, non influenzato da asimmetrie informative, etc. etc. I mercati reali sono dominati, cioè manipolati, da cartelli di soggetti che approfittano di enormi asimmetrie informative (anche in fatto di tecnologie), che si mantengono opachi (anche FMI, BCE, Ue, Tesoro Usa, hedge funds, grandi banche…).
E che influenzano, pagandole o ricattandole, le funzioni politiche
 
Nel suo libro non disdegna di toccare la vicenda MPS,l a famosa banca senese da sempre nell’orbita della sinistra, fatti che al momento sembrano essere stati messi a tacere, con una Magistratura tutta impegnata nell’attacco a tutto campo contro Berlusconi. Chi sono i protagonisti principali e perché si è arrivati a questo, e il ruolo del duo Draghi-Monti e del PD di Bersani? Un Bersani che oramai interpreta da tempo, così come tutta la sinistra italiana, il ruolo di “mosca cocchiera dei poteri finanziari antinazionali”.
Volete i protagonisti principali? È una cerchia di nomi che potete individuare ricercando gli amministratori e i beneficiari effettivi di società derivate, di controllo, di gestione, cessionarie di rami di aziende, sicav, siv, stichtingen,… società che ricevono strani e grandi prestiti da banche in condizioni sospette… andate a consultare il Cerved, farete molte interessanti scoperte. E, per i bilanci, guardate in Cebi…Draghi ha prestato in segreto 2 miliardi a MPS già in crisi di liquidità a seguito non solo dell’acquisto di Antonveneta per un multiplo del suo dubbio valore, ma anche per una storia precedente di molti mutui concessi a soggetti che si sapeva non avrebbero pagato, e per le storie Myway e 4you, e per l’acquisizione della Banca del Salento (121)… e Monti presta 4 miliardi pubblici a MPS che in banca ne capitalizza 2,7.
Bisogna salvare MPS, l’ho detto dal mio primo articolo su di esso, del 29.06.11, ma salviamola per farne una banca nazionale di finanziamento all’economia produttiva, non solo per proteggere interessi privati o di uomini politici.
 
Avv. Della Luna i rimedi esistono per uscire da questa situazione, il mercato non è il destino dell’uomo, come non lo sono le banche, le vie alternative al capitalismo esistono, mancano oggi probabilmente gli uomini in grado d’applicarle in Italia e in Europa. Altrove i popoli hanno intrapreso una marcia diversa, e buona parte dell’America Latina ne è un esempio, questo a pochi giorni dalla morte del Presidente della repubblica Bolivariana del Venezuela Chávez, che certamente ha tracciato una via chiara di socialismo del XXI Secolo. Lei che misure adotterebbe per uscire da questo giro infernale usuraio in cui siamo precipitati?
Dalle situazioni non si esce per applicazione razionale e intenzionale di rimedi condivisi, ma perché una situazione si rompe e si cade in un’altra situazione. Non è questione di uomini. Anche il capitalismo finanziario assoluto si romperà, e io mi aspetto che ciò avvenga sia perché il tipo di mondo che esso costruisce per massimizzare la propria efficienza è incompatibile con la vita umana (troppa incertezza, violenza, mutevolezza), sia per effetto della incontrollabile accelerazione e autonomizzazione dei processi informatizzati attraverso cui si realizza lo high frequency computerized algotrading – una rete cibernetica capace di imparare e, in prospettiva, di sfuggire di mano.
 
www.europeanphoenix.com


30 Marzo 2013 12:00:00 - http://rinascita.eu/index.php?action=news&id=20032

jeudi, 09 mai 2013

Rassegna Stampa - Maggio 2013/2

Rassegna Stampa: articoli in primo piano (Maggio 2013/2)
 

mardi, 07 mai 2013

Machiavelli & the Conservative Revolution

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Machiavelli & the Conservative Revolution

By Dominique Venner

Ex: http://www.counter-currents.com/

Translated by Greg Johnson

Borne along by the French Spring, the Conservative Revolution is in fashion. One of its most brilliant theorists deserves to be remembered, even if his name has long been maligned. Indeed it is scarcely flattering to be described as “Machiavellesque” if not “Machiavellian.” It can be seen as an aspersion of cynicism and deceit. 

And yet what led Niccolò Machiavelli to write the most famous and the most outrageous of his works, The Prince, was love and concern for his fatherland, Italy. It was published in 1513, exactly 500 years ago, just like Albrecht Dürer’s “The Knight, Death, and the Devil [2].” A fertile time! In the early years of the 16th century, Machiavelli was nevertheless the only one to worry about Italy, the “geographical entity,” as Metternich later said. Then, one cared about Naples, Genoa, Rome, Florence, Milan, and Venice, but nobody cared about Italy. This had to wait a good three centuries. This proves that we should never despair. The prophets always preach in the wilderness before their dreams reach the unpredictable waiting crowds. We and some others believe in a Europe that exists only in our creative memory.

Born in Florence in 1469, died in 1527, Niccolò Machiavelli was a high official and diplomat. His missions introduced him to the grand politics of his time. What he learned, and what he suffered for his patriotism, prompted him to reflect on the art of conducting public affairs. Life had enrolled him in the school of great upheavals. He was 23 years old when Lorenzo the Magnificent died in 1492. The same year, the ambitious and voluptuous Alexander VI Borgia became Pope. He swiftly made one of his sons, Cesare (at that time, the popes cared little for chastity), a very young cardinal and then the Duke of Valentinois thanks to the king of France. This Cesare, gripped by a terrible ambition, cared nothing about means. Despite his failures, his ardor fascinated Machiavelli.

But I anticipate. In 1494 came a huge event that would change Italy for a long time. Charles VIII, the ambitious young king of France, made ​​his famous “descent,” i.e., an attempt at conquest that upset the balance of the peninsula. After being well-received in Florence, Rome, and Naples, Charles VIII then met with resistance and was forced to retreat, leaving a terrible chaos. It was not finished. His cousin and successor, Charles XII, came back in 1500, this time for longer, until Francis I became king. Meanwhile, Florence was plunged into civil war, and Italy was devastated by condottieri greedy for loot.

Appalled, Machiavelli observed the damage. He was indignant at the impotence of the Italians. From his reflections arose The Prince in 1513, the famous political treatise written thanks to its author’s disgrace. The argument, with a compelling logic, seeks to convert the reader. The method is historical. It is based on the confrontation between the past and the present. Machiavelli stated his belief that men and things do not change. This is why the Florentine councilor continues to speak to us Europeans.

Following the Ancients–his models–he believes Fortune (chance), represented by a woman balancing on an unstable wheel, rules half of human actions. But she leaves, he says, the other half ruled by the virtues (qualities of manly boldness and energy). Machiavelli calls for men of action and teaches them how to govern well. Symbolized by the lion, force is the primary means to conquer or maintain a state. But one must also have the cunning of the fox. In reality, one must be both lion and fox. “We must be a fox to avoid traps and a lion to frighten wolves” (The Prince, ch. 18). Hence his praise, devoid of any moral prejudice, of Alexander VI Borgia, who “never did anything, and never thought of doing anything, other than deceiving people and always found a way to do so” (The Prince, ch. 18). However, it is in the son of this curious pope, Cesare Borgia, that Machiavelli saw the incarnation of the Prince according to his wishes, able “to win by force or fraud” (The Prince. ch. 7).

Placed on the Index by the Church, accused of impiety and atheism, Machiavelli actually had a complex attitude vis-à-vis religion. Certainly not devout, he nevertheless went along with its practices but without abdicating he critical freedom. In his Discourses on the First Ten Books of Titus Livy, drawing lessons from ancient history, he questioned which religion best suits the health of the state: “Our religion has placed the highest good in humility and contempt for human affairs. The other [Roman religion] placed it in the greatness of soul, bodily strength, and all other things that make men strong. If our religion requires that we have strength, it is only to be more capable of suffering heavy things. This way of life seems to have weakened the world, making it easy prey for evil men” (Discourses, Book II, ch. 2). Machiavelli does not risk religious reflection, but only a political reflection on religion, concluding: “I prefer my fatherland to my soul.”

Source: http://www.dominiquevenner.fr/2013/04/machiavel-et-la-revolution-conservatrice/ [3]


Article printed from Counter-Currents Publishing: http://www.counter-currents.com

URL to article: http://www.counter-currents.com/2013/05/machiavelli-and-the-conservative-revolution/

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[1] Image: http://www.counter-currents.com/wp-content/uploads/2013/05/machiavellistatue.jpg

[2] The Knight, Death, and the Devil: http://en.wikipedia.org/wiki/The_Knight,_Death_and_the_Devil

[3] http://www.dominiquevenner.fr/2013/04/machiavel-et-la-revolution-conservatrice/: http://www.dominiquevenner.fr/2013/04/machiavel-et-la-revolution-conservatrice/

samedi, 04 mai 2013

Rassegna Stampa - Maggio 2013/1

politique internationale,actualité,affaires européennes,europe,italie,presse,journaux,médias

Rassegna Stampa: articoli in primo piano (Maggio 2013/1)

jeudi, 02 mai 2013

Dresda

vendredi, 26 avril 2013

Rassegna Stampa (26-04-2013)

Rassegna Stampa:
articoli in primo piano


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mardi, 23 avril 2013

Nessuno tocchi la Siria

lundi, 22 avril 2013

Antonio Pennacchi und der Canale Mussolini

Antonio Pennacchi und der Canale Mussolini

Götz Kubitschek 

Ex: http://www.sezession.de/

canmuss710305025.jpgCanale Mussolini ist ein Epochen- und Familienroman, der – autobiographisch angereichert – davon erzählt, wie aus den Männern und Frauen einer norditalienischen, mittellosen Bauernsippe handfeste Faschisten werden: un-ideologische zwar, aber ist das nicht immer so, wenn es um die Masse unterhalb der weltanschaulich gefestigten Revolutionäre geht?

Grandios schildert Pennacchi den Kippunkt in diesem hervorragend erzählten Buch: wie die Männer und Frauen der Sippe Peruzzi auf ihren Felder schuften und trotzdem auf keinen grünen Zweig kommen; wie sie schon mit einem Fuß bei den Sozialisten stehen, aber auch bei den Faschisten auf einer Versammlung vorbeischauen; wie sie dann unter dem gewaltsamen Druck der Linken (die das nicht dulden mögen) halb im Zorn, halb aus Rache zu den Schwarzhemden überlaufen und erst einmal alles niederbrennen, was an sozialistischen Parteilokalen in ihrer Reichweite ist.

Hier findet schlicht die persönliche Lage das geeignete politische Gefährt, und die Widerborstigkeit der Sippe paßt einfach nicht zur Bräsigkeit der linken Gewerkschaftsbonzen. Der Dank der Bewegung bleibt nicht aus: Mitte der dreißiger Jahre bekommen die Peruzzis Land in den trockengelegten Pontinischen Sümpfen und bauen mit an diesem faschistischen Großprojekt, das 30000 umgesiedelten Neubauern Land und Brot gibt.

Ein Rezensent, der Canale Mussolini im Original las, berichtete von hinreißenden Dialogen in Mundart. Zum Glück versucht die Übersetzung erst gar nicht, irgendein Kauderwelsch an die Stelle der italienischen Dialekte zu setzen, der Ton des Romans ist auch so »mündlich« genug. Es wird richtig erzählt, episch, abschweifend.

Die ganze faschistische Epoche Italiens wird plastisch, immer aus Sicht der kleinen Leute, der unterschiedlichen Charaktere der Peruzzis. Da tauchen die faschistischen Suppenküchen auf, die Solidaritätsvereine, die Versammlungshäuser, die Paraden, Uniformen und modernen Errungenschaften. Der Duce hämmert – noch nicht an der Macht – den Pflug der Peruzzis wieder gerade und starrt dabei dem Sippen-Zentrum, der stolzen »Mama« Armida, auf den Hintern, was ihr nicht schlecht gefällt. Immer wieder schildert der Erzähler die völlig harmlose Szene, und vielleicht erinnert sich Mussolini nur deshalb nach Jahren noch an diese Familie.

Wenn überhaupt von ideologischem Überbau die Rede ist, dann treuherzig, ein bißchen wie auswendig gelernt (»diese fixe Idee vom Römischen Reich und von der imperialen Größe, die uns Italienern von Natur aus und von Rechts wegen zustanden, aber auch diese etwas heidnische Vorstellung, daß die Menschen nicht irgendwie alle gleich sind«). Die Weltgeschichte ist mit eingewoben, denn irgendein Peruzzi ist immer dabei: ob im Abessinienkrieg und seinen elenden Gemetzeln, ob in Nordafrika oder beim griechischen Intermezzo (das nur mit deutscher Waffenhilfe nicht in einem Desaster endete), aber auch dort, wo – erzählt wie vom Hörensagen – Mussolini sich mit Italo Balbo oder einem anderen faschistischen Granden anlegt oder auf Hitler trifft.

Es gibt dieses seltsame Wort von der »befreienden Lektüre«: Ein Text rauscht durch die Köpfe wie das Wasser durch den Augiasstall – der ganze Mist, der sich angesammelt hat, wird fortgespült. Canale Mussolini könnte für Italien eine solche Wirkung haben, die Voraussetzungen für einen hysteriefreien Blick auf die eigene Geschichte sind dort besser als bei uns.

Für deutsche Leser könnte die Wirkung nur dann befreiend sein, wenn sie verstünden, daß man die Massen im faschistischen Italien durchaus mit jenen im Dritten Reich vergleichen kann. Aber dieses Vorverständnis einzufordern, ist für sie etwa so, als vergliche man eine Mausefalle mit einer Tretmine.

Antonio Pennacchi: Canale Mussolini. Roman, München: Hanser 2012. 446 S., 24.90 €

mercredi, 17 avril 2013

A. Lombardi: Viaggio al termine dell'Apocalisse

vendredi, 12 avril 2013

Fiume

mercredi, 10 avril 2013

Esiste un altro Sudafrica...

mardi, 09 avril 2013

An Introduction to Guido de Giorgio

An Introduction to Guido de Giorgio

Guido de Giorgio

Guido Lupo Maria De Giorgio, pseudonym “Havismat” (San Lupo, October 3 1890 – Mondovi, December 27, 1957) was an esoterist and Italian writer.

After graduating with a degree in philosophy, he went to Tunisia where he worked as a teacher of Italian. There, he came into contact with Islamic esoterism through a local brotherhood. He then moved to Paris after WW I, where he got to know Rene Guenon. He back his friend, collaborated with him by writing articles for the two major French esoteric journals of the time: Le Voile d’Isis and L’initiation.

He returned to Italy in the 1920’s and participated in the Gruppo di Ur, writing under the name Havismat. In 1930, he joined with Julius Evola in promoting the journal La Torre, in which he came up with a theory of a type of Sacred Fascism with the effort to universalize the Fascist movement in an esoteric way.

In “La Tradizione romana” (The Roman Tradition), de Giorgio accused Europe in the aftermath of WW II of have become scientistic and of stifling the spiritual research of man. The solution, according to de Giorgio, lay in returning to an ancient conception of spiritual and temporal authority. A typescript version of this work, whose original title was “The dead badge of power. Introduction to the doctrine of Roman Sacred Fascism”, was given to Benito Mussolini for Christmas in 1939.

In Dio e il Poeta (God and the Poet), de Giorgio poured out his mystical experience arising from his ascetical practices.

None of his works was published during his lifetime, some posthumously and others still unpublished.

Julius Evola

In Cammino del Cinabro, Julius Evola describes Guido de Giorgio.

He was a type of initiate in the wild and chaotic state, he had lived among the Arabs and personally knew Guenon, who held him in high esteem. He was a man of exceptional culture, he knew several languages, but he had a rather unstable temperament and strong passionate positions, emotive and lyrical almost like Nietzsche.

Evola goes on to describe de Giorgio’s erratic personal and love life, his strong personality, then describes their collaborations and even trips together to the Alps. (They both loved the mountains.) Evola conceded that towards the end, they grew apart somewhat due to de Giorgio’s “indulgence in a sort of Vedanta-ized Christianity”. (Apparently, Evola was unaware of “La Tradizione romana”, which was never published during his lifetime.

From La Tradizione romana

The restoration that we propose, taking up again the thought, aspiration and ideal of Dante, is a return to the spirit of Rome, not the pure and simple repetition of the past that would unrealizable, because nothing of the contingencies of the world ever repeats itself, but the adhesion to those eternal principles of truth that are contained in the Sacred Books and expressed by ancient symbols.
[To save Europe and the West from catastrophe,] it would depend not as much on the external material things that are of scant value in themselves, but on those deep, internal, spiritual values … the catastrophe of the life of the spirit, the collapse of the truth.


References: